I dialoghi di Gesù dal 11-02-2012 al 29-12-2012

LA QUARESIMA DI CRISTO GESÙ
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo

Il tempo della Quaresima sarà accompagnato in quest’anno di grazia 2012 da una particolare riflessione che ha per titolo: La Quaresima di Cristo Gesù. Andremo alla scoperta di tutte le tentazioni subite da Gesù lungo tutto il corso della sua vita pubblica, in modo che ne possiamo comprendere il loro vero significato e la via da Lui scelta per respingerle, superarle, essere vincitore di Satana e non vinto. Questa scelta è quasi imposta dal nostro modo di vivere oggi. Vi è totale assenza di conoscenza della tentazione. Siamo perennemente tentati, ma non vediamo la tentazione, non la riconosciamo, non la percepiamo, neanche abbiamo il sospetto che si possa trattare di tentazione. Eppure essa ci sta sommergendo più che le acque del mare la sabbia che si trova nei suoi fondali.

Come primo momento, prima riflessione, sulla tentazione di Gesù Signore, ci serviremo delle tentazione subite e vinte da Gesù nel deserto. Il racconto evangelico è molto schematico. Ci dice la tentazione, ma non ci svela la gravità di essa. Nello Spirito Santo e alla sua luce questo compito è affidato a colui che legge.

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Il diavolo è creatura intelligente, furba, astuta, subdola, ingannatrice. Sa approfittare di ogni momento, ogni circostanza, ogni situazione, per inoculare il suo veleno di morte, facendolo passare per una bevanda dissetante, fresca in un giorno di calura estiva. Gesù ha fame. La necessità è sempre tentazione per l’uomo. Per necessità ci si vende oggi anche corpo, coscienza, anima, volontà, sentimenti, onore, credibilità, ministero e missione. Poiché molte sono le necessità del corpo, ognuna di esse è una via perché il diavolo entri nel nostro cuore indicandogli una soluzione di peccato al fine di risolvere la necessità che bussa con violenza e che con prepotenza chiede che venga esaudita.

Ci sono necessità vere, reali, urgenti, impellenti e ci sono anche necessità artificiali, immaginarie, di fantasia, di vizio, di peccato, di corruzione della nostra natura. Il diavolo è un vero creatore di necessità. Lui ce ne crea una al minuto. Così potrà agevolmente entrare nel nostro spirito e offrici la via per risolvere l’assillo che lui stesso ci ha creato. Così nello stesso istante è creatore e risolutore delle nostre necessità. Ma a quale prezzo? Al prezzo della perdita della nostra anima, del nostro spirito, del nostro corpo. Sovente il prezzo è anche più alto. È il sacrificio di intere famiglie, tribù, nazioni, l’intera umanità.

Se osserviamo la storia, essa è tutta mossa da necessità che il diavolo crea per noi. Tutte le guerre sono il frutto di una necessità voluta e imposta dal diavolo. Tutte le rivoluzioni, tutti i regimi, tutte le dittature, tutti i soprusi, tutti i furti, tutti i divorzi, tutti gli aborti, tutti gli omicidi, tutti i tradimenti, tutte le calunnie, le menzogne, le falsità, le dicerie, le lotte intestine, famigliari, amicali, sono tutti il frutto di questo intenso lavorio del diavolo che prima ci crea la necessità artificiale, immaginaria e poi ci indica una via di morte per poterla soddisfare.

Che forse oggi la nostra società non è fondata dalla creazione di queste necessità artificiali? D’altronde la prima tentazione non fu la creazione di una necessità immaginaria, di vera fantasia? Alla donna che era felice nel giardino dell’Eden il diavolo non le suggerì che la sua umanità era ben misera cosa se non fosse divenuta come Dio? Può mai un uomo trasformarsi in Dio, se Dio è eterno, non è neanche da se stesso, mentre l’uomo è creato, fatto, voluto sempre da un altro? Come fa una creatura ad essere Dio? Che forse oggi il diavolo non ha messo nel cuore dell’uomo questo desiderio di divinità artificiale, immaginaria?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni necessità artificiale.

11 Febbraio 2012

LA QUARESIMA DI GESÙ
Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù (18 febbraio 2012)

Meditare la Quaresima di Gesù ci aiuta affinché anche noi possiamo dare una soluzione di verità alla nostra Quaresima, che di certo non è quella liturgia, bensì quella della vita. È la vita la nostra quaresima. È la vita il luogo della prova. È la vita quel deserto cocente, infuocato, nel quale dobbiamo imparare che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

La volta scora abbiamo esaminato la tentazione che nasce da uno stato di necessità. Si è anche detto che il diavolo crea per noi una moltitudine di necessità quotidiane in modo da poterci meglio tentare e condurre la nostra vita nel baratro della disobbedienza alla nostra umanità e quindi nella morte. Se solo facessimo attenzione, se mettessimo un po’ più di discernimento, se usassimo un po’ più di intelligenza e di saggezza nello Spirito Santo, sapremmo che tante cose all’uomo non servono. All’uomo serve veramente poco per vivere. Purtroppo il diavolo prima scava per noi la fossa e poi ci fa precipitare dentro, convincendoci che la fossa è via di salvezza, progresso, vera umanità, civiltà, il meglio per noi.

Oggi ci soffermeremo su una seconda tentazione. Ecco come viene impostata dal diavolo. Questi porta Gesù nella città santa e lo pone sul pinnacolo più alto del tempio e gli dice: “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. È questa una tentazione sottile. Se non si è pieni di Spirito Santo è difficile percepirla, vederla. Se non la sia percepisce e non la si sfugge, come si fa a vincerla? Per questo quanti sono senza lo Spirito Santo, cadono miseramente e muoiono perché si sfracellano, si dilaniano nelle loro carni, si riducono a pezzi nel loro spirito. Questo perché sono senza la luce e la grazia che vengono da Dio. Senza l’azione ininterrotta del Signore nessuno potrà mai vincere questa tentazione.

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Ma in che cosa consiste esattamente questa tentazione? Il diavolo non si presenta a Gesù con la Parola del Salmo? Non è forse una sicura promessa di Dio quella che Satana ricorda a Cristo Signore? Sì, è una promessa di Dio, ma per il giusto perseguitato, che è invitato a rimanere nella sua giustizia, vivendo la grande virtù o beatitudine della mitezza, perché sarà il Signore il suo liberatore. Queste parole non sono per colui che tenta il Signore, che si pone in una situazione di pericolo, che cerca ciò che è straordinariamente grande, difficile, impossibile, che manca di prudenza, intelligenza, sapienza, che si lascia travolgere dal suo sentimento, dalla sua mente, da ogni desiderio che bussa al suo cuore. L’uomo è razionalità, intelligenza, discernimento, sapienza, scienza, conoscenza, mente, spirito, pensiero.

Questa tentazione vuole ridurre l’uomo ad un animale. Con una differenza: l’animale è mosso e guidato sempre dal suo istinto che lo determina per la vita. L’uomo invece deve sottomettere il suo cuore alla sua intelligenza, razionalità, sapienza, saggezza, prudenza, fortezza, temperanza, giustizia. Prima di agire deve sempre valutare il vero, il bene, il meglio, il santo, ciò che è opportuno, giusto, possibile, ma anche ciò che è cosa cattiva, difficile, impossibile, non percorribile, non buona, non conforme alle sue umane possibilità. All’uomo è chiesto anche il confronto, il dialogo, lo studio, l’analisi, la conoscenza di sé. È sempre tentazione quando l’uomo vuole realizzare cose che vanno al di là di ciò che è la sua umana, reale, odierna possibilità, capacità, attitudine. Satana lo tenta per farlo precipitare, cadere, portare nella disperazione, rovinargli l’esistenza, condurlo in una vita senza alcuna via di salvezza, a causa dell’insipienza con la quale ha scelto di compiere questa o quell’altra cosa. Anche vivere al di sopra dei propri mezzi è triste tentazione di Satana per la rovina dell’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la saggezza del cuore.

LA QUARESIMA DI GESÙ
Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai

Esaminando alla luce della verità evangelica le tentazioni subite da Gesù, dobbiamo mettere in evidenza che esse hanno un solo fine: privare Cristo Signore della sua vera umanità, inducendolo a vivere da non vero uomo, da falso uomo. In fondo è questo l’intento di satana per ogni tentazione, piccola o grande, con la quale aggredirà ogni uomo che viene in questo mondo: estirparlo dalla sua vera umanità in modo che viva da non uomo. Poiché la sola vita possibile all’uomo è quella umana, vivendo da non uomo, è già nella morte della sua umanità. È vera vita umana quella vissuta nel rispetto di Dio, degli altri uomini, dell’intera creazione. Rispetto significa vedere ogni realtà posta dinanzi a noi nella sua più pura verità di uomo, donna, bambino, anziano, ma anche animale, cosa. L’uomo è uomo, l’animale è animale, la cosa è cosa. Tutto deve essere visto secondo la sua naturale verità. Può fare questo chi vive nella sua vera umanità.

Chi è morto alla sua umanità, mai potrà vedere l’altro essere, secondo purissima verità; lo vedrà come realtà da conquistare, dominare, distruggere, abbattere, uccidere, sfruttare, angariare, devastare, allontanare, avvicinare, fare suo, liberarsi da esso, unire, divorziare, uccidere, possedere, sempre però in modo falso, errato, non giusto, non buono, non umano, non santo. Nella terza tentazione il diavolo offre a Gesù tutti i beni di questo mondo. Sono suoi. Lui glieli darà tutti ad una condizione: che si prostri e lo adori. Cosa c’è in questa tentazione che non funziona. Dov’è in essa la morte della vera umanità? Perché in questa tentazione cade ogni uomo, nessuno escluso? Prima leggiamo il testo evangelico.

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. (Mt 4,1-11).

Nessuna cosa di questo mondo, compresa tutta la realtà visibile, è di Satana. Tutto invece è proprietà esclusiva di Dio. Anche la vita dell’uomo è proprietà esclusiva di Dio. Il diavolo non è padrone di niente. Lui non può dare nulla a nessuno, perché non possiede nulla. Cadendo in questa tentazione, l’uomo entra in una falsità che avvolge tutta la sua esistenza. Si crede padrone di cose che non gli appartengono. Pensa di poter governare uomini che non sono suoi. Pensa di poter avere il dominio sulla terra, mentre questa mai gli obbedirà.

Chi è nella falsa umanità, perché già nel peccato della superbia, cade in questa trappola mortale del diavolo. Chi invece vive di umiltà, sa che solo Dio è il Signore del creato e rispetta ogni realtà creata secondo la verità che Dio ha posto nel suo essere. Gesù non è venuto per governare, dominare, esercitare il potere sugli e sulle cose. Non è neanche venuto per proclamarsi loro Signore alla maniera di tutti i signori della terra. Non è questa la verità del suo messianismo. Lui è venuto per dare verità ad ogni cosa. Come avrebbe potuto portare nella verità l’intera creazione se Lui per primo fosse caduto nella falsità del diavolo?

Per non cadere in questa tentazione non si deve partire dalla verità delle cose, bensì dalla verità di Dio. Dio è il Signore di tutto ciò che è esiste. Ogni cosa creata deve essere vista dall’uomo nella sua verità, in quella verità che Dio le ha donato. Non è l’uomo che può dare alla realtà la sua verità. Questo avviene quando l’uomo è nella falsità. Ma un falso darà sempre false verità alla realtà creata, come avviene oggi. L’uomo falso dona verità false all’uomo, alla donna, ai bambini, al corpo – omosessualità, prostituzione, pedofilia, lussuria, impurità – dona verità falsa alle cose – avarizia, concupiscenza, invidia, vanagloria – dona verità falsa anche agli animali, considerandoli come figli, come persone umane oppure come esseri da sfruttare a suo piacimento, o anche svuotandoli del fine per cui sono stati creati. Sempre questo avviene quando l’uomo è nella falsità ed oggi l’uomo è nella totale falsità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la nostra verità umana.

25 Febbraio 2012

LA QUARESIMA DI GESÙ
Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo!

Pietro, per divina ispirazione, per rivelazione dello Spirito Santo, confessa chi è Gesù: “Il Santo di Dio”, “Il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Ora sa che Gesù è il Cristo di Dio. Non sa però chi è il Cristo di Dio secondo Dio. Lo sa secondo gli uomini, o una comprensione della Scrittura monca, mutilata, lacunosa, priva di secoli e secoli di rivelazione aggiunta a quella già fatta precedentemente. Dio infatti non rivela il mistero in un istante. Lo rivela per gradi, aggiungendo verità a verità, da una verità iniziale si giunge alla verità totale.

Gesù sa che è venuto il tempo di rivelare ai discepoli la verità del suo essere il Cristo di Dio. Lui dovrà vivere questa verità non venendo acclamato, proclamato, innalzato, incoronato Re di Gerusalemme, con un forte esercito, strategie militari eccellenti, piani tattici capaci di annientare gli agguerriti e sanguinari soldati di Roma. È esattamente l’opposto. Sarà incoronato con una corona di spine. Per scettro avrà una canna. Pere manto un drappo color porpora. Come trono una croce. Come sudditi una folla che grida la sua crocifissione. Dai suoi sarà rinnegato, tradito, consegnato perché i pagani facciamo di Lui secondo la loro sperimentata crudeltà.

Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno». (Mt 16,13-28).

Sentendo parlare Gesù di umiliazione, crocifissione, consegna, cose tutte che attestano una vera disfatta umana, il fallimento totale di una vita, Pietro si trasforma in maestro di Gesù e lo rimprovera per quanto detto. Gesù deve saperlo: nessuno andrà dietro ad un fallito. Uno va dietro un altro perché convinto di migliorare la sua condizione. Andare dietro uno sconfitto, un reietto, uno che è rinnegato, tradito, consegnato, venduto umanamente parlando non ha alcun senso. È una vera follia quella che Gesù sta dicendo. È questa la nostra stoltezza quando ci ergiamo a maestri di Dio, della sua rivelazione, scienza divina, parola di verità.

Pietro oggi fa da vero tentatore, vero Satana, a Gesù. È facile divenire un diavolo per i nostri fratelli. Basta intervenire con la nostra scienza terrena, carnale, umana nel loro mistero. Gesù è però forte. Dice a Pietro di ritornare a fare il discepolo. Lui non è maestro. Mai lo dovrà divenire. Unico Maestro dovrà essere lo Spirito Santo del Signore, che Pietro ancora non possiede. Oggi, domani, sempre, lui dovrà vivere sempre da fedele ascoltatore dello Spirito Santo di Dio. Il giorno in cui vorrà fare il maestro degli altri, sarà sempre un Satana, un tentatore, un diavolo.

Siamo chiamati a vivere santamente la nostra Quaresima. Proviamo a non trasformarci in tentatori per i nostri fratelli. Cerchiamo di rispettare il mistero di Dio che è in loro. Aiutiamoli a realizzarlo in pienezza di verità. Facciamo anche noi perennemente fedeli ascoltatori dello Spirito Santo. Chiediamogli che ci riveli il mistero della nostra vita. È questa la vera Quaresima.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità del mistero.

10 Marzo 2012

LA QUARESIMA DI GESÙ
Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte

La più grande tentazione per un uomo viene dall’uomo, il quale vuole fare se stesso o i suoi fratelli secondo il suo proprio gusto, interesse, bisogno, necessità, urgenze. A volte queste cose sono buonissime, stupende, meravigliose. Potrebbe dare anche un volto nuovo alla storia. L’uomo però mai potrà farsi da se stesso, mai potrà essere fatto dagli altri. Lui potrà essere fatto solo dal suo Dio e Signore. Questa è la legge della sua vita.

Questa tentazione è sottile, subdola, altamente ingannatrice. È pericolosa, più che una trappola mortale, perché si presenta a noi sempre sotto forma di un bene più grande. Questo bene poi non viene proposto a noi da nemici, bensì dalle persone più care, da quanti vivono con noi e per noi, da tutti coloro che pensano, decidono, vogliono il nostro bene più grande. Essendo una proposta di un bene più grande, questa tentazione è difficile che possa essere vista all’istante come vera tentazione. La vediamo come un’occasione posta da Dio sulla nostra strada perché noi immediatamente ne facciamo tesoro.

Gesù non cade in questa tentazione perché Lui si lascia fare solo dal Padre. Eppure Lui è Dio. Potrebbe farsi da sé nella sua storia umana. Invece Lui ha scelto – ed è questa la sua vocazione – di essere fatto solo dal Padre. Nella sua vita non possono entrare né la Madre, né i discepoli, né un qualsiasi altro uomo. Il mondo intero si deve fermare dinanzi al suo mistero che nell’eternità e nel tempo dovrà essere sempre dal Padre, dal Signore Dio. Ciò che Dio vuole da Lui, solo questo si dovrà realizzare. Ogni altra cosa è tentazione e di conseguenza peccato, qualora la si dovesse accogliere e realizzare.

Dopo questi fatti, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo” (Gv 6,1-15).

Riflettiamo sulla pericolosità di questa tentazione. Gesù è Re. È il Re del Cielo e della terra. È questa la sua natura, la sua essenza, la sua vocazione, la sua missione. Non può essere però re secondo la volontà degli uomini. Dovrà e potrà essere re solo secondo la volontà di Dio. Applichiamo questo principio di Cristo. Un papa, un vescovo, un sacerdote, un diacono, uno sposato, un cresimato, un battezzato, sono tali per essenza, per natura, perché sacramentalmente consacrati a Cristo Gesù, votati a Dio, nello Spirito Santo. La tentazione è una sola: che un papa, un vescovo, un sacerdote, un diacono, uno sposato, un cresimato, un battezzato siano tali non più secondo Dio, bensì secondo il pensiero del mondo. Non si cambia la natura, la vocazione, l’essenza. Questa rimane. La si vive però non secondo la volontà di Dio, bensì secondo quella degli uomini, della terra.

La crisi del “sistema Chiesa” è proprio questa. Si è per molti versi sostituita la volontà di Dio in ordine al Sacramento da vivere con una volontà umana, anzi con mille volontà umane che di volta in volta vanno alla conquista dell’uomo per tentarlo e farlo cadere nella loro trappola. Questa tentazione ormai ha invaso anche i cuori dei “santi”. Anche loro rischiano di essere santi secondo il mondo e non più secondo Dio. Rischiano cioè di fare il bene secondo l’uomo, non secondo il Signore. Ora il vero bene si può fare solo per obbedienza e l’obbedienza è solo alla volontà di Dio. Oggi vi è tanta “santità profana”. Poca in verità è la “santità sacra”.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a vincere questa tentazione.

17 Marzi 2012

LA QUARESIMA DI GESÙ
Volete andarvene anche voi? (24 marzo 2012)

La tentazione è subdola, ingannatrice, si nasconde tra gli spazi dei nostri pensieri, desideri, aspirazioni, nello stesso ossigeno che respiriamo. Si confonde con la nostra volontà. Si rivela come la nostra stessa missione e pianta le sue tende invisibili in essa. Vi è una tentazione difficile da smascherare. È la tentazione del fare discepoli al costo di deprezzare, svendere, annulla, cancellare la verità. Questa tentazione ci fa dimenticare che noi siamo chiamati a divenire non discepoli di qualcuno, bensì discepoli della verità di Dio. A nulla serve essere discepoli di qualcuno, se non si è discepoli della verità di Dio, che deve essere seguita, anche quando il “qualcuno” di cui eravamo divenuti discepoli, abbandona la verità e si consegna alle tenebre. Questo rischio di fare discepoli di qualcuno senza la verità di Dio è così denunziato da Gesù Signore con fermezza agli scribi e ai farisei del suo tempo.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi” (Mt 23,13-15).

È sempre questa la tentazione: essere tutto, ogni cosa, ma senza la Parola del Vangelo. La storia è testimone e non mentisce: uno può essere anche papa, vescovo, sacerdote, diacono, religioso, religiosa, consacrato laico, cresimato, battezzato, sposato, teologo, catecheta, catechista, predicatore, maestro, missionario, dottore nelle cose di Dio, ma senza la Parola di Dio. San Paolo parlava di quei superapostoli, che pur di trarre discepoli dietro di sé, mercanteggiavano la Parola del Signore: “Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita. E chi è mai all’altezza di questi compiti? Noi non siamo infatti come quei molti che fanno mercato della parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo” (2Cor 2,14-17).

