Commento alla prima lettura – Settembre 2019

 

Un orecchio attento è quanto desidera il saggio

Sir 3,17-18.20.28-29; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14.1.7-14

1 SETTEMBRE – XXII DOMENICA T.O.

La sapienza dell’uomo risiede in una sola cosa: crescere nella sapienza. In sapienza si cresce percorrendo tre vie: l’ascolto della Legge e della Parola del Signore per una obbedienza perfetta ad essa; la meditazione senza interruzione della Legge e della Parola di Dio; la preghiera al Signore perché colmi il cuore della sua Saggezza Eterna. Per il cristiano, in sapienza si cresce ravvivando lo Spirito Santo ricevuto nei sacramenti. È Lui che ci deve condurre a tutta la verità. La sapienza è la perfetta conoscenza della verità di Dio, dell’uomo, delle cose, del tempo, dell’eternità. Non sapiente è chi dice di conoscere l’uomo e rinnega il Creatore e neanche chi afferma di sapere tutto sul tempo, ma nulla sa dell’eternità. Oggi si può affermare che stiamo costruendo una religione che ha come suo fondamento la stoltezza o l’assenza di ogni vera sapienza, dal momento che abbiamo dichiarato la Legge, i Profeti, il Vangelo, la Scrittura non più fondamento unico per la teologia. Se la teologia è un discorso bene armonizzato su Dio, se si toglie la rivelazione, di quale Dio parliamo? Infatti i disastri di questa nostra stoltezza sono sotto gli occhi di tutti. Persa la verità di Dio, si è persa la verità dell’uomo. Con quali risultati? Sta scomparendo ogni verità oggettiva morale.

La sapienza si acquisisce anche attraverso una quarta via. È la via della frequentazione di maestri le cui opere attestano che in essi vi è la vera sapienza di Dio. Sono le opere che rivelano il vero sapiente dal falso, il vero profeta dal falso. Quando non vi è obbedienza ai Comandamenti non c’è né sapienza né intelligenza. Mai si troverà sapienza in una persone che percorre una via di tenebre. Né si può definire persona sapiente chi cambia i Comandamenti della Legge del Signore con pratiche umane. Neanche il culto può sostituire i Comandamenti, perché il suo fine è proprio quello di orientare l’uomo in una obbedienza sempre più pura e più santa. La verità che deve governare queste quattro vie è una sola: essendo la sapienza infinita, divina, eterna, mai un uomo può pensare di possederla tutta. Sempre deve essere preso per mano dallo Spirito Santo e condotto di fede in fede, verità in verità, sapienza in sapienza. Fu questo l’errore di Salomone. Pensò di conoscere tutto della sapienza, smise di chiederla momento per momento, cadde nel peccato dell’idolatria. Uno che perde la verità del suo Dio, che innalza la falsità e il nulla a suo Signore, quale sapienza potrà mai avere? Un ateo quale sapienza può possedere? Mancando il suo cuore del fondamento di ogni sapienza, dove potrà attingere la sapienza necessaria per condurre la sua vita nel bene più grande? Nessun adoratore del nulla è sapiente.

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

La sapienza ha come suo fine anche quello di farci vedere le conseguenze di ogni nostro pensiero, decisione, opera. Oggi possiamo affermare che la maggior parte degli uomini sono caduti in un baratro di stoltezza dalla quale è impossibile venire fuori. Si scrivono leggi, si firmano decreti, si intraprendono opere, si fanno molte invenzioni. Di tutto ciò che l’uomo fa, la maggior parte delle cose sono per la vanità, la futilità, il momento, il tempo. Altre servono a cambiare i fini primari in fini secondari e i fini secondari in fini primari. Altri ad immergerci nel tempo, facendoci dimenticare l’eternità. Che l’uomo oggi sia senza sapienza lo attesta la storia. Dona tutto al corpo e niente all’anima e allo spirito. Tutto al tempo e nulla all’eternità. Tutto la peccato e niente alla grazia. Tutto alla falsità e nulla alla verità, tutto all’uomo e nulla a Dio, tutto all’inferno e nulla al Paradiso, tutto al vizio e nulla alla virtù. Se non ci si converte nuovamente alla vera sapienza, per noi non c’è futuro, poiché è proprio della stoltezza dimenticarsi del futuro e vivere il momento fugace. La fugacità eletta come Dio è causa di ogni male.

Madre di Dio, Angeli, Santi, guidateci verso la saggezza. Liberateci dalla stoltezza.

Confortatevi dunque a vicenda con queste parole

1 Ts 4,13-18; Sal 95; Lc 4,16-30

2 SETTEMBRE

La fede, per essere vissuta come vero corpo di Cristo, va anche insegnata come vero corpo di Cristo. Nel corpo di Cristo, chi è giunto in possesso di una verità ha l’obbligo di insegnare a tutto il corpo con il quale viene a contatto. Nel corpo di Cristo, nel popolo di Dio, dobbiamo confortarci, esortarci aiutarci vicendevolmente. Stupendo esempio di conforto e di esortazione vicendevole è quella dei sette fratelli Maccabei. La forza dell’uno diviene forza dell’altro. Il sangue versato dona forza a versare il sangue.

Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». Allora il re irritato comandò di mettere al fuoco teglie e caldaie. Appena queste divennero roventi, il re comandò di tagliare la lingua a quello che si era fatto loro portavoce, di scorticarlo e tagliargli le estremità, sotto gli occhi degli altri fratelli e della madre. Dopo averlo mutilato di tutte le membra, comandò di accostarlo al fuoco e di arrostirlo quando ancora respirava. Mentre il vapore si spandeva largamente tutto intorno alla teglia, gli altri si esortavano a vicenda con la loro madre a morire da forti, dicendo: «Il Signore Dio ci vede dall’alto e certamente avrà pietà di noi, come dichiarò Mosè nel canto che protesta apertamente con queste parole: “E dei suoi servi avrà compassione”». Soprattutto la madre era ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un solo giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore.

Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: «Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore dell’universo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi». Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quel linguaggio fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo; e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice, se avesse abbandonato le tradizioni dei padri, e che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato alti incarichi. Ma poiché il giovane non badava per nulla a queste parole, il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo. Esortata a lungo, ella accettò di persuadere il figlio; chinatasi su di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua dei padri: «Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia» (2Mac 7,1-42).

I Tessalonicesi vivono male perché mancano di una verità sulla ultime cose. Paolo la rivela loro. Ora che la verità è stata annunziata, ognuno ha l’obbligo di confortare gli altri con la stessa verità con la quale lui è stato confortato. Stupenda opera di carità.

Perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.

Il conforto vicendevole nella fede e nelle sue verità dona ai discepoli di Gesù un vigore sempre nuovo. Un cristiano lasciato a se stesso, non sostenuto, non aiutato, non confortato, non illuminato diviene preda del pensiero del mondo e subito trascinato nella falsità. Conforta gli altri solo chi giorno per giorno trova il conforto in Cristo Gesù.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani vivano la fede come vero corpo di Cristo.

Ma vigiliamo e siamo sobri

1 Ts 5,1-6.9-11; Sal 26; Lc 4,31-37

3 SETTEMBRE

L’anima e lo spirito, per obbedire ad ogni comando, desiderio, volontà del Signore, secondo perfetta mozione dello Spirito Santo, devono avere un corpo ben allenato in ogni virtù. Una delle virtù più necessarie al corpo è la sobrietà, che è figlia della virtù della temperanza, a sua volta figlia della sapienza. Ecco come Paolo tratta il suo corpo.

Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato (1Cor 9,24-27).

Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Lo sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen (Fil 4,10-20).

Anche San Pietro esorta alla sobrietà. È la virtù necessaria perché la nostra fede sia sempre desta al fine di poter respingere gli attacchi del diavolo che cerca chi divorare.

Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, 7riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen! (1Pt 5,6-11).

Cosa è la sobrietà? È la virtù che dona al corpo solo ciò che gli è necessario, perché lui possa essere sempre a disposizione dell’anima e dello spirito. Un corpo avvinazzato, drogato, stordito dall’abbondanza di ogni cibo, portato alla perdita della coscienza e della volontà, non solo diviene strumento inutile all’anima e allo spirito, è anche dannoso. Inoltre la sobrietà ci permette di vivere santamente la virtù della carità sia nei beni spirituali che in quelli materiali. Possiamo affermare che la vita dell’anima e dello spirito è dalla sobrietà del corpo. Un corpo non sobrio è più che una palla al piede per l’anima e lo spirito. Inoltre quanto è dato in più diviene veleno per il corpo.

Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.

Un corpo senza sobrietà conduce al grande peccato dell’omissione di ogni cosa.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci perché il nostro corpo si conservi nella sobrietà.

Ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità

Col 1,1-8; Sal 51; Lc 4,38-44

4 SETTEMBRE

Il Salmo annunzia ad ogni uomo che giustizia e diritto sostengono il trono di Dio. Cosa è il diritto e cosa è la giustizia? Il diritto è ciò che va dato a Dio perché Dio e all’uomo perché creatura di Dio. Per essere semplici al sommo diciamo che per diritto a Dio va data l’osservanza dei primi tre Comandamenti della Legge e all’uomo gli altri sette. Ma tutti e dieci i Comandamenti vanno dati a Dio perché è un suo diritto chiederli. La giustizia, sempre esemplificando ogni cosa, chiede a Dio di dare ciò che ha promesso a chi osserva il suo diritto. Ma anche chiede all’uomo di dare all’altro uomo ciò che è giusto per le opere da lui svolte. Senza diritto e giustizia ogni relazione è falsa. Se è falsa è anche immorale. Urge sempre separare giustizia e carità. Ma anche la carità diviene giustizia in un’ottica soprannaturale. All’uomo è chiesto di dare all’uomo dal suo Signore parte dei doni da lui ricevuti dal suo Dio. Poiché tutto riceve, di tutto deve far parte ai fratelli che sono nel bisogno. Visione altissima di fede.

Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte. Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e diritto sostengono il suo trono. Un fuoco cammina davanti a lui e brucia tutt’intorno i suoi nemici. Le sue folgori rischiarano il mondo: vede e trema la terra. I monti fondono come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la terra. Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria. Si vergognino tutti gli adoratori di statue e chi si vanta del nulla degli idoli. A lui si prostrino tutti gli dèi! Ascolti Sion e ne gioisca, esultino i villaggi di Giuda a causa dei tuoi giudizi, Signore. Perché tu, Signore, sei l’Altissimo su tutta la terra, eccelso su tutti gli dèi. Odiate il male, voi che amate il Signore: egli custodisce la vita dei suoi fedeli, li libererà dalle mani dei malvagi. Una luce è spuntata per il giusto, una gioia per i retti di cuore. Gioite, giusti, nel Signore, della sua santità celebrate il ricordo (Sal 97 (96) 1-12).

Gesù viene per dare all’uomo la grazia e la verità. La grazia è elargizione che sgorga dal cuore del Padre. È il dono della salvezza in Cristo Gesù. La verità, oltre che la liberazione dall’uomo dal potere delle tenebre, è anche la Legge per vivere da libero.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,14-18).

San Paolo insegna che noi abbiamo conosciuto la grazia di Dio nella verità. La grazia è ogni dono che dal cielo discende su di noi. La verità è la luce secondo la quale la grazia va accolta e vissuta. Nella luce si accoglie. Nella luce si vive. La luce è nella Parola. Chi deve darcela è lo Spirito Santo. È Lui che deve condurci di luce in luce.

