In cammino verso la grotta
(Il Natale eterno del Verbo nella grotta del seno del Padre al Natale di Gesù nella grotta del cuore di ogni uomo nel Vangelo secondo giovanni)
Il Vangelo secondo Giovanni inizia nell’eternità, prima del tempo, della storia, della creazione. Lui vede con gli occhi dello Spirito Santo il Verbo Eterno, che è Dio, che è in principio, cioè da sempre e per sempre, in una eterna contemplazione di Dio. È Dio tutto rivolto e piegato verso Dio. Dalla sue stesse parole sappiamo che non si tratta di una contemplazione estrinseca, ma di una vera nascita eterna, mai compiuta, sempre da compiersi, mai avvenuta, sempre da verificarsi. Oggi il Figlio è generato. Oggi il Figlio è dal Padre verso il Padre.
È una contemplazione di origine, essenza, natura. Il Verbo non è fuori di Dio. È in Dio. Di Dio è la vita. È la vita che sempre deve attingere in Dio. È come se Dio si travasasse tutto nel Verbo, donandogli tutta la sua eternità, divinità, santità, onnipotenza, verità, grazia, luce. È un travaso senza travaso. Dio si dona eternamente tutto nel suo Verbo. Non è un dono che finisce, non è un travaso che termina. Dio vive per darsi al suo Verbo. La vita di Dio è dono al Verbo.
Senza questo Dono eterno, senza fine, Dio non sarebbe Dio, sarebbe un Dio senza vita in sé. Mentre il Verbo è la vita che Dio dona, donandosi. Questa vita eterna donata eternamente, senza alcuna interruzione, che rimane tutta nel Donante eterno ha un nome: Figlio Unigenito. Ma anche il Donante Eterno ha un nome: Padre. Il Donante eterno si dona per l’eternità al Figlio per generazione. La Natura è una. Le Persone sono due: Padre e Figlio. Quello del Verbo è Natale Eterno. Il Verbo nasce dal Padre come Persona, rimane nel Padre perché unica e sola natura divina. Non due Dèi, ma un unico è solo Dio.
Oggi Dio lo genera, oggi gli dona la vita, oggi lo costituisce sua vita. Oggi lo fa nascere come Figlio. Nasce da Dio, ma rimane in Dio. Nasce come Persona distinta, ma non come natura. La natura non nasce. È una. Una rimane in eterno. Come Giovanni vede questo eterno Natale del Figlio dal Padre, Natale che mai finisce, perché il Padre vive per donarsi tutto nel Figlio, in un momento senza principio e senza fine, così ogni altro discepolo di Gesù solo se lo Spirito Santo gli dona i suoi occhi, può vedere questa generazione eterna del Figlio dal Padre. Solo con la sua sapienza e intelligenza potrà conoscere una qualche misera scintilla. Le parole, anche quello dello Spirito Santo sono tutte inadeguate: nascondono più di quanto esse dicono: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio”. Il Verbo non ha iniziato. Lui è il Generato eterno.
Essendo il Verbo Eterno la vita Eterna del Padre, avendo il Padre, il “Travasante Eterno” di se stesso nel Figlio, dato tutto di sé al Figlio, nulla può fare all’esterno di Sé senza il Figlio. Se è il “Donante eterno” di se stesso al Figlio, se vuole creare qualcosa al di fuori di Sé, lo potrà fare solo per mezzo del Figlio, del suo Verbo Eterno. Che tutto si faccia per mezzo del Figlio non è una via di convenienza, di opportunità, ma di vera partecipazione della vita.
Dio, per creazione, vuole partecipare la sua vita, vuole chiamare all’essere ciò che è senza essere. Vuole donare qualcosa della sua vita – non per generazione come fa con il Verbo, ma per creazione – è evidente che non potrà farlo da se stesso. Non possiede più la vita da donare. L’ha data tutta al Figlio. Poiché il Figlio è in eterna contemplazione del Padre, Eterno Dono per il Padre, al Padre che gli ha donato la vita, dona la vita che è tutta sua, perché il Padre la possa partecipare per creazione.
