Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna

Nella passione di Gesù emerge tutta la potenza dello sfacelo operato dal peccato nel cuore dell’uomo. Quello dell’uomo è un cuore che non sopporta intromissione nella sua falsità, nel suo egoismo, nei suoi vizi, nella sua visione della religione, nelle sue aspirazioni, nella sua pazzia. Oggi il Vangelo ci presenta tre cuori: quello dell’assemblea, o del sinedrio, quello di Pilato, quello di Erode. Il cuore dell’assemblea è un cuore senza la verità della Legge del Signore. Senza alcuna verità delle sue profezie. Senza alcuna verità dello loro religione. Essendo il cuore di Cristo Gesù saldamente fondato sulla Legge del Signore, sulle profezie, sulla vera religione, perché sempre nella Parola e volontà attuale del Padre, viene giudicato reo di morte. La sentenza di morte è stata emessa perché Gesù ha attestato che le profezie si compiono nella sua persona. Le profezie sono del Padre, perché Parola detta per mezzo dei profeti. Non avendo l’assemblea la Legge di Dio nel suo cuore, si autorizza a dire ogni falsa testimonianza contro Gesù Signore. Si guada bene dal dire a Pilato il motivo per il quale Gesù era stato condannato. Dinanzi al Procuratore di Roma accusa Gesù di vera cospirazione politica. Noi sappiamo invece dalla storia che Gesù mai ha detto una sola parola contro l’autorità costituita, anzi proprio ai farisei Gesù aveva comandato di dare a Cesare ciò che è di Cesare. Ma sempre quando il cuore è posto fuori della Legge del Signore è capace di goni falsità, ogni menzogna, ogni trasformazione della storia a proprio vantaggio. La falsità è del cuore senza la Legge.

Pilato è l’uomo di Roma, posto come Procuratore per curare gli interessi dell’Impero. Ha una coscienza pagana, ma possiede una coscienza. Da uomo esperto nelle cose della terra, si accorge ben presto che in Gesù non vi sono motivi di condanna. Lo si vuole morto per ragioni interne al popolo del Signore, non certo per motivi inerenti all’Impero di Roma. Sa però che dinanzi all’odio del popolo di Dio, si dovrà arrendere e pronunciare una sentenza iniqua. Viene a conoscenza che Gesù è della Galilea. Non è direttamente sotto la sua giurisdizione. Essendo Erode in quei giorni in Gerusalemme, glielo manda perché sia lui giudicarlo. Pilato non vuole macchiarsi di una sentenza ingiusta. Quando ci sono motivi anche banali per condannare un uomo, lui non esiste a mostrare il suo braccio forte e potente. Quando ci si trova dinanzi ad un uomo che non ha fatto nulla di male, mai, neanche lo si può accusare di aver arrecato del male ad un insetto della terra, come si può dinanzi alla propria coscienza giustificare un omicidio? Si pone questo problema. Rinunzia alla sua autorità per liberarsi di questo caso che gli scotta. Qual è allora il peccato del suo cuore? Constatata l’innocenza di Gesù, avrebbe dovuto mandarlo libero fin da subito. Ha una coscienza, ma in essa sono più le tenebre che la luce. Ha sì una coscienza, ma non possiede alcuna forza per ascoltarla. Lui non sa che quando si gioca con il male assoluto – quello dei farisei de tempo – non c’è alcuna possibilità di vittoria. Alla fine il male lo obbliga ad arrendersi ad esso e Pilato capitola. Chi è posto all’esercizio della giustizia, per la giustizia deve essere disposto anche a rinunciare alla sua missione, pur di non arrendersi alla malvagità, alla cattiveria, alle assurde pretese del male che chiedono la distruzione del giusto. Pilato sacrifica un innocente per stolta e insensata diplomazia.

Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme. Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia (Lc 23,1-12).

Il cuore di Erode non cerca giustizia, non ama la verità. È un cuore stolto che insegue solo la sua concupiscenza. Poiché Cristo non soddisfa la sua curiosità infantile, lui prima lo insulta e poi lo rimanda a Pilato. Quando un sovrano è governato dall’impurità, dalla concupiscenza, da grave e incurabile infantilismo, da stoltezza e insipienza, non c’è salvezza per il suo popolo, perché si privati di ogni vero esercizio di giustizia. Giustizia è solo la parola stolta del re. Infatti per Gesù non c’è stata alcuna giustizia. Fu rimandato a Pilato perché fosse lui a decidere la sua sorte. La storia del processo di Cristo Signore ci rivela che tutti i mali dell’uomo sono mali di cuore. Il peccato ha rovinato per sempre il cuore dell’uomo. Solo uno può rimettere il cuore a posto. Lo Spirito Santo. Ma lo Spirito è dono di Gesù Signore e di nessun altro.

Vergine Mara, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cuori nuovo nello Spirito Santo