Oggi Gesù è tentato dai suoi discepoli. Dinanzi alla verità del mistero sul pane della vita molti di costoro lo abbandonano, se ne vanno. Lui deve scegliere: o la verità senza discepoli o i discepoli senza verità. Lui sceglie per la verità. Sa infatti che un discepolo senza verità non è un discepolo, perché il discepolo non è dell’uomo, ma della verità. Chi sceglie discepoli senza verità, ha scelto di essere lui stesso senza verità. Poiché Gesù è la verità, potrà avere solo discepoli della verità. Questa tentazione è veramente sottile, invisibile, sempre in agguato. Si mimetizza con così grande maestria e furbizia, da riuscire sempre invisibile. Ci accorgiamo della sua esistenza dopo che da essa siamo stati morsi in modo letale, senza più rimedio.

Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Cfr. Gv 6,52-69).

Negli Atti degli Apostoli San Paolo così svela questa tentazione ai Vescovi dell’Asia. “E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi” (At 20,25-31).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da questa letale tentazione.

LA QUARESIMA DI GESÙ
E il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra

La Quaresima di Gesù è iniziata nel deserto combattendo contro il diavolo e vincendo ogni sua tentazione, respingendola con fermezza, decisione, fortezza nello Spirito Santo, illuminato e sorretto dalla più pura conoscenza della volontà di Dio. Essa termina non più combattendo contro il diavolo, bensì contro la debolezza e fragilità della sua umanità, contro quella carne che si rivela debole, fragile, non pronta per andare incontro alla morte di croce.

Nel deserto è bastata una sola parola per sconfiggere il diavolo. Il semplice ricorso alla Scrittura lo ha messo in fuga. Contro la debolezza, la fragilità, la pochezza spirituale della propria carne la sola parola della Scrittura non basta più. Occorre prima di tutto la perfetta conoscenza della volontà attuale di Dio e in più si deve vincere la propria carne con una vittoria così strepitosa da farle accogliere la morte di croce, disponendosi a salire sopra di essa, bevendo il calice amaro che lo stava attendendo. Per questa vittoria è stata necessaria una preghiera così intensa da trasformare il sudore in gocce di sangue. È stato anche necessario il conforto di un Angelo, mandato dal Padre, a recare sollievo allo spirito affranto, stanco di Gesù Signore, a motivo di questo combattimento unico e solo in tutta la storia della battaglia spirituale dell’umanità. Non vi è memoria di una lotta così intensa come questa di Gesù Signore.

Quanto è avvenuto nell’orto degli Ulivi deve insegnarci una grandissima verità. La debolezza, fragilità, pochezza, inconsistenza della nostra carne non è facile da superare. Possiamo vincere tutti i nemici esterni a noi, compreso il diavolo. Difficile è vincere il nemico che è dentro di noi e cioè la nostra carne. Per questa vittoria dobbiamo ingaggiare una lotta ininterrotta che mai finirà, perché ovunque noi andiamo, lì anche portiamo la nostra carne con tutte le sue fragilità, angosce, tristezze, lamentele, tormenti, desideri, aspirazioni, rifiuti e cose del genere.

Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì. Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre». (Lc 22,39-53).

In questo fine di Quaresima, Gesù ci insegna che la nostra battaglia non è terminata con la vittoria sul diavolo. Resta la battaglia contro noi stessi, contro la nostra natura umana. Questa battaglia durerà fino all’ultimo respiro. Finché l’anima è nel nostro corpo, sempre noi dobbiamo lottare per vincere la nostra umana fragilità. Oggi questa battaglia è difficile da vincere, dal momento che nessuno vede se stesso come il suo peggior nemico, peggiore che lo stesso diavolo, peggiore che lo stesso Satana o Demonio, peggiore di ogni altro uomo esistente sulla nostra terra, peggiore dell’intero universo, se fosse tutto a combattere contro di noi.

L’uomo è il più grande nemico di se stesso a motivo del suo corpo di carne refrattario al compimento della volontà di Dio. Chi vuole fare la volontà di Dio sino alla fine deve ingaggiare contro di esso un duro combattimento nella preghiera. La conoscenza della Scrittura non serve. Non servono altri metodi. La scienza teologia si eclissa ed anche quella ascetica e mistica. Urge recarsi nel proprio orto degli Ulivi e lì porsi in orazione profonda, ininterrotta, finché la carne non sia stata domata e lo spirito non prenda il sopravvento sopra di essa e l’uomo si avvii verso il Golgota, luogo della vittoria finale sulla propria fragilità e debolezza. Chi rimane fuori dal proprio, personale orto degli Ulivi, mai potrà sperare di vincere, superare la propria fragilità umana. Alla fine non è più la Scrittura, bensì la preghiera il solo mezzo della nostra vittoria.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a superare questa battaglia.

31 Marzo 2012

LA QUARESIMA DI GESÙ
Salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!

La quaresima di Gesù termina oggi, sulla croce, sulla quale finisce la sua missione nel suo corpo di carne. Il suo è un corpo che deve stare in croce, per insegnare ad ogni uomo che la sua vocazione non è quella di una perenne ribellione verso la storia, bensì quella di un’accoglienza anche la più dolorosa pur di rimanere fedele al suo Dio e Signore.

Con il peccato l’uomo si è ribellato al Signore, Si è sottratto alla sua obbedienza. Come fare per riparare questa colpa? Come agire per rientrare nella piena fedeltà? Come ritornare nella sua amicizia e nella sua signoria? La via è una sola: dare al Signore ciò che gli abbiamo sottratto. Come? Vivendo con umiltà, pazienza, sopportazione, grande amore, tutte le conseguenze del nostro peccato. Quali sono queste conseguenze? La signoria crudele e spietata dell’uomo sopra ogni altro uomo. L’asservimento dell’uomo all’uomo per motivi di religione, fede, politica, economia, finanza, sociologia, filosofia, psicologia, scienza, diritto.

Gesù si sottopone all’uomo che gli chiede la sua morte per motivi di fede, religione, politica, diplomazia. Si tratta naturalmente di fede, religione, politica, diplomazia governate dal peccato, dal vizio, dall’ignoranza, dalla superbia, dalla volontà satanica di non sottomettersi a Dio, dal desiderio di essere l’uomo il supremo governare del mondo e della storia. Oggi, dopo il peccato di Adamo ed Eva, l’obbedienza sofferta, dolorosissima all’uomo, è la sola via per la redenzione dell’umanità. Sulla croce si deve stare fino al versamento dell’ultima goccia di sangue, fino all’esalazione dell’ultimo respiro. Mai si deve scendere da essa.

Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. (Mt 27,33-50).

Gesù è sulla croce. Viene tentato. Lo si invita a scendere da essa. A dare una dimostrazione del suo essere Figlio di Dio. Ma Gesù non è solo vero Figlio di Dio, è anche vero Figlio dell’uomo e come tale Lui deve insegnare a tutti come si vive sulla croce, come da essa si redime il mondo, lo si libera dal male, lo si avvicina a Dio. Sulla croce Gesù vive la tentazione più forte, più difficile. Gli occorre tutta la forza della sua santità per superarla. Lui però non cade nella tentazione. La vittoria è completa, perfetta.

Oggi il mondo è nella difficile tentazione di scendere dalla croce ed ogni giorno cade in essa. Non solo si cade per tentazione, la tentazione è resa legge degli Stati, per i quali nessuno può essere obbligato a stare sulla croce del matrimonio (divorzio e ogni separazione per qualsiasi motivo), della vita nascente (aborto), della vita al suo termine (eutanasia). Perché non venisse a nessuno il ricordo di ciò che ha fatto Cristo Gesù, si è pensato persino di togliere il Crocifisso dalla nostra vista. Ma Cristo è sempre sulla croce, fino alla consumazione dei secoli, per ricordarci che non vi è possibilità di vera salvezza per l’uomo se non dalla croce. Vengono così condannate tutte quelle teologie che fanno delle fede cristiana una lotta di classe, una perenne ribellione dell’uomo verso l’uomo, una rivolta tra categorie. Gesù oggi ci dice che la salvezza dell’uomo è solo nell’amore per la croce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, tu che hai saputo stare sotto la croce di Gesù, insegnaci a rimanere sempre sulla nostra croce. Angeli, Santi, aiutateci in questa obbedienza.

31 Marzo 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra

Per qualche Sabato ritengo sia opportuno riflettere sulla preghiera di Gesù. Conosceremo le profondità del suo cuore, la struttura spirituale della sua anima, gli abissi della sua mente. Ogni parola da Lui pronunziata è la sua stessa vita. Grande è la luce che sgorga dal suo vedersi dal Padre, nel Padre, per il Padre. Appreso qual è il suo segreto, noi tutti ne potremo fare un grande tesoro, perché anche noi vogliamo pregare secondo perfetta verità. La preghiera di Gesù è, prima di ogni cosa, lode, benedizione, glorificazione, celebrazione, esaltazione del Padre. Il Padre è tutto per Gesù Signore. Il Padre è la fonte della verità, santità, misericordia, giustizia, pace, pietà, compassione, carità, ogni altro dono. Niente è in Cristo che non sia un dono del Padre. Anche la sua esistenza eterna è un dono del Padre. È stato Lui a generarlo nel seno dell’eternità, prima del tempo, senza alcun tempo, senza prima e senza dopo per rapporto alla stessa esistenza del Padre.

Esiste il Padre da sempre e per sempre, dall’eternità e per l’eternità, senza principio. Esiste il Figlio da sempre e per sempre, dall’eternità e per l’eternità, ma con principio eterno dal Padre. Il Padre è principio eterno senza principio. Il Figlio è principio eterno con principio dal Padre. Per questo Gesù loda e benedice il Padre. La sua vita è eternamente da Lui. Da Lui è nato nell’eternità, perché generato. Da Lui ha ricevuto la vita. È però una vita diversa da ogni altra vita esistente nell’universo, perché è una vita senza un prima e senza un dopo. Lui esiste da quando esiste il Padre. Questo è il vero mistero della Trinità e tuttavia è dal Padre.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11,25-30).

Il Padre è il Signore del cielo e della terra. È il Signore universale. È il Signore nella Trinità ed è il Signore nella creazione. È il Signore delle cose visibili ed è il Signore delle cose invisibili. Tutto ciò che esiste è un suo dono d’amore. Non però di un amore di costrizione, necessità, bensì di un amore di libertà, vera carità, vero desiderio di comunicare la sua vita a tutto ciò che esiste. Anche della sua vera umanità il Padre è il Signore. In quanto suo Signore a Lui deve ogni obbedienza, rispetto, onore. Poiché il Padre è il suo Signore, Gesù vive per fare solo la sua volontà. Conoscere altre volontà da compiere sarebbe sottrarre a Dio la sua Signoria. È questo il peccato: togliere al Padre la sua Signoria sulla nostra vita e consegnarla alle cose di questo mondo. Per questo il peccato è definito avversione a Dio e conversione alle creature. Allontanamento da Dio e avvicinamento alla creazione, per vivere con essa un rapporto errato, falso, bugiardo, senza alcuna verità. Non potrebbe essere diversamente: si toglie a Dio ciò che è di Dio e si dona ad una creatura che non ha alcun diritto di giocare a svolgere il ruolo che è solo di Dio e di nessun altro. Cristo mai si è sottratto a questo suo specifico dovere.

La relazione vera, giusta, perfetta con il Padre si può vivere solo nella grande umiltà. Cosa è l’umiltà per un uomo? Riconoscersi creatura. Ma cosa significa riconoscersi creatura? Vuol dire pensarsi non da se stessa, ma da Dio, non però solo nell’istante della sua origine, al suo principio. Bensì per tutti gli attimi della sua esistenza. Questo pensarsi da Dio deve abbracciare corpo, anima, spirito, sentimenti, volontà, desideri, progettazione, non solo per pochi giorni, o per qualche anno, ma per tutti i giorni, gli attimi, i secondi della propria vita. È umile chi sa di dover essere sempre da Dio e con cuore puro accoglie la sua volontà come unica e sola luce della sua intera esistenza. È umile chi pone interamente la sua vita nelle mani del Creatore del Cielo e della terra e a Lui si rivolge con perenne preghiera perché faccia di lui ciò che gli piace, secondo il suo disegno eterno di amore. All’umiltà deve sempre aggiungersi la grande libertà di abbandonare tutto di noi stessi, pensieri, cultura, scienza, filosofia, dottrina, modo di essere, relazioni, gli stessi luoghi, le stesse persone, tutto ciò che è il nostro ambiente vitale. Questa libertà deve essere senza alcuna restrizione. Non possono esistere legami né di uomini e né di cose. Deve essere libertà senza limiti di tempo. Per sempre Dio deve essere il Signore della nostra vita. Se per un istante ci riprendiamo la libertà, cadiamo anche dall’umiltà, perché ci riappropriamo della nostra vita e la poniamo nelle nostre mani e non più nelle mani di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci ad essere umili e liberi.

07 Aprile 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Nessuno conosce il Figlio se non il Padre

In questa preghiera Gesù racchiude tutto il suo mistero. Lui è dal Padre, ma anche è per il Padre. Cosa ha fatto di Lui il Padre? Gli ha dato tutto. Tutto ha messo nelle sue mani. Del Padre Gesù è il Plenipotenziario, il Fiduciario, l’Economo dei divini misteri, l’Amministratore della sua grazia, il Conoscitore della sua verità, il Datore dello Spirito Santo, il Mediatore della salvezza, il Costruttore del Regno dei cieli sulla terra, il Fondatore della Chiesa, il Fondamento invisibile sul quale poggia la vera comunità dei credenti. Il Padre nessun altro ha costituito in questo ruolo e in questo ministero. Chi si assume un tale potere è semplicemente un usurpatore, un mentitore, un ingannatore dei suo fratelli.

Le Parole di Gesù sono di una chiarezza unica. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre. Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Questa conoscenza di purissima verità, perfettissimo amore, santissima grazia divina è solo di Gesù. Se Lui introduce in questo mistero, l’uomo conosce. Se Gesù non introduce, l’uomo non conosce. Qualcuno potrebbe obiettare: non è oggi la Chiesa che deve introdurre nel mistero del Padre? Non sono state affidate ad essa le chiavi del regno di Dio sulla nostra terra? È verità. La Chiesa è la sola vera mediatrice di vera salvezza. Tuttavia essa non è separata da Cristo Gesù. Essa può svolgere la sua missione solo se è in Cristo, con Cristo, per Cristo. Non vi è autonomia, ma comunione, creazione di un solo corpo, di una sola vita, di un solo mistero.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11,25-30).

Cristo è il Signore della Chiesa, il Vivificatore, il Verificatore, il Maestro, la Guida, la Parola, la voce, il cuore, le labbra, i piedi, la volontà, i sentimenti. Cristo è per la Chiesa ciò che l’anima è per il corpo. Se l’anima, esce dal corpo, il corpo è nella morte. Se Cristo per un solo istante lasciasse la Chiesa a se stessa, uscisse dal suo seno, questa cesserebbe di esistere. Sarebbe una cosa umana e non più divina. Sarebbe un fatto della terra, ma non più del cielo. La Mediazione di Cristo è eterna. Non solo dura fino alla consumazione dei secoli. Essa non finisce neanche nell’eternità. Anche nel Paradiso chi vuole conoscere il Padre, lo potrà conoscere solo in Cristo, con Cristo, per Cristo. Non vi è conoscenza diretta.

Se questo vale per il Paradiso, figuriamoci per la terra. Eppure oggi il cristiano osa affermare che Cristo e gli altri sono la stessa cosa. Che tutti sono via di salvezza, di redenzione, di giustificazione, di elevazione spirituale. Ignorano una verità storica di vitale importanza. Dove Cristo non regna, il cuore è nel fango della falsità, del peccato, della disumanità. Già i Santi hanno difficoltà a rimanere e a crescere in una verità sempre più piena, forte, robusta. Già il cristiano, con tutti i mezzi di grazia a sua disposizione, vive una vita spiritualmente meschina, priva di vera santità, di autentica umanità, si lascia conquistare dal vizio e della disobbedienza.

Se il cristiano a stento si salva nonostante l’abbondanza di ogni dono celeste – qui non si parla dei cristiani infedeli e rinnegatori di Cristo, ma del cristiano giusto che si impegna ogni giorno a camminare sulla via della verità e della grazia – quale salvezza vera, autentica possiamo noi sperare per quanti camminano nella falsità della conoscenza di Dio e dell’uomo, della natura, delle cose, del visibile, dell’invisibile? La salvezza non è quella futura. È quella presente, quella che avviene nella storia. Quella che si compie oggi, qui, ora. È Cristo la Luce del mondo nella storia. Da Cristo il cristiano attinge la Luce e la diffonde ai suoi fratelli, perché anch’essi possano essere illuminati dalla verità divina ed eterna, possano essere guidati dalla sapienza e saggezza dello Spirito Santo. Se il cristiano si trasforma in tenebra, tutto il mondo è nella tenebra. Un cristiano spento – ed oggi molti siamo in questa condizione di oscurità totale – è la più grande tragedia di questo mondo. Senza la Luce di Cristo, portata nel mondo dal cristiano, vi è la schiavitù delle tenebre morali, spirituali, del cuore, della mente, del corpo. Basta osservare oggi la schiavitù del corpo – non parliamo di quella dello spirito – nella quale il mondo cristiano è caduto, per comprendere che ormai la Luce di Cristo non brilla più in mezzo a noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, riaccendete la Luce cristiana nel mondo.

21 Aprile 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi

Il peccato stanca il nostro corpo. Il vizio opprime il nostro spirito. La nostra cattiveria e malvagità riesce persino a stancare il Signore tanto essa è grande: “Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? (Is 7, 13). Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe; anzi ti sei stancato di me, o Israele (Is 43, 22). Non mi hai portato neppure un agnello per l’olocausto, non mi hai onorato con i tuoi sacrifici. Io non ti ho molestato con richieste di offerte, né ti ho stancato esigendo incenso (Is 43, 23). Non mi hai acquistato con denaro la cannella, né mi hai saziato con il grasso dei tuoi sacrifici. Ma tu mi hai dato molestia con i peccati, mi hai stancato con le tue iniquità (Is 43, 24). Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi (Mi 6, 3). Voi avete stancato il Signore con le vostre parole; eppure chiedete: Come lo abbiamo stancato? Quando affermate: Chiunque fa il male è come se fosse buono agli occhi del Signore e in lui si compiace; o quando esclamate: Dov’è il Dio della giustizia? (Ml 2, 17). Come una rondine io pigolo, gemo come una colomba. Sono stanchi i miei occhi di guardare in alto. Signore, io sono oppresso; proteggimi (Is 38, 14).

Oggi l’uomo è stanco di Dio, stanco della Chiesa, stanco dei sacramenti della salvezza, stanco di amare, sperare, vivere. È stanco addirittura di essere uomo. Tutto questo accade perché si è distaccato dalla sorgente della verità e della grazia, della giustizia e della pace, della vera speranza. Senza le radici nella verità di Dio, l’uomo è in tutto simile ad un albero le cui radici sono esposte al sole in un deserto cocente e infuocato. A quest’uomo affaticato, stanco, oppresso, depresso, confuso, senza vera speranza risuona imperiosa la voce di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, io vi darò ristoro”. Il ristoro di Gesù avviene nella collocazione delle nostre radici nella sua verità e nella sua grazia.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11,25-30).

Perché l’uomo ha necessariamente bisogno per essere, per vivere, per sperare, per amare, di venire ricollocato con tutto se stesso in Dio? Perché Dio ha fatto l’uomo eternamente legato a Lui, più che un bambino alla madre con il cordone ombelicale. Ora Dio ha stabilito Cristo “come nostro cordone ombelicale” tra noi e Lui. Nessun altro è questo “cordone divino” di salvezza. Nessun altro è questa via che ci mette in perfetta comunione con il nostro Dio, in modo che noi possiamo attingere quotidianamente la vita. Per usare un’immagine ardita, ma che rende il concetto e la verità del mistero, è Cristo il “Latte di Dio”, di cui giorno per giorno ci dobbiamo nutrire se vogliamo essere veri uomini. Possiamo applicare a Cristo Gesù quanto la Scrittura dice di Gerusalemme: “Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa tutti voi che l’amate. Sfavillate con essa di gioia tutti voi che per essa eravate in lutto. Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria. Perché così dice il Signore: «Ecco, io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace; come un torrente in piena, la gloria delle genti. Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati” (Is 66,10-13).

