Se tu sei il Cristo, dillo a noi
Siamo in un tribunale. Si chiede a Gesù di dire “sotto giuramento” la sua verità. Lui deve dire ai Giudei in questa sede autorevole chi Lui è dinanzi a Dio. La risposta di Gesù è immediata: “In me si compie la profezia di Daniele, io sono “Il Figlio dell’uomo” della profezia: “D’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio”. L’Apostolo Giovanni, nella sua Apocalisse, vede questa profezia che si celebra come purissima realtà nei cieli eterni: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto (Dn 7,13-14). Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5, 6-14).
Alla risposta di Gesù, tutti gliene rivolgono una seconda: “Tu dunque sei il Figlio di Dio? Sei il suo Messia?”. Anche questa volta la risposta di Gesù è limpida: “Voi stessi dite che io lo sono”. Che tutto il sinedrio comprende in senso reale, vero, chiaro la risposta di Gesù, è attestato dalla conclusione che essi traggono: “Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca”. Per il sinedrio si tratta di una grande menzogna, un grande inganno, una grande falsità, una bestemmia. Gesù si attribuisce un potere che è solo di Dio. Lui sta bestemmiano. Lui è reo di morte. Gesù non è condannato per un qualche delitto contro gli uomini, l’Impero, la società. È condannato perché dichiarato colpevole contro il primo e il secondo Comandamento. Si è attribuito un potere divino, si è fatto Dio, si è elevato alla stessa dignità divina. Gesù è martire della sua verità. Viene dichiarato reo di morte, perché ha rivelato al sinedrio, al tribunale degli Ebrei, che Lui è l’Atteso delle Genti, il Salvatore del suo popolo.
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo. Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca» (Lc 22,63-71).
Ora che Gesù ha parlato sotto giuramento, per quanti lo hanno ascoltato, non c’è più alcuna parola di scusa presso Dio. Hanno udito la verità di Gesù e per questa verità lo hanno condannato come bestemmiatore. Gesù sapeva che sarebbe stato condannato a morte. Sapeva anche l’obbligo gravissimo che incombeva su di Lui. O essere spergiuro e peccare contro Dio e contro se stesso, oppure dire la verità ed essere condannato a morte. Lui rimane nella purissima obbedienza ai Comandamenti. Attesta la sua verità. Per la sua verità è condannato a morte. Uno potrebbe anche dire che Gesù era “un folle, un pazzo, un esaltato”, facendosi Re d’Israele e Messia di Dio. Se tutto si fosse concluso con la morte, questa teoria potrebbe essere anche in qualche modo accreditata. Poi però interviene il Padre dei cieli, risuscita il Figlio il terzo giorno, gli dona ogni gloria e onore, conferma tutte le parole dette da Gesù non solo nel sinedrio, ma in tutto il corso della sua vita pubblica. La testimonianza del Padre, che è il Dio di Abramo, con la sua gloriosa risurrezione e la sua intronizzazione nella gloria eterna, ci rivela che quanto Gesù ha detto è purissima sua verità. Così al sinedrio risponde direttamente Dio dal cielo, accreditando il Figlio e rendendogli purissima testimonianza. La verità è proclamata sulla terra e dai cieli, da Cristo e dal Padre, dalla morte e dalla risurrezione. Dinanzi all’intervento diretto di Dio ogni uomo dovrà dire che Gesù nel sinedrio ha confessato la sua più pura verità. Lui veramente, realmente è il Figlio di Dio..
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli Santi, aiutateci a confessare la nostra verità.