Questo significa che tutto ciò che è stato fatto, è stato fatto per mezzo di Lui e nulla di ciò che esiste è stato fatto senza di Lui. Dio, essendosi donato tutto al Figlio, nulla può fare fuori di sé, se non per mezzo del Figlio. Ma è anche vero che il Figlio nulla può fare da sé, perché dall’Eternità, mentre è Dono Donato è anche Dono Donante, Dono che si dona tutto al Padre suo. Il Padre è Dono nel Figlio, il Figlio è dono nel Padre. Il Padre partecipa la sua vita solo per mezzo del Dono Donato che è Dono che a sua volta si dona al Padre: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”.
Nulla potrà mai esistere senza il Verbo, dal momento che l’esistenza è comunicazione della vita divina che è tutta nel Figlio e che il Figlio riversa tutta nel Padre. Il Padre nulla può fare senza il suo Verbo. Ma anche il Verbo nulla può fare senza il Padre, perché Lui è eternamente dal Padre. Lui è un frutto eterno del Padre. Siamo oltre l’umanamente pensabile e immaginabile. L’Essere eterno del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre fa sì che il Figlio nulla possa fare senza il Padre. Tutta la sua vita l’attinge dal Padre. Ma neanche il Padre può fare qualcosa. Tutta la sua vita deve essere un Dono eterno donato a Lui dal Figlio al quale ha donato tutta la sua vita. Dio si spoglia di sé nel Figlio, il Figlio si spoglia di sé nel Padre.
Il Verbo Eterno, essendo la vita eterna del Padre, avendo il Padre creato tutto per partecipazione della sua vita che è vita del Verbo, non c’è vita nella sua creazione se non come partecipazione della vita del Verbo. La Vita del Verbo è luce di sapienza, intelligenza, amore, verità, giustizia, armonia. La vita del Verbo è luce di pace.
Con il peccato delle origini, l’uomo ha perso questa luce di pace ed è divenuto tenebra e oscurità. Il Verbo però non ha privato la sua creazione della Luce eterna. Ha continuato a splendere. Le tenebre avrebbero voluto soffocarla, ma non vi sono riusciti: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”.
Perché le tenebre non hanno vinto la luce? Perché se l’avessero vinta, sarebbero tornate nel nulla dal quale la creazione era stata tratta per l’onnipotenza eterna e creatrice del Padre per il Figlio. Finché la creazione esiste, ed esisterà in eterno, come inferno e come Paradiso, sempre la luce brillerà. Anche nell’inferno brilla la luce del Verbo come creazione. I dannati sanno che sono creature del Verbo, non di Satana, ed è proprio questa la loro dannazione: aver perso il Verbo come principio eterno della loro vita. Lo hanno perso in modo irreparabile per loro colpa. Erano nella luce e si sono lasciti tentare dalle tenebre.
Il Verbo non solo è Mediatore nella creazione, essendo Lui la vita del Padre, solo Lui può essere il Mediatore nella redenzione, o nel ritorno nella luce, della creazione. La saggezza divina predispone che un uomo gli prepari la strada, rendendogli testimonianza e certificando per Lui: “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”.
Giovanni è solo un profeta, anche se è il più grande tra i profeti, rimane eternamente natura creata. Lui non è la luce, non è la vita, non è il Verbo, non è il Mediatore, non è il Salvatore. Lui è solamente uno che è mandato da Dio per preparare i cuori ad accogliere il loro Salvatore. Giovanni sa chi lui è e lo dice con profonda chiarezza. Lui non è lo Sposo, ma solo l’amico dello Sposo che gioisce portando a Lui la sua sposa. Questo è il suo ministero, questo il suo mandato, questa la sua missione: portare la sposa allo Sposo che è il Verbo.
Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire».
Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui (Gv 3,25-36).