Non si tratta allora di un ristoro esteriore, bensì di pienezza di vita. Cristo Gesù dona se stesso come “purissimo latte spirituale, divino, eterno” e l’uomo ritorna nella sua umanità. Ma oggi l’uomo non vuole nutrirsi di Cristo, altre sono le sue sorgenti avvelenate cui ricorre. La stanchezza e l’oppressione si trasformano in morte. Niente che è nella creazione può dare vita all’uomo. La creazione non ha questo potere di conferire vita all’uomo, perché l’uomo non viene dalla creazione, intesa come natura. L’uomo è un mistero altissimo. È un essere che per vivere si deve nutrire di Cristo Gesù. Come il bue si nutre di erba, così l’uomo deve nutrirsi di Cristo. Il bue viene dalla natura. L’uomo viene da Dio. Il bue mangia la natura. L’uomo mangia il suo Dio. Oggi l’uomo ha deciso di mangiare solo dalla natura ed è divenuto anche lui un bue che si nutre di erba. Ma l’erba non è per l’uomo. Per l’uomo il suo unico e solo alimento è Cristo Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, convinceteci di questo grande mistero.

28 Aprile 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Imparate da me, che sono mite e umile di cuore (05 Maggio 2012)

Gesù propone se stesso come vero modello, perfetto esempio da imitare. Ci chiede che lo imitiamo nella mitezza e nell’umiltà del cuore. Ma cosa sono nella loro più pura essenza la mitezza e l’umiltà? Quali i frutti che queste due qualità di Gesù producono nella nostra vita?

La mitezza è fortezza nello spirito, risolutezza del cuore, violenza buona dell’anima, che ci fa rimanere stabili, fermi, ancorati alla volontà di Dio sempre, nonostante tutto, in ogni vicenda della nostra vita terrena, sia essa buona o cattiva, di gloria o di disonore, di giustizia o di ingiustizia, di esaltazione o di oppressione. Il mite non si dispera, non si abbatte, non si stanca, non viene mai meno, non si arrende, non si deprime, ma neanche si esalta. Lui sa che la via per andare a Dio è lastricata di molti chiodi appuntiti e sporgenti dal terreno e nonostante tutto la vuole percorrere sino alla fine.

Il mite vede il male, ma non vede gli uomini che lo fanno, perché vede solo la volontà di Dio che lo chiama a rispondere al male con il più grande bene, perdono, misericordia, pietà, compassione. Anche sulla croce non si vedono gli uomini che crocifiggono e che insultano o tentano, ma solo il male ricevuto come forte prova per distaccarci dal Signore. Invece il mite pone interamente la sua vita nelle mani del suo Dio e Signore. Sia Lui a condurla con a Lui piace. Se Lui permette che passi attraverso la croce è segno che questa è la sola via per la sua salvezza, redenzione, più grande santificazione. Dio sa. Il mite non sa. La scienza di Dio è sempre mossa dalla sua eterna sapienza e dalla più alta carità.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11,25-30).

L’umile è colui che sa che Dio è il Signore della sua vita. Se è il Signore, a Lui la vita appartiene per diritto. Non gli appartiene però in modo generale, bensì in modo particolare, cioè in ogni singolo momento di essa. Ogni istante è del Signore e lo si deve vivere secondo la sua volontà, altrimenti Dio non è più il Signore della vita, perché ci sono dei momenti, delle ore, delle giornate, delle scelte, degli orientamenti che sono interamente nelle nostre mani. Per essere umile l’uomo deve interamente spogliarsi della sua volontà, metterla sotto i piedi, sconfiggerla, distruggerla, annientarla. Al suo posto assumere tutta la volontà di Dio per lasciarsi guidare da essa per tutti i giorni delle propria vita. È questo annientamento che fu Cristo Gesù:

“Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita” (Fil 2,1-18).

Gesù è sempre dal Padre. Cuore, mente, pensieri, desideri, aspirazioni, progetti, anni, mesi, giorni, ore, minuti, attimi, corpo, spirito, anima, tutto, interamente tutto, sempre, è dal Padre. Cristo Gesù è l’obbedienza divina ed eterna fattasi carne. Tutto in Gesù, anche il moto più insensibile e impercettibile dalla mente e del cuore, erano dal Padre. Nulla è da Lui. Essere umili significa allora mettere al timone della nostra vita il Padre dei cieli, perché sia Lui, solo Lui, a condurre la barca della nostra vita dove a Lui piace, con tempi e modalità secondo il suo beneplacito, la sua eterna saggezza, il suo infinito amore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi fateci miti e umili di cuore.

LA PREGHIERA DI GESÙ
Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero

pensa per un istante al peso del vizio in termini di costo in denaro, malattie, cure, medicine, visite specialistiche, ricerca dei migliori ospedali, giornate di lavoro perse, vita accorciata, schiantata, abbandonata per sempre qua e là, funerali, dolore provocato agli altri. A volte tutto il lavoro di un mese viene dilapidato in un solo istante dal più innocuo dei nostri vizi. Questo per parlare solo dei vizi leggeri. Poi ci sono anche i vizi pesanti, quelli che dilapidano un patrimonio, il lavoro di generazioni e generazioni; che mandano in frantumi la stessa famiglia, riducendola al lastrico, alla più grande povertà. Il vizio è veramente una miniera di distruzioni, morti, malattie incurabili, degenerazione della nostra stessa natura, che diviene incapace di trasmettere persino la vita. Il vizio è un vero veleno pestifero. Chi ne prende anche uno solo, ha finito di essere se stesso. La sua natura giorno dopo giorno gli viene a mancare sotto i piedi.

Pensa ora per un istante alla leggerezza della virtù. Non comporta nessuna spesa. Non richiede nessun denaro. Ti conserva in buona salute. Il tuo corpo risponde sempre alla tua anima. Hai il pieno governo della tua vita. Con la virtù non diverrai mai povero, anzi ti arricchirai sempre di più. La virtù è un nutrimento di vera vita. Con essa il discepolo di Gesù fa della sua vita uno strumento di grande, immenso, infinito amore. Il virtuoso giunge ad amare, servire, accudire il mondo intero. È un vero datore di vita per tutti i suoi fratelli. Niente è più necessario all’uomo, se non la virtù posseduta però in modo eroico, cioè come l’hanno vissuta e la vivono i santi.

Così insegna Gesù oggi? Proprio questo: che il suo giogo è dolce e il suo peso leggero. Il suo giogo è dolce perché è un giogo di amore, pace, gioia, verità, giustizia, misericordia, compassione, arrendevolezza, preghiera, grande libertà nello spirito. Un giogo così non può essere se non dolce. Il suo peso è leggero perché è vita secondo la sua Parola, osservanza perfetta delle sue Beatitudini. Chi vive di Parola di Gesù sperimenterà la stessa leggerezza di Dio, che è propria dello spirito, della luce, della verità, della carità, dell’amore, della vera fede.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Mt 11,25-30).

Un uomo che vive di vizi è aspro, amaro, velenoso nelle parole e nelle azioni, scontroso, scostante, difficile nei rapporti, sempre alla ricerca di nuove sensazioni, spiritualmente assai povero, morto nella sua anima. Quest’uomo è senza Dio e senza i fratelli, perché è solo dei suoi vizi che lo opprimono e gli rendono la vita impossibile. Non vi è pace per chi cade nei vizi. Si inizia spesso con un vizio leggero e poi si finisce con uno molto pesante. Si comincia con il poco e si termina con l’assai, con il molto. Il vizio è distruzione dell’umanità. Questa viene alterata anche nei suoi geni. Nel vizio l’uomo si distrugge e distrugge. Il vizio è morte.

Un uomo che vive invece di virtù è un uomo libero, dolce, caritatevole, amabile, amichevole, socievole, aperto alla vita, capace di operare il più grande bene, sempre attento alle necessità dei fratelli. L’uomo virtuoso è un vero costruttore di vita ad ogni livello: familiare, sociale, economico, finanziario, politico, sportivo, ricreativo, associativo. I santi, che hanno vissuto le virtù in modo eroico, sono stati i più grandi portatori di vita in questo mondo. Lo hanno fatto con semplicità, leggerezza, dolcezza, amabilità, grande spirito di misericordia e di bontà. Non avendo in essi alcuna radice velenosa di vizio, hanno potuto consacrare interamente la vita al servizio dei fratelli. Mentre il vizio è egoismo puro. La virtù è altruismo santo. Il virtuoso sa che la sua vita è pane da offrire ai fratelli perché se ne nutrano e vivano. È questa la grande potenza, la straordinaria forza della virtù: essa è capace di trasformare la vita di un uomo in un pane dolce, gustoso, leggero, perché tutti se ne nutrano e trovino anche loro un po’ di vita vera. In fondo il virtuoso in Cristo fa della sua vita una vera Eucaristia, un dono d’amore per i fratelli. Quando si giunge a questa dimensione nell’acquisizione delle virtù, è il segno che è morto in noi l’uomo animale, o naturale, ed è nato l’uomo spirituale, o secondo lo Spirito di Gesù. Al raggiungimento di questa altissima spiritualizzazione noi tutti siamo chiamati. È questa la nostra vocazione. Con il vizio diviene impossibile poterla raggiungere.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci le sante virtù.

12 Maggio 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare (19 maggio 2012)

La preghiera è presentazione, nella fede, speranza, carità, della nostra vita al Signore nel suo particolare momento storico, che può essere di somma gioia ma anche di infinita tristezza; di esultanza ma anche di prostrazione; di forte entusiasmo per il compimento della volontà di Dio ma anche di paura, angoscia, turbamento nel percorrere la via dell’amore sino alla fine, specie quando la fine è la nostra crocifissione, il nostro martirio, il nostro olocausto per il Signore.

Se non partiamo da questa verità ed essenza della preghiera, difficilmente comprenderemo cosa vuol dire elevare piamente la nostra mente in Dio. La mente si eleva in Dio per presentargli la nostra vita nell’attimo in cui la si sta consumando. A Dio si chiede che sia Lui il futuro di essa. Non è conservandola e neanche offrendola che creerà il nostro futuro. Il nostro futuro è uno solo: il Padre dei Cieli. Noi gli offriamo tutto di noi perché Lui ci doni tutto se stesso ed è in questo dono totale di sé che il nostro futuro diviene non più terreno ma divino, non più secondo la carne ma secondo lo spirito, non più frutto di azioni umane ma vera creazione del nostro Dio, che è il Creatore perenne della nostra vita.

Gesù è nella tristezza e angoscia per la passione ormai imminente. Nessun uomo potrà mai da solo, senza la grazia del Padre, vivere nella più alta carità, fede e speranza, un momento storico così forte, potente, nel quale l’anima viene schiacciata, il corpo triturato e lo spirito angariato dalla malvagità e crudeltà umana. Gesù, purissimo, verissimo, perfettissimo uomo, anche Lui ha bisogno della grazia del Padre. Se Dio vuole la sua passione, Lui è pronto. Gli occorre però tutta la grazia del Padre. Gesù si prostra, umilmente chiede, santamente invoca il Padre perché solo la sua volontà si compia. La vera preghiera è sempre un frutto della vera conoscenza di sé stessi e di Dio. Noi non conosciamo né noi stessi e né il Signore, per questo o non preghiamo o preghiamo male, senza fede, carità, speranza, senza presentare a Dio la nostra storia perché Lui la salvi, senza alcuna volontà di chiedere che sia Lui il nostro futuro.

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». (Mt 26,36-46).

La presentazione a Dio della nostra storia concreta, attuale, dell’attimo, è vera, se fatta con insistenza, fino alla risposta di Dio, che è pace nello spirito e nell’anima, serenità dei sentimenti, fortezza della volontà, sapienza e intelligenza sulle cose che urge compiere perché rimaniamo sempre noi i signori della nostra vita e mai diventino gli altri. Gesù prega. Il Padre lo ricolma della sua possente grazia. Trova la giusta serenità per poter affrontare la passione. Ora è pronto per andare in croce. Angoscia e tristezza scompaiono. Non esistono più.

È questa la risposta di Dio: la forza che Lui dona perché la sua volontà si compia; la saggezza e sapienza perché vediamo nel compimento della divina volontà il nostro più grande bene; la libertà del cuore e della mente da ogni idea di tentazione e di offuscamento della divina verità in noi. Dio non risponde secondo i desideri stolti del nostro cuore, bensì cambia totalmente il nostro cuore, la nostra mente, i nostri desideri. Trasforma persino il nostro corpo perché lo libera da ogni paura e timore che sono vera tentazione perché la sua volontà non si compia nella nostra vita. L’esaudimento della preghiera consiste proprio in questo: nel grande miracolo che si compie in noi. Tutto di noi si dispone perché solo il Signore sia il Signore della nostra vita e nessun altro, neanche noi stessi. Quando avremo imparato la verità della risposta di Dio, allora avremo compreso che non si deve interrompere la preghiera finché noi non siamo pronti per andare in Croce, perché è questo il suo vero esaudimento. Dio ci esaudisce perché ci prepara a vivere di Lui e per Lui per tutti i giorni della nostra vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la verità della preghiera.

LA PREGHIERA DI GESÙ
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»

Gesù è inchiodato sulla croce. La sua sofferenza è indicibile. Grida al Padre tutto il suo dolore con il cuore pieno di dolce speranza. Egli lo sa. Il Padre lo libererà presto. Presto verrà in suo aiuto. È questa la speranza che annunzia il Salmo con il quale oggi Gesù si rivolge al Padre.

“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido! Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me. Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d’Israele. In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti; a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi. Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente. Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere, a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. Non stare lontano da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti. Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tori di Basan. Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce. Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere. Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte.

Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Essi stanno a guardare e mi osservano: si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l’unico mio bene. Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali. Tu mi hai risposto!

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele; perché egli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto. Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre! Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli. Perché del Signore è il regno: è lui che domina sui popoli! A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere; ma io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!»” (Sal 22 (21) 1-32).

Quella di Gesù è preghiera di affidamento, di consegna al Padre nella grande, indicibile sofferenza. È una preghiera ricca di fede. Sa che il Padre è la sua salvezza. Con questa fede può vincere la tentazione degli uomini. Può sostare sulla croce finché il Padre non verrà a liberarlo. È questa la potenza della fede. Essa ci insegna come stare in croce e quanto stare. Si sta in preghiera. Si sta per tutto il tempo che il Padre lo vuole. Il fine del nostro stare in croce noi non lo conosciamo. Dio però lo conosce. E lui non ci farà stare neanche un minuto in più.

A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito” (Mt 17,45-50).

Noi però siamo deboli nella fede. Non crediamo nel Dio che libera dalla croce. Pensiamo che siamo noi a doverci liberare oppure che siano gli uomini a doverlo fare. Ma essi non sono veri liberatori e neanche noi lo siamo. Per questo ci occorre una fede pura, limpida, santa. Più vera è la nostra fede e più capacità abbiamo di stare sulla croce. Se questa fede viene a mancarci, anche il poggiare la mano sulla croce per noi diviene assai pesante e ci ribelliamo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci una vera fede e un grande amore.

26 Maggio 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»

Il Vangelo è per intero tutta la vita di Gesù. Quanto Gesù ha detto, lo ha anche vissuto. Lo ha detto perché sua vita, sua storia, sua verità incarnata per tutti i giorni della sua permanenza nel suo corpo di carne in mezzo a noi. Vi è infinita differenza tra il Comandamenti e le Beatitudini. I Comandamenti sono dati da Dio, da Lui però non sperimentati nel suo corpo di carne, che non aveva. Le Beatitudini sono date da Cristo Gesù, il Dio incarnato, ma tutte sperimentate nel suo corpo di carne, assunto nel seno verginale di Maria, quando si fece uomo e venne ad abitare in mezzo a noi per ricolmarci di grazia e di verità. Ecco cosa Lui ha insegnato ai suoi discepoli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. (Cfr Mt 5,21-48).

Questa stupenda pagina di Vangelo è la vita di Cristo nel momento della sua passione e in tutti gli altri giorni della sua vita sulla nostra terra. Leggiamo cosa dice oggi Gesù dalla croce.

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. (Lc 23,33-46).

Gesù è inchiodato sulla croce. Le piaghe sono aperte. Il sangue esce dalle sue vene. Il dolore è atroce. Gesù non pensa a sé. Vede coloro che lo hanno crocifisso. Vuole il loro bene. Non c’è volontà di bene per gli altri, se il nostro cuore è chiuso al perdono, alla misericordia, alla compassione, alla scusa. Dall’immane sofferenza Gesù innalza il suo grido: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. È questa preghiera che fa la differenza tra chi è vero discepolo di Gesù e chi lo è solo in apparenza. Tra chi è cristiano e chi è ancora poco cristiano. Tra chi ama sul modello di Gesù e chi ancora non riesce ad amare. Senza perdono non si può essere cristiani, perché il cristiano ha una altissima vocazione: offrire la sua vita al Padre per la redenzione del mondo, per la salvezza di tutti i suoi fratelli. Per far questo dobbiamo far sì che lo Spirito Santo vinca in noi tutta la potenza della nostra carne.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a perdonare come Gesù.

02 Giugno 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito»

Leggiamo nel Vangelo che un giorno si presentano a Gesù alcuni, mandati dai farisei, per porgli una domanda su questioni di morale sociale. Ascoltiamo quanto è avvenuto: “Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono” (Mt 22,15-22).

Gesù è vero uomo. Anche nella sua creta il Padre ha soffiato il suo alito di vita. Anche per lui vale quanto narra il Libro della Genesi: “Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gen 2,4-7). Lo spirito dell’uomo è proprietà di Dio e giorno per giorno dobbiamo sempre consegnarlo al Signore, perché sia Lui a rigenerarlo, rinnovarlo, farlo splendere della sua verità, carità, giustizia, santità.

“Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo” (Lc 23,41-49).

Gesù ha consegnato il suo corpo a Cesare. Il corpo è terra, polvere del suolo e questa polvere è di Cesare. Lo spirito invece appartiene al Padre, è del Padre, al Padre glielo si deve consegnare, perché lo ridoni al corpo, splendente di luce eterna, il giorno della sua gloriosa risurrezione. Questo mistero è grande, infinito, divino.

Per poter dare lo spirito al Padre anche il corpo deve essere dato al Padre e lo si dona al Padre conservandolo nelle virtù. Un corpo conservato, custodito, allevato nel vizio mai lo si potrà dare al Padre e di conseguenza neanche lo spirito lo si darà mai. Ma se lo spirito non è dato al Padre, se lo afferra il diavolo e lo porta nell’inferno assieme al corpo.

È questo il peccato più grande dell’uomo d’oggi: una dichiarazione di falsa testimonianza, di calunnia, di menzogna, di errore. L’uomo di oggi afferma che lo spirito è suo e di esso può fare ciò che vuole. Dice anche che il corpo è suo e di esso può fare ciò che vuole. Quest’uomo oltre che insipiente, stolto, mentitore e ingannatore di se stesso, compie il tradimento di se stesso. Si sottrae alla verità per consegnarsi alla menzogna. Si libera dal principio eterno della vera libertà per consegnarsi alla peggiore delle schiavitù e al padrone di tutti gli schiavi che è il diavolo.

L’uomo più dichiarare il falso su se stesso, ma solo contro se stesso, per la sua rovina eterna. Come una falsa testimonianza genera carcere o morte, così dicasi anche per la falsa testimonianza dell’uomo contro se stesso: essa gli genera il carcere della schiavitù e la morte del peccato. Gli genera poi la perdizione eterna, nell’altra vita.

Il primo falso testimone fu lucifero. La sua falsa testimonianza su se stesso precipitò nell’inferno un terzo di Angeli. Per invidia rese falsa testimonianza dell’uomo e di Dio ad Eva. Questa lo ascoltò e fu la rovina dell’intera umanità. Tutti noi ogni giorno sperimentiamo la morte spirituale e fisica a causa di questa falsa testimonianza ascoltata. Oggi la falsa testimonianza viene dalla teologia, dalla filosofia, dalla scienza, dalla tecnica, dall’arte, dallo sport, dalla politica, dall’economia, dalla finanza, dai Mass –Media, viene semplicemente dall’uomo. Dove vi è un uomo, lì può sempre nascere la falsa testimonianza. Una è la verità: lo spirito è di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Dio e dell’uomo

09 Giugno 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Dopo aver reso grazie

Gesù è l’uomo più povero di questo mondo. Di quanto è terra, non è entrato in possesso neanche di un granello di sabbia. Tutti noi ci possiamo appropriare di un qualcosa su questa terra. Chi per un verso e chi per un altro siamo tutti proprietari di qualcosa. Gesù non fu proprietario di nulla. Lui dipendeva sempre dalla carità degli altri, perché il Padre questo aveva stabilito per Lui. Se è il più povero tra gli uomini, se è colui che deve tutto riceve per vivere, Lui è anche il più ricco di tutti. È il più ricco in quanto a fede, carità, speranza. Lui sa che il Padre suo tutto gli dona. Questa è la sua fede. È sufficiente che Lui alzi gli occhi al cielo e chieda al Padre con una preghiera non di impetrazione – sarebbe la sua una fede imperfetta se fosse una preghiera di richiesta – bensì una preghiera di ringraziamento. Questa preghiera ringrazia Dio prima della grazia perché sa che la grazia è già stata fatta.