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, ai santi e credenti fratelli in Cristo che sono a Colosse: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro. Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, continuamente pregando per voi, avendo avuto notizie della vostra fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi a causa della speranza che vi attende nei cieli. Ne avete già udito l’annuncio dalla parola di verità del Vangelo che è giunto a voi. E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, che avete appreso da Èpafra, nostro caro compagno nel ministero: egli è presso di voi un fedele ministro di Cristo e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.

Oggi stiamo gravemente peccando contro la verità e la luce. Vogliamo la grazia, ma senza alcuna verità, senza alcuna luce. Vogliamo la grazia, ma senza il Vangelo, senza la Parola. Non solo. Usiamo ogni stratagemma per alterare, modificare, annullare la Parola. Questa è grande disonestà presso Dio e gli uomini. È anche peccato contro la grazia. Privata della luce, la grazia è senza alcun frutto di vita eterna. A che serve versare acqua pura nel fango? A che serve versare la grazia nel peccato?

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai separiamo la grazia dalla verità, dalla luce.

 Nel regno del Figlio del suo amore

Col 1,9-14; Sal 97; Lc 5,1-11

5 SETTEMBRE

Tutti coloro che con subdolo e maligno accanimento, in modo velato o palese, dicono che Cristo non è necessario per andare a Dio, dicono il vero, ma Dio è il loro Dio, cioè un idolo della loro mente, un parto del loro cuore. Al Dio pensato, immaginato, ideato dall’uomo tutti possono andare senza Cristo. Al vero Dio, al Dio che è il padre del Signore nostro Gesù Cristo, senza Cristo, nessuno può andare. Il Padre ha stabilito non solo che la salvezza sia per mezzo di Cristo, ma anche che sia in Cristo e con Cristo. Il Padre conosce solo il Figlio suo e quanti sono per Lui, con Lui, in Lui. Altri figli di adozione il Padre non ne conosce. Oltre a Cristo non ha stabilito alcun altro Salvatore, Redentore, Mediatore, Datore della sua grazia e verità. Questa verità è Gesù stesso che l’annunzia ai suoi discepoli nel Cenacolo, prima di avviarsi al Golgota.

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse

In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,-21).

Le parole di Paolo sono anch’esse di purissima chiarezza soprannaturale. La salvezza non è solo nella liberazione dal regno delle tenebre. La sola liberazione non è vera salvezza. La vera salvezza è l’introduzione nel regno del Figlio del suo amore. È in questo regno, cioè nel corpo di Cristo, che avviene la salvezza vera dell’uomo. Per Cristo siamo rendenti, in Cristo siamo salvati, con Cristo viviamo da redenti e salvati. In Lui, con Lui, per Lui, condotti dal suo Santo Spirito avanziamo verso il regno eterno.

Perciò anche noi, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, on ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio. Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.

Il cristiano è chiamato a conoscere tutto di Dio e di Cristo Gesù secondo la verità dello Spirito Santo. Si conosce Cristo per amarlo di più. Si ama per conoscerlo di più. Senza alcuna interruzione. Nella conoscenza di Cristo è la conoscenza del Padre e anche dell’uomo e di ogni altra realtà creata. Chi non conosce Cristo Gesù, non si conosce. Ma neanche conosce il tempo, l’eternità, il mistero della vita. Vive nell’ignoranza.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a possedere la più pura conoscenza di Gesù.

Per mezzo di lui e in vista di lui

Col 1,15-20; Sal 99; Lc 5,33-39

6 SETTEMBRE

Quando il cristiano parla della salvezza ed esclude Cristo Signore, non esclude solo il Signore della vera salvezza, esclude se stesso dalla salvezza e dalla redenzione. Il fine della salvezza e della redenzione non è quello di portare l’uomo a Dio. Il fine è invece un altro. È quello di consegnare ogni uomo a Cristo Gesù, perché siamo di Cristo prima ancora che il mondo fosse fatto. Tutta la creazione visibile e invisibile, animata e inanimata, Angeli e uomini, ogni cosa, ogni persona, ogni essere è stato fatto per mezzo di Cristo in vista di Cristo. Il Padre ha voluto che la vita ci fosse donata per Cristo, ma anche che fosse una vita donata a Cristo. Se Cristo è il fine di tutta la creazione, del cielo, della terra, di ogni cosa che è nei cieli e sulla terra, come può un cristiano pensare che Cristo possa essere messo da parte? Dobbiamo confessare che questo è vero tradimento della verità di tutto l’universo esistente. Ma ancora un’altra cosa risulta ancora più deleteria, devastante, disastrosa, letale per il genere umano.

Se Cristo è il fine di ogni cosa e se ogni cosa trova la sua verità in Cristo Gesù, risulta evidente che, togliendo Cristo dalla relazione con l’uomo, si condanna l’uomo alla falsità. Lo si condanna alla falsità perché lo si lascia nel peccato che è vera frantumazione del suo essere e nella grande confusione della sua mente e del suo cuore. Ma non solo gli si impedisce di realizzare il suo fine vero, quello cioè di essere vita interamente consacrata, donata a Cristo Gesù, perché Lui se ne serva secondo il suo cuore. Come Cristo Gesù è stato generato dal Padre in principio in vista del Padre, e l’essere di Cristo vero Dio e vero uomo ha trovato la sua pienezza nel momento in cui si è dato interamente al Padre sulla croce, così anche ogni uomo trova la pienezza del suo essere e della sua vita nel momento in cui tutta la sua vita è consegnata a Gesù Signore. Se questa consegna non avviene, è il fallimento della nostra vita. Per il nostro falso insegnamento abbiamo impedito e ostacolato che l’uomo potesse divenire vero uomo. Peccato gravissimo. Molte nostre teorie religiose oggi creano aborti spirituali. Concepiamo degli esseri a Cristo, ma poi impediamo che possano donarsi a Cristo per la nostra mala fede, cattiva e pessima fede, perché abbiamo negato a Gesù Signore la sua verità eterna, divina e umana. Cristo Gesù è il legittimo proprietario di ogni uomo. Se è il proprietario, è cosa giusta che ogni uomo sia dato a Lui. A Lui non si donano gli uomini perché li faccia suoi schiavi, ma perché vivano la libertà dei figli di Dio, in tutta purezza, santità, mitezza, benevolenza, fuori da ogni schiavitù della carne.

Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

Se la creazione per Lui è il frutto della sua divina onnipotenza, la redenzione in vista di Lui è invece frutto del suo sangue versato. A Gesù la salvezza è costata il suo sangue, la sua crocifissione, il suo indicibile dolore, l’annientamento di sé. Lui, l’Innocente, il Senza-Macchia, l’Immacolato Agnello ha preso su di sé tutti i peccati del mondo e portandoli sulle spalle li ha inchiodati nel suo corpo sulla croce. Questa verità di fede, confermata dalla Storia e dallo Spirito Santo, rivela e attesta che nessun altro uomo è morto per noi. Solo Gesù di Nazaret. Anche questa verità va messa in luce quando si parla di Gesù e della sua salvezza. Non parliamo poi della risurrezione, che fa la differenza incolmabile tra il nostro Salvatore e Redentore e ogni altro uomo. Tutti gli uomini sono morti, muoiono, moriranno e rimarranno nei loro sepolcri fino all’ultimo giorno. Poi verrà Gesù e per Lui siamo tutti chiamati in vita, ma non tutti per la vita.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la nostra fede in Cristo sia senza alcun peccato.

Nel corpo della sua carne mediante la morte

Col 1,21-23; Sal 53; Lc 6,1-5

7 SETTEMBRE

Il Salmo parla dell’obbedienza di Cristo alla volontà del Padre. Omette di cantare che la salvezza avviene per il dono al Padre del corpo di Cristo fino alla morte di croce.

Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, dal fango della palude; ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli né verso chi segue la menzogna. Quante meraviglie hai fatto, tu, Signore, mio Dio, quanti progetti in nostro favore: nessuno a te si può paragonare! Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.

Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea. Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia; il tuo amore e la tua fedeltà mi proteggano sempre, perché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non riesco più a vedere: sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno. Dégnati, Signore, di liberarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto. Siano svergognati e confusi quanti cercano di togliermi la vita. Retrocedano, coperti d’infamia, quanti godono della mia rovina. Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: «Ti sta bene!». Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: «Il Signore è grande!» quelli che amano la tua salvezza. Ma io sono povero e bisognoso: di me ha cura il Signore. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: mio Dio, non tardare (Sal 40 (39) 1-18).

Ciò che il Salmo non canta, lo canta invece la Lettera Agli Ebrei, aggiungendo al Salmo il dono del corpo fatto dal Padre a Cristo. Il Padre dona il corpo a Cristo, perché Cristo ne faccia dono al Padre. Il dono avviene sulla croce. Per il dono è la nostra redenzione.

La Legge infatti, poiché possiede soltanto un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha mai il potere di condurre alla perfezione per mezzo di sacrifici – sempre uguali, che si continuano a offrire di anno in anno – coloro che si accostano a Dio. Altrimenti, non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che gli offerenti, purificati una volta per tutte, non avrebbero più alcuna coscienza dei peccati? Invece in quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati. 4È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre (Eb 10,1-10).

San Paolo aggiunge un secondo dettaglio. La redenzione non avviene solo per il dono del corpo di Cristo. Questa è la redenzione oggettiva. Manca ancora la redenzione soggettiva. Quando la singola persona è salvata? Quando diviene corpo di Cristo. Quando entra nel corpo di Cristo con il battesimo e vive da vero corpo di Cristo.

Un tempo anche voi eravate stranieri e nemici, con la mente intenta alle opere cattive; ora egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui; purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo, sono diventato ministro.

Se la salvezza per ogni uomo si compie nel corpo di Cristo, possiamo noi dichiarare inutile Cristo in ordine alla nostra salvezza? Di certo non si tratta della vera salvezza.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i discepoli smettano di dire parole stolte su Gesù.

Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?

Sap 9,13-19; Sal 89; Fm 9b-10.12-17; Lc 14,25-33

8 SETTEMBRE – XXIII DOMENICA T.O.

È verità che nessuno potrà smentire, a meno che non dichiari una favola, anzi, una menzogna e una falsità tutta la Scrittura dalla prima pagina all’ultima: mai il Signore ha lasciato che l’uomo pensasse con la sua mente il volere del Signore. Dal primo istante della sua creazione fino alla chiusura della Divina Scrittura, con l’Apocalisse, sempre il Signore gli ha rivelato il suo volere. Non dopo il peccato, prima glielo ha rivelato.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde» (Gen 1,26-30).

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire». E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne (Gen 2,16-24).

Gesù sale al cielo. La Chiesa vive un momento difficile. Gesù si rivela e mostra al suo Apostolo il mistero della storia fino alla Parusia. Niente è lasciato all’immaginazione.

Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa». Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito. Il senso nascosto delle sette stelle, che hai visto nella mia destra, e dei sette candelabri d’oro è questo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese, e i sette candelabri sono le sette Chiese (Ap 1,10-20).

Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza».

