I dialoghi di Gesù Dal 05-01-2013 al 29-12-2013
Neanche voi siete ancora capaci di comprendere?
La fede è il sommo dell’intelligenza umana, perché essa è l’intelligenza divina posta a servizio della mente e del cuore dell’uomo. L’atto di fede diviene pertanto l’opera più intelligente, razionale, logica, filosofica di un uomo. È avvolto da somma insipienza e stoltezza quell’uomo senza vero atto di fede. La sua vita è misera, meschina, senza possibilità di potersi trascendersi, illuminarsi della pienezza della verità. Il più grande intelligente di questo mondo, senza la verità della fede, è simile a quell’uomo che pensa che la luce sia solo quella di uno stoppino, mentre fuori splende il sole che illumina l’intero universo.
È grande la stoltezza dell’uomo quando rinuncia a vivere la sua fede sempre come atto intelligente ed è intelligente quell’atto che sa andare sempre di verità in verità fino alla sua pienezza. Racchiudere la fede in un gesto, un rito, anche un sacramento, una pratica religiosa, e dare al rito un significato assoluto, è somma stoltezza. L’uomo che vive con intelligenza la sua fede va alla scoperta della più grande verità che è nascosta nel gesto, nel rito, nel sacramento, nella pratica religiosa. Se la sua fede non è un perenne cammino di verità in verità, essa è morta. È portatrice di tenebre, non di luce. Dona miseria e non ricchezza. Crea allontanamento da Dio e non comunione. Non dona vita alla storia, bensì abitudini malsane senza alcuna verità.
Gesù chiede ai suoi discepoli l’intelligenza, la sapienza necessaria alla fede perché sappiamo sempre discernere ciò che entra nell’uomo da ciò che esce dall’uomo. Un cibo preso con mani non lavate non contamina moralmente un uomo. Invece un pensiero cattivo, malvagio che esce dal cuore dell’uomo contamina l’intero universo. Per un solo pensiero stolto e insipiente può succedere anche una guerra mondiale e tutte le guerre nascono da un pensiero stolto.
Pietro allora gli disse: «Spiegaci questa parabola». Ed egli rispose: «Neanche voi siete ancora capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e viene gettato in una fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende impuro l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi, adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende impuro l’uomo».
Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita (Mt 15,15-28).
Questa donna cananea possiede una fede ricca di sapienza, intelligenza. Da una parola proferita da Cristo Gesù giunge a far sì, con la sua saggia risposta, che Lui non possa negarle la grazia che gli sta chiedendo con tanta insistenza. Non è la preghiera che muove il cuore di Cristo. È la fede intelligente della donna che lo obbliga alla grazia. Cristo ora non può non fare la grazia alla donna. Se non gliela concedesse, si mostrerebbe Lui, il Maestro e il Signore, persona senza sapienza, intelligenza, saggezza, logica. La sua sarebbe una obbedienza di una persona senza mente. Obbedisce al Padre, ma senza alcuna razionalità.
Durante i secoli nella Chiesa si è celebrata l’obbedienza senza sapienza, intelligenza, logica, semplicemente senza alcuna mente. Si insegnava che l’obbedienza doveva essere “tamquam cadaver”. Come un cadavere si sposta da un luogo ad un altro, senza opporre alcuna resistenza, così deve essere dell’uomo di fede. È questa una prospettiva di vivere la fede, ma senz’altro non è la prospettiva, dal momento che Cristo Gesù ci insegna Lui stesso con la sua vita quanto sia importante, vitale, indispensabile vivere l’obbedienza a Dio con somma e quasi divina intelligenza. Un atto di fede non può rinnegare la verità che è contenuta nella Parola di Dio. Verità della Parola di Dio è anche questa: che l’atto di fede deve essere sempre posto dalla persona umana in pienezza di coscienza, intelligenza, cuore, mente, corpo. L’uomo non è solo corpo. Il cadavere è solo corpo. Manca in esso lo spirito, l’anima, il cuore, i sentimenti, la volontà. A volte si deve obbedire come cadaveri, a volte anche come persone.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il vero atto di fede.
05 gennaio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Sento compassione per la folla
È vero uomo non chi chiude la sua umanità nel cerchio invalicabile della sua persona, bensì che si spende tutto nella grande compassione per gli altri. Gesù è il vero uomo. È il vero uomo perché non solo si è speso tutto per amore degli altri, per questo amore si lasciò anche crocifiggere, donando il suo corpo e il suo sangue come bevanda di vita eterna per l’intera umanità. Lui è il vero uomo che muore al posto nostro, dopo aver assunto su di sé la nostra colpa, ogni nostro debito presso Dio. Il suo amore è più che umano, è divino.
Ogni uomo deve sentire compassione non per un solo uomo, per pochi uomini, ma per l’intera umanità. Deve avvertire su di sé questo amore universale che lo consuma. Questo amore universale non è per nulla paragonabile alla filantropia o all’umanesimo integrale di cui spesso si sente parlare. Filantropia e umanesimo integrale sono proposte filosofiche, antropologiche, che vengono offerte dall’uomo all’uomo. Diversa è invece la compassione universale di Gesù Signore. Essa è assumere, prendere, caricarsi sulle proprie spalle tutto il peso dell’umanità e portarlo fin sulla croce per la sua redenzione. Questa compassione si può vivere solo se si hanno spalle divine, spalle di Spirito Santo, cuore divino, cuore di Dio.
Per questo Cristo è venuto sulla nostra terra. Non solo per togliere il peccato del mondo, ma per dare a tutti gli uomini le sue spalle divine e il suo cuore divino per amare con la sua stessa compassione, carità, amore. Queste spalle divine e questo cuore divino si devono attingere giorno per giorno nella sua Eucaristia, stupendo sacramento della divinizzazione del cuore dell’uomo, si da renderlo in tutto simile al cuore di Cristo Gesù. Senza Cristo e il suo cuore che batte nel nostro, si può essere solo parzialmente uomini veri, poco veri, addirittura falsi, perché la vera compassione è solo quella che è nel suo cuore. Questa verità è attestata quotidianamente dalla storia. La storia ci rivela che l’uomo è incapace di amare.
Gesù si allontanò di là, giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele. Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?». Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene. Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini. Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn (Mt 15,29-39).
Che l’uomo sia incapace di amare, di sentire vera compassione, non c’è bisogno che si esca fuori del racconto evangelico per comprenderlo. Basta osservare la risposta dei discepoli data a Gesù: “Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?”. Ecco il pensiero terreno, umano, piccolo, meschino dell’uomo che non possiede il cuore di Cristo Signore: i bisogni sono elevatissimi, le risorse pochissime. Con poche risorse non si possono esaudire neanche i bisogni primari di un numero elevatissimo di persone. Con poco pane non si può sfamare una grande folla. Poco pane, poche persone. Questo è il principio del cuore dell’uomo. È un principio ferreo, difficile da abbattere e cancellare dal cuore.
Gesù invece ci attesta che è possibile il contrario, cioè saziare i molti con il poco. Prende i pochi pani, appena sette. Alza lo sguardo verso il Padre suo che è nei cieli, presenta a Lui i pani perché li moltiplichi. Il Padre ascolta la richiesta del Figlio. Esaudisce la sua preghiera. Così Gesù ci insegna che ogni cosa che noi dividiamo con i fratelli, come vero atto di fede e di preghiera, viene moltiplicata. Basta per noi, per tutti, e ne avanza anche. Non solo tutta la folla si sazia. Rimangono dalla moltiplicazione ben sette ceste colme di buon pane. È semplice moltiplicare le risorse della terra. Con il cuore di Cristo, la sua fede e la sua preghiera in noi ed ogni cosa è possibile, perché a Dio nulla è impossibile. Ognuno di noi deve fare una sola preghiera ogni giorno: chiedere a Cristo il suo cuore, la sua compassione, la sua fede, la sua preghiera. Se Cristo non vive tutto in noi, la nostra carità sarà sempre ben misera cosa.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la giusta, vera, preghiera.
12 Gennaio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Fate attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei
Una persona che si dichiara intelligente, sapiente, saggia, che afferma di essere capace di discernere il vero dal falso, non può esserlo per alcune cose e per altre no. Se uno ha in mano un metro, non può dire che è capace di misurare un oggetto di legno e non lo è per un oggetto di ferro o di altro materiale. I gesti sono sempre quelli. Non mutano. Anche il metro è lo stesso. Esso non cambia perché viene poggiato su un altro oggetto.
Questa verità Gesù l’applica a sadducei e farisei del suo tempo. Voi non potete dichiararvi sapienti perché sapete interpretare l’aspetto del cielo e dinanzi ai segni dei tempi chiudervi in una assoluta impossibilità. È proprio della razionalità umana discernere ogni cosa. La vita è discernimento, separazione. L’occhio separa e distingue i colori. L’orecchio fa differenza tra un suono e un altro. Il naso avverte ogni odore, quelli buoni e quelli cattivi. Così anche il gusto fa la differenza tra un cibo e un altro. Il tatto svolge la medesima funzione. Toccando le cose già si conosce la loro natura. Bene, male, giusto, ingiusto, vero, falso, ottimo, pessimo. Tutte queste cose fanno parte del nostro quotidiano discernimento.
Perché poi quando dobbiamo discernere la bontà della sua persona, la sua verità, la sua origine si va da Gesù e gli si chiede un segno del cielo? Un portento? La sua vita quotidiana non è già sufficiente per un buon, anzi ottimo discernimento? Se Gesù guarisce un lebbroso, dona la vista ad un cieco, fa parlare un muto, apre l’orecchio del sordo, libera da ogni malattia, anche i demòni sono scacciati da Lui, questi non sono forse segni che attestano la sua origine? Perché l’uomo non è capace di trarre la verità da questa moltitudine di segni che Gesù ha dato e gli dà?
I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. Ma egli rispose loro: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona». Li lasciò e se ne andò.
Nel passare all’altra riva, i discepoli avevano dimenticato di prendere del pane. Gesù disse loro: «Fate attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei». Ma essi parlavano tra loro e dicevano: «Non abbiamo preso del pane!». Gesù se ne accorse e disse: «Gente di poca fede, perché andate dicendo tra voi che non avete pane? Non capite ancora e non ricordate i cinque pani per i cinquemila, e quante ceste avete portato via? E neppure i sette pani per i quattromila, e quante sporte avete raccolto? Come mai non capite che non vi parlavo di pane? Guardatevi invece dal lievito dei farisei e dei sadducei». Allora essi compresero che egli non aveva detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall’insegnamento dei farisei e dei sadducei (Mt 16,1-12)
Farisei e Sadducei vedono la differenza che regna tra le loro opere e quelle di Cristo Gesù. La vedono, ma vogliono negarla, soffocarla. Questo attesta che la loro razionalità, intelligenza, capacità deduttiva e argomentativa viene soffocata dalla loro malvagità. La cattiveria acceca la loro mente, spegne il loro spirito, soffoca la loro anima, indurisce il cuore, oscura l’intelligenza perché non veda la verità storica, chiude la bocca perché non la proclami. Dinanzi ad un cuore malvagio è inutile profondere sapienza, dottrina, dare segni. Ogni cosa verrà devastata, tritata, macinata da esso e sbattuta in faccia come polvere di falsità.
Gesù invita i suoi discepoli a guardarsi dal lievito dei Farisei e dei Sadducei. Il loro lievito è l’insegnamento, la dottrina, la scienza di Dio di cui si servono per ingannare l’uomo e avvolgerlo di tenebre sempre più fitte. Il loro è un insegnamento senza alcuna verità. È anche una dottrina senza amore, carità, desiderio di bene verso l’uomo. La loro scienza di Dio è vissuta solo per trarre dei benefici personali. Quando il cuore è cattivo, tutto trasforma a proprio vantaggio. Anche di Dio il cuore cattivo si serve per accrescere la sua gloria sia materiale che spirituale. Per questo motivo i discepoli di Gesù vengono invitati a guardarsi da un tale lievito di ipocrisia e di falsità, di egoismo e di ricerca di se stessi. Quello di Gesù è un ammonimento che vale per ogni suo discepolo, in ogni tempo e in ogni angolo di questo mondo. Il cristiano non può servirsi di Cristo per scopi egoistici. Per fare questo dovrà necessariamente trasformare la verità in falsità, la giustizia in ingiustizia, il bene in male. Dovrà dare alla Parola di Gesù dei significati diversi da ciò che essa realmente contiene. Sarebbe questo il più grande tradimento dell’amore, cui esso è chiamato per nuova costituzione ontologica.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni insegnamento cattivo.
19 Gennaio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai
La guerra tra gli uomini è sempre nei pensieri, prima che nelle azioni. Il pensiero falso scatena guerre, rivoluzioni, sollevamento di popoli contro popoli, divisioni, separazioni, divorzi, omicidi, furti, false testimonianze, lussuria, disonestà, alterchi, bisticci, contrapposizioni, ingiurie, insulti, calunnie. Ogni pensiero falso si accanisce contro l pensiero vero fino alla sua completa distruzione, o annientamento. Lo fa con astuzia, furbizia, parola suadente, ma sempre falsa.
Pietro oggi dichiara guerra a Gesù. Il suo pensiero falso sul Messia del Signore non si adatta al pensiero vero che Gesù gli ha appena profetizzato. Chi è di pensiero falso, oltre che stolto, è anche arrogante, superbo, presuntuoso, ribelle, tentatore. La stoltezza sempre vuole prevalere sulla sapienza, le tenebre sulla luce, il male sul bene, la falsità sulla verità, il pensiero dell’uomo sul pensiero di Dio. Tutte le ingiustizie di questo mondo sono il frutto del pensiero falso dell’uomo. Sarebbe sufficiente mettere un solo pensiero di luce, verità, santità, giustizia, onestà per dare alla terra una nuova dimensione, un nuovo volto.
Anche chi legge e commenta la Parola della Scrittura sovente incorre in questo errore. Non legge e non scopre in essa la verità rivelata. Immette in essa tutta la falsità del mondo e poi trae ed estrae da essa ciò che il lettore pensa sia verità rivelata. Altro invece non è che falsità di questo mondo vestita però con lana d’agnello che sono le parole della Scrittura. In verità non è la Scrittura che afferma o dice quanto l’uomo sostiene di aver trovato in essa, sono invece semplicemente i suoi pensieri immessi in essa e che lui dice di aver scoperto nella Scrittura come sua purissima verità. Non dobbiamo dimenticarci che tutte le eresie, tutti gli scismi sono un frutto di una lettura distorta, priva di Spirito Santo, che si fa della Scrittura Santa.
Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,13-23).
Si possono citare, riferire, annunziare, predicare, insegnare le più belle pagine della Scrittura, senza conoscerne il loro vero significato di salvezza ed anche con il senso totalmente stravolto della verità di Dio in esse contenuta. Non vi è allora alcuna possibilità che la Scrittura venga conosciuta nella sua più alta verità? La via da percorrere è la stessa che fu di Cristo.
Dinanzi a Pietro che lo minacciava perché non andasse a Gerusalemme, Gesù risponde con fermezza, invitandolo a rispettare il suo ruolo, la sua verità. Pietro è discepolo e discepolo deve sempre rimanere. È questa la sua verità e secondo questa verità dovrà sempre agire, comportarsi, relazionarsi con Gesù. Gesù invece è il Maestro e deve rimanere in eterno in questa sua verità. La vittoria della luce sulle tenebre è il frutto della fermezza di chi sta nella verità, di chi dimora in essa. Dove non vi è fermezza della luce, della verità, della giustizia, le tenebre ben presto assurgono a signori dell’universo.
La forza del mondo attesta la debolezza del cristiano. Il mondo oggi è forte non perché lo sia realmente, ma perché debole, privo di ogni forza di grazia e di verità è il cristiano. Sarebbe sufficiente che ogni cristiano indossasse le vesti evangeliche, che credesse con profondo convincimento nella verità della salvezza, nella sua propria verità ricevuta, per rendere debole ogni altro uomo. La loro forza attesta la nostra fragilità. La nostra forza rende fragile la loro onnipotenza di peccato. Quando il cristiano è poco cristiano, il mondo è assai mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi rendeteci forti per il nostro Dio.
26 Gennaio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
E allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni
Gesù è colui che cammina verso Gerusalemme. La sua non è però una marcia trionfale per la conquista di un trono terreno, un potere regale umano, alla maniera di tutti gli altri regni, imperi, governi esistente sulla terra. Nella Città Santa va per essere tradito, venduto, catturato, giudicato dal suo popolo, rinnegato, consegnato all’autorità di Roma e da questa condannato per essere crocifisso. In Gerusalemme vi è una pesante croce morale, spirituale, fisica che attende Gesù e Lui vi si dirige per caricarsela sulle spalle e per esservi affisso sopra. San Paolo dice che Gesù si rinnegò, si annientò, si annichilì, si fece niente, da Dio che era.
Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,1-11).
Questa stesso rinnegamento Gesù chiede per coloro che vogliono andare dietro a Lui. Il rinnegamento è nei pensieri, nella volontà, nel cuore, nella mente, nello spirito, nel corpo, nell’anima. È di tutto l’essere dell’uomo. Niente più deve provenire da noi. Tutto deve sgorgare per noi dal cuore del Padre. Il discepolo di Gesù deve essere solo purissima obbedienza a Cristo Gesù. Ma cosa è esattamente l’obbedienza? Essa è conversione del cuore, della mente, della volontà. Si smette di ascoltare il proprio cuore, la propria mente, la propria volontà. Si vive solo per ascoltare il cuore del Padre che parla per mezzo dello Spirito Santo nella Parola di Gesù. La nostra fede è ascolto del Padre che ci parla in Cristo, per opera dello Spirito Santo. Dove non vi è ascolto, lì non vi è obbedienza e neanche rinnegamento. Attenzione però. Non si ascolta il proprio cuore. Si ascolta il cuore del Padre. Non si cammina secondo i propri sentimenti, ma secondo quelli di Cristo Gesù. Non si seguono le proprie ispirazioni, ma quelle dello Spirito Santo. La fede è passaggio, salto da noi a Dio, a Cristo Gesù, allo Spirito Santo. La fede è salto dalla libertà alla crocifissione. È un salto perenne, quotidiano, senza interruzione.
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno» (Mt 16,24-28).
La fede è una scelta perenne tra visibile e invisibile, tra terreno e divino, tra tempo ed eternità. Si rinnega il visibile, il divino, il tempo per entrare in possesso dell’invisibile, del divino, dell’eternità. Si sceglie il divino, l’invisibile, l’eternità. Per fare questo occorrono occhi di Spirito Santo. Sono necessari all’uomo gl stessi occhi di Cristo Gesù. Sono questi gli occhi della fede: la contemplazione dell’invisibile, del divino, dell’eterno. Chi non possiede questi occhi vede solo il visibile, il terreno, il tempo. Mai potrà seguire Cristo Gesù.
Oggi Gesù ci introduce nell’eternità della fede dicendoci che la vita di quaggiù dura un istante. Se uno possedesse tutto l’universo con la sua gloria e magnificenza, questo possesso durerebbe solo pochi giorni, anzi solo un attimo per rapporto ai giorni dell’eternità, che sono senza numero. Mentre un solo attimo di eternità con Dio vale più che diecimila miliardi di anni di gloria effimere e mondana. La fede è una scelta. Non è però una scelta che si fa una volta per sempre. È invece una scelta permanente, attimo per attimo ognuno è chiamato a scegliere l’invisibile e a rinnegare il visibile. Senza rinnegamento, mai vi potrà essere vera scelta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a scegliere sempre Cristo.
02 Febbraio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo
Il cammino nella fede è la cosa più ardua, difficile, quasi impossibile a motivo non della fede in sé, ma del mistero che l’uomo di fede porta. La fede è sempre legata alla persona ed è la persona la porta della vera fede. Alla fede si giunge attraverso il mistero che la persona di fede contiene e vive in sé. È questo mistero che è difficile da accettare, perché spesso è anche difficile rivelare. La nostra fede non è in Dio, in Cristo, nello Spirito Santo, nelle verità celesti. È nel cristiano portatore di queste verità e rivelatore di esse nella sua vita.
