Commento alla prima lettura – Ottobre 2019
Vogliamo venire con voi
Zc 8.20-23; Sa l 86; Lc 9,51-56
La missione evangelizzatrice avviene per annunzio della Parola, ma anche per attrazione o per visione delle grandi opere compiute dal Signore. È quanto è avvenuto con Raab, la donna che era una prostituta in Gerico. Fu salvata per la sua fede.
Quegli uomini non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza, e disse loro: «So che il Signore vi ha consegnato la terra. Ci è piombato addosso il terrore di voi e davanti a voi tremano tutti gli abitanti della regione, poiché udimmo che il Signore ha prosciugato le acque del Mar Rosso davanti a voi, quando usciste dall’Egitto, e quanto avete fatto ai due re amorrei oltre il Giordano, Sicon e Og, da voi votati allo sterminio. Quando l’udimmo, il nostro cuore venne meno e nessuno ha più coraggio dinanzi a voi, perché il Signore, vostro Dio, è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza con voi, così anche voi userete benevolenza con la casa di mio padre; datemi dunque un segno sicuro che lascerete in vita mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte». Quegli uomini le dissero: «Siamo disposti a morire al vostro posto, purché voi non riveliate questo nostro accordo; quando poi il Signore ci consegnerà la terra, ti tratteremo con benevolenza e lealtà» (Gs 2,8-14).
Anche Rut si convertì al Dio vivo e vero, perché attratta dalla visione di Dio nella suocera. Di Dio Rut ha visto nella suocera il vero amore. Lei voleva solo il bene delle nuore. Quello di Noemi era un amore capace di grande solitudine e grande povertà.
Noemi le disse: «Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata». Ma Rut replicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta. Il Signore mi faccia questo male e altro ancora, se altra cosa, che non sia la morte, mi separerà da te» (Rut 1,15-17).
La profezia di Zaccaria non si compie solo nel tempo in cui essa è stata riferita al popolo. Poiché Parola eterna e immortale del Dio vivente, essa si compie in ogni luogo, ogni momento, ogni tempo. Anche oggi essa si compie, anzi si deve compiere.
Così dice il Signore degli eserciti: Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno l’un l’altro: “Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire”. Così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore. Così dice il Signore degli eserciti: In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: “Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi”».
In Gesù troviamo la perfezione dell’annunzio e dell’attrazione. Questo avviene perché in Lui vi è la perfezione dell’obbedienza sia alla Parola del Padre che alla mozione dello Spirito Santo. Nulla mai Gesù ha fatto o detto dalla sua volontà, dal suo pensiero.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano (Mt 4,23-25).
Ogni discepolo di Gesù deve portare persone perché diventino in Lui figli adottivi del Padre, tempio vivo dello Spirito Santo, Corpo di Cristo, sua Chiesa. Se imiterà il suo Maestro e Signore e vivrà di obbedienza alla Parola e ad ogni mozione dello Spirito del Signore, la sua missione sarà vera nell’annunzio e vera nell’attrazione. Se il discepolo non attrae a Dio, perché in lui Dio non è visto e neanche Cristo e lo Spirito Santo, è necessario che riveda tutta la sua relazione con la Parola e con lo Spirito. Se lui è vera luce, le sue parole e le sue opere sono luce. Sempre vi sarà attrazione. Se le sue parole sono tenebra, anche le sue opere sono tenebra. Non ci saranno attrazioni.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci perfetti nell’obbedienza alla Parola e allo Spirito.
Il mio angelo camminerà alla tua testa
Es 23,20-23; Sal 90; Mt 18,1-5.10
Quando l’Angelo del Signore cammina alla testa sia del popolo che di ogni singola persona? Quando sia il popolo che la singola persona camminano nella Legge del Signore. Quando si è fuori della Legge, l’Angelo viene e opera perché si ritorni nella Parola. Si ritorna nella Parola, Lui può agire per la salvezza sia del popolo che del singolo. Aiuta leggere e meditare quanto è scritto nel Secondo Libro dei Maccabei.
Eliodoro metteva ugualmente in esecuzione il suo programma. Ma appena fu arrivato sul posto con gli armati, presso il tesoro, il Signore degli spiriti e di ogni potere si manifestò con un’apparizione così grande, che tutti i temerari che avevano osato entrare, colpiti dalla potenza di Dio, si trovarono stremati e atterriti. Infatti apparve loro un cavallo, montato da un cavaliere terribile e rivestito di splendida bardatura, il quale si spinse con impeto contro Eliodoro e lo percosse con gli zoccoli anteriori, mentre il cavaliere appariva rivestito di armatura d’oro. Davanti a lui comparvero, inoltre, altri due giovani dotati di grande forza, splendidi per bellezza e meravigliosi nell’abbigliamento, i quali, postisi ai due lati, lo flagellavano senza posa, infliggendogli numerose percosse. In un attimo fu gettato a terra e si trovò immerso in una fitta oscurità. Allora i suoi lo afferrarono e lo misero su una barella. Egli, che era entrato poco prima nella suddetta camera del tesoro con numeroso seguito e con tutta la guardia, fu portato via impotente ad aiutarsi, dopo aver sperimentato nel modo più evidente la potenza di Dio. Così, mentre egli, prostrato dalla forza divina, giaceva senza voce e privo d’ogni speranza di salvezza, gli altri benedicevano il Signore, che aveva glorificato il suo luogo santo. Il tempio, che poco prima era pieno di trepidazione e confusione, dopo che il Signore onnipotente si fu manifestato, si riempì di gioia e letizia. Subito alcuni compagni di Eliodoro pregarono Onia che supplicasse l’Altissimo e impetrasse la grazia della vita a costui che stava irrimediabilmente esalando l’ultimo respiro. Il sommo sacerdote, temendo che il re avrebbe potuto sospettare che i Giudei avessero teso un tranello a Eliodoro, offrì un sacrificio per la salute di costui.
Mentre il sommo sacerdote compiva il rito propiziatorio, apparvero di nuovo a Eliodoro gli stessi giovani adorni delle stesse vesti, i quali, restando in piedi, dissero: «Ringrazia ampiamente il sommo sacerdote Onia, per merito del quale il Signore ti ridà la vita. Tu poi, che hai sperimentato i flagelli del Cielo, annuncia a tutti la grande potenza di Dio». Dette queste parole, disparvero. Eliodoro offrì un sacrificio al Signore e innalzò grandi preghiere a colui che gli aveva restituito la vita, poi si congedò da Onia e fece ritorno con il suo seguito dal re. Egli testimoniava a tutti le opere del Dio grandissimo, che aveva visto con i suoi occhi. Quando poi il re domandava a Eliodoro chi fosse adatto a essere inviato ancora una volta a Gerusalemme, rispondeva: «Se hai qualcuno che ti è nemico o insidia il tuo governo, mandalo là e l’avrai indietro flagellato per bene, se pure ne uscirà salvo, perché in quel luogo c’è veramente una potenza divina. Colui che ha la sua dimora nei cieli è custode e difensore di quel luogo, ed è pronto a percuotere e abbattere coloro che vi accedono con cattiva intenzione». Così dunque si sono svolti i fatti relativi a Eliodoro e alla difesa del tesoro (Cfr. 2Mac 3,1-40).
Il popolo è nella Legge, nell’obbedienza alla Parola. Il Signore non permette che il suo tempio venga profanata. Subito dal cielo manda il suo Angelo e il suo tempo viene custodito e protetto da ogni profanazione. Ma è stato sempre così nella storia d’Israele.
Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, da’ ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’avversario dei tuoi avversari. Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l’Amorreo, l’Ittita, il Perizzita, il Cananeo, l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò.
Noi sappiamo che anche la vita di Gesù è sempre sotto la guida dell’Angelo del Signore. Dall’annunciazione, passando per il deserto, per l’Orto degli Ulivi, fino alla gloriosa risurrezione, l’Angelo e gli Angeli del Signore si prendono cura della sua vita. Anche i suoi Apostoli sono sotto la protezione degli Angeli. Pietro dall’Angelo viene liberato dalla prigione. Vale per Gesù, per gli Apostoli, per ogni discepolo, per l’intera Chiesa. La condizione è però sempre la stessa: dimorare nella Parola del Signore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai usciamo dall’obbedienza alla Parola di Dio.
Avevano compreso le parole
Ne 8,1-4a.5-6.7b-12; Sal 18; Lc 10,1-12
Gesù non solo predicava, ammaestrava, insegnava la Parola del Padre suo. Quando gli apostoli non capivano, Lui sempre spiegava ogni cosa e dava loro la più pura verità in essa contenuta. Una Parola detta, ma non compresa, è portata via dal Maligno.
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno» (Mt 13,18-23).
Una verità va necessariamente annunziata. Ogni discepolo di Gesù, se vuole essere vero suo discepolo, deve annunziare solo la Parola di Cristo Gesù, che è Parola del Padre suo ed è questa Parola che va spiegata, illuminata, perché diventi Parola di vita eterna per chi l’ascolta. La spiegazione, anche se dottorale e superlativa, mai farà divenire Parola di Dio una parola della terra. Parola di Dio e Parola di Cristo sono una sola Parola. Parola di Cristo e Parola del discepolo di Gesù sempre dovranno essere una sola Parola. Solo questa è Parola di Dio e solo questa va spiegata. Altre parole non meritano alcuna attenzione, perché non sono Parola di Dio, ma di uomo. Con Neemia il popolo vive un momento delicatissimo della sua storia. Da dove iniziare a risollevarlo? L’inizio è sempre dal dono della Parola. Dio ha sempre iniziato dalla Parola e sempre da essa si deve iniziare. La Parola si dona e si fa comprendere.
Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza davanti alla porta delle Acque e disse allo scriba Esdra di portare il libro della legge di Mosè, che il Signore aveva dato a Israele. Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I leviti spiegavano la legge al popolo e il popolo stava in piedi.
Essi leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemia, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemia disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». I leviti calmavano tutto il popolo dicendo: «Tacete, perché questo giorno è santo; non vi rattristate!». Tutto il popolo andò a mangiare, a bere, a mandare porzioni e a esultare con grande gioia, perché avevano compreso le parole che erano state loro proclamate.
