Intervento di S.E. Mons. Vincenzo Bertolone Arcivescovo di Catanzaro-Squillace al VII Convegno
Buona sera,
saluto con tanto affetto Mons. Santoro, Mons. Ciliberti, saluto Mons. Nichie, confratello africano, nomino semplicemente il nome per evitare di storpiare il cognome Mons. Nestor, saluto con affetto la signora Maria Marino, Cettina Marraffa che è allettata come sapete, Mons. Costantino, Don Gesualdo e tutti voi carissimi convenuti a questo Convegno, ma saluto con particolare attenzione tutti gli organizzatori che hanno apportato la fatica, per potere far si che tutto fosse ben preparato, saluto anche gli intervenuti a questo Convegno, soprattutto quelli che vengono da lontano.
Questo VII Convegno Nazionale del Movimento Apostolico che ha per tema “La gioia del Vangelo sorgente del nuovo umanesimo” ci collega direttamente al cammino della Chiesa italiana che avrà un suo punto di arrivo e di partenza nel Convegno di Firenze del prossimo novembre. Il tema di questo Convegno evoca esplicitamente l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” nella quale Papa Francesco ha raccolto i voti della 13ª assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, ma ha anche sintetizzato i punti salienti e programmatici del suo pontificato.
Tutto quello che volete sapere sulla nuova evangelizzazione lo trovate nella “Evangelii gaudium” ci ha detto il Santo Padre il 18 maggio scorso. Il primo di questi punti salienti è una vera e propria spinta ad attivarsi per elaborare a livello locale la progettazione pastorale, “non credo, scrive il Papa al n.16, si debba attendere dal magistero papale una parola definitiva e completa su tutte le questioni che riguardano la Chiesa e il mondo, non è opportuno che il Papa sostituisca gli episcopati locali”, come dire anche la vostra esperienza ormai europea ed africana di Movimento Apostolico ecclesiale ed universale in quanto nata da ed in una Chiesa particolare e dal magistero del suo Vescovo a servizio di un territorio particolare e della Chiesa.
Oggi voi che siete un frutto bello della vitalità di una Chiesa particolare meridionale, ma in uscita verso il mondo intero e i suoi continenti, discutete e approfondite la possibilità che il Vangelo, Gesù Cristo, possa davvero diventare forza sorgiva e propulsiva di un nuovo umanissimo o più precisamente dare una nuova anima al mondo. La Chiesa è chiamata ad annunciare la buona novella di Gesù a tutti popoli e a tutte le nazioni.
Oltre alle molte opere di misericordia con le quale la Chiesa deve rendere visibile l’amore di Gesù, essa deve anche gioiosamente annunciare il grande mistero della salvezza di Dio attraverso la vita, la sofferenza, la morte, la risurrezione di Gesù. La storia di Gesù va proclamata e celebrata, alcuni l’ascolteranno e si rallegreranno, altri rimarranno indifferenti, altri ancora diventeranno ostili. Noi che conosciamo la storia e cerchiamo di viverla, abbiamo il gioioso compito di narrarla agli altri.
Quando le nostre parole nascono da un cuore pieno di amore e di gratitudine esse portano frutto, quando percepiamo di essere stati liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento ovvero quando ci accorgiamo di essere stati affascinati e convertiti da Gesù Cristo, in noi nasce o rinasce la gioia, “Evangelii gaudium” appunto. E’ la dolce gioia dell’amore cristiano, è il palpito all’entusiasmo di potere far bene il bene, ovvero di riscoprire la vera natura e la vera missione di ciò che chiamiamo esseri umani. Ciò che è umano proviamo a dirlo al negativo per meglio capirlo. Non è disumano, non è sovraumano, non è subumano e vi spiego perché. Disumano significherebbe la negazione della dignità degli esseri umani fino a fare prevalere la crudeltà e la spietatezza anziché la pietà, la compassione, la comprensione verso il proprio simile; sovrumano significherebbe superiore a quanto compete alla persona umana per natura come se appartenesse alla natura angelica o alla natura divina; subumano qualificherebbe che si trova in una condizione inferiore a quella umana come capita purtroppo a tanti nostri fratelli e sorelle affamati, assetati dall’economia di potere di sopruso ed invece attendono da noi tutti, il boccone del povero.