Se oggi la fede è spenta, rallentata, soffocata, morta, non è causa delle verità che mancano, i libri sono pieni delle verità della fede. Lo è perché spento, rallentato, soffocato, morto è il cristiano. Essendo lui la porta della fede, la fede degli altri è il frutto, un parto della sua fede personale. Se la sua fede personale è spenta o morta, genererà una fede spenta o morta. Su questa via oggi si insiste veramente poco. Ma è essa che bisogna percorrere se si vuole che nel mondo vi sia una vera fioritura di una fede alta, nobile, santa, perfetta, sempre in cammino di verità in verità. Tutto è dal cristiano e per il cristiano. Nulla senza di lui.
Gesù è il portatore della vera fede sulla terra. La sua persona è il soggetto e l’oggetto della verità della fede. Sulla sua persona vi erano profezie e profezie, interpretazioni e interpretazioni, pensieri e pensieri, verità e verità, ma anche dissonanze e dissonanze, fantasie e fantasie. Una fede di fantasia, immaginazione, sogno, necessariamente si scontra con la verità che la persona di Cristo Gesù è ed incarna. Pietro e gli altri avevano una fede di immaginazione sul Messia del Signore. Spetta a Cristo portarli nella fede di verità. È questo il percorso più difficile da compiere: dalla fede di fantasia alla verità della fede e la verità è la sua persona.
Oggi la fantasia si è impossessata della fede, l’immaginazione della verità, il sogno della realtà di Gesù Signore. Lavorare nella vera fede oggi è la cosa più ardua che possa esistere. Tutti vogliono una fede senza verità e senza mistero. Pochi amano la fede verità e mistero. La prima fede non obbliga a cambiare, modificare il nostro mistero. La seconda fede invece obbliga al cambiamento totale della nostra vita. Essa va condotta interamente nel mistero di Cristo Gesù.
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti». Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista (Mt 17,1-13).
Alla fede vera Gesù conduce i suoi discepoli chiamando come testimoni della sua verità Mosè ed Elia. La Legge e i Profeti confermano che la verità di Gesù è ben diversa dall’immaginazione e dalla fantasia di Pietro e degli altri suoi discepoli. Interviene anche il Padre celeste che fa udire la sua voce, invitando i discepoli presenti sul monte ad ascoltare solo il Cristo Signore. È Lui il vero Messia. La verità del Messia è quella che Gesù sta annunziando. Essa è di morte e di risurrezione. È una realtà dura da accogliere, ma solo essa è la verità del Messia.
Spetta ad ogni persona che vuole essere porta della fede l’obbligo di mostrare, rivelare, manifestare la verità che avvolge il suo essere e la sua missione. È suo compito trovare modalità e strategie perché attraverso la sua carne e il suo sangue la verità del suo mistero di cristiano venga accolta come propria verità, mistero della propria vita. Se il cristiano non trova queste modalità, non percorre queste vie, lui è responsabile di omissione grave.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci queste modalità.
09 Febbraio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
O generazione incredula e perversa!
Usare Cristo per una verità parziale, non essenziale, è tentazione che sempre accompagnerà la fede. Cristo Gesù è l’uomo dalla verità piena, totale, integra, santa. L’uomo è falsità, errore, visione distorta del mondo e della storia. La falsità mai potrà usare la verità in modo vero, la userà sempre in modo falso, periziale, utilitaristico, interessato, per la terra, il corpo, le cose di questo mondo. Ogni volta che la sua verità viene usata in maniera impropria, Gesù insorge. Non vuole lasciarsi trascinare nel mondo della falsità dell’uomo. Leggiamo nel Vangelo.
Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (Lc 12,13-21).
Questa stessa fermezza di Cristo dovrebbe essere di ogni suo consacrato. Oggi vi è un uso improprio, imperfetto, parziale, errato, addirittura falso del consacrato del Signore. La Lettera agli Ebrei così parla del sacerdote e di Cristo sommo ed eterno sacerdote della Nuova Alleanza. È una visione che merita tutta la nostra attenzione.
” Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,1-10).
Non è l’altro che deve rispettare il consacrato. L’altro non sa nulla della sua verità. È il consacrato che deve chiedere sempre un uso di sé secondo verità. Ogni cosa esistente in natura si può usare in modo improprio, inadeguato, non giusto, addirittura non santo, immorale. Ma questo è un modo che nel caso del consacrato può essere anche peccaminoso, se è lui stesso che usa la sua consacrazione in modo improprio. Se invece sono gli altri che pretendono questo uso improprio, la sua fortezza nello Spirito Santo deve essere capace di respingere ogni tentazione. L’uso improprio della consacrazione è la radice di ogni male morale nel mondo.
Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile» (Mt 17,14-20).
Per carità, amore, compassione, misericordia Gesù libera quest’uomo dallo spirito impuro. Lo libera perché anche questa è sua missione. Ma non è essa tutta la sua missione. Questa è una parte infinitesimale, propedeutica, di approccio alla sua grande missione che è quella di liberare l’uomo dalle tenebre veritative e morali, dal peccato e dalla morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a vivere in pienezza di verità.
16 Febbraio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini
Unire le profezie è più che necessario per entrare nella verità del mistero di Cristo Gesù. Quando il profeta Daniele parla del Figlio dell’uomo, lo presenta nell’atto di ricevere il Regno. Non indica però la via attraverso cui questo sarebbe avvenuto. È una profezia che attesta una parte della realtà storica di Cristo Gesù, ma non la totalità della sua realtà storica.
Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto (Dn 7,9-14).
Leggiamo ora la stessa scena così come la narra e la descrive l’Apocalisse. Tutto è diverso.
E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia 12e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione ( Ap 5,1-14).
La scala per giungere fino a Dio ed essere intronizzato re di un regno eterno, che non avrà mai fine, è proprio la croce. Regnavit a ligno Deus. Dio regnò dal legno. Il legno è la sua croce. Unendo invece le due profezie: quella di Daniele e l’altra di Isaia, che è il Canto del Servo Sofferente del Signore, tutto si fa chiaro. I discepoli rimangono rattristati perché loro ancora camminano per profezie separate. Ma anche noi camminiamo per frasi di verità separate le une dalle altre e tutto il mistero di Cristo, di Dio, dell’uomo ci sfugge. Forse è proprio questo il male sottile, invisibile della teologia moderna. Ognuno cammina per specializzazione settoriale, staccata dalla globalità del mistero. Urge unificare il mistero nella mente del cristiano e di ogni altro che il mistero spiega, annunzia, insegna. Le verità separate ci fanno tutti buoni eretici.
Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati. (Mt 17,22-23).
Gesù invece cammina sempre nella globalità e totalità del mistero. Lui conosce tutte le profezie che dovranno compiersi su di Lui. Conoscendole in pienezza di verità nello Spirito Santo, sa in ogni momento cosa lo attende e si prepara con purezza di cuore e luminosità di coscienza. Quando ognuno di noi non conosce il mistero sulla sua persona e le profezie che dovranno compiersi nel suo corpo, si possono prendere anche delle decisioni forti, storiche, ma c’è sempre una domanda alla quale la coscienza mai si potrà sottrarre dal dare una risposta: è profezia di Dio o è per mia volontà, anche se illuminata dalla preghiera e dalla condizione storica? La giusta risposta è una sola: lo faccio per compiere ogni profezia. Va sempre e comunque rispettata ogni decisione, dal momento che nessuno al di fuori della persona conosce la profezia che lo riguarda, cioè la più pura e santa volontà di Dio sulla sua vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci ad unire ogni profezia.
23 Febbraio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini
Con Gesù cambiano le misure di valutazione, i parametri di giudizio, le regole della stima di persone e cose. L’alto diventa basso, il grande piccolo, il padrone servo, il re schiavo, il dotto ignorante. In Lui Dio si fa uomo e serve l’uomo dall’ultimo posto. La vera grandezza di un uomo è la sua piccolezza, che deve giungere fino all’annientamento di sé. Il bambino è colui che non ha grandezza umana. Non conta né nella vita politica, né in quella sociale, né in quella economica, né in quella familiare. È messo sempre da parte. Ridotto al silenzio. È un senza parola. È un non importante, un non valido, un non utile. È ancora un non essere. Al bambino compete solo il gioco e l’apprendimento.
Gesù chiede ai suoi discepoli di diventare come bambini. Le sorti del mondo non sono nelle loro mani, nella loro abilità, nella loro scienza, sapienza, intelligenza, nel loro potere. Il mondo è interamente nelle mani di Dio. Loro una cosa sola dovranno essere: strumenti nelle mani di Dio, obbedienti sempre alla sua volontà, esecutori perfetti di ogni suo comando. Dovranno per questo spogliarsi della loro volontà. Al suo posto dovrà regnare la volontà di Dio. Dovranno svestirsi della mente. Al suo posto dovrà imperare la sapienza dello Spirito Santo. Dovranno privarsi del loro cuore. Al suo posto dovrà rendersi operativo il cuore di Cristo Gesù. È questo un programma di vita non facile da portare avanti, a motivo della tentazione che sempre viene perché noi togliamo Dio, lo Spirito Santo, Gesù Signore dal nostro intimo e ci riappropriamo di noi stessi, per condurre una vita secondo il nostro cuore, la nostra mente, la nostra volontà. Quando questo avverrà non saremo più bambini, ma adulti. Ci sentiremo importanti, utili, bravi, capaci. Penseremo che il mondo poggi tutto sulle nostre spalle.
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. (Mt 18,1-10).
Nella Chiesa, nella società, nel mondo vi sono adulti e bambini, grandi e piccoli. Persone che hanno già vissuto buona parte della loro vita e altri che sono appena agli inizi. Qual è lo scandalo che oggi Gesù vuole che i suoi discepoli mai commettano? Che vivano da adulti in un mondo di piccoli, da grandi in un mondo di bambini. Si può essere adulti di età, mai però di autonomia, di distacco da Dio. Quando un bambino che si apre alla vita della fede, vede un adulto di età che vive anche da adulto nei rapporti con Dio, lo vede autonomo da Lui, lo vede come tutti gli altri potenti, arroganti, prepotenti di questo mondo, lui riceve uno scandalo che lo condizionerà per tutta la vita. È questo il primo scandalo dal quale necessariamente bisogna guardarsi. Questo scandalo inquina i rapporti tra le generazioni. Fa sì che Dio sia pensato in modo errato, sbagliato, non secondo verità.
È nella sua relazione errata con Dio, con Cristo Gesù, con lo Spirito Santo che il discepolo di Gesù scandalizza sia i piccoli di età, che quanti sono ancora piccoli nella fede. San Paolo vede questo scandalo in Pietro e lo riprende: “Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?» (Gal 2,11-14).
A volte un solo scandalo nella fede può rovinare per sempre il futuro di una comunità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci ad evitare ogni scandalo.
02 Marzo 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Che neanche uno di questi piccoli si perda
Dio è il cercatore dell’uomo. Con pazienza infinita e amore divino mai si stanca di cercarlo perché torni nella sua casa. Essendo Cristo Gesù, l’Immagine del Dio vivente, anche Lui è il vero cercatore dell’uomo. Non solo lo cerca, lo nutre anche con la sua carne, lo disseta con il suo sangue, lo illumina con la sua Parola, lo attrae con il suo amore. Anche il discepolo di Gesù, essendo suo vero corpo, deve vivere la passione d’amore per l’uomo del suo Maestro.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda. Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,10-20).
Che la ricerca dell’uomo sia il cuore stesso Dio ce lo rivelano le parole accorate pronunciate dal Signore in un momento di caligine e di oscurità per il suo popolo, abbandonato a se stesso, preda di ogni sopruso, angheria, ingiustizia, vessazione. È un momento veramente triste.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura.
Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione. Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore. Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro: io, il Signore, ho parlato. Stringerò con loro un’alleanza di pace e farò sparire dal paese le bestie nocive. Abiteranno tranquilli anche nel deserto e riposeranno nelle selve ( (cfr. Ez 34,1-31).
Oggi pastore del gregge di Gesù sono i suoi sacerdoti. A loro la responsabilità di curare, pascere il gregge con la stessa carità pastorale di Cristo Signore. A loro è chiesto un amore di totale sacrificio, oblazione per il servizio del gregge. È chiesto il loro olocausto, o consumazione totale sull’altare dell’amore. Poiché loro non sono sorgenti di amore, è necessario che ogni giorno si immergano nel cuore di Gesù e lo attingano tutto attraverso la comunione dello Spirito Santo. È questa unione vitale con Gesù che consentirà loro di impregnarsi di tutto l’amore del Maestro per poi riversarlo sul gregge loro affidato. Cristo Gesù è veramente tutto per essi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, immergeteci in Cristo Signore.
09 Marzo 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette
Tutti conosciamo la regola d’oro: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7,7-12).
Alla luce di tutto il Vangelo, questa regola può essere così riformulata: “Tutto quanto volete che Dio faccia a voi, anche voi fatelo ai vostri fratelli. Questa è infatti la Legge e i Profeti”. Dio si mette alla pari dei nostri fratelli. Dio ci perdona se noi perdoniamo i nostri fratelli. Dio ci ama se noi amiamo i nostri fratelli. Dio è misericordioso con noi se noi siamo misericordiosi con i nostri fratelli. Dio ci benedice se noi benediciamo i nostri fratelli. Dio ci trova sempre un posto nel suo cuore, se noi troviamo un posto nel nostro cuore per i nostri fratelli.
Questa regola d’oro Dio l’applica per il tempo e per l’eternità. Sono falsi testimoni di Dio, ingannatori dell’uomo, tutti coloro che insegnano un perdono di Dio senza il nostro perdono verso tutti coloro che ci hanno offeso. Sono tutti mentitori coloro che sostengono che Dio ci accoglie nella sua casa eterna, quando noi escludiamo dalla nostra casa terrena i nostri fratelli. Il nostro debito vero Dio è sempre infinito e il suo amore verso di noi sempre eterno e ricchissimo. Il nostro invece è piccolo, umano, povero, misero. Ma è il dono della nostra misera compassione ai fratelli che ci arricchirà della compassione eterna del nostro Dio.
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». (Mt 18,21-35).
Tutta l’opera di Dio di redenzione, riconciliazione, compassione, pietà, misericordia, abbondanza di ogni dono celeste, vita eterna, gioia, pace, amore, benedizione è condizionata dalla nostra opera di purissimo bene verso i nostri fratelli. È questa condizione che oggi è stata abolita. Si chiedono le grazie a Dio ma non le si fanno ai fratelli. Si implora da Dio la misericordia ma non si è misericordiosi verso i fratelli. Si vuole da Dio tutto e non si dona niente ai fratelli. Si vuole pace, abbondanza, benedizione da parte di Dio e si lasciano i fratelli nella guerra, nella miseria, nella nostra maledizione di peccato e di morte.
Questa religione a senso unico è deleteria. È un vero pesticida dell’anima e dello spirito dell’uomo. È la nostra verità verso l’uomo che attesta la nostra verità verso Dio. Se l’uomo è spietato, crudele, oppressore, uccisore, nemico, sfruttatore, ingannatore, senza pietà verso l’uomo, come potrà pretendere che Dio sia compassionevole e misericordioso verso di Lui? Dio mai potrà ricoprirlo della sua misericordia, a meno che non si converta e non cambi modo di relazionarsi con i suoi fratelli. Dio aveva perdonato una somma infinita, un debito incalcolabile, impagabile. Non erano sufficiente neanche milioni e milioni di vite per saldare il dovuto. Perse il condono perché non ha saputo perdonare cento miseri denari, un niente. È questa la grande stoltezza dell’uomo: perde tutta l’eternità per un misero istante di questo tempo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a comprendere la verità di Dio.
16 Marzo 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Il Creatore da principio li fece maschio e femmina
La rivelazione, iniziata con il primo uomo nel paradiso terrestre e portata a compimento da Gesù Signore, è la sola verità che dona verità piena, perfetta, esaustiva ad ogni altra verità esistente in natura, nascosta o evidente, scientifica, filosofica, economica, politica, antropologica, di ogni altro genere e specie. Chi dovesse rifiutare la rivelazione sappia che la sua vita manca della vera luce. La rivelazione infatti è più che la luce degli occhi per il corpo. Come un corpo senza occhi cammina immaginando le cose, ma non conoscendole nella loro natura o essenza, così dicasi di un uomo senza rivelazione. La sua è tutta una vita per immaginazione, fantasia, filosofia, pensiero cieco.
Oggi l’uomo ha deciso di rifiutare la verità rivelata sulla sua stessa natura di uomo e di donna. Il frutto di questo rifiuto è la distruzione della stessa umanità, la fine di essa. Senza verità non c’è né futuro e né speranza. La verità è più che l’alito della vita. È il respiro spirituale dell’anima. Ma questo è il frutto della durezza del cuore. Il cuore è indurito dal peccato. È il peccato che lo fa diventare come pietra, sasso, macigno. La grazia invece lo rende di carne, capace di accogliere la verità e di amarla, prendendola come sua sposa. È triste un uomo senza verità. È una tristezza che non dona speranza. Quale speranza potrà mai sorgere dalla falsità? Oggi la falsità sta invadendo molti cuori. Il cuore uno solo lo potrà rendere vero: Cristo Gesù.
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano. Molta gente lo seguì e là egli li guarì. Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli domandarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di ripudiarla?». Rispose loro: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio». Gli dissero i suoi discepoli: «Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Mt 19,1-12).
I farisei chiedo a Gesù se è lecito ripudiare la propria moglie per qualsiasi morivo? Può un uomo rifiutare il proprio cuore, i propri occhi, la propria testa, le proprie mani per qualsiasi motivo? Può, ma con il risultato di uscire dalla vita piena ed entrare in una vita monca, zoppa, o addirittura passare dalla vita alla morte, essendo ogni parte dell’uomo necessaria alla sua natura. La natura dell’uomo è occhio, naso, gola, testa, braccia, cuore, gambe, ogni altro membro. Basta la mancanza di un solo arto e già l’uomo è menomato. Se la menomazione è per sua colpa, sua responsabilità, lui sempre avvertirà il peso della sua stoltezza.
La donna non è un accidente, un vestito, un cappello, un accessorio, un sovrappiù per l’uomo. Essa è essenza, vita della sua natura. È la vita che lo fa divenire vita, la verità che lo fa essere verità, quell’aiuto corrispondente che lo eleva ad una dignità superiore nell’ordine della stessa creazione. Infatti, prima che il Signore creasse la donna, l’uomo era ontologicamente solo. Gli mancava quel tu umano che rendeva anche lui un tu umano. Il mistero è oltremodo grande.
Il matrimonio è la costituzione dell’umanità nella sua pienezza. È come se anima e corpo fossero separati e venissero a congiungersi per formare l’essere uomo. La donna e l’uomo nel matrimonio sono più che l’anima e il corpo che formano l’uomo. Essi diventano una sola carne, una sola vita, dalla quale è la vita, la continuazione della nostra stessa esistenza di uomini e di donne sulla terra. Se questa unità viene ad essere distrutta, non potrà più essere ricomposta. Come nel nostro corpo non può entrarvi nessun’altra anima, dal momento che anima e corpo sono l’uomo nel tempo e nell’eternità, così dicasi per il matrimonio. Una sola donna, un solo uomo fino alla morte. Solo la morte potrà sciogliere questa unità. Questo mistero non è sottoposto alla volontà dell’uomo. Mai lo sarà. Purtroppo questa verità oggi è vilipesa, distrutta, annullata, calpestata. La morte della verità dell’uomo è addirittura dichiarata conquista di progresso e di modernità. Più grande stoltezza mai potrà regnare nei cuori.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, convinceteci della nostra verità umana.