Dare la sola Parola non è sufficiente. Ognuno potrebbe dare ad essa interpretazioni assai personali, lontane dalla verità della Parola. Una sola Parola, una sola verità. La differenza non deve essere nelle diverse verità comprese, ma nella vita della verità che può avvenire in molti modi, secondo mozione e guida dello Spirito Santo. Se tutti dobbiamo essere misericordiosi, non tutti possiamo esserlo allo stesso modo. Ogni uomo deve vivere la sua misericordia e così dicasi di ogni altra beatitudine. Parola e verità sono una cosa sola in eterno. La trasformazione della verità in vita cambia da persona a persona, a seconda del sacramento ricevuto e della missione affidata.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che una sia la Parola e una la verità nel cristiano.
Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo
Gal 6,14-18; Sal 15; Mt 11,25-30
Paolo ha preso nel suo cuore un grande decisione: predicare Cristo e Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci. È scandalo per i primi perché il Messia è rivelazione dell’Onnipotenza divina. Un Crocifisso è invece manifestazione di maledizione, abbandono. È stoltezza per i secondi perché uno che è stato giustiziato, e per di più con il più infamante dei supplizi, nulla può insegnare loro.
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.(1Cor 1,17-25).
Come Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia, riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito (Gal 3,6-14). Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (1Cor 5,18-21).
Per Paolo non è però sufficiente predicare Cristo Crocifisso, Lui vuole anche mostrare Cristo Crocifisso non solo nell’anima e nello spirito, ma anche nel suo corpo. Chi vede lui deve vedere tutto Cristo, nella sua vita, nella sua morte, nella sua risurrezione. Fisicamente lui desidera essere ad immagine del suo Signore, anzi vera immagine del suo Cristo crocifisso. Tant’è che lui dice di sé che ormai tutto Cristo vive in lui.
Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
Paolo non solo vuole predicare Cristo Crocifisso, desidera ardentemente dare anche una perfetta visione di Lui a quanti ascoltano la sua parola. Questa visione è necessaria alla fede. Se lui ha potuto realizzare tutto Cristo nella sua vita, anche gli altri lo potranno. Quando una cosa è possibile, si è anche obbligati a farla. Il Vangelo può essere vissuto. Cristo Gesù può essere imitato. La sua santità può essere raggiunta. Il suo amore può divenire legge della vita. Paolo attesta che è possibile.
Madre di Dio, Angeli, Santi, mettete nel cuore di tutti il desiderio di Cristo Crocifisso.
Decuplicate lo zelo per ricercarlo
Bar 4,5-12.27-29; Sal 68; Lc 10,17-24
Precipitare nel baratro dell’idolatria è facile. Calarsi e immergersi in ogni immoralità è anche facile. Abbandonare l’immoralità, lasciare l’idolatria è umanamente impossibile. Davide, dopo l’esperienza triste e amara del suo molteplice peccato, chiese a Dio una nuova creazione. Nella preghiera gli domandò un cuore nuovo. Non un rifacimento, un aggiustamento, non una riparazione, ma una vera, nuova creazione.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Nella tua bontà fa’ grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l’olocausto e l’intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare (Sal 51 (50), 1-21).
Nella visione di Ezechiele l’umanità è una valle di ossa aride. Sono immobilizzate nella loro aridità. Solo lo Spirito del Signore invocato dal profeta potrà dare loro la vita.
La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato (Ez 37,1-10).
Baruc rivela una verità che essenza della fede. Dio nulla può fare, se l’uomo non mette ogni impegno, ogni zelo per tornare al Signore, nella conversione e nel pentimento. Ogni giorno Dio dona la grazia della conversione e ogni giorno l’uomo deve accoglierla.
Coraggio, popolo mio, tu, memoria d’Israele! Siete stati venduti alle nazioni non per essere annientati, ma perché avete fatto adirare Dio siete stati consegnati ai nemici. Avete irritato il vostro creatore, sacrificando a dèmoni e non a Dio. Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio eterno, avete afflitto anche colei che vi ha nutriti, Gerusalemme. Essa ha visto piombare su di voi l’ira divina e ha esclamato: «Ascoltate, città vicine di Sion, Dio mi ha mandato un grande dolore. Ho visto, infatti, la schiavitù in cui l’Eterno ha condotto i miei figli e le mie figlie. Io li avevo nutriti con gioia e li ho lasciati andare con pianto e dolore. Nessuno goda di me nel vedermi vedova e abbandonata da molti; sono stata lasciata sola per i peccati dei miei figli, perché hanno deviato dalla legge di Dio. Coraggio, figli, gridate a Dio, poiché si ricorderà di voi colui che vi ha afflitti. Però, come pensaste di allontanarvi da Dio, così, ritornando, decuplicate lo zelo per ricercarlo; perché chi vi ha afflitto con tanti mali vi darà anche, con la vostra salvezza, una gioia perenne.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani accolgano ogni grazia che viene da Dio.
Mentre il giusto vivrà per la sua fede
Ab 1,2-3; 2,2-4; Sal 94; 2 Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10
6 OTTOBRE – XXVII DOMENICA T.O.
Abacuc è profeta singolare. In visione il Signore gli mostra tutto il male del mondo. Non solo gli mostra il male visibile, ma anche quello invisibile. Vede che il giusto è ingoiato dall’empio. E Dio cosa fa? Se ne sta nei cieli quasi a godersi questo spettacolo disumano. Lui che è l’Onnipotente è come se non avesse nessuna forza per intervenire. Pensiamo per un istante a Cristo Gesù Crocifisso. Il Santo, l’Innocente, il Giusto, il Figlio di Dio viene ingoiato dalla malvagità degli uomini e Dio tace.
Oracolo ricevuto in visione dal profeta Abacuc. Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Non ha più forza la legge né mai si afferma il diritto. Il malvagio infatti raggira il giusto e il diritto ne esce stravolto. «Guardate fra le nazioni e osservate, resterete stupiti e sbalorditi: c’è chi compirà ai vostri giorni una cosa che a raccontarla non sarebbe creduta. Ecco, io faccio sorgere i Caldei, popolo feroce e impetuoso, che percorre ampie regioni per occupare dimore non sue. È feroce e terribile, da lui sgorgano il suo diritto e la sua grandezza. Più veloci dei leopardi sono i suoi cavalli, più agili dei lupi di sera. Balzano i suoi cavalieri, sono venuti da lontano, volano come aquila che piomba per divorare. Tutti, il volto teso in avanti, avanzano per conquistare. E con violenza ammassano i prigionieri come la sabbia. Si fa beffe dei re, e dei capi se ne ride; si fa gioco di ogni fortezza: l’assedia e la conquista. Poi muta corso come il vento e passa oltre: si fa un dio della propria forza!». Non sei tu fin da principio, Signore, il mio Dio, il mio Santo? Noi non moriremo! Signore, tu lo hai scelto per far giustizia, l’hai reso forte, o Roccia, per punire. Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci, mentre il malvagio ingoia chi è più giusto di lui? Tu tratti gli uomini come pesci del mare, come animali che strisciano e non hanno padrone. Egli li prende tutti all’amo, li pesca a strascico, li raccoglie nella rete, e contento ne gode. Perciò offre sacrifici alle sue sciàbiche e brucia incenso alle sue reti, perché, grazie a loro, la sua parte è abbondante e il suo cibo succulento. Continuerà dunque a sguainare la spada e a massacrare le nazioni senza pietà? (Ab 1,1-17).
In una così grave condizione di vita quale speranza ci potrà essere per il giusto? Quale salvezza vi sarà per lui, una volta che è stato ingoiato dall’empio? La risposta del Signore è una, una sola. Tu profeta devi sapere una cosa e fermarti solo ad essa. Ricordalo. Non lo dimenticare. Perisce chi non ha l’animo retto. Mentre il giusto vivrà per la sua fede. Come perisce l’empio è mistero che solo Dio conosce. Come il giusto vivrà per la sua fede anch’esso è mistero che solo Dio conosce. Il come non appartiene alla scienza dell’uomo. Esso è del Signore. All’uomo appartiene la fede. Ma cosa è fede nella sua verità più essenziale? Fede è obbedire ad ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio ieri e che esce oggi e anche domani. Si obbedisce alla Parola, si persevera nell’obbedienza, si vivrà. Come? Lo sa solo il Signore.
Oracolo ricevuto in visione dal profeta Abacuc. Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».
Oggi non c’è speranza di salvezza. Abbiamo abbandonato la Parola della fede. Non solo. Anche le vie della salvezza abbiamo abbandonato. Avendo dichiarato Cristo Signore inutile alla fede, esso è anche inutile alla grazia e alla verità. È inutile alla Parola della fede. Avendo noi trasformato la fede da purissima obbedienza a sentimento del cuore dell’uomo, dinanzi al male non ci sarà più alcuna salvezza. Senza vera fede non c’è più vera giustizia. Dalla fedeltà a Dio siamo tutti passati nell’empietà ed ognuno è ingoiato dal male ma anche ingoia. Siamo insieme vittime e carnefici. La legge di Dio è eterna e immodificabile. Siamo salvati per la fede nella sua Parola.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci ricchi di fede e pieni di obbedienza alla Parola di Dio.
E il Signore parlò al pesce
Gio 1,1- 2,1.11; C Gio 2,2-5.8; Lc 10,25-37
Giona è un profeta unico nella storia d’Israele. Lui conosce l’agire di Dio. Sa la grandezza del suo cuore. Sa che il suo cuore freme di compassione e che non aspetta se non per fare grazia a tutti coloro che, pentiti, tornano a Lui con tutto il cuore.
Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Seboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira (Os 11,7-9). Eppure il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui. Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione e l’acqua della tribolazione, non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: «Questa è la strada, percorretela», caso mai andiate a destra o a sinistra (Is 30,1-33).
Giona non vuole che Dio perdoni la città di Ninive e per questo fugge lontano. Ma per vie misteriose viene rimesso sulla via di Ninive. Il Signore vuole dire al suo popolo, ostinato nel peccato, che ci si può convertire. Se la grande città peccatrice si pente e ritorna sulla via del bene, cosa impedisce al suo popolo la conversione? La conversione è ostacolata da un solo peccato. La non fede nella fedeltà di Dio alla sua Parola. Cosa oggi impedisce al cristiano di convertirsi? La non fede nella fedeltà di Dio alla sua Parola. Oggi si possono commettere tutti i peccati. Alla fine trionfa sempre la misericordia. Oggi la misericordia ha modificato Dio nella sua sostanza ed essenza eterna. Tra il Dio della Scrittura e di Cristo Gesù e il nostro, nessun punto di contatto.
«Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me». Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e vi fu in mare una tempesta così grande che la nave stava per sfasciarsi. I marinai, impauriti, invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono in mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più in basso della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: «Che cosa fai così addormentato? Àlzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo». Quindi dissero fra di loro: «Venite, tiriamo a sorte per sapere chi ci abbia causato questa sciagura». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Gli domandarono: «Spiegaci dunque chi sia la causa di questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?». Egli rispose: «Sono Ebreo e venero il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra».
Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: «Che cosa hai fatto?». Infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva lontano dal Signore, perché lo aveva loro raccontato. Essi gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?». Infatti il mare infuriava sempre più. Egli disse loro: «Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia». Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano, perché il mare andava sempre più infuriandosi contro di loro. Allora implorarono il Signore e dissero: «Signore, fa’ che noi non periamo a causa della vita di quest’uomo e non imputarci il sangue innocente, poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere». Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e gli fecero promesse. Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia.
Ninive grida ad ogni cristiano che è possibile convertirsi, ad una sola condizione: che si creda nella fedeltà di Dio per ogni Parola proferita. Ma Dio oggi è solo misericordia.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci di fede vera nell’adempimento della Parola di Dio.
Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta
Gio 3,1-10; Sal 129; Lc 10,38-42
La tentazione a questo mira: convincere l’uomo che la Parola di Dio non è vera. Convincerlo che quanto il Signore rivela all’uomo è una parola senza alcuna conseguenza né per il tempo né per l’eternità. Convincerlo invece che l’altra parola, quella della creatura, è verità purissima. Quanto essa dice si compie. La prima tentazione è paradigma di ogni altra. Stessa procedura, dinamica, finalità.
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture (Gen 3,1-7).
Subito l’uomo e la donna sperimentano che la parola di Satana non si è compiuta. Si è avverata invece la Parola del Signore. Essi sono in un processo di morte. Non si riconoscono più. La donna e l’uomo di qualche minuto prima non esistono più. Nonostante la storia ogni giorno ci metta dinanzi ad una morte universale, in ogni settore della nostra umana esistenza, perché l’uomo si ostina nella non fede? Quando si cade nel peccato si è schiavi di esso. Dal peccato non si cammina verso la luce, ma verso tenebre sempre più fitte, fino al soffocamento della verità nell’ingiustizia. Ninive si converte perché ha creduto nella sua distruzione. Gerusalemme non si è convertita perché ha pensato che il Signore scherzasse. Ha immaginato che la misericordia del Signore fosse infinita. Invece il Signore sempre ha gridato al suo popolo che Lui è ricco di misericordia e di pietà, ma anche che è lento all’ira. Il tempo della misericordia non è eterno. Esso è limitato. Al massimo può durare quanto la nostra vita sulla terra. Al momento della morte è invece l’ora del giudizio secondo purissima divina giustizia.
Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta». I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per ordine del re e dei suoi grandi fu poi proclamato a Ninive questo decreto: «Uomini e animali, armenti e greggi non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco, e Dio sia invocato con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si ravveda, deponga il suo ardente sdegno e noi non abbiamo a perire!». Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
Oggi possiamo noi convertirci? No. Il no è assoluto. Non possiamo, non perché il Signore non doni la sua grazia o non mandi i suoi profeti. Non possiamo perché ormai noi non crediamo in nessuna Parola del nostro Dio e di Cristo Gesù. Ormai siamo tutti convinti che il nostro Dio è solo misericordia. Possiamo abortire, adulterare, stuprare, uccidere, divorziare, distruggere la famiglia, sovvertire anche le leggi della natura fisica, tanto alla fine solo la misericordia di Dio vince. Si può essere anche grandi criminali. Il Paradiso è per tutti. Sulla terra è come se ognuno recitasse una parte in una commedia su atti di guerra. Possiamo sparare, bruciare, conquistare, sottomettere. Ma è solo teatro. Poi il sipario cala. Finisce la recitazione. Dio ci accoglie tutti alla sua tavola per festeggiare con noi la riuscita della nostra recitazione di morte.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che nessuno pensi che la vita sia una recita da teatro.
Ti sembra giusto essere sdegnato così?
Dio vede la grande città di Ninive che si è umiliata dinanzi a Lui, si è pentita del male fatto, si è convertita al più grande bene. Concede all’istante il suo perdono. Abbandona il proposito di distruggerla. Giona cosa fa? Si sdegna contro il Signore. Avrebbe preferito al perdono la strage dell’intera popolazione della città. Non solo si sdegna. Chiede al Signore di togliergli la vita. A che serve vivere, se poi gli tocca vedere il Signore che, invece di punire il peccato, lo perdona a motivo del suo pentimento? Questa la lettera della Scrittura. Ma qual è il grande insegnamento nascosto in questa lettera? Di chi è simbolo o figura Giona? In che misura potremmo essere lui anche noi? La risposta viene a noi sia da Isaia che dal Libro della Sapienza. Tra i pensieri di Dio e i pensieri dell’uomo vi è una distanza infinita, eterna. Essi vanno solo accolti.
O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri (Is 55,1-3.6-9). Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza (Sap 9,13-18).
Ai pensieri di Dio ci si deve convertire. Anche questa è verità che ci insegna il Libro di Giona. Invece l’uomo si ostina così tanto nei suoi pensieri da ammalarsi per la loro difesa. Ammalato di pensieri umani, si preoccupa e rattrista perché un ricino è seccato, ma per nulla vuole gioire perché migliaia e migliaia di persone si sono salvate. Ma oggi l’uomo, ostinato nell’inseguire i suoi pensieri, non si preoccupa più della morte di un insetto o di altro animale invece che della morte di milioni e milioni di vittime innocenti alle quali per stolto e peccaminoso diritto si impedisce di vedere la luce? Quando non accogliamo i pensieri di Dio, siamo noi tutti il Giona della storia.
Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu sdegnato. Pregò il Signore: «Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!». Ma il Signore gli rispose: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?». Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì una capanna e vi si sedette dentro, all’ombra, in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona, per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino. Ma il giorno dopo, allo spuntare dell’alba, Dio mandò un verme a rodere la pianta e questa si seccò. Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venire meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere». Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per questa pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato da morire!». Ma il Signore gli rispose: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?».
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che nel cuore dell’uomo abiti il pensiero del Signore.
Vedrete la differenza fra il giusto e il malvagio
Mal 3,13-20a; Sal 1; Lc 11,5-13
La differenza eterna tra il giusto e il malvagio, tra chi osserva la Legge del Signore e chi la disprezza è verità di essenza sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Questa verità è chiarissima in ogni parte della Scrittura. Così il Profeta Daniele.
Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre. Ora tu, Daniele, chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine: allora molti lo scorreranno e la loro conoscenza sarà accresciuta» (Dn 12,1-4).
Anche il Libro dell’Apocalisse, l’ultimo del Canone della Scrittura Santa di noi Cattolici, annunzia questa verità come purissima essenza della rivelazione.
Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni (Ap 19,19-21). E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco (Ap 20,11-15). Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte» (Ap 21,8). E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Il malvagio continui pure a essere malvagio e l’impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora. Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! (Ap 22,10-15).
Il Signore, per bocca del profeta Malachia, corregge il pensiero di quanti affermavano che quanti osservano la Legge non hanno alcun vantaggio dinanzi a chi la trasgredisce. Anzi se per i trasgressori i vantaggi sono più alti, allora beati loro.
Duri sono i vostri discorsi contro di me – dice il Signore – e voi andate dicendo: «Che cosa abbiamo detto contro di te?». Avete affermato: «È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti». Allora parlarono tra loro i timorati di Dio. Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno – dice il Signore degli eserciti – la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo. Avrò cura di loro come il padre ha cura del figlio che lo serve. Voi allora di nuovo vedrete la differenza fra il giusto e il malvagio, fra chi serve Dio e chi non lo serve. Ecco infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
Dio non pensa come l’uomo. La differenza tra l’empio e il malvagio è verità eterna.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che siamo sempre fedeli alla Legge del nostro Dio.
È infatti vicino il giorno del Signore
Gl 1,13-15; 2,1-2; Sal 9; Lc 11,15-26
Per entrare nella conoscenza della parola del profeti, dobbiamo ricordare sempre il patto di alleanza tra Dio e il suo popolo. Dio aveva promesso ai figli d’Israele che se essi avessero osservato la sua alleanza, li avrebbe coperti di ogni benedizione. Veramente la terra sarebbe divenuta per essi un giardino di delizie. Perché allora è oggi una desolazione? Perché tutte le piante sono state divorate da cavallette, locuste, bruchi, grilli? Perché oggi non si trova più neanche un filo d’erba verde?
Parola del Signore, rivolta a Gioele, figlio di Petuèl. Udite questo, anziani, porgete l’orecchio, voi tutti abitanti della regione. Accadde mai cosa simile ai giorni vostri o ai giorni dei vostri padri? Raccontatelo ai vostri figli, e i vostri figli ai loro figli, e i loro figli alla generazione seguente. Quello che ha lasciato la cavalletta l’ha divorato la locusta; quello che ha lasciato la locusta l’ha divorato il bruco; quello che ha lasciato il bruco l’ha divorato il grillo. Svegliatevi, ubriachi, e piangete, voi tutti che bevete vino, urlate per il vino nuovo che vi è tolto di bocca. Poiché è venuta contro il mio paese una nazione potente e innumerevole, che ha denti di leone, mascelle di leonessa. Ha fatto delle mie viti una desolazione e tronconi delle piante di fico; ha tutto scortecciato e abbandonato, i loro rami appaiono bianchi. Laméntati come una vergine che si è cinta di sacco per il lutto e piange per lo sposo della sua giovinezza. Sono scomparse offerta e libagione dalla casa del Signore; fanno lutto i sacerdoti, ministri del Signore. Devastata è la campagna, è in lutto la terra, perché il grano è devastato, è venuto a mancare il vino nuovo, è esaurito l’olio. Restate confusi, contadini, alzate lamenti, vignaioli, per il grano e per l’orzo, perché il raccolto dei campi è perduto. La vite è diventata secca, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli alberi dei campi sono secchi, è venuta a mancare la gioia tra i figli dell’uomo (Gl 1,1-12).
