V DOMENICA DI QUARESIMA

L’antifona d’ingresso ci manifesta il cuore di Cristo Signore che si sta preparando a vivere con intensità di amore, in piena obbedienza, la volontà del Padre. Per obbedire ha bisogno dell’aiuto del Padre e lo chiede dalla profondità della sua fede: “Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa contro gente senza pietà; salvami dall’uomo ingiusto e malvagio, perché tu sei il mio Dio e la mia difesa”. È la preghiera il segreto della vittoria di Cristo su tutte le forze violente del male. È la preghiera il segreto del cristiano se vuole vincere la furia della tentazione. Senza preghiera non c’è vittoria.

La preghiera di Colletta vede l’immensa carità di Cristo. Vede il cristiano chiamato alla stessa immensa carità. Chiede a Dio ogni aiuto, perché anche il discepolo possa imitare oggi e sempre il suo Maestro e Signore: “Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi”. L’uomo può anche vedere il bene, senza la grazia di Dio rimane come paralizzato nell’anima, nello spirito, nel corpo. Tutto è dalla grazia.

La Prima Lettura contiene una verità che va ben spiegata per essere ben compresa e ben vissuta. Così Il Signore parla al suo popolo per voce del profeta Ezechiele: “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”. Oracolo del Signore Dio”. È questa una parola che riaccende la speranza.

La verità da mettere in luce è questa: “Lo Spirito che opera la risurrezione, ogni risurrezione, deve essere chiamato dal profeta del Dio vivente”. Il profeta chiama lo Spirito. Lo Spirito viene e rinnova cuore e mente dell’uomo sul quale esso è invocato. Se il profeta non chiama lo Spirito, lo Spirito non viene e tutto rimane nella morte. Oggi profeta che deve chiamare lo Spirito è ogni cristiano, ognuno con la sua personale responsabilità che nasce dal suo specifico ministero. O Papa, vescovi, sacerdoti, diaconi, cresimati, battezzati, ognuno secondo il ministero e il carisma ricevuti, chiamano lo Spirito, o il mondo rimarrà nella sua morte spirituale, morale, veritativa. Se questa verità è ignorata, dimenticata, cancellata, il mondo e la Chiesa rimarranno nelle tenebre. Solo il cristiano può chiamare lo Spirito, perché solo lui è vero profeta di Dio.

Il Salmo responsoriale ci rivela che anche l’uomo deve sentire l’urgenza di una perfetta risurrezione dell’anima, dello spirito, del corpo. Questo desiderio e urgenza devono da lui essere trasformati in preghiera. Dio ha bisogno di sentire il nostro grido. Ha bisogno che gli manifestiamo il nostro cuore: “Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica. Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore”. La prima risurrezione è il ritorno nella volontà di Dio.

Il desiderio di ritornare nel Signore deve essere come il respiro dell’anima: “Io spero, Signore. Spera l’anima mia, attendo la sua parola. L’anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all’aurora. Più che le sentinelle l’aurora, Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe”. Questa preghiera deve scandire i secondi, i minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi, tutti gli anni della nostra vita. Senza questo desiderio di ritornare in Dio, di risuscitare nel suo amore e nella sua misericordia, non c’è intervento dello Spirito del Signore su di noi. Noi chiediamo e Lui interviene e ci risuscita.

La Seconda Lettura ci rivela che in noi devono compiersi due risurrezioni. La prima è dal peccato alla grazia, dalla disobbedienza all’obbedienza, dalle tenebre alla luce. Chi ha ricevuto questa risurrezione spirituale non può più vivere o agire da uomo di tenebre e di peccato: “quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene”. Se seguiamo le opere delle tenebre, non siamo nello Spirito di Cristo. Se non siamo nello Spirito, non apparteniamo né allo Spirito e né a Cristo. Siamo del mondo.

La seconda risurrezione è quella che si compirà nell’ultimo giorno, quando saremo chiamati dai sepolcri: “Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. Questa risurrezione sarà di luce e di tenebra. Per chi essa sarà di luce e per chi di tenebra? Sarà di luce per tutti coloro che hanno camminato di luce in luce, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo. Sarà di tenebre per quanti hanno seguito il mondo e la sua concupiscenza e superbia.

L’acclamazione al Vangelo annunzia che Uno solo è la risurrezione e la vita, Cristo Signore: “Io sono la resurrezione e la vita, dice il Signore, chi crede in me non morirà in eterno”. Ma per chi è Cristo Gesù risurrezione e vita? Per tutti coloro che credono in Lui. Chi è che crede in Lui? Chi accoglie la sua Parola nel suo cuore e porta frutto con la sua perseveranza. Credi in Cristo chi vive nella Parola di Cristo. Non solo vive nella Parola, si fa anche missionario di essa, perché tutti giungano alla fede in Lui per gustare sulla terra e nei cieli eterni i frutti della sua gloriosa risurrezione.

Nel Vangelo vanno colti due momenti. Il primo momento, nel dialogo con Marta, Gesù si rivela come la risurrezione e la vita: “Gesù disse a Marta: “Tuo fratello risorgerà”. Gli rispose Marta: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”. Quanto Gesù dice di sé e quanto Marta confessa di Lui corrispondono a verità?

Che tutto corrisponda a verità è attestato dal secondo momento: “Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. Detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”. Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: “Liberàtelo e lasciàtelo andare”. Questi due momenti devono necessariamente essere del cristiano dinanzi al mondo intero. Se lui si dice luce nel Signore, deve attestare con le sue opere che realmente lui è luce. Oggi il fallimento cristiano consiste proprio in questo: proclamiamo una verità dai libri, che rimane sui libri. La nostra vita non testimonia nei fatti che noi siamo realmente luce nel Signore, che siamo risorti in Lui.

La preghiera sulle offerte conferma questi due momenti: “Tu che ci hai illuminati con gli insegnamenti della fede, trasformaci con la potenza di questo sacrificio”.

Anche l’antifona alla comunione attesta che la verità è in questi due momenti: “Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno, dice il Signore”.

La preghiera dopo la comunione ricorda ancora una volta l’unità dei due momenti: “Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo, poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue”. Se il cristiano non unifica questi due momenti, la sua fede è vana. La sua vita non conferma la sua verità. Sempre la vita deve confermare, attestare, testimoniare la verità della fede.