23 Marzo 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli
Ricchezza e povertà non sono due categorie sociologiche. Chi possiede è ricco. Chi non possiede è povero. Sono invece due categorie teologiche. Ricco è colui che ha sottratto la sua vita a Dio e l’ha consegnata a se stesso. Povero è colui che ha sottratto la sua vita a se stesso e l’ha tutta posta nelle mani di Dio. Il ricco nella categoria teologia è un miserabile. Il miserabile, nella stessa categoria, è un ricco. Il primo è miserabile perché non ha Dio. Il secondo è ricco perché ha Dio che è il suo tutto. Mio Dio e il tutto per me (Deus meus et omnia).
Chi possiede Dio non ha bisogno di altro, perché ha Dio che è il tutto per lui. Dio è la sua provvidenza, il suo futuro, il suo presente, il suo pane, la sua acqua, la sua sazietà, la sua fame e sete di giustizia, verità, carità, amore, santità, misericordia. Chi ha Dio non ha paura di fare della sua vita un dono d’amore. Elargisce ciò che il Signore ha donato e dona a Lui. La sua vita deve essere tutta un dono d’amore. Ogni dono di Dio va messo a frutto. Essere poveri è una cosa. Essere pigri, ignavi, svogliati, oziosi, infingardi, trasandati è tutt’altra cosa.
C’è una povertà che è frutto del peccato e c’è una povertà che è il frutto del vizio. Peccato e vizio non possono appartenere all’uomo e di conseguenza neanche alla Chiesa. C’è il dovere e l’obbligo che ognuno si procuri il pane con il sudore della propria fronte. L’accattonaggio, il chiedere l’elemosina, quando si è in grado di lavorare, non è secondo Dio. Ognuno è chiamato a vivere con il lavoro delle proprie mani, della propria intelligenza. La povertà causata dal mancato studio per negligenza mai si potrà giustificare. Per ognuno è obbligo sradicare le radici della propria povertà e molte radici possono essere sradicate.
L’uomo di cui si parla nel Vangelo riportato è ricco non perché possiede molti bene, ma perché ha posto tutta la sua fiducia, ha incarcerato la sua vita in essi. Li ha messi al posto di Dio. Non è Dio per Lui la vera fonte della vita, sono i suoi beni. Lui è teologicamente ricco. Per questo mai entrerà e nel regno dei cieli. Ha escluso Dio dalla sua vita. La vita non è Dio, ma sua. Non è salvata da Dio, ma dai suoi beni. Non riesce fare della sua vita un dono al suo Dio e Signore. È questa la sua ricchezza spaventosa: la sua vita racchiusa nello scrigno della sua volontà.
Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là. Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze. Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile». Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi (Mt 19,13-30).
Pietro invece è povero, anche se ancora non completamente. Lui spera in una ricompensa terrena da parte di Gesù. Dona ma vuole anche ricevere. Gesù non esclude che si possa ricevere. Anzi si riceve cento volte tanto di ciò che si è lasciato. Quando lui sarà cresciuto nella vera povertà in spirito, allora non si interesserà più di ricevere un qualcosa. Sa che ha ricevuto Dio che è il tutto per lui. Ma ancora il cammino è lungo, molto lungo. Spogliarsi della propria ricchezza dei pensieri non è facile. Ed è questa la vera povertà: libertà piena da ogni pensiero. Consegna della nostra mente a Dio perché sia Lui a pensare per mezzo di essa.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri poveri in Cristo Gesù.
30 Marzo 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Non hai forse concordato con me per un denaro?
Una società fondata sul diritto sindacale, sulla meritocrazia, su scatti per anzianità, su assunzioni per concorsi, spesso truccati, solo di apparenza, su mille altre invenzioni, possiede una visione assai confusa dell’amore, misericordia, pietà, compassione. Ignora cosa sia la gratuità, l’elemosina, la carità, il dono. Fondati così come siamo sul legalismo esageratamente opprimente, noi non riusciamo a comprendere la bellezza dell’amore vero, puro, santo.
In Dio tutto è purissimo amore. È amore la chiamata alla prima ora ed è amore quella delle cinque del pomeriggio, quando ormai il sole sta per inclinarsi verso il suo tramonto. È amore dare ad ogni lavoratore la possibilità di trascorrere qualche ora nella sua vigna. Dio sa amare. L’uomo invece non sa cosa sia l’amore. L’amore non toglie nulla a ciò che è a noi dovuto. Esso aggiunge quanto non ci spetta. L’amore è un dono non dovuto. Quando il dono è dovuto, esso non è più amore, è diritto. C’è un diritto che è frutto dell’amore, del grande amore, e c’è anche un diritto che è solamente pura osservanza della legge del dare e del ricevere.
In questa parabola Gesù ci vuole insegnare una grandissima verità. Quando ad un fratello viene fatto del bene, il nostro cuore deve sempre gioire, rallegrarsi, benedire e ringraziare il Signore. Gesù ci chiede di avere occhi di compassione, misericordia, carità, pietà verso ogni nostro fratello. Siamo tutti bisognosi di Dio, dei fratelli, delle cose di questo mondo. In tal senso siamo tutti poveri senza gli altri. La nostra vera ricchezza sono gli altri. È l’altro la nostra vita. Il bene fatto all’altro, è un bene fatto a noi stessi, essendo l’altro la nostra vita, la sorgente della nostra esistenza e sussistenza sulla terra. Questa verità va custodita gelosamente nel cuore.
Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi» (Mt 20,1-16).
Il Regno dei cieli è purissimo dono di Dio. Esso è però condizionato al nostro lavoro nella vigna del Signore. Chi chiama e manda nella vigna è il Signore. La chiamata di ognuno è un vero mistero. Nessuno conosce la sua ora né per entrare nella vigna né per uscire da essa. È grazia la chiamata alle prime ore della giornata ed è grazia quella dell’ultima ora. Dio non ha bisogno della nostra fatica. Per amore ci chiama. Per amore ci ricompensa. Per amore ci accoglie nel suo regno. Per amore ci eleva all’altissima comunione con sé. Dio è carità e tutto ciò che fa viene caratterizzato dalla sua carità divina ed eterna.
L’uomo invece pensa che tutto debba essere un suo merito, in seguito al lavoro svolto. Una può lavorare nella vigna di Dio anche per secoli, ma non per questo merita il Paradiso. Questo è un purissimo dono del Signore. Il cuore deve sempre gioire quando ad un nostro fratello viene fatto lo stesso dono che è stato fatto a noi. A noi è stato dato per grazia ed anche al nostro fratello. Invece siamo gelosi, invidiosi, mormoriamo, pensiamo male, litighiamo, ci bisticciamo perché altri possiedono ciò che noi possediamo. Sono molti coloro che pensano che si viene privati di un qualche cosa. Un dono di Dio è sempre arricchente, mai impoverisce qualcuno. Urge cambiare mentalità anche in seno alla Chiesa. Ogni dono di Dio è sempre per l’utilità comune, mai per l’utilità della persona che lo porta. Per accogliere il dono di Dio negli altri, o Dio che si manifesta attraverso gli altri, richiede una grande umiltà, una forte fede, una visione altamente spirituale del mistero di Dio nella sua Chiesa e nel mondo. C’è tanto da cambiare.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri poveri in spirito.
06 Aprile 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Per servire e dare la propria vita in riscatto per molti
Gesù è Maestro singolare, unico, irripetibile. Lui è il Maestro dalla stessa semplicità della luce del sole. Appena il sole inizia la sua corsa nel cielo, sulla terra scompare ogni tenebre. Tutto è illuminato dalla sua luce radiosa. Dove Gesù passa illumina ogni evento con la luce più splendente e più radiosa di quella del sole che è la sua eterna, divina ed umana verità.
In Gesù non vi sono tenebre, oscurità, penombre, chiaroscuri, zone poco illuminate. Lui è la verità assoluta, trascendente, perenne, universale, senza tempo. Quando gli uomini si trovano dinanzi a Lui, Lui sempre li illumina conducendoli nella sua stessa verità. Per questo Lui è Maestro unico e singolare. Tutti gli altri maestri non sono la verità. Dicono verità e falsità. Proclamano verità parziali spacciandoli per verità universali e verità assai lacunose venendole per purissima luce. Addirittura vi sono maestri delle tenebre e dell’oscurità che si professano e si autoproclamano datori della vera luce. Anche nella Chiesa questo potrebbe ed avviene.
Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi (At 20,28-31).
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero (2Tm 4,1-5).
Non essendo noi verità purissima, parliamo dalla nostra verità impura, meno pura, addirittura falsità, non conoscenza, non sapienza, non scienza. Il nostro insegnamento spesso è un miscuglio di vero e falso, di bene e male, di giustizia e ingiustizia, di santità e peccato.
Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,17-2(9.
La madre dei figli di Zebedeo chiede dalla non conoscenza del vero mistero del Regno che Gesù è venuto ad instaurare sulla nostra terra. Ella pensa che si tratti di un regno alla maniera dei molti regni che esistono nella storia. Non sa che questo Regno è totalmente differente. Gesù è paziente. Sa le difficoltà insiste nella mente dei suoi discepoli. Questi ancora nulla hanno compreso di Lui e del suo mistero. Sono ancora del tutto ciechi.
Con grande sapienza Gesù risponde che il suo Regno è totalmente diverso, anzi è all’opposto di ogni altro regno. Nel suo Regno il più grande è colui che serve, colui che si è fatto il più piccolo di tutti, che ha occupato l’ultimo posto. Il primo posto è solo uno. L’ultimo posto lo può occupare chiunque. L’ultimo posto è un numero infinito. È questo il primo posto nel suo Regno: l’ultimo. Anche Lui, Gesù, non è venuto per occupare il primo posto che poi sarebbe l’ultimo, bensì l’ultimo degli ultimi posti che poi sarebbe il primo. Nel suo Regno vi è un’altra logica che governa ogni cosa. Essa non è umana. È soprannaturale. L’ultimo è il primo e il primo è l’ultimo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la logica del Regno dei Cieli.
13 Aprile 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Mentre uscivano da Gerico, una grande folla lo seguì
In ogni brano evangelico sono racchiuse un numero quasi infinito di verità. Esse non sono verità morte, osservabili una volta per sempre. Sono verità vive. Si presentano ogni giorno sotto più nuova, più intensa e splendente luce. Per coglierle occorre però un occhio speciale, quello dello Spirito Santo, lo stesso che le ha nascoste. Se lo Spirito del Signore ci dona un raggio della sua sapienza, intelligenza, saggezza, qualche verità verrà fuori ed offerta alla mente credente e anche non credente perché la faccia sua e trasformi il suo modo di essere e di operare. Si converta ad essa. Perché alla verità ci si deve sempre convertire.
Gesù è seguito da una grande folla. Pochi però lo seguono per la verità che Gesù porta. Molti lo stanno seguendo per le “verità” che essi portano nel proprio cuore. Tra la verità di Cristo e la verità di chi segue vi è un abisso. Questa stessa considerazione la possiamo fare per quanto accade nella nostra storia. Molti seguono questo o quell’altro personaggio importante. Lo seguono per la sua verità o per la loro, quella del proprio cuore? Sono moltissimi quelli che lo seguono per la verità che è nel loro cuore. La verità del seguìto e di chi segue non è la stessa.
È questa differenza di verità che crea i grandi eventi della storia. È in questa differenza di verità che si annidano tutte le false illusioni, le false speranze, le false attese. Un vero uomo di Dio, un uomo amante della verità, una persona che vuole solo il bene dei suoi fratelli, mai darà adito a che lo si segua giocando su questo equivoco, o differenza di verità. È inganno, menzogna, falsità, vera frode abusare della fede degli altri, indicando agli altri una verità che noi stessi sappiamo essere falsità, menzogna, grande bugia.
I più grandi misfatti della storia sono il frutto di questa falsa sequela. Tutte le dittature sono state possibili, saranno possibili a causa di questa menzogna fatta passare per purissima verità. È proprio dell’uomo onesto precisare sempre i termini della sua verità e mettere in luce ogni possibile equivoco. Nessun uomo onesto di mente e puro di cuore dovrà permettere che ci sia una sequela della sua persona con una verità differente di quella che è la sua. Ma nessun uomo dovrà lasciarsi ingannare da false e menzognere parole che promettono una cosa e ne danno un’altra, ne possono dare solo un’altra.
Mentre uscivano da Gerico, una grande folla lo seguì. Ed ecco, due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava Gesù, gridarono dicendo: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». La folla li rimproverava perché tacessero; ma essi gridavano ancora più forte: «Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi!». Gesù si fermò, li chiamò e disse: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Signore, che i nostri occhi si aprano!». Gesù ebbe compassione, toccò loro gli occhi ed essi all’istante ricuperarono la vista e lo seguirono (Mt 20,29-34).
Gesù per la verità è stato sempre onesto, vero, saggio, prudente, sapiente, accorto, intelligente. Mai ha permesso ad alcuno che interpretasse male la sua verità. Le sue parole sono di una chiarezza inaudita. Veramente mai nessun uomo ha mai parlato così chiaro come Lui.
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? (Cfr. Mt 16,21-26). Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo (Cfr. Lc 14,25-33).
È obbligo di ogni singola persona non lasciarsi ingannare, tentare, condurre su una falsa strada. Ognuno è chiamato al sano e santo discernimento prima di intraprendere una strada. Anche questa verità Gesù insegna a quanti chiedono di andare dietro di Lui. La storia è fatta da ogni nostra decisione di seguire questo o quell’altro personaggio che bussa alla porta del nostro cuore e della nostra intelligenza. Ad ognuno l’obbligo di non lasciare che il cuore vinca e l’intelligenza venga sotterrata, messa da parte. Quando muore l’intelligenza, muore la verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il sano discernimento.
20 Aprile 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito
Tutta la storia di Gesù è governata dalla profezia. Vi è però una profezia che è compiuta direttamente dal Padre. Tutte le profezia dell’infanzia di Gesù sono compiute direttamente dal Padre. Ma ve n’è un’altra che dal Padre è stata affidata a Cristo Gesù, perché sia Lui a doverle dare perfetto compimento. Quanto detto per Gesù, vale per ogni suo discepolo. Anche per il discepolo ci sono profezie che vengono realizzate per lui dal Padre e profezie che spetta a lui dare compimento. Perché questo possa accadere, come Cristo Gesù, ogni suo discepolo deve essere pieno di Spirito Santo, camminare nella sua luce, seguire la sua verità.
Le profezie sono così misteriose, così arcane, così indecifrabili, che solo chi le ha proferite è anche in grado di spiegarle al nostro spirito e alla nostra intelligenza. Chi è fuori dello Spirito del Signore, chi cammina fuori della sua luce, mai potrà entrare nel mistero delle profezie e mai le potrà compiere. Poiché la salvezza è dal compimento di ogni profezia, chi non dona verità storica alla profezia, mai potrà dare verità storica alla salvezza. È giusto allora che ognuno di noi si chieda: quale profezia il Signore ha scritto perché sia io a darle compimento? Ne conosco qualcuna che mi interessa personalmente? Quale profezia è per l’intera Chiesa? Quale per i suoi ministri ordinati? Quale per quanti possiedono un ministero non ordinato, dal momento che tutti ne possiedono uno da assolvere secondo il volere dello Spirito del Signore?
Ecco cosa recitava una profezia su Gesù: “Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra. Quanto a te, per il sangue dell’alleanza con te, estrarrò i tuoi prigionieri dal pozzo senz’acqua. Ritornate alla cittadella, prigionieri della speranza!” (Zac 9,9-12). Gesù, pieno di Spirito Santo, sa che questa profezia dovrà essere Lui a realizzarla, a darle perfetto compimento. Non solo. Sa anche che è oggi il tempo del suo compimento, non domani, non ieri, non dopo domani. Anche la conoscenza perfetta dei tempi la può possedere solo chi è nella pienezza dello Spirito Santo.
Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma. I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea» (Mt 21,1-11).
Gesù compie la profezia e tutto il mondo conosce la sua verità. Se lui non avesse dato realizzazione storica alla profezia, sarebbe entrato in Gerusalemme, ma nessuno avrebbe saputo la sua verità. Avrebbero tutti potuto interpretare in modo distorto ciò che Lui è nella sua persona e nella sua missione. Per questo è importante dare perfetto compimento ad ogni profezia, perché dal suo compimento, viene fuori, si manifesta qual è la nostra missione, la nostra vocazione, il ministero che il Signore ci ha affidato perché da noi venga vissuto in pienezza di verità, giustizia, santità.
Ora tutta Gerusalemme sa che Gesù è re, ma non è un re di guerra, ribellione, sangue versato, nemici uccisi, strage operate, distruzioni compiute, inimicizie create, sete di vendetta e di liberazione posta nel cuore dei vinti e degli sconfitti. Ora tutti sanno che lui è un re di pace, riconciliazione, perdono, accoglienza, misericordia, pietà. Gesù è un re speciale, unico, è un re che governa il mondo dalla croce, perché la croce è il suo trono e il martirio il suo dominio sull’uomo. Tutta questa verità è nel compimento di una sola profezia. Se ognuno di noi sapesse quanta ricchezza di salvezza e di verità vi è in una sola profezia che lo riguarda, di certo metterebbe ogni impegno per la sua perfetta realizzazione. Invece spesso viviamo ai margini della profezia. Distanti dal suo compimento e nessuna salvezza si realizza per mezzo nostro.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a vivere nella profezia.
27 Aprile 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera
Gesù è venuto sulla nostra terra per dare al Padre ogni gloria. Ma come si dona la giusta gloria al Padre nostro celeste? Rivelando e mostrando in ogni cosa, dalla più piccola alla più grande, la sua eterna, divina, personale verità. Nella falsità delle nostre relazioni con Lui non gli si potrà mai donare gloria. Poiché tutta la nostra vita è una relazione con Lui, Gesù dona gloria al Padre attestando e mostrandoci la falsità di ogni nostro gesto, opera, azione.
A Gerusalemme vi è il tempio del Signore, la casa di Dio sulla nostra terra, l’unica casa del Dio vero. Perché si va nella sua casa? Per metterci a contatto con la sua verità, per impregnarci della sua verità, per lasciarci trasformare da Lui in persone verità. Poiché la verità di Dio è la sua santità, si va nella casa del Signore, per crescere in santità, per divenire santi come Lui è santo, veri come Lui è vero, giusti come Lui è giusto, perfetti nell’amore come Lui è perfetto. Si va nella casa del Signore per vivere la stessa esperienza del profeta Isaia.
Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!» (Is 6,1-8).
Questo significa fare della casa del Signore una casa di preghiera. Presentarsi al cospetto della sua santità pieni di peccato e venire fuori coperti della sua santità. Entrare presso di Lui falsi, bugiardi, menzogneri, ingannatori ed uscire rivestiti della sua verità. Accostarsi a Lui con ogni vizio e ritornare nelle proprie case ricoperti di ogni virtù. Lasciare la concupiscenza e assumere la purezza del cuore. Abbandonare ogni invidia e gelosia e ricevere amorevolezza e grande accoglienza. Svestirsi di ogni egoismo e indossare la carità che ci fa dono di vita per gli altri.
Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode?». Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte (Mt 21,12-17).
I farisei vedono la folla che lo riconosce vero Messia del Signore e chiedono a Cristo Gesù che interrompa quel grido innocente ritenuto da essi voce di bestemmia. Gesù risponde loro che il Signore oggi ha deciso che siano proprio i bambini e i lattanti a tessere la sua verità e la sua lode. La verità storica non accetta il silenzio, il mutismo, l’omertà. Essa mai permetterà che venga coperta o messa sotto il moggio per sempre. La verità storica scoppierà sempre e sempre diffonderà se stessa ai quatto venti. Oggi non è giorno di silenzio, ma di rivelazione, manifestazione. Oggi la verità va urlata. Se non la urlano gli adulti, saranno i bambini, le pietre, i lattanti a farla sentire al mondo intero. Oggi il Signore deve rivelare se stesso al mondo.