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». (G 11,38-44).

La perfezione della fede dona perfezione alla preghiera di Gesù. La perfezione della fede nasce in Lui dalla perfezione della carità. Lui non chiede per se stesso. Chiede per gli altri. Non chiede per sfamare se stesso. Per sfamare se stesso non deve chiedere a Dio, ma ai fratelli. Sono questi la sua provvidenza, il suo sostegno, il suo soccorso. Lui chiede per i suoi fratelli. Il suo amore lo trasforma in preghiera di ringraziamento. La preghiera è subito ascoltata dal Padre, accolta, esaudita. Quanto è grande la nostra carità, tanto sarà grande la nostra fede. Tanto grande anche la nostra speranza. Il Padre mai delude i suoi figli.

“Dopo questi fatti, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti” (Gv 6,1-21).

Noi uomini abbiamo nella nostra non fede una grande capacità: trasformiamo il molto, il moltissimo, il troppo in troppo poco, in niente. Il peccato questo produce: il cambiamento del bene in male, del molto in poco, della ricchezza in povertà, della salute in malattia, della libertà in schiavitù, della vita in morte. Cristo Gesù, nella sua grande santità, trasforma il pochissimo in moltissimo. Noi peccatori siamo sempre affannati, perché siamo costruttori di affanni per noi e per gli altri. Gesù, il Santo, è costruttori vi pace per sé e per il mondo intero.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ricchi di fede, carità, speranza.

16 Giugno 2012

23 Giugno 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Padre, glorifica il tuo nome

Gesù è in un momento particolare della sua vita. Questo momento è presentato dai Vangeli Sinottici e da Giovanni in modo sostanzialmente differente, a motivo di una differente teologia che anima i due racconti. Leggiamo quanto Luca ci narra di questo momento vissuto da Cristo Gesù nel giardino del Getsemani.

Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». (Lc 22,39-46).

San Luca drammatizza tutta la fragilità dell’umanità di Cristo Gesù dinanzi al mistero della morte e per di più di una morte cruenta, assai spietata, crudele, disumana. Giovanni invece presenta tutta la potenza di grazia e di Spirito Santo che regna nel cuore di Cristo. Potenza che lo aiuta a vivere da vero Signore questo evento. Anche perché in questo momento Lui sta proponendo ai suoi discepoli, come verità oggettiva della sequela, il suo stesso mistero di morte. Non si può proporre una sequela, se colui che la propone ha egli stesso angoscia, paura, tremore, spavento. Chi propone questa via di morte deve essere Lui stesso esempio perfetto per tutti. Vi è la morte come via della vita e questa morte va affrontata con tutta la potenza della grazia che viene costantemente rinnovata in noi dallo Spirito Santo del Signore.

Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. (Gv 12.20-33).

In verità tra i Vangeli Sinottici e quello di Giovanni non vi è alcuna contraddizione. Questa fermezza dinanzi alla morte in San Luca diviene il solo desiderio di Cristo Gesù, il suo solo anelito. È il fuoco che brucia nel suo cuore e che si estinguerà solo nel momento della sua consumazione totale sull’altare del suo corpo sul monte Golgota.

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera (Lc 12,49-53).

Ecco allora la preghiera di Cristo Gesù al Padre: Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre glorifica il tuo nome. Come? Donando a Cristo tutta la potenza dello Spirito Santo per confessare la sua verità oggettiva, cioè il suo essere dal Padre, dinanzi al Sinedrio e a Pilato. Tutto il mondo deve sapere chi è il Padre. Cristo Gesù rivela tutta la verità del Padre e lo glorifica. Qual è la verità del Padre? Che ogni uomo gli deve ogni obbedienza fino alla morte di croce. Cristo si fa obbediente a questa verità fino alla morte di croce e lo glorifica con una gloria eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a glorificare il Padre.

23 Giugno 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
E io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito

Gesù sa che noi abbiamo bisogno di una cosa sola: del dono dello Spirito Santo. Ogni altra cosa è data dallo Spirito del Signore dentro di noi. Questa verità ecco come viene da Lui insegnata nel Vangelo, quando parla della preghiera.

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». (Lc 11,1-13).

Verità sublime sull’opera dello Spirito Santo in noi è quella che ci insegna San Paolo.

Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza. Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio (Rm 8, 18-27).

Lo Spirito Santo è in noi più, infinitamente più che la nostra anima. È Lui che crea la vera comunione con Dio e con i fratelli, perché la crea prima di ogni cosa all’interno di noi con ogni nostra facoltà spirituale: mente, cuore, volontà, desideri, sentimenti, aspirazioni, pensieri. Senza lo Spirito del Signore che abita perennemente in noi e che da noi giorno per giorno viene vivificato, il nostro cristianesimo è vano ed anche la nostra pura umanità è vana, perché priva del suo vero Spirito che la deve ricolmare di eterna verità e divina carità.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Ecco a cosa si impegna Gesù Signore per tutta l’eternità: a pregare il Padre perché sempre faccia discendere su di noi il suo Santo Spirito. Per chi è questa preghiera? Per quanti lo amano e si impegnano ad osservare i suoi comandamenti, a vivere nella sua Parola. Noi viviamo di Parola di Gesù. Gesù prega per noi il Padre. Il Padre manda su di noi il suo Santo Spirito e noi entriamo nella verità e santità del nostro essere, della nostra vita, delle nostre relazioni. Se però non amiamo Gesù, Lui non potrà pregare per noi e nessuno ci darà lo Spirito Santo e noi siamo essere morti. Dalla nostra morte non possiamo produrre alcuna opera buona.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci ad amare Gesù con cuore puro.

30 Giugno 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te

Il Figlio è la gloria del Padre. Il Padre è la gloria del Figlio. Il Paradiso è la celebrazione di questa gloria eterna nello Spirito Santo che è la gloria del Padre e del Figlio. Gesù però si fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Come vero uomo, non solo come vero Dio, il Padre deve essere la sua gloria e lui stesso, come vero uomo, deve essere la gloria del Padre.

Come Gesù potrà essere la gloria del Padre nella sua carne? Come il Padre, sempre nella sua carne, potrà essere celebrato come la sua unica e sola gloria? Anche la vita terrena di Gesù deve essere immagine, figura, di quanto avviene in seno alla Beata Trinità nel Paradiso. Il Padre deve glorificare il Figlio e il Figlio deve glorificare il Padre. Come il Padre glorifica il Figlio e come il Figlio glorifica il Padre?

Il Padre glorifica il Figlio in due modi. Il primo è attestando la sua presenza nella sua vita terrena operando segni, miracoli e prodigi che nessuno mai prima ha compiuto. Tutto il mondo deve sapere che il Padre è con Gesù. Nessuno potrà e dovrà negare i suoi miracoli. Infatti neanche i farisei e gli scribi riuscirono mai a mettere in dubbio un solo miracolo di Gesù. Lo attribuivano a Satana, al Diavolo, ma in alcun modo erano in grado di negarlo, dire che non era un vero miracolo. Tant’è vero che dopo la risurrezione di Lazzaro il sommo sacerdote fu così preoccupato e scosso da quel miracolo, che decise la morte immediata di Gesù, perché altrimenti tutto il mondo avrebbe creduto in lui come inviato dal Padre.

Il secondo modo è la sua gloriosa risurrezione. Gesù viene ucciso dai Giudei. Poi viene sepolto e sigillato. Vengono messe anche delle guardie perché il corpo di Gesù non venisse trafugato. Il Padre non solo ridona l’anima a quel corpo deposto, quanto anche lo trasforma nella sua stessa sostanza e da carne lo trasforma in spirito, donandogli una natura di luce. È ora carne di luce, tutta splendente, spirituale, incorruttibile, immortale. È una carne che risplende di divinità, perché è rivestita di divinità. Tanto grande è stata la glorificazione operata dal Padre verso Gesù Signore. Questa gloria è solo sua. Ed è talmente alta da essere gloria divina, a motivo della Persona di Gesù che è divina e quindi può ricevere una simile gloria. Non è stata però la natura divina a comunicare alla natura umana alcune delle sue proprietà bensì il Padre celeste, volendo onorare il corpo di Cristo con una gloria infinitamente superiore a quegli dei suoi Angeli.

Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. (Gv 17,1-5).

Ma come Gesù glorifica il Padre in questo momento storico particolare della sua vita? Uscendo dal Cenacolo, lasciandosi catturare dalle guardie mandate dal sommo sacerdote e testimoniando dinanzi al Sinedrio, in un luogo pubblico, ufficiale, sotto giuramento, che Lui è il Figlio dell’uomo, è il Messia di Dio, è l’Inviato del Padre, è il Servo del Signore, è l’Uomo nel quale si deve credere se si vuole entrare nella vera salvezza di Dio.

Questa confessione non è fatta però senza pagare un altissimo prezzo. Lui la potrà fare, ma pagando con la crocifissione l’affermazione della sua verità. Gesù glorifica il Padre facendosi obbediente alla verità fino alla morte di croce. Ma perché era necessaria questa obbedienza fino alla morte di croce alla verità del Padre? Obbedendo alla verità pagando con il prezzo della sua crocifissione, Gesù rende giusto il Padre in ogni giudizio di vita e di condanna eterna. Nessuno, dopo questo momento, potrà dire al Padre nel giorno del suo giudizio: credevo che Gesù mentisse, non dicesse il vero. Credevo che scherzasse. Gesù non scherzava, perché sulla croce non si può scherzare. E poi attesta la verità della sua confessione la sua gloriosa risurrezione. La gloria che il Padre gli ha donato per averlo glorificato, per aver attestato cioè che Lui, Gesù, è il frutto della misericordia e della pietà del Padre verso ogni uomo.

Questa logica di duplice glorificazione diviene così lo schema secondo il quale va vissuta la vita di ogni discepolo di Gesù. Il discepolo di Gesù glorifica il Padre confessando tutta la verità di Cristo, pagando il suo prezzo con la morte. Il Padre glorifica, sempre in Cristo, il suo discepolo risuscitandolo nell’ultimo giorno e conferendogli una gloria eterna. Se il discepolo oggi non glorifica il Padre in Cristo, neanche dal Padre sarà glorificato in Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri glorificatori del Padre

07 Luglio 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Io prego per loro, non prego per il mondo (14 Luglio 2012)

È giusto che ci poniamo una domanda e ad essa rispondiamo con tutta l’onestà della mente, del cuore, illuminati però dalla più pura rivelazione. Quando non si deve pregare per una persona, per un popolo, per una particolare circostanza, un particolare momento?

Abramo pregò per Sodoma e Gomorra. Non ebbe però il coraggio, la forza di spingere fino in fondo la sua preghiera. Si fermò a dieci giusti. Non andò oltre. Non giunse fino ad un giusto.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». (Gen 18,22-32).

A Geremia il Signore chiede di non pregare per Gerusalemme. Non avrebbe ascoltato la sua preghiera. Sarebbe stata la sua una richiesta vana, persa. Inutile allora pregare.

Tu poi, non pregare per questo popolo, non innalzare per esso suppliche e preghiere né insistere presso di me, perché non ti ascolterò. Non vedi che cosa fanno nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme? I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per preparare focacce alla regina del cielo; poi si compiono libagioni ad altri dèi per offendermi. Ma è proprio me che offendono – oracolo del Signore – o non piuttosto se stessi, a loro stessa vergogna? Pertanto, dice il Signore Dio: Ecco, il mio furore, la mia ira si riversa su questo luogo, sugli uomini e sul bestiame, sugli alberi dei campi e sui frutti della terra, e brucerà senza estinguersi (Cfr. Ger 7,1-20).

Nel profeta Ezechiele troviamo un’altra grande rivelazione del Signore che merita tutta la nostra attenzione. La nostra verità è dalla rivelazione e dove la rivelazione è ignorata, anche la verità è sconosciuta. Una fede senza verità è nulla, perché non salva chi la possiede.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, se una terra pecca contro di me e si rende infedele, io stendo la mano sopra di essa, le tolgo la riserva del pane, le mando contro la fame e stermino uomini e bestie; anche se in quella terra vivessero questi tre uomini: Noè, Daniele e Giobbe, essi con la loro giustizia salverebbero solo se stessi, oracolo del Signore Dio. Oppure, se io facessi invadere quella terra da bestie feroci, tali che la privassero dei suoi figli e ne facessero un deserto impercorribile a causa delle bestie feroci, anche se in quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com’è vero ch’io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero, ma la terra sarebbe un deserto. Oppure, se io mandassi la spada contro quella terra e dicessi: “Spada, percorri quella terra”, e così sterminassi uomini e bestie, anche se in quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero. Oppure, se io mandassi la peste contro quella terra e sfogassi nel sangue il mio sdegno e sterminassi uomini e bestie, anche se in quella terra ci fossero Noè, Daniele e Giobbe, giuro com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero per la loro giustizia” (Ez 14,12-20).

Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.

Perché Gesù non prega per il mondo. Sarà data risposta nel prossimo articolo.

LA PREGHIERA DI GESÙ
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno

Nella riflessione precedente, si era rinviata la risposta all’odierna meditazione sul discorso di Gesù. Perché Gesù non prega per il mondo, mentre per il mondo dona la vita, anzi è il padre stesso che lo dona? Leggiamo quanto lo stesso Apostolo Giovanni riferisce.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio” (Gv 3,16-18).

Non prega per il mondo, ma dona la vita per il mondo. Perché? Gesù sta vivendo un momento particolare della sua vita. Deve compiere l’opera che il Padre gli ha affidato. Quest’opera comporta la creazione della sua Chiesa fondata sugli Apostoli. In questo momento il mondo è mondo e può rimanere mondo. I discepoli non sono mondo. Dal mondo sono stati tratti fuori. Se essi in quest’ora così particolare dovessero ritornare ad essere mondo, la sua missione sarebbe esposta al grande fallimento. Fallendo questa missione, anche l’altra in favore della salvezza del mondo, verrebbe a trovarsi fallita per sempre. Senza gli Apostoli che sono i continuatori della sua missione, non vi è salvezza per il mondo, mai.

Salvando la Chiesa, Gesù salva anche il mondo. Lui però attualmente non può salvare i suoi. Sta per andarsene in croce. Chi deve salvare i suoi? Solo il Padre lo può e solo al Padre li affida, li consegna, perché li custodisca, li salvi, li protegga. Così agendo Gesù ci rivela una grande metodologia di preghiera. Vi è un momento nella vita di una persona nel quale la sua preghiera dovrà essere fortemente orientata. È come se nel cuore di Gesù non vi fossero altri pensieri, altri desideri, altra scienza, altra conoscenza. Gli Apostoli sono la verità di se stesso. Salverà Gesù se stesso, se salverà la verità di se stesso che sono gli Apostoli. Anche ciò che segue della preghiera di Gesù è sulla stessa linea. Leggiamo.

Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Cfr 17,1-26).

Ecco cosa chiede oggi Gesù al Padre: non prega che Lui li tolga dal mondo, ma che Lui li custodisca dal Maligno. In quest’ora particolare della storia di Gesù, il Maligno potrebbe avvelenare i pensieri degli Apostoli. Questo mai dovrà avvenire. Loro anche in questo momento così delicato dovranno rimanere discepoli di Gesù. Lui, Gesù, non può vegliare su di essi. Lui dovrà stare sulla croce. Verrà inchiodato su di essa. Rimarrà immobile. Il Padre no. Il Padre può stare con i discepoli e vegliare sui loro pensieri, ispirandoli e facendoli rimanere nella verità.

È questa l’opera che Gesù chiede al Padre: consacrare i discepoli nella verità. La verità è Cristo Gesù. I discepoli dal Padre dovranno essere custoditi e consacrati nella verità di Gesù, in Gesù verità del Padre, verità di ogni uomo, verità di salvezza e di redenzione, verità umana e divina insieme. Il Padre li consacrerà togliendo dal loro cuore ogni pensiero umano sul Messia del Signore e mettendo al suo posto il pensiero vero.

Questa del Padre deve essere l’opera perenne di ogni Apostolo di Gesù verso ogni altro Apostolo: consacrare se stesso nella verità, lasciarsi consacrare dal Padre, aiutare ogni suo fratello della missione apostolica affinché si lasci consacrare nella verità, cioè in Cristo Gesù, nella sua verità. Se l’Apostolo del Signore smarrisce la verità di Cristo, per lui è la fine. Lui può essere nel mondo solo verità di Cristo Gesù. Non può essere altro. Se è altro, lo può essere solo falsamente, perché si è corrotto, pervertito, trasformato, alienato. Lui è la verità visibile di Gesù e tale deve rimanere per tutti i giorni della sua vita. Se diviene altro, non serve a Dio, non serve a Cristo Gesù, non serve all’uomo, non serve al mondo. È divenuto essere inutile.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate veri di discepoli di Gesù.

21 Luglio 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola

La via della vera fede in Cristo è nel dono della vera Parola di Cristo Gesù. Cristo Gesù ha detto sempre la Parola vera del Padre. L’Apostolo del Signore deve dire la Parola vera di Gesù nello Spirito Santo, altrimenti nessuna vera fede potrà mai nascere e Gesù mai sarà conosciuto secondo verità e mai creduto secondo verità. Anche se si crede in Lui e lo si conosce, questa fede e questa conoscenza sono secondo verità parziale o addirittura del tutto false.

La Parola vera di Dio deve essere data in una comunione di cuore e di mente con Pietro. Dovrebbe avvenire ciò che è accaduto a Gerusalemme, il giorno della Pentecoste: uno solo parla e tutti parlano. Uno solo dice e tutti dicono. Uno solo annunzia e tutti annunziano. La forma salvatrice e redentrice della Parola è in questa coralità, armonia, unione, comunione dei suoi annunciatori. Dove questa comunione è assente, la Parola perde il suo vigore.

San Paolo ha una sua verità che merita di essere posta al centro del nostro cuore. La Parola che si dona deve essere ricevuta. E anche la missione che si vive deve essere ricevuta. Come si riceve la Parola, così si deve riceve la missione. Non una volta per tutte, ma come se avvenisse di volta in volta, momento per momento, missione per missione.

Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! (Rm 10.9-15).

Oggi possiamo ben affermare che nell’annunzio vi è una vera Torre di Babele. Ognuno predica a se stesso e per se stesso, sovente contraddicendo l’altro, sparlando dell’altro, addirittura si arriva persino alla calunnia e alla falsa testimonianza pur di estinguere la Parala vera. Quando questo accade, quando ci si trova dinanzi alla Parola vera e l’altro calunnia e dice falsa testimonianza, sparla e distrugge la Parola seminata nei cuori, è il segno che nel cuore regna il peccato, non però un comune peccato mortale, regnano nefandezze, abomini, empietà, iniquità, sovente vi è anche il peccato contro lo Spirito Santo. Chi deve vigilare sulla Parola vera questo deve sapere: chi combatte lo Spirito Santo, lo combatte perché ha consegnato la sua anima al diavolo. Il diavolo sempre si traveste da angelo di luce per la rovina dei credenti.

Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.

Gesù oggi affida al Padre non solo quanti già hanno creduto. Prega anche per tutti coloro che crederanno per la parola dei suoi Apostoli. Ogni uomo che viene alla fede è consegnato da Cristo al Padre, perché tutti siano una cosa sola. Il Padre e Cristo Gesù sono una cosa sola, perché il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre. Si diviene una cosa sola tra di noi in un solo modo: divenendo una cosa sola con Cristo. Cristo deve essere in noi e noi in Cristo. Se siamo una cosa sola con Cristo, siamo anche una cosa sola con il Padre, perché Cristo è nel Padre e il Padre è in Cristo. Per essere una cosa son Cristo dobbiamo essere una cosa sola con la Parola, allo stesso modo che Cristo Gesù è una cosa sola con la volontà e la Parola del Padre. Si diviene una cosa sola con la Parola, quando si vive nel Vangelo, col Vangelo, per il Vangelo.