Anche il profeta Geremia dice la stessa verità. Dio aveva dato loro un giardino nel quale abitare. I loro peccati lo hanno reso un deserto inospitale. Potenza del peccato!
Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe, voi, famiglie tutte d’Israele! Così dice il Signore: Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro al nulla, diventando loro stessi nullità? E non si domandarono: “Dov’è il Signore che ci fece uscire dall’Egitto, e ci guidò nel deserto, terra di steppe e di frane, terra arida e tenebrosa, terra che nessuno attraversa e dove nessuno dimora?”. Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità. Neppure i sacerdoti si domandarono: “Dov’è il Signore?”. Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano (Ger 2,4-8).
Cosa vuole il Signore perché il deserto ritorni ad essere un giardino? La conversione, il pentimento, il ritorno nell’alleanza, la fedele obbedienza alla sua Legge, ai suoi Statuti, ai suoi Precetti. L’obbedienza alla Parola di Dio è la sola retta efficace ecologia.
Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell’altare, venite, vegliate vestiti di sacco, ministri del mio Dio, perché priva d’offerta e libagione è la casa del vostro Dio. Proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra, radunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore, vostro Dio, e gridate al Signore: «Ahimè, quel giorno! È infatti vicino il giorno del Signore e viene come una devastazione dall’Onnipotente. Suonate il corno in Sion e date l’allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti della regione perché viene il giorno del Signore, perché è vicino, giorno di tenebra e di oscurità, giorno di nube e di caligine. Come l’aurora, un popolo grande e forte si spande sui monti: come questo non ce n’è stato mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri, di età in età.
Il profeta è mandato dal Signore per chiamare il suo popolo alla conversione. Chi deve guidare i figli d’Israele alla fedeltà all’alleanza non è però il profeta. Sono i sacerdoti. Spetta ad essi ascoltare la Parola del profeta e condurre il popolo nuovamente nell’adorazione del loro Dio e Signore, prima che sia troppo tardi, prima che il tempo della conversione non termini, e il Signore è obbligato ad osservare la sua Parola. Questa verità oggi è assente dal cuore e dalla mente dei discepoli di Gesù.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni sacerdote prenda a cuore la sua missione.
Il giorno del Signore è vicino nella valle della Decisione
Gl 4,12-21; Sal 96; Lc 11,27-28
È verità che viene annunziata da tutti i profeti. Il Dio di Abramo non è solo il Dio dei figli d’Israele, è il solo unico vero Dio, Creatore e Signore di ogni popolo. Tutte le nazioni che in qualche modo hanno a che fare con Israele, dall’Egitto fino all’Assiria e oltre, sono tutte giudicate dal Signore con giudizio infallibile e inappellabile. Non solo. Ma di tutte il Signore si serve per realizzare il suo progetto di salvezza e di redenzione. Questa fede così chiara e limpida in tutti i profeti, questa fede che è anche l’essenza del Nuovo Testamento, perché oggi, in così poco tempo, è stata ridotta a menzogna? Perché i cristiani hanno perso intelligenza, sapienza, scienza, conoscenza? Perché hanno rinnegato, tradito, svenduto il solo Dio vivo e vero, il solo Cristo Redentore e Salvatore, il solo Spirito Santo Santificatore e Datore di ogni vita, la sola Chiesa che è il Sacramento della salvezza per l’intera umanità? Non c’è un altro Dio, un altro Cristo, un altro Spirito Santo. Neanche vi è un’altra Chiesa o un’altra religione nella quale avviene la rigenerazione e la vera risurrezione dell’uomo a vita nuova con natura nuova. Vi sono altre credenze, ma non altri Dèi. Neanche esiste il Dio unico. Questo Dio è un elaboratore psicologico dell’uomo, manca di qualsiasi verità sia a livello filosofico che teologico, ma soprattutto manca di qualsiasi retta e sana moralità.
Gioele si inserisce perfettamente nella tradizione dei grandi profeti. Annunzia il suo Dio come il Giudice di tutta la terra. Tutte le nazioni sono da Lui convocate nella valle di Giosafat per ascoltare il suo giudizio su ogni loro azione. Il giudizio è azione propria di colui che è vero Dio, vero Signore, vero Creatore dell’uomo. Chi non è Signore, chi non è Creatore, chi non è Dio mai potrà giudicare ciò che non è suo. Dobbiamo però fare una chiara distinzione tra il giudizio operato sul suo popolo e quello sulle nazioni. Quello sul suo popolo viene operato sul fondamento dell’Alleanza giurata e sull’obbligo di ascoltare ogni Parola che è uscita, esce, uscirà dalla bocca del Signore. Sarà un giudizio anche sulla perfetta santità mancata. Quello invece sulle nazioni è in relazione alla coscienza che dice ad ogni uomo qual è il vero bene da perseguire e quale il male da evitare. Il Signore è perfettamente giusto in ogni sua opera. Ecco allora la verità dei profeti: Non vi è alcun uomo sulla terra che potrà sottrarsi al giudizio del suo vero Dio, vero Creatore, vero Signore. L’uomo è esclusiva proprietà del suo Creatore. Creatore dell’uomo è uno solo. Non vi sono molti Creatori e molti Signori.
Si affrettino e salgano le nazioni alla valle di Giòsafat, poiché lì sederò per giudicare tutte le nazioni dei dintorni. Date mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché il torchio è pieno e i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità! Folle immense nella valle della Decisione, poiché il giorno del Signore è vicino nella valle della Decisione. Il sole e la luna si oscurano e le stelle cessano di brillare. Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà udire la sua voce; tremeranno i cieli e la terra. Ma il Signore è un rifugio per il suo popolo, una fortezza per gli Israeliti. Allora voi saprete che io sono il Signore, vostro Dio, che abito in Sion, mio monte santo, e luogo santo sarà Gerusalemme; per essa non passeranno più gli stranieri. In quel giorno le montagne stilleranno vino nuovo e latte scorrerà per le colline; in tutti i ruscelli di Giuda scorreranno le acque. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irrigherà la valle di Sittìm. L’Egitto diventerà una desolazione ed Edom un arido deserto, per la violenza contro i figli di Giuda, per il sangue innocente sparso nel loro paese, mentre Giuda sarà sempre abitata e Gerusalemme di generazione in generazione. Non lascerò impunito il loro sangue, e il Signore dimorerà in Sion.
Se ogni uomo dovrà domani presentarsi dinanzi al solo unico Dio vivo e vero, al suo solo unico Signore e Creatore del cielo e della terra, se noi affermiamo il contrario non siamo veri profeti, ma falsi. Il vero profeta è colui che annuncia la verità di Dio. Poiché Dio è uno, vi è anche una sola verità. Se Cristo Gesù è vero Dio. Questa è la sua verità. Se noi diciamo che tutti i fondatori di religione sono uguali, diciamo che tutti sono Dèi. Mentre noi sappiamo che sono solo uomini e per di più concepiti nel peccato. I falsi profeti parlano, dicono. Ma di cosa parlano e cosa dicono neanche loro lo sanno.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che i veri profeti di Gesù diventino falsi.
Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele
2Re 5,14-17; Sal 97; 2Tm 2,8-15; Lc 17,11-19
13 OTTOBRE – XXVIII DOMENICA T.O.
La fede nasce o dall’udito o dalla vista o dall’udito e dalla vista insieme. Per l’Apostolo Giovanni la fede nasce anche dal tatto e dalla contemplazione, cioè dalla riflessione nello Spirito Santo di ciò che abbiamo udito, visto, toccato. Per l’Apostolo Pietro essa nasce dall’udito e dalla vista. La vista è necessaria quanto l’udito. Per l’Apostolo Paolo perché vi sia vera fede occorre anche la missione canonica da parte degli apostoli.
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,1-4).
Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio (2Pt 1,16-21).
Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo (Rm 10,14-17).
Naaman il Siro giunge alla vera fede attraverso tre tappe. Nella prima tappa lui crede alle parole della giovane che gli annunzia la possibilità della guarigione. Crede cioè che in Israele qualcuno potrà guarirlo dalla sua lebbra. Nella seconda, dopo lungo lavoro di persuasione, crede nella Parola del profeta che lo manda a bagnarsi sette volte nel fiume Giordano. Nella terza, dopo l’esperienza della guarigione, crede che il Dio di Eliseo è il vero Dio e decide di adorare solo Lui. Ora la fede ha raggiunto il suo fine.
Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore.
Le vie della fede sono molteplici: dalla verità della persona alla verità della sua Parola. Dalla verità della Parola alla verità della Persona. Ma anche dalla storia a Colui che della storia è il Signore. Abramo prima credette nella verità della Parola e poi nella verità della Persona. Anche gli Apostoli credettero nella verità della Parola e poi giunsero alla verità della Persona. Non è mai vera fede quando dalla verità della Persona non si giunge alla verità della Parola, al fine di prestare ad essa piena, ininterrotta, perfetta obbedienza. Quasi tutti vogliamo la verità della Persona per i benefici che da essa possiamo ricevere, ma non vogliamo la verità della Parola. Anche oggi, si vuole dalla Chiesa la verità della carità materiale ma non la verità della Parola.
Madre di Dio, Angeli, Santi, unite in noi verità della Persona e verità della sua Parola.
Per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti
La fede oggi è aggredita da un virus così resistente da non potersi trovare nessun antidoto. Anzi, neanche più si vuole trovare l’antidoto. Questo virus consiste nell’aver sostituito la Parola, il Vangelo, la verità della Parola, che è oggettiva, cioè fuori di noi, con i nostri sentimenti, i nostri istinti, la nostra concupiscenza, i nostri vizi, il nostro peccato. Oggi si crede nel peccato come via della vera fede. Se qualcuno dovesse osare, non a dire, ma solo a pensare che la fede è purissima obbedienza al Vangelo, subito lo si condanna a morte con la severa accusa di fondamentalismo. Se poi dovesse aggiungere che certe cose non sono lecite, perché vietate dai Comandamenti, subito l’accusa è trasformata in condanna per rigidità morale. Oggi è fede lasciare che ognuno creda in ciò che vuole e viva come gli pare meglio. Per San Paolo la fede è purissima obbedienza al Vangelo e ad ogni sua verità. Senza Vangelo non c’è fede.
Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome (Rm 1, 5). Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso (Rm 6, 17). Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? (Rm 10, 16). Non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all’obbedienza, con parole e opere (Rm 15, 18). Ma rivelato ora e annunziato mediante le scritture profetiche, per ordine dell’eterno Dio, a tutte le genti perché obbediscano alla fede (Rm 16, 26). E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando come tutti gli avete obbedito e come lo avete accolto con timore e trepidazione (2Cor 7, 15). A causa della bella prova di questo servizio essi ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del vangelo di Cristo, e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti (2Cor 9, 13). Distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all’obbedienza al Cristo (2Cor 10, 5). Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? (Gal 5, 7). Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. (Fil 2, 8). Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore (Fil 2, 12). In fuoco ardente, a far vendetta di quanti che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù (2Ts 1, 8). Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni (2Ts 3, 14).
Quando si separa la fede dalla Parola, è la morte della fede. La fede è prima di tutto obbedienza alla Parola, che non è nostra, ma è di Dio, cioè del Creatore e Signore dell’uomo. Senza Parola non c’è obbedienza. Senza obbedienza non c’è fede. Senza fede non c’è vita, dal momento che il giusto vivrà per la sua fede, mentre soccombe colui che non ha l’animo retto. Legge, Vangelo, Parola, Verità del Vangelo e della Parola, obbedienza alla legge, al Vangelo, alla Verità della Legge e del Vangelo, sono la nostra fede. Anche Gesù che è Dio si fece obbediente alla Parola del Padre.
Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!
Qual è la missione di Paolo? Quella di suscitare l’obbedienza alla fede in tutte le genti. Come si suscita l’obbedienza alla fede? Annunziando il Vangelo di Cristo Gesù, mostrando con la propria vita la verità di ogni sua Parola. Perché la Parola che noi annunziamo sia creduta è necessario che essa abbia un solido fondamento sulla nostra fede. Chi non crede nel Vangelo, inutile che lo annunci. Neanche lo annuncerà. La Parola del Vangelo è efficace se è il frutto della nostra vita consacrata ad esso.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano sia credibile annunciatore del Vangelo.
In esso infatti si rivela la giustizia di Dio
Rm 1,16-25; Sal 18; Lc 11,37-41
Per comprendere cosa Paolo vuole rivelarci quando dice che è nel Vangelo che si manifesta la giustizia di Dio, dobbiamo prima di tutto sapere cosa lui intende per giustizia di Dio. Per Paolo la giustizia è il rispetto di ogni Parola data da Dio all’uomo e sulla quale l’uomo ha edificato la sua vita, obbedendo a quanto gli è stato detto, ordinato, comandato. La fede nella Parola di Dio e la speranza costruita su di essa viene accredita all’uomo come vera giustizia. Questo significa che se Dio non dovesse mantenere fede alla sua Parola data, giurata, promessa, profetizza, sarebbe ingiusto.
Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia (Gen 15,1-6).
Avendo Abramo creduto nella Parola del Signore, il Signore è obbligato a dare ciò che ha promesso. Mai potrà venire meno a quanto detto, dal momento che Abramo ha creduto e si è consegnato a questa Parola. Ma il Signore ha detto un’altra Parola, che non è solo per Lui, ma per tutte le nazioni della terra. Ha promesso di benedire nella sua discendenza tutti popoli, di ogni razza e lingua. Quando Dio per giustizia deve benedirmi? Quando credo che la mia benedizione è nella discendenza di Abramo. Chi è la discendenza di Abramo? Gesù Signore. La benedizione, la salvezza, la redenzione, la vita eterna Dio me li dona per giustizia se credo nella sua Parola.
«Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,16-18).
Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (Gal 3,23-20).
Dio non ha dato nessun’altra via per essere benedetti. Solo in Cristo è la benedizione dell’umanità e in Cristo, divenendo suo corpo per la fede, si è benedetti in eterno.
Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà. Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai ci allontaniamo dalla Parola della fede.
Dio infatti non fa preferenza di persone
Rm 2,1-11; Sal 61; Lc 11,42-46
Ogni uomo è di Dio, a Lui appartiene per creazione. Nella sua misericordia ha stabilito la sua salvezza nella stirpe della donna. La Donna è la Vergine Maria. La Stirpe della Donna è Cristo Signore. il Verbo Eterno, il Figlio Unigenito che si è fatto carne. Uno è il Creatore. Uno è il Signore. Uno è il Redentore di tutti. Lui ha deciso per consiglio eterno di dare ad ogni uomo la grazia della salvezza per mezzo della fede. Questa grazia l’ha offerta subito dopo il peccato, quando ancora solo la donna e l’uomo esistevano e nessun loro figlio era stato concepito. È promessa universale.
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15).
Quando Pietro, chiamato da Cornelio, entra nella sua casa, fa un’altissima professione di fede. Riconosce Dio come vero Salvatore di tutti gli uomini e non solo di alcuni. Ma lui, da vero figlio Israelita sapeva bene che il suo popolo era stato chiamato non per rinchiudersi in un carcere di esclusivismo della salvezza, ma per portare la luce della verità e la grazia della redenzione ad ogni popolo. D’altronde la missione ricevuta da Gesù era universale e non particolare, presso tutti i popoli e non solo verso Israele.
Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome» (At 10,34-43).
Non è Dio che esclude dalla salvezza, ma l’uomo. Ogni uomo po’ escludersi dalla salvezza, rifiutando il Vangelo della luce, della grazia, della vita. Ma anche ogni missionario può escludere l’uomo dalla salvezza, se omette la predicazione del Vangelo, secondo il comando ricevuto da Gesù. Oggi il mondo intero è escluso dalla salvezza, a motivo della riduzione del Vangelo a menzogna e della verità a tenebra.
Perciò chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio contro quelli che commettono tali cose è secondo verità. Tu che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio? O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che, perseverando nelle opere di bene, cercano gloria, onore, incorruttibilità ira e sdegno contro coloro che, per ribellione, disobbediscono alla verità e obbediscono all’ingiustizia. Tribolazione e angoscia su ogni uomo che opera il male, sul Giudeo, prima, come sul Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo, prima, come per il Greco: Dio infatti non fa preferenza di persone.
Chi si esclude dalla salvezza per la sua non fede, sappia che è responsabile in eterno di ogni conseguenza di morte generata dalla sua non fede. Ma anche chi esclude dalla salvezza, a motivo della omissione nel dono del Vangelo, è responsabile in eterno.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia vero missionario del Vangelo.
Si è manifestata la giustizia di Dio
Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,47-54
La giustizia di Dio è stata manifesta dallo stesso Dio, ma anche da Cristo Signore. Ma queste due manifestazioni non bastano, sono insufficienti, anzi inefficaci, se essa non viene manifestata dagli Apostoli e, in comunione di verità, grazia, Vangelo, da ogni altro discepolo di Cristo Gesù. Ogni cristiano è obbligato a manifestare la giustizia di Dio. Se non la manifesta commette un gravissimo peccato di omissione. Per la sua negligenza, accidia, pigrizia, insensibilità, stoltezza, insipienza, travisamento del Vangelo e della Parola, molte anime non potranno ottenere la salvezza.
Per questo io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani… penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non perdervi d’animo a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra.
Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen (Ef 3,1-21).
Oggi per i cristiani è divenuto non difficile ma impossibile manifestare la giustizia di Dio che si è compiuta tutta in Cristo Gesù. Il Signore Crocifisso e Risorto non è più l’Essenziale, l’Indispensabile, il Necessario per avere la salvezza. Non è più neanche utile. Poiché tutto è in Cristo, per Cristo, con Cristo, dichiarato Cristo inutile, di tutte le promesse di Dio, di ogni sua parola, giuramento se ne fa una colossale menzogna. È questo l’attacco più distruttore sferrato da Satana contro Cristo Gesù. Di chi è si è servito? Proprio di coloro che erano i soldati posti a sua difesa.
Ora invece, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. Infatti non c’è differenza, perché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. È lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati mediante la clemenza di Dio, al fine di manifestare la sua giustizia nel tempo presente, così da risultare lui giusto e rendere giusto colui che si basa sulla fede in Gesù. Dove dunque sta il vanto? È stato escluso! Da quale legge? Da quella delle opere? No, ma dalla legge della fede. Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge. Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti! Poiché unico è il Dio che giustificherà i circoncisi in virtù della fede e gli incirconcisi per mezzo della fede.
Manifestare al mondo che la giustizia di Dio si è compiuta in Cristo è obbligo per noi.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci annunziatori veri della giustizia di Dio in Cristo Gesù.
Portare a compimento l’annuncio del Vangelo
2 Tm 4,10-17b; Sal 144; Lc 10,1-9
Come Paolo porta a compimento l’annuncio del Vangelo è lui stesso a rivelarcelo, sia negli Atti degli Apostoli che nelle sue Lettere. Lui consuma la vita per il Vangelo.
«Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi. E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”» (At 20,18-35).
Sono diventato pazzo; ma siete voi che mi avete costretto. Infatti io avrei dovuto essere raccomandato da voi, perché non sono affatto inferiore a quei superapostoli, anche se sono un nulla. Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli. In che cosa infatti siete stati inferiori alle altre Chiese, se non in questo: che io non vi sono stato di peso? Perdonatemi questa ingiustizia! Ecco, è la terza volta che sto per venire da voi, e non vi sarò di peso, perché non cerco i vostri beni, ma voi. Infatti non spetta ai figli mettere da parte per i genitori, ma ai genitori per i figli. Per conto mio ben volentieri mi prodigherò, anzi consumerò me stesso per le vostre anime. Se vi amo più intensamente, dovrei essere riamato di meno? (2Cor 12,11-15). Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo (Rm 14,18-19).
