Né pane, né sacca, né denaro nella cintura

Un presbitero, un ministro di Cristo Gesù, un suo missionario che va per il mondo a recare la buona novella, è legato da Dio da un contratto immutabile. Il presbitero nutrirà di verità e di carità tutte le pecore del Signore. Il Signore nutrirà lui di quanto gli è necessario per la sua vita, sia materiale che spirituale. Per cui l’occupazione del presbitero o del missionario dovrà essere una sola: pensare esclusivamente alle pecore del Signore. Nella misura in cui lui penserà alle pecore nella stessa misura il Signore penserà a lui.

Dio rispetterà sempre questo contratto. Mai verrà meno ad esso. Il mondo potrà anche essere avvolto dalla più penosa delle carestie, per il missionario del Vangelo sempre il Signore provvederà che nulla gli manchi, a condizione però che lui rispetti il contratto, gli curi cioè le sue pecore con grande amore e totale dedizione. Darsi agli affari di questo mondo, puntare a fare soldi, giocare in borsa, scommettere somme piccole o grandi, fare investimenti lucrativi, a volte anche di non sana moralità, addirittura divenire usurai, oppure estortori di elemosine e cose del genere, accumulare denaro, per un missionario del Vangelo è una vera sconfitta.

Non si tratta di una sconfitta morale. È prima di tutto sconfitta della sua fede nel Signore. Come fa un ministro della fede a predicare la speranza, a crearla nei cuori, se Lui è uno sconfitto nella fede e di conseguenza anche nella speranza? Come insegnare la carità se Lui non dona in elemosina il di più che il Signore gli ha mandato proprio perché Lui mostri al mondo intero quanto è grande e quanto meritevole sia la carità dinanzi a Dio? È infatti la carità materiale del presbitero e non solo quella spirituale che copre la moltitudine dei suoi peccati.

Chi vuole insegnare la vera fede è obbligato di vivere di vera fede. Chi vuole educare alla carità deve manifestare concretamente, nella grande libertà del cuore, come si vive e si opera la carità. Il presbitero è maestro di vita con la sua vita di fede, speranza, carità. Se però non rispetta il contratto con il suo Dio, se non ha fede nel suo Dio, potrà mai dire ad una sola persona che creda e si fidi della Parola del suo Salvatore e Signore? La gente vede la sua non fede, il suo attaccamento al denaro e si ritira da lui. Non lo ritiene persona di vera fede, di squisita carità. Non è per essa un vero maestro nell’insegnamento della speranza.

Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano (Mc 6,7-13).

La fede obbliga alla fede, la carità alla carità, la speranza alla speranza. Gesù si è fidato del Padre suo. Ha consacrato tutta la sua vita al bene spirituale e fisico delle sue pecore. Il Padre sempre ha provveduto perché nulla gli mancasse. Gli ha preparato una grotta in cui nascere. Una croce sulla quale morire. Un sepolcro nuovo nel quale essere deposto. Ha suscitato la benevolenza di molte persone che lo assistevano con i loro beni. Lui però era anche persona dalla squisita carità materiale. Quanto era nella cassa apostolica era anche per i poveri. Gesù riceveva. Il di più era sempre per i miseri di questo mondo. Incaricato della carità era Giuda. Questi però si pensava l’unico povero del mondo e faceva suo quanto rimaneva.

Per un presbitero perdere la fede, la carità, la speranza è la peggiore delle sconfitte. Essa lo rende inabile al ministero. Non potrà essere maestro. Non potrà insegnare la verità di Dio. Sarà anche un buon, eccellente funzionario del sacro, mai della santità, della verità, della giustizia. Quando la preoccupazione per le cose di questo mondo prende il cuore è il segno che stiamo per cadere dalla fede e dell’amore per il nostro Dio. È il segno che la nostra missione sta per corrompersi. Da missione divina a poco a poco si sta trasformando in missione umana.

Quando Dio non si occupa più di noi è evidente che noi non ci stiamo occupando più di Lui. Chi viene meno nel patto non è mai il Signore. È sempre l’uomo. Se però l’uomo viene meno, Dio nulla può fare per venire in suo soccorso. È necessario che il patto sia ripreso e vissuto alla perfezione. La Parola del Signore è più stabile del cielo e della terra. Essa mai verrà meno. Dio si è obbligato ad essa per sempre. È l’uomo che viene meno ed è l’uomo che deve riprendere tutta la fede nella Parola del suo Signore. Dio dona la vita al missionario che dona la sua vita al suo Dio. È uno scambio dove il guadagno è dell’uomo. Tutto riceve l’uomo, nel tempo e nell’eternità, a condizione che si mantenga sempre nel il patto che ha stipulato con il suo Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Cristo Gesù.