Oggi è il tempo della grande confusione. Ognuno, rinnegando la rivelazione pubblica, quella data dal Signore e consegnata nelle Sacre Scritture, si immagina il volere dell’Onnipotente. Sono volontà di Dio anche i peccati contro natura, gli abomini, le nefandezze. Oggi il pensiero, la fantasia, l’immaginazione, l’istinto sono volontà di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, ancorateci saldamente alla rivelazione del nostro Dio.

Tutti i tesori della sapienza e della conoscenza

Col 1,24-2,3; Sal 61; Lc 6,6-11

9 SETTEMBRE

Paolo, esperto conoscitore dell’Antico Testamento, sa cosa è la sapienza. Essa è la luce eterna che è il suo Verbo Eterna, nella Comunione dello Spirito Santo, luce purissima di verità, che illumina il Padre celeste non solo nella creazione dell’universo visibile e invisibile, ma anche nel suo governo sia nel tempo che nell’eternità. Nulla Dio opera senza il suo Verbo nella Comunione eterna dello Spirito Santo. Chi si lascia governare dalla sapienza cammina sulla via della vita. Chi invece è dominato dalla stoltezza produce solo opere di morte per sé e per gli altri. La Sapienza è la Luce eterna. Il nostro Dio è Luce ed è il Signore della Luce. È il Datore di ogni luce.

La sapienza protesse il padre del mondo, plasmato per primo, che era stato creato solo, lo sollevò dalla sua caduta e gli diede la forza per dominare tutte le cose. Ma un ingiusto, allontanatosi da lei nella sua collera, si rovinò con il suo furore fratricida. La sapienza salvò di nuovo la terra sommersa per propria colpa, pilotando il giusto su un semplice legno. Quando i popoli furono confusi, unanimi nella loro malvagità, ella riconobbe il giusto, lo conservò davanti a Dio senza macchia e lo mantenne forte nonostante la sua tenerezza per il figlio. Mentre perivano gli empi, ella liberò un giusto che fuggiva il fuoco caduto sulle cinque città. A testimonianza di quella malvagità esiste ancora una terra desolata, fumante, alberi che producono frutti immaturi e, a memoria di un’anima incredula, s’innalza una colonna di sale. Essi infatti, incuranti della sapienza, non solo subirono il danno di non conoscere il bene, ma lasciarono anche ai viventi un ricordo di insipienza, perché nelle cose in cui sbagliarono non potessero rimanere nascosti. La sapienza invece liberò dalle sofferenze coloro che la servivano. Per diritti sentieri ella guidò il giusto in fuga dall’ira del fratello, gli mostrò il regno di Dio e gli diede la conoscenza delle cose sante; lo fece prosperare nelle fatiche e rese fecondo il suo lavoro. Lo assistette contro l’ingordigia dei suoi oppressori e lo rese ricco; lo custodì dai nemici, lo protesse da chi lo insidiava, gli assegnò la vittoria in una lotta dura, perché sapesse che più potente di tutto è la pietà. Ella non abbandonò il giusto venduto, ma lo liberò dal peccato. Scese con lui nella prigione, non lo abbandonò mentre era in catene, finché gli procurò uno scettro regale e l’autorità su coloro che dominavano sopra di lui; mostrò che i suoi accusatori erano bugiardi e gli diede una gloria eterna (Sap 12,1-14).

Paolo oggi ci rivela che quanto la profezia rivela sulla Sapienza è ben poca cosa se si contempla Cristo Signore. In Lui sono racchiusi e nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza. Se non si contempla Cristo, non si aderisce a Lui, la sapienza dell’Antico Testamento si trasforma in stoltezza, perché è in Cristo che quelle parole di rivelazione divengono vere in eterno. Cristo è la sola Sapienza che dona la vita.

Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza. Voglio infatti che sappiate quale dura lotta devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati. E così, intimamente uniti nell’amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza.

Cristo Gesù è il solo Necessario all’uomo. In Cristo vi è tutto ciò che serve all’uomo per uscire dal regno della morte ed entrare in quello della vita. Il regno però non è cosa separata da Lui. Il regno nel quale si deve entrare è il suo corpo. Per operare questo passaggio Lui non opera da solo. Lavora per mezzo del suo Santo Spirito. È lo Spirito Santo di Cristo che deve convincerci della verità di Cristo ed è Lui la forza che ci deve spingere ad abbandonare il regno delle tenebre per entrare in quello della luce. Tutto questo mistero oggi e sempre si compie per mezzo del corpo di Cristo che è la Chiesa.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che lo Spirito Santo ci attragga tutti da Cristo Gesù.

Annullando il documento scritto contro di noi

Col 2,6-15; Sa l 144; Lc 6,12-19

10 SETTEMBRE

Per la sua disobbedienza l’uomo ha contratto presso Dio un debito infinito. In più è caduto nella schiavitù del peccato e della morte. Il debito, essendo infinito, è impagabile. L’uomo è essere finito. Essendo anche l’uomo nella schiavitù e nel carcere del peccato e della morte, da questo carcere mai più potrà uscire. La parabola di Gesù sul padrone buono che condona il debito al suo servo illumina la verità e la rischiara.

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,11-35).

Nel suo grande amore, Gesù viene, prende il documento del nostro debito, le cui condizioni erano sfavorevoli perché in alcun modo si sarebbe potuto pagare. Nessun uomo avrebbe potuto soddisfare. Dopo averlo preso, lo inchioda nel suo corpo, sulla croce, cancellandolo con il suo sangue. Ora il Padre può darci il suo perdono, può ricondurci in vita, può liberarci dalla schiavitù del peccato e della morte. Il debito è stato sovrabbondantemente soddisfatto. Adesso però spetta all’uomo perdonare di vero cuore, non solo ma anche prendere lui ogni documento di debito dei fratelli ed espiare.

Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.

Ma sempre nella rivelazione di Paolo la redenzione per Cristo dona la grazia di accedere al cuore della misericordia del Padre. Ma il dono della grazia è come un buono che viene offerto. Poi ci si deve recare dal Padre per ottenere la remissione dei peccati e la vita nuova. E il Padre dove ci manda? In Cristo. È nel suo corpo che la morte è sconfitta, che il peccato si vince e anche viene perdonato. È nel suo corpo che si riceve la rigenerazione a figli di adozione ed anche si diviene partecipi della divina natura. Ma anche è con il suo corpo che ogni dono di grazia e di verità si potrà poi vivere. Per Cristo si ottiene ogni grazia. In Cristo ogni grazia diviene nostra. Con Cristo ogni grazia può essere vissuta. Per Lui, con Lui, in Lui si raggiunge il regno eterno.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la nostra fede in Cristo sia ricca di ogni verità.

 

 

 

 

SETTEMBRE 2019

SECONDA DECADE DI SETTEMBRE

 

Impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi

Col 3,1-11; Sa l 144; Lc 6,20-26

11 SETTEMBRE

Ogni uomo è obbligato a rispettare la verità della sua natura, che è fatta ad immagine e a somiglianza del suo Creatore e Signore. Per questo dovrà lasciarsi perennemente guidare dalla Parola del Signore. Nessun’altra parola lo potrà governare. Né di Angeli, né di uomini. Anche ora che è nel peccato, lui dovrà dominare i suoi istinti, che sono il frutto in lui della sua natura corrotta. Mai potrà agire contro la sua natura. Questa verità ricorda il Signore Dio a Caino, triste perché la sua offerta non è stata gradita.

Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai» (Gen 4,3-7).

Nel battesimo l’uomo è divenuto un solo corpo con Cristo, corpo santissimo, pieno di grazia, verità, luce, santità, giustizia, pace, virtù. Il corpo di Cristo è tutto di Dio, dalla sua volontà, per manifestare al mondo che ogni altro uomo in Lui, con Lui, per Lui, può stare lontano da ogni male, può vivere di purissima obbedienza, può compiere tutto il bene che è contenuto e rivelato nella Parola del Signore. Se può vincere il male, deve. È obbligato in ragione della nuova natura. Santo è il corpo di Cristo e chiunque è divenuto parte di esso, è obbligato alla stessa santità e offerta. Tutto il corpo è vittima, olocausto di espiazione per i peccati del mondo. Esso va tenuto lontano da ogni male. San Paolo vuole che il cristiano neanche conosca alcuni vizi: impurità immoralità, passioni, desideri cattivi, cupidigia. Sono questi vizi veleno di morte.

Questi vizi sono lo stravolgimento della verità del corpo di Cristo. Con essi si priva il corpo di Cristo della sua verità, della sua santità, del governo di sé, dell’obbedienza alla volontà del Padre, della libertà da tutto ciò che è terra e cose della terra. Anziché fare di esso un corpo che manifesta la bellezza del suo Creatore se ne fa un corpo che rivela l’infinita tristezza dell’inferno e del suo principe. L’incorporazione in Cristo cambia sostanzialmente la morale dell’uomo. Dalla manifestazione della santità di Dio si deve necessariamente passare alla manifestazione e alla rivelazione di tutta la santità vissuta da Cristo sul legno della croce e prima durante tutta la sua vita pubblica.

Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l’ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

La morale cristiana non è una sovrastruttura, un obbligo esterno. Un albero selvatico produce frutti secondo la sua natura selvatica. Un albero innestato in Cristo necessariamente dovrà produrre frutti secondo la natura di Cristo. Perché questo avvenga, l’innestato in Cristo dovrà riceve la linfa della vita che è lo Spirito Santo. Senza una fortissima e intensissima comunione nella Spirito Santo, il cristiano, anche se è innestato in Cristo, non riceve la linfa della vita e continuerà a produrre le opere di morte e di peccato che sono proprie della sua carne. Quando il cristiano si distacca dallo Spirito diviene nel corpo di Cristo un tralcio secco. Non produce per il Cielo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che siamo legati sempre più intimamente allo Spirito.

Tenerezza, bontà, umiltà, mansuetudine, magnanimità

Col 3,12-17; Sal 150; Lc 6,27-38

12 SETTEMBRE

Tenerezza. Un cubo di acciaio non è modificabile in alcun modo, a meno che non venga calato in un alto forno e fatto liquefare per dargli altra forma. Una volta che ha ricevuto la sua forma. Anche questa rimane invariata. L’acciaio si può modificare solo per fusione. È materia dura, resistente, non modificabile. Dio non è acciaio, non è ghisa. Non è un granito che non si può scalfire. Non è un legno secco. Lui è un cibo tenero e gustoso che può essere mangiato da ogni palato. Vi è cosa più tenera della specie eucaristica? Tutti possono nutrirsi dell’Eucaristia, anche un neonato. Dio ha mostrato tutta la sua tenerezza sulla croce. Ognuno lo ha modificato secondo la sua volontà e lui come creta si lascia modificare. Rimanendo però sempre nella sua natura e volontà di bene. Il male mai lo ha trasformato in male. Lo ha modificato secondo la sua malvagità, cattiveria, crudeltà. Mai però lo ha fatto malvagio, cattivo, crudele. La tenerezza di Gesù deve essere tenerezza di ogni membro del suo corpo. Lui si lascia modificare dal male e anche il cristiano si deve lasciare modificare dal male. ll male lo inchioda e Lui si lascia inchiodare. Il male lo flagella e Lui si lascia flagellare. Il male lo sputa e Lui si lascia sputare. Il male lo spoglia e Lui si lascia spogliare. Il male lo uccide e Lui si lascia uccidere. Senza opporre alcuna resistenza.