Questa notizia è data perché si eviti ogni confusione tra il Verbo e Giovanni. Quest’ultimo deve solo preparare la via al Signore che viene perché ogni cuore lo accolga. Il Verbo viene come luce vera, viene per darsi come luce vera a tutta la sua creazione, che giace nelle tenebre. Qual è il risultato di questa sua venuta? Pur essendo Lui la luce vera che illumina ogni uomo, dall’uomo fu rifiutato, non accolto. Neanche i suoi, la sua casa lo accolse. La sua casa è il popolo dell’alleanza: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”. Non accogliere la Luce è scegliere di rimanere nelle tenebre. Infatti tutta la creazione è nelle tenebre. Non vi è in essa alcuna fonte di luce. O si accoglie la Luce vera, per mezzo della quale la creazione è stata fatta, oppure essa rimane eternamente nelle tenebre. Altre possibilità, altre vie non sono date. Solo il Verbo è la luce vera, solo Lui è la vita che viene per dare vita e luce alla creazione che ha perso sia la vita che la luce. Se l’uomo si rifiuta di accogliere il dono che il Verbo fa di se stesso ad essa, le tenebre saranno eterne.
Una verità che va detta con vigore e affermata con fermezza di Spirito Santo, vuole che non si separi il dono della vita e della luce dal Verbo che è vita e luce. Urge una chiarificazione.
Come il Padre, che è vita e luce eterna, dona al Figlio la luce e la vita, donando se stesso. Come il Figlio è luce e vita ricevuta dal Padre, ma rimanendo eternamente nel Padre, così dicasi di ogni uomo. Ogni uomo, se vuole ritornare nella sua verità di creazione, deve lasciarsi fare luce e vita da Cristo, accogliendo Cristo come sua luce e sua vita. Ma rimane luce e vita, celebrando, come il Verbo, il suo Natale eterno nel Verbo, rinascendo eternamente nel Verbo senza alcuna interruzione. O l’uomo celebra eternamente questo suo Natale nel seno di Cristo, nel quale deve rimanere in eterno per essere luce e vita, oppure, separandosi da Cristo, ritorna ad essere tenebra e tenebra rimarrà in eterno, se non ritorna nel seno di Cristo.
È questo il vero Natale dell’uomo: lasciare che Cristo Signore eternamente si doni a Lui, come eternamente il Padre si dona a Cristo. Ma anche donarsi eternamente a Cristo, così come Cristo si dona eternamente al Padre. È nella celebrazione di questa duplice nascita che l’uomo diviene realmente, veramente uomo, perché si riaccende della vita e della luce che è Cristo nascendo in Cristo. Cristo nasce eternamente in lui come vita e come luce. Lui si dona eternamente a Cristo, perché la sua luce e la sua vita mai ritornino a divenire tenebra. In quell’istante in cui questo duplice Natale non viene vissuto, l’uomo è già nelle tenebre.
Il frutto dell’accoglienza del Verbo, della celebrazione di questo Natale Eterno – non nel senso che sia senza origine e senza principio di tempo come quello di Gesù, ma che è e dovrà essere senza alcuna fine. Si nasce nel Verbo, il Verbo nasce in noi per l’eternità, sempre, senza mai porre fine a questa nascita – è la figliolanza adottiva che il Padre ci dona. Nel suo Verbo, nel suo Figlio eterno, Lui ci fa suoi veri figli: “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”.
Nel nostro Natale nel Verbo della vita e della luce, si compie il nostro Natale nel Padre, la fonte, la sorgente, l’origine eterna di ogni vita. Dalla sua vita e dalla sua luce, che è il Verbo, che è nel Verbo, che è data per il Verbo, nel Verbo, noi siamo nati come creature del Padre. Nel nostro Natale nel Verbo, Figlio Eterno del Padre, noi nasciamo come suoi veri figli. Certo, siamo figli di adozione, non siamo figli da Lui per generazione eterna. Lo siamo per partecipazione della sua divina natura. Nel suo Verbo noi diveniamo per partecipazione natura di Dio, diveniamo natura spirituale, di luce, vita, grazia, grazia, amore, pietà, compassione, verità, giustizia, gioia, pace.