Paolo è questa coscienza e questa convinzione nello Spirito Santo. La sua vita è stata un dono al Vangelo. Dio l’ha usata sempre secondo la sua volontà. Paolo mai nulla ha messo di suo, neanche un pensiero. Lo Spirito lo ha avvinto e lui si è lasciato avvincere. Nel dono a Dio, lui ha raggiunto la perfetta conformazione a Cristo Signore.
Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalònica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero. Ho inviato Tìchico a Èfeso. Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene. Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni: il Signore gli renderà secondo le sue opere. Anche tu guàrdati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo.
Oggi purtroppo molti cristiani sono caduti sia dall’ideale evangelico che dalla missione di annunziare il Vangelo. Il Vangelo neanche è più predicabile. Non si crede in esso.
Madre di Dio, Angeli, Santi, liberate noi cristiani da una così grande miseria spirituale.
Saldo nella speranza contro ogni speranza
Rm 4,13.16-18; Sal 104; Lc 12,8-12
Perché Paolo dice che Abramo rimane saldo nella speranza contro ogni speranza? Perché lui riceve dal Signore due Parole, la seconda è una evidente negazione della prima. Se a lui è chiesto di immolare Isacco, come potrà compiersi la Parola di Dio pronunciata su Isacco? Umanamente è impossibile. Ed è qui che subentra la fede. Ciò che è umanamente impossibile per l’uomo è possibile per il Signore. Abramo rimane saldo nella speranza che nasce dalla parola di Dio contro ogni speranza che nasce anch’essa dalla Parola di Dio. La fede gli dice che tutte e due le parole sono vere. Lui non sa come sia possibile, ma sa che è possibile. Nasce la perfetta obbedienza.
Quando Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: «Io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti renderò molto, molto numeroso». Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». «Quanto a Sarài tua moglie, non la chiamerai più Sarài, ma Sara. Io la benedirò e anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni, e re di popoli nasceranno da lei». Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e rise e pensò: «A uno di cento anni può nascere un figlio? E Sara all’età di novant’anni potrà partorire?». Abramo disse a Dio: «Se almeno Ismaele potesse vivere davanti a te!». E Dio disse: «No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco. Io stabilirò la mia alleanza con lui come alleanza perenne, per essere il Dio suo e della sua discendenza dopo di lui. Ma stabilirò la mia alleanza con Isacco, che Sara ti partorirà a questa data l’anno venturo». Dio terminò così di parlare con lui e lasciò Abramo, levandosi in alto (Cfr. Gen 17,1-22).
Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Cfr. Gen 22,1-22). Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo (Eb 11,17-19).
La Lettera agli Ebrei ci dice che Abramo era convinto che il Signore avrebbe risuscitato Isacco una volta che lui avesse obbedito e glielo avesse offerto. Obbedienza perfetta.
Infatti non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono. Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza.
Abramo insegna che si deve sperare nella Parola di Dio obbedendo alla Parola di Dio.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva
Es 17,8-13; Sal 120; 2 Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8
20 OTTOBRE – XXIX DOMENICA T.O.
Il bastone era il segno della divina onnipotenza posta nelle mani di Mosè. Con esso Mosè aveva compiuto i prodigi in terra d’Egitto, aveva aperto e chiuso il Mar Rosso. Il Signore ha messo la sua divina onnipotenza, i suoi divini poteri in mano a Mosè. Vuole però che il suo fedele servo si ricordi sempre che è la sua fede nel Signore che opera i prodigi e non il bastone. Il bastone serve come strumento visibile della sua fede invisibile. Perché la sua fede invisibile operi nella visibilità è necessario che venga trasformata in preghiera, in richiesta senza alcuna interruzione al Signore. Infatti, quando Mosè si stanca e non alza il bastone, non chiedendo più la grazia al Signore, Giosuè sul campo di battaglia soffre. Mentre, quando Mosè riprende la preghiera, Giosuè trionfa. Mosè tiene il bastone alzato per tutto il giorno e Amalek viene sconfitto. Fede nella Parola, obbedienza alla Parola, preghiera ininterrotta sono la verità di ogni servo del Signore. Se una di queste cose manca, si è nella falsità. Non si produce alcun frutto di vita né per sé né per gli altri. Al tempo di Isaia le mani venivano alzate verso il Signore. Le preghiere erano anche lunghe ed estenuanti. Mancava però e la fede nella Parola e l’obbedienza ad essa. Il Signore detesta questa preghiera.
«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». «Su, venite e discutiamo – dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato» (Cfr. Is 1,1-31).
Parola, Fede, Obbedienza, Preghiera devono essere una cosa sola. Senza Parola non c’è Fede. Senza Fede non c’è Obbedienza. Senza Obbedienza non c’è Preghiera. Senza Preghiera la grazia del Signore non si riversa né nei nostri cuori e neanche sui nostri fratelli, per la loro conversione, salvezza, redenzione. Amalek, che è simbolo del nemico dell’uomo, che è il diavolo, mai potrà essere sconfitto e noi saremo nella sua schiavitù e prigionia per sempre. Purtroppo moltissima preghiera non giunge al cuore di Dio perché manca in colui che prega l’unità di Parola, Fede, Obbedienza. Senza questo triplice, solido fondamento nessuna preghiera potrà essere ascoltata.
Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Chi desidera sconfiggere il suo nemico infernale e trionfare su ogni sua tentazione deve rimanere saldo, ben saldo nella Parola, nella Fede, nell’Obbedienza. Se non è saldo nella Parola, nella Fede, nell’Obbedienza è già sotto il potere di Satana. Rimarrà sempre nella Parola, nella Fede, nell’Obbedienza, se lo chiederà al Signore con preghiera ininterrotta. Il cuore rimarrà in Dio se è sempre rivolto verso Dio.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci ad osservare le leggi della vera Preghiera.
Era anche capace di portarlo a compimento
Rm 4,20-25; C Le 1,69-75; Lc 12,13-21
La fede è un cammino ininterrotto di Parola di Dio in Parola di Dio. Ma chi è che cammina nella Parola di Dio? Un uomo che è senza presente e senza futuro. Un uomo che crede che Dio è il suo presente e il suo futuro, perché Creatore Onnipotente del suo presente e del suo futuro, a condizione che lui cammini nella sua Parola.
Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo». Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate (Gen 15,1-18).
È questa la grandezza della fede di Abramo. O crede che Dio è capace di compiere quanto ha promesso, o diviene inutile camminare con Lui. Può camminare con Dio chi si fida di ogni sua Parola e su di essa costruisce tutta la sua vita, camminando di Parola ascoltata in Parola ascoltata, qualsiasi Parola gli venga rivolta.
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo (Cfr. Eb 11,8-19).
Quando l’uomo crede nella Parola di Dio, dalla relazione di fede si passa nella relazione di Giustizia. Dio è obbligato a compiere quanto ha promesso. Oggi è questa relazione che è stata cancellata dal nostro rapporto con Dio. Così è morta la fede.
Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato, ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
Senza il rapporto di giustizia, anche Dio muore nella sua verità. Oggi adoriamo idoli.
Madre di Dio, Angeli, Santi, liberate i discepoli di Gesù da ogni radice di idolatria.
Per l’obbedienza di uno solo
Rm 5,12.15b.17-19.20b-21; Sal 39; Lc 12,35-38
Quanto Paolo rivela sulla disobbedienza di Adamo e sull’obbedienza di Cristo Gesù è purissima verità. Urge però leggere ogni sua parola con un principio ermeneutico ben solido, altrimenti potrebbe essere assai facile scivolare nell’eresia e nella falsità. Appena creato, l’uomo aveva ricevuto un comando preciso da parte del Signore.
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,16-17).
Prima la donna, tentata dal serpente, poi l’uomo, tentato dalla donna, disobbedirono al comanda ricevuto. Si compie per essi la Parola proferita dal Signore. La donna e l’uomo sono nella morte nella loro anima, del loro spirito, del loro corpo. Da questa morte non possono da se stessi venire fuori. Occorre un atto di nuova creazione. Da loro è venuto tutto il genere umano. Essendo essi nella morte, donano ai figli la loro natura di morte. La morte è l’eredità di ogni uomo che viene in questo mondo. Natura di morte da natura di morte. Si è natura di morte non per scelta, ma per nascita. Dio ha deciso di operare la nuova creazione. La compie in Cristo, per Cristo, con Cristo, per mezzo del suo Santo Spirito. La nuova creazione non avviene per natura. Natura ricreata da natura ricreata. Avviene per la fede personale in Cristo Gesù. Si annunzia il dono di Dio – questa è l’evangelizzazione – si invita ad accogliere il dono di Dio. Chi l’accoglie, per la fede in Cristo Gesù e per il sacramento del battesimo, diviene nuova creatura. Chi rifiuta il dono rimane nella morte. Ecco il pensiero di San Paolo.
L’amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,14-21).
La grazia, frutto della morte redentrice di Gesù sulla croce – Lui si è fatto obbediente fino al dono totale di sé – ha tanta potenza di redimere ogni uomo, dalla creazione del mondo fino alla venuta dei cieli nuovi e della terra nuova. Occorre la fede. Essa non è solo accoglienza del dono, ma è vivere ogni Parola che è uscita dalla bocca di Gesù.
Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri credenti in Cristo secondo ogni sua Parola.
Siete stati resi schiavi della giustizia
Rm 6,12-18; Sal 123; Lc 12,39-48
Sia Gesù che Paolo vivono in un tempo in cui regna la schiavitù. Né Gesù né Paolo sovvertono quest’ordine. Mettono però in quest’ordine sociale un principio capace di renderlo umano, amabile, evangelico. Anche da schiavi si può vivere una vita evangelicamente umana, quali veri figli di Dio, a condizione che nel cuore regni tutto l’amore di Gesù. Gesù stesso non si annientò sotto il giogo di padroni senza Dio? Non fu Lui inchiodato sul giogo della croce? Un giogo l’uomo lo deve portare: o quello da schiavo o quello da padrone, o quello da operaio o quello da imprenditore. Dopo che l’uomo ha peccato, per la redenzione del proprio corpo ognuno è chiamato a portare il suo giogo. I gioghi sono quanti sono le persone, quanti sono i ministeri, quanti sono i lavori che ognuno compie. C’è il giogo da papa, da vescovo, da presbitero, da diacono, da sposato, da uomo non sposato, da religioso, da laico, da sano, da sofferente. L’unico giogo da cui ci si deve liberare è il giogo del peccato, della falsità, della menzogna. Sono tutti falsi profeti coloro che promettono agli uomini che essi sono capaci di liberarli dal loro giogo. C’è il giogo della povertà e c’è il giogo della ricchezza.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti (Mt 24,45-51). Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo! (Fm 13-20).