Da questa perfetta unità con Cristo, in Dio, per mezzo della Parola, il mondo saprà che Cristo è l’Inviato del Padre. Conoscerà e si aprirà alla fede. Crederà in Cristo, lo accoglierà come suo Salvatore. A tutti gli affannati, angosciati, disperati, ansiosi, depressi perché nessuno per mezzo di essi crede in Cristo Gesù, Gesù dice: “Fatevi una cosa sola con la Parola e produrrete frutti”.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con la Parola.

28 Luglio 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me

Possiamo comprendere questa richiesta che Gesù fa al Padre suo, solo leggendo il Libro dell’Apocalisse. È Gesù stesso che rivela all’Apostolo Giovanni quale gloria attende i discepoli del Signore. Allora vi sarà una vera immersione in Dio, nella sua luce, nella sua vita eterna.

E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate».

E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli. (Cfr. 21.1-22.5).

Gesù chiede al Padre che dia ai suoi discepoli la sua stessa gloria. Questa preghiera il Padre la potrà esaudire in un solo modo: prendendo i suoi discepoli e conducendoli attraverso la via del martirio, della testimonianza sigillata con il sangue, facendo della loro vita un’oblazione, un olocausto, un’offerta a Lui gradita così come ha fatto con Gesù Signore. La via della vera gloria è la croce e chi non sale sulla croce, mai potrà raggiungere la gloria eterna.

Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.

Gesù è andato sulla croce perché ha fatto conoscere al mondo il nome del Padre. Gli Apostoli andranno sulla croce facendo conoscere agli uomini il nome di Cristo Gesù. Sono loro i testimoni di Cristo e solo di Cristo possono essere loro testimoni. Non possono esserlo di Dio, perchè loro non hanno conosciuto Dio. Hanno conosciuto Cristo Gesù e il Padre di Cristo Gesù. Se loro parlano dell’unico Dio, parleranno di un Dio ignoto, da loro non conosciuto, perché Cristo Gesù non ha parlato loro di questo Dio. Ha solo parlato del Padre suo, ma il Padre suo si può conoscere solo in Cristo Gesù e testimoniando di Lui mistero, vita, opere, passione, morte, risurrezione, ascensione al Cielo, il suo Santo Spirito, la sua grazia, la sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

04 Agosto 2012

LA PREGHIERA DI GESÙ
Perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro

La Scrittura Antica conosce diverse attestazioni dell’amore di Dio per noi: alcune più note, altre meno. Di sicuro meno nota è quella del profeta Geremia. Vale la pena ricordarla.

In quel tempo – oracolo del Signore – io sarò Dio per tutte le famiglie d’Israele ed esse saranno il mio popolo. Così dice il Signore: Ha trovato grazia nel deserto un popolo scampato alla spada; Israele si avvia a una dimora di pace». Da lontano mi è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine d’Israele. Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli e avanzerai danzando tra gente in festa. Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samaria; dopo aver piantato, i piantatori raccoglieranno. Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno sulla montagna di Èfraim: “Su, saliamo a Sion, andiamo dal Signore, nostro Dio”. Poiché dice il Signore: Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito». Ascoltate, genti, la parola del Signore, annunciatela alle isole più lontane e dite: «Chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore il suo gregge».

Perché il Signore ha riscattato Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte di lui. Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion, andranno insieme verso i beni del Signore, verso il grano, il vino e l’olio, i piccoli del gregge e del bestiame. Saranno come un giardino irrigato, non languiranno più. La vergine allora gioirà danzando e insieme i giovani e i vecchi. «Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni. Nutrirò i sacerdoti di carni prelibate e il mio popolo sarà saziato dei miei beni». Oracolo del Signore. Così dice il Signore: «Una voce si ode a Rama, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, e non vuole essere consolata per i suoi figli, perché non sono più». Dice il Signore: «Trattieni il tuo pianto, i tuoi occhi dalle lacrime, perché c’è un compenso alle tue fatiche – oracolo del Signore –: essi torneranno dal paese nemico. C’è una speranza per la tua discendenza – oracolo del Signore –: i tuoi figli ritorneranno nella loro terra. Ho udito Èfraim che si lamentava: “Mi hai castigato e io ho subito il castigo come un torello non domato. Fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei il Signore, mio Dio. Dopo il mio smarrimento, mi sono pentito; quando me lo hai fatto capire, mi sono battuto il petto, mi sono vergognato e ne provo confusione, perché porto l’infamia della mia giovinezza”. Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza». Oracolo del Signore. Pianta dei cippi, metti paletti indicatori, ricorda bene il sentiero, la via che hai percorso. Ritorna, vergine d’Israele, ritorna alle tue città. Fino a quando andrai vagando, figlia ribelle? Poiché il Signore crea una cosa nuova sulla terra: la donna circonderà l’uomo! (Ger 31,1-22).

È Gesù l’amore eterno del Padre. È un amore eterno purissimo, santissimo, totalmente vero, senza alcuna macchia. Al Padre è chiesto di amare i discepoli di Gesù allo stesso modo in cui Gesù è stato amato dal Padre. Quello del Padre per Gesù è un amore di generazione eterna, un amore di vita eterna, un amore che dona vita alla Persona eterna del Figlio. Il Figlio è da questo amore eterno del Padre. Questa è la verità del Figlio e del Padre.

Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.

Il Padre deve riversare sui discepoli tutto il suo amore eterno. Anche Gesù, amore eterno del Padre, deve riversarsi tutto nei discepoli. Così Padre e Figlio sono nei discepoli, vivono il loro amore perfetto nei discepoli. I discepoli sono chiamati a manifestare, attraverso le loro opere, quanto grande, potente, perfetto, vero, giusto, santo sia l’amore del Padre. I discepoli devono essere in tutto simile ad un proiettore. Dentro di essi scorre tutto l’amore eterno del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre ed essi devono manifestarlo visibile nella storia attraverso la vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a proiettare quest’amore eterno sullo schermo dell’intera storia.

04 Agosto 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Va’, avvenga per te come hai creduto

Oggi si parla tanto di dialogo. Tutto si vuole trasformare in dialogo. Il suo significato sfugge a molti. Quasi nessuno sa cosa sia in verità il dialogo. È cosa utile per noi esaminare qualche dialogo di Gesù in modo che scopriamo la sua giusta, perfetta, santa metodologia in questa scienza e arte difficilissima da apprendere, perché essa la si possiede solo se lo Spirito Santo di Dio abita nel cuore e governa la mente senza alcuna riserva. Anche la riserva di un piccolissimo pensiero impedisce allo Spirito Santo di esprimersi attraverso la nostra parola.

Dobbiamo sapere fin da subito che vi è un dialogo umano e un dialogo divino. Nel dialogo umano ognuno cerca di imporre le proprie ragioni, le proprie vedute, le sue verità, i suoi desideri. In questo dialogo umano manca la ricerca della verità di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo. D’altronde non potrebbe essere diversamente. Sovente si cerca l’utilità non la verità, l’opportunità non la giustizia, la convenienza non la santità. Si cerca di superare un momento storico particolare, mai di dare luce, sapienza, dottrina soprannaturale agli eventi.

Tutto invece cambia nel dialogo divino. In esso si parte dalla verità di Dio non dell’uomo, verità assoluta non storica, verità trascendente non immanente, verità universale non particolare, verità fuori di noi non in noi, verità di cui noi abbiamo bisogno per essere veri uomini e uomini veri, in conformità alla nostra essenza, natura, creata e ricreata, da ricreare e rigenerare secondo Dio e mai secondo gli uomini. Il dialogo divino serve per dare la verità all’uomo.

In questo dialogo non si cerca la verità, la si dona. Ora è evidente che per poterla donare, è necessario che noi la possediamo. Se non la possediamo, il nostro dialogo da divino si trasforma in umano ed è questo il motivo dei nostri fallimenti di uomini di Dio, di Chiesa, della verità perfetta. Se siamo cristiani senza verità, quale dialogo possiamo instaurare con il mondo della falsità, dell’inganno, della menzogna sulla stessa natura e vocazione dell’uomo? Diciamo parole anche noi di falsità, menzogna, rendiamo falsa testimonianza al nostro stesso essere cristiani. Parliamo da uomini senza la verità, senza la grazia, senza la potenza dello Spirito Santo. Diciamo parole vane finanche quando preghiamo per noi e per gli altri, perché nel cuore siamo privi della verità della fede, nell’anima manchiamo della santità e nel corpo della purezza.

Scese dal monte e molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro» (Mt 8,1-4).

Osserviamo questo semplicissimo dialogo tra un lebbroso e Cristo Signore. Il lebbroso si presenta dinanzi a Gesù e gli dice: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. Quest’uomo parte da una verità. Gesù può tutto. Può guarirlo dalla sua lebbra. La sua onnipotenza è però sottoposta alla sua volontà. Per essere guarito, Gesù deve volerlo. Se Lui non vuole, mai la guarigione potrà accadere. Lui resterà sempre lebbroso.

Oggi si è persa la verità dell’altro. Non si sa chi è dinanzi a Dio il Papa, il Vescovo, il Sacerdote, il Diacono, il Cresimato, il Battezzato, lo Sposato, il Cristiano. Poiché carenti di queste elementari ma essenziali verità, diviene evidente che tra noi mai si potrà instaurare un dialogo fruttuoso. Se io non so chi è la Persona di Cristo Gesù, mai mi potrò accostare ad essa e fare una richiesta come quella del lebbroso. Ognuno può rispondere secondo la sua personale verità. La verità fa la persona. La persona risponde secondo la propria verità.

Cristo conosce la propria verità. Lui è veramente onnipotente. Veramente può guarire dalla lebbra. Lo vuole e il lebbroso viene sanato, purificato all’istante. Infiniti malintesi, diatribe, divisioni, separazioni, inimicizie tra gli uomini sono il frutto della non conoscenza della propria verità. Poiché ognuno di noi può agire solo secondo la propria verità, se si attribuisce una verità che non possiede, all’istante diviene persona di non dialogo, di non comunione, perché il dialogo e la comunione possono essere esercitati solo nella verità. La nostra verità è data da Dio per sacramento e per dono o carisma dello Spirito Santo. È data anche dal nostro sacrificio nello sviluppo dei doni che il Signore ci ha elargito. La verità è sempre da costruire, mai essa è costruita. Alla verità tutta intera ogni giorno ci conduce lo Spirito Santo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a conoscere la nostra verità.

18 Agosto 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
In Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!

Gesù è in Cafarnao. Un centurione, un Romano, uno che è considerato “nemico” del popolo dei Giudei, viene da Lui e gli dice: “Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente”. Quest’uomo si rivolge a Gesù con grande riverenza. Lo chiama: Signore. Noi tutti sappiamo perché Gesù è il Signore: perché è il nostro Dio. Lui è di natura divina.

Al Signore quest’uomo non chiede nulla. Gli manifesta semplicemente lo stato del suo servo. Questi è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente. Quest’uomo non dice al Signore cosa deve fare. Lascia che sia Lui a decidere cosa fare, quando e come farla. Al Signore non si danno soluzioni. È il Signore che le dona. Al Signore si manifesta la realtà della nostra storia.

Quest’uomo sa chi è il Signore. Sa anche come si dialoga con il Signore. Manifestando e non chiedendo. Illuminando e non decidendo. Una volta che il Signore è venuto a conoscenza della storia, sa Lui come redimerla, salvarla, operare il bene in essa. Quest’uomo rispetta il Signore ed è un pagano. Noi che siamo cristiani non lo rispettiamo. Abbiamo la presunzione di suggerirgli vie, modalità, tempi di intervento, mille altre cose, come se il Signore non fosse il Saggio, l’Intelligente, il Sapiente, la Verità eterna di ogni storia.

Gesù gli risponde semplicemente: “Verrò e lo guarirò”. Tu, centurione, hai lasciato a me ogni decisione, ecco la mia risposta: “Verrò a casa tua e lo guarirò”. Ti salverò il servo. Questo tu vuoi e questo ti sarà concesso. Gesù accoglie la richiesta del centurione. È benevole verso di lui. La sua misericordia è verso tutti, anche verso i nemici del suo popolo. Quanto vale per ogni cristiano, infinitamente di più vale per Cristo Signore. Se il cristiano deve amare tutti, Gesù dona l’esempio come si amano tutti. Si amano facendo loro il bene che è nelle nostre possibilità. Gesù fa il bene, guarendo il servo del centurione. Andando a casa sua. Gli avrebbe potuto dire: “Portamelo qui e te lo guarirò”. Quello lo avrebbe preso e glielo avrebbe portato.

Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. (Mt 8,1-13).

Il centurione sa chi è Gesù. È il Signore. Sa anche chi lui è. Un povero centurione dell’esercito di Roma. Tra Gesù e lui vi è la distanza infinita. Chi è lui per poter accogliere Gesù nella sua casa? Ecco come il centurione esprime questa sua fede a Gesù: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”. Tu sei il Sommo e io l’infimo. Tu sei il Tutto e io il niente. Tu sei Onnipotente e io inerme, nulla posso. Se tu mi onorassi con la tua presenza, io da questa tua presenza mi sentirei schiacciato. Il niente mai potrà accogliere il tutto. Quest’uomo è di una grande umiltà. Dinanzi al Signore avverte la sua miseria, il suo nulla.

Quest’uomo possiede anche una grandissima fede. Gesù è il Signore. È il Signore non di una cosa soltanto. È il Signore di tutte le cose. Ora al Signore è sufficiente che dia un ordine. Il Signore comanda, non si muove, non va di persona. Comanda e ogni cosa gli obbedisce. Tu Gesù comanda alla febbre e questa se ne va. La tua presenza non è necessaria. Tu sei Signore della febbre. Ella scompare non appena ascolta il tuo ordine.

Il centurione fonda questa sua fede sulla sua esperienza di comandante di esercito. Lui è subalterno, ma comanda anche. La sua parola è subito ascoltata, messa in pratica. Ogni suo ordine viene eseguito all’istante. Se Gesù è il Signore assoluto e tutto è soggetto a Lui, Lui parla e il mondo del visibile e dell’invisibile è in pronta obbedienza. Quest’uomo sa veramente chi è Cristo Gesù. È il Signore universale. È il Signore di tutte le cose.

Gesù loda la fede di quest’uomo. Quest’uomo è un pagano. Questo pagano supera per fede tutti i figli di Abramo. Un pagano è modello di fede per tutti i credenti. Fa meditare!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la fede del centurione.

25 Agosto 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti

Ogni dialogo di Gesù è rivelatore di un mondo nuovo, una realtà nuova, una visione nuova. Oggi una scriba gli dice: “Maestro, ti seguirò dovunque tu vada”. È questa una decisione nobile, santa. Essa è però frutto della sua mente. Ora noi sappiamo che le parole escono dalla propria volontà, dai propri desideri, dal proprio cuore. Questo scriba ha una visione di sequela.

La visione dello scriba non corrisponde alla visione di Gesù. Se tu vuoi seguirmi, mi devi seguire secondo la mia visione, non secondo la tua. Se tutti noi comprendessimo questo! Oggi si seguono la via del matrimonio, ma secondo la visione del cuore peccaminoso dell’uomo. Anche la via del sacerdozio si segue secondo il cuore stolto e disordinato dell’uomo. La stessa vita cristiana si segue secondo la mente dell’uomo e non secondo la mente di Cristo Gesù.

La crisi religiosa dei nostri tempi risiede proprio in questa sequela secondo la visione umana. Si è abbandonata la visione di Gesù ed ognuno procede per le vie del proprio cuore. Gesù lo dice a questo scriba: se vuoi venire dietro di me, sappi che le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Visione di Cristo Gesù: se vuoi venire dietro di me, ti devi consegnare tutto nelle mani del Padre mio. Devi rinunciare a tutto te stesso, anche alle esigenze primarie del tuo corpo, e affidarti alla provvidenza del Padre. Non puoi venire dietro di me con il tuo cuore. Devi venire con il cuore del Padre mio.

Un altro dei suoi discepoli chiede a Gesù un breve permesso: Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre. È questa una licenza cui oggi tutti ricorrono. È questo un obbligo di alta carità. Tra missione e carità, prima viene la carità, poi la missione. Gesù non pensa così. Per Gesù vi è solo la missione. Ogni altra cosa per Lui deve essere considerata inutile, anzi dannosa alla stessa missione. È questa la visione di Gesù e questa visione è solo di Gesù.

Vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».

In questo secondo dialogo, ci troviamo su una barca. Viene nel mare un grande sconvolgimento e le onde coprono la barca. Gesù dorme. I discepoli si accostano e lo svegliano: “Salvaci, Signore, siamo perduti!”. I discepoli pensano che Gesù possa agire solo se è sveglio. Se dorme non può agire. È sempre la nostra fede che muove la preghiera. Ogni preghiera è il frutto della fede attuale che muove il cuore e la mente. Dimmi qual è la tua fede e ti dirò quale sarà la tua preghiera. Se vogliamo cambiare preghiera, necessariamente dobbiamo cambiare fede.

Salito sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?». Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. Tutti, pieni di stupore, dicevano: «Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?». (Mt 8,18-27).

Gesù si sveglia e prima di intervenire, dice ai suoi discepoli: “Perché avete paura, gente di poca fede?”. Voi mi avete svegliato perché ancora non siete persone dalla fede vera, forte, autentica, fondata sulla verità di Dio. La vostra fede è incipiente, incerta, piena di dubbi, fortemente contrastata, soggetta alle situazioni della storia, condizionata, non libera. La vostra fede è semplicemente poca. È poca qualitativamente e quantitativamente. È poca da qualsiasi angolo la si voglia guardare. È poca perché non sa che la mia presenza è sempre salvezza.

Gesù però accoglie la loro preghiera, frutto della loro poca fede. Minaccia i venti e il mare e subito vi è una grande bonaccia. È come se i venti mai avessero soffiato così forte. Lo stupore invade i discepoli: “Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?”. Qui Gesù si rivela come colui che può comandare alla creazione. Questa ascolta la sua voce e obbedisce all’istante. Questo comando è solo di Dio. Solo Dio può comandare all’opera da Lui creata e solo a Lui essa obbedisce. Se Gesù in nome proprio, con la sua autorità comanda alla creazione, questa gli obbedisce perché lo riconosce suo Signore e suo Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Gesù.

01 Settembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?

Oggi si parla tanto di dialogo. Si dimentica che esso è dono di una verità certa, vera, acquisita, scientificamente attestata, dimostrata, provata. Se non è verità scientifica, è verità o storica o di fede. Dove si parla di opinioni, lì non c’è dialogo, perché ognuno può rimanere nelle sue idee. La verità invece obbliga all’accoglienza di essa. La verità è luce. La non verità è tenebra. L’opinione spesso è tenebra, non luce. A volte è pensiero del cuore dell’uomo, non del cuore di Dio, la fonte, la sorgente unica della verità.

Prima regola del vero dialogo di fede: chi parla deve avere la certezza del cuore e della mente che la sua parola è purissima verità. È verità attestata dalla storia, dal momento che la nostra fede è storia. È la storia creata da Dio con la sua parola onnipotente. È la storia creata da Cristo Gesù con la sua incarnazione, passione, morte, risurrezione, gloriosa ascensione al cielo. Poiché il Ministro della Parola nella Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, è la continuazione storica della missione di Cristo Gesù, è lui stesso la verità storica da annunziare.

Sono io, sacerdote, presbitero, vescovo, cardinale, papa, la verità storica, la verità della fede, perché sono io la perpetuazione nel tempo, tra gli uomini, di Cristo Gesù, del suo mistero di amore, grazia, verità. Sono io la verità che l’altro deve accogliere, se vuole entrare nella verità della salvezza. Il ministro della Parola non è un funzionario e basta. È lui la verità alla quale l’altro si deve convertire se vuole la salvezza nel tempo e nell’eternità. Il ministro della Parola deve dare se stesso come verità eterna, indiscussa, indiscutibile.

Del ministro della Parola deve avvenire come per Cristo Gesù. Gli stessi diavolo devono proclamare e confessare la sua verità: “Che vuoi da noi, Figlio di Dio in Cristo Gesù? Ministro della sua Parola, datore della sua grazia, portatore della sua verità? Sei venuto a tormentarci prima del tempo?”. Al ministro della Parola, alla verità storica di Cristo nell’oggi del tempo e del luogo, gli spiriti immondi dovrebbe rivolgere la stessa richiesta fatta a Cristo Gesù: “Se si scacci, mandaci nella mandria dei porci”. E lui dovrebbe rispondere: “Andate!”.