Se siamo di Natura divina anche i frutti dovranno essere di natura di vita, frutti di luce e di vita. Ma questi frutti mai potranno essere prodotti se ci si separa dalla fonte e dal principio della luce e della vita che per noi è il Verbo Eterno del Padre, il suo Figlio Unigenito. Si nasce in Dio per produrre i frutti di Dio. Si nasce nel Verbo per produrre i frutti del Verbo. Quali sono i frutti del Verbo? Dare vita e dare luce alla creazione che Dio ha fatto per mezzo di Lui. Quali dovranno essere i frutti di chi è divenuto figlio di Dio nel Verbo? Rivitalizzare, illuminare con la vita e la luce del Verbo l’intera creazione. Questo potrà avvenire solo se perennemente Cristo potrà travasare se stesso in noi, versare la sua luce e la sua vita, travasare se stesso luce e vita, così come il Padre eternamente travasa se stesso nel Figlio con tutta la potenza della sua vita e della sua luce. Ciò che avviene tra il Padre e il Figlio, deve attuarsi eternamente tra il Verbo e il discepolo.
Il Verbo deve essere accolto non come vita e luce fuori di noi, ma come vita e luce nella carne. Infatti il Verbo si è fatto carne, ha assunto la nostra umanità, si è atto vero uomo: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Il Natale eterno in Dio diviene natale eterno nella nostra umanità. Il Verbo nasce come vero uomo. Come vero uomo va accolto come vita e come luce del Padre in mezzo a noi.
Esaminiamo bene la realtà. Se già l’uomo non crede nel suo Creatore, che è Signore Onnipotente, che ha la storia nelle sue mani, che dice una Parola e la compie con infallibile certezza, potrà mai credere in un Crocifisso, in un Condannato a morte, se il Crocifisso è già il frutto della non fede dell’uomo? Eppure quel Crocifisso è la nostra vita e la nostra luce.
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,4).
È Luce eterna, Vita eterna crocifissa perché questa è la purissima verità dell’uomo che vive in mezzo alle tenebre: farsi anche luce e vita crocifissa per amore. È da quel Crocifisso l’unica e sola fonte della vita e della luce vera. È questa la prova della nostra fede. La luce e la vita sono date gratuitamente. Vengono però colte solo da chi ha fede in quel Crocifisso che è il Verbo del Padre, il suo Unigenito Eterno, il suo Figlio divino fattosi vera carne, vero uomo. È in quel Crocifisso il vero Natale dell’uomo e l’uomo veramente nasce quando diviene con il Verbo Crocifisso una sola croce, una sala luce, una sola vita.
La generazione eterna, la consacrazione messianica del Verbo, anche il suo Sacerdozio trovano compimento sulla Croce. Il nostro Messia, il nostro Salvatore è un inchiodato sulla Croce. Ciò che la profezia rivela riceve il suo perfetto compimento solo nel Crocifisso.
Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano invano? Insorgono i re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacrato: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!». Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro. Egli parla nella sua ira, li spaventa con la sua collera: «Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna». Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai». E ora siate saggi, o sovrani; lasciatevi correggere, o giudici della terra; servite il Signore con timore e rallegratevi con tremore. Imparate la disciplina, perché non si adiri e voi perdiate la via: in un attimo divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia (Sal 2,1-12).
Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». Il Signore è alla tua destra! Egli abbatterà i re nel giorno della sua ira, sarà giudice fra le genti, ammucchierà cadaveri, abbatterà teste su vasta terra; lungo il cammino si disseta al torrente, perciò solleva alta la testa (Sal 110 (109) 1-7).
L’Apostolo Giovanni contempla colui che hanno trafitto e veramente lo vede come la sorgente della grazia e della verità. Lo vede come il Canale attraverso il quale tutto il Padre, che è luce e vita eterna, viene sulla terra per ricreare la sua umanità e con essa l’intero universo. Ma l’acqua che sgorga dal cuore di Cristo è Cristo stesso che il Padre versa in ogni cuore, che lo accoglie nella fede, per la sua rigenerazione, rinnovamento, redenzione, nuova figliolanza.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,31-37).
L’umanità non ha altra salvezza al di fuori del Crocifisso. La salvezza però non è fuori del Crocifisso, o solo dal Crocifisso. Ma è nel Crocifisso, per il Crocifisso, dal Crocifisso, divenendo nascendo in Lui come veri crocifissi salvati e portatori di salvezza per i nostri fratelli.