Molti sono oggi e sempre coloro che vogliono far tacere, mettere sotto silenzio, rinchiudere in un sarcofago la verità storica. Tutti costoro sappiamo che la verità storica sempre esploderà e sempre diffonderà il suo profumo ai quattro angoli della terra. Mai nessuno ha potuto sotterrare la verità. Più profonda è stata la buca nella quale l’ha sotterrata e più maestoso è stato l’albero che da essa è venuto fuori ed ha esteso i suoi alti e grandi rami fino a coprire il cielo. A voi, negatori della verità storica, Gesù dice che anche le pietre faranno propria la verità e indosseranno lingua e bocca per gridarla ad ogni uomo. La verità storica mai potrà essere soffocata, se questo avvenisse, sarebbe segno che Dio potrebbe essere soffocato per sempre nella nostra storia. Ma Dio è più radioso del sole e nessuna nuvola lo potrà mai nascondere.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci assertori e testimoni della verità.
04 Maggio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Come mai l’albero di fichi è seccato in un istante?
Tutta la vita di Gesù è Parola eloquentissima. Tutto ci parla di Lui. Ogni suo gesto è una purissima rivelazione. Anche il gesto per noi più insignificante è carico di mistero. Qualsiasi cosa Lui dica o faccia, in qualunque modo essa è detta o fatta, è vera manifestazione, rivelazione, dono di una verità a noi sconosciuta prima. Gesù è consapevole, sa quel è il suo ministero e lo afferma con somma chiarezza nel Vangelo: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Vale proprio la pena leggere tutto il brano.
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti! A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie» (Mt 11,1-19).
Mai di Gesù bisogna scandalizzarsi. Mai pensare che una parola o un’opera da Lui compiute siano fuori luogo, inopportune, imprudenti, insipienti, stolte, senza alcun vero significato di salvezza. Niente da Lui è fatto senza prima aver consultato la sua eterna e divina sapienza mettendosi in comunione con lo Spirito Santo, che è in Lui luce perenne di intelligenza, prudenza, conoscenza, fortezza. Lui è il Santo di Dio sempre, il Giusto sempre, il Saggio sempre, la Verità sempre, la Luce sempre, la Carità sempre, la Misericordia sempre. Oggi ordina ad un fico di seccare e il fico secca. Qualcuno si potrebbe scandalizzare. Un fico senza alcuna colpa perché dovrebbe seccare, dal momento che non è neanche la stagione dei fichi? Perché Gesù gioca con la sua natura? Anche in questo caso Lui è il Maestro sempre.
La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un albero di fichi lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: «Mai più in eterno nasca un frutto da te!». E subito il fico seccò. Vedendo ciò, i discepoli rimasero stupiti e dissero: «Come mai l’albero di fichi è seccato in un istante?». Rispose loro Gesù: «In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che ho fatto a quest’albero, ma, anche se direte a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21,18-22).
Gesù sta per lasciare i suoi. Questi si troveranno soli, abbandonati a se stessi, senza aiuto, soccorso, sicurezza, esposti alle vicissitudini della storia e della stessa natura. Come faranno a sopravvivere, a compiere la loro missione in situazioni di estrema necessità? L’insegnamento di oggi dovrà rassicurarli: loro sono deboli, infermi, poveri, inermi, soli, abbandonati, stanchi, oppressi, miseri, affamati, assetati. Si possono trovare in ogni altra condizione di estrema necessità. Ebbene, essi hanno, ciascuno dentro di sé, una potenza così grande da mettere sottosopra l’intera creazione. Questa “onnipotenza” ha un solo nome: preghiera fatta con fede. Il discepolo di Gesù che prega con fede si riveste della stessa onnipotenza del suo Dio e nulla gli sarà impossibile. Occorre però che la preghiera sgorga da un cuore che ama il Signore e che viva nei suoi Comandamenti. Se si è fuori della Parola, si è fuori del legame con Dio. Si è poveri. Si è miseri, meschini, incapaci di qualsiasi cosa. Si è senza Dio con loro.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con la Parola.
11 Maggio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose
Chi è vero nel cuore, nella mente, nei pensieri, nei desideri, non cerca alcuna prova che attesti irrefutabilmente l’origine dell’autorità di un fratello. All’istante, guarda, scruta, discerne, stabilisce se ciò che è dinanzi ai suoi occhi è vero oppure falso. Se la cosa è vera, l’autorità viene da Dio, perché Dio è verità e ogni verità ha la sua origine in Lui. Se invece la cosa non è vera, ma falsa, l’origine dell’autorità dell’altro può anche venire come origine da Dio, ma poi l’altro ne ha fatto un uso esclusivo per sé e di conseguenza l’autorità o viene dall’uomo o dal Maligno che è il padre di ogni menzogna e falsità.
Ogni uomo viene da Dio, non ieri, non alle origini della sua storia, ma sempre, anche oggi. È Dio che crea al momento del concepimento l’anima spirituale, immortale, che è a fondamento della persona umana. Il corpo viene dai genitori, l’anima da Dio, sempre. Eppure questa origine divina viene così calunniata da fare di un uomo un discendente dalla scimmia. La scimmia può anche aver dato un corpo al Signore, ma poi è stato Lui ad infondere in esso il suo spirito di vita, il suo alito. Quest’alito divino è l’anima spirituale, immortale, razionale, volitiva.
Facciamo questo discorso perché anche ai capi dei sacerdoti e agli anziani l’autorità era stata data da Dio, ma poi essi ne avevano fatto un uso cattivo, malvagio. Attribuivano l’autorità a Dio, ma agivano secondo i pensieri perversi del loro cuore. Ma questo può avvenire anche oggi. Ogni sacerdote riceve l’autorità da Dio, la riceve per imposizione delle mani. Ma poi, questa autorità ricevuta, la può mettere a servizio della verità oppure della falsità, a servizio della gloria di Dio oppure della propria persona, per fare ricco il mondo di grazia oppure per arricchire se stesso. Per cui è una falsa questione quella posta oggi a Gesù.
La questione vera non è da porre a Gesù, ma a se stessi. Cosa dice quest’uomo? Insegna la misericordia, il perdono, la verità del Padre nostro celeste. Predica il vero amore, la vera misericordia, la vera accoglienza. Spiega la Legge e la porta anche a compimento donando ad essa la perfezione più eccelsa. Oggi cosa ha fatto? Ha purificato il tempio del nostro Dio e Signore. Cosa facevano sempre i profeti? Purificavano il tempio del nostro Dio e Signore. Quali opere quest’uomo sta compiendo? Dona la vista ai ciechi, risuscita i morti, purifica i lebbrosi, fa parlare i muti, dona speranza ai derelitti, libera dalla prigionia del male chiunque è prigioniero. Cosa faceva Mosè? Opere minori, assai minori. Quest’uomo in quanto ad opere è più grande di Mosè. Il suo Dio è più grande del Dio di Mosè. Lui è anche più grande di Mosè.
Entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose» (Mt 21,23-27).
La verità si impone da se stessa alla mente non inveterata nel male. Se invece la mente è invecchiata nella malizia, la verità da essa è soffocata nell’ingiustizia e nel peccato. Quando un uomo naufraga dinanzi alla verità evidente, palese, storica, visibile, è il segno che il suo cuore è inquinato dal male e la sua mente irretita dalla malvagità e dalla malignità. A quest’uomo non serve alcuna prova della verità. Anche gli venisse data la prova più eclatante, lui addurrebbe sempre una falsità per denigrare, calunniare, inventarsi una via di fuga per non essere obbligato a confessare che lui si sta trovando dinanzi al dito di Dio.
La storia sarà sempre così. Mai una mente ammalata di peccato accoglierà la verità che le si pone dinanzi. Anche se posta dinanzi al miracolo più grande, sempre lo negherà. Come la pietra è incapace di assorbire l’acqua, così la mente di peccato sarà incapace di accogliere la verità storica. Alla verità però incombe sempre l’obbligo di perseverare sulla sua strada. Solo la morte di colui che porta la verità potrà ostacolare il suo cammino. Ma se muore un portatore, non moriranno mai i portatori della verità, perché il Signore per amore degli uomini, sempre suscita altri portatori perché la facciano risuonare sempre più pura in questo mondo. La verità portata nel mondo è il più grande dono, il più grande miracolo che il Signore possa compiere. Quando sorge un vero profeta, esso è più, come miracolo, che la risurrezione di molte persone.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci ad accogliere la verità.
18 Maggio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
I pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto
Quando la religione si blocca alla propria volontà, sentimenti, cuori, desideri, alla stessa teologia che fu di ieri, ad una tradizione, uso, costume, modalità del passato, quando essa nasce esclusivamente dal cuore sclerotizzato dell’uomo, è veramente la sua fine. Il cuore dell’uomo è il sarcofago di ogni religione, sia vera che falsa, sia buona che cattiva, sia giusta che ingiusta, sia perfetta o semplicemente abbozzata, sia statica che dinamica, sia ferma in se stessa che in cammino verso la pienezza della verità.
Il compito arduo, difficile di Gesù è stato proprio questo: liberare la religione dei padri dal cuore dell’uomo e reinserirla nel cuore di Dio. Questa opera lo condusse alla morte per crocifissione. L’uomo non vuole uscire dal suo cuore. Non vuole entrare nel cuore di Dio. Il suo cuore è culla e focolaio di ogni peccato, disordine morale e spirituale, trasgressione e alterazione dei Comandamenti. È un diffusore di ogni iniquità perché creatore di ogni falsità. È un elaboratore di ogni idolatria. Tutto ciò che viene posto nel cuore dell’uomo, simile a potente mulino a fuoco, viene triturato, macinato, ridotto in farina. Nulla rimane della verità iniziale. Questa legge del cuore non vale solo per ieri, vale soprattutto per oggi che siamo entrati nella verità e grazia di Cristo Gesù. Vale per oggi, tempo della guida dello Spirito Santo a tutta la verità.
Cosa fare perché il nostro cuore non distrugga la verità che in essa quotidianamente viene inserita dallo Spirito Santo? Come evitare che lo stesso Spirito di Dio non venga tritato, frantumato, trasformato in nostro spirito, in spirito della carne e del sangue? Perché questo non avvenga vi è una sola modalità: chiedere a Lui ogni giorno che ci liberi del nostro cuore e al suo posto vi metta il cuore di Cristo Gesù. D’altronde questa è la sua missione. Egli deve togliere dal nostro petto il cuore che è in tutto simile ad una macina da mulino, stritolatrice di ogni verità posta in esso, e al suo posto inserire il cuore di Cristo Gesù.
Questa operazione chirurgica spirituale non va fatta una volta per tutte. Essa va fatta ogni giorno, ogni attimo. Sempre lo Spirito Santo deve operare in noi perché la carne non non riassuma il suo vecchio cuore, ma consolidi in essa il cuore di Cristo Gesù. È questa l’esigenza, l’urgenza, la necessità perenne, quotidiana, anzi di ogni attimo dell’uomo. Se lo Spirito Santo non vigila e non interviene iniziamo con il cuore di Cristo e finiamo con il nostro cuore. Si comincia un’opera spirituale si termina con un’opera materiale. È facile passare dall’agire secondo Dio al fare secondo la carne. Basta un solo pensiero secondo la carne, perché tutta l’opera sia secondo l’uomo e non più secondo Dio, secondo il cuore di Cristo Gesù.
«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli (Mt 21,28-32).
Chi fa la volontà di Dio? Non certo colui che dice di volerla fare, ma poi nulla fa per piacere al suo Dio e Signore. I farisei dicevano parole, esponevano teorie su Dio, elaboravano pensieri alti e profondi, discutevano sui Comandamenti, possedevano sistemi sofisticati e metodi ultra moderni per leggere e interpretare la Scrittura. Ma di tutto ciò che leggevano e studiavano nulla trasformava la loro vita. Per loro la Scrittura era un lavoro come tutti gli altri. Chiuso il Libro, ognuno tornava alla sua concupiscenza, ai suoi vizi, alla sua negazione della verità della salvezza. Tornavano ad aggredire Cristo Gesù e a studiare come toglierlo di mezzo, anche in nome e per interesse della Scrittura, in nome e per interesse del loro Dio analizzato.
Essi erano refrattari alla verità di Dio, e quindi negatori di tutta la predicazione di Gesù che invitava alla conversione e alla fede nel Vangelo. I pubblicani invece e le prostitute che non studiavano Dio, non lo analizzavano, non gli facevano le radiografie teologiche, non appena la voce di Gesù giungeva al loro cuore, si convertivano, cambiavano vita, abbandonavano il loro mondo ed entravano nella verità, grazia, santità annunziata a data loro da Gesù Signore. Ascoltato Cristo, vivevano secondo gli insegnamenti di Cristo Gesù. Assumevano la religione e la fede che sono nel cuore di Cristo e non nel cuore degli uomini.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri ascoltatori di Gesù Signore.
25 Maggio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo
è grande la sapienza di Gesù, la sua saggezza è oltre ogni limite umano. In una parabola narra tuttala storia della salvezza. Da sempre è così. L’uomo vuole rapire a Dio il suo frutto, che è l’uomo stesso. L’uomo, frutto di Dio, sua opera, si vuole sottrarre al suo Autore, al suo Artefice, al suo Creatore. Da frutto vuole diventare albero senza padrone. È questa la storia della salvezza: un infinito combattimento tra Dio che vuole conservare la proprietà sul suo frutto e il frutto che recalcitra per avere la sua autonomia, indipendenza, libertà senza regole. Per salvare l’uomo, il suo frutto, Dio si serve di altri uomini, altri frutti. I frutti cattivi sempre maltrattano, calpestano, uccidono, divorano i frutti buoni.
Frutto divino è il Figlio di Dio, il Figlio da Lui generato prima di tutti i secoli. Questo frutto divino il Padre manda nel mondo. Anche Lui è stato calpestato, annientato, distrutto, ucciso fuori della vigna. Il Padre cosa ha fatto? Lo ha costituito frutto eterno di salvezza, pietra d’angolo, pietra di stabilità, verità, carità, redenzione. Senza di Lui, fuori di Lui, non vi è alcuna salvezza. È questa verità che oggi Gesù annunzia attraverso la citazione di un Salmo nel quale è descritta e raccontata la sua vita per visione profetica. Questo salmo è la vita di Gesù Signore.
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre». Dicano quelli che temono il Signore: «Il suo amore è per sempre». Nel pericolo ho gridato al Signore: mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo. Il Signore è per me, non avrò timore: che cosa potrà farmi un uomo? Il Signore è per me, è il mio aiuto, e io guarderò dall’alto i miei nemici. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti. Tutte le nazioni mi hanno circondato, ma nel nome del Signore le ho distrutte. Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato, ma nel nome del Signore le ho distrutte. Mi hanno circondato come api, come fuoco che divampa tra i rovi, ma nel nome del Signore le ho distrutte. Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto prodezze, la destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte. Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore. È questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti. Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo! Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria! Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore. Il Signore è Dio, egli ci illumina. Formate il corteo con rami frondosi fino agli angoli dell’altare. Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto. Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre (Sal 118 (117) 1-29).
Fino alla consumazione della storia, Gesù è questa pietra d’angolo di salvezza e redenzione.
Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta (Mt 21,33-45).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, salvateci attraverso Gesù.
01 Giugno 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?
La stranezza dell’uomo è quella di pensare che nell’ordine costituito delle cose, lui possa sempre uscire da esso e comportarsi secondo gusto e desideri del suo cuore, secondo mozioni che vengono dalla sua intelligenza priva di ogni sapienza e saggezza. È verità eterna: il Dio che ha creato l’uomo, lo ha posto nel suo ordine santo, che lui è obbligato sempre ad osservare. L’ordine non è estrinseco all’uomo, ma sostanziale, naturale, vitale. La vita è nell’ordine costituito e fuori di esso non vi è vita. La vita è ordine definito e l’ordine definito è vita.
Un esempio ci aiuterà a comprendere questa verità connaturale all’uomo. Quando Dio ha creato i pesci del mare, ha dato loro come ordine costituito, nel quale vivere, le immensità delle acque. L’acqua è vita per i pesci. Quando escono da quest’ordine, per essi regna la morte. Sono fuori del loro ordine voluto, stabilito, creato da Dio per essi. L’uomo invece è stato creato per immergersi nelle acque della volontà del suo Dio, che di volta in volta gli comunica. Se esce da queste acque per lui è la morte. Dall’ordine costituito nessuno può uscire, altrimenti è la fine.
Tutto è per l’uomo ordine costituito. Non può l’uomo vivere come gli pare. Lui non è dalla sua volontà, dalla sua sapienza e intelligenza, dai suoi gusti o desideri. Lui è dall’ordine che Dio ha stabilito per lui: ordine naturale e soprannaturale, per il tempo e per l’eternità, ordine sociale e politico, economico e finanziario, personale e comunitario, ecclesiale, sacrale, profano. Il caos che oggi regna in questo nostro mondo è proprio questo: il volere ad ogni costo scardinare quest’ordine, ostinandosi ognuno ad imporre il suo, con molteplici strategie, quali ad esempio: il terrorismo, il racket, l’usura, il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, la clonazione, furti, omicidi, adulteri, calunnia, economica selvaggia, finanza senza scrupoli, politica rivolta alla cura di sé anziché del bene comune, falsa testimonianza, alcool, droga, fumo, la notte usata come giorno e il giorno come notte, tempo sacro e tempo profano vissuti disordinatamente e mille altre cose.
Tutti questi disordini sono il frutto dell’uscita dell’uomo dal suo ordine soprannaturale che vuole che tutto sia dalla volontà di Dio e nulla dalla volontà autonoma dell’uomo. Tutto ciò che l’uomo fa, deve essere incarnazione nella storia della volontà del suo Signore e Dio. Se questo ordine è distrutto, tutto sarà un disordine per l’uomo, perché l’ordine soprannaturale è il regolatore di ogni ordine naturale, terreno. Questi disordini sono così denunciata dal Libro della Sapienza:
Inoltre non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, ma, vivendo nella grande guerra dell’ignoranza, a mali tanto grandi danno il nome di pace. Celebrando riti di iniziazione infanticidi o misteri occulti o banchetti orgiastici secondo strane usanze, non conservano puri né la vita né il matrimonio, ma uno uccide l’altro a tradimento o l’affligge con l’adulterio. Tutto vi è mescolato: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro, sconcerto dei buoni, dimenticanza dei favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini nei matrimoni, adulterio e impudicizia. L’adorazione di idoli innominabili è principio, causa e culmine di ogni male. Infatti coloro che sono idolatri vanno fuori di sé nelle orge o profetizzano cose false o vivono da iniqui o spergiurano con facilità (Sap 14,22-28).
La parabola che Gesù oggi ci narra, denuncia uno dei più gravi disordini prodotto dalla stoltezza umana che vuole creare comunione, commistione tra la grazia e il peccato. L’uomo vuole vivere nel peccato e nello stesso tempo godere i frutti della grazia. È impossibile. Grazia e peccato sono inconciliabili. Essi si escludono. Non c’è convivenza tra Eucaristia e disordini morali.
Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt 22,1-14).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni disordine.
09 Giugno 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo
La lingua dell’uomo è arma altamente sofisticata, più che ogni più moderno e aggiornato sistema di offesa e di difesa che ogni giorno viene inventato. Per aggiornare un sistema missilistico occorrono anni e anni di dura ricerca, impiego di risorse ingenti, squadre di operai specializzati, ingegneri, tecnici, collaudatori, supervisori, analizzatori, studiosi dei sistemi altrui, spie industriali e mille altre cose del genere. Per aggiornare la lingua non occorre nulla di tutto questo: è sufficiente collegarla con il cuore di satana e all’istante essa si spegne alla verità e si accende ad ogni falsità. Tutto è dalla lingua. La rovina dell’uomo non venne forse dalla lingua? Per questo motivo il Libro del Siracide invita l’uomo a porre una custodia alla sua bocca.