Sorelle e fratelli carissimi, Uno dei Tre, avendo assunto da Maria in Dio la carne e l’anima umana, quindi aperto la strada, gioioso di ricostruzione dell’umanum integrale, quale era stato pensato dal Padre al momento della creazione, essere umano integrato, declinato nella diade maschio femmina, non è un mito o una favola ma una realtà vera. Dio a conferma della santità del progetto originario si è fatto uomo per noi uomini e per la nostra salvezza e tutto questo ci offre la fondata opportunità della gioia della fede cristiana. Se la gioia della fede comincia a destarsi anche tra le angustie, i soprusi, le sopraffazioni, le tante forme di subordinazione, di violenza contro la dignità delle persone, immigrati compresi, contro la dignità di ogni esponente dell’umanità indipendentemente dalle etnie, dal genere, dall’età, dalle idee politiche, religiose professate. Se questa gioia comincerà a destarsi e avanzerà e si accenderà come una miccia del fuoco dello Spirito, come una fede intima, salda che cambierà il mondo nonostante le angustie, le tragedie causate dalla cattiveria umana quando si lascia sedurre dal maligno.
La fede in Gesù Cristo non è mai un banale pretesto di piacere come quelli che ci offre la società ma è la condizione per procurare la gioia, la gioia genuina, scrive Papa Francesco nell”Evangelii gaudio” n. 7, la gioia genuina di coloro che anche in mezzo a grandi impegni hanno saputo conservare un cuore credente, generoso e semplice. Noi tutti abbiamo un cuore credente, generoso, semplice e innamorato del Signore risorto inondato dallo Spirito Santo desideroso di tornare al Padre, una gioia che non può essere tenuta gelosamente per sé ma va condivisa, una gioia in uscita appunto, una gioia in movimento in uscita, in uscita missionaria apostolica come oggi è la Chiesa cattolica sente ripetersi in continuazione da Papa Francesco.
Si può dire che la gioia appartiene al cuore del messaggio biblico, viene associata l’esperienza della salvezza all’incontro con Dio, la salvezza è quindi l’incontro con Dio e questo è fonte di gioia, di grande gioia.
Ora chi condivide una gioia segnala un orizzonte bello, un orizzonte oltre la fonte della gioia che è appunto Gesù Cristo. Anche voi in questo Convegno alludete ad una sorgente la gioia sorgiva del Vangelo cioè del nostro bel Signore che si prende cura del suo popolo e lo salva.
Il salmista si era fermato stupito davanti al mistero dell’essere umano e aveva esclamato: “Tu o Dio hai fatto l’uomo di poco inferiore a un Dio, di gloria e di onore lo hai coronato”. In forma meno lirica e religiosa ma con la stessa ammirazione uno dei sette sapienti dell’antichità greca, Democrito Di Abilera, siamo nel V – IV sec. a.C. contemporaneo di Socrate, aveva definito l’uomo un piccolo universo antropos micros cosmos, questo microcosmo contiene in sé gli estremi dell’infinito col suo pensiero e il suo spirito ma anche creaturalità fragile e immortale.
Questi estremi dell’infinito si sono ricongiunti al momento in cui Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, in questo senso il vostro Convegno carissimi amici del Movimento è come l’anteprima del V Convegno Ecclesiale Nazionale che si celebrerà a Firenze nel prossimo novembre e che ha per tema come è stato già detto “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Questo titolo è il fascio di luce che viene dalla nostra fede cristocentrica ed intende illuminare tutta una serie di necessità umane e pastorali emergente un po’ dovunque ma specialmente dove l’umanità langue o addirittura è stata eliminata. Dovremo imparare una nuova grammatica dell’umano: quella suggerita da Papa Francesco venuto quasi dalla fine del mondo, come si è definito appena eletto, parlando dalla loggia di S. Pietro e chiedendo alla gente di benedirlo, prima di benedire lui stesso la folla.
Un dinamismo nuovo che contagia ora tutti gli strati sociali, le persone e le istituzioni, è la grammatica umana del Vescovo di Roma, il cui lessico insiste sulle periferie esistenziali e gli scarti sociali e predilige forme verbali come farsi prossimo, avvicinarsi ai luoghi dove vivono i tanti nell’indifferenza dei molti, aprire le porte della misericordia, del perdono, a chi si pente e risarcisce il male, il male compiuto. Contro ogni autoreferenzialità teniamo in una Chiesa mamma una donna madre in uscita che come la regina Ester sceglie di umiliarsi perché il Signore sa fare grandi cose con gli ultimi e con chi si riconosce fragile pur di raggiungere tutti e riannunciare un umanesimo possibile pur di salvare il popolo dei credenti che forze avverse vogliono sempre condannare all’emarginazione, all’annullamento ma con questa umiltà e con questo spirito si vince.
Prima di peccati e dottrine questa donna madre, sorella e sposa sa prendersi cura di chi è fragile e aspetta misericordia e invita tutti a dissetarsi alla gioia del Vangelo.
Buon ascolto, buona riflessione, buona azione.
Grazie.
S.E. Rev. Mons. Vincenzo Bertolone