È questo il nostro vero Natale: nascere nel Crocifisso, come luce e vita crocifisse, per divenire luce e vita di redenzione per il mondo. Ma l’uomo non vuole il Crocifisso, non vuole nascere nel Crocifisso. Lui ha un solo desiderio: scendere da ogni croce. Altro suo desiderio è creare crocifissi al suo posto, purché lui non salga sulla croce. Per non andare in croce, è capace anche di ammazzare, scannare, distruggere, incendiare l’intero universo.
Entra nella vera luce e nella vera vita chi compie ogni giorno il suo Natale, la sua nascita nel cuore di Cristo Crocifisso per divenire con Lui una sola croce di vita eterna.
Giovanni il Battista non solo attesta che lui non è il Verbo Eterno fattosi carne. Dice anche che è Gesù questo Verbo eterno e rivela la sua origine eterna. Gesù in quanto Verbo è prima di Lui. il suo è un prima eterno. Giovanni è dal tempo. Gesù è dall’eternità: “Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Giovanni il Battista lo dice espressamente a quanti glielo chiedono. La sua è una testimonianza perfetta. Lui non è il Cristo, non è il profeta, non è Elia. Lui è solo voce che prepara la via al Signore. Lui conosce che Gesù è il Messia per divina e soprannaturale visione.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
La testimonianza di Giovanni giunge a identificare Gesù come il vero Messia del Signore, il vero Figlio di Dio. Sappiamo che nel Vangelo secondo Giovanni, Figlio di Dio non significa solo Messia, ma prima di tutto vero Figlio Unigenito del Padre. Il Messia è il Figlio Unigenito, il Verbo Eterno, il Verbo che si è fatto carne. Perché il Verbo si fa carne? Per ricolmarci della sua vita.
Il suo Messianismo non è fuori di ogni uomo. Lui viene per costruire il regno di Dio nel cuore di ogni uomo e regno di Dio non sono coloro che occupano un determinato territorio, ma coloro che occupano il cuore del Padre e quanti si lasciano occupare il cuore dal Padre per mezzo del suo Verbo Crocifisso. È questa la pienezza che il Verbo ci vuole comunicare: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia”.
Grazia del Verbo è il Dono del Padre. È tutta la vita del Padre. Ma il Padre è tutta vita donata al Verbo. Il Verbo dona tutta la vita del Padre a Lui donata, donando tutto se stesso a quanti lo accolgono nella fede, lo accolgono da Crocifisso e nel suo cuore Crocifisso vogliono ogni giorno celebrare la loro nascita nel al Padre. Chi non accoglie il Padre nel cuore del Crocifisso, mai potrà accogliere il Padre. Rimane senza Dio e senza il Padre.
È Cristo il fulcro del Padre e dell’universo, degli Angeli e degli uomini, del tempo e dell’eternità. È anche Lui il fulcro del Paradiso e dell’inferno. È Lui infatti il Paradiso e il Paradiso è in Lui. Fuori di Lui vi è l’inferno sulla terra che si trasformerà in inferno eterno.
Mosè non è la grazia di Dio, perché Mosè non è il Verbo. Mosè è il datore, il portatore della Legge. Per essa conosciamo solo la volontà di Dio in ordine al bene morale da compiere: “Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo”. Mosè non è la salvezza, non è la rivelazione, non è la vita, non è la grazia, perché Lui è semplicemente un uomo. Viene dalla terra, appartiene alla terra. La sua Legge dice il bene morale, ma non dona al possibilità di poterlo compire.
Pur facendosi carne, il Verbo non ha abbandonato il seno del Padre, vive in esso. Mai si potrà distaccare. La natura è una, ma anche il dono è uno: in eterno tutto il Padre è nel Figlio e tutto il Figlio è nel Padre. Il Dono donante, il Padre, è tutto nel Dono donato, il Figlio. Ma anche il Figlio si fa Dono che si dona eternamente al Padre. Padre e Figlio sono eternamente l’uno dono per l’altro. Il Padre dona tutto se stesso al Figlio. Il Figlio dona tutto se stesso al Padre. Chi è il Crocifisso? È il Dono eterno donato che nella sua carne si è fatto dono eterno che si dona al Padre perché il Padre per mezzo di questo dono salvi il mondo. È questo il Natale eterno: dono eterno del Padre nel Figlio, Dono eterno del Figlio nel Padre: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”.