Bontà. La bontà è la natura stessa di Dio. Qual è la bontà del cristiano? Il cristiano è buono se si lascia impregnare dalla bontà di Gesù e offre la sua vita al Padre per la redenzione dell’umanità. Nessuna opera del cristiano è buona, se non ha come unico e solo fine la salvezza eterna di se stesso e dei suoi fratelli. Un bene che non produce salvezza eterna non appartiene al discepolo di Gesù, perché non appartiene al Padre celeste e neanche a Gesù Signore. Tutto il Padre e tutto Cristo Gesù opera per la salvezza dell’uomo. La salvezza propria e di ogni altro uomo è l’unico, il solo fine per cui il cristiano è chiamato ad operare. Il cristiano opera questo unico e solo bene per mezzo della virtù dell’umiltà. Con l’umiltà si esce dal proprio cuore, dalla propria mente e volontà, propri desideri e propositi, e ci si consegna interamente al cuore, alla volontà, a propositi e ai desideri del Padre celeste e di Gesù Signore. Come Gesù visse solo il bene che il Padre gli ha comandato, così il cristiano deve vivere il bene che lo Spirito Santo gli comanda. Oggi il cristiano è invece comandato dall’uomo, dalle sue esigenze, che sono spesso di peccato e quindi immorali. Obbedendo all’uomo diviene superbo perché ha privato di verità lo Spirito Santo, giudicando la sua mozione vana, inefficace, non sana e non utile, e si è consegnato alla sua mente cieca.

Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre.

Mansuetudine. La mansuetudine è quella dell’agnello dinanzi a suoi tosatori. Come l’agnello non apre la sua bocca, così neanche Cristo ha aperto la sua bocca dinanzi a quelli che lo hanno condotto al supplizio e poi lo hanno crocifisso. La mansuetudine è rimanere perennemente nella volontà di Dio, senza neanche proferire una parola di lamento. Altra virtù di Cristo è la magnanimità. Con essa si è grandi per cuore e per mente. Quando il cuore è veramente grande? Quando la mente si innalza sopra ogni altra mente? Quando, anche dinanzi al grandissimo male, l’uomo pensa a rispondere con un bene infinitamente superiore. Alla maledizione si risponde con ogni benedizione, alla cattiveria e alla malvagità con le più elevate opere di bene. Alla vendetta con il perdono. Alle ingiustizie con ogni opera di giustizia e di carità.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il discepolo di Gesù sia perfetto in ogni virtù.

Insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù

1 Tm 1,1-2.12-14; Sal 15; Lc 6,39-42

13 SETTEMBRE

Oggi è cosa giusta soffermarsi su tre parole che sono i pilastri sui quali San Paolo ha edificato tutta la sua vita di discepolo di Gesù: grazia, fede, carità. Pilastri non secondo l’Antico Testamento, ma secondo il Nuovo. Grazia, fede, carità sono nel cuore di Cristo, dal cuore di Cristo Paolo sempre le attinge e secondo il cuore di Cristo le vive. In Cristo la grazia è la vita eterna che è Dio e per Cristo viene data all’uomo, prima come grazia di redenzione e di salvezza, poi come grazia di santificazione, al fine di raggiungere il Regno eterno di Dio. Questa grazia che viene a noi per Cristo, si riceve in Cristo, ci fa corpo di Cristo, si può vivere solo con Cristo, cioè nella comunione dei doni, dei carismi, delle missioni, della nuova creazione operata in ogni membro del corpo dal sacramento ricevuto da ciascuno. La grazia di Cristo che è in Cristo, diviene grazia del papa che è nel papa, grazia del vescovo che è nel vescovo, grazia del presbitero che è nel presbitero, grazia del diacono che è nel diacono, grazia del cresimato che è nel cresimato, grazia del battezzato che è nel battezzato. Se solo una di queste grazie viene a mancare, il corpo di Cristo soffre. Gli manca una grazia essenziale, necessaria, indispensabile alla sua vita. San Paolo ha ricevuto la grazia da Cristo, dalla Chiesa. La via in Cristo, nella Chiesa, a servizio della conversione.

Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole. Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito (1Cor 12,4-13).

Nulla è più deleterio e distruttivo del pensiero che la grazia sia solo quella che discende da Dio, in Cristo, per lo Spirito Santo. Tutta la grazia di Dio è data a noi sempre in modo indiretto. Lo Spirito Santo ispira e muove ad accogliere la grazia data per via di mediazione. Se si toglie la mediazione, muore la grazia. Non c’è salvezza. Oggi la grazia è data dal corpo di Cristo. Senza corpo di Cristo non c’è alcuna grazia che salva e redime secondo la verità della salvezza e redenzione che sono in Cristo.

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, a Timòteo, vero figlio mio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.

Anche fede e carità sono in Cristo e vanno attinte in Lui. Cosa è la fede in Cristo e cosa è la Carità in Lui? Fede e carità in Cristo sono la nostra volontà di fare della fede e della carità di Cristo la nostra fede e la nostra carità. La fede di Cristo è obbedienza purissima finalizzata alla redenzione dell’umanità, ma anche la manifestazione al mondo che al Padre si può obbedire fino alla morte di croce. Si obbedisce per la salvezza. La carità in Cristo è l’offerta al Padre del nostro corpo, della nostra intera vita, perché il Padre faccia noi, come ha fatto Cristo, olocausto, sacrificio, dono di salvezza per il mondo intero. La grazia, la fede, la carità che sono in Cristo Gesù vanno vissute per Cristo Gesù, sul suo modello ed esempio. Sono vera grazia, vera fede, vera carità, se con esse si salvano gli uomini dalla morte eterna.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate della nostra vita un’offerta a Dio per la salvezza.

Supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti

Nm 21,4b-9 opp. Fi l 2,6-11; Sal 77; Gv 3,13-17

14 SETTEMBRE

La preghiera dei profeti e degli amici di Dio è necessaria perché il Signore conceda la grazia del perdono. Dio chiede che Abramo e Giobbe preghino per il perdono. Mosè prega per ottenere la vittoria da parte del Signore e prega anche perché il Signore perdoni il suo popolo che è caduto nel peccato di idolatria. A Geremia il Signore chiede di non pregare per il popolo, perché ormai il suo peccato è oltre ogni limite.

Gli rispose Dio nel sogno: «So bene che hai agito così con cuore retto e ti ho anche impedito di peccare contro di me: perciò non ho permesso che tu la toccassi. Ora restituisci la donna di quest’uomo, perché è un profeta: pregherà per te e tu vivrai. Ma se tu non la restituisci, sappi che meriterai la morte con tutti i tuoi». Abramo pregò Dio e Dio guarì Abimèlec, sua moglie e le sue serve, sì che poterono ancora aver figli. Il Signore, infatti, aveva reso sterili tutte le donne della casa di Abimèlec, per il fatto di Sara, moglie di Abramo (Cfr. Gen 20,1-18).

Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada (Es 17,8-13). Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo (es 32,11-14).

Dopo che il Signore ebbe rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz di Teman: «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe. Prendete dunque sette giovenchi e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi e io, per riguardo a lui, non punirò la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe» (Gb 41,7-8). Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò. Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme? I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla regina del cielo; poi si compiono libagioni ad altri dèi per offendermi. Ma è proprio me che offendono – oracolo del Signore – o non piuttosto se stessi, a loro stessa vergogna? Pertanto, dice il Signore Dio: Ecco, il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra, e brucerà senza estinguersi (Ger 7,16-20).

Ora è il popolo che chiede a Mosè di pregare. Gesù sulla Croce è Lui che prega.

Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Gesù è insieme serpente di salvezza e serpente che prega per il perdono dei peccati.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri amici di Dio per poter intercedere per ogni uomo.

Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi

Es 32,7-11.13-14; Sal 50; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32

15 SETTEMBRE – XXIV DOMENICA T.O.

Ogni vero amico di Dio, ogni suo vero profeta deve avere a cuore che il suo Dio, il suo Signore risulti vero presso ogni popolo, ogni nazione, presso tutte le genti. Abramo è vero amico Dio. Il Signore gli rivela che Lui sta per distruggere Sodoma e Gomorra. Qual è il solo desiderio di Abramo, vero amico di Dio? Che il suo amico Dio si riveli giusto giudizio presso ogni uomo. Chi adorerebbe mai un Dio ingiusto che punisce insieme chi pecca e chi non pecca? È questo il vero significato della preghiera di Abramo. Quando lui è certo che in Sodoma non ci sono persone giuste, smette di chiedere. Dio gli rivelò la sua giustizia togliendo dalla città il giusto Lot.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,22-32).

Diversa è la motivazione della preghiera di Mosè. Lui non prega perché Dio si riveli giusto dinanzi ai popoli. Se Lui punisse il popolo per il tristissimo peccato di idolatria, sarebbe sommamente giusto. Non sarebbe però fedele alla sua Parola. Quando Dio dona una Parola è obbligato ad osservarla nonostante tutto. Ha detto ad Abramo, Isacco e Giacobbe che la terra di Canaan l’avrebbe data alla loro discendenza. Lo ha detto con giuramento, con solenne promessa. Se oggi non mantiene questa sua Parola, chi potrebbe avere fiducia in Lui? Nessuno. Anzi qualcuno potrebbe malignare a accusare Dio di non essere Onnipotente come Lui si è rivelato in Egitto. Era Onnipotente in Egitto, ma non nel deserto. Poiché non riusciva a introdurli nella terra di Canaan li ha sterminati nel deserto. Può il Signore macchiarsi di un’accusa così grave?

Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

I veri amici di Dio, i veri suoi profeti, hanno un solo pensiero, un solo desiderio, una sola volontà. Aiutare Dio perché si manifesti dinanzi agli occhi del mondo perfettamente giusto, vero, fedele, onesto. La sua natura, la sua Parola, vanno sempre conservati nella più alta verità. Oggi però dobbiamo confessare che sono pochi gli amici di Dio e i suoi veri profeti. Questi veri amici salvano Dio e Dio salva l’uomo. Noi invece oscuriamo Dio per salvare l’uomo. Non salviamo né Dio, né l’uomo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri amici di Dio, servi della sua verità e fedeltà.

Mani pure, senza collera e senza polemiche

1 Tm 2,1-8; Sa l 27; Lc 7,1-10

16 SETTEMBRE

La preghiera cristiana si fonda sulla riconciliazione e sul perdono incondizionato. L’offeso si reca dall’offensore per offrirgli la sua pace. Nella pace offerta, la preghiera è sempre ascoltata dal Signore. Sempre prima di pregare si deve offrire il perdono.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! (Mt 5,23-26). Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; 15ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe (Mt 6,9-14). Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette (Mt 18,21-22).

L’Apostolo Giacomo insegna che la preghiera del giusto è ascoltata se essa è fervorosa e ricca di fede. Necessario che il giusto sia veramente giusto.

Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. 14Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto (Gc 5,13-18).

Gesù insegna agli Apostoli a chiedere al Padre ogni cosa nel suo nome. Esaudendo il Padre la preghiera così elevata a Lui, Cristo Gesù viene riconosciuto nella sua verità.

