Settima riflessione sul Natale
Il Santo Natale: evento da gustare
(Il cristiano: evangelista della vera gioia)
Quando il Signore ha creato l’universo visibile, ha visto che mancava di un essere capace di dare armonia e sviluppare la naturale saggezza e sapienza, infusa da Dio, in ogni altro essere animato e inanimato, vicino o lontano e creo l’uomo, il dono più bello fatto alla sua opera.
Quando creò l’uomo e lo vive solo nel Giardino dell’Eden, dal suo stesso corpo, gli creò la donna, il dono più vitale, essenziale, che Dio potesse immaginare nella sua eterna intelligenza per lui. Li diede l’una all’altro come purissimo regalo del suo amore e della sua misericordia.
Se meditiamo e riflettiamo sulla Storia Sacra, sempre noteremo che il Signore interviene nella nostra storia, per offrirci la cose più necessaria, più vitale per noi. Vide il suo popolo schiavo di un altro popolo e Dio scese per dargli la libertà attraverso il suo fedele servo Mosè.
L’uomo però ha frantumato se stesso. Dio non può incollare i suoi pezzi. Sono sempre pezzi incollati. È come se l’uomo fosse smembrato. Si potrebbero anche prendere tutti i suoi pezzi e porli l’uno accanto all’altro. Ma non per questo in quell’assembramento vi è vita.
La profezia di Ezechiele ci rivela che per dare vita a quell’ammasso di ossa senza più vita e anche a quel corpo ricomposto, occorre lo Spirito Santo. Ma lo Spirito Santo lo può versare sull’umanità distrutta dal suo peccato, solo Cristo Signore. Nessun altro.
La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”».
Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato (Ez 37,1-10).
Il Padre celeste vide questa valle di ossa aride e per la loro ricomposizione diede il suo Figlio Eterno, il Suo Unigenito. Non lo diede però nella sua divinità soltanto. Gli chiese di farsi Lui stesso vero uomo e come vero uomo far sgorgare perennemente lo Spirito Santo dal suo cuore.
Non lo diede una volta per sempre. Il Padre è il Datore perenne di Cristo. Cristo è il Datore Perenne dello Spirito Santo. Lo dona dal suo cuore. Lo fa scaturire dal suo corpo, ma per formare il suo corpo, dal quale dovrà sempre sgorgare lo Spirito Santo per l’umanità.
Oggi il Padre dona il suo Figlio Unigenito. Oggi Cristo dona il suo Santo Spirito. Oggi lo Spirito Santo forma il corpo di Cristo, perché da esso Lui possa essere donato per formare il corpo di Cristo dal quale perennemente Lui dovrà essere donato.
Il corpo di Cristo è oggi la sua Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. È in questo corpo che si compie la salvezza dell’uomo. È in questo corpo che l’uomo ritrova se stesso. È da questo corpo che lo Spirito Santo opera per aggiungere ogni giorno nuove membra.
È nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa, vera casa di Dio, vers sua dimora, vero tempio santo, che si compie ogni desiderio dell’uomo. Ma è anche in questo tempio santo e da esso che si può contemplare la bellezza del nostro Dio. Il nostro Dio è il Dio della vita.
Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Quando mi assalgono i malvagi per divorarmi la carne, sono essi, avversari e nemici, a inciampare e cadere. Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me si scatena una guerra, anche allora ho fiducia. Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Nella sua dimora mi offre riparo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, sopra una roccia mi innalza. E ora rialzo la testa sui nemici che mi circondano. Immolerò nella sua tenda sacrifici di vittoria, inni di gioia canterò al Signore.
Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza. Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto. Mostrami, Signore, la tua via, guidami sul retto cammino, perché mi tendono insidie. Non gettarmi in preda ai miei avversari. Contro di me si sono alzàti falsi testimoni che soffiano violenza. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore (Sal 27 (26) 1-14).
Si entra e si diviene parte per opera dello Spirito Santo di questo tempio santo, si gusta la bellezza del nostro Dio. Si gusta la magnificenza del suo dono. Solo divenendo vita di Cristo, in Cristo, per Cristo, con Cristo, si gode della conoscenza di quanto il Signore ha fatto per noi.
Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere! Per la grandezza della tua potenza ti lusingano i tuoi nemici. A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome». Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini. Egli cambiò il mare in terraferma; passarono a piedi il fiume: per questo in lui esultiamo di gioia. Con la sua forza domina in eterno, il suo occhio scruta le genti; contro di lui non si sollevino i ribelli. Popoli, benedite il nostro Dio, fate risuonare la voce della sua lode; è lui che ci mantiene fra i viventi e non ha lasciato vacillare i nostri piedi. O Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai purificati come si purifica l’argento.
Ci hai fatto cadere in un agguato, hai stretto i nostri fianchi in una morsa. Hai fatto cavalcare uomini sopra le nostre teste; siamo passati per il fuoco e per l’acqua, poi ci hai fatto uscire verso l’abbondanza. Entrerò nella tua casa con olocausti, a te scioglierò i miei voti, pronunciati dalle mie labbra, promessi dalla mia bocca nel momento dell’angoscia. Ti offrirò grassi animali in olocausto con il fumo odoroso di arieti, ti immolerò tori e capri. Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto. A lui gridai con la mia bocca, lo esaltai con la mia lingua. Se nel mio cuore avessi cercato il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato. Ma Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia (Sal 66 (&5) 1-20).
Già si intravede qual è la missione del cristiano: evangelizzare la vera gioia. Qual è questa vera gioia? Narrare quanto il Signore ha fatto per lui. Cosa il Signore ha fatto per lui? Gli ha dato il suo Figlio Unigenito. Ha dato lui al suo Figlio unigenito, facendolo suo corpo, sua vita.
Ecco la gioia del cristiano: Dio mi ha fatto vita del suo Figlio Unigenito, vita nel suo Figlio Unigenito, vita per il suo Figlio Unigenito. Nel suo Figlio Unigenito mi ha fatto sua vita. Dio vuole vivere in me. Cristo vuole vivere in me. Lo Spirito Santo vuole vivere in me.
Il Padre vuole vivere in me come vive nel Figlio. Il Figlio vuole vivere in me come vive nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo vuole vivere in me come vive nel Padre e nel Figlio. Padre, Figlio e Spirito Santo vogliono vivere in me come vivono l’uno nell’altro.
Cristo vuole effondere attraverso me lo Spirito della verità e della grazia perché il suo Corpo si accresca di nuovi figli. Senza il mio dono a Lui, come Lui si è donato al Padre e allo Spirito, Lui rimane senza vita, il Padre rimane senza vita, lo Spirito Santo rimane senza vita.
È il cristiano in Cristo, la vita di Cristo, del Padre e dello Spirito Santo. È il cristiano, vita del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, il dono che il Padre vuole fare al mondo per la sua vita. Sostituiamo il Figlio con il cristiano e comprenderemo quando Gesù dice a Nicodemo.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il cristiano, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il cristiano, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il cristiano nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede nel cristiano non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome del cristiano mandato da Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3, 14-21).
È in questa sostituzione la vita del mondo. Quel cristiano che Dio non può mettere al posto di Cristo, se Cristo non può essere sostituito con il cristiano, è il segno manifesto che tra Cristo e il cristiano non si è formato un solo corpo, una sola vita, una sola redenzione, una sola salvezza.
Il pio Israelita gustava Dio osservando quanto il Signore, nella storia, faceva per lui. La storia, osservata con gli occhi della fede, è presenza del Dio Salvatore e Redentore. Il pio e giusto vedeva la salvezza e gioiva, gustava la bontà del Signore, gustava la sua misericordia.
Dove non vi è storia di vera salvezza, mai si potrà gustare Dio, mai le sue opere diventeranno motivo di gioia e di esultanza. L’uomo vede Dio nella sua vita, esulta, gioisce, si rallegra. Loda e benedire il suo Dio. Lo vede autore della sua salvezza e redenzione, liberazione e custodia.
Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono, e li libera. Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia. Temete il Signore, suoi santi: nulla manca a coloro che lo temono. I leoni sono miseri e affamati, ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene. Venite, figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore. Chi è l’uomo che desidera la vita e ama i giorni in cui vedere il bene?
Custodisci la lingua dal male, le labbra da parole di menzogna. Sta’ lontano dal male e fa’ il bene, cerca e persegui la pace. Gli occhi del Signore sui giusti, i suoi orecchi al loro grido di aiuto. Il volto del Signore contro i malfattori, per eliminarne dalla terra il ricordo. Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte le loro angosce. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti. Molti sono i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore. Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato. Il male fa morire il malvagio e chi odia il giusto sarà condannato. Il Signore riscatta la vita dei suoi servi; non sarà condannato chi in lui si rifugia (Sal 34 (33) 1-23).