Maledici il calunniatore e l’uomo che è bugiardo, perché hanno rovinato molti che stavano in pace. Le dicerie di una terza persona hanno sconvolto molti, li hanno scacciati di nazione in nazione; hanno demolito città fortificate e rovinato casati potenti. Le dicerie di una terza persona hanno fatto ripudiare donne forti, privandole del frutto delle loro fatiche. Chi a esse presta attenzione certo non troverà pace, non vivrà tranquillo nella sua dimora. Un colpo di frusta produce lividure, ma un colpo di lingua rompe le ossa. Molti sono caduti a fil di spada, ma non quanti sono periti per colpa della lingua. Beato chi è al riparo da essa, chi non è esposto al suo furore, chi non ha trascinato il suo giogo e non è stato legato con le sue catene. Il suo giogo è un giogo di ferro; le sue catene sono catene di bronzo. Spaventosa è la morte che la lingua procura, al confronto è preferibile il regno dei morti. Essa non ha potere sugli uomini pii, questi non bruceranno alla sua fiamma. Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno, fra costoro divamperà senza spegnersi mai. Si avventerà contro di loro come un leone e come una pantera ne farà scempio. Ecco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, e sulla tua bocca fa’ porta e catenaccio. Metti sotto chiave l’argento e l’oro, ma per le tue parole fa’ bilancia e peso. Sta’ attento a non scivolare a causa della lingua, per non cadere di fronte a chi ti insidia (Sir 29,13-26).
Il Salmo ci rivela che solo il Signore potrà liberarci da una lingua ingannatrice, che viene per rovinare la nostra vita con proposte seducenti, ma che contengono veleno di morte.
Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto. Signore, libera la mia vita dalle labbra bugiarde, dalla lingua ingannatrice. Che cosa ti darà, come ti ripagherà, o lingua ingannatrice? Frecce acute di un prode con braci ardenti di ginestra! Ahimè, io abito straniero in Mesec, dimoro fra le tende di Kedar! Troppo tempo ho abitato con chi detesta la pace. Io sono per la pace, ma essi, appena parlo, sono per la guerra (Sal 120 (119), 1-7).
Dalla lingua ingannatrice di farisei, scribi, dottori della Legge, sadducei, sommi sacerdoti Cristo Gesù si può salvare in un solo modo: facendo ricorso alla sapienza, intelligenza, prudenza che sono in Lui purissimo dono dello Spirito Santo. Se Gesù non fosse nella pienezza dello Spirito Santo che lo copre fuori come di un manto e dentro lo abita con la pienezza della sua verità, in nessun modo avrebbe potuto vincere la lingua ingannatrice, seduttrice, ammaliatrice dei suoi avversari. Nulla è più pericoloso della lingua. Essa riesce a trasformare ogni realtà.
Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono. (22,15-22).
Gesù conosce la malizia di scribi e farisei. Noi neanche vogliano conoscere la malizia. Pensiamo che essa non esista. Diciamo e insegniamo che tutti i cuori sono puri, semplici, mondi, privi di ogni cattiveria, malvagità e altro. Questo lo affermiamo perché ormai abbiamo perso la stessa nozione di bene e di male morale. Solo quando facciamo la triste esperienza del male che si è abbattuto sopra di noi a causa della nostra mancata prudenza, comprendiamo quanto vera sia ogni Parola di Dio che ci mette in guardia contro ogni lingua ingannatrice e mentitrice. Sempre l’uomo si serve della parola per uccidere il fratello. È verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la santa prudenza.
16 Giugno 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio
È triste ciò che Gesù dice oggi ai sadducei: voi non conoscete la Scrittura. Voi ignorate la potenza di Dio. Voi non sapete nulla delle cose che riguardano il Padre mio. Voi vivete di pensieri umani, carnali, diabolici, senza alcuna verità, incapaci di creare una qualche speranza nei cuori degli uomini. Voi vivete di fantasia e di immaginazione religiosa. La religione per voi è il vostro cuore, la vostra volontà, i vostri desideri, ciò che vi passa per la mente.
Se oggi Cristo venisse nuovamente ad abitare in mezzo a noi, non ci direbbe la stessa verità? Non ci annuncerebbe che viviamo senza la sua Parola? Che non conosciamo il Vangelo? Che ignoriamo la potenza della sua grazia? Che ci siamo dimenticati delle verità più elementari della nostra fede? Che abbiamo costruito una religione di fantasia e di immaginazione? Che celebriamo un culto che è senza vita, perché trasformato in fine a se stesso? Non ci direbbe che tutto ciò che stiamo facendo mai ci potrà salvare perché il Padre non vive in noi con il suo amore, Lui non regna nei nostri cuori con la sua grazia, lo Spirito Santo non guida le nostre menti con la sua potente luce di verità?
Che forse noi non siamo moderni sadducei, dal momento che ci stiamo costruendo una vita religiosa senza la Parola? Se osserviamo bene la nostra condotta di vita, dobbiamo confessare che ormai è il pensiero del mondo che governa tutti i nostri giorni. Pensiamo come il mondo, agiamo come il mondo, pecchiamo secondo il mondo, ci asteniamo dal servire il Signore secondo giustizia e verità perché ormai lo serviamo tutti secondo il mondo. A Lui gli diamo qualche frammento della nostra esistenza. Qualche briciola del nostro tempo. Qualche mollica del nostro cuore. Qualche porzione infinitesimale della nostra anima. Qualche atomo del nostro corpo. Poi tutto il resto appartiene al mondo, al vizio, alla falsità, alla vanità.
In quello stesso giorno vennero da lui alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogarono: «Maestro, Mosè disse: Se uno muore senza figli, suo fratello ne sposerà la moglie e darà una discendenza al proprio fratello. Ora, c’erano tra noi sette fratelli; il primo, appena sposato, morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì la donna. Alla risurrezione, dunque, di quale dei sette lei sarà moglie? Poiché tutti l’hanno avuta in moglie». E Gesù rispose loro: «Vi ingannate, perché non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è il Dio dei morti, ma dei viventi!». La folla, udendo ciò, era stupita dal suo insegnamento (Mt 22,23-33),
I sadducei non conoscono le Scritture perché non vivono secondo la verità in esse contenuta. La prima verità della Scrittura è l’amore eterno con il quale Dio ama l’uomo. Un amore eterno non può durare solo lo spazio della nostra vita terrena. Questo non sarebbe né amore e né amore eterno. Un amore momentaneo mai potrà dirsi amore, perché l’amore è dono definitivo, per sempre. Un amore temporaneo non è amore, perché vi è una differenza sostanziale tra il prestito e il dono. Nel prestito la cosa viene data per un certo periodo di tempo, poi essa dovrà ritornare al suo legittimo proprietario. Nell’amore invece la cosa è donata per sempre. Appartiene per sempre a colui che l’ha ricevuta in dono. Nell’amore non c’è ritorno indietro, non c’è pentimento, non c’è ripensamento, non c’è temporalità. C’è solo perennità, eternità, immortalità. Un amore che muore, di certo non è amore.
Dio, il nostro Dio, si è dato all’uomo come sua vita per sempre. La morte è solo un momento triste della nostra relazione con Dio. Nella morte si dissolve il corpo, l’anima rimane. Essa è immortale ed è sempre con il Signore, se da Lui si è lasciata amare durante la vita sulla terra, amando il suo Signore con il dono della sua vita. L’eternità dell’amore del nostro Dio per l’uomo e la sua totalità esige che anche l’uomo si doni eternamente e globalmente al suo Dio e Signore. L’eternità dell’amore di Dio e la sua globalità proprio per questo ci vengono donati: per trasformare il nostro amore effimero e passeggero in un amore eterno e globale verso di Lui. Più l’uomo si lascerà inglobare dall’amore eterno di Dio trasformando se stesso in un dono eterno e globale per il suo Signore e più realizza se stesso perché una è la realizzazione dell’uomo: la trasformazione del suo amore parziale, temporaneo, a settori, a spicchi in amore eterno, totale, globale, senza tenere nulla per sé. Di questo amore trasformato in eternità e globalità esempio perfetto è Cristo Gesù. Lui sulla croce si trasformò in un olocausto, in una consumazione totale, piena, senza alcuna riserva per il Padre suo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la verità dell’amore.
23 Giugno 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?
Oggi Gesù attesta al suo interlocutore di conoscere la Scrittura Santa e di conoscerla bene. Non solo la sua risposta è sul fondamento della Parola di Dio, con mirabile sapienza unisce l’amore di Dio all’amore del prossimo. Mentre i dottori della Legge discutevano sul primo e sul più importante comandamento, il Signore Gesù insegna loro che sono due i comandamenti più importanti, non uno solo. Un solo comandamento senza l’altro non è mai vero amore.
Infatti non si può amare Dio e disprezzare la sua creatura, fatta da Lui a sua immagine e somiglianza. Ma neanche si può amare la creatura e disprezzare il suo Creatore e Signore. Creatore e creatura vanno amati insieme, in un unico amore, non con due amori, ma con un solo. L’amore con il quale si ama Dio deve essere l’amore con il quale si ama la creatura e l’amore con il quale si ama la creatura deve essere lo stesso con il quale si ama il suo Creatore, Signore e Dio. Questa verità trova il suo fondamento nel fatto che è il Creatore che rivela come si ama la sua creatura. L’amore verso la creatura è vera obbedienza e quindi vero amore verso il suo Creatore e Signore. Dove non vi è obbedienza, lì mai si può parlare di vero amore. Questa verità la sviluppa San Giovanni Apostolo nella sua Prima lettera in questi termini:
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello (1Gv 4,7-21).
In Gesù cambia sostanzialmente il comandamento dell’amore. Anticamente, per statuto divino, esso recitava: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Con Gesù Signore il nuovo principio o regola dell’amore à: “Ama il prossimo tuo come Dio lo ama”. Come Dio ama il mio prossimo? Lo ama morendo per lui sulla croce, per espiare il suo peccato e per inondarlo di Spirito Santo. Lo ama facendosi Lui stesso uomo, nel suo Figlio Unigenito, per ricolmare l’uomo di grazia e verità. Con Gesù tutto è cambiato nell’amore. Il cuore dell’uomo non è più legge di amore, ma solo il cuore di Dio. È il cuore di Dio, in Cristo Gesù, nello Spirito Santo, la sola misura buona, scossa, pigiata e traboccante di ogni amore dell’uomo verso il suo prossimo.
Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,34-40).
Amare il prossimo come Dio lo ama, in Cristo Gesù, nello Spirito Santo, non è dargli qualcosa da mangiare o da bere. Lo si ama se lo si ricolma di grazia e verità. Se lo si conduce alla salvezza. Se si offre per lui la vita in modo che possa entrare anche lui nell’amore del suo Dio e Signore. Un amore che si dovesse fermare solo al corpo, non è amore secondo Dio. Ma anche un amore che dovesse riguardare solo la parte spirituale non è un amore secondo Dio. L’amore secondo Dio è salvezza di tutto l’uomo che è anima, spirito, corpo. Tutto l’uomo deve essere amato con tutto l’amore di Dio. Per questo può amare l’uomo solo colui che è pieno dell’amore di Dio. È pieno d’amore per il suo Signore, ma è anche pieno di tutto l’amore del suo Signore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di amore divino e celeste.
30 Giugno 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo
Noi non sappiamo cosa sia la vera religione, perché possediamo un solo polo di essa. Come un solo polo non dona luce. Polo negativo e positivo fanno sprigionare la luce che ci illumina nelle nostre tenebre ed anche si trasforma in energia di vita per tutte le nostre occupazioni quotidiane. Se per un istante venisse a mancare l’energia che l’uomo attinge dal di fuori di sé, il mondo precipiterebbe in un solo momento agli inizi della sua storia. La storia altro non è che una perenne scoperta di nuove fonti di energia. Nasce una energia nuova, nasce un modo nuovo di essere dell’uomo. Energia e vita sono una realtà unica.
Come la vita è una perenne scoperta di energia materiale, così la religione deve essere una perenne scoperta dell’energia spirituale, di questa forza divina che trasforma e rinnova tutta la nostra esistenza sulla terra. La nostra religione è falsa perché essa è quasi sempre vissuta con un solo polo: o si esagera il popolo positivo e si distrugge il polo negativo, o si dona un super valore al polo negativo e di conseguenza si svilisce il polo positivo. Dio, eternità, paradiso sono il polo positivo. L’uomo, la terra, la condizione presente sono il polo negativo. Se questi due poli non vengono messi in una relazione perfetta la nostra religione è falsa.
Nella storia è stata sempre una grande fatica, un lavoro immane mantenere saldamenti uniti questi due poli. Lo spiritualismo ha sempre esaltato il popolo celeste. Il materialismo il polo terreno. Spiritualismo e materialismo devono essere una cosa sola, allo stesso modo che l’uomo è materia e spirito, Dio è Trinità Trascendente, ma anche Trinità Immanente, a motivo dell’Incarnazione del Figlio Unigenito del Padre e del Dono dello Spirito Santo che è stato riversato su di noi. Dio si è fatto carne. Lo Spirito di Dio è nella carne per la sua santificazione.
L’elevazione dell’uomo, che è solo nel perfetto equilibro tra spirito e corpo, materia e anima, tempo ed eternità, è essenza della nostra religione e dove un solo uomo viene privato di questa sua verità lì vi è qualcosa della nostra religione che si è inceppato, non funziona, è venuto meno nel suo ministero o ufficio. I farisei vivono una religione dove gli altri servono come strumento, come cose, mezzi, vie per accrescere la propria gloria. È questo il fallimento della loro religione: l’uscita dalla sua verità. Gli altri e Dio non sono per cantare la nostra gloria. Siamo invece noi che dobbiamo interamente consegnarci al canto della gloria di Dio e dei fratelli. I farisei non solo non possiedono tutti e due i poli, ne non possiedono alcuno. Sono senza Dio e senza i fratelli. Sono solo con se stessi, per se stessi.
Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato (Mt 23,1-12).
Gesù è venuto per portare la religione nella sua verità e non ci sarà verità per nessuna religione se non vengono rimessi al loro giusto posto il polo di Dio e il polo dell’uomo. Il polo di Dio in Cristo è tutto a servizio della vera salvezza dei fratelli. Per cui mai vi sarà vera religione se ognuno di noi non si pone a servizio della vera salvezza degli altri. L’altro deve essere condotto nella pienezza della sua verità. Perché questo avvenga, se è necessario, gli si deve dare anche il proprio sangue, così come ha fatto Gesù Signore. Se il sangue ce lo conserviamo per noi e come vampiri assetati togliamo il sangue ai nostri fratelli per soddisfare la nostra sete, è questo il segno che noi siamo in una falsa religione. Non serviamo la vera religione di Dio, bensì la falsa religione del principe di questo mondo, anche se apparentemente sembra che noi siamo veri servitori del nostro Dio e Signore. Il servizio dell’uomo, nella sua triplice dimensione di anima, spirito, corpo, che è insieme di tempo e di eternità, è essenza della vera religione. Se uno solo di questi elementi viene trascurato, la religione è imperfetta, non vera, erronea, falsa, menzognera, bugiarda, ingannatrice. Manca della sua vera essenza. È il servizio alla vera essenza dell’uomo che rivela la verità di una religione. Questo va affermato con forza, energia, a costo anche di versare il proprio sangue per attestare la sua verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci servi della vera religione.
07 Luglio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti
Il vero profeta non è colui che dice solo parole di esaltazione, di lode o che parla sempre di benedizione e di grazia. Il vero profeta è colui che denunzia ogni possibile deviazione della religione. Il vero profeta annunzia il castigo anche eterno che si abbatterà su colui che vive la sua relazione con Dio in modo errato, falso, da infedele, da rinnegatore della verità. Ecco come Isaia apostrofa il suo popolo, rinnegatore dell’alleanza, trasgressore dei Comandamenti.
Guai, gente peccatrice, popolo carico di iniquità! Razza di scellerati, figli corrotti! Hanno abbandonato il Signore, hanno disprezzato il Santo di Israele, si sono voltati indietro (Is 1, 4). Guai all’empio! Lo colpirà la sventura, secondo i misfatti delle sue mani avrà la mercede (Is 3, 11). Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nel paese (Is 5, 8). Guai a coloro che si alzano presto al mattino e vanno in cerca di bevande inebrianti e si attardano alla sera accesi in volto dal vino (Is 5, 11). Guai a coloro che si tirano addosso il castigo con corde da buoi e il peccato con funi da carro (Is 5, 18). Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro (Is 5, 20). Guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti (Is 5, 21). Guai a coloro che sono gagliardi nel bere vino, valorosi nel mescere bevande inebrianti (Is 5, 22). Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive (Is 10, 1). Guai alla corona superba degli ubriachi di Efraim, al fiore caduco, suo splendido ornamento, che domina la fertile valle, o storditi dal vino! (Is 28, 1). Guai ad Arièl, ad Arièl, città dove pose il campo Davide! Aggiungete anno ad anno, si avvicendino i cicli festivi (Is 29, 1). Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore per dissimulare i loro piani, a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: “Chi ci vede? Chi ci conosce?” (Is 29, 15). Guai a voi, figli ribelli -oracolo del Signore – che fate progetti da me non suggeriti, vi legate con alleanze che io non ho ispirate così da aggiungere peccato a peccato (Is 30, 1). Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto, e pongono la speranza nei cavalli, confidano nei carri perché numerosi e sulla cavalleria perché molto potente, senza guardare al Santo di Israele e senza cercare il Signore (Is 31, 1). Guai a te, che devasti e non sei stato devastato, che saccheggi e non sei stato saccheggiato: sarai devastato, quando avrai finito di devastare, ti saccheggeranno, quando avrai finito di saccheggiare (Is 33, 1).
Anche Gesù denuncia la falsità del rapporto con Dio degli scribi e dei farisei del suo tempo.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri. Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geènna? (Mt 23,13-32). È una religione fuori binario, umana e non divina, di perdizione e non di salvezza.
Sono falsi quella religione, quell’ammaestramento, quel profeta, quel predicatore, quel professore, quel ministro del Signore che non gridano la falsità in cui è caduta la religione. La religione sempre cade dalla sua verità ed è obbligo rimetterla nella pienezza di essa. Isaia denuncia la falsità della fede del suo popolo, al pari di Gesù che svela la falsità dei maestri.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci tutti veri profeti di Dio.
14 Luglio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta!
La vera religione produce sempre un frutto di vita eterna, nella conversione delle anime a Cristo Gesù nella sua Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. La falsa religione invece non produce alcun frutto. L’uomo rimane nella sua vecchia natura, dalla quale non nascono figli a Dio, non si redime il mondo, non si illuminano le menti, non si riscaldano i cuori, non si porta nella virtù nessun corpo. Si vive in un mondo di passioni, spesse volte ben camuffate e ammantate di santità ipocrita e bugiarda, vana e menzognera, stupida ed evidentemente falsa.
La vera religione è quella capace di accogliere ogni uomo di ogni razza, popolo, lingua, nazione, tribù. Essa non chiede all’uomo si lasciare ciò che si è, chiede invece di iniziare ad illuminare con una luce nuova ciò che si è, in modo che tutto venga portato in una verità nuova, vera, perfetta, santa. Vi è infatti una verità vera ed una verità falsa, ingannevole. Vi è un diritto giusto e un diritto ingiusto. La vera religione dona ad ogni uomo la verità vera ed il diritto giusto in modo che ciascuno possa conformare la sua vita a questa nuova luce, luce divina che è discesa per noi dal Cielo al fine di rischiarare le nostre tenebre.
Se una religione non è datrice di questa luce nuova, nella quale ogni uomo trova la verità del suo essere e del suo agire, questa religione è falsa, ingannevole, bugiarda. Non aiuta l’uomo nel suo farsi. Lo incarcera in delle forme di vita che non gli appartengono, mai potranno essere verità della sua natura. Religione ed umanità sono una cosa sola. Fede ed universalità sono una cosa sola. Verità e fede sono una cosa sola. Quando vi è schizofrenia tra religione ed umanità, fede ed universalità, fede e verità, è allora che la religione è falsa. Non è di aiuto all’uomo, ma di rovina. Non è di salvezza vera ed autentica, ma di perdizione.