In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò. Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi (Gv 14,12-17)-

San Paolo chiede non solo che la preghiera sia universale, per tutti, compresi quelli che stanno al potere. Noi preghiamo e il Signore li ispira perché possano operare bene in favore di tutta la Chiesa, del corpo di Cristo Gesù, per il suo più grande bene.

Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità. Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche.

Condizione assoluta per essere ascoltati è la nostra dimora nella Parola del Vangelo. La nostro giustizia è l’obbedienza alla volontà di Dio, rivelata e contenuta nella Parola.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai ci allontaniamo dal Vangelo della vita.

Desidera un nobile lavoro

1 Tm 3,1-13; Sal 100; Lc 7,11-17

17 SETTEMBRE

Il corpo di Cristo è un “organismo” vivente che deve perennemente rinnovarsi nei ministeri, nelle missioni, nei doni dello Spirito Santo. Essenziale, primario è il ministero dell’Episcopato. Senza questo ministero la Chiesa muore, soffoca. Non ci sarebbe nessuno che la potrebbe nutrire dell’Eucaristia, perché senza il vescovo non ci sono i ministri che celebrano questo grande sacramento. Saremmo anche senza il perdono dei peccati. Anche il sacramento della cresima scomparirebbe. Resterebbero, senza il vescovo, due soli sacramenti: il battesimo e il matrimonio. Il battesimo perché in caso di necessità tutti lo possono amministrare. Il matrimonio perché i ministri sono gli sposi. Essendo l’episcopato il sacramento che dona la vita di Cristo a tutta la Chiesa, Paolo insegna, anzi rivela, che il desiderio o l’aspirazione ad essere vescovo è una bella cosa, si desidera un nobile lavoro. Quando il desiderio è cosa santa e l’ispirazione benedetta da Dio e quando l’aspirazione non è benedetta e il desiderio non nobile?

Desiderio e fine secondo Cristo Gesù devono essere una cosa sola. Il fine dell’Episcopato è dare la vita di Cristo, nello Spirito Santo, ad ogni uomo. Lui è l’amministratore dei misteri di Dio che sono tutti racchiusi nel cuore di Cristo. Lui e Cristo devono essere una cosa sola nella pienezza della grazia e della verità. Un vescovo senza la purissima verità di Cristo distrugge il corpo di Cristo. Altra cosa necessaria al Vescovo è la sua altissima moralità. Paolo così parla del suo ministero.

Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi (Cfr. 1Cor 4,1-13). Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! (2Cor 6,3-10).

Come per mezzo di Cristo il Padre ha creato, redento e santificato il mondo, così per mezzo del Vescovo Cristo ogni giorno crea, redime, santifica, fa crescere la Chiesa.

Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio. Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il vescovo viva nella purezza della grazia e verità.

Grande è il mistero della vera religiosità

1 Tm 3,14-16; Sal 110; Lc 7,31-35

18 SETTEMBRE

Il mistero della vera religiosità non è una verità, ma una Persona. Esso è Cristo Gesù, il Figlio Eterno del Padre, che si è fatto carne, fu crocifisso, è morto, è risorto, è salito al cielo, è stato costituito Signore e Giudice dei vivi e dei morti. Nelle sue mani è stato posto dal Padre tutto l’universo visibile e invisibile. Nella Lettera agli Efesini Paolo così annunzia questo mistero, dal quale è la verità di ogni altro mistero, anche del granello di polvere che noi calpestiamo. Oggi anche questo mistero ci sta sfuggendo. Siamo senza Cristo Signore e di conseguenza siamo nell’ignoranza di tutti i misteri.

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose (Cfr. Ef 1,3-23).

Questo mistero della vera religiosità dell’uomo non solo va annunziato, va anche mostrato. Ogni discepolo di Gesù è obbligato a mostrarlo presente nel mondo, in relazione di ogni sacramento che riceve. Se è battezzato deve mostrare il mistero della figliolanza adottiva. Se è cresimato deve essere vero testimone e soldato di Cristo Gesù. Se è appena uscito dal sacramento della Penitenza deve gridare al mondo la gioia del perdono ricevuto. Se riceve l’Eucaristia deve divenire carità crocifissa per i suoi fratelli. Se viene unto con l’olio dei malati, deve fare della sua vita un olocausto al Signore. Se vie consacrato deve mostrare al mondo tutta la forza, la grazia, l’energia, la luce, la verità dello Spirito Santo e la sua sapienza. Se si unisce in matrimonio, deve mostrare sulla terra l’amore di Cristo Signore per la sua sposa. Mostrandolo, tutti possono vedere la bellezza del mistero della vera religiosità e convertirsi ad esso.

Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli Angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria.

Se Cristo, come oggi sta accadendo, viene messo da parte, esiliato nel suo cielo, anche il vero mistero della religiosità viene bandito dalla nostra terra. Ma se il mistero viene bandito è segno che battezzati, cresimati, consacrati, sposati, unti con l’olio, perdonati, quanti si accostano all’Eucaristia si sono separati dal mistero. Celebrano il mistero, ma non vivono il mistero, perché nel mistero non credono. Il problema allora non è nel mondo che non vuole Cristo, è nei discepoli di Gesù che non credono in Cristo e di conseguenza non lo mostrano, anche se celebrano il suo mistero e divengono parte essenziale di esso. È il cristiano oggi colui che è venuto meno.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano mostri il mistero della vera religiosità.

Perché tutti vedano il tuo progresso

1 Tm 4,12-16; Sal 11 0; Lc 7,36-50

19 SETTEMBRE

Ogni discepolo di Gesù, iniziando da coloro che sono posti in alto a coloro che sono in basso, deve conformarsi così perfettamente a Cristo Signore, crescendo giorno dopo giorno nella conformazione, da far sì che questa sia visibile al mondo intero. Mentre nella Lettera ai Filippesi San Paolo rivela che lui corre dietro a Cristo Signore, al fine di raggiungerlo nella perfezione del suo amore e della sua obbedienza, nella Lettera ai Galati prima dice che ormai è Cristo che vive in Lui, alla fine aggiunge che anche il suo corpo è conformato al suo Signore. Lui porta le stigmate di Gesù nel suo corpo.

Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Fil 3,8-14). Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,19-20). Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo (Gal 6,14-17).

Per mostrare la propria crescita spirituale vi sono due regole che mai vanno omesse. Una è invisibile e consiste nella perenne contemplazione di Gesù Crocifisso, nella preghiera che chiede al Signore la grazia di poter raggiungere la sua perfezione. Senza la contemplazione del Crocifisso, nessun progresso sarà mai fatto. I nostri modelli spesso sono più umani che divini, più della terra che del cielo. La seconda regola obbliga chi sta in alto a farsi modello in tutto per chi sta in basso. Il Vescovo deve essere modello per i suoi presbiteri e diaconi. Il presbitero modello per ogni fedele laico. Il cresimato verso ogni battezzato. Il battezzato deve essere vero modello di figlio adottivo di Dio per tutta la Chiesa e per il mondo intero. Modello invisibile e modelli visibili devono essere un solo modello. Altrimenti non vedendo il modello visibile molti si scoraggiano e abbandonano il cammino. Mostrare il proprio progresso e la propria crescita in Cristo è obbligo di giustizia per ogni discepolo di Gesù.

E tu prescrivi queste cose e inségnale. Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbìteri. Abbi cura di queste cose, dèdicati ad esse interamente, perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano.

Quando nella Chiesa sorgono persone che giorno per giorno si conformano a Cristo, la loro vista riaccende la fede, la speranza, la carità. Attorno a queste persone vi è un vero risveglio di vita cristiana. Poi esse vengono meno. Di essere resta un ricordo, ma non più la visibilità. Subito si cade in un culto sterile che è solo richiesta di grazie oppure creatore di un vago sentimento di gioia e di godimento del cuore. Occorre che altre persone subentrino e manifestino anche loro Cristo e questi Crocifisso, attraverso la forza della loro fede, speranza, carità. La visibilità esterna è vita vera per la Chiesa.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate nascere nella Chiesa modelli sempre nuovi di santità.

L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali

1Tm 6,2c-12; Sal 48; Lc 8,1-3

20 SETTEMBRE

Quando il cuore si attacca al denaro e alle cose di questo mondo, subito avviene la morte dell’anima e dello spirito per soffocamento. A queste due morti, segue all’istante la cecità dello spirito, perché privato di ogni sapienza e intelligenza. Il Vangelo secondo Luca attraverso due parabole ci rivela questa grande cecità.

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore (Cfr. Lc 12,16-34).

C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”» (Lc 16,19-31).

Non solo l’avidità è la radice dei mali della terra, è anche la radice dei mali eterni. Sappiamo che un’opera di carità copre una moltitudine di peccati. Questi due uomini si sono dannati per aver perso la luce dello spirito. Ecco il grande male, dal quale ogni altro male nasce e si diffonde, prospera e produce danni che si consumano nell’inferno. L’avidità può portare ad ogni ingiustizia, ogni sopruso, ogni guerra, ogni morte. Possiamo dire che la maggior parte dei mali del mondo sono mali di denaro.

Questo devi insegnare e raccomandare. Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina conforme alla vera religiosità, è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è un maniaco di questioni oziose e discussioni inutili. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la religione come fonte di guadagno. Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti. Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.

Se l’avidità sì impossessa di un ministro di Cristo, allora essa è anche causa di tutti i danni spirituali. Lo scandalo di un tale attaccamento allontana da Cristo e della Chiesa.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano desideri divenire povero in spirito.

 

 

 

 

SETTEMBRE 2019

TERZA DECADE DI SETTEMBRE

 

Fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo

Ef 4,1-7.11-13; Sal 18; Mt 9,9-13

21 SETTEMBRE

Nella Chiesa ogni membro del corpo di Cristo è a servizio di ogni altro membro, perché esso raggiunga la misura delle pienezza di Gesù Signore. Risulta evidente che, se un membro non cammina verso la pienezza di Cristo, mai potrà a aiutare un altro membro perché cammini anche lui verso una tale pienezza. Poiché la carità nella Chiesa è solo questa, chi non raggiunge o non cammina verso la pienezza di Cristo non può aiutare gli altri a raggiungerla. Senza questo aiuto di carità, lui non ama. A volte al non amore si aggiunge lo scandalo che getta tanto discredito verso la Chiesa da parte dei pagani. E così la carità non data è sostituita con lo scandalo che tanto male arreca al corpo di Cristo. Spesso un solo peccato di scandalo distrugge tanto lavoro di santità quanto se ne produce in un secolo. Nessuno si meravigli. Un solo fiammifero può distruggere tutto il grano che è pronto per la mietitura. Contro lo scandalo San Paolo ha parole di fuoco. Esso è capace di fermentare di malizia tutta la pasta. Anche Gesù ha parole pesanti. Sarebbe preferibile, per chi scandalizza uno dei suoi piccoli, gettarsi con una macina da mulino nel mare, anziché dare scandalo.

Si sente dovunque parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti in modo che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile! Ebbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha compiuto tale azione. Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati voi e il mio spirito insieme alla potenza del Signore nostro Gesù, questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore. Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità. Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell’immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo o agli avari, ai ladri o agli idolatri: altrimenti dovreste uscire dal mondo! Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale o avaro o idolatra o maldicente o ubriacone o ladro: con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. Spetta forse a me giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi! (1Cor 5,1-13).

Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! (Mt 18,6-7).

