Li amò fino alla fine
È il cuore del Padre che dona al Figlio suo quelli che lui dovrà amare sino alla fine, con lo stesso amore eterno con il quale il Padre li ama. Il Padre dona a Cristo Gesù, Cristo Gesù dona ai suoi discepoli. Il Padre ha dato ogni discepolo a Cristo Gesù perché lo amasse sino alla fine. Ma chi dona Cristo Gesù ai suoi discepoli perché anch’essi li amino sino alla fine? La risposta a questa domanda ci lascia pieni di sorpresa: Gesù dona ogni suo discepolo ad ogni altro suo discepolo perché lo ami sino alla fine, senza mai stancarsi, mai venir meno.
Il papa deve amare vescovi, presbiteri, fedeli laici come Cristo, sino alla fine, con il sacrificio di tutta la sua vita. Il vescovo deve amare il papa, ogni altro vescovo, ogni presbitero, ogni fedele laico come Cristo, consegnandosi ad un amore capace di farsi olocausto di salvezza e di redenzione. Ogni presbitero deve amare il papa, ogni vescovo, ogni presbitero, ogni fedele laico con lo stesso amore con il quale lui è stato amato da Gesù Signore. Ogni fedele laico deve amare papa, vescovi, presbiteri, fedeli laici sempre con tutto l’amore di Cristo versato nel suo cuore. Solo da quest’amore ad intra della fede il mondo crederà che siamo di Gesù.
Quest’amore universale deve essere trasformato in amore particolare, storico. L’amore storico dice prossimità, vicinanza, coabitazione. L’amore storico dice anche responsabilità particolari assunte a motivo del proprio ministero. Senza prossimità, vicinanza, non vi potrà mai essere amore storico. Non si potrà mai amare chi è lontano se non si ama chi è vicino. È il prossimo che attesta la verità del nostro amore. Gesù non va in Gerusalemme per cercare persone alle quali lavare i piedi, né compie gesti spettacolari. Li lava al suo prossimo, ai suoi vicini, a quanti sono suoi commensali. Lavargli ai lontani è facile. Lavarli al vicino spesso si omette.
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto, ma deve compiersi la Scrittura: Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato» (Gv 13,1-20).
Oggi è più che mai urgente vivere la legge della prossimità che Gesù consegna, prima di affrontare la passione, ai suoi discepoli. Se Pietro non ama Giovanni, Giovanni non ama Matteo, Matteo non ama Filippo, Filippo non ama Natanaele, può anche amare il mondo intero, ma non sarà riconosciuto come discepolo del Signore. Gli manca la prossimità dell’amore. È la prossimità che rende l’amore cristiano vero, reale, efficace, purissimo segno. È sempre la prossimità che la Scrittura chiede a quanti vogliono manifestare l’amore eterno di Dio.
San Paolo non chiede per le vedove la prossimità che viene dai figli e dai parenti più stretti? Quando questa legge viene infranta, allora il mondo mai ci potrà riconoscere come discepoli di Gesù. Si disattende questa regola primaria, fondamentale dell’amore cristiano. Il prossimo, non solo come vicinanza fisica, ma anche spirituale, ministeriale, carismatica, attesta la santità e la verità del nostro amore. Un amore vero e santo è sempre segno di credibilità. Ci si apre alla più pura fede in Gesù Signore per la santa osservanza di questo statuto che Gesù ci ha lasciato come suo testamento. Ognuno che viene amato deve inserirsi in questo circuito di prossimità. Finché però il commensale sarà un estraneo, tutte le forme di amore sono vane.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci prossimo gli uni degli altri.