Novena in onore della B.V. Maria Immacolata – TERZO GIORNO

novena immacolata 2016

ELLA FU MOLTO TURBATA

Il turbamento è attestazione che la persona non si trova dinanzi ad un fatto “naturale”, “umano”. Si trova invece dinanzi ad eventi che vanno ben oltre “il naturale e l’umano”, così come ogni giorno cade sotto i nostri occhi: “A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo”. La vergine Maria è molto turbata perché ha la certezza di trovarsi dinanzi ad un evento soprannaturale, celeste, divino, non della terra e non degli uomini e neanche frutto della sua fantasia o immaginazione.

Sono tutti in grande errore coloro che affermano che “l’Annunciazione” sia un puro genere letterario. Non è un genere letterario per i frutti che essa produce e per le modalità secondo la quale si svolge. Sarebbe sufficiente riflettere all’ultima parola: “Ecco la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua Parola”. La Vergine Maria dona la sua obbedienza ad una Parola concreta, come concreta è stata la Parola di Dio a Noè, ad Abramo, a Mosè, a Giosuè, a Samuele, a Davide, a Osea, Elia, Eliseo, Isaia, Geremia, Ezechiele. L’obbedienza non è alla propria immaginazione, ma sempre ad un intervento puntuale e ad una parola ascoltata.

Sarebbe umanamente impossibile per qualsiasi donna al mondo pensarsi come Madre di Dio. Pensarsi è una cosa, divenire è un’altra. Il divenire Madre implica che il Verbo voglia e debba farsi uomo. C’è pertanto un elemento che non dipende dalla volontà del singolo. È implicata una seconda volontà ed essa è di Dio. Quando la storia è il frutto concreto di due volontà, allora la seconda volontà non può essere immaginata. Noè non immagina il diluvio, né Abramo la benedizione nella sua discendenza, né Mosè la liberazione del suo popolo. Vi è implicata una seconda volontà che deve intervenire con tutta la sua divina onnipotenza.

Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno lo sapeva interpretare al faraone (Gen 41, 8). Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti; il popolo ne fu molto turbato (Nm 14, 39). Mi pento di aver costituito Saul re, perché si è allontanato da me e non ha messo in pratica la mia parola”. Samuele rimase turbato e alzò grida al Signore tutta la notte (1Sam 15, 11). Allora i servi di Saul gli dissero: “Vedi, un cattivo spirito sovrumano ti turba (1Sam 16, 15).

Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimelech. Achimelech, turbato, andò incontro a Davide e gli disse: “Perché sei solo e non c’è nessuno con te?” (1Sam 21, 2). Fisserò un luogo a Israele mio popolo e ve lo pianterò perché abiti in casa sua e non sia più turbato e gli iniqui non lo opprimano come in passato (2Sam 7, 10). Molto turbato in cuor suo per questo fatto, il re di Aram convocò i suoi ufficiali e disse loro: “Non mi potreste indicare chi dei nostri è per il re di Israele?” (2Re 6, 11). Egli sentendo ciò, fu preso da turbamento e scoraggiamento, perché le cose in Israele non erano andate come egli voleva e l’esito non era stato secondo gli ordini del re (1Mac 4, 27). Io prego coloro che avranno in mano questo libro di non turbarsi per queste disgrazie e di considerare che i castighi non vengono per la distruzione ma per la correzione del nostro popolo (2Mac 6, 12).

Desiderosi a nostra volta che anche questo popolo sia libero da turbamenti, decretiamo che il tempio sia loro restituito e si governino secondo le tradizioni dei loro antenati (2Mac 11, 25). Anche per quelli rimasti in città non era piccola l’angoscia, essendo tutti turbati per l’ansia del combattimento in campo aperto (2Mac 15, 19). Se io ci penso, ne sono turbato e la mia carne è presa da un brivido (Gb 21, 6). Se a loro sorridevo, non osavano crederlo, né turbavano la serenità del mio volto (Gb 29, 24). Nella tua bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato (Sal 29, 8).

Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e senza parole (Sal 76, 5). Restino confusi e turbati per sempre, siano umiliati, periscano (Sal 82, 18). Distogli da me i tuoi occhi: il loro sguardo mi turba. Le tue chiome sono come un gregge di capre che scendono dal Gàlaad (Ct 6, 5). Non turbare un cuore esasperato, non negare un dono al bisognoso (Sir 4, 3). Durante il riposo nel letto il sogno notturno turba le sue cognizioni (Sir 40, 5). Le loro vedove sono diventate più numerose della sabbia del mare. Ho mandato sulle madri e sui giovani un devastatore in pieno giorno; d’un tratto ho fatto piombare su di loro turbamento e spavento (Ger 15, 8). Farò perire tutto il suo bestiame sulle rive delle grandi acque, che non saranno più turbate da piede d’uomo, né unghia d’animale le intorbiderà (Ez 32, 13).

Quando ebbi un sogno che mi spaventò. Le immaginazioni che mi vennero mentre ero nel mio letto e le visioni che mi passarono per la mente mi turbarono (Dn 4, 2). Allora Daniele, chiamato Baltassar, rimase per qualche tempo confuso e turbato dai suoi pensieri. Ma il re gli si rivolse: “Baltassar, il sogno non ti turbi e neppure la sua spiegazione”. Rispose Baltassar: “Signor mio, valga il sogno per i tuoi nemici e la sua spiegazione per i tuoi avversari (Dn 4, 16). Il re Baldassàr rimase molto turbato e cambiò colore; anche i suoi grandi restarono sconcertati (Dn 5, 9). Io, Daniele, mi sentii venir meno le forze, tanto le visioni della mia mente mi avevano turbato (Dn 7, 15). Qui finisce la relazione. Io, Daniele, rimasi molto turbato nei pensieri, il colore del mio volto si cambiò e conservai tutto questo nel cuore (Dn 7, 28).

Ma notizie dall’oriente e dal settentrione lo turberanno: egli partirà con grande ira per distruggere e disperdere molti (Dn 11, 44). All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme (Mt 2, 3). I discepoli, nel vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: “E’ un fantasma” e si misero a gridare dalla paura (Mt 14, 26). Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: “Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua” (Mt 27, 19).

Perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: “Coraggio, sono io, non temete!” (Mc 6, 50). Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore (Lc 1, 12). A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto (Lc 1, 29). Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? (Lc 24, 38). Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse (Gv 11, 33).

Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! (Gv 12, 27). “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me (Gv 14, 1). Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dá il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore (Gv 14, 27). Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi (At 15, 24).

Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: “Non vi turbate; è ancora in vita!” (At 20, 10). Ora se per il tuo cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Guardati perciò dal rovinare con il tuo cibo uno per il quale Cristo è morto! (Rm 14, 15). In realtà, però, non ce n’è un altro; soltanto vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo (Gal 1, 7). Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia (Gal 5, 10). Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano (Gal 5, 12).

Perché nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni. Voi stessi, infatti, sapete che a questo siamo destinati (1Ts 3, 3). Di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente (2Ts 2, 2). E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate (1Pt 3, 14).

Il turbamento in Maria, anzi il grande turbamento ci attesta che Ella realmente si trova dinanzi ad un Angelo di Dio. Realmente ascolta quelle parole. Realmente non comprende quella parole. Nella Scrittura non si trova alcun riferimento. A nessuna persona esse erano state rivolte prima. Nessuno è mai stato detto da Dio “pieno di grazia”. La Vergine Maria sa che Lei, dopo questa visita dell’Angelo, entra a pieno titolo nella storia della salvezza. Sempre quando Dio si è manifestato, si manifesta, lui viene per prendere una persona e dalla storia di non salvezza la conduce, lo porta nella storia della salvezza. Per convincerci di questa verità, è sufficiente leggere alcuni interventi del Signore. Ne bastano soli pochi. Capiremo che il Signore per questo viene. Per strappare un uomo da una vita senza salvezza per fare di lui una vita di salvezza per sé e per gli altri. Uno diviene salvezza per gli altri, divenendo salvezza per se stesso, in Dio.

Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni».