Giunto all’altra riva, nel paese dei Gadarèni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli andarono incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella strada. Ed ecco, si misero a gridare: «Che vuoi da noi, Figlio di Dio? Sei venuto qui a tormentarci prima del tempo?». A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci al pascolo; e i demòni lo scongiuravano dicendo: «Se ci scacci, mandaci nella mandria dei porci». Egli disse loro: «Andate!». Ed essi uscirono, ed entrarono nei porci: ed ecco, tutta la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare e morirono nelle acque. I mandriani allora fuggirono e, entrati in città, raccontarono ogni cosa e anche il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù: quando lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio. (Mt 8,28-34).

Seconda regola per un vero dialogo nelle verità della fede: chi ascolta deve essere disposto ad accogliere la verità che come luce potente si offre al suo cuore e alla sua mente. Se da chi ascolta non vi è alcuna volontà di pervenire alla pienezza della verità, il dialogo è un puro atto di ipocrisia, di inganno, di illusione. Possiamo anche stringerci la mano come uomini, ma il Ministro della Parola non rappresenta mai se stesso. Perché lui non è più se stesso. Lui è Cristo, è la verità di Cristo, è Cristo verità di Dio.

Il Ministro della Parola non può giocare a fare solo il funzionario di Cristo Gesù, vivendo in due contesti differenti: la sfera ufficiale della rappresentanza e la sfera priva del pensiero personale. Il Ministro della Parola è insieme Cristo ed è la Chiesa, perché è Cristo nel suo corpo che oggi parla all’uomo. Non vi è lui e la Chiesa. Lui e le istituzioni. Questa doppia sfera di vita è deleteria. Lui è Cristo e Lui è la Chiesa che parla e non può dire se non la Parola di Cristo che è Parola della Chiesa. Lui non è neanche un giornalista, che parla secondo la Testata a cui appartiene. Lui è la notizia stessa e la fonte della notizia. È la verità e la sorgente della verità. È la verità e la Parola della verità. È il Vangelo e la fonte del Vangelo.

La verità del dialogo non è in chi ascolta, ma in chi è preposto al dono della grazia e della verità. Oggi vi è molto falso dialogo perché chi è stato proposto ad andare per il mondo a portare la verità, portando se stesso come il principio visibile della verità, ha perso la sua verità. Neanche i diavoli lo riconoscono come verità e fonte della verità. Potranno riconoscerlo gli uomini. Mai e poi mai. Vedendolo come uno di loro, gli uomini si accostano a lui e parlano con lui, ma non dialogano, perché manca il dono della verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci verità di Cristo tra i fratelli.

08 Settembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati

Vi è un dialogo nascosto, quasi invisibile tra Gesù e i portatori del paralitico. Costoro parlano a Gesù per mezzo della loro fede che è visibile. È in ragione della visibilità di questa fede che Gesù dice al paralitico: “Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati”. Gesù è saggio, sommamente prudente. Lui conosce i cuori. Sa che nel luogo vi sono cuori induriti, malvagi, che non vogliono aprirsi alla sua verità. Per questo si guarda bene dal dire: “Coraggio, figlio, io ti perdono i peccati”. Usa invece una forma passiva, non attiva, che fa riferimento a Dio. “Coraggio, figlio, Dio ti perdona i peccati”. Il Signore ti usa misericordia, pietà, compassione.

Ed è qui che si rivela la malvagità degli scribi. Condannano nel loro cuore Gesù di bestemmia. È come se Gesù avesse preso arbitrariamente il posto di Dio. Si fosse in quel momento dichiarato Dio stesso. Negli altri Vangelo: “Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”. Questa frase è falsa. Non perché Cristo Gesù non sia Dio nella sua Persona. È falsa perché il profeta di Dio aveva questo potere di perdonare i peccati. Così nel Secondo Libro di Samuele:

Il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui». Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l’Ittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Ittita”. Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”». Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai (2Sam 12,1-13).

Nel dialogo occorre tutta la sapienza e la scienza divina per smascherare le falsità degli interlocutori. Chi è privo di questa sapienza e scienza eterna, facilmente si lascerà confondere. Ecco perché occorre una grande santità quando si vuole dialogare con il mondo e anche nella Chiesa. Il malvagio è scoperto nella sua malvagità solo dalla luce divina e dalla sua sapienza.

Salito su una barca, passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini (Mt 9,1-8).

Gesù oggi smaschera il malvagio attestando la sua potenza divina nel compiere la guarigione del paralitico. Usa questa via immediata, anziché servirsi dell’altra via, quella che gli forniva la Scrittura Santa. La scelta della via è anch’essa voluta e ispirata dallo Spirito Santo. Chi non è nello Spirito Santo, ignora la giusta via e si introduce per vie maldestre che non producono verità. Sappiamo ora perché molto nostro dialogo è infruttuoso, anzi radica nell’errore gli stessi cuori che pensano cose malvage. Perché non siamo nella pienezza dello Spirito Santo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, inseriteci con potenza nello Spirito.

15 Settembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori

Il dialogo di Gesù con il suo mondo religiosamente ateo, perché senza la verità di Dio – aveva Dio, ma non la verità di Dio, non il suo pensiero, non le sue opere, non la sua volontà – si fa ogni giorno più difficile, impegnativo, perennemente a rischio di lapidazione immediata.

Gesù accoglie pubblicani e peccatori. Si mette a tavola con loro. Compie un vero gesto di accoglienza. La sua è vera vicinanza di salvezza. Questa vicinanza è nella sua stessa incarnazione, nello stesso mistero che lo ha fatto discendere dal Cielo sulla terra, che ha fatto sì che Dio si facesse nostra carne e sangue per redimerci dal di dentro della nostra infermità, divenendo lui stesso infermità, morte, prendendo su di sé tutto il peccato del mondo, senza però conoscerlo, commetterlo. Lui è stato sempre santissimo per il Padre suo. I farisei invece erano santi veramente strani. Erano santi per se stessi, lontani dagli altri. Erano santi senza Dio, contro Dio, contro la sua divina volontà. La loro era una santità di peccato che non tollerava il peccato degli altri. Il peccato degli altri faceva loro schifo. Il loro invece veniva santificato, elevato, proclamato virtù, stile di vita, modalità scritturistica di essere e di operare.

È in questo scontro della santità vera con la santità falsa, che Cristo manifesta la sua sapienza nel dialogo. Non può dichiarare la loro santità falsa, perché altrimenti sarebbe stato lapidato all’istante. Gesù risponde loro dicevo: Voi vivetevi la vostra santità. Io ho un’altra legge di santità. Io devo vivere la santità del medico. Il medico è per i malati, non per i sani. Se voi volete sapere qual è la mia santità, sappiate che essa è attinta anche dalla Scrittura. Andate, imparate cosa significa: “Misericordia io voglio e no sacrifici” e capirete qual è la mia santità. Voi vi reputate giusti. Non sono venuto per chiamare voi. Loro sono peccatori. Io sono venuto per chiamare loro a conversione, a penitenza, ad entrare nel vero amore di Dio.

In questo dialogo vi è una verità che merita di essere messa in luce. Gesù fa appello alla sua missione, al suo mandato ricevuto dal Padre. Lui non rivolge nessuna critica o condanna al loro modo di vivere la religione. Non la può fare. Può però affermare con forza e fortezza di Spirito Santo qual è la sua missione. Questa modalità di Cristo vale anche per ciascuno di noi. Noi non possiamo combattere la coscienza altrui. Possiamo sempre affermare qual è la nostra verità, la nostra missione, il nostro mandato, la via che dobbiamo percorrere.

Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Allora gli si avvicinarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano» (Mt 9,10-17).

Anche in questo secondo dialogo, Gesù rivela tutta la sua saggezza e intelligenza. Anche i discepoli di Giovanni vivono una religione a misura d’uomo. Neanche questa loro coscienza può sradicare, illuminare. Non ne sono capaci. Per difendere i suoi, Gesù fa appello a delle circostanze storiche, nelle quali sarebbe stolto fare il digiuno. Così le coscienze si acquietano e lui può continuare il suo insegnamento e la sua missione. Fa appello anche a degli esempi di vita reale, quotidiana, che non sono facilmente comprensibili. Dicono tutta la verità, ma non la fanno comprende all’istante. Placare i cuori è a volte più necessario che illuminarli.

Non è facile dialogare se si è privi della saggezza e intelligenza dello Spirito Santo. Quando la verità non è accolta da un cuore, si rivela necessario placarlo, calmarlo, non indispettirlo, non farlo inquietare. La sua reazione potrebbe essere di vero disastro per noi. La divina sapienza ci suggerisce vie e forme per portare pace nel delicato momento storico, senza però rinnegare la nostra verità, senza tradire la nostra vera missione. Senza lo Spirito Santo questo è impossibile.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

22 Settembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata

Il dialogo è scienza difficilissima, necessita di tutta la sapienza, l’intelligenza, la saggezza dello Spirito Santo. Richiede anche il possesso della piena verità di Dio. Esso ha un solo fine: fare luce nelle menti e riscaldare i cuori perché accolgano la volontà del loro Signore e Padre e si dispongano ad una santa, pura obbedienza.

Nessun dialogo vero sarà mai possibile per chi non conosce perfettamente se stesso, per chi ignora la sua verità, la verità dell’altro. Nell’ignoranza il dialogo diviene aggressione, violenza verbale, offesa grave, uccisione spirituale dei fratelli. Sovente molti dialoghi sfociano in liti furibonde ed anche in omicidi. A volte in scissioni, divisioni, separazioni, scismi. Perché il dialogo non si straformi in fratture inseparabili, allora la migliore forma di esso è il silenzio. È in questo momento che il silenzio diviene vita, in attesa che il Signore prenda Lui in mano la storia e la conduca su sentieri di giustizia e verità.

Uno dei più bei dialoghi tra Dio e l’uomo è sicuramente quello tra Dio e Abacuc. Il profeta accusava Dio di essere un passivo, inattivo, inerme spettatore dell’aggressione, della violenza, del sopruso, dell’ingiustizia. A queste accuse che il cuore inquieto ed irrequieto del profeta innalza verso il Cielo, il Signore gli intima solo il silenzio come vera risposta ad ogni violenza della storia. Tu fa’ silenzio, come io faccio silenzio. Vivi però di fede. Vivi secondo la mia Parola. Rimani nella mia Legge. Osserva i miei Comandamenti. Perché è così che vive il giusto.

Dio sa chi Lui è. Conosce il corso della storia. La storia è la più stupenda parola di Dio. Basta ascoltarla, custodirla nel cuore come la Madre di Gesù e Dio a poco a poco si rende comprensibile alla nostra mente. La sua luce invade e pervade. “Soccombe colui che non ha l’animo retto”. Nel silenzio di Dio e dell’uomo di Dio… Il silenzio è la sola risposta di Dio e dell’uomo… è silenzio perché si deve lasciare tutto lo spazio alla parola della storia.

Oggi Gesù è pregato da un uomo perché vada a risuscitare la suo figliola che è morta pochi attimi prima. Quest’uomo può entrare in un dialogo di verità con Gesù perché conosce la sua potenza, la sua forza, il dono di Dio che è in Lui. È questa conoscenza dell’altro la verità della sua parola. Se quest’uomo non avesse precedentemente conosciuto Gesù, mai si sarebbe recato da Lui per chiedergli una cosa così grande. Noi dialoghiamo, ma non ci conosciamo. Non sappiamo chi siamo noi, figuriamo a sapere chi sono gli altri. Avendo una falsa conoscenza di me, come posso pretendere di conoscere l’altro. Se non so cosa è un uomo come faccio a conoscere Dio e se non so chi è un prete come faccio a sapere chi è un laico?

Mentre diceva loro queste cose, giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.

La donna ha un dialogo di fede silenziosa, nascosta, invisibile con Gesù. Lei però parla a Gesù più che ogni altra persona che faceva ressa attorno al Signore. Questa donna dialoga con se stessa: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata”. È questo un dialogo potente, forte, risolutore della sua vita. È un dialogo di vera fede in Cristo Gesù. Il Signore conferma la verità della sua fede. È per questa fede che lei è salvata. Stupendo dialogo di salvezza con se stessa. La donna può dialogare, perché conosce la verità di Cristo.

Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.

Flautisti e folla in agitazione non conoscono Gesù. Qui il dialogo sfocia in derisione. Gesù è persona che non sa distinguere un morto da un vivo. Molto più triste quando alla derisione si aggiunge il disprezzo. Il disprezzo di una persona attesta la nostra non volontà di dialogo. Se il disprezzato non è persona mite, umile di cuore, è questa la porta della rottura eterna.

Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione (Mt 9,18-26).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la scienza del dialogo.

29 Settembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Figlio di Davide, abbi pietà di noi!

Oggi si presentano a Gesù due ciechi. Gli gridano: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi!”. Nelle parole di questi due uomini vi è una fede. È questa la verità di ogni dialogo con il nostro Dio: rivolgersi a Lui con una parola ricca di fede nella sua divina ed eterna verità. Per pregare bene, bene si deve conoscere il nostro Dio. Chi non conosce bene Dio, mai potrà pregarlo bene. La sua preghiera è inquinata di falsità, errore, eresia, tanti pensieri umani.

Il fariseo che sale al tempio per pregare, di certo non conosce Dio. Il pubblicano invece lo conosce bene e per questo lo prega anche bene: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,9-14).

Ogni giorno si innalzano a Dio molte preghiera, però sono elevate male. Le parole delle nostre invocazioni sono prive del cuore, della mente, dei sentimenti, dello spirito dell’uomo, che è totalmente assente. Non essendovi la verità di Dio in noi, la nostra preghiera è un puro suono. Nulla di più. Un ministro del Signore che celebra la Santa Messa con la calunnia, la falsa testimonianza, l’odio nel cuore, verso l’uomo, come fa a offrire il suo culto a Dio che è sacrificio di tutta la sua vita per la redenzione dei suoi fratelli? Come fa ad immolarsi in Cristo un ministro dell’altare che nella vita è un denigratore, un uccisore spirituale dell’uomo che lui è chiamato a redimere? Può anche celebrare la Santa Messa, ma come atto sacrilego, come rinnegamento della Croce di Cristo, come sovvertitore del sacramento della salvezza. Il suo è un sacrificio vano, inefficace, nullo, perché in esso manca l’uomo da salvare, redimere, condurre alla verità di Dio. Resta valida la consacrazione. Questa non dipende dalla santità del ministro. Il sacrificio però è nullo, perché esso va offerto nella più alta elevazione spirituale e morale dell’uomo.

Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». (Mt 9,27-38).

Anche l’altra frase, quella proferita dai farisei sulle opere di Gesù: “Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni”, attesta la non conoscenza sia di Dio che dello stesso Demonio. Questi farisei possiedono una falsa dottrina, una falsa fede, poiché sono fondati e radicati su una falsa verità di Dio e della creatura angelica corrotta e precitata nell’inferno. Con una falsa verità non si può percorrere la storia. La falsa verità è deleteria. Distrugge Dio nel suo essere e nel suo operare. La falsità su Dio all’istante diviene falsità sull’uomo e sull’intera creazione.

Sono in grande errore coloro che vogliono abrogare nella Chiesa la conoscenza dottrinale del mistero di Dio. Si incamminano per strade non percorribili quanti sono convinti che una infarinatura di Vangelo possa essere lo strumento dell’odierna evangelizzazione. Mancano di saggezza e sapienza di Spirito Santo tutti coloro che credono ci possiamo privare degli elementi solidi della nostra fede. L’evangelizzazione ha bisogno di solide verità, vera conoscenza di Dio, dottrina ferma e consolidata, teologia aggiornata all’ultimo soffio di Spirito Santo, intelligenza e sapienza del mistero di Dio e dell’uomo. Una fede senza verità non redime e non salva. Il metodo di Cristo è quello che siamo chiamati a seguire. Cristo Gesù dimorava nel cuore del Padre. Viveva di Lui e per Lui. In Lui e per Lui, operava secondo la mozione dello Spirito. Nulla è vietato al missionario di Gesù, purché sia lo Spirito Santo a suggerirglielo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a conoscere Dio bene.

13 Ottobre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete

Chi vuole dialogare bene, deve anche saper rispondere bene. La domanda potrà essere anche stolta, insipiente, arrogante, provenire da un cuore empio, idolatra, stolto, chiuso ermeticamente e sigillato nel suo cuore di pietra. La risposta invece dovrà sempre rivestirsi di sapienza, intelligenza, grande prudenza, somma verità. Può dialogare bene solo chi è nello Spirito Santo, chi diviene con lo Spirito del Signore un solo spirito. Solo lo Spirito infatti conosce il cuore dell’altro e solo Lui sa quale verità dire in ogni momento particolare della storia di chi chiede.

Se non siamo nello Spirito Santo, se non abitiamo in Lui, rispondiamo secondo il nostro cuore che è privo di saggezza, intelligenza, prudenza, perfetta verità, non conoscenza dell’altro. Sempre si cade nell’errore, quando si è distaccati dallo Spirito di Dio. Per questo chi vuole dialogare bene di una cosa sola si deve preoccupare: costruire quotidianamente questa perfetta comunione con lo Spirito Santo. È Lui che deve mettere la parola sulle nostre labbra. È Lui che deve sempre rispondere attraverso noi. Ma Lui mai potrà rispondere attraverso noi, se non è con noi un solo spirito, una sola anima, un solo cuore, una sola vita. Lui si fa vita della nostra vita e allora ogni risposta corrisponderà alla più alta verità di Dio e dell’uomo.

Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!» (Cfr. Mt 11,1-15).

A Gesù oggi è chiesto se è Lui il Messia del Signore. Lo Spirito Santo conosce i cuori che in quell’istante costruivano la storia o ne attendevano una migliore. Sa che la verità sul Messia del Signore era stata fortemente alterata, cambiata, trasformata in una missione puramente politica, di lotta civile, militare, di conquista di un potere, di un trono, di una indipendenza nazionale. Lui non può rispondere in modo diretto. Lo deve fare in modo indiretto, ma sempre nella più pura verità. Non risponde con la parola, bensì con la storia. Non con questa o con quell’altra storia, bensì con la storia attuale di Cristo Gesù.

Un uomo non cambia natura. Non si improvvisa ciò che non è. Una persona che non si è mai esercitata nell’arte della guerra, mai potrà pensare di trasformarsi in un istante in un guerriero. Gli manca la conoscenza, l’arte, la perizia, la scienza, l’esercizio, l’abitudine a fare quella cosa. Gesù si sta esercitando nel dare la vista ai ciechi, a far camminare gli zoppi, a purificare i lebbrosi, a dare l’udito ai sordi, la vita ai morti e a predicare il Vangelo ai poveri. Da questo esercizio quotidiano di Cristo Gesù, Giovanni potrà comprendere e spiegare anche ai suoi discepoli chi è Gesù secondo verità. Poi aprendo la Scrittura troverà che questo esercizio è proprio del Messia del Signore, dell’Inviato del Dio di Israele.

Se un prete si esercita a leggere romanzi rosa, potrà parlare di intrighi amorosi. Mai potrà passare a parlare di Vangelo. Non si è esercitato nella sua lettura e nella sua comprensione. Se si esercita nelle cose della terra, se si occupa delle faccende di questo mondo, di certo non sarà avvezzo ad occuparsi delle cose di Dio. Le riterrà superflue, come oggi avviene. Se si esercita a frequentare bettole e altri luoghi mondani, avrà a noi la frequentazione delle Chiese.

Uno è quello che è la sua vita. Gesù si sta esercitando ogni giorno ad amare i fratelli, i suoi fratelli più piccoli. Di certo il suo Messianismo potrà essere solo di amore, misericordia, bontà, aiuto, sostegno, compassione verso tutti. Mai Lui metterà un uomo contro un altro uomo. Non è esercitato a questo. Lui si sta esercitando ad essere l’uomo per l’uomo, non l’uomo contro l’uomo, l’uomo però che fa all’uomo il più grande bene, che fa l’uomo bene, perché lo libera da ogni sua infermità morale, fisica, spirituale. Un uomo è ciò in cui si esercita quotidianamente. Chi si esercita nel gioco è un giocatore. Chi si esercita nel vizio è un viziato. Chi non si esercita nello studio è un ignorante. Chi non si esercita nell’amore è un egoista. Chi non conquista l’umiltà è un superbo. Non si può passare da una natura di vizio ad una di virtù in pochi istanti. Occorrono anni e anni di duro lavoro, di fatica immane. Questo vale per ogni altra forma di vita dell’uomo. Così non si diviene peccatori da un giorno all’altro. Lo si diviene perché ci si è esercitati a poco a poco nella trasgressione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il buon esercizio delle virtù.

