“Se per essere adesso innamorato/ ho dovuto essere ferito …”: Maria nella Christus vivit
Autore: Anna Guzzi
Nella Christus vivit papa Francesco cita una poesia di Francisco Luis Bernárdez che fa da splendido ricamo a profonde riflessioni teologiche e culturali:
«Se per recuperare ciò che ho recuperato
ho dovuto perdere prima ciò che ho perso,
se per ottenere ciò che ho ottenuto
ho dovuto sopportare ciò che ho sopportato,se per essere adesso innamorato
ho dovuto essere ferito,
ritengo giusto aver sofferto ciò che ho sofferto,
ritengo giusto aver pianto ciò che ho pianto.
Perché dopotutto ho constatato
che non si gode bene del goduto
se non dopo averlo patito.
Perché dopotutto ho capito
che ciò che l’albero ha di fiorito
vive di ciò che ha di sotterrato».
(F.L. Bernárdez, Soneto, in Cielo de tierra, Buenos Aires, 1937)
Il contesto è quello dell’esortazione rivolta ai giovani affinché non diventino fotocopie, ma realizzino la pienezza del loro essere in Cristo Gesù. Per fare questo, bisogna riconoscere la necessità del sacrificio che, a suo tempo, porterà frutto e renderà feconda la giovinezza stessa:
“Per questo hai bisogno di riconoscere una cosa fondamentale: essere giovani non significa solo cercare piaceri passeggeri e successi superficiali. Affinché la giovinezza realizzi la sua finalità nel percorso della tua vita, dev’essere un tempo di donazione generosa, di offerta sincera, di sacrifici che costano ma ci rendono fecondi” (108).
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Affinché la giovinezza realizzi la sua finalità nel percorso della tua vita, dev’essere un tempo di donazione generosa
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Nella poesia, il tempo del sacrificio e della donazione generosa è rappresentato da varie immagini. Mi limito a rilevare quella della ferita che potrebbe richiamare tutta la tradizione letteraria, classica e italiana, del vulnus d’amore. Non si tratta qui di dolore fine a se stesso, ma di un mistero esistenziale che permette e serve una sorta di ‘innamoramento’ più grande: “se per essere adesso innamorato/ ho dovuto essere ferito,/ ritengo giusto aver sofferto ciò che ho sofferto, …”. In questa luce delusioni e sofferenze si aprono alla speranza in un Dio che è Padre e che non abbandona mai i suoi figli se questi si mettono umilmente in cammino con la Sua Parola. È un Dio capace di trasformare le ferite di ciascuno in vie inedite di bellezza che attraggono alla Sua chiesa. È utile forse cogliere in questa immagine anche il rinnegamento di sé che il Signore chiede ai suoi discepoli, in modo particolare, a quanti egli chiama a una speciale consacrazione, sia essa al sacerdozio o alla vita religiosa e alla laicità consacrata, come nel caso dell’Istituto secolare “Maria, Madre della Redenzione”, nato dal grembo del Movimento Apostolico.
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È un Dio capace di trasformare le ferite di ciascuno in vie inedite di bellezza che attraggono alla Sua chiesa
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Mi sono, quindi, chiesta: cosa può suggerire a una laica consacrata come me questa Esortazione del papa? Certo, il bisogno di rinnegare il proprio io sulla via dei consigli evangelici abbracciati (castità, povertà, obbedienza) e di offrire le proprie ferite e sofferenze per la redenzione del mondo, ma anche la necessità di mostrare, nel mondo contemporaneo, la giovinezza senza tempo della Vergine Maria, icona di una Chiesa fresca e missionaria. Maria è la ragazza di Nazaret che dice il suo sì all’angelo con forza e determinazione. Non si lascia fermare dalla paura. Eppure, non sapeva a cosa andasse incontro, non aveva tutto chiaro o assicurato. Maria scommette. Prova vari sentimenti: esulta di gioia davanti alle meraviglie del Signore; custodisce tutto nel suo cuore; è inquieta e pronta a partire quando Elisabetta ha bisogno di aiuto; rischia dirigendosi verso un paese lontano, l’Egitto, per proteggere il suo bambino. La sua non è mai accettazione passiva degli eventi, remissività. Maria si è ‘persa’ nella volontà di Dio per rinascere con Lui; è stata ferita dal dolore, ma non vinta:
“Senza cedere a evasioni o miraggi, «Ella seppe accompagnare il dolore di suo Figlio, […] sostenerlo con lo sguardo e proteggerlo con il cuore. Dolore che soffrì, ma che non la piegò. È stata la donna forte del “sì”, che sostiene e accompagna, protegge e abbraccia. Ella è la grande custode della speranza. […] Da lei impariamo a dire “sì” alla pazienza testarda e alla creatività di quelli che non si perdono d’animo e ricominciano da capo»” (45).
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È stata la donna forte del “sì”
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Ecco, dalla Vergine possiamo imparare la pazienza creativa che non si scoraggia mai, che è giovane perché capace di ricominciare da zero nella consapevolezza che è Cristo il vero Signore della storia e che, anche se dovessero dirci che non valiamo nulla, Lui, invece, si fida di noi e ci ama come siamo. Gesù, infatti, fa riuscire ogni opera del giusto e apre sempre nuovi sentieri per i suoi figli, perfino nel buio della notte, affinché il loro amore sia così grande da esplodere testimoniando la bellezza profonda della Sua Parola.
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anche se dovessero dirci che non valiamo nulla, Lui, invece, si fida di noi e ci ama come siamo
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Fra tanti rumori e distrazioni, chiediamo, allora, alla Vergine Maria di poter imitare questa pazienza creativa e silenziosa, una corrente segreta che produce ‘fiori’ di santità sotterrando l’egoismo dell’io.
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