Quel parlare restava oscuro per loro
Immaginiamo una persona che ha pensato tutta la sua vita sul compimento di una parola del Vangelo, non però secondo la verità posta dallo Spirito in essa, ma in conformità ai desideri che lui stesso ha collocato e installato in quella parola. Immaginiamo ora che dopo molti anni viene uno e le dica che la verità della Parola è un’altra e che la sua speranza, così come essa è stata concepita, mai si potrà realizzare. Di certo la persona non comprende, tutto rimane oscuro per essa. Le mancano i principi per la conoscenza della verità. Potrà iniziare a credere solo dopo che la parola è stata portata a compimento e la storia attesta per la sua verità. Traduciamo le immagini. Pietro e gli Apostoli e tutto il popolo dei Giudei avevano fondato la speranza su una sola parola dell’Antico Testamento: quella detta da Dio a Davide, quando gli ha promesso un re dal regno eterno. Tutto il popolo di Dio attendeva questo re sul modello e sulla figura di Davide, un re potente con la spada, così forte e invincibile da allontanare dalla terra dei padri coloro che l’avevano occupata, privando i figli di Abramo della libertà che il Signore aveva loro regalato. Questa la loro speranza e attesa. Era una speranza tutta politica, di libertà dagli oppressori.
Viene Gesù e annunzia ai discepoli che il Figlio dell’uomo, anziché essere innalzato fino a Dio, secondo la profezia di Daniele oppure, invece che prendere la spada, viene consegnato dal suo popolo ai pagani e da essi crocifisso. Sono due cose opposte e contrarie, inconciliabili secondo il pensiero della terra. I discepoli credono e attendono un Messia che crocifigge, uccide, caccia via. Gesù si presenta come il Messia che è crocifisso, ucciso, cacciato via da Gerusalemme. È possibile unificare queste due visioni umanamente non unificabili? Il Vangelo oggi ci attesta, anzi ci rivela che il parlare di Gesù per i discepoli resta oscuro. Mancano loro non solo le altre parole di Dio, quasi settanta, che donano tutte insieme la verità del Messia che verrà, ma soprattutto è assente il compimento nella storia di tutte le profezie. Solo dopo la risurrezione, Gesù, attraverso il suo Santo Spirito, mette nella mente e nel cuore dei suoi discepoli tutte le altre parole di Dio e allora essi cominceranno a comprendere. Nessuno si deve meravigliare della non immediata fede dei discepoli nella rivelazione del loro Maestro. La fede nasce sulla cenere della nostra mente bruciata, sacrificata sull’altare della parola di Dio. Se però per secoli il credente nel vero Dio ha fondato la sua vita su una sola parola, sarà sempre difficile modificare la struttura della sua mente e del suo cuore. Occorre una vera nuova creazione.
Poi prese con sé i Dodici e disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo: verrà infatti consegnato ai pagani, verrà deriso e insultato, lo copriranno di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà». Ma quelli non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto. Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio (Lc 18,31-43).
Chi vuole che qualcuno creda non in una sola parola della Scrittura Antica o del Vangelo o del Nuovo Testamento, ma in tutta la Parola della Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, deve imitare in ogni cosa Gesù Signore. Prima Gesù diede compimento ad ogni Parola di Dio scritta su di Lui nella Legge, nei Profeti, nei Salmi. Dalla Parola compiuta Lui iniziò a creare la vera fede nella mente e nel cuore dei suoi discepoli. Questa metodologia è essenziale per ogni pastorale. Questa non è l’applicazione di regole stabilite in qualche laboratorio di idee o di dottrine. I laboratori non producono pastorale vera, scrivono solo regole. La pastorale vera è nel compimento pieno di ogni Parola della Scrittura in colui che a qualsiasi titolo, nome, carisma, autorità, ministero, vocazione, è impegnato in essa. Lui mostra all’uomo che ogni parola da lui proferita si compie nella sua vita, anzi deve mostrare che la sua vita è il frutto di ogni Parola da lui creduta e solo allora potrà aprire menti e cuori perché accolgano la verità nascosta in ogni Parola del Signore. Quanti lavorano nel vastissimo campo della pastorale devono attestare che ogni parola di Dio si compie nel loro corpo, nella loro anima, nel loro spirito. Se la verità è solo detta, ma non mostrata, non testimoniata facendola divenire nostra vita, sarà difficile, anzi impossibile, che quanti ascoltano possano credere. La Scrittura è come un albero. Ogni sua parola è un seme. Essa va presa tutta e tutta trasformata in albero attraverso la nostra vita. Gli altri colgono i frutti, li mangiano, credono nella Parola. “Se il seme caduto in terra non muore, rimane solo. Se muore produce molto frutto”. Se la Parola del Signore non si trasforma in nostra vita, nessuno mai potrà credere nella Parola, manca l’albero che produce i frutti della vera fede, vera speranza, vera carità. Il nostro parlare diviene luce compiendo in noi la Parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate ogni cristiano albero dai molti frutti.