Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete
Il cristiano è chiamato a divenire perfetto imitatore di Gesù Signore. Anche lui ogni giorno deve nutrirsi di questo cibo speciale particolare, unico, divino, cibo che il mondo non conosce, mai potrà conoscere. Questo cibo è fare la volontà del Padre e compiere la sua opera. La volontà del Padre, l’opera del Padre! Se sono nostre, non sono del Padre. Se la volontà è nostra, di certo non è del Padre. Se non mangiamo questo cibo, deperiamo, moriamo.
Come Gesù vive in perenne comunione dello Spirito Santo, così anche il cristiano deve vivere in perenne comunione con lo Spirito del Signore. È Lui che ci mette in comunione con la volontà del Padre ed è Lui la forza che ci spinge perché facciamo l’opera del Padre. Se il cristiano non diviene essere spirituale, se rimane carnale, mai potrà entrare in piena comunione con lo Spirito del Signore. La carne gli fa da ostacolo, muro, barriera invalicabile.
Molte sono le opere che noi attribuiamo a Dio. Esse però non sono di Dio, sono dell’uomo. Satana ha sempre tentato Gesù perché si distaccasse dal Padre, compiendo anche opere prodigiose, stupende, di grande successo. L’opera del Padre è invece una sola: il suo continuo morire a se stesso, il suo abbandono nelle sue mani. L’opera del Padre è la non opera della Croce. È il suo olocausto sul Golgota. È il suo sacrificio e la sua immolazione.
Divenendo Lui Agnello della vera Pasqua, Lui si è fatto opera del Padre. Tutte le altre opere non sono opere, sono segni che devono aprire i cuori a guardare verso quest’unica e sola opera per la quale Gesù è venuto sulla nostra terra. I discepoli non possono conoscere questo cibo. Manca ancora in loro lo Spirito Santo, lo Spirito della verità, ma anche lo Spirito che dona loro da mangiare questo cibo divino. Essi sono ancora per le opere esterne.
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Trascorsi due giorni, partì di là per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa (Gv 4,27-45).
Il cibo di Gesù è farsi Lui stesso cibo di verità, amore, compassione, pietà, perdono, misericordia per il mondo intero, cibo reale, preparato sulla graticola della croce. Sono pronti i discepoli a divenire questo cibo per gli altri? Ancora non lo sono. Lo Spirito di Gesù non è ancora disceso su di essi. Essi ancora appartengono alla carne e non allo Spirito, sono della terra e non del Padre celeste. Devono completare la loro formazione spirituale.
Celebrare la Quaresima è predisporsi a mangiare questo cibo. Mettersi interamente nella volontà del Padre e predisporsi a compiere la sola opera che Lui ci chiede. Noi invece pensiamo, crediamo, siamo convinti che altre opere il Padre ci chiede e verso queste altre opere sono orientati i nostri pensieri e la nostra volontà. Dobbiamo per questo ancora convertirci all’immolazione di noi stessi. Non siamo ancora pronti per la croce.
Se ancora confondiamo opere nostre e opera di Dio, è segno che siamo troppo piccoli nella fede, nella verità, nella crescita spirituale. Manchiamo ancora di quella luce soprannaturale che deve guidare i nostri passi solo verso la nostra immolazione, il nostro sacrificio, la nostra croce. È in quest’unica e sola opera che si compie la redenzione dei nostri fratelli, del mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci compiere l’opera del Padre.