Al tempo di Gesù la religione dei padri si era bloccata ad una visione dell’umanità non più sostenibile. Valeva per il passato – e neanche dal momento che sempre il Signore questa visione ristretta, angusta l’aveva condannata, esiliata dalla sua verità – di certo non vale più per l’oggi, tempo in cui il Signore vuole ristrutturare in modo totalmente nuovo tutta l’umanità. In questa ristrutturazione non può avere un popolo la preminenza sugli altri popoli o un uomo vantare la superiorità su un altro uomo. La religione di Cristo Gesù, pur nella differenza dei ruoli e dei ministeri, pone tutti gli uomini dipendenti dallo Spirito Santo, dalla sua grazia, dalla sua mozione, dai suoi carismi, dai ministeri che Lui elargisci. Non vi è un uomo sopra un altro uomo, ma lo Spirito Santo che pone un uomo sopra un altro uomo per dono di grazia e di verità, per responsabilità oggettiva. Ma è il Signore che opera questo, non l’uomo che si erge a maestro o a guida di altri uomini. Se Gesù è sopra gli altri, non è per sua volontà. È per volontà del Padre dei Cieli che lo ha costituito mediatore di una nuova alleanza.
Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l’altare. In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione. Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 23,34-39).
La religione finora vissuta era stata sempre orientata all’uccisione di quanti il Signore mandava per richiamare l’uomo ad una verità che mai potrà nascere dal suo cuore, dalla sua mente, dai suoi desideri, dalle sue tradizioni. La verità è un perenne dono di Dio nella storia sia della singola persona che dell’intera umanità. È questa la differenza fondamentale tra Cristo e i Giudei del suo tempo. Quest’ultimi erano da se stessi, dal loro cuore. Cristo Gesù invece è perennemente dall’Alto, da Dio, dallo Spirito Santo. È questo anche il dramma che si vive nella Chiesa del Dio vivente: la tentazione di essere sempre dal proprio cuore, pensando che vi sia identificazione tra il cuore e lo Spirito del Signore. Mai lo Spirito di Dio si identificherà con un cuore, anche con il più santo. Neanche con Gesù, con la sua umanità, si è identificato. Anche Gesù aveva bisogno, necessitava di invocarlo senza interruzione perché gli desse quella luce sempre attuale per svolgere la sua missione. Non è facile entrare in questa verità dello Spirito Santo, dal momento che tutti pensano che loro e lo Spirito Santo sono una cosa sola. Senza lo Spirito del Signore che aleggia costantemente sopra di noi, sempre la nostra casa sarà lasciata a noi, ma deserta. È una casa dove non fiorisce la vita. In essa regna solo la morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a rimanere nello Spirito Santo.
21 Luglio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta
Vi è una ostinazione di superbia, frutto del suo primo peccato: voler trasformare la terra, pensare la terra come un luogo di delizie, un vero paradiso, un luogo dove non regnano più morte, malattie, sofferenze, dolore, lutti, catastrofi, diluvi, guerre, contrasti, divisioni e cose del genere. Tutte queste cose invece sono per la terra la sua vita, il suo modo di essere, la sua storia. La terra è questa. Dal paradiso terrestre siamo stati cacciati via. In esso non si può più ritornare. Esso non può essere ricostruito. Non è data a nessun uomo questa possibilità.
La fede cristiana ha il suo atto costitutivo, fondante sulla croce. Il suo Fondatore è un Crocifisso, è il Crocifisso. Lui è venuto sulla terra per insegnare ad ogni uomo come amare sulla croce, dalla croce, da crocifissi, da poveri, miseri, moribondi, miserabili, appestati, ammalati, sofferenti, nella solitudine, nella guerra, divisione, disastri, pericoli, avversità. Chi ha compreso bene questa verità è stato San Paolo: “Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!” (2Cor 6,3-10). È questa la straordinaria luce che viene dalla fede nel Crocifisso: rimanere nella più grande carità in ogni afflizione della nostra storia. La storia ci uccide e noi benediciamo. Essa ci perseguita e noi ringraziamo. Essa ci impoverisce e no la facciamo ricca con il dono della nostra luce, con la ricchezza della nostra grazia.
Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta». Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.
Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi (Mt 24,1-28).
Uno è il nostro Salvatore: il Crocifisso. Uno è il nostro Redentore: il Crocifisso. Uno è il nostro Dio: il Crocifisso. Non esistono, perché non sono stati dati altri Salvatori, altri Messia, altri Dèi per nessun altro uomo. Ma il Crocifisso ci salva solo dalla Croce, portando anche noi sulla Croce. Ma anche noi dalla Croce, sulla croce, siamo luce di salvezza per ogni altro uomo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a non perdere questa fede.
28 Luglio 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà
Vi è una regola di ascetica che mai dobbiamo dimenticare: siamo chiamati a vivere come se non dovessimo mai lasciare questa terra, come se fossimo eterni come Dio è eterno. Questa prima parte della regola ci insegna che si deve programmare, progettare, volere, desiderare, cercare, pensarsi un futuro, accogliere una vocazione, studiare, prepararsi per il domani. Dobbiamo pensare a come partecipare alla creazione del buon futuro di questo mondo attraverso la nostra partecipazione impegnata, mettendo a frutto, ogni dono che il Signore ci ha elargito. Se questo non lo facciamo, siamo dichiarati ignavi dal Signore e servi fannulloni. Il Signore ha messo la vita buona del mondo nelle nostre mani e noi siamo venuti meno. Siamo responsabili per l’eternità dinanzi a Lui. Saremo giudicati con severità.
La seconda parte della regola ascetica dice invece: siamo chiamati a fare ogni cosa come se dovessimo morire in questo istante. È come se oggi, in questo momento, dovessimo lasciare tutte le nostre occupazioni, i nostri progetti, ogni nostra opera e andare al cospetto del Signore per il giudizio. Questa seconda parte della regola ci vuole insegnare una grande e profonda verità: siamo chiamati a fare ogni cosa nella più pura santità, libertà, pace, giustizia, verità, carità, sapendo che a noi non è stata data una vita da vivere, bensì il solo istante che stiamo vivendo e questo istante deve essere ricolmato di Dio. Non dobbiamo fuggire dal mondo, né si deve disprezzare la vita presente perché siamo in attesa di quella futura. Questa “fede” non è cristiana. La fede cristiana invece tende alla redenzione, alla salvezza della storia. La redenzione è della storia e solo chi redime la storia può ereditare la vita eterna.
Oggi invece si ha una fede contraria, si pensa che la salvezza sia solo quella eterna, dopo la nostra morte. Si ignora che Gesù è venuto per salvarci nel tempo e solo salvandoci nel tempo, saremo salvati nell’eternità. Tempo ed eternità sono una sola salvezza, non due. La salvezza eterna è il frutto della nostra salvezza nel tempo. È la nostra santità di oggi che ci consente di essere santi in Dio per l’eternità. Questa verità è assai lontana da noi. Ed è questo l’errore, l’eresia che sta distruggendo non solo la nostra fede, ma la stessa civiltà cristiana.
Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre. Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni. Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti (Mt 24,29-51).
La secondo regola ascetica ci dice che dobbiamo santificare ogni attimo, perché l’altro attimo potrebbe non esistere. Si parte, ma non si ritorna. Si nasce, ma non si vive. Ci si incammina verso il futuro, ma non si arriva. Si progetta, ma non si porta a compimento il lavoro. Il cristiano deve porre in ogni attimo tutta la potenza della verità e della grazia di Cristo Gesù. Un secondo attimo potrebbe non averlo. Nessuno è certo di poterlo avere, vivere, santificare.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a santificare ogni attimo.
04 Agosto 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Cinque di esse erano stolte e cinque sagge
La sapienza è dono di Dio. Essa è data una volta per sempre nel sacramento della Confermazione. Perché viva in noi e maturi i suoi frutti di santità e di grazia è necessario che sempre venga ravvivata. Ogni dono di Dio è come la legna sul fuoco. Essa si consuma. Diviene prima brace e poi cenere. Se si vuole che il fuoco arda senza mai spegnersi è necessario ravvivarlo. Si ravviva riassettando la legna non ancora bruciata. Aggiungendo nuova legna perché la fiamma possa essere sempre viva e scoppiettante. Se il fuoco non si ravviva, si spegne e muore. Così è della sapienza: se non viene ravvivata si esaurisce e l’uomo precipita nella stoltezza. Ravvivare il dono di Dio è obbligo per ogni discepolo del Signore.
Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. (Cfr. 2Tm 1,1-11).
È proprio della saggezza sapere che essa va sempre ravvivata. Ma è anche proprio della saggezza sapere che fonte della saggezza è solo Dio. Nessuna saggezza partecipata può essere donata. Può essere mostrata, ma non donata. Si può indicare la fonte, ma nessuno è fonte per un altro, dal momento che solo Dio è la fonte e la sorgente di ogni vera sapienza. Questo significa che occorre quel legame soprannaturale costante con la fonte della saggezza, che è Dio, nel suo Santo Spirito. Ogni pastorale che ignora, non rivela, non manifesta, non vive di questo principio è vana, vuota, inefficace. È una pastorale di entusiasmo. È quel fuoco di paglia che si accende ma che poi all’istante si spegne, lasciando sul terreno solo nera cenere che il vento rapisce e disperde. La vera pastorale è tutta protesa a riallacciare i legami personali con lo Spirito Santo. Senza questo collegamento con la sorgente della sapienza, non c’è pastorale di salvezza. Manca ad essa il fuoco della verità e della grazia, la luce della vera fede e della vera relazione con Dio e con gli uomini.
Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora (Mt 25,1-13).
La sapienza inizia con l’accoglienza dei Comandamenti nel nostro cuore come unica e sola via per costruire la nostra verità ontologica. Essa si perfezione ricevendo le Beatitudini come sentieri per manifestare tutta la misericordia, la pietà, la compassione, la giustizia, la verità di Dio verso l’uomo. Chi è il nostro Dio lo manifesta e lo annunzia, lo rivela e lo rende presente nella storia chi diviene persona delle Beatitudini. Chi non costruisce la sua verità ontologica. Chi non diviene perfetto e misericordioso come Dio è perfetto e misericordioso, manca di saggezza. È privo di quella divina intelligenza che dovrà renderlo nella storia luce del mondo e sale della terra. Dio ha proposto al suo popolo la sapienza dei Comandamenti. Gesù vi ha aggiunto la sapienza delle Beatitudini. Quali prospettive di successo profetizza Gesù? Molti sono i chiamati. Pochi gli eletti. Molti inizieranno. Pochi persevereranno sino alla fine.
Alla sapienza Gesù contrappone la stoltezza. Cosa è la stoltezza? È quella intelligenza umana che diviene unica coordinata per la conduzione della propria vita. È però una intelligenza sganciata sia dai Comandamenti che dalle Beatitudini. In essa vi è assenza di Vangelo e di Parola del Signore. Oggi stoltezza e insipienza è anche tutta quella teologia la quale fonda il futuro eterno dell’uomo sulla completa assenza, se non negazione, della Parola del Vangelo. È stoltezza pensare di costruire la verità ontologica eterna, senza costruire la nostra verità ontologia nel tempo. Ma è anche stoltezza pensare che si possa costruire la verità ontologica nella storia, se non si ha un forte e vivo desiderio di pensare seriamente, anzi di credere con fortezza e risolutezza, che il Signore non ci riconoscerà se ci presenteremo a Lui senza saggezza. La nostra saggezza è rivestire la nostra vita oggi di Comandamenti e di Beatitudini.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi e intelligenti nel Vangelo.
11 Agosto 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone
La vita è il dono di Dio all’uomo. Questo dono va messo a frutto. Esso deve fruttificare la nostra vita eterna, cioè l’eternità beata con il nostro Redentore, Salvatore, Santificatore, per sempre nel suo Paradiso. Se questo frutto non viene prodotto, per noi ci sarà la perdizione eterna. È il fallimento dell’esistenza. Il Salmo usa una stupenda immagine per descrivere il fallimento dell’uomo. Definisce l’uomo un arco allentato. Con esso mai si potrà colpire il bersaglio.
Fece partire come pecore il suo popolo e li condusse come greggi nel deserto. Li guidò con sicurezza e non ebbero paura, ma i loro nemici li sommerse il mare. Li fece entrare nei confini del suo santuario, questo monte che la sua destra si è acquistato. Scacciò davanti a loro le genti e sulla loro eredità gettò la sorte, facendo abitare nelle loro tende le tribù d’Israele. Ma essi lo tentarono, si ribellarono a Dio, l’Altissimo, e non osservarono i suoi insegnamenti. Deviarono e tradirono come i loro padri, fallirono come un arco allentato (Sal 78 (77),52-57).
Non solo il Signore dona la vita all’uomo perché fruttifichi con essa il suo Paradiso, gli offre costantemente ogni altro dono di grazia e di verità, perché l’uomo possa tenere l’arco della sua vita sempre ben calibrato e colpire così il bersaglio dell’eternità. Purtroppo oggi tutti questi doni di grazia sono vilipesi, disprezzati, distrutti, rinnegati. Basta osservare la profanità che avvolge oggi tutto il nostro tempo, per comprendere quanto sia vilipeso anche il giorno del Signore, quella domenica santa che ha come sua finalità arricchirci di ogni grazia per poter portare a compimento il fine della nostra vita. Siamo spiritualmente falliti per colpa nostra.
Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25, 14-30).
Noi siamo andati ben oltre il servo malvagio e pigro. Lui almeno ha conservato intatto il suo talento. Lo ha posto sotto una pietra. Lo ha ben nascosto nella terra. Un talento ha ricevuto, un talento ha ridato. Per questa sua malvagità e pigrizia fu gettato nelle tenebre, dove è pianto e stridore di denti. Noi il talento non lo stiamo conservando intatto, lo stiamo distruggendo, lo stiamo rendendo irriconoscibile, lo stiamo disprezzando e trasformando nella sua stessa essenza naturale. Stiamo donando alla nostra vita un significato che va ben oltre la sua verità naturale, creaturale, quella che il suo Creatore e Signore le ha conferito.
Dinanzi a tanta contraffazione cosa dovrà dire di noi il nostro Creatore? Non potrà certo lodarci, esaltarci, accoglierci nel suo Paradiso. Per noi di sicuro dovrà creare un inferno speciale, particolare, unico. Abbiamo disprezzato il suo corpo, vilipeso il suo sangue, dichiarato inutile la sua grazia. Abbiamo persino trasformato, alterato la verità naturale del nostro corpo. Abbiamo dato un significato di falsità alla sua intera creazione. Il servo malvagio e pigro appare un “santo” se messo in paragone con noi. Noi cristiani abbiamo una particolare responsabilità dinanzi al mondo intero. Siamo noi stati costituiti luce delle nazioni, sale dei pagani, verità di quanti non credono. Dinanzi a tanto sfacelo cristiano quale uomo potrà abbracciare la nostra fede? È questa la grande responsabilità che pesa sulle nostre spalle. Dovremmo riflettere.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità della nostra vita.
18 Agosto 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno
L’inferno non è verità inventata dalla Chiesa. Le verità inventate sono tutte le filosofie e le ideologie degli uomini, sono tutti quei teoremi e modelli di società che stanno uccidendo l’uomo nella sua più vera essenza. Sono tutte quelle leggi di progresso e di civiltà che in nome di una presunta libertà, stanno ghigliottinando ogni verità oggettiva in seno all’umanità. Vera invenzione è il pensiero dell’uomo che pretende sostituire il pensiero di Dio. Queste sì che sono false invenzioni per la stessa rovina dell’uomo.
Cosa è l’inferno? È la suprema attestazione della verità dell’uomo. Chi è l’uomo creato da Dio? È persona il cui futuro è stato posto interamente nelle sue mani. Può dirigere se stesso vero l’obbedienza e verso la disobbedienza, verso l’acqua e verso il fuoco, verso l’amore e verso l’odio, verso la giustizia e verso l’ingiustizia. Il frutto però è diverso. Se cammina nell’amore raccoglie un frutto di vita eterna nel tempo e dopo. Se invece cammina nell’odio produce un frutto di morte oggi e nell’eternità.
Il vero nodo da sciogliere è terribilmente antropologico. Una volta che si sceglie un modello antropologico si deve anche mangiare il frutto da esso prodotto. Non si può seminare un campo con spine e cardi e poi pretendere di raccogliere del buon grano. È tutto qui l’inganno, la menzogna umana oggi. Si scelgono modelli antropologici di non più obbedienza alla Legge Santa di Dio, che è la più pura rivelazione della verità dell’uomo, e poi si pretende raccogliere frutti di vita e si piange quando il nostro modello antropologico sa generare solo morte.
Questo è giusto che ognuno lo sappia. Chi sceglie il modello antropologico della dissoluzione della vera famiglia non deve poi lamentarsi dei frutti che esso produce. Se uno beve veleno e muore non può lamentarsi di essere morto. Deve accettarne tutte le conseguenze, anche quella di rimanere offeso nel corpo e nello spirito per tutti i giorni della sua vita. Noi tutti oggi stiamo costruendo modelli antropologici di pura falsità e menzogna, di negazione della verità costitutiva dell’uomo, quali frutti possiamo sperare che nasceranno? Solo di morte, mai di vita.
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Gesù oggi propone a tutti un modello antropologico di amore, benevolenza, misericordia, pietà, compassione, aiuto, sostegno verso coloro che sono fragili, deboli, poveri, miseri, soli, abbandonati, diseredati, carcerati, umiliati, derubati, lasciati mezzi morti sul ciglio della nostra società dal modello antropologico egoistico e falsamente umanitario. Qual è il risultato? Chi seguirà questo modello di vera umanità, da Lui sarà accolto nella sua casa eterna. Chi non lo seguirà, perché non crede, non vuole, segue altri modelli antropologici, non avrà parte nella sua eredità eterna. Il modello antropologico odierno è altamente infernale, diabolico. Ognuno vuole vivere il suo presente come gli pare. Vuole però che gli altri gli procurino un futuro di bene, anzi di sommo bene. Il futuro è il frutto del nostro presente. Non è un frutto degli altri. È il nostro frutto. I teorizzatori di tale infernale modello di vita, gli ideologi di questo sistema di civiltà, sono i veri grandi falsi profeti della nostra storia. Sono i veri distruttori della nostra umanità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità della nostra umanità.
25 Agosto 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Si poteva venderlo per molto denaro e darlo ai poveri!
Parlare dal cuore libero, pieno della divina verità, illuminato dallo Spirito Santo, confortato dalla grazia celeste, fortificato perennemente dalla preghiera e parlare da un cuore nel quale regna il fango dell’odio, della concupiscenza, dell’invidia, della superbia, della stoltezza, dell’orgoglio, della cupidigia, della falsa fede, dell’assenza di una qualsiasi carità e amore verso gli altri, non è la stessa cosa. Il primo cuore attraversa la storia illuminandola di Dio. Il secondo cammina tra gli uomini ottenebrandoli e creando altro fango che va ad alimentare quello già esistente e che insudicia la quotidiana fatica del vivere insieme.
Gesù è l’uomo dal cuore umile e mite, pieno di Spirito Santo, portatore di una luce eterna nella nostra storia. È l’uomo dalla compassione verso tutti, senza escludere nessuno dalla bontà e misericordia del Padre che ama tanto l’uomo da sacrificare per lui sulla croce il suo Figlio Amato, il suo Unigenito Eterno fattosi uomo nel seno della Vergine Maria. Gesù è il vero Dio che dal suo cuore umano rivela tutte le ricchezze di pietà e di compassione del cuore divino. Egli mostra ad ogni quanto grande è il cuore del Padre, ma glielo mostra attraverso il suo cuore di vero e perfetto uomo. Vedendo Lui ogni uomo può conoscere Dio. Chi non vede Lui, mai potrà sapere chi è il suo Signore, il suo Creatore, il suo Dio in pienezza di verità e carità.