Perché il Signore fornisce la sua Chiesa di apostoli, profeti, dottori, maestri, evangelisti, professori, ma anche di presbiteri, diaconi, cresimati, battezzati? Perché ognuno aiuti l’altro a raggiungere la misura delle pienezza di Cristo mostrandola tutta nel suo corpo.

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

Ognuno è obbligato a lavorare per condurre alla misura della pienezza di Cristo secondo la ricchezza di grazia e verità del sacramento ricevuto. Livellare i ministeri, i servizi, è abolire l’azione specifica di ciascun sacramento. È la morte della Chiesa.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che si livelli la multiforme grazia dei sacramenti.

 

Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere

Am 8,4-7; Sal 112; 1 Tm 2,1-8; Lc 16,1-13

22 SETTEMBRE – XXV DOMENICA T.O.

Amos fu chiamato dal Signore e mandato ad annunziare la sua parola nel regno del Nord, a Betel, presso il santuario, dove veniva praticato un culto idolatrico e immorale. Quando in un popolo nasce e viene coltivata l’idolatria, la prima figlia che essa genera è l’immoralità. Vengono messi da parte i comandamenti della Legge del Signore, ogni altro suo precetto, statuto e prescrizione. Tutta la rivelazione perde di vigore. L’immoralità genera a sua volta ogni ingiustizia sociale. Si deve ricordare che questa ingiustizia non riguarda solo un comandamento, il settimo, cioè non rubare, ma tutti i comandamenti, dal primo al decimo. Infatti le ingiustizia sociali che nascono dalla violazione del primo e del secondo comandamento sono più disastrose di quelle del settimo e quelle che vengono fuori dal sesto comandamento superano di gran lunga quelle del quinto. Non parliamo poi delle ingiustizie che scaturiscono dall’inosservanza dell’ottavo comandamento. Ci si serve della falsa testimonianza per uccidere e impossessarsi di quanto non è nostro e mai potrebbe appartenerci. È grande errore vedere le ingiustizie sociali solo a partire dalla trasgressione e violazione o non osservanza del settimo comandamento. La giustizia sociale è regolata non solo da dieci comandamenti, ma anche dalle norme della carità date da Dio al suo popolo.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Tu, figlio dell’uomo, forse non giudicherai, non giudicherai tu la città sanguinaria? Mostrale tutti i suoi abomini. Tu riferirai: Così dice il Signore Dio: O città che sparge il sangue in mezzo a se stessa, perché giunga il suo tempo, e fabbrica a suo danno idoli con cui contaminarsi! Per il sangue che hai sparso, ti sei resa colpevole e ti sei contaminata con gli idoli che hai fabbricato: hai affrettato il tuo giorno, sei giunta al termine dei tuoi anni. Ti renderò perciò l’obbrobrio dei popoli e lo scherno di tutta la terra. I vicini e i lontani si faranno beffe di te, o città disonorata e piena di disordini. Ecco in te i prìncipi d’Israele, ognuno secondo il suo potere, intenti a spargere sangue. In te si disprezzano il padre e la madre, in te si maltratta il forestiero, in te si opprimono l’orfano e la vedova. Hai disprezzato le mie cose sante, hai profanato i miei sabati. Vi sono in te calunniatori che versano il sangue. C’è in te chi banchetta sui monti e chi commette scelleratezze. In te si scopre la nudità del proprio padre, in te si vìola la donna in stato di mestruazione. Uno reca oltraggio alla donna del prossimo, l’altro contamina con incesto la nuora, altri vìola la sorella, figlia del padre. In te si ricevono doni per spargere il sangue, tu presti a interesse e a usura, spogli con la violenza il tuo prossimo e di me ti dimentichi. Oracolo del Signore Dio (Cfr. Ez 22,1-31).

Se manchiamo di una corretta visione di ciò che sono le ingiustizie sociali, lavoreremo solo per cercare di tagliare solo una testa al male della grande ingiustizia, mentre ve ne restano altre nove da noi difese anche con manifestazioni di piazza, con sit-in, con sfilate che propongono il male sociale come vera legge di vita. Ogni trasgressione dei comandamenti del Signore è un veleno di morte che si introduce nella società. Non si può avvelenare la società e poi preoccuparsi di assistere il paziente con flebo inutili.

Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano”». Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere.

A tutti i trasgressori della Legge del Signore, a quanti opprimo il povero per avidità di guadagno, Amos annunzia che sopra ogni loro azione è sempre vigile l’occhio del Signore. Questi a suo tempo interverrà con potenza e darà a ciascuno secondo le sue opere. Ogni ingiustizia viene legata da Dio dinanzi ai suoi occhi, così da non essere dimenticata, finché non sia stata ricomposta la sua giustizia. L’immanentismo questo danno ha prodotto nell’uomo: lo ha convinto che sopra di lui non vi è nessuno. Invece vi è il suo Signore, Creatore e Dio al quale dovrà rendere conto di ogni opera, sia in bene che in male. Le conseguenze dell’ingiustizia non riparata sono eterne.

Madre di Dio, Angeli, Santi, mettete in ogni cuore il santo timore del Signore.

 

E costruisca il tempio del Signore

Esd 1,1-6; Sal 125; Lc 8,16-18

23 SETTEMBRE

Ciro è l’uomo scelto dal Signore per la liberazione del suo popolo. Contro di lui il Signore non deve compiere nessun segno. Mette nel suo cuore un pensiero nuovo. Quanto la profezia di Isaia aveva annunziato si è puntualmente compiuto.

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Io marcerò davanti a te; spianerò le asperità del terreno, spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e ricchezze ben celate, perché tu sappia che io sono il Signore, Dio d’Israele, che ti chiamo per nome. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri. 7Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo. Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore, ho creato tutto questo». Così dice il Signore, il Santo d’Israele, che lo ha plasmato: «Volete interrogarmi sul futuro dei miei figli e darmi ordini sul lavoro delle mie mani? Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l’uomo; io con le mani ho dispiegato i cieli e do ordini a tutto il loro esercito. Io l’ho suscitato per la giustizia; spianerò tutte le sue vie. Egli ricostruirà la mia città e rimanderà i miei deportati, non per denaro e non per regali», dice il Signore degli eserciti (Cfr. Is 45,1-13).

Il volere del Signore su Ciro è chiaro. Lui deve costruire la città di Gerusalemme e in essa il suo santo Tempio. Gerusalemme va costruita in vista del Tempio. Perché la costruzione della Casa di Dio è così importante? Il Tempio attesta la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Se Dio abita nel suo Santo tempio è segno che Lui si è riconciliato con i figli di Giuda e nuovamente la sua benedizione aleggia su di essi. Quando Dio è in mezzo alla sua terra, di nulla si deve temere. Dio non solo è il Custode, ma anche la benedizione, l’abbondanza, la vita, la prosperità, la pace. Ciro sa cosa lui deve fare e per questo libera i prigionieri. Li manda nella loro terra con un ordine ben preciso. Lui deve costruire il tempio ed essi glielo costruiranno. Il tempio dovrà essere la prima delle priorità. Ogni altra cosa va posta in secondo ordine.

Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola che il Signore aveva detto per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e costruisca il tempio del Signore, Dio d’Israele: egli è il Dio che è a Gerusalemme. E a ogni superstite da tutti i luoghi dove aveva dimorato come straniero, gli abitanti del luogo forniranno argento e oro, beni e bestiame, con offerte spontanee per il tempio di Dio che è a Gerusalemme”». Allora si levarono i capi di casato di Giuda e di Beniamino e i sacerdoti e i leviti. A tutti Dio aveva destato lo spirito, affinché salissero a costruire il tempio del Signore che è a Gerusalemme. Tutti i loro vicini li sostennero con oggetti d’argento, oro, beni, bestiame e oggetti preziosi, oltre a quello che ciascuno offrì spontaneamente.

Non solo a Ciro il Signore aveva dato un pensiero nuovo, ma anche ai capi del suo popolo. Essi si mettono in viaggio per eseguire gli ordini del re. Anche in questo viaggio si compie quanto è avvenuto in terra d’Egitto. Gli Egiziani avevano offerto degli oggetti preziosi ai figli d’Israele prima della partenza. Ora sono quanti sono vicini ai deportati che stanno per intraprendere il viaggio del ritorno a sostenerli con oggetti d’argento, oro, beni, bestiame e oggetti preziosi. È sufficiente che il Signore cambi i pensieri degli uomini e tutto si svolge secondo il suo volere. Ora si deve solo partire e mettersi all’opera. Pregare perché il Signore metta un pensiero nuovo del cuore delle persone è ottima, eccellente preghiera. Questa preghiera in verità si insegna poco.

Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci pensieri nuovi per fare sempre la divina volontà.

 

Lasciate che lavorino a quel tempio di Dio

Esd 6,7-8.12b.14-20; Sal 121; Lc 8,19-21

24 SETTEMBRE

Quando si legge la Scrittura, specie durante la liturgia della Santa Messa, tutto potrebbe apparire facile, istantaneo, quasi miracolistico. I rimpatriati arrivano e subito si mettono a costruire il tempio, nella pace e nella serenità. Ognuno deve sapere che, quando si fanno le opere di Dio, sempre sorgono mille difficoltà. Erano infatti molti coloro che non solo non volevano che il tempio fosse ricostruito, ma anche ponevano grandi ostacoli. Quando questo accade, ed accade sempre, occorrono saggezza, intelligenza, prudenza, per organizzare il lavoro e anche per aiutare gli operai a non scoraggiarsi. Nello scoraggiamento si abbandona ogni cosa e si rinunzia all’opera già intrapresa. L’intelligenza dei capi sta proprio in questo: lavorare perché nessun operaio si scoraggi o abbandoni, e anche perché nessun danno materiale possa accadere sul lavoro già svolto. Questa regola vale sia sul piano dei lavori materiali che su quello dello spirito. Iniziare e non finire è quanto i nemici del Signore vogliono.

Per la costruzione del tempio di Gerusalemme, i cui lavori andavano troppo a rilento, il Signore si è servito di due profeti: Aggeo e Zaccaria. Anche Esdra e Neemia si impegnarono con tutte le loro forze perché sia Gerusalemme che il popolo di Giuda potessero ritornare nella Legge del Signore in ogni settore della vita pubblica e privata. Costruire il Tempio e Gerusalemme senza costruire la Legge di Dio nel cuore di ogni figlio d’Israele a nulla serve. Dio rimane nel Tempio, se i figli di Giuda rimangono nella Legge. Se il popolo non rimane nella Legge o se mai esso vi entra, a che serve che il Signore abiti nel suo luogo santo? Lui per questo ha abbandonato Gerusalemme e il suo popolo a se stesso: perché aveva tolto la sua Legge dal cuore e dalla mente e si era consegnato alla grande idolatria e all’universale immoralità. Ora tutto va ricostruito. Ma per questo occorrono persone forti che spronino, guidino, conducano il popolo prendendolo per mano e conducendolo nella perfetta volontà del loro Dio.