C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo –, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi.

Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore.

Questa è la discendenza di Noè. Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra ed ecco, essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra.

Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e, a un cubito più sopra, la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore.

Ecco, io sto per mandare il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è soffio di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. Degli uccelli, secondo la loro specie, del bestiame, secondo la propria specie, e di tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie, due di ognuna verranno con te, per essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e fanne provvista: sarà di nutrimento per te e per loro».

Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva comandato: così fece (Gen 6,1-22).

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra».

Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan. Arrivarono nella terra di Canaan e Abram la attraversò fino alla località di Sichem, presso la Quercia di Morè. Nella terra si trovavano allora i Cananei.

Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questa terra». Allora Abram costruì in quel luogo un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per andare ad accamparsi nel Negheb (Gen 12,1-9).

Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».

Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.

Va’! Riunisci gli anziani d’Israele e di’ loro: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. E ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione dell’Egitto verso la terra del Cananeo, dell’Ittita, dell’Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso una terra dove scorrono latte e miele”. Essi ascolteranno la tua voce, e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: “Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto, a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio”.

Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire, se non con l’intervento di una mano forte. Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo di che egli vi lascerà andare. Farò sì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete, non ve ne andrete a mani vuote. Ogni donna domanderà alla sua vicina e all’inquilina della sua casa oggetti d’argento e oggetti d’oro e vesti; li farete portare ai vostri figli e alle vostre figlie e spoglierete l’Egitto» (£s 3,1-22).

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria».

Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti».

Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse:

«Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato».

Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!». Egli disse: «Va’ e riferisci a questo popolo:

“Ascoltate pure, ma non comprenderete, osservate pure, ma non conoscerete”. Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendilo duro d’orecchio e acceca i suoi occhi, e non veda con gli occhi né oda con gli orecchi né comprenda con il cuore né si converta in modo da essere guarito».

Io dissi: «Fino a quando, Signore?». Egli rispose:

«Fino a quando le città non siano devastate, senza abitanti, le case senza uomini e la campagna resti deserta e desolata». Il Signore scaccerà la gente e grande sarà l’abbandono nella terra. Ne rimarrà una decima parte, ma sarà ancora preda della distruzione come una quercia e come un terebinto, di cui alla caduta resta il ceppo: seme santo il suo ceppo (Is 6,1-13).

Parole di Geremia, figlio di Chelkia, uno dei sacerdoti che risiedevano ad Anatòt, nel territorio di Beniamino. A lui fu rivolta la parola del Signore al tempo di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, l’anno tredicesimo del suo regno, e successivamente anche al tempo di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, fino alla fine dell’anno undicesimo di Sedecìa, figlio di Giosia, re di Giuda, cioè fino alla deportazione di Gerusalemme, avvenuta nel quinto mese di quell’anno.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore.

Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare».

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla».

Mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione». Il Signore mi disse:

«Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitanti della terra. Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i regni del settentrione. Oracolo del Signore.

Essi verranno e ognuno porrà il proprio trono alle porte di Gerusalemme, contro le sue mura, tutt’intorno, e contro tutte le città di Giuda. Allora pronuncerò i miei giudizi contro di loro, per tutta la loro malvagità, poiché hanno abbandonato me e hanno sacrificato ad altri dèi e adorato idoli fatti con le proprie mani.

Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Ger 1,1-19).

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano (Mt 4,23-25).

Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono.

Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: «Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?».

Saulo frattanto si rinfrancava sempre di più e gettava confusione tra i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.

Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei deliberarono di ucciderlo, ma Saulo venne a conoscenza dei loro piani. Per riuscire a eliminarlo essi sorvegliavano anche le porte della città, giorno e notte; ma i suoi discepoli, di notte, lo presero e lo fecero scendere lungo le mura, calandolo giù in una cesta.

Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.

La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero (At 9,1-31).

La Vergine Maria, da storia di salvezza per se stessa, racchiusa in se stessa, è chiamata a divenire storia di salvezza per tutto il genere umano. In lei la storia della salvezza giurata, promessa, profetizzata, annunziata, celebrata, predicata, proclamata, cantata, ad iniziare dal “protovangelo” rivelato dal Signore a Satana nel Giardino dell’Eden, passando per tutti i Patriarchi, Mosè, i Profeti, i Giusti dell’Antico Testamento, trova perfetto compimento.

