MERCOLEDI’ DELLE CENERI
La Liturgia inizia ricordando la verità che è madre di ogni altra verità: “Dio dimentica i peccati di quanti si convertono e li perdona”. È la verità che è la madre della vera speranza. Conversione e perdono devono essere una cosa sola, mai farne due cose separate e distinte. La conversione è il ritorno alla più pura obbedienza alla Parola.
Non basta però convertirsi e rientrare nella Parola. Si deve perseverare rimanendo nella Parola e crescendo nell’obbedienza. C’è giorno per giorno un combattimento da affrontare contro lo spirito del male ed esso va vinto. La grazia delle vittoria viene sempre dal Signore, per la mediazione della Chiesa. La Chiesa dona ai suoi figli la Parola e la grazia. Grazia e Parola devono essere e rimanere una cosa sola. Mai se ne devono fare due cose separate e distinte. Chi cammina nella grazia cammina nella Parola. Chi non cammina nella grazia, mai camminerà nella Parola.
Nella prima Lettura ascoltiamo il grido del Profeta Gioele: “Così dice il Signore: Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male”. Terza unità che va creata: la penitenza esteriore con la penitenza interiore. A nulla serve fare un digiuno o altra opera di mortificazione corporale, se il cuore rimane insensibile e non si converte realmente al suo Dio e Signore.
La ragione che spinge o muove a chiedere perdono non può essere solo di ordine antropologico, sociologico, ecologico, ecclesiologico o di altra natura. Essa dovrà essere di altissimo significato cristologico e teologico. Dobbiamo chiedere perdono e convertici per manifestare al mondo la potenza della grazia di Gesù Signore. La grazia del mio Cristo è tanto potente da crearmi uomo nuovo. È la novità della nostra vita che attesta per la verità di Gesù Signore. Ma anche la novità della nostra vita rivela che solo il Dio di Gesù Cristo è il vero Dio, perché solo Lui ha un Mediatore così potente nella sua grazia, verità, luce. In Cristo, il nostro Dio, è capace di farci uomini nuovi.
Il terzo motivo per cui dobbiamo chiedere perdono è di ordine ecclesiologico. Ogni membro del corpo di Cristo, che è la Chiesa, è obbligato a manifestare in ogni istante la bellezza di questo corpo. La bellezza si manifesta in un solo modo: Abbandonando la via del peccato, che deturpa il corpo della Chiesa, e rivestendoci di ogni virtù. Senza queste tre altissime motivazioni: antropologica, teologica, ecclesiologica, facciamo del cammino di Quaresima una cosa di puro egoismo. Non otterremo nessun frutto.
Il Salmo responsoriale ci chiede di avere lo stesso spirito pentito e umiliato di Davide e con lui non solo gridare a Dio il disgusto per il peccato, ma anche innalzare una potente preghiera perché ci faccia di cuore nuovo, non aggiustando quello vecchio, ma creandocene uno tutto nuovo, facendolo uscire direttamente dalle sue mani.
Solo Dio più lavare le nostre iniquità: “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro”. Lui le lava se noi le riconosciamo: “Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto”. Dio non ci lava dalle colpe perché noi torniamo a macchiarci. Lui non ci perdono per continuare a peccare.
Come possiamo rimanere sempre nella sua luce? Chiedendogli di crearci un cuore nuovo: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito”. Tutto è grazia di Dio. Questa coscienza deve nascere oggi nel nostro cuore: “Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Signore, apri le mia labbra e la mia bocca proclami la tua lode”. La Quaresima deve viversi in una ulteriore unità: fede nell’ascolto e fede nella preghiera. Si deve volere ascolta e si deve volere pregare.
La seconda Lettura è un invito forte di Paolo che ci viene rivolto perché “ci lasciamo riconciliare con il nostro Dio e Signore”. Notiamo bene. Paolo non dice: “Andate e chiedete perdono al Signore”. Dice invece: “Il Signore vi manda a dire che Lui è pronto a darvi il suo perdono, il suo amore, la sua misericordia. Lui è pronto. Lasciatevi riconciliare. Accogliete questo invito”.