Anche la Vergine Maria gusta il suo Dio nella sua storia personale e anche universale. Anche noi, poiché suoi figli dovremmo gustare Dio, lodarlo e benedirlo. Anche Elisabetta gusta la presenza di Dio attraverso Maria e loda la madre del Signore.
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,39-55).
Poiché le opere di Dio sono sempre nuove, il gusto di Dio dovrà essere perennemente nuovo. Figura di questo gusto sempre nuovo è la manna, secondo la comprensione che ci offre il Libro della Sapienza. La manna era di per sé un cibo sempre uguale a se stesso.
Succedeva che pur essendo il cibo sempre uguale a se stesso, Dio aveva fatto di questo cibo un miracolo ininterrotto. Ognuno, quando lo mangiava, gustava ciò che lui desiderava mangiare in quell’istante. Era un cibo che si trasformava in ciò che ognuno desiderava.
La formula liturgica traduce questa trasformazione, con la pienezza di ogni dolcezza, ogni diletto, ogni gusto. La manna non conteneva tutti i gusti per tutti. Ognuno gustava secondo il suo desiderio. È questo il miracolo perenne. Ognuno mangiava ciò che desiderava gustare.
Per questo furono giustamente puniti con esseri simili e torturati con una moltitudine di bestie. Invece di tale castigo, tu beneficasti il tuo popolo; per appagarne il forte appetito gli preparasti come cibo quaglie dal gusto insolito, perché quelli che desideravano cibo, a causa del ribrezzo per gli animali inviati contro di loro, perdessero anche l’istinto della fame, mentre questi, rimasti privi di cibo per un breve periodo, provassero un gusto insolito. Invece hai sfamato il tuo popolo con il cibo degli angeli, dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i figli, si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava.
Neve e ghiaccio resistevano al fuoco e non si fondevano, perché sapessero che il fuoco, che ardeva nella grandine e lampeggiava nelle piogge, distruggeva i frutti dei nemici; al contrario, perché i giusti si nutrissero, dimenticava perfino la propria forza. La creazione infatti, obbedendo a te che l’hai fatta, si irrigidisce per punire gli ingiusti e si addolcisce a favore di quelli che confidano in te. Per questo anche allora, adattandosi a tutto, era al servizio del tuo dono che nutre tutti, secondo il desiderio di chi ti pregava, perché i tuoi figli, che hai amato, o Signore, imparassero che non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te (Cfr. Sap 16,1-26).
Dio è sempre lo stesso, immutabile nei secoli eterni. Dio è però un miracolo eterno. Si rivela all’uomo in una novità sempre nuova, perché mai ci si abitui al suo sgusto. Dio è un gusto sempre nuovo. Un gusto che rende non gusto quanto si è gustato ieri.
Ma per gustare Dio, occorre che siamo ben radicati in Cristo, e presi per mano dalla Spirito Santo. È in Cristo che Dio si dona. È nello Spirito Santo che il dono va gustato. Se siamo fuori di Cristo e senza lo Spirito Santo, Dio è senza alcun gusto. È una cosa vecchia senza gusto.
Invece quando siamo in Cristo e nel suo santo Spirito, il gusto di Dio è così forte, intenso, vero, permanente, da rendere senza più gusto tutte le cose della terra. Il gusto d Dio ci fa considerare cenere la ricchezza e spazzatura il lusso di questo mondo. Questa verità è rivelata da Ester.
Anche la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri e di immondizie. Umiliò duramente il suo corpo e, con i capelli sconvolti, coprì ogni sua parte che prima soleva ornare a festa. Poi supplicò il Signore e disse:
«Mio Signore, nostro re, tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta.
Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. Ma ora abbiamo peccato contro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici, perché abbiamo dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore!
Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire il decreto della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale.
Non consegnare, Signore, il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei nostri persecutori.
Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore!
Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero. Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica, che cinge il mio capo nei giorni in cui devo comparire in pubblico; la detesto come un panno immondo e non la porto nei giorni in cui mi tengo appartata. La tua serva non ha mangiato alla tavola di Aman; non ha onorato il banchetto del re né ha bevuto il vino delle libagioni. La tua serva, da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito, se non in te, Signore, Dio di Abramo.
O Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati, liberaci dalla mano dei malvagi e libera me dalla mia angoscia!» (Est 4,17k-17z).
La gioia di Ester è solo il suo Dio. È solo nel suo Dio. Di Dio ella gioisce. Non è il lusso, né i fasti della corte la sua gioia. Quando il cuore è ricolmo di Dio, tutte le altre gioie sono futili, vane, inconsistenti. Sono come la luce di uno stoppino di paglia dinanzi al sole, nel sole.
Quando si è in Dio, poiché la gioia di Dio è darsi tutto all’uomo e dare tutto, la sua gioia è dare il Figlio e lo Spirito Santo e nel Figlio e nello Spirito dare se stesso, anche la gioia dell’uomo diviene simile a quella di Dio: dare se stesso a Dio perché faccia di lui il suo dono.
Ma chi si dona a Dio, non dona una parte di sé, come Dio non dona all’uomo un parte di sé. Come Dio si dona tutto e dona tutto, così l’uomo dona tutto e si dona tutto. Tutto ciò che è suo è di Dio. Dio può donarlo a chi vuole. È questa la vera misericordia dell’uomo.
L’uomo è misericordioso se dona tutto se stesso a Dio, perché Dio lo trasformi in dono della sua misericordia. L’uomo dona a Dio se stesso e le sue cose. Dio fa dell’uomo e delle sue cose un dono secondo la sua volontà. La misericordia dell’uomo è solo a Dio.
Anche la misericordia deve essere purissima obbedienza. Dio chiede il dono della tua vita perché Lui possa essere piena misericordia per ogni uomo. Tu gliela doni. Lui l’accoglie. La trasforma in misericordia per il mondo. La misericordia è Lui. Noi obbediamo alla sua volontà.
Questa verità è narrata dal Salmo. Dinanzi alla gioia che viene da Dio, che è in Dio, quale gioia potrà dare l’abbondanza del frumento e del mosto? Quale gioia potrà scaturire da un granaio pieno? Se il granaio dona gioia, è segno che Dio non è nel cuore.
Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! Nell’angoscia mi hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia preghiera. Fino a quando, voi uomini, calpesterete il mio onore, amerete cose vane e cercherete la menzogna? Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore mi ascolta quando lo invoco. Tremate e più non peccate, nel silenzio, sul vostro letto, esaminate il vostro cuore. Offrite sacrifici legittimi e confidate nel Signore. Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?». Hai messo più gioia nel mio cuore di quanta ne diano a loro grano e vino in abbondanza. In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare (Sal 4,1-9).
Quando Dio è nel cuore, si dona il granaio a Dio perché Dio lo trasformi in opera di misericordia e di pietà per rivelare ad ogni uomo quanto è grande il suo cuore. Dio vuole che siamo noi la larghezza, la profondità, l’altezza, lo spessore infinito della sua misericordia.
La Lettera agli Ebrei ci ammonisce, ci chiede di non cadere dalla gioia del Signore. Noi abbiamo gustato la sua grazia, la sua luce, la sua verità, la sua Parola, il suo mistero di salvezza. Se perdiamo questo gusto, chi ce lo ridarà di nuovo? L’attenzione dovrà essere somma.
Quelli, infatti, che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e i prodigi del mondo futuro. Tuttavia, se sono caduti, è impossibile rinnovarli un’altra volta portandoli alla conversione, dal momento che, per quanto sta in loro, essi crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia. Infatti, una terra imbevuta della pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce spine e rovi, non vale nulla ed è vicina alla maledizione: finirà bruciata!
Anche se a vostro riguardo, carissimi, parliamo così, abbiamo fiducia che vi siano in voi cose migliori, che portano alla salvezza. Dio infatti non è ingiusto tanto da dimenticare il vostro lavoro e la carità che avete dimostrato verso il suo nome, con i servizi che avete reso e che tuttora rendete ai santi. Desideriamo soltanto che ciascuno di voi dimostri il medesimo zelo perché la sua speranza abbia compimento sino alla fine, perché non diventiate pigri, ma piuttosto imitatori di coloro che, con la fede e la costanza, divengono eredi delle promesse (Eb 6,4-12).
Dio va gustato in modo sempre nuovo, in Cristo e nello Spirito Santo. Cristo Gesù si dona sempre nuovo a noi per le mani dello Spirito Santo. Noi gustiamo la novità di Cristo, nella novità di Cristo gustiamo la novità del Padre. Sempre però per opera dello Spirito Santo.
