VENERDI’ SANTO – PASSIONE DEL SIGNORE

Oggi non si celebra la Santa Messa. Si vive invece la Passione di Gesù e la sua Morte. Nella Scrittura Santa il ricordo non è un fatto di mente. È invece una immersione nell’evento. È vivere l’evento. A noi è chiesto di vivere l’evento della Passione e della Morte di Cristo come vero corpo di Cristo. Il posto di Cristo oggi deve essere preso da ciascuno di noi. È in questa visione di fede che il ricordo della Passione diviene ricco di frutti di salvezza e redenzione, non solo per noi, ma per il mondo intero.

Nella preghiera di colletta si chiede al Padre di ricordarsi della sua misericordia. Cristo Gesù è un dono del suo amore. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito”. Lo ha dato dalla croce. Anche oggi tutto è dall’amore misericordioso del Padre, perché anche oggi il Padre deve donarci Cristo Gesù. Gesù non è un dono già fatto. È un dono sempre da fare, da dare, da offrire.

Oggi il Padre ci dona il Figlio e oggi il Figlio va accolto nella fede. Nel Figlio accolto, il Padre oggi vuole donare per la salvezza del mondo tutto il suo corpo, ogni suo discepolo. Ma questo dono non può essere fatto se il Padre non protegge e non santifica il corpo di Cristo, che è la sua famiglia, la sua Chiesa. Per essa il Figlio ha versato il suo sangue. Per essa ogni discepolo deve versare il suo sangue.

Al sangue di Cristo necessariamente deve aggiungersi il sangue del cristiano. Come Cristo è stato donato, così anche il cristiano dovrà essere donato dal Padre. Come Cristo si è lasciato donare, anche il cristiano deve lasciarsi donare. Il cristiano si lascerà donare se come Gesù si lascia colmare di Spirito Santo e si pone in perenne mozione e obbedienza allo Spirito del Signore, tenendosi lontano da ogni male.

La Prima Lettura ci annunzia un evento mai udito prima. Il Servo del Signore viene per prendere su di sé il peccato del mondo e ogni pena ad esso dovuta per espiarli attraverso la sua sofferenza, la sua passione, la sua morte. Un uomo solo espia il peccato e le colpe dell’intera umanità. Mai annunzio simile è risuonato sulla nostra terra. Il Messia di Dio è profetizzato come il Servo Sofferente del Signore.

“Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca”.

“Era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? SÌ, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore”. Quanto è detto del Servo, dovrà dirsi di ogni suo discepolo.

È questa il vero ricordo della Passione di Gesù Signore. Essendo noi suoi vero corpo, spetta a noi lasciarsi fare dal Signore suoi servi sofferenti per togliere il peccato del mondo, espiare le sue colpe, divenire veri strumenti di riconciliazione e di pace tra Dio ed ogni altro uomo. Se il cristiano dal Padre non si lascia fare suo servo sofferente e non si lascia donare, in Cristo, con Cristo, per Cristo, il suo essere discepolo di Gesù è vano, sterile, non produce alcun frutto. La sua vita non è data al Padre per essere da Lui donata per la salvezza del mondo. Il cristiano si dona per essere donato.

Il Salmo responsoriale ci rivela che solo rifugiandosi in Dio si attinge ogni forza per essere e rimanere sempre servi sofferenti per l’espiazione del peccato del mondo: “In te, Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso; difendimi per la tua giustizia. Alle tue mani affido il mio spirito; tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele. Sono il rifiuto dei miei nemici e persino dei miei vicini, il terrore dei miei conoscenti; chi mi vede per strada mi sfugge. Sono come un morto, lontano dal cuore; sono come un coccio da gettare”.

“Ma io confido in te, Signore; dico: “Tu sei il mio Dio, i miei giorni sono nelle tue mani”. Liberami dalla mano dei miei nemici e dai miei persecutori. Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto, salvami per la tua misericordia. Siate forti, rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore”. Nessun uomo potrà mai essere servo di Dio se Dio non lo colma della sua forza. Sempre Dio si dona tutto all’uomo che Lui chiama per essere suo servo sofferente. Dio si dona tutto al servo perché il servo si doni tutti a Lui.

La seconda lettura che tutto è dall’obbedienza: obbedienza di Cristo al Padre, obbedienza del discepolo a Cristo: “Cristo, infatti, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. Fare del cristianesimo una pura scienza e conoscenza è alto tradimento di Dio e di Cristo. Il cristianesimo è obbedienza a Cristo, sempre.

L’acclamazione al Vangelo proclama la verità dell’obbedienza, ponendola come la fonte di tutto il mistero della redenzione: “Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome”. È legge di Cristo e del cristiano. Legge eterna.

Il Vangelo è la narrazione della passione secondo Giovanni. Qual è il principio sul quale il racconto si fonda? Gesù si dona agli Apostoli, a Giuda, alle guardie, al sinedrio, a Pilato, alla folla, al mondo intero come purissimo dono di salvezza. La Madre è data come dono di salvezza e anche il discepolo è dato come dono di salvezza. Il suo sangue e l’acqua che sgorga dal suo costatato sono dati come dono di salvezza, di redenzione, santificazione, riconciliazione.

Nel racconto secondo Giovanni Gesù è dono. È dono al Padre, perché il Padre lo faccia dona per il mondo secondo la sua volontà. In questo dono è la salvezza. Si accoglie il dono, si vive. Non si accoglie, si rimane nella nostra morte: “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé”.

Il discepolo è dato alla Madre perché la Madre lo doni a Cristo, Cristo lo doni al Padre, perché il Padre faccia di lui un servo sofferente per la redenzione del mondo. È il cristiano oggi il ricordo, la memoria, la passione e la morte di Gesù. È la passione del cristiano che dona vita perenne alla passione di Gesù. Se il cristiano non rende viva la passione del suo Signore, divenendo in Lui, il servo sofferente, la passione di Gesù non produce alcun frutto di vita eterna. Manca oggi colui che rende viva quella passione e la fa ricca di ogni frutto di salvezza e di redenzione.