Ecco il pensiero di Paolo: quando si è nella schiavitù, si è dalla volontà di colui del quale siamo schiavi. Prima di conoscere Cristo, eravamo schiavi del peccato. Il peccato comandava tutto di noi e noi tutto facevamo per suo comando. Con il battesimo non cambia il regime della schiavitù. Si passa sotto un altro padrone o signore. In Cristo, per Cristo, con Cristo, nello Spirito Santo, si diviene schiavi della giustizia, della verità, del Vangelo, della fede, dell’obbedienza. Prima eravamo schiavi per natura, perché per natura eravamo figli dell’ira. Ora invece dobbiamo essere schiavi per volontà. Anche Cristo Gesù si fece schiavo della giustizia per volontà. Lui volontariamente si è offerto alla passione, alla croce, alla morte per amore nostro.
Il peccato dunque non regni più nel vostro corpo mortale, così da sottomettervi ai suoi desideri. Non offrite al peccato le vostre membra come strumenti di ingiustizia, ma offrite voi stessi a Dio come viventi, ritornati dai morti, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Il peccato infatti non dominerà su di voi, perché non siete sotto la Legge, ma sotto la grazia. Che dunque? Ci metteremo a peccare perché non siamo sotto la Legge, ma sotto la grazia? È assurdo! Non sapete che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale obbedite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell’obbedienza che conduce alla giustizia? Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così, liberati dal peccato, siete stati resi schiavi della giustizia.
Quando il battezzato smette di essere schiavo della giustizia, all’istante diviene schiavo del peccato. Non c’è un tempo neutro. Non ci sono intervalli. Il discepolo di Gesù, sapendo questo, pone ogni impegno per rimanere in eterno servo della giustizia.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che il cristiano ritorni schiavo del peccato.
Raccogliete il frutto per la vostra santificazione
Rm 6,19-23; Sal 1; Lc 12,49-53
La differenza tra la schiavitù del peccato e la schiavitù della giustizia consiste nei frutti. San Paolo con grande luce di rivelazione illumina i Galati su questo grande mistero. Quando si passa dallo Spirito alla carne, subito si smette di produrre frutti secondo lo Spirito. Si compiono le opere della carne. Chi rimane nella carne mai potrà compiere le opere dello Spirito. Chi vuole produrre i frutti dello Spirito deve ritornare nello Spirito. Come si ritorna nello Spirito? Con l’obbedienza alla Parola di Gesù Signore, ma secondo la verità posta in essa dallo Spirito del Signore. Le opere dello Spirito sono obbedienza purissima ad ogni Parola di Cristo Gesù. Verità immortale, eterna.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,13-26).
Prima del battesimo si è sotto la schiavitù del peccato. Quali erano le opere che si producevano? Erano opere di impurità e di ingiustizia. Quale frutto si raccoglieva da queste opere? La corruzione e la morte. Liberati dalla schiavitù del peccato siamo divenuti servi della giustizia. Quali sono le opere che si producono? Sono opere di carità, misericordia, gioia, pace, obbedienza? Quali frutti maturano da queste opere? La santificazione e la vita eterna. È qui che urge una necessaria chiarificazione. Oggi si vogliono produrre frutti di impurità, adulterio, divorzio, omicidio, superstizione e ogni altro abominio e nefandezza. Anziché dire che tutte queste opere hanno come frutto la morte nel tempo e nell’eternità, oggi si dice che queste opere producono la vita eterna. Questa affermazione stride con ogni umano buon senso. Se uno pianta rovi non può raccogliere uva e se uno semina spine mai potrà mietere grano. Chi semina il peccato, miete corruzione e morte eterna. Chi semina giustizia e verità, raccoglie vita eterna.
Parlo un linguaggio umano a causa della vostra debolezza. Come infatti avete messo le vostre membra a servizio dell’impurità e dell’iniquità, per l’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia, per la santificazione. Quando infatti eravate schiavi del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Il loro traguardo infatti è la morte. Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
Che il cristiano sia stanco di vivere come servo della giustizia e ritorni a vivere come schiavo del peccato è una scelta dalle conseguenze eterne lasciata da Dio alla sua volontà. Che sovverta il Vangelo, la rivelazione, le regole della verità e della giustizia, per sostenere senza alcun vero fondamento che la vita eterna è data domani a tutti gli uomini, questa è disonestà imperdonabile, perché è peccato contro lo Spirito Santo. È impugnare non la verità conosciuta, ma la verità rivelata. È dichiarare Dio falso, bugiardo, menzognero. La sua Parola dice che erediteranno il regno eterno i servi della giustizia e lui grida che sarà ereditata anche dai servi del peccato. Disonestà grande!
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che pecchiamo contro lo Spirito Santo.
Chi mi libererà da questo corpo di morte?
Rm 7,18-25a; Sal 118; Lc 12,54-59
San Paolo conosce se stesso. Sa quale potenza ancora conserva in sé la sua vecchia natura. Vede il bene. Per farlo deve farsi violenza. Ogni giorno lui sperimenta la verità delle parole dette da Gesù nell’orto degli ulivi. Lo spirito è pronto, la carne è debole. Anche Lui, il Figlio di Dio, ma anche vero uomo, al fine di sottomettere la sua natura, esposta ad ogni tentazione, anche se purissima, fu avvolto dallo Spirito Santo e notte dopo notte nella preghiera nuovamente si lasciò avvolgere per non cadere in tentazione. Sappiamo che in quest’ultimo combattimento dalla preghiera fu ferito a sangue. Il suo sudore si trasformò in gocce di sangue. Lotta aspra, dura.
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione» (Lc 22,39-46).
Lo stesso Paolo nella Lettera agli Efesini, vede il cristiano vestito come un saldato. L’armatura è però particolare. Senza questa armatura, indossata notte e giorno, la carne sempre insorge e il corpo di peccato fa guerra per conquistare il suo dominio.
Rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare (Ef 6,10-20).
Del resto ogni giorno Paolo è impegnato con tutte le sue forze a riportare i credenti in Cristo dalla schiavitù del peccato alla schiavitù della giustizia, dalla carne allo Spirito. Li lascia nella giustizia e nello Spirito, dopo qualche tempo sono di nuovo nel peccato, nella falsità, nell’ingiustizia. Li lascia nella luce, li trova nelle tenebre. Li lascia in Cristo e li trova nel mondo, intenti a fare le opere del mondo e non più quelle di Gesù.
Infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!
Può il cristiano vincere la legge del corpo, imponendo ad esso la legge dello Spirito? Può ad una sola condizione: se rimane perennemente immerso nella Parola, che è l’acqua che lo immerge nello Spirito Santo. Se esce dalla Parola, esce dallo Spirito. Subito il corpo impone la sua legge di peccato e di morte. Gesù mai uscì dalla Parola del Padre. Sempre chiese allo Spirito Santo di avvolgerlo con la sua verità e sapienza. Mai il corpo ebbe il sopravvento su di Lui. Sempre invece Lui ha sottomesso il corpo allo Spirito. Anche sulla croce, il suo corpo crocifisso fu interamente a Lui sottomesso.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano rimanga immerso nella Parola di Gesù.
Mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace
Nella Scrittura Antica Dio, che è il Creatore e il Signore, nulla compie se non per mezzo del suo Santo Spirito, che in Lui è anche Spirito di Sapienza, Consiglio, Guida. Se il Signore dell’uomo, nulla fa senza lo Spirito, potrà l’uomo fare qualcosa senza di Lui? Solo il pensare che si possa fare qualcosa senza lo Spirito è da stolti e insipienti.
«A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, perché la mia bocca proclama la verità e l’empietà è orrore per le mie labbra. Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. Accettate la mia istruzione e non l’argento, la scienza anziché l’oro fino, perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l’eguaglia. Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me appartengono consiglio e successo, mia è l’intelligenza, mia è la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia. Il mio frutto è migliore dell’oro più fino, il mio prodotto è migliore dell’argento pregiato. Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell’equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori.
Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l’esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte» (Pr 8,1-36).
Se senza lo Spirito di Dio, Dio non è Dio, potrà mai appartenere a Dio chi non ha lo Spirito di Dio? Lo Spirito di Dio vive nel discepolo di Gesù che vive in Cristo, vivendo nella sua Parola. Chi non è nel Vangelo, non è in Cristo, non è nello Spirito. Tutti si fregiano di essere nello Spirito. È nello Spirito di Dio chi abita nel Vangelo di Dio.
Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito. Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. oi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la nostra perenne abitazione sia il Vangelo di Dio.
Ti restituirà sette volte tanto
Sir 35,12-14.16-18; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14
27 OTTOBRE – XXX DOMENICA T.O.
Dieci Comandamenti sono la regola della perfetta giustizia. Se questa regola viene violata, trasgredita, nessuna opera di carità potrà essere fatta. Prima si deve riparare il male fatto, ricomponendo la giustizia secondo Dio. Ma il Signore Dio nostro non solo ha dato le regole della giustizia, ma anche quelle della carità, dell’elemosina. Essendo regole divine e non umane, esse vanno osservate per essere giusti dinanzi a Dio. Giustizia è dare all’altro ciò che è dell’altro. Carità è dare all’altro ciò che Dio mi ha donato perché io lo doni all’altro. Se mi approprio di ciò che Dio mi ha dato perché io lo doni all’altro, pecco di carità verso il fratello e di ingiustizia verso Dio. Anche questa ingiustizia verso il Signore va riparata. Educare alla giustizia e alla carità, al rispetto di ogni legge del Signore, era compito del padre. Ma quale padre può educare il proprio figlio al rispetto della santa legge del Signore? Solo colui che di Legge santa anche vive. Tobi vive di alto rispetto della Legge santa e può educare il figlio Tobia.