Assuefarsi a Cristo è assuefarsi a Dio. Assuefarsi a Dio è vivere una vita da morti spirituali. È il segno evidente che non camminiamo nello Spirito del Signore. Ma quando non si cammina nello Spirito di Dio, sempre si procede secondo la carne e le sue opere.
Siamo chiamati a celebrare il Santo Natale. Come gustare questo evento di grazia e di misericordia del Signore? Come viverlo come se Cristo nascesse oggi e oggi la Madre di Gesù lo adagiasse nella mangiatoia? Oggi ci venisse annunziato dagli Angeli?
C’è un solo modo perché si eviti l’assuefazione, si perda il gusto di questa nascita. La modalità giusta è stata già indicata. Sostituendo Cristo con il cristiano, ponendo il cristiano al posto di Cristo, mettendo la Chiesa al posto di Maria. Proviamo per un attimo a leggere così il Vangelo.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme alla Chiesa, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, un nuovo cristiano (te, me, ognuno di noi) lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il cristiano. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono la Chiesa e Giuseppe e il cristiano, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. La Chiesa, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro (Lc 2,1-20).
Quando noi possiamo dire di gustare bene il Natale? Quando Dio potrà gustare la gioia perché la Madre Chiesa gli ha dato un nuovo figlio da dare al mondo per la sua salvezza. Quando noi ci lasceremo partorire dalla Chiesa come suoi veri figli ed essa potrà adagiarci nella mangiatoia, facendoci pane di vera vita per la salvezza del genere umano. Se questo parto non avviene, il Natale di Cristo Gesù è cosa vecchia, perché non viene aggiornato nella nostra nascita in Lui, con Lui, per Lui. Dio non ha altri figli da donare e la salvezza non si compie.
Il vero nuovo gusto è quando ognuno di noi potrà dire: oggi sono nato, oggi il Signore potrà darmi, oggi la Chiesa mi ha partorito, oggi Cristo mi ha fatto suo corpo, oggi la salvezza nasce per la terra, perché oggi sono divenuto salvezza di Dio per ogni uomo. Oggi il mondo potrà e dovrà gioire per un cristiano è nato a Dio, per opera dello Spirito Santo, dal seno verginale della sua Chiesa. Gustare Dio è gustare se stessi come vera opera sempre nuova di Dio. Un cristiano che non nasce ogni giorno come vero figlio della Chiesa, mai potrà generare salvezza.
Solo chi nasce ogni giorno sempre nuovo in Cristo, per la Chiesa, potrà aiutare altri a divenire corpo di Cristo, Chiesa del Dio vivente. Chi non nasce ogni giorno, chi è nato ma è ritornato nuovamente nel suo non essere, perché ha abbandonato la via della vita, potrà anche celebrare il Santo Natale di Cristo. Ma questa celebrazione avrà solo un gusto stantio o vano. Si può gustare qualcosa di questo mondo, ma questo gusto non è da Dio, non è di Dio, non dona alcuna salvezza. È un gusto di morte per la morte, mai potrà essere gusto di vita per la vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, tu oggi vuoi dare alla luce tutti noi come tuoi veri figli, da porre nella mangiatoia perché il mondo possa nutrirsi di vera vita e gustare la gioia della redenzione. Aiutaci ad essere una cosa sola con Cristo Gesù, vita della sua vita, redenzione della sua redenzione, figli della sua figliolanza, in modo che possiamo metterci al suo posto per dare al mondo il gusto nuovo della vera salvezza. Tu ci concederai questa grazia, Cristo in noi nascerà al mondo, il mondo lo vedrà e sarà per esso una grande gioia.
Angeli e Santi di Dio, non permettete che ci trasciniamo in una carne morta che ogni giorno fagocita e divora anima e spirito, rendendoci incapaci di ogni salvezza. Voi dal Cielo veglierete sopra di noi e noi afferrati dallo Spirito Santo e ogni giorno risuscitati alla vita di Cristo Signore, possiamo essere dati all’umanità dal Padre celeste come vero cibo di vita eterna. Gustando Cristo in noi, il mondo potrà liberarsi da tutti i suoi gusti di morte e iniziare a gustare la vera vita che Dio ha preparato ed è tutta nel suo Figlio che è tutto nel cristiano che oggi nasce in lui.
Buon Natale!