La testimonianza di una ricercatrice (parte 1 di 2)
Sapienza, scienza ed intelletto
C’è una frase tratta dal libro della Sapienza, in cui Salomone eleva la preghiera per ottenere la Sapienza, che mi è fortemente rimasta impressa durante gli studi universitari, e mi accompagna ancora oggi nel lavoro quotidiano dell’attività di ricerca scientifica di cui mi occupo, in cui chiedo sempre non solo il dono della Sapienza ma anche quelli dell’Intelletto e della Scienza. La frase è: “Anche il più perfetto degli uomini, privo della Sua Sapienza, sarebbe stimato un nulla” (Sap 9,6). Mi ha fatto riflettere e mi fa riflettere ancora oggi. “Facile”, forse, da comprendere e da condividere per chi crede, “difficile” se non “impossibile” da accettare, per chi non crede. Apparentemente a supporto della sola fede, in realtà elemento essenziale e di completamento a ciò che manca alla ragione. Sì perché per me, “scienza e fede” non è un binomio impossibile o inconciliabile.
Rispetto al passato, in cui, a causa di alcuni pregiudizi, accostare la fede alla scienza (e viceversa) sembrava impensabile, oggi, si comprende sempre di più che tra di esse ci può essere un dialogo sereno e fecondo. Non mi ha stupito leggere, tempo fa che, secondo una ricerca internazionale condotta dalla Rise University (Houston, Texas), in Italia circa il 65% degli scienziati intervistati ha dichiarato di essere credente e ritiene conciliabile la scienza con la religione, la ragione con la fede. Percentuale che, più o meno, riscontro anche nel mio ambiente lavorativo.
Facendo mie le parole di Benedetto XVI, ritengo che la scienza sia un meraviglioso strumento di progresso che esalta la ragione dell’uomo, lo contraddistingue dal resto del creato, e ne rappresenta l’espressione di quella sua creaturalità fatta ad immagine e somiglianza del Creatore, cioè di quel Dio (incarnato) che, è Logos.
Sono fortemente convinta che la scienza, se usata per il più grande bene dell’umanità, è e sarà sempre fonte di una maggiore conoscenza, aggiungerà un tassello al mistero infinito di Dio. Il problema più delicato che gli scienziati, soprattutto oggi, si trovano a dover affrontare, riguarda l’uso che di essa se ne fa. Pensiamo alle grandi scoperte e innovazioni tecnologiche. Ogni nuova tecnologia porta in se il rischio di abusi, ma non è la tecnologia ad essere un problema (si pensi ad internet, ai grandi progressi tecnologici in ambito medico, che consentono di salvare vite umane, alla robotica, all’intelligenza artificiale, o alle interfacce computer-cervello che consentono di comunicare a chi è affetto da patologie neurodegenerative) ma l’uso improprio che se ne fa: lo strumento che potrebbe salvare una vita è lo stesso che viene usato per toglierla; uno strumento come internet che potrebbe alimentare la conoscenza della verità, è a volte usato come mezzo per diffondere menzogne e confondere menti e cuori, i robot che potrebbero aiutare l’uomo, vengono usati per sostituirlo.
Purtroppo, oggi capita di ritrovare una scienza che si è liberata dal Signore e Creatore della materia e dell’uomo e che pensa anche di sostituire l’uomo con una macchina. Ma non si deve dimenticare che ogni essere umano è unico e speciale, perché arricchito dallo spirito che lo rende intelligente e libero, capace di rapportarsi col suo Creatore e che lo rende insostituibile (Sir, 17). (…)
Patrizia Cherubino, PhD, Neuromarketing