Lasciate che lavorino a quel tempio di Dio. Il governatore dei Giudei e i loro anziani costruiscano quel tempio di Dio al suo posto. Ed ecco il mio ordine circa quello che dovrete fare con quegli anziani dei Giudei per la costruzione di quel tempio di Dio: con il denaro del re, quello delle tasse dell’Oltrefiume, siano integralmente sostenute le spese di quegli uomini, perché non vi siano interruzioni. Io, Dario, ho emanato quest’ordine: sia eseguito integralmente». Gli anziani dei Giudei continuarono a costruire e fecero progressi, grazie alla profezia del profeta Aggeo e di Zaccaria, figlio di Iddo. Portarono a compimento la costruzione per ordine del Dio d’Israele e per ordine di Ciro, di Dario e di Artaserse, re di Persia. Si terminò questo tempio per il giorno tre del mese di Adar, nell’anno sesto del regno del re Dario. Gli Israeliti, i sacerdoti, i leviti e gli altri rimpatriati celebrarono con gioia la dedicazione di questo tempio di Dio; offrirono per la dedicazione di questo tempio di Dio cento tori, duecento arieti, quattrocento agnelli e dodici capri come sacrifici espiatori per tutto Israele, secondo il numero delle tribù d’Israele. Stabilirono i sacerdoti secondo le loro classi e i leviti secondo i loro turni per il servizio di Dio a Gerusalemme, come è scritto nel libro di Mosè. I rimpatriati celebrarono la Pasqua il quattordici del primo mese. Infatti i sacerdoti e i leviti si erano purificati tutti insieme, come un sol uomo: tutti erano puri. Così immolarono la Pasqua per tutti i rimpatriati, per i loro fratelli sacerdoti e per se stessi.

Con la consacrazione del Tempio il grande miracolo si compie. Ora si deve compiere l’altro grande miracolo: la ricostruzione del Tempio del cuore e del Tempio di una vita sociale tutta fondata sulla Legge di Dio. Se mancano persone forti, di alto spessore spirituale e morale, questo secondo miracolo non si potrà mai compiere. Come le pietre hanno bisogno dell’uomo per essere innalzate l’una sopra l’altra, così anche gli uomini hanno bisogno degli uomini per essere costruiti come vero edificio spirituale per il nostro Dio e Signore. Se si vuole che il popolo ritorni, dimori, abiti nel tempio della Legge è più che necessario che vi siano delle persone piene dello Spirito di Dio che lavorino con la sua fortezza, sapienza, conoscenza, intelligenza. Senza muratori il Tempio non si costruisce. Senza persone forti non c’è elevazione spirituale del popolo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, mandate tra noi persone forti, piene di Spirito Santo.

 

La nostra colpa è grande fino al cielo

Esd 9,5-9; C Tb 13,2.3-4a.4bed.5.8; Lc 9,1-6

25 SETTEMBRE

La confessione pubblica delle proprie colpe ha due fini da raggiungere. Il primo è quello di dichiarare Dio, il Signore, giusto in tutte le sue opere. Il secondo invece vuole che il popolo si assuma tutta la sua responsabilità per quanto è accaduto. Gerusalemme e il tempio non sono stati distrutti da Dio, ma dal peccato del popolo.

Allora Tobi disse: «Benedetto Dio che vive in eterno, benedetto il suo regno; egli castiga e ha compassione, fa scendere agli inferi, nelle profondità della terra, e fa risalire dalla grande perdizione: nessuno sfugge alla sua mano. Lodatelo, figli d’Israele, davanti alle nazioni, perché in mezzo ad esse egli vi ha disperso e qui vi ha fatto vedere la sua grandezza; date gloria a lui davanti a ogni vivente, poiché è lui il nostro Signore, il nostro Dio, lui il nostro Padre, Dio per tutti i secoli. Vi castiga per le vostre iniquità, ma avrà compassione di tutti voi e vi radunerà da tutte le nazioni, fra le quali siete stati dispersi. Quando vi sarete convertiti a lui con tutto il cuore e con tutta l’anima per fare ciò che è giusto davanti a lui, allora egli ritornerà a voi e non vi nasconderà più il suo volto. Ora guardate quello che ha fatto per voi e ringraziatelo con tutta la voce; benedite il Signore che è giusto e date gloria al re dei secoli. Io gli do lode nel paese del mio esilio e manifesto la sua forza e la sua grandezza a un popolo di peccatori. Convertitevi, o peccatori, e fate ciò che è giusto davanti a lui; chissà che non torni ad amarvi e ad avere compassione di voi. Io esalto il mio Dio, l’anima mia celebra il re del cielo ed esulta per la sua grandezza. Tutti ne parlino e diano lode a lui in Gerusalemme. Gerusalemme, città santa, egli ti castiga per le opere dei tuoi figli, ma avrà ancora pietà per i figli dei giusti. Da’ lode degnamente al Signore e benedici il re dei secoli; egli ricostruirà in te il suo tempio con gioia, per allietare in te tutti i deportati e per amare in te tutti gli sventurati, per tutte le generazioni future.

Una luce splendida brillerà sino ai confini della terra: nazioni numerose verranno a te da lontano, gli abitanti di tutti i confini della terra verranno verso la dimora del tuo santo nome, portando in mano i doni per il re del cielo. Generazioni e generazioni esprimeranno in te l’esultanza e il nome della città eletta durerà per le generazioni future. Maledetti tutti quelli che ti insultano! Maledetti tutti quelli che ti distruggono, che demoliscono le tue mura, rovinano le tue torri e incendiano le tue abitazioni! Ma benedetti per sempre tutti quelli che ti temono. Sorgi ed esulta per i figli dei giusti, tutti presso di te si raduneranno e benediranno il Signore dei secoli. Beati coloro che ti amano, beati coloro che esulteranno per la tua pace. Beati coloro che avranno pianto per le tue sventure: gioiranno per te e vedranno tutta la tua gioia per sempre. Anima mia, benedici il Signore, il grande re, perché Gerusalemme sarà ricostruita come città della sua dimora per sempre. Beato sarò io, se rimarrà un resto della mia discendenza per vedere la tua gloria e dare lode al re del cielo. Le porte di Gerusalemme saranno ricostruite con zaffiro e con smeraldo e tutte le sue mura con pietre preziose. Le torri di Gerusalemme saranno ricostruite con oro e i loro baluardi con oro purissimo. Le strade di Gerusalemme saranno lastricate con turchese e pietra di Ofir. Le porte di Gerusalemme risuoneranno di canti di esultanza, e in tutte le sue case canteranno: “Alleluia! Benedetto il Dio d’Israele e benedetti coloro che benedicono il suo santo nome nei secoli e per sempre!”» (Tb 13,1-18).

Quanto avviene di bene è solo opera dell’amore di Dio. Quanto avviene di male è solo frutto amaro del peccato dell’uomo. È il peccato che allontana il Signore dal popolo. Si toglie il peccato, si ritorna nella Legge, Dio torna ad abitare con il suo popolo.

All’offerta della sera mi alzai dal mio stato di prostrazione e, con il vestito e il mantello laceri, caddi in ginocchio e stesi le mani al Signore, mio Dio, e dissi: «Mio Dio, sono confuso, ho vergogna di alzare la faccia verso di te, mio Dio, poiché le nostre iniquità si sono moltiplicate fin sopra la nostra testa; la nostra colpa è grande fino al cielo. Dai giorni dei nostri padri fino ad oggi noi siamo stati molto colpevoli, e per le nostre colpe noi, i nostri re, i nostri sacerdoti siamo stati messi in potere di re stranieri, in preda alla spada, alla prigionia, alla rapina, al disonore, come avviene oggi. Ma ora, per un po’ di tempo, il Signore, nostro Dio, ci ha fatto una grazia: di lasciarci un resto e darci un asilo nel suo luogo santo, e così il nostro Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù. Infatti noi siamo schiavi; ma nella nostra schiavitù il nostro Dio non ci ha abbandonati: ci ha resi graditi ai re di Persia, per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio e restaurare le sue rovine, e darci un riparo in Giuda e a Gerusalemme.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai usciamo dal Vangelo e dalla sua verità eterna.

 

Portate legname, ricostruite la mia casa

Ag 1,1-8; Sal 149; Lc 9,7-9

26 SETTEMBRE

L’onore di Dio è l’onore del suo adoratore. Quando Israele uscì dall’Egitto, attraversando a piedi asciutti il Mar Rosso, mentre il faraone con i suoi cavalli, i suoi cavalieri e i suoi cocchi venivano travolti dalle onde, la sua gloria e il suo onore furono grandi. Il solo nome degli Ebrei incuteva timore e rispetto. Tutti i popoli sapevano che il loro Dio era superiore ad ogni altro Dio. Con il loro Dio ogni combattimento era perso.

«Voglio cantare al Signore, perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. È il mio Dio: lo voglio lodare, il Dio di mio padre: lo voglio esaltare! Il Signore è un guerriero, Signore è il suo nome. I carri del faraone e il suo esercito li ha scagliati nel mare; i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. Gli abissi li ricoprirono, sprofondarono come pietra. La tua destra, Signore, è gloriosa per la potenza, la tua destra, Signore, annienta il nemico; con sublime maestà abbatti i tuoi avversari, scateni il tuo furore, che li divora come paglia. Al soffio della tua ira si accumularono le acque, si alzarono le onde come un argine, si rappresero gli abissi nel fondo del mare. Il nemico aveva detto: “Inseguirò, raggiungerò, spartirò il bottino, se ne sazierà la mia brama; sfodererò la spada, li conquisterà la mia mano!”. Soffiasti con il tuo alito: li ricoprì il mare, sprofondarono come piombo in acque profonde.

Chi è come te fra gli dèi, Signore? Chi è come te, maestoso in santità, terribile nelle imprese, autore di prodigi? Stendesti la destra: li inghiottì la terra. Guidasti con il tuo amore questo popolo che hai riscattato, lo conducesti con la tua potenza alla tua santa dimora. Udirono i popoli: sono atterriti. L’angoscia afferrò gli abitanti della Filistea. Allora si sono spaventati i capi di Edom, il pànico prende i potenti di Moab; hanno tremato tutti gli abitanti di Canaan. Piómbino su di loro paura e terrore; per la potenza del tuo braccio restino muti come pietra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo, che ti sei acquistato. Tu lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua dimora, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato. Il Signore regni in eterno e per sempre!» (Es 15,1-18).

Può onorare il Signore un popolo che non lo onora? Lo può benedire? Può dare i frutti della sua terra? Lo potrà mai nutrire, fare crescere e prosperare? Può il Signore moltiplicare i beni di quanti lo disonorano violando i suoi sabati o i giorni a Lui consacrati? Quando il Signore non è onorato, Lui non onora e ogni lavoro e fatica dell’uomo va in fumo. Non c’è bisogno di una legge per fare osservare la domenica, basterebbe che ognuno si facesse un po’ di calcoli. È verità: chi non onora il Signore dal Signore non può essere onorato. La profezia di Aggeo lo rivela con divina verità.

L’anno secondo del re Dario, il primo giorno del sesto mese, questa parola del Signore fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, e a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote. «Così parla il Signore degli eserciti: Questo popolo dice: “Non è ancora venuto il tempo di ricostruire la casa del Signore!”». Allora fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo questa parola del Signore: «Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria – dice il Signore.