Tutta la Scrittura Santa è la rivelazione e l’attuazione di questa verità: “Dio vuole riconciliarsi con l’uomo”. È stato l’uomo a rompere il patto di amore, verità, giustizia, luce. È stato sempre Dio ad offrire la pace alla sua Creatura. Oggi è la Chiesa lo strumento di Dio e di Cristo e nello Spirito Santo deve offrire la sua pace ad ogni uomo. Chi entra nella pace della Chiesa, entra nella pace con Cristo, con Dio, nello Spirito Santo. Chi rimane fuori della pace della Chiesa è anche fuori della pace con Dio e con Cristo Gesù. Strumento della Chiesa per la pace è ogni suo figlio.
Ogni discepolo di Gesù è obbligato, perché corpo di Cristo, ad essere strumento della pace della Chiesa. Lui, in nome di Cristo, deve dare la sua pace, che è pace della Chiesa, ad ogni uomo. Chi accoglie il suo dono di pace e si riconcilia con Cristo nella Chiesa, entra nella perfetta riconciliazione con il suo Dio e Signore. Mai ci dovrà essere pace con il cristiano che non sia anche pace con la Chiesa.
L’acclamazione al Vangelo ci ricorda il grido di Dio al suo popolo: “Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce del Signore”. Il popolo di Dio camminava con Dio, ma non ascoltava Dio. Non lo ascoltava perché non credeva nella sua Parola. Oggi possiamo così tradurre questo grido del Signore: “Oggi non indurite il vostro cuore, ma ascoltate la voce della sua Chiesa, dei suoi ministri, che vi parlano in nome di Cristo”. Ogni vuoto ecclesiale si fa vuoto cristologico, teologico, antropologico.
Nel Vangelo Gesù detta le moralità perché ogni cosa sia fatta bene. Quando ogni cosa è fatta bene? Quando viene vissuta, operata, realizzata solo ed esclusivamente per la più grande gloria del Padre suo. Se spostiamo l’asse dalla gloria di Dio ad una ricerca di gloria personale, l’opera perde ogni suo valore soprannaturale. È opera dell’uomo per l’uomo. Non essendo stata fatta per la celebrazione della gloria di Dio, Dio non potrà ricompensarla. Di conseguenza non potrà accoglierci nel suo regno. Abbiamo lavorato per noi, non per Lui. Siamo noi a darci la ricompensa, non Lui. Non può Lui ricompensare chi non ha lavorato e non lavora per Lui.
Altri principi operativi ci vengono dati dalla preghiera sulle offerte, dall’antifona alla comunione e dalla preghiera dopo la comunione. Tutto in Quaresima deve essere fatto per operare una potente vittoria sui nostri vizi. La legge del Signore va meditata giorno e notte, se si vogliono raccogliere frutti a suo tempo. Le opere di penitenza servono a guarire il nostro spirito, rendendolo docile nell’ascolto del Signore.
Proviamo ad unire ciò che abbiamo diviso: Conversione e perdono, Parola e grazia, ragioni di antropologia, ecologia, sociologia e ragioni di teologia, cristologia, ecclesiologia, richiesta di perdono e preghiera per la creazione del cuore nuovo, pace del cristiano e pace della Chiesa, cammino con Dio, ascoltando Dio, ascoltando la sua Chiesa. Sarebbe già sufficiente avere ben chiare queste verità iniziali per dare alla nostra Quaresima una impronta altamente cristologica.
La Vergine Maria, Madre della Redenzione, ci sostenga con la sua materna intercessione in questo cammino quaresimale che vuole essere vera sequela di Gesù Signore. Solo chi muore con Lui, potrà risorgere con Lui in Lui. Angeli e Santi, si prendano cura della nostra vita e non permettano che la sciupiamo vanamente.