È questo il motivo per cui in Maria nulla avviene per immanenza. Tutto invece si compie per irruzione delle trascendenza divina ed eterna nella sua vita. Dio non solo le manifesta il suo pensiero eterno, da Lei si attende una disponibilità piena perché Lui possa realizzare quanto ha pensato dall’eternità. Tutto ora è nel suo sì. Se Lei accoglierà la parola, Dio potrà salvare l’umanità. Se lei si rifiuterà, l’umanità rimarrà senza vera salvezza.

Quando si parla della Vergine Maria, mai si potrà parlare di questo evento, separandolo dal disegno o mistero divino della salvezza che Dio vuole realizzare per la creatura da Lui fatta a sua immagine e somiglianza. Dio vuole, Dio attua, Dio compie, Dio realizza. Il Soggetto della Salvezza è Lui. Lui è l’Agente di essa. Lui però viene e chiede aiuto all’uomo. Nell’obbedienza dell’uomo Lui attua. Nella disobbedienza, nulla lui potrà attuare.

Se invece si trattasse di pura immanenza, pensiero, immaginazione dell’uomo, non vi sarebbe mai alcuna salvezza. È la storia che diviene salvezza, che distingue le vere apparizione di Dio, le sue vere manifestazioni dalle false, da quelle presunte, immaginate, fantasiose, fantastiche. Le “apparizioni” di fantasia o di immaginazione non creano una storia di vera salvezza. Spesso sono coltivatrici di vuota e sterile religiosità. Mentre le vere apparizioni danno alla storia un nuovo corso, una nova vita, perché portano la storia nella vera vita di Dio.

Con la Vergine Maria dobbiamo confessare, proclamare, gridare che l’apparizione e la manifestazione dell’Angelo sono oggettive, reali, perché tutto Dio si è manifestato, rivelato, donato, incarnato. Ora l’incarnazione mai potrà essere frutto di fantasia o di immaginazione. Essa è “tremendamente” vera e reale. Ecco il motivo del turbamento della Vergine Maria.

In questo terzo giorno della contemplazione del mistero che si è compiuto nella Vergine Maria è cosa più che doverosa rivolge al nostro spirito e alla nostra coscienza una domanda: “L’incontro reale con Cristo Gesù nell’Eucaristia trasporta la mia vita nella vera storia della salvezza di Dio? Mi fa strumento di questa storia vera di salvezza perché altri diventino anche loro parte di essa? Oppure l’incontro con Gesù è solo superficiale da non cambiare in nulla la mia vita? Altra domanda: l’incontro con la vera Parola di Dio nel suo Vangelo dona una finalità nuova alla mia vita così come lo ha dato a Noè, Abramo, Mosè, Samuele, Davide, I Profeti, i Saggi, i Giusti dell’Antico Testamento? Se la mia vita non riceve una finalità nuova, vuoto è l’incontro con Cristo nella sua Parola e vuoto anche l’incontro con Gesù nell’Eucaristia”. Se in questa Novena in onore della Vergine Maria, della Donna che ha dato tutto il suo corpo al Padre perché il Padre prendesse la carne per il Figlio suo, non fa di me “carne e corpo di Cristo”, per la realizzazione della storia della vera salvezza, il mio incontro con Lei è vuoto, sterile, morto. Non è un incontro di fede, per la fede, ma solo un incontro di vuota religiosità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, fa’ che anche il nostro corpo sia corpo di salvezza, di redenzione, di vera storia di cambiamento delle sorti dell’umanità. Fa’ che per noi l’umanità inverta il suo corso: da umanità che cammina verso la morte diventi umanità che proceda verso la vita. Angeli e Santi, fateci di ogni discepolo di Gesù un rinnovatore e un innovatore, nello Spirito Santo, della vera storia della salvezza che inizia nel corpo della Vergine di Nazaret.