I tarli della vita comunitaria

 

Nella sesta nota della serie “Comunità e comunione”, don Davide Marino ci aiuta a individuare quei “tarli spirituali” che minano la consistenza della comunità cristiana

 

A tutti sarà capitato di vedere un mobile tarlato. Molti meno però avranno presente come sia fatto un tarlo. Il tarlo è pressoché invisibile, benché estremamente visibile risulti la sua opera. Questo piccolissimo insetto scava impercettibilmente, lavora il legno da dentro, indebolendone la struttura, rendendolo fragile, friabile.
Proprio come un mobile pregiato, anche la comunità cristiana è minacciata da alcuni tarli. Si tratta ordinariamente di vizi personali invisibili, che lavorano da dentro, distruggendo il tessuto spirituale della comunità. Tra i tanti tarli spirituali che danneggiano la vita comunitaria, ve ne sono tre particolarmente pericolosi, sui quali vogliamo brevemente richiamare l’attenzione.

Superbia
La superbia è il vizio dei vizi. È il voler essere davanti agli altri, prima degli altri, sopra gli altri, laddove invece il tratto fondamentale della comunità è l’essere assieme, sentirsi parte l’uno dell’altro, tutti ugualmente in cammino verso il Signore, anche se qualcuno è chiamato a svolgere ruoli di governo o di particolare responsabilità e visibilità. Il superbo tarla la comunità perché non cerca il bene comune ma solo la soddisfazione del proprio orgoglio individuale, rompendo — in sé, prima che fuori di sé — l’unione fraterna con gli altri.


Il superbo tarla la comunità
perché non cerca il bene comune
ma solo la soddisfazione del
proprio orgoglio individuale


Invidia
L’invidia tarla la comunità, perché porta a vivere le relazioni in maniera falsa, ipocrita, senza carità. L’invidia scava da dentro le relazioni, le svuota di verità. Altera la percezione delle cose, facendo vedere l’altro come un male, un nemico da distruggere. A torto comunque penseremmo che l’invidia sia un problema di relazione con gli altri. In realtà, questo è solo un effetto. La causa è una falsa relazione con Dio. Chi lo ama e cerca la sua volontà non può che gioire per i doni con i quali arricchisce la comunità. Nel dono dell’altro vede una manifestazione dell’amore e della creatività di Dio. Chi vuole risolvere i propri problemi di invidia, deve allora rimettere a punto la propria fede, iniziare a guardare se stesso e gli altri dalla prospettiva del Signore e dell’edificazione del suo Regno.

 


L’invidia scava da dentro le relazioni, le
svuota di verità


Accidia
Si potrebbe ritenere che l’accidia, la radicale pigrizia, lo stato di inerzia spirituale, sia una questione meramente individuale, al più un qualcosa di neutrale rispetto alla comunità, perché non fa ma almeno neanche disfa. In realtà, l’accidia del singolo tarla la comunità, perché la priva di un contributo essenziale e di un dono che il Signore ha posto a suo beneficio. L’“accidia egoista” (come la chiama Papa Francesco: vedi Evangelii gaudium, 81-83) paralizza il dinamismo vitale della Chiesa, che è un dinamismo missionario. Una Chiesa che non si espande verso gli altri nell’annuncio del Vangelo e nel compimento delle opere di carità lentamente deperisce. È la stessa cosa che avviene a un nucleo di persone, la cui vita comune lentamente muore, non per particolari problemi, ma perché non è stata adeguatamente alimentata e sostenuta dalla tensione di ciascuno verso l’altro. L’operosità nel bene, la gioia, l’evangelica esuberanza di ciascuno rendono viva la comunità, fanno circolare la vitalità dei doni dello Spirito nel Corpo della Chiesa, vivificano le altre membra di questo Corpo, come avviene quando il movimento di alcuni arti attiva una maggiore circolazione sanguigna in tutto il corpo (figuriamoci quando tutte le membra si muovono assieme!).


L’accidia del singolo tarla la
comunità, perché la priva di un
contributo essenziale e di un
dono che il Signore ha posto a
suo beneficio


Abbiamo fatto riferimento a tre “vizi capitali”, una categoria che si è soliti pensare in chiave strettamente individuale, come un problema della singola persona. Ma noi siamo membra vive della comunità, siamo innestati nella relazione con gli altri e il peccato personale si riflette sempre sulla vita comunitaria. Certi tarli che portiamo invisibilmente dentro producono danni molto visibili alla comunione ecclesiale; ci trasformano in tarli della comunità. A ciascuno di noi spetta allora il compito di applicare ogni giorno l’antitarlo del Vangelo e della grazia del Signore alla propria vita.