20 Ottobre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida!

Quello di Gesù è oggi un dialogo particolare, speciale, unico nel suo genere. Non parla con un uomo, o più uomini. Parla invece con l’intera umanità, presente, passata futura. Parla con l’uomo, dialoga con lui, gli rivela chi lui è nella sua natura più intima, quella che neanche lui conosce, perché ha di sé una conoscenza solo esteriore.

A quest’uomo di ogni tempo Egli dice che fa parte di una generazione strana. È una generazione fatta di grande insensibilità spirituale. Non solo. Fa parte di una generazione bizzarra, più che stolta ed insipiente. Una generazione che trova sempre un movente, una scusa, un ragione umana per non aprirsi alla conoscenza della verità e di conseguenza alla conversione. Ogni uomo è figlio di una generazione che non sa piangere e neanche ridere.

È una generazione che trasforma la politica, l’arte più sublime della carità, in gioco, e il gioco in politica, l’economia in gioco e il gioco in economia. Trasforma le cose serie in cose facete e le cose facete in cose serie. Anche la vita questa generazione trasforma in morte, perché è morte il concepimento, morte la famiglia, morte la gioventù, morte la vecchiaia, morte le relazioni, morte ogni cosa che essa tocca e sperimenta. Morte lo stesso cibo che si prende, perché frutto di avarizia, concupiscenza, sete di guadagno, frutto di mille altre diavolerie che si commettono.

Questa generazione è così astuta e furba che ne inventa una al minuto pur di giustificare la sua incredulità, la sua sordità, l’assenza di Dio nella sua vita. È veramente triste questa generazione, perché è di totale chiusura al vero Dio. I falsi dèi vengono adorati, stimati, esaltati. Per essi si uccide anche l’uomo, per la salvezza del quale, il vero Dio si è lasciato crocifiggere dalla sua creatura. Noi invece uccidiamo in nostri fratelli in nome di Dio. È triste, veramente triste questa generazione. Per essa Giovanni è un indemoniato e Gesù un beone.

A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Anche il secondo dialogo è assai particolare. Questa volta Gesù parla con delle città. Sono anche queste, simile alla generazione, città assai strane. Si prendono da Cristo Gesù dei doni effimeri, passeggeri, di un attimo, un miracolo del corpo, ma rifiutano il dono per eccellenza: quello della salvezza eterna. È questa la stranezza dell’uomo. Oggi si presenta e bussa alla porta della Chiesa per un tozzo di pane, ma non cerca l’altro pane, quello che dura per la vita eterna, quello che dona la vita eterna a chiunque lo mangia con fede.

Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!» (Mt 11,16-24).

Sono strane le nostre città. Chiedono alla Chiesa le cose materiali, rifiutano quelle spirituali. Domandano un bene effimere, per l’oggi. Rifiutano il bene eterno, quello che li straforma in eternità, in verità, in giustizia, in santità, in abbondanza di ogni altro bene. Ma è strana anche la Chiesa, che spesso si consegna a nutrire e a parlare al ventre dell’uomo. Essa ha una missione più nobile, infinitamente più nobile. Essa ha la missione di nutrire lo spirito di verità, l’anima di Dio, il cuore di Spirito Santo, la mente di Cristo Signore e del suo Vangelo, tutto l’uomo con la Beata Trinità, dalla quale discende per lui ogni bene, anche il bene per il corpo. È questa stranezza il frutto del peccato. Siamo tutti inquinati di insipienza e stoltezza. Dio ci vuole donare se stesso e la sua eternità e noi gli chiediamo un solo tozzo di pane.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi, intelligenti, sapienti.

27 Ottobre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra

Oggi Gesù è in dialogo con il Padre. È un dialogo particolare, unico, irripetibile nei suoi contenuti. Nessun altro lo potrà mai fare né con Dio né con i fratelli. È unico questo dialogo perché unico è Dio e unico è Cristo Gesù. Unica è la verità del Padre e unica è la verità di Gesù Signore. La relazione tra Gesù e il Padre nessun altro la potrà mai vivere, perché essa è prima di tutto relazione di natura e poi anche relazione di missione. La stessa missione è costitutiva dell’essere personale di Gesù Signore. Nessun’altra missione potrà mai esserle simile.

Anche noi siamo chiamati ogni giorno a vivere di dialogo con il Padre nostro celeste. Questo dialogo potrà essere vero o falso, accattivante o intrigante, giusto o sbagliato, condito di sapienza oppure frutto di ipocrisia. Una cosa però dovrà essere valida per tutti: ognuno intonerà questo dialogo con il Padre partendo da ciò che lui stesso è. Ora il nostro essere può vivere di verità, falsità, giustizia, ingiustizia, superbia, umiltà, menzogna, sincerità, bontà del cuore e della mente oppure malvagità, invidia, superstizione, docilità, dolcezza. caparbietà, arroganza, prepotenza. È dalla “realtà” del nostro cuore che sempre si instaura il dialogo con Dio.

Questa regola non vale solo nei riguardi del Signore, vale molto di più nel dialogo con gli uomini. Il dialogo con gli uomini è vero, se il cuore è vero. È invece falso, se il cuore è falso. Se il cuore è stolto, superficiale, arrogante, prepotente, vagabondo il dialogo soffrirà terribilmente di questa condizione del cuore. E così dicasi anche della mente. Se la mente è perversa, malvagia, imprudente, ostinata, capricciosa, incapace di auto-governarsi, superba, maligna, oppure sempliciotta, che vuole accattivarsi l’amicizia o la benevolenza di qualche fratello, è allora che bisogno temere. Non vi è alcuna possibilità di instaurare in vero dialogo.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,25-30).

Dal dialogo vero con Dio dipende la vita dell’uomo sulla terra e nel cielo. Il dialogo pertanto è la cosa più essenziale che necessita ad un uomo. Dialogo è la preghiera. Dialogo è ogni relazione dell’uomo con l’uomo e dell’uomo con Dio. Il dialogo è tutto nell’ambito della nostra fede. Dio ascolta e noi gli parliamo. Dio ci parla e noi ascoltiamo. Oggi la verità dell’ascolto è sconosciuta, misconosciuta, ignorata, disprezzata, confusa, annientata, annullata. Si dialoga con Dio e con i fratelli, ma senza la nostra verità. Non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo, qual è la nostra vera essenza, qual è l’essenza e la verità di Dio e dei fratelli.

Succede che nel dialogo si parla di terze persone e se ne riferiscono le parole, private però del loro vero significato, scatenando nel cuore di chi ascolta un sacro furore di giustizia, perché essa si pensa lesa, disprezzata, annullata nei suoi diritti essenziali, fondamentali che appartengono in modo inviolabile ad ogni persona. Qual è il risultato. La persona terza è fatta passare per “una bizzarra, ignorante, incompetente, disonesta, distruttrice dei diritti altrui”, “una turbatrice della pace, una mostruosa maestra incapace di ogni sano e vero discernimento”, “una sputa – parole che non sa neanche ciò che dice”. Nell’ascoltatore vengono generati “ribellioni, guerre, reazioni istintive fuori di ogni controllo, sentimenti brutti e inconfessabili”. E tutto questo perché avviene? Perché si è intavolato un dialogo fuori di ogni conoscenza non della verità dell’altro, ma addirittura senza la conoscenza del significato delle stesse parole ascoltate. Si ascolta, si dona un significato malvagio e maligno alle parole, le si mettono nel cuore dell’altro.

Gesù invece conosce perfettamente la verità di Dio, di se stesso, di ogni uomo. Dio è il Padre che lo ha generato nell’eternità. Lui è il Mediatore unico tra il Padre e l’intera umanità. È Mediatore unico non solo in relazione al dono della Parola, ma anche al dono della grazia, del ristoro, della consolazione, della vita eterna, dello Spirito Santo senza misura, di ogni altro dono celeste. L’uomo è il bisognoso, il povero, il misero, il meschino, l’afflitto, l’affaticato, il lasciato mezzo morto sul ciglio della strada. Se Dio si vuole donare secondo verità all’uomo, deve farlo per mezzo di Gesù Signore. Anche Dio si è obbligato per l’eternità e dall’eternità a Cristo Gesù. Se l’uomo vuole trovare Dio e ogni suo bene, deve legarsi anche lui per l’eternità a Cristo Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera conoscenza di Gesù.

03 Novembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato

In ogni dialogo Gesù manifesta al mondo intero la sua divina ed eterna saggezza. Possiamo affermare che ogni battaglia contro le resistenze degli scribi e dei farisei Lui la vince con la spada della sapienza. Si tratta però non di una sapienza appresa in qualche scuola umana. La sua scuola è al banco dello Spirito Santo, che Lui frequenta ininterrottamente. Possiamo raffigurarci Gesù seduto ad un banco della scuola dello Spirito del Signore ove di volta in volta passano scribi e farisei e Lui con alcuni PowerPoint che prendono l’avvio le azioni dei suoi discepoli, insegna ad ogni uomo come comprendere e vivere la volontà del Padre suo.

Ecco il PowerPoint di questa mirabile lezione di Gesù. è un giorno di sabato. I suoi discepoli hanno fame. Passano attraverso dei campi di grano. Raccolgono delle spighe, le sfregano con le mani e ne mangiano i chicchi ottenuti con questo “lavoro sabbatico”. È evidente che questo PowerPoint scandalizza scribi e farisei. Che insegnamento doni Tu, Maestro, a noi, se ci mostri come si viola il sabato senza peccare, mentre ogni violazione del sabato è peccato?

Ora Gesù spiega il PowerPoint precedente con uno antichissimo, tratto questa volta dalla stessa Scrittura Santa. In questo PowerPoint si vede Davide affamato, più che i suoi discepoli. Entra nella casa di Dio e chiede al sacerdote del pane perché lui e i suoi si potessero sfamare. Il sacerdote, di nome Abiatàr, dona a Davide i pani sacri, che a nessuno dei non sacerdoti era lecito mangiare. Qual è il significato vero di questa visione legale offerta dalla Scrittura? Essa è una sola: la carità è la legge suprema dinanzi alla quale ogni legge rituale, cultuale, viene meno. Prima viene la carità, l’amore per l’uomo e poi tutte le altre leggi in ordine ai riti da vivere e da osservare. Non si può accusare di peccato un uomo che ha colto qualche spiga e ne ha mangiato i chicchi di grano in giorno di sabato. Chi ama veramente l’uomo, come Dio lo ama, ha sempre pietà di lui e nel caso avesse anche peccato, dovrebbe fare come il sacerdote Abiatàr. Dovrebbe essere lui stesso a fornirgli ciò di cui ha bisogno per potersi sfamare.

In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato». (Mt 12,1-8).

Ora Gesù offre loro un altro PowerPoint. Fa vedere agli scribi e ai farisei dei sacerdoti che di sabato lavorano nel tempio. Fanno ogni tipo di faccende. Eppure nessuno di loro è accusato di lavorare in giorno di sabato. Perché per offrire al Signore il suo cibo, il suo profumo soave si lavora e per dare all’uomo un sollievo per la sua fame non si può lavorare? Se non si può lavorare per l’uomo, neanche per il Signore si deve lavorare. Dio si riposò dal lavoro che aveva fatto. Non si riposa in giorno di sabato dal “mangiare”. I sacerdoti ogni sabato glielo offrono nel suo tempio in Gerusalemme. La stessa legge che vale per il Signore deve valere anche per l’uomo. Ciò che Dio fa nel cielo, lo può fare anche l’uomo sulla terra.

Ora Gesù conclude la sua lezione con un quarto PowerPoint. Fa vedere agli scribi e ai farisei il Padre suo che per bocca dei profeti ordina al suo popolo che lui non vuole sacrifici di animali offerti nel suo tempio. Lui vuole la misericordia. Vuole l’amore verso l’uomo. Lui ama l’uomo ed anche l’uomo deve amare il suo prossimo. Lo deve amare come se stesso, con tutte le sue forze, la sua intelligenza, la sua compassione, la sua grande misericordia. Se questo è vero – ed è verità di Dio – anche i sacerdoti devono mettersi al servizio dell’uomo, per amarlo con il cuore di Dio, come lo ama Dio. È quanto ha fatto Cristo Gesù che ha amato l’uomo con il cuore del Padre. La lezione è finita. Ora i farisei e gli scribi sanno come si ama l’uomo. Ora Gesù dona il colpo finale. Egli afferma solennemente ai suoi “discepoli occasionali” che è Lui il Signore del sabato. È Lui la legge del sabato, non loro. Loro devono essere solo ascoltatori di ogni sua parola. Se Lui non ha corretto i suoi discepoli, lo ha fatto perché non vi era alcun male in quello che avevano compiuto. Essi erano nella legge perfetta del Padre suo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci ad amare con amore puro.

10 Novembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Ora, un uomo vale ben più di una pecora!

Gesù è colui che illumina la realtà, ogni realtà, nella quale l’uomo vive. La illumina con la luce della sua verità eterna, data all’uomo nella sua più alta attualità. L’uomo invece tiene lezioni cattedratiche, prolusioni magistrali, conferenze di prestigio, dibattiti che catturano l’attenzione. Non parliamo poi di tutto l’insegnamento che avviene nella Chiesa: omelie, predicazioni, catechesi, sermoni, fervorini, catechismi, novenari, tredicine, ritiri, esercizi spirituali e ogni altra modalità attraverso cui il Vangelo o la rivelazione viene a contatto con la nostra mente e il nostro cuore. È un insegnamento troppo spesso morto, evanescente, distante anni luce dalla nostra storia, incapace di incidere nel nostro cuore e di modificare la nostra vita.

Il nostro è un insegnamento vano perché svolto sopra la storia persona di ciascuno. Si parla di una verità astratta, lontana, morta, non vivente, asettica, sterilizzata, pastorizzata, resa innocua. Succede sovente che non si tratta più neanche di una verità avulsa dalla nostra vita, bensì di errori evidenti, eclatanti, che rovinano più che mille tempeste tropicali ogni forma di vita spirituale già esistente. Se per grazia di Dio qualche seme di vita spirituale ancora rimane nel cuore, da questi annunziatori di teoria strane, per loro all’avanguardia, all’istante viene distrutto, polverizzato, reso senza vita. Così viene reso vano il “ministero del microfono”. Si compie per molta nostra predicazione ciò che il Signore diceva degli scribi e dei farisei del suo tempo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi” (Mt 23,13-15).

Si fanno inviti, si stampano costosi manifesti, a volte si precetta un mondo, si lanciano anatemi se qualcuno non risponde, lo si giudica come un vero retrogrado, uno che non si interessa del suo aggiornamento, che vuole vivere nel vecchiume dello spirito e della mente, ma poi cosa succede? I “ministri del microfono” anziché edificare la fede di quanti sono stati costretti e obbligati alla partecipazione, provocano devastazioni nelle poche verità che quelle anime con fatica avevano messo nel cuore, guidati da altri “ministri del microfono”, che forse non possiedono la scienza alta e profonda dei luminari, però hanno nel cuore il vero senso di Dio e con fatica ininterrotta lo infondono nei cuori perché imparino ad amare Dio e il prossimo secondo il cuore di Cristo e non secondo questa colluvie di parole inutili e vane, distruttrici e devastatrici della vera fede nel Dio di Gesù Cristo e nel suo santo Vangelo. Questo avviene perché non conosciamo né la santità di Dio e neanche la realtà da portare nella santità di Dio, nel suo purissimo amore, nella sua più autentica verità. Parliamo con una scienza da ignoranti.

Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga; ed ecco un uomo che aveva una mano paralizzata. Per accusarlo, domandarono a Gesù: «È lecito guarire in giorno di sabato?». Ed egli rispose loro: «Chi di voi, se possiede una pecora e questa, in giorno di sabato, cade in un fosso, non l’afferra e la tira fuori? Ora, un uomo vale ben più di una pecora! Perciò è lecito in giorno di sabato fare del bene». E disse all’uomo: «Tendi la tua mano». Egli la tese e quella ritornò sana come l’altra. Allora i farisei uscirono e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni (Mt 12,8-21).

Gesù invece è solo “megafono e altoparlante del Padre”. Il Padre parla e lui fa risuonare attorno a sé quanto il Padre grida attraverso la sua bocca e il suo cuore. I farisei e gli scribi sono solo “microfoni” di se stessi. Non sono in alcun modo legati alla verità e alla santità di Dio. Parlano e insegnano da ignoranti dell’amore e della carità del Padre. Il mondo se ne accorge e si allontana da essi. A Gesù invece ci si avvicina perché lo si vede come vero portatore di Dio in questo mondo. Gli scribi e i farisei non amano. Gesù ama. Gli scribi e i farisei parlano della legge, ma da veri ignoranti della sua verità. Cristo non parla della legge, ma dell’amore che è sopra ogni legge. Farisei e scribi odiano Gesù perché ama e lo vogliono uccidere. Per Gesù vi è sempre dinanzi ai suoi occhi una storia personale, speciale, particolare da salvare. Per scribi e farisei non vi è storia personale. Vi è solo una legge da osservare senza e contro la persona.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la verità della legge.

17 Novembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi?

Una semplice parola cattiva, malvagia, maligna, che esce da un cuore cattivo, maligno, malvagio può distruggere un gran bene, il più grande bene. Immaginatevi un campo sterminato di grano, che comprende chilometri e chilometri quadrati di estensione. Andate voi con un semplice fiammifero, lo gettate nel grano maturo pronto per la raccolta, nella giusta direzione del vento forte di scirocco o di maestrale, è in pochi secondi il raccolto di un intero anno è distrutto. Resta solo un cumulo di cenere. Nulla di più.

Non occorrono armi micidiali per distrugge un intero raccolto evangelico. È sufficiente una sola parola maligna e malvagia insinuata con arte diabolica nei cuori. I maestri del male questo lo sanno e con sottile insidia, simili a cobra, iniettano il loro veleno di morte nei cuori semplici, piccoli, pavidi, paurosi, incapaci di sano discernimento, alla ricerca sempre di una sicurezza fuori di sé, perché carenti di Spirito Santo e di santa saggezza e intelligenza nelle cose di Dio.

Poiché pochi sono i “sapienti e gli intelligenti”, “i capaci ragionatori di questo mondo”, mente la massa è semplice, piccola, di bassa condizione per quanto attiene alla grande istruzione, quanti sono “maldicenti” fanno leva proprio su questa massa ancora informe per impedire la loro elevazione spirituale, morale, veritativa, sapienziale, di vera fede. I farisei, che si ritengono sapienti e intelligente e considerano tutti gli altri una massa di ignoranti, approfittano della non conoscenza da parte del popolo per distoglierlo dalla fede in Cristo Gesù, la sola che redime, salva, eleva, dona verità all’uomo. L’ignoranza sempre apre le porte all’idolatria.

In quel tempo fu portato a Gesù un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva. Tutta la folla era sbalordita e diceva: «Che non sia costui il figlio di Davide?». Ma i farisei, udendo questo, dissero: «Costui non scaccia i demòni se non per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni». Egli però, conosciuti i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso in se stesso cade in rovina e nessuna città o famiglia divisa in se stessa potrà restare in piedi. Ora, se Satana scaccia Satana, è diviso in se stesso; come dunque il suo regno potrà restare in piedi? E se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Ma, se io scaccio i demòni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Come può uno entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega? Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro. Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,22-37).

La battaglia tra la vera civiltà e l’inciviltà, tra la vera umanità e la disumanità o antiumanità, tra la vera fede e l’idolatria, tra la giustizia e l’ingiustizia, tra la luce e le tenebre si combatte tra “i possenti possessori” della scienza e della sapienza e tutto un mondo ritenuto da essi privo di ogni capacità di discernimento e quindi facilmente abbindolabile dai “maestri del falso”. E così Gesù è fatto passare per un “maestro dell’inganno e della falsità”. Messa questa brutta immagine su Gesù Signore, chi mai oserà presentarsi più a Lui? Se Lui è un alleato di Satana, tutti avranno paura e lo sfuggiranno come si sfugge il diavolo, questa triste e lugubre figura per eccellenza di tutto che è male, peccato, errore, falsità, inganno, menzogna, delirio religioso.

Gesù però avverte queste persone. Possono ingannare gli uomini, mai potranno ingannare il Signore, loro Dio. Loro subiranno il severo giudizio di Dio non solo perché non hanno creduto nell’Unigenito Figlio di Dio, ma perché sono stati causa attiva e responsabile con le loro menzogne di allontanamento di tutte quelle persone che erano nell’attesa della salvezza. L’altro può anche tentarci. Ad ognuno però incombe l’obbligo di non lasciarsi ingannare. Tutti possono ingannarci. Noi però non dobbiamo mai lasciarci ingannare. Lo esige la verità della nostra fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi fateci rimanere sempre nella verità.