Il Figlio può rivelare il Padre perché Lui del Padre è la vita piena, perfetta, eterna. Il Figlio Incarnato è il dono che il Padre fa all’umanità intera, perché per mezzo di Lui, tutti possano giungere alla vera conoscenza del loro Dio e Signore, possano fare un vero Natale di purissima scienza divina. Così la profezia di Isaia, sul dono del Figlio. Il Verbo nasce come vero uomo per noi, per noi anche si fa dono al Padre dalla Croce. Tutto Lui fa per noi.
In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti (Is 8,23-9-6).
L’Evangelista Giovanni chiude la presentazione di Cristo Gesù, Verbo eterno del Padre, fattosi carne, rivelandoci come Lui nasce nei cuori. Come per vie storiche Lui si è fatto carne e questa via storica è il seno della Vergine Maria e il suo sì detto al Padre, così vie storiche sono i testimoni che rivelano ad altri uomini la sua purissima verità e missione.
Il primo testimone, il primo “genitore spirituale” attraverso il quale Gesù nasce nel cuore è Giovanni il Battista. Lui vede venire Gesù e gli rende testimonianza: “Ecco l’agnello di Dio”. È stata sufficiente questa parola perché i suoi due discepoli lo abbandonino e seguano Gesù.
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Gesù dona verità piena alla testimonianza di Giovanni il Battista e nasce nel cuore dei due discepoli. Ora Lui vive nel loro cuore. In essi vi è stato il suo vero Natale. Andrea diviene il “genitore” di Gesù nel cuore di Pietro. Gesù completa l’opera di Andrea, nascendo Lui personalmente nel cuore di Pietro, al quale cambia il nome, dichiarandolo sua roccia, sua pietra di stabilità.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Filippo invece è senza “genitori umani”. Gesù nasce direttamente. Lo vede e lo chiama: “Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro”.
A sua volta Filippo diviene “genitore” di Gesù per Natanaele. Ma anche l’opera di Filippo viene completata dalla nascita, dal natale diretto che Gesù fa nel cuore di Natanaele.
Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo» (Gv 1,1-51).
Se l’opera del Padre è quella di aver dato “Il Natale Eterno” al suo Figlio Unigenito. Se il Figlio come sua opera ha dato il “Natale” di sé al cuore degli uomini, nel quale è il “Natale del Padre”, se ogni uomo nel quale Cristo è nato si è preoccupato di dare il “Natale di Cristo” ad ogni altro uomo, vi potrà mai essere vera celebrazione del Natale, se non lasciamo prima di ogni cosa che Cristo oggi compia in noi il suo “vero Natale”?
Come sapremo che Cristo ha compiuto per noi, in noi, il suo “Vero Natale”? La risposta ce la dona Andrea e Filippo. Se siamo “genitori umani” di Cristo in molti cuori, perché Cristo possa nascere in essi, come è nato in noi. Modello di come si diviene “genitori umani” di Cristo, è la Samaritana. Cristo nasce veramente nel suo cuore. Lei lo “genera” nel cuore di tutti gli abitanti del suo villaggio. Come Andrea e Filippo, li porta a Cristo Gesù. Cristo Gesù compie il vero suo “Natale” nei loro cuori, come lo aveva compiuto in Andrea, in Giovanni, in Pietro, in Filippo, in Natanaele.
La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,28-30.39-42).
Lo Spirito Santo, per mezzo dell’Evangelista ci ammonisce: volete conoscere se Cristo Gesù ha compiuto il suo “Vero Natale”? Lo saprete dalle vostre opere. Se voi non siete o non divenite “veri genitori umani” di Cristo nei cuori, è segno che Gesù ancora non ha fatto il suo Vero Natale. Quello che celebrate è Natale vero per Lui, ma non certo per voi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, venite in nostro aiuto. Vogliamo essere “veri genitori umani” di Gesù Signore. Per questo aiutateci affinché Gesù possa compiere oggi e sempre in noi il suo “Vero Natale”.