Il popolo pensa a curare i suoi affari. Non cura gli affari del Signore. Con quali risultati? Il Signore non cura gli affari del popolo e tutto va male. Il profeta invita i figli d’Israele a riflette bene sul loro comportamento. Se essi vogliono essere benedetti da Dio, devono onorare il loro Signore. Come? Costruendo la sua casa. Finché Dio non abiterà nella sua casa, mai vi sarà benedizione per essi. Vale anche per noi. Finché noi non abiteremo nella Legge di Dio, neanche per noi ci sarà benedizione. Si abita nella casa di Dio iniziando a dare a Lui il suo giorno. La domenica è del Signore. È sua volontà.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni uomo torni ad abitare nella Legge di Dio.

 

Ora, coraggio, Zorobabele, coraggio, Giosuè

Ag 1,15b-2,9; Sal 42; Lc 9,18-22

27 SETTEMBRE

Le opere di Dio vengono compiute se sono animate da persone piene dello Spirito del Signore. Più forte è lo Spirito di Dio in queste persone e più le opere del Signore saranno realizzate secondo verità, giustizia, santità. Il Messia del Signore viene per manifestare la volontà di Dio nella sua pienezza di perfezione e il Signore lo copre con la potenza del suo Santo Spirito. Tutto lo Spirito di Dio si posa su di Lui.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).

Gesù inizia il suo ministero e nella sinagoga di Nazaret conferma che lui è stato consacrato con l’unzione, manifestando quale programma il Signore gli ha affidato.

Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,16-21).

Il profeta Ageo, mosso dallo Spirito del Signore, esorta Zorobabele e Giosuè ad essere forti. Dio e con loro e con la sua forza, essi possono iniziare la grande opera della ricostruzione del tempio. Aggeo dona il suo Spirito a Zorobabele e a Giosuè. Questi a loro volta lo trasmetteranno a tutti gli operai perché non si scoraggino e portano a termine l’opera della costruzione del tempio del loro Dio e Signore.

Questo avvenne il ventiquattro del sesto mese dell’anno secondo del re Dario. Il ventuno del settimo mese, per mezzo del profeta Aggeo fu rivolta questa parola del Signore: «Su, parla a Zorobabele, figlio di Sealtièl, governatore della Giudea, a Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote, e a tutto il resto del popolo, e chiedi: Chi rimane ancora tra voi che abbia visto questa casa nel suo primitivo splendore? Ma ora in quali condizioni voi la vedete? In confronto a quella, non è forse ridotta a un nulla ai vostri occhi? Ora, coraggio, Zorobabele – oracolo del Signore –, coraggio, Giosuè, figlio di Iosadàk, sommo sacerdote; coraggio, popolo tutto del paese – oracolo del Signore – e al lavoro, perché io sono con voi – oracolo del Signore degli eserciti –, secondo la parola dell’alleanza che ho stipulato con voi quando siete usciti dall’Egitto; il mio spirito sarà con voi, non temete. Dice infatti il Signore degli eserciti: Ancora un po’ di tempo e io scuoterò il cielo e la terra, il mare e la terraferma. Scuoterò tutte le genti e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria, dice il Signore degli eserciti. L’argento è mio e mio è l’oro, oracolo del Signore degli eserciti. La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace». Oracolo del Signore degli eserciti.

Le opere di Dio si compiono per trasmissione dello Spirito del Signore. Gesù opera con lo Spirito del Signore. Tutta la sua missione è per trasmissione agli altri dello Spirito di conversione. Dopo la sua risurrezione dona lo Spirito della rigenerazione, santificazione, conversione, illuminazione. Dona lo Spirito perché diamo lo Spirito.

Madre di Dio, Angeli, Santi, colmateci di Spirito Santo per trasmettere Spirito Santo.

 

Le farò da muro di fuoco all’intorno

Zc 2,5-9.14-15a; C Ger 31,10-13; Lc 9,43b-45

28 SETTEMBRE

La Parola del Signore sempre è portatrice di molteplici verità. Alcune di esse si compiono nell’ora immediata, altre nel tempo o nella storia, altre nell’eternità. Oggi il Signore ad un popolo che vede la sua città disadorna, disabitata, ancora neanche ricostruita, il Signore annunzia che lo splendore di Gerusalemme sarà così grande e saranno così numerosi i suoi abitanti da richiedere l’abbattimento di ogni muro. La città si dovrà espandere in lungo e in largo. Qualcuno potrebbe pensare: se rimaniamo senza mura di cinta, chi ci proteggerà dai nostri nemici? La risposta del Signore è immediata. Lui sarà per Gerusalemme come muro di fuoco all’intorno. Nessuno lo potrà attraversare. Dio sarà il custode, la difesa, la protezione della città. Sul piano escatologico questo significa che Dio sarà più che muro di fuoco contro tutti coloro che bussano per entrare nella Gerusalemme Celeste. Questo muro non potrà essere attraversato in eterno. Il tempo della fede, della conversione, dell’obbedienza alla Legge è finito. Ora è il tempo della gioia e della beatitudine eterna. Quanti hanno perseverato o perseverano nel male sono avvisati. Nessun impuro entrerà nella città.

Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte». In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! (Cfr Ap 21,1-22,21).

Dio è un muro di fuoco eterno che non potrà essere attraversato. Nella città o si entra mentre si è in vita e si entra divenendo vero corpo di Cristo, o si rimane fuori per l’eternità. Questa verità oggi non viene più confessata. La falsità su Dio sta governando anche le menti dei cristiani. Un Dio falso rende tutto un popolo falso, tutta la religione falsa, tutto il suo culto falso, tutte le sue strutture false. Se Cristo viene reso falso, ogni cristiano diviene falso. Anziché essere luce della terra, diviene tenebra infernale.

Alzai gli occhi, ed ecco un uomo con una fune in mano per misurare. Gli domandai: «Dove vai?». Ed egli: «Vado a misurare Gerusalemme per vedere qual è la sua larghezza e qual è la sua lunghezza». Allora l’angelo che parlava con me uscì e incontrò un altro angelo, che gli disse: «Corri, va’ a parlare a quel giovane e digli: “Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere. Io stesso – oracolo del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa”». Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te.

Dio è muro di fuoco invalicabile. Nel Vangelo è porta che non si apre. Oggi tutti non crediamo più in questa verità. Essa rimane in eterno verità di Dio. La nostra volontà mai potrà cancellare una sola sua Parola. Il Signore cammina con la sua Parola, mai con la nostra. Noi possiamo dire ogni falsità. Lui procede e agisce con la sua verità.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano ritorni a credere nella Parola di Dio.

 

Della rovina di Giuseppe non si preoccupano

Am 6,1a.4-7; Sal 145; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

29 SETTEMBRE – XXVI DOMENICA T.O.

Quanto il Salmo dice del Signore, ogni re, governante, responsabile del popolo di Dio, deve dirlo di se stesso. Come Dio non chiude occhi né di giorno né di notte al fine di pensare il meglio per il suo popolo, così neanche il re deve chiudere occhio.

Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele. Il Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra. Di giorno non ti colpirà il sole, né la luna di notte. Il Signore ti custodirà da ogni male: egli custodirà la tua vita. Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre (Sal 121 (120) 1-8).

Salomone, scelto dal Signore, come re del suo popolo, si vede inesperto, incapace di un compito così santo. Chiede al Signore che gli dia ogni saggezza per il buon governo. Come Dio governa con la sua Sapienza, anche l’uomo può governare solo se ripieno della Sapienza che viene attimo per attimo del suo Dio e Signore.

A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. 13Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita. Se poi camminerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi, come ha fatto Davide, tuo padre, prolungherò anche la tua vita» ( 1Re 5,5-14).

Il buon governo è il frutto in noi della Sapienza del Signore. Spetta ad essa governare ogni nostro pensiero, parola, decisione. Quando però l’uomo si separa da Dio –essendo la Sapienza un dono che deve venire da Lui senza interruzione, simile ad una sorgente d’acqua – all’istante la sorgente smette di elargire la sapienza e l’uomo precipita nella stoltezza. Anche Salomone cadde in questa tentazione. Pensò stoltamente che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. La sapienza lo avrebbe salvato sempre. Trasgredì la Legge del Signore. Si separò da Dio. Divenne idolatra.

Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano. Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti.

Quando un capo del popolo si allontana dal Signore, subito viene privato della sapienza. È abbandonato a se stesso. Ma quale aiuto gli potrà venire dalla stoltezza e dall’insipienza? Nessuno. Ecco allora che del suo popolo nulla più gli importa. La sua attenzione è posta tutta nella cura dei suoi vizi. Senza capo, il popolo si smarrisce nell’idolatria, nell’immoralità, in ogni trasgressione. Ma di tutte queste cose responsabile è il capo. Il popolo è colpevole ed andrà in esilio, ma anche i capi sono colpevoli e saranno posti in testa ai deportati. Nessuno è risparmiato perché capo. Anzi, dice il Signore che su quanti governano vi sarà una indagine rigorosa.

Madre di Dio, Angeli, Santi, liberateci da ogni stoltezza. Colmateci di ogni sapienza.

 

Li ricondurrò ad abitare a Gerusalemme

Zc 8,1-8; Sal 101; Lc 9,46,50

30 SETTEMBRE

Le profezie si sono sempre compiute e sempre si compiranno. La salvezza, la redenzione, la liberazione dell’uomo dalla sua schiavitù di morte eterna è opera del Signore. È un frutto del suo amore, della sua misericordia, della sua compassione. Il profeta Isaia innalza per Gerusalemme il canto della speranza. I suoi figli ritorneranno.

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno. Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà o vi sosterà. Vi cammineranno i redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto (Is 35,1-10).

Anche il profeta Baruc invita Gerusalemme alla grande gioia. Il Signore ha deciso di ricondurre nel suo seno tutti i suoi figli dispersi. Nulla è per merito dell’uomo. Tutto è frutto dell’Onnipotenza, Saggezza, Sapienza, Amore del Signore per il suo popolo.

Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui (Bar 5,1-9).

Queste profezie non si sono compiute solo allora, con la liberazione dei figli d’Israele dalla schiavitù babilonese, si compiono ogni giorno. Gesù applica a sé la profezia di Isaia. Lui è il Signore che viene per liberare l’uomo dalle sue molteplici schiavitù spirituali e morali. Operata questa liberazione, il Padre suo libererà dalla schiavitù materiali. Oggi i cristiani operano al contrario. Vogliono liberare dalle schiavitù materiali, mentre lasciano intatte le schiavitù spirituali, madri delle schiavitù materiali.

La parola del Signore degli eserciti fu rivolta in questi termini: «Così dice il Signore degli eserciti: Sono molto geloso di Sion, un grande ardore m’infiamma per lei. Così dice il Signore: Tornerò a Sion e dimorerò a Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata “Città fedele” e il monte del Signore degli eserciti “Monte santo”. Così dice il Signore degli eserciti: Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze. Così dice il Signore degli eserciti: Se questo sembra impossibile agli occhi del resto di questo popolo in quei giorni, sarà forse impossibile anche ai miei occhi? Oracolo del Signore degli eserciti. Così dice il Signore degli eserciti: Ecco, io salvo il mio popolo dall’oriente e dall’occidente: li ricondurrò ad abitare a Gerusalemme; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, nella fedeltà e nella giustizia.

Nulla è impossibile agli occhi del Signore. Lui ha deciso di liberare i prigionieri ed essi saranno liberati. All’opera del Signore sempre si deve aggiungere la volontà dell’uomo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che sempre accogliamo l’opera di salvezza di Dio.