«Figlio, quando morirò, dovrai darmi una sepoltura decorosa; onora tua madre e non abbandonarla per tutti i giorni della sua vita; fa’ ciò che è di suo gradimento e non procurarle nessun motivo di tristezza. Ricòrdati, figlio, che ha corso tanti pericoli per te, quando eri nel suo seno. Quando morirà, dovrai darle sepoltura presso di me, in una medesima tomba. Ogni giorno, o figlio, ricòrdati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandamenti. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell’ingiustizia. Perché se agirai con rettitudine, avrai fortuna nelle tue azioni. A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina con i tuoi beni e, nel fare elemosina, il tuo occhio non abbia rimpianti. Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo. In proporzione a quanto possiedi fa’ elemosina, secondo le tue disponibilità; se hai poco, non esitare a fare elemosina secondo quel poco. Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché l’elemosina libera dalla morte e impedisce di entrare nelle tenebre. Infatti per tutti quelli che la compiono, l’elemosina è un dono prezioso davanti all’Altissimo.
Figlio, ama i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i tuoi fratelli, e per i figli e le figlie del tuo popolo, e tra loro scegliti la moglie. L’orgoglio infatti è causa di rovina e di grande inquietudine. Nella pigrizia vi è povertà e miseria, perché la pigrizia è madre della fame. Non trattenere presso di te la paga di chi lavora per te, ma a lui consegnala subito; se così avrai servito Dio, ti sarà data la ricompensa. Poni attenzione, o figlio, a tutto ciò che fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento. Non fare a nessuno ciò che non piace a te. Non bere vino fino all’ebbrezza e non avere per compagna del tuo viaggio l’ubriachezza. Da’ del tuo pane a chi ha fame e fa’ parte dei tuoi vestiti agli ignudi. Da’ in elemosina quanto ti avanza e quando fai elemosina il tuo occhio non abbia rimpianti. Chiedi consiglio a ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon consiglio. In ogni circostanza benedici il Signore Dio e domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene e abbassa chi vuole fino al profondo degli inferi. E ora, figlio, ricòrdati di questi comandamenti, non lasciare che si cancellino dal tuo cuore (Cfr. Tb 4,1-19).
Il Siracide esorta a dare secondo le possibilità e con occhio contento. Quando si dona a Dio nulla si perde. Il Signore dona sette volte tanto. Il sette è perfezione assoluta nel dono. Nessuno pensi di corromperlo al fine di essere ratificato nelle sue micro e macro ingiustizie. Lui non si lascia corrompere. Giustizia e carità vanno vissute alla perfezione. Dio è sommamente giusto verso tutti. Chi fa male all’orfano e alla vedova sappia che essi hanno un potente difensore che è il Signore. Infatti le lacrime della vedova non scendono sulle guance della vedova, ma sulle guance di Dio. Dopo questi ammaestramenti ogni uomo mai dovrebbe venire meno nella giustizia e nella carità.
Da’ all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto. Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia perfetto nella Legge del Signore.
Avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù
Ef 2,19-22; Sal 18; Lc 6,12-19
La Chiesa di Cristo Gesù è un mistero la cui verità è racchiusa in molte immagini. Giovanni offre quella della vite e dei tralci. Chi non è vitalmente, essenzialmente, naturalmente, soprannaturalmente legato a Cristo, chi non attinge la linfa della vita da Lui, rimanendo in Lui, mai potrà produrre frutti. È tralcio che viene tagliato.
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli (Gv 15,1-8).
San Paolo ci offre invece l’immagine di un solo corpo dalle molte membra, nel quale ogni membro è necessario alla vita dell’altro. Si riceve e si dona vita. Lo scambio di vita è essenziale al corpo. Ma la vita è nel dono dello Spirito Santo messo a frutto.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole. Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito (1Cor 12,4-13).
In Giovanni vi è ancora l’immagine del gregge e del pastore. Cristo Gesù è il Pastore supremo, sotto obbedienza a Lui, vi è Pietro, sotto obbedienza a Pietro vi sono i Vescovi. Quando vi è separazione o da Cristo o da Pietro il gregge si smarrisce.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore (Gv 21,15-17).
Nella Lettera agli Efesini la Chiesa è presentata come vero mistero di unità. L’unità è data dalla Casa o dal Tempio edificato su molte pietre, ma avendo come pietra angolare Gesù Signore. Fondamento di questo tempio sono apostoli e profeti.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Dell’edificio della Chiesa Cristo è la pietra angolare, ma chi la fa crescere perché divenga abitazione di Dio è lo Spirito. Come lo Spirito ha portato Gesù dal battesimo alla sua morte in croce, così deve portare il corpo di Cristo dal battesimo fino al raggiungimento della perfezione, attraverso l’obbedienza al Vangelo sempre più piena.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci vera Chiesa di Gesù Signore, nell’unità e nella pace.
Gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli
Rm 8,18-25; Sal 125; Lc 13,18-21
La risurrezione dell’ultimo giorno è essenza e sostanza della nostra fede. È verità. Tutti risusciteremo, ma non tutti per una risurrezione di vita, molti per una risurrezione di condanna. La duplice risurrezione è essenza di tutta la rivelazione biblica.
Se c’è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti. E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste. Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l’incorruttibilità. Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba. Essa infatti suonerà e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore (1Cor 15, 44-58).
Chi vuole raggiungere la risurrezione di vita deve ogni giorno purificare se stesso, come Dio è puro. Al momento della morte dobbiamo essere senza alcuna impurità. Se siamo impuri, ma giusti, andremo in purgatorio. Altrimenti nella perdizione eterna.
Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. Chiunque commette il peccato, commette anche l’iniquità, perché il peccato è l’iniquità. Voi sapete che egli si manifestò per togliere i peccati e che in lui non vi è peccato. Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto (1Gv 3,1-6). E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Il malvagio continui pure a essere malvagio e l’impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora. Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! (Ap 22,10-15).
Gemere è attendere qualcosa nella sofferenza, nel dolore. La sofferenza, il dolore causati dal nostro duro lavoro sono per liberarci dal corpo di peccato e assumere la natura spirituale. È la sofferenza di chi vuole passare dalla carne allo spirito.
Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.
Quando finisce il faticoso e duro lavoro di purificazione? Per molti dura nell’eternità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la falsità non distrugga la verità della purificazione.
Egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio
Rm 8,26-30; Sal 12; Lc 13,22-30
La preghiera è il frutto di un cuore. Più il nostro cuore si conforma al cuore di Cristo e più la nostra preghiera sarà vera, meno si conforma e meno sarà vera. La conformazione al cuore di Cristo ci consente di pregare sempre con l’intelligenza, la sapienza, la conoscenza dello Spirito Santo. Quando si raggiunge questa perfezione, non preghiamo più secondo la nostra volontà o secondo i nostri desideri, ma secondo la volontà e i desideri del Padre, che spesso noi neanche conosciamo, perché solo lo Spirito Santo conosce i desideri di Dio. Per questo è necessaria crescere nella conformazione al cuore di Cristo, perché così si cresce anche nello Spirito Santo.
Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,6-15).
La preghiera per essere ascoltata deve necessariamente essere conforme alla volontà e ai desideri di Dio. Se noi siamo essere carnali, faremo preghiera secondo la carne. Se siamo spirituali, faremo preghiere secondo lo Spirito. Insegnare la preghiera diviene pertanto insegnare ad ognuno, mostrandolo nel proprio corpo, come da esseri carnali si giunge ad essere persone spirituali. Per questo urge un lungo cammino di ascesi che non si compie in un giorno, ma in lunghi anni. Spesso neanche basta una intera vita. Paolo ci suggerisce una via più semplice, spesso però rifiutata dall’uomo carnale che prega per realizzare i suoi pensieri secondo la carne. Poiché noi non sappiamo cosa sia giusto chiedere al Signore per noi e per gli altri, la via migliore per non sbagliare nella preghiera è quella di invocare lo Spirito Santo, perché preghi Lui in noi e per noi. Noi gli prestiamo solo il cuore. Ma questa via è di Paolo che è divenuto essere spirituale. L’uomo secondo la carne neanche la immagina. Anzi, la rifiuta.
Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio. Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.
La verità di un uomo è la verità della sua preghiera. Se la preghiera è santa, il cuore è santo. Se la preghiera è secondo la carne, anche il cuore è secondo la carne. Dio forse queste preghiere non le ascolta? Lui ascolta sempre i suoi figli, mentre li ascolta, li educa anche perché possano compiere il loro percorso che li dovrà condurre a divenire nel suo Santo Spirito persone spirituali che pregano con canti e inni spirituali. Quando cambia la preghiera è il segno che il cuore è cambiato e con esso tutta la vita.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano passi dalla carne allo Spirito.
Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Rm 8,31b-39; Sal 108; Lc 13,31-35
Cristo Gesù è il dono fatto a noi dal Padre mentre eravamo peccatori. Se Dio ci ha dato il Figlio suo per la nostra salvezza mentre eravamo nemici, ce lo toglierà oggi che siamo suoi amici e corpo del suo corpo? Da parte del Signore il dono è eterno.
Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione (Rm 5,1-11).
Il dono di Cristo non è stato fatto ieri e neanche oggi. Il dono è stato promesso all’inizio della storia dell’umanità. Fu promesso nel Giardino dell’Eden dopo il primo peccato.
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15).
Che Dio sia sempre pronto ad accoglierci nella sua casa è rivelato in modo chiaro, esplicito, divinamente luminoso anche da Gesù nella parabola del figliol prodigo.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa (Lc 15,20-24).
Chi allora potrà separarci dall’amore di Cristo? Nulla che è esterno a noi. Solo noi possiamo separarci con la nostra volontà di allontanarci da Lui. Né morte, né vita, né tribolazioni, né torture hanno questo potere. Solo la nostra volontà che è in noi e non fuori di noi. Chi vuole non separarsi, deve mettere ogni impegno a crescere nella fede, nella carità, nella speranza. Il passaggio dalla carne allo Spirito è necessario.
Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
Quando si smette di osservare le regole dello Spirito Santo per divenire in Cristo, con Cristo, per Cristo, rivestiti di Lui, di ogni sua virtù, quando lacune e brecce rendono la nostra fortezza spirituale conquistabile dalla tentazione, è allora che si cade nella disobbedienza e ci si allontana dall’amore di Cristo Signore. Dio in nulla ha mancato.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a fare il passaggio dalla carne allo Spirito.