24 Novembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Una generazione malvagia e adultera pretende un segno!

Gesù è l’uomo della verità, perché Lui è la verità. È verità di Dio e dell’uomo, verità trascendente e immanente, verità del cielo e della terra, verità visibile e invisibile, verità del passato, del presente e del futuro. Gesù è verità perché la sua Parola è verità e la sua verità è manifestazione di tutto il suo essere che è carità. Dinanzi a Gesù non vi è un uomo, come è per tutti gli altri uomini. Dinanzi a Lui vi è la verità dell’uomo. Vi è l’uomo così come esso è nel suo corpo, nel suo spirito, nella sua anima, nei pensieri, desideri, aspirazioni, malvagità, cattiveria, stoltezza, insipienza, invidia, gelosia, arroganza, prepotenza, superbia, vizio, virtù.

Gesù è interrogato da un uomo o categoria di uomini particolari e risponde secondo la loro verità storica. È questa l’essenza del vero dialogo. Noi invece, essendo quasi sempre nella falsità, non conosciamo la verità storica della persona con la quale entriamo in dialogo, e la nostra diviene allora una parola vana, stolta, di comodo, insipiente, banale, a volte anche cattiva, malvagia, che non dona salvezza, bensì solo perdizione perché ratifica il male dell’altro.

Scribi e farisei chiedono a Gesù un segno di credibilità. Gesù risponde loro che sono una “generazione malvagia e adultera”. È malvagia perché pensa e desidera il male. È adultera perché ha rinnegato Dio, lo ha tradito. Si è consegnata agli idoli di questo mondo. A questa generazione Lui non può dare nessun segno, al di fuori del segno di Giona, cioè del segno della sua risurrezione dopo tre giorni di permanenza nel sepolcro. Gesù sa la durezza del loro cuore. Sa che qualsiasi segno da lui dato – e segni ne aveva dati già tanti – sarebbe stato da loro dichiarato opera del diavolo, così come già avevano fatto. Ma chi possiede tanta intelligenza e sapienza per conoscere la verità storica dell’altro? Per questo tutti i nostri dialogo sono vuoti, falsi, vani, di convenienza: non essendo noi veri e non conoscendo il cuore dell’altro, la falsità ci avvolge e ci consuma. Quando poi la storia irrompe con la sua luce potente, solo allora, se siamo di buona volontà, entriamo nella verità. Se siamo di cattiva volontà, non vi è alcun rimedio per noi. Finiremo nelle tenebre e nella falsità eterna.

Allora alcuni scribi e farisei gli dissero: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone! Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo, ma non ne trova. Allora dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. E, venuto, la trova vuota, spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione malvagia». Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,38-50).

Anche in questo secondo dialogo tra Gesù e la folla emerge e viene mostrata tutta la verità che dimora nel cuore di Gesù. Gesù vive quella verità che lo rende libero da tutto, da ogni cosa e anche da ogni persona, compresa la sua santissima Madre. Una verità che non rende liberi per fare solo la volontà di Dio non è verità. Ed è qui che risiede tutta la falsità della nostra verità. Noi possediamo una verità concettuale, non vitale. Possediamo il Credo della Chiesa, il suo Catechismo, i suoi Dogmi, il suo Magistero, la sua Tradizione, possediamo la Teologia. Ma questa verità non ci rende liberi. Se non rende liberi tutto questo “materiale di verità” è solo “nozione”, mai potrà dirsi verità. È verità quando trasforma la nostra stessa natura: da natura di peccato la cambia in natura di grazia e da natura animale in natura spirituale, da natura egoista in natura di carità, da natura individuale e natura di comunione. Noi siamo talmente abili da farci addirittura schiavi della verità che professiamo, perché è una verità senza l’uomo e senza Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, introduceteci nella verità che ci fa liberi.

01 Dicembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Una generazione malvagia e adultera pretende un segno!

Gesù chiede a tutti i suoi discepoli una fede dinamica, aperta, non sigillata in un passato che è stato storia di ieri, ma che non è più storia di oggi. Una fede incapace di accompagnare la novità della storia, di illuminarla, di condurla nella verità, di certo non è la fede che il Signore vuole dai suoi discepoli. Questi dovranno essere svegli, attenti, saggi, sapienti, illuminati dallo Spirito Santo, capaci di cogliere nella storia ogni segnale di novità in modo che con una fede aggiornata all’ultimo istante, possano illuminarlo e portarlo nel mistero di Gesù Signore.

La fede non è allora la recita di credo “asettico”, di un formulario “pastorizzato”, di frasi “ad effetto”, di “slogan” proferiti da uno e poi ripetuti da molti, senza neanche appurare la stoltezza e l’insipienza che vi è in essi. La fede è una cosa seria. È attingere oggi nel mistero di Cristo Gesù tutta quella luce di verità, sapienza, intelligenza, prudenza, accortezza, giustizia, santità necessaria perché la tormentata storia possa trasformarsi in vera luce di salvezza. Più che luce che dirada le tenebre, la fede dovrebbe essere paragonata a del fuoco che incendia e trasforma, riscaldando e illuminando. Si mette la fede sotto la legna della storia e questa inizia a bruciare, ardere, riscaldare, illuminare, trasformare ogni cosa in luce e calore.

La fede diviene allora quel fuoco sempre nuovo che mai potrà trovarsi in un cuore umano. Questo fuoco lo si potrà trovare solo nel cuore di Cristo Gesù. Chi è allora l’uomo di fede? È un fiammifero sempre nuovo che Cristo accende per incendiare l’intera storia. Come però il fiammifero si accende una volta sola e poi lo si butta perché divenuto inutile, così deve dirsi per la nostra fede. Essa si deve accendere una volta sola. Poi è necessaria un’altra fede, una fede aggiornata all’oggi di Dio e di Cristo, se vogliamo che Cristo Gesù ci prenda e con essa accenda la storia per illuminarla della sua redenzione, salvezza, giustificazione, verità, luce.

Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Terminate queste parabole, Gesù partì di là. Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi (Mt 13,51-58).

Quelli di Nazaret non sono fiammiferi nella mani di Cristo Gesù e neanche del Padre dei cieli. Non sono neanche piccoli legni potenzialmente trasformabili in fiammiferi. Sono delle pietre stabilizzate nella loro durezza del cuore e della mente, cristallizzate in una idea mondana e pagana del loro Dio e Signore. Camminano nella storia con una fede senza verità, una rivelazione senza conoscenza, una parola senza alcun seme di vita eterna. Questi uomini e queste donne che oggi si trovano nella sinagoga di Nazaret non possiedono neanche la lettera della Scrittura. Indipendentemente dallo spirito che dona verità alla lettera, la semplice lettera attesta e rivela che sempre il Signore ha fatto la storia con le persone che non contano: sterili, zoppi, sordi, ciechi, poveri, umili, piccoli, semplici, anziani ormai privi di forza.

Non è per nulla facile camminare dietro il nostro Dio. Egli non ha schemi precostituiti, il passato non serve da paradigma per il presente. La storia che fu non ci potrà mai rivelare ciò che noi siamo chiamati ad essere oggi. Tutto invece diviene facile, possibile, se si parte della verità di Dio, dalla perfetta conoscenza di Lui. È verità di Dio la sua Onnipotenza e la sua somma libertà. È verità di Dio la sua volontà di creare ogni giorno cose nuove per i suoi figli. È verità di Dio la non ripetizione di ciò che fu. È verità di Dio la perenne attualità della sua opera. Sapendo questo, il fedele adoratore del vero Dio e Signore, si libera da ogni pensiero antico, del passato, di ciò che fu, di ieri, entra nella profondità della verità del suo Dio e da questo abisso inizia a leggere e a comprendere ogni parola che il Signore in questo giorno gli sta rivolgendo. Per accogliere Dio mai si deve partire da noi, sempre invece si deve partire da Lui e così dicasi anche per Cristo Gesù. Nessuno potrà mai capire Cristo Signore se lo guarda a partire del suo cuore. Deve guardare Lui, solo Lui, ascoltandolo e seguendolo nei suoi discorsi e nelle sue argomentazioni. La conoscenza solo esteriore di Gesù è una vera trappola per noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera scienza di Gesù Signore.

08 Dicembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare

Siamo in un luogo deserto, lontano da ogni centro abitato. Gesù è mosso perennemente dallo Spirito Santo. Mai una sola decisione presa da se stesso. Oh se noi facessimo la stessa cosa! Se avessimo l’umiltà di lasciarci sempre guidare dallo Spirito del Signore, eviteremmo tanti dispiaceri e amarezze ai nostri fratelli. A volte non riusciamo neanche a comprendere la parola che il fratello dona nello Spirito Santo e lasciandoci guidare dal nostro spirito di insipienza, stoltezza, invidia, gelosia amara, assenza non solo di verità divina, ma della stessa verità storica, creiamo ogni dissidio e discordia nella comunità, mettendo i cuori gli uni contro gli altri.

Vive quella comunità nella quale il solo “Governatore, Legislatore, Motore, Guida, Direttore, Pianificatore, Ispiratore” è lo Spirito del Signore. Quando l’uomo si sostituisce allo Spirito di Dio è la catastrofe. Nascono i partiti, le linee, le contrapposizioni, le divisioni, le liti, le gelosie, gli alterchi, le accuse, le giustificazioni, ogni altra stoltezza che è vera uccisione della comunità. Lo Spirito Santo fa di una moltitudine una comunione. L’assenza di esso in un cuore fa di una comunione una moltitudine di soggetti gli uni contro gli altri, distanti e opposti, contrapposti e spesso anche nemici inconciliabili. Tanta rovina può causare lo spirito dell’uomo.

Con Gesù questo mai è avvenuto. Anche lo spostamento da un luogo ad un altro, l’ora del suo andare e del suo venire, l’essere qui o altrove, in questa città o in quell’altra, l’incontro con questa persona o con un soggetto diverso, era sempre per mozione dello Spirito Santo. Le ragioni di ciò che avviene sono nello Spirito del Signore, mai nell’uomo. Se fossero nell’uomo non vi sarebbe alcuna mozione dello Spirito di Dio. Oggi Gesù è nel deserto. Lo Spirito sa perché lo ha condotto in questo luogo isolato. Vuole rivelare chi è Cristo Gesù. Vuole dare, offrire di lui una luce totalmente nuova. Vuole che il popolo lo riconosca vero profeta del Dio vivente, più grande, più potente, più eccelso che lo stesso Mosè, Elia, Eliseo.

Avendo udito questo, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini (Mt 14,13-21)

Oggi vi è dinanzi a Gesù, in questo luogo deserto, una grande folla. Egli sente compassione e guarisce quanti in essa sono ammalati. Viene però la sera e tutti ancora sono lì, in quel deserto, dove non vi è né acqua e né pane. I discepoli chiedono a Gesù di licenziare la folla perché vadano tutti nei villaggi a comprarsi da mangiare. Gesù li rassicura: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare”. Essi rispondono. “Abbiamo solo cinque pani e due pesci”. Tutto questo serve per noi. Tra i discepoli e Gesù vi è differenza di cuore. Il cuore di Gesù è tutto per gli altri. Il cuore dei discepoli ancora è tutto per se stessi. I discepoli questo devono imparare dal Maestro: trasformare il loro cuore in cuore per gli altri. È questo il lavoro quotidiano, mai da interrompere, sempre da fare, perché il vecchio cuore difficilmente lascia spazio a che il cuore di Cristo lo trasformi, lo plasmi, lo rinnovi, lo rigeneri in cuore per gli altri.

Quando il nostro cuore è per gli altri come il cuore di Cristo Gesù, allora non c’è più il poco e non c’è più il molto. Vi è una perenne benedizione di Dio che trasforma il desiderio di amore in opera concreta. Cambia l’amore del cuore in moltiplicazione dei pani, in risurrezione dei morti, in guarigione da ogni malattia e infermità. Il cuore che ama non ha limiti perché il cuore di Dio non ha limiti. Al cuore che ama Dio presta sempre il suo cuore e con esso si trasforma in cuore operativo, concreto, efficiente, sempre disponibile a fare ciò che è giusto per i fratelli. Non è facile pensare così. Non è facile amare senza la trasformazione del cuore. Ora il cuore uno solo lo può trasformare: lo Spirito di Gesù Signore. Per questo Gesù è venuto: per mostrarci quanto può fare un cuore trasformato dallo Spirito Santo e per darci lo Spirito Santo che trasforma il nostro cuore. La santità è la conquista di questo cuore nuovo per amare il mondo intero.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a trasformare il nostro cuore.

15 Dicembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque

La vita dell’uomo sulla terra non sempre può essere dalla sua volontà, non sempre deve esserlo. Nessuno potrà mai pensare di essere sempre da se stesso. Siamo dagli altri molte volte e in diversi modi. A volte l’altro è la nostra regola di vita. Siamo dall’altro per il bene, ma sovente anche per il male. Non tutto può essere spontaneità, accordo, comunione, libertà, disponibilità, volontà, patto, alleanza, contratto. Vi sono momenti in cui è di obbligo anche la costrizione, l’imposizione, la legge, il diritto, addirittura la privazione della stessa libertà fisica.

Anche la costrizione fa parte della vita umana. Senza la costrizione l’uomo è in tutto simile ad una foglia secca rapita e sballottata dal vento delle passioni, dei vizi, delle velleità, dei capricci. È la costrizione la vera forza che ci conduce alla realizzazione della nostra vera umanità. Siamo costretti al lavoro, allo studio, all’impegno, al diritto, alla legge, alla carità, all’amore, alla giustizia, alla santità, alla fratellanza, al rispetto, alla stessa vita. Siamo costretti ad essere sempre uomini e mai bestie. La costrizione non sempre deve venire dagli altri. È l’uomo stesso, ogni singola persona che si deve costringere a realizzare la sua vera umanità, a crescere da vero uomo, uomo perfetto, giusto, equilibrato, saggio, intelligente, prudente, accorto, temperante, sobrio, attento perché nulla possa nuocere alla costruzione della sua verità umana.

Oggi il Signore costringe i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva. Vi sono delle cose che devono essere fatte solo per obbedienza, non per scienza, non per conoscenza, non per rivelazione della motivazioni della loro opportunità e convenienza. All’obbedienza a volte occorre obbligare, costringere. Spesso l’obbedienza va imposta. La mente va tenuta fuori. Solo il concorso della volontà è richiesto. A questa obbedienza oggi non si è più abituati. Contro di essa si recalcitra. Ad essa ci si oppone dichiarandola non degna dell’uomo razionale, intelligente, sapiente, bisognoso sempre di scienza e di conoscenza. Eppure questa obbedienza “secca”, “senza motivazioni”, senza rivelazione”, senza manifestazione del perché”, è necessaria a Dio per compiere le sue meraviglie. A questa obbedienza ci si deve educare, formare. Anche questa obbedienza va richiesta con fermezza.

Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!» (Mt 14,22-33).

Gesù durante questa notte ha bisogno del mare per rivelare un’altra verità del suo essere. Dovrà manifestare la sua essenza divina, soprannaturale, eterna. I discepoli dovranno rimanere sconvolti, perché è solo questa la via perché essi comincino ad aprirsi al suo mistero. I discepoli partono, ma non arrivano. Sono bloccati al centro del lago dal vento contrario. Gesù li raggiunge nella notte camminando sulle acque. È lo sconvolgimento generale. Essi pensano di trovarsi dinanzi ad un fantasma. Gesù però li rassicura, invitandoli a non avere paura. È Lui, il loro Maestro che cammina sulle acque. Nell’Antica Scrittura solo di Dio si dice che cammina sulle acque. Tutti gli altri passano attraverso le acque, ma non camminano sopra di esse.

Pietro vuole essere certo che ci si trovi dinanzi a Gesù. Chiede di poter camminare anche lui come Gesù. Gli viene concesso, ma non appena mette piede sulle acque, si impaurisce a causa del vento contrario e chiede aiuto a Gesù: “Signore, salvami!”. Gesù lo aiuta, la chiama però uomo di poca fede. Ha dubitato. Non si è fidato della parola del Maestro. Il dubbio di Pietro è necessario alla fede. Lui deve dubitare. Occorre fare la differenza tra Gesù e gli altri, tra l’Uomo che è Dio, Gesù, e l’uomo che ancora non è neanche pienamente di Dio, Pietro. Se avesse camminato anche Pietro, la fede dei discepoli non avrebbe colto l’infinita differenza che vi è tra il Creatore e la creatura. La differenza la colma solo la grandissima santità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci nel cammino della santità.

22 Dicembre 2012

I DIALOGHI DI GESÙ
Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi

L’anima di ogni di ogni uomo appartiene alla singola persona ed è suo dovere condurla nella verità più piena, più santa, più perfetta. Oggi Gesù dona la sua regola, perché ogni anima possa raggiungere la più alta verità. Quando la persona si accorge che quanti esercitano il ruolo di maestri non sono veri maestri, ma ciechi e guide di ciechi, essa deve semplicemente lasciarli stare, abbandonarli, non seguirli, ignorarli, farsi sorda dinanzi alle loro parole, per non divenire anch’essa un cieco guidato da ciechi. Sarebbe questa la perdizione della sua anima.

Questo insegnamento di Cristo vale anche per me, suo presbitero e suo ministro. Se la gente, che io sono chiamato a nutrire della verità di Dio, vede che io sono un cieco, un misero, un accattone spirituale, un ripetitore di pensieri umani, senza senso, sconnessi, fuori di ogni comunicazione di autentica salvezza, mi vede che in fondo sono un traditore di Cristo Gesù, essa è obbligata a lasciarmi stare, ad andarsene lontana da me, per non essere inquinata dalla mia falsa dottrina, da quegli infiniti precetti di uomini con i quali pretendo legare a me le anime.

Le chiese oggi si svuotano perché le anime obbediscono inconsciamente a questo comando di Gesù Signore. Loro ci lasciano stare! E noi pensiamo che hanno tradito, abbandonato il loro Signore. Loro non lo hanno abbandonato. Vanno a cercarlo altrove, senza tuttavia poterlo trovare, perché altrove esso non c’è. E così le anime si perdono per assenza di Cristo Gesù nella loro vita, ma di ogni perdita è responsabile il ministro di Cristo che ha sostituito la Parola di verità del Vangelo con imparaticci di pensieri della terra.

In quel tempo alcuni farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Infatti quando prendono cibo non si lavano le mani!». Ed egli rispose loro: «E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione? Dio ha detto: Onora il padre e la madre e inoltre: Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. Voi invece dite: “Chiunque dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è un’offerta a Dio, non è più tenuto a onorare suo padre”. Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini». Poi, riunita la folla, disse loro: «Ascoltate e comprendete bene! Non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!». Allora i discepoli si avvicinarono per dirgli: «Sai che i farisei, a sentire questa parola, si sono scandalizzati?». Ed egli rispose: «Ogni pianta, che non è stata piantata dal Padre mio celeste, verrà sradicata. Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (Mt 15,1-14).

Questa pagina di Vangelo esige che ogni ministro di Cristo Signore, dinanzi ad una comunità assente, una chiesa vuota, spoglia, priva di anime, si interroghi, si chieda se è per sua colpa, sua responsabilità, suo mancato dono della verità e della grazia, che le anime lo hanno lasciato. Noi ministri di solito diamo sempre la colpa alle anime. Il Signore invece non pensa così. Dinanzi ad un disastro sociale, frutto di un disastro morale, il Signore non attribuisce la colpa né ai Re né ai Governanti, la dona tutta ai suoi Sacerdoti, ai Ministri della verità, per grave loro omissione nell’insegnamento: “«Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele, perché il Signore è in causa con gli abitanti del paese. Non c’è infatti sincerità né amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono. Ma nessuno accusi, nessuno contesti; contro di te, sacerdote, muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e anche il profeta con te inciampa di notte e farò perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e anch’io dimenticherò i tuoi figli” (Is 4,1-6).

È questo un severo monito che deve convincere tutti i ministri della verità di Cristo Gesù a dare splendore al loro servizio santo. Tutti i mali sociali del mondo sono il frutto di un malessere spirituale spesso causato dal mancato insegnamento della verità di Dio. Sono i Maestri della divina verità i responsabili dell’immoralità che dilaga sulla terra. La mancata profezia, l’assenza del vero annunzio lascia i cuori incolti e in essi ogni erbaccia di male inizia a spuntare.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci responsabili della Verità di Dio.

29 Dicembre 2012