I capi dei sacerdoti e gli anziani vivono con un cuore sporco di falsità e menzogna. Loro desiderano una cosa sola: togliere di mezzo Cristo Gesù, perché la loro religione, falsificata al punto giusto e anche oltre, è chiusa ad ogni apertura verso la verità perfetta, la carità universale di salvezza, la speranza che apre la via di Dio anche al più grande peccatore. La loro religione consiste nel culto della propria persona di quanti sarebbero dovuti essere i maestri della misericordia di Dio in favore dei suoi figli. Essa è fondata sull’io dell’uomo, non sul Dio Creatore e Padre, Salvatore e Signore del genere umano.
Giuda è l’uomo dal cuore concupiscente, insaziabilmente ingordo, mascherato però da tanta pietà e carità verso i poveri della terra. Lui non ama i poveri, ama se stesso. Non cerca per i poveri, cerca per se stesso. Lui vede che si sciupa denaro prestando attenzioni a Gesù e protesta. Dichiara i poveri più importanti di Gesù. Questa è vera stoltezza, perché Gesù è il povero più povero, l’umile più umile, il misero più misero tra quelli che non possiedono nulla in questo mondo. Tutto questo però lo fa perché è ladro e ruba quanto vi viene messo nella cassa apostolica. Difende i poveri, ma per impossessarsi del loro denaro. Così è il cuore di Giuda. In un cuore concupiscente mai ci potrà essere spazio per i poveri. Per i poveri c’è solo posto nel cuore di Cristo e in quelli che hanno lo stesso suo cuore.
Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso». Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per catturare Gesù con un inganno e farlo morire. Dicevano però: «Non durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo». Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso, gli si avvicinò una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre egli stava a tavola. I discepoli, vedendo ciò, si sdegnarono e dissero: «Perché questo spreco? Si poteva venderlo per molto denaro e darlo ai poveri!». Ma Gesù se ne accorse e disse loro: «Perché infastidite questa donna? Ella ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me. Versando questo profumo sul mio corpo, lei lo ha fatto in vista della mia sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto» (Mt 26,1-13).
Ognuno parla dal suo cuore di pietra. Invece ognuno dovrebbe parlare dal suo cuore di carne. Il prete dovrebbe parlare sempre dal cuore di Cristo, anche il fedele laico dovrebbe parlare sempre dal cuore di Cristo. Il politico dovrebbe parlare dal più grande bene oggettivo per tutti i suoi governati. Il giudice dalla più alta giustizia, dalla verità storica che dovrebbe essere la sua passione. Non dovrebbe neanche parlare dalla legge, se questa è iniqua, immorale, contro la dignità della persona umana. Lui dovrebbe essere il garante ultimo della vera giustizia. Il funzionario dal rispetto dell’uomo e dal suo più grande bene. L’imprenditore dal desiderio di servire i suoi operai allo stesso modo che Cristo ha servito e serve noi. Il sindacalista da una visione globale del momento storico in cui versa l’economia, mai dall’arroccamento su principi soggettivi di bene. Questo cuore solo Cristo lo può donare e solo la Chiesa una, santa, cattolica lo impianta e lo cura. Volere abolire la Chiesa è condannare l’uomo al cuore di pietra.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a ricevere il cuore nuovo.
01 Settembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!
Nella Scrittura vi sono due morti: la morte del giusto e la morte dell’empio. C’è chi muore nelle braccia di Dio e chi invece muore tra le braccia del diavolo. Diamo ora due esempi di morti: la prima di una persona giusta. La seconda di una persona empia, malvagia, maligna.
Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per attaccamento alla vita. Diceva: anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell’Onnipotente. Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio. Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: «Il Signore, che possiede una santa scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell’anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». In tal modo egli morì, lasciando la sua morte come esempio di nobiltà e ricordo di virtù non solo ai giovani, ma anche alla grande maggioranza della nazione (Cfr 2Mac 6,18-31).
Antioco mosso da gran furore, pensava di sfogarsi sui Giudei anche per lo smacco inflittogli da coloro che lo avevano messo in fuga. Ma il Signore che tutto vede, il Dio d’Israele, lo colpì con piaga insanabile e invisibile. Aveva appena terminato quella frase, quando lo colpì un insopportabile dolore alle viscere e terribili spasimi intestinali, ben meritati da colui che aveva straziato le viscere altrui con molti e strani generi di torture. Ma egli non desisteva affatto dalla sua alterigia, anzi era pieno ancora di superbia, spirando fuoco d’ira contro i Giudei, e comandando di accelerare la corsa. Gli capitò perciò di cadere dal carro in corsa tumultuosa e di rovinarsi tutte le membra del corpo nella violenta caduta. Colui che poco prima, nella sua sovrumana arroganza, pensava di comandare ai flutti del mare, e credeva di pesare sulla bilancia le cime dei monti, ora, gettato a terra, doveva farsi portare in lettiga, rendendo a tutti manifesta la potenza di Dio, a tal punto che nel corpo di quell’empio si formavano i vermi e, mentre era ancora vivo, le sue carni, fra spasimi e dolori, cadevano a brandelli e l’esercito era tutto nauseato dal fetore e dal marciume di lui. Colui che poco prima credeva di toccare gli astri del cielo, ora nessuno poteva sopportarlo per l’intollerabile intensità del fetore. Quest’omicida e bestemmiatore, dunque, soffrendo crudeli tormenti, come li aveva fatti subire agli altri, finì così la sua vita con miserabile morte in terra straniera, sui monti. Curò il trasporto della salma Filippo, suo compagno d’infanzia, il quale poi, diffidando del figlio di Antioco, si ritirò in Egitto presso Tolomeo Filomètore (Cfr 2Mac 9,1-29).
Di Giuda Gesù dice: “Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato”.
Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto» (Mt 26,14-25).
Se Giuda muore fra le braccia di Satana potrà mai essere accolto da quelle di Dio?
Giuda era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. La cosa è divenuta nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e così quel campo, nella loro lingua, è stato chiamato Akeldamà, cioè “Campo del sangue”. Sta scritto infatti nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un altro (At 1,17-20). Molte volte e in diversi modi lo Spirito Santo parla a noi. Il racconto di una morte è vera rivelazione, vera interpretazione dello stato spirituale di una persona.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a comprendere la Scrittura.
08 Settembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo
Gesù è la perfezione assoluta nell’incarnazione in mezzo a noi della verità e della carità del Padre. È il perfetto compimento di tutta la volontà di Dio sulla nostra terra. Qualsiasi cosa Lui faccia o lasci che gli venga fatta, è sempre la purissima volontà di Dio che si realizza in Lui. Ci si scandalizza quando si pensa che sia per volontà umana, per sua decisione che le cose avvengono. Nulla in Cristo è dalla sua volontà, perché tutto è dalla volontà del padre suo. Più volte Gesù invita i suoi ascoltatori a non scandalizzarsi di Lui. Sovente invece per molti è stato motivo di scandalo. Questo attesta una cosa sola: chi si scandalizza di Lui non conosce la volontà di Dio sopra di Lui. Si giudica Cristo non a partire da Dio, ma dal proprio cuore.
Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». (Mt 11,2-6).
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,59-69).
Quando il proprio cuore diviene unico metro di valutazione della vita dei fratelli, è allora che nasce lo scaldalo. Non si riesce a vedere oltre la propria mente e i propri pensieri. Mente e pensieri assurgono a verità assoluta, oltre la quale nessun’altra volontà esiste e nessun’altra verità. Questo avviene quando il cuore è montato dalla superbia, dalla gelosia, dall’invidia, da ogni altro vizio. Avviene anche quando la presunzione di conoscere persone e cose avvolge il nostro cuore e lo inquina di falsità. È triste un cuore nel quale regna il peccato ed grande la tristezza che esso sprigiona attorno a sé. Sarebbe sufficiente un grido di aiuto al Signore, una umile invocazione di grazia e di guarigione, e la pace regnerebbe nella mente e nei pensieri.
Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli (Mt 26,26-35).
Succede invece che il cuore non solo si scandalizza, in più neanche crede alle parole proferite da Gesù. Lui sta affermando che tutti si sarebbero scandalizzati. Pietro ribatte che mai si scandalizzerà di Lui. È pronto per seguire Gesù fino alla morte. Gesù gli ribadisce non solo lo scandalo, ma anche il tradimento. Ma è proprio questo tradimento l’inizio del cambiamento di Pietro. Dopo il compimento di questa profezia, Pietro apprende a sue spese che la Parola di Gesù è sempre vera, eternamente vera, si compie sulla terra e nei cieli. A volte sono necessarie della cadute profonde, è necessario scendere fin nell’inferno della propria vita per aprirsi al mistero della verità che è fuori di noi, ma che noi con ostinazione non vogliamo accogliere nel nostro cuore, troppo superbo e troppo pieno di sé per aprirsi al mistero di Gesù dal quale è il nostro. Con divina sapienza Gesù permette che giungiamo fin nelle fiamme dell’inferno e solo dopo ci tira su. Prima diviene impossibile a causa dell’ostinazione che ci sovrasta e ci consuma. Eppure sarebbe sufficiente un atto di umiltà e di ascolto!
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci umili di cuori e miti.
15 Settembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione
L’esperienza, vissuta e interpretata sempre con la potente luce della verità evangelica, nella preghiera ininterrotta, che chiede allo Spirito del Signore ogni sapienza e intelligenza per poter leggere bene nel proprio cuore, prima che nel cuore degli altri, fa sì che un presbitero possa essere incisivo nell’indicare alle anime la giusta via per condurre nella verità e nella giustizia, nella carità e nella fede, nella vera speranza la loro vita.
Chi non è capace di scendere, sorretto dallo Spirito Santo, nel proprio cuore per scoprire in esso la più piccola volontà di Dio, che gli viene manifestata anche attraverso gli eventi della storia, mai potrà formarsi una esperienza capace di indicare vie di vera salvezza. Chi non conosce il proprio cuore, mai conoscerà il cuore di Dio, mai il cuore dei suoi fratelli. Un pensiero di Giuditta penso possa aiutarci ad entrare in questa verità sovente assai difficile da accogliere.
“Ascoltatemi, capi dei cittadini di Betùlia. Non è un discorso giusto quello che oggi avete tenuto al popolo, e quel giuramento che avete pronunciato e interposto tra voi e Dio, di mettere la città in mano ai nostri nemici, se nel frattempo il Signore non verrà in vostro aiuto. Chi siete voi dunque che avete tentato Dio in questo giorno e vi siete posti al di sopra di lui in mezzo ai figli degli uomini? Certo, voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, ma non comprenderete niente, né ora né mai. Se non siete capaci di scrutare il profondo del cuore dell’uomo né di afferrare i pensieri della sua mente, come potrete scrutare il Signore, che ha fatto tutte queste cose, e conoscere i suoi pensieri e comprendere i suoi disegni? (Gdt 8,11-14).
Chi è Cristo Gesù? È il vero uomo che conosce gli abissi del proprio cuore. Sa che potrebbe tradirlo, ingannarlo, mentirgli nel momento della prova. Venire meno quando si tratta di scegliere la morte al posto della vita. Sa che il suo cuore umano è sempre esposto al tradimento, al rinnegamento, alla superbia, menzogna, inganno. Il cuore dell’uomo è una trappola di morte. Gesù sa che bisogna ogni giorno blindarlo, renderlo irresistibile contro ogni potenza infernale. Bisogna che diventi forte della stessa forza di Dio. Come fare per corazzare il proprio cuore perché non non venga meno nel momento in cui si ha bisogno di tutta la sua forza, la sua energia, il suo coraggio nella testimonianza e nell’affrontare ogni sofferenza? Gesù ci insegna la via. Si ritira nell’Orto degli Ulivi, prega fino a sudare sangue, chiede al Padre un cuore forte, risoluto, energico, deciso, senza alcun tentennamento, pronto per affrontare la morte, per stare sulla croce. Chiede un cuore non di pietra, non di carne, ma di spirito.
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino» (Mt 26,36-46).
La tentazione conosce la fragilità del nostro cuore, la debolezza di ogni suo proposito, l’inconsistenza di ogni buon progetto. Essa sa che un cuore debole è facilmente conquistabile ed il cuore è sempre debole quando non è immerso in Dio. Cristo Gesù, sapendo questo, subito si reca dal Padre, immerge il suo cuore nel cuore del Padre, lo rende forte, tenace, robusto, resistente, capace di affrontare ogni tentazione, ogni prova. Con questo cuore si lascia incatenare, subisce il processo, è condannato a morte, viene fustigato, flagellato, schernito, insultato, sputato, deriso, crocifisso, abbeverato di aceto e fiele, tentato. Ma lui resiste, non cade, non vacilla, va fino in fondo, offre la sua vita al Padre, muore sulla croce da vero Figlio di Dio. Ecco a cosa serve la preghiera: a divinizzare il nostro cuore. A renderlo invincibile nell’ora della prova e della tentazione. Senza preghiera siamo esposti ad ogni caduta. Noi preghiamo per mille grazie, ma non chiediamo la divinizzazione del nostro cuore. Perdiamo semplicemente tempo. Senza un cuore divinizzato, siamo in balia della tentazione che ci passa al setaccio, ci vaglia come si vaglia il grano, ci scuote come l’uragano spoglia gli alberi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci un cuore divinizzato.
22 Settembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno
Vi è una legge divina, scritta in ogni pagina di storia, da tutti ignorata, vilipesa, calpestata, dimenticata, cancellata, che attesta che non vi è morte santa per coloro che hanno preso, prendono ingiustamente la spada. Questa legge oggi Gesù la rivela a Pietro, perché sia lui a proclamarla, scriverla, gridarla ad ogni uomo. Questa legge è divinamente infallibile. Ad essa nessuno si può sottrarre. Dio non tollera che nella sua creazione regni impunita la violenza, la sopraffazione, l’ingiustizia, i mille soprusi dell’uomo contro l’uomo, tutta quella delinquenza che si abbatte sui fratelli e toglie loro il respiro, la pace, la serenità.
Il nostro Dio sa asciugare ogni lacrima ingiusta versata sulla nostra terra. L’asciuga a suo tempo con modalità che solo la sua divina ed eterna sapienza conosce. All’uomo crocifisso dai suoi fratelli il Signore chiede però una cosa sola: continuare ad amare, restare nella giustizia, praticare sempre la carità, amare i suoi nemici, pregare per i suoi persecutori, vivere solo di perfetta pietà, sempre, imitando il Figlio suo che è stato crocifisso, rimanendo però sempre nell’amore più grande verso tutti, vivendo la sua passione in un silenzio di amore e di salvezza.
Il cristiano neanche deve chiedere al Signore che asciughi le sue lacrime. Sapendo che di certo le asciugherà, dovrà invece chiedere che abbia pietà, perdono, misericordia, cancelli ogni peccato commesso dal fratello contro la sua vita. Il nostro Cristo questo chiede ad ogni suo discepolo, in modo che venendo, il Signore non agisca nell’impeto della sua ira, ma nella sua grande compassione per l’uomo peccatore. Questa visione di fede sempre ci deve caratterizzare. Noi siamo discepoli del Crocifisso e il Crocifisso non chiese al Padre che asciugasse le sue lacrime. Gli chiese invece perdono per i suoi carnefici, li ha anche scusati, dicendogli che non sapevano quello che facevano. È come se la sua crocifissione fosse stata in un momento di loro grande stoltezza ed insipienza. Lui la priva della loro malvagità e crudeltà.
Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono (Mt 26, 47-56).
La Chiesa deve essere vera maestra di carità dalla croce. Non però dalla croce degli altri. È facile essere maestri dalla croce dei nostri fratelli, invitandoli alla rassegnazione, al perdono, alla misericordia, alla pietà. Maestri si deve essere ognuno dalla propria croce personale. È insegnamento efficace quando si vive la carità di Cristo mentre i chiodi forano le nostre mani e i piedi e mentre il costato viene squarciato dalla lancia. È lezione di vero amore quando si tace, non si risponde mentre tutti deridono e insultano. È scuola di grande pietà quando in questo frangente di indicibile dolore si alza lo sguardo verso il Cielo per incontrarsi con lo sguardo di Dio e domandare pietà e perdono per tutti coloro che ci stanno crocifiggendo o nel corpo o nello spirito. Questa scuola d’amore la Chiesa deve vivere. Queste scuole d’amore costruire nel mondo, nelle città degli uomini, fin nei più piccoli loro villaggi.
La Chiesa è grande se in mezzo ad una società di odio insegna sempre il perdono in ogni ambito e luogo del vivere sociale, civile, politico. Dona tristezza al cuore vedere che il cuore di un cristiano è pieno d’odio, rancore, desiderio di distruzione dell’altro, volontà di rivincita, concupiscenza di vittoria sul proprio avversario. Il cristiano è il crocifisso per amore, che dalla sua croce rivela tutta la profondità dell’amore di Cristo ad ogni suo fratello. Dona grande dolore ascoltare che ci si professa del discepoli del Crocifisso e poi si odia l’amore e la carità, mentre si ama l’odio, l’egoismo, la violenza verbale ed operativa. Il cristiano ogni giorno deve rappresentare al vivo il Crocifisso e di certo non lo rappresenta con l’odio nel cuore e nella mente, nei desideri e nella volontà, nei pensieri e nelle opere. Cristiano, pensaci.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberate il cristiano da ogni odio.
29 Settembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Cercavano una falsa testimonianza contro Gesù
La falsa testimonianza è vera piaga. I danni che produce e genera sono incalcolabili. Essa uccide, elimina, radia dalla storia, spesse volte crea mostri, infangando il nome di persone innocenti. Oggi in modo particolare vi è una leggerezza nella falsa testimonianza che spaventa a causa della sua capillarità. Dovendo noi ogni giorno riempire pagine e pagine di giornali, riviste, quotidiani, settimanali, mensili, testate di radio e televisioni cui si devono aggiungere tutti gli altri strumenti della comunicazione attraverso i social-network, si comprenderà bene che di sola verità questi mezzi mai potrebbero vivere.
Ecco allora che la notizia va colorata, amplificata, interpretata, manomessa, alterata, trasformata, modificata in parte o in tutto, privata dei suoi elementi di verità, corredata di particolari che esistono solo nella mente di chi la scrive, a tutto questo si aggiunge la diabolica arte del sospetto, del dubbio, dell’indeterminatezza, e siamo già nella falsa testimonianza. Se ad essa aggiungiamo anche la calunnia, la mormorazione, il pettegolezzo, la parola vana, tutti i pensieri del cuore che con abilità trasformiamo in realtà, si comprende bene come sia veramente difficile rispettare l’altro nel suo buon nome. Ora il buon nome di una persona è un diritto inalienabile. Nessuno può infangare un altro. Il nome dell’altro è santo e tale deve rimanere per tutti i giorni della sua vita.
In una società che coltiva la falsa testimonianza più che il grano di cui sfamarsi, quale possibilità vi sono per un uomo di uscirne illeso? Nessuna. L’unica via è quella di agire sempre nella più alta e somma prudenza, facendo ogni cosa secondo la verità di Dio. Ma questa modalità di agire serve solo per essere giusti e irreprensibili davanti a Dio, mai davanti agli uomini, dal momento che gli uomini sanno trasformare la verità in falsità, l’odio in amore, il peccato in virtù e la virtù in peccato. All’uomo è chiesta una cosa sola: rimanere integro e puro dinanzi al suo Dio. Poi sarà Lui a rendergli giustizia. Mai nessun uomo potrà pretendere giustizia dagli uomini. Se questi non hanno il timor di Dio nel loro cuore, mai vi potrà essere l’amministrazione della vera giustizia. Il cuore senza Dio è anche un cuore senza l’uomo. Un cuore senza Dio è insensibile alla santità del nome del fratello. Pensa di poterlo infangare a suo gusto e piacimento, secondo le sue voglie malvagie e spietate.
Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?» (Mt 26,57-68).
Cristo Gesù è la persona più innocente, anzi è innocentissima. Mai ha commesso una sola ingiustizia, neanche nel segreto del cuore né contro l’uomo e né contro Dio. Ha osservato tutta la Legge. Ha vissuto secondo la retta e sana tradizione religiosa del tempo. Non vi è in Lui nessun male di cui lo si possa accusare. Gli viene chiesto di rivelare, sotto giuramento, la sua verità. Lui, poiché obbligato dalla parola del sommo sacerdote, non può sottrarsi e si rivela. Viene accusato di essere un bestemmiatore e per questo dichiarato reo di morte.
Ecco cosa sa fare il cuore nel quale non regna il timore del Signore: trasforma la più alta verità mai proferita nella storia in una bestemmia e sul fondamento di questa trasformazione condanna Gesù alla morte. Cristo è condannato non per quello che ha fatto, ma per ciò che è. Sono passati due mila anni ed ancora il cuore senza timor di Dio così agisce. Condanna le persone, le uccide, fa stragi di innocenti, non perché si è fatto il male, ma perché si è, per la verità che si porta nel cuore. Si uccide un uomo per il suo essere, la sua verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di timore del Signore.
06 Ottobre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
E, uscito fuori, pianse amaramente
La Parola di Cristo è infallibilmente vera. Essa si compie in un momento della storia che noi neanche riusciamo ad immaginare. Se riuscissimo ad immaginare il tempo e il luogo del suo avverarsi, potremmo anche evitare di giungere in quel luogo e in quel tempo. Invece è come se la stessa storia e lo stesso tempo ci conducessero verso di essi. Gesù aveva chiesto a Pietro e agli altri suoi discepoli di andarsene, di lasciarlo solo. La passione era la sua in questo istante, non era la loro. La loro sarebbe venuta in seguito, in un futuro non troppo lontano.
Pietro e Giovanni non si allontanano dal Maestro. Lo seguono fin nel cortile del Sommo Sacerdote. È come se Pietro fosse attratto da questo luogo perché in esso si sarebbe dovuta compiere la profezia di Gesù. La storia non la decidiamo noi. Vi è in essa l’imponderabile divino che non appartiene alla nostra volontà, alla nostra intelligenza, alla nostra sapienza. Questo imponderabile divino nessuno lo vuole considerare, nessuno lo prende sul serio. Tutti ormai ci sentiamo padroni, governatori, signori della storia. Essa invece obbedisce ad un solo Padrone, un solo Signore, un solo Governatore. Essa è nella mani di Dio, del solo ed unico Dio, del Dio uno e trino, che è il suo potente creatore.
Questo non significa che noi siamo condannati ad un destino cieco. Né tantomeno che siamo marionette o burattini nella mani del Signore. Significa invece che noi possiamo dare alla storia verità e falsità, salvezza e perdizione, luce e tenebra, bene e male, giustizia e ingiustizia, prosperità e miseria, vita e morte. Diamo vita se rimaniamo nella Parola del Signore. Concepiamo morte se ci distacchiamo dalla Parola e camminiamo secondo i desideri del nostro cuore. La storia ce la offre il Signore, ogni storia è un suo dono. Spetta a noi salvarla o perderla, redimerla o dannarla. Spetta a noi rimanere nella Parola, oppure uscire da essa. Ma la storia non è governabile da nessuno. Nessuno si illuda. Vi è sempre l’imponderabile divino che sfugge sia alla nostra intelligenza che al nostro cuore.
Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente (Mt 26,69-75).
Nel cortile del sommo sacerdote non è un’alta autorità del Sinedrio che parla a Pietro e neanche un saldato, un guardia, una persona di rilievo. Chi parla è una giovane serva. Una persona umile. Costei dice a Pietro la sua verità. Anche tu eri con Gesù, il Galileo! È vero. Pietro ea con il Galileo. Non dice la serva: Anche tu sei con il Galileo! Eri. Ora non lo sei più. Ora il tuo Maestro è stato arrestato e tu devi cercarti un altro Maestro. Pietro, anziché stare al gioco, nega di conoscere Gesù. Non capisco cosa dici. È come se lui fosse completamente estraneo, come se venisse da un altro mondo. Tra lui e il Galileo non c’è neanche conoscenza per notizia storica. Lui non ha nulla a che fare con quest’uomo. È un perfetto estraneo. Il grande Pietro, colui che spesso aveva preteso anche di fare da Maestro a Gesù, ora dice di non conoscerlo neanche per notizia appresa per caso dalla gente.
La grandezza di Pietro si sbriciola, la sua arroganza si frantuma, la sua sicurezza diviene polvere. Le parole con le quali garantiva al Maestro fedeltà sino alla morte sono svanite dalla sua mente. Questo è l’uomo senza la grazia di Dio. Non solo Pietro, ma ogni altro uomo è in tutto simile a lui. È sufficiente pensare oggi alla solenne promessa che due persone si fanno dinanzi all’altare del Signore. Giurano di accogliersi per sempre. Si promettono fedeltà eterna. Ognuno dichiara il suo amore senza fine. Poi dopo qualche giorno tutto finisce, in un istante. Questo è l’uomo senza la grazia di Dio: non affidabile, non fedele, non vero, non sicuro, non certo. L’uomo senza la grazia di Dio è fluido più dell’olio. È inafferrabile più che il vento. Stringe patti e dopo qualche ora non li osserva più. Mette firme, ma non valgono nulla. Giura sul suo onore, che non ha, non possiede. Dopo questa esperienza di totale naufragio, Pietro conosce la sua vera grandezza. È persona piccola, misera, meschina, povera. Non è capace neanche di affermare la sua storia. Ora che è precipitato nel fondo del fondo, il Signore lo potrà aiutare.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nella verità di Cristo Gesù.
13 Ottobre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
A noi che importa? Pensaci tu!
In tutta la Scrittura Santa non si trova alcuna frase più triste di questa: “A noi che importa? Pensaci tu!”. Questa frase è più che un omicidio, più che una strage, più che un diluvio universale, più che una torre di babele, più che la distruzione di Sodoma e Gomorra, più che la devastazione dell’esercito del faraone in mezzo ai flutti del Mar Rosso, più che lo stesso crollo di Gerico. Tutte queste cose sono un nulla dinanzi alla gravità di questa risposta.
Vi è un uomo, Giuda, che ha tradito Gesù. Lo ha consegnato nelle mani dei suoi nemici. Prima di consegnarlo non ha minimamente pesato il suo gesto. Questa è vera arte e scienza del diavolo. Prima di peccare ci oscura la mente perché noi pecchiamo. Dopo che abbiamo peccato ce la apre perché noi ci disperiamo e commettiamo peccati ancora più gravi, che possono arrivare fino alla disperazione della salute e al conseguente suicidio. Dopo aver peccato, Giuda vede la gravità della sua colpa. Avverte la pesantezza del suo gesto. Vorrebbe in qualche modo rimediare. Si reca però dalle persone sbagliate. Va dai sommi sacerdoti, persone incaricate da Dio, poste da Lui, proprio a servizio della salvezza dei peccatori.
Cosa fanno queste persone? Semplicemente abbandonano Giuda al suo destino. Non gli offrono alcuna via di salvezza. Non gli danno nessun aiuto. Neanche riescono a consigliarlo per il suo più grande bene. Giuda in questo momento si trova dinanzi non a dei nemici, non a degli avversari, non è delle persone cattive e malvage, si trova dinanzi alla più nefasta insensibilità. Noi abbiamo raggiunto il nostro scopo. La nostra relazione con te è finita. Vattene per la tua strada. Noi non ci conosciamo. Non ci siamo mai conosciuti. Tu non sai chi siamo noi. Noi non sappiamo chi sei tu. Di te a noi non interessa nulla. Ti abbiamo pagato. Finisce il nostro contratto. Hai tradito sangue innocente? Sono affari tuoi, non nostri.
È sempre così. Il peccato crea solitudine anche tra gli stessi peccatori. La concordia dei peccatori è solo nel peccato, nella malvagità, nella cattiveria. Questa verità è così insegnata dal Libro della Sapienza. È una verità che deve farci riflettere, meditare: “Quando i popoli furono confusi, unanimi nella loro malvagità, la sapienza riconobbe il giusto, lo conservò davanti a Dio senza macchia e lo mantenne forte nonostante la sua tenerezza per il figlio. Mentre perivano gli empi, ella liberò un giusto che fuggiva il fuoco caduto sulle cinque città. il suo lavoro (Sap 10,1-10). Finita la complicità unanime nel peccato, non c’è più conoscenza. Si è perfetti estranei. Ognuno viene lasciato dall’altro in balia del suo peccato, della sua disperazione, della sua morte. Questa è la vera tristezza del mondo, la piaga inguaribile che genera il peccato.
Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato. Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il «Campo del vasaio» per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato «Campo di sangue» fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore (Mt 27,1-10).
Giuda, a motivo del suo triste e folle, insipiente e stolto gesto, ormai appartiene completamente al male. Quando si è posseduti dal male, non si viene spinti da esso verso il bene, ma verso un male ancora più grande. È la storia quotidiana. Chi si rende schiavo del male, chi non lo domina, diviene prigioniero di un male più grande, invincibile. Quando si cade in un peccato si è poi capaci di commettere ogni altro peccato. Se Giuda si fosse recato dalla Madre di Gesù o da Gesù stesso, ai piedi della croce, e avesse chiesto perdono, di certo lo avrebbe ottenuto. Ma chi è prigioniero, schiavo del diavolo, dal diavolo mai verrà condotto a Cristo Signore, sempre verrà spinto verso la disperazione, che si consumerà in peccati più orrendi e più tristi. Giuda si suicida. Altri commettono stragi, provocano guerre, creano distruzioni. Ma è sempre chi è schiavo nella mente e nel cuore di Satana, che fa queste cose. Nessuno oggi lo vuole comprendere: una volta che il peccato entra nel cuore, nessuno sa quando esso potrà finire. Nessuno sa se finirà. Iniziare è facile. Basta un niente. Finire è impossibile quasi sempre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni concordia con il male.
20 Ottobre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Ma non gli rispose neanche una parola
Gesù è accusato dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo presso Pilato. Lo accusano di essersi proclamato re dei Giudei. A quei tempi era Roma che costituiva i re. A suo arbitrio e piacimento li costituiva, ma anche con altrettanta disinvoltura li destituiva, quando non servivano alla causa dell’Impero. Roma non aveva posto Gesù a capo dei Giudei, non lo aveva nominato re del popolo del Signore. Questo Pilato lo sapeva bene. Sapeva bene anche che mai Gesù si era proclamato re, secondo la visione mondana, terrena del termine. La risposta di Gesù a Pilato è chiara, nitida. Se tu, Pilato, mi poni una domanda, devi anche avere un solido fondamento su cui poggiarla. Non basta domandare. Occorre che vi sia una storia dietro che anche la giustifichi. Altrimenti così come è gratuita la domanda, gratuita dovrà essere la risposta. Fonda ciò che dici. Giustifica ciò che chiedi. Se vana è la domanda, vana dovrà essere la risposta. Chi domanda, chi chiede, chi interroga deve possedere un’altissima etica.
Nessuno è obbligato a rispondere a domande tendenziose, subdole, cattive, addirittura malvage. Anche nella domanda l’altro va rispettato. A volte una domanda mal posta, oppure posta in modo tendenzioso, può creare nei cuori dubbi, sospetti. Può insinuare nello spirito e nella mente di chi ascolta quel tarlo di falsità e di menzogna che corrompe anche il cuore più buono e più santo. Maestri di domande subdole, tendenziose, fatte solo per creare il sospetto, il dubbio, per mettere nei cuori il tarlo dell’incertezza sono tutti coloro che governano i dialoghi televisivi. Costoro possiedono un’arte veramente diabolica. Sminuiscono l’evento storico per alcuni da proteggere, con i quali sono schierati. Accentuano, esagerano, moltiplicano all’infinito ciò che è minimo e non cade neanche sotto le lenti di ingrandimento nei confronti di coloro che sono la parte avversa, sia essa parte politica, economica, sociale, religiosa, sindacale.
Questi conduttori di dialogo e di diatribe possiedono una abilità così grande, da girare il timone sempre dalla loro parte. Non appena una persona cerca di riportare le cose alla verità della storia, subito interrompono, aggiungono, mettono una frase, tolgono linearità al discorso in modo chi ascolta venga indirizzato solo verso una parte. Chi ascolta deve convincersi della tesi che porta avanti il conduttore. Tutti i dialoganti sono pedine nelle sue mani. Apparentemente lui sta giocando a dama con due giocatori, apparentemente usa pedine bianche e nere, il giocatore però è solo lui e muove ogni pedina perché occupi la casella che lui vuole che venga occupata. Tutto il gioco e nelle sue mani. Questa è la potenza di una domanda. Può rovinare un cuore, una mente, una persona. Con una domanda si colora a proprio gusto un uomo.
Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mt 27,11-26).
Gesù non risponde perché sa che non c’è dialogo di verità, ma di menzogna e falsità. Non si cerca la giustizia, quella vera, secondo Dio. Si cerca una giustizia sommaria. Un pretesto per legittimare la sua morte. Lo si vuole cogliere in fallo in qualcuna delle sue parole. Si vuole attribuire a Lui la responsabilità della sua crocifissione. Gesù invece tace ed ognuno è posto dinanzi alla sua personale responsabilità. Gesù tace e sommi sacerdoti rivelano la loro diabolica potenza di sottomettere alla loro volontà anche il più potente impero di questo mondo. Pilato cede al loro ricatto. La falsa religione è potenza superiore ad ogni altra potenza. Ieri ha piegato l’impero romano. Oggi sta piegando tutto l’occidente. La falsa religione è invincibile.
Vergine Maria, Madre della redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi e prudenti sempre.
27 Ottobre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere
Oggi il dialogo di Gesù è di perfetto silenzio. Silenzio cosmico, assoluto. Non parla con la bocca. Parla con il suo corpo. Il suo corpo crocifisso è la parola più santa, più vera, più divina, più eterna, più universale mai proferita prima da Dio e che mai più potrà proferire. Gesù lascia che sulla croce parli solo il suo corpo. Quando il corpo parla non c’è bisogno di alcun altra parola. Ma come parla oggi il corpo di Gesù sulla croce?
Prima di tutto non bevendo il vino mescolato con fiele. Questa miscuglio era una specie di droga. Essa serviva per stordire in qualche modo i crocifissi. Si voleva renderli in qualche modo incoscienti, così che potessero sopportare meglio il dolore. Gesù non può essere stordito, drogato. Li è il Sommo Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza. Deve offrire al Padre suo l’olocausto di espiazione per il peccato del mondo. Deve offrire anche il sacrificio della perfetta comunione tra Dio e tutti i suoi figli, deve dare a Giovanni la Madre sua, deve chiedere perdono per coloro che lo stanno insultando, schernendo, disprezzando, martorizzando, uccidendo. Cristo Gesù deve possedere la pienezza della sua coscienza, volontà, intelligenza, sapienza. Deve avere l’uso perfetto della sua mente.
Osserviamo per un istante ora il nostro comportamento. Ci ubriachiamo, ci droghiamo, ci stordiamo, ci immergiamo nei vizi, ci consumiamo nel peccato, perdiamo l’uso della nostra coscienza. Ci lasciamo consumare anche dall’odio e dalla superbia che ci acceca e ci toglie il senno, ci priva dell’intelligenza, ci svuota la mente di ogni sana razionalità. Così l’uomo, privo di mente e di cuore, incapace di usare intelligenza e razionalità, si abbandona ai più grandi e orrendi crimini. Diviene capace di ogni delitto e misfatto. Uccide, ferisce, insulta. Crea liti, dichiara guerra. Ammazza, squarta, investe, devasta, distrugge, annienta, corrompe la stessa creazione, consegnata a lui nella sua grande bontà.
Oggi Gesù non è esempio per l’uomo. Gesù parla con il suo corpo santo. Parla conservando alla sua coscienza e alla sua mente il loro pieno esercizio. L’uomo di oggi parla con un corpo diviso, lacerato, perso. Parla con una mente lacerata, confusa, annebbiata, stordita. Parla con una intelligenza depravata, intenta solo a pensare e a fare il male. Parla con un corpo che sa dare solo morte. Mentre il corpo di Cristo lacerato e tumefatto, trafitto e martoriato, sa dare solo vita, vita eterna, divina. Sa dare lo Spirito Santo e con Lui ogni altro dono di grazia e di verità.
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo (Mt 27,27-44).
Oggi l’uomo ha bisogno di riprendere il dialogo con il suo corpo. Deve parlare ad ogni uomo dalla santità, dalla padronanza, dall’esemplarità del suo corpo. Ma cosa succede? L’uomo con arte diabolica e con scienza infernale crea ogni giorno strumenti sempre più sofisticati per la distruzione della mente e dello spirito dell’uomo. Per un misero profitto, per un guadagno da inferno e da perdizione eterna, inventa luoghi di completo stordimento. Addirittura vi sono coloro che sono i professionisti dello stordimento messo tutto al servizio del loro peccato e della loro concupiscenza degli occhi e della carne. O noi cristiani comprendiamo che tutta la vita sgorga dal nostro corpo, o la religione che pratichiamo, che serviamo è falsa. Gesù è venuto per la redenzione del nostro corpo, oggi, per portarlo nella piena padronanza di sé.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il dominio di noi stessi.
03 Novembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Sulla croce Gesù entra in un profondissimo dialogo di preghiera con il Padre. A Lui rivela la profondità della sofferenza, del dolore, che non è solamente fisico, ma anche spirituale, soprattutto spirituale. Gesù sulla croce vede, scopre, conosce tutta la virulenza, la potenza, la forza distruttrice del peccato. Esso è talmente forte da annientare il Figlio di Dio, Dio stesso. Il peccato dell’uomo giunge nella sua più alta potenza distruttrice e crocifigge l’Autore della vita.
È come se Dio dinanzi al peccato dell’uomo altro non può fare che assumerlo tutto, viverlo per intero, berlo in tuttala sua amarezza. Non è un grido di disperazione quello di Gesù. Non è neanche la proclamazione dell’assenza del Padre nella sua vita di dolore e di sofferenza. Quello di Gesù è un grido che attesta tutta la potenza del peccato. È come se Dio fosse impotente dinanzi a questa forza apparentemente invincibile.
Leggiamo per un istante la preghiera di Gesù come una richiesta di luce, verità, sapienza, vera conoscenza, vera gnosi. Dio mio, perché mi hai posto su questa via? Quale è la ragione profonda della mia sofferenza? Qual è il vero motivo divino di questa croce? Perché mi trovo su questo letto di duro legno e di chiodi che trafiggono le mie carni? Cristo non riceve risposta. Dio vuole che la sofferenza venga vissuta nella grande fede, nel totale affidamento al Lui. Non ci sono risposte immediate alla sofferenza dell’uomo. Il Padre non gli risponde. A Giobbe ha risposto, a Cristo Gesù non risponde. Non c’è conoscenza per Gesù e né vera gnosi dinanzi a questo mistero. Lo deve vivere fidandosi ciecamente del suo Dio e Signore. È questa la grande differenza tra Giobbe e Gesù Signore. A Giobbe è data risposta. A Gesù nessuna risposta. La fede di Gesù deve essere piena, forte, totale. Da questa fede deve imparare domani ogni uomo che è nell’indicibile sofferenza. Tutti dovranno sapere che non c’è alcuna risposta. Ci si affida e basta. Ci si consegna e basta. Ci si dona e basta. Poi verrà il giorno della vera conoscenza.
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!». Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo. Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria. Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie (Mt 27,45-66).
Cristo Gesù diviene sulla croce il modello per ogni sofferenza. Ogni sofferenza è avvolta di un mistero profondissimo, nel quale mai si potrà gettare lo sguardo. Dinanzi ad essa non ci sono