Signore, ecco, colui che tu ami è malato
Di certo un passo del Libro dei Proverbi e un altro del Libro del Siracide, ci aiuteranno a leggere nel mistero della vita di Gesù. Signore. La sua è una storia tutta governata dalla Sapienza eterna del Padre. Quanto in essa avviene è già stato pesato, ponderato, studiato nell’eternità dalla divina Sapienza. Niente in Cristo avviene senza la sua potente luce.
Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo (Pr 8, 22-31). La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno (Sir 24,1-9).
Chi è allora Gesù? Colui che cresce nella Sapienza per obbedire alla Sapienza, cresce nello Spirito Santo per obbedire allo Spirito Santo. Quando si obbedisce allo Spirito Santo, se lo Spirito Santo lo chiede, si deve rinunciare anche all’amore più puro, più santo, più vero verso ogni persona. Gesù ama Lazzaro. È un suo carissimo amico. Lo Spirito Santo gli chiede di non andare al suo capezzale per dargli guarigione e Gesù non va. Obbedisce. Alla Sapienza oggi serve la morte di Lazzaro perché attraverso di essa il Padre vuole dare al Figlio suo la più grande gloria. Mai nessuno ha compiuto un prodigio così strepitoso e mai un altro lo compirà. Questo prodigio serve al Padre per attestare in modo evidentissimo, senza alcun’ombra di dubbio o di incertezza che Gesù è da Lui. È un suo inviato. Più che Mosè. Più che ogni altro profeta. L’accreditamento verso il Figlio supera ogni altro accreditamento.
Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!» (Gv 11,1-16).
Anche la nostra vita il Padre vuole governare per mezzo della sua eterna e divina Sapienza. La potrà governare se noi cresciamo in Sapienza obbedendo alla Sapienza, cresciamo in grazia obbedendo alla grazia, cresciamo nell’amore obbedendo all’amore, cresciamo nella Parola obbedendo alla Parola. Se ci poniamo fuori dell’obbedienza, il Padre Celeste non potrà guidarci con la sua Sapienza e non potrà mai attestare per noi. Siamo fuori del suo raggio di azione. Con Gesù il Padre può sempre agire in pienezza di Sapienza, perché Gesù è l’Obbedienza fatta carne. Oggi il Padre ha deciso che nessuno possa più dubitare dell’origine celeste di Cristo. Chi vuole dubitare, lo potrà fare solo con sua grande colpevolezza, perché lo farà per soffocamento della sua coscienza e per suicidio della sua intelligenza. Il segno è così portentoso da superare ogni altro segno da Lui dato dalla creazione del mondo fino al presente. Pubblicamente, dinanzi al mondo intero, Gesù chiama dalla tomba un cadavere in putrefazione.
Vergine Maria, Angeli, Santi, poneteci sempre il sotto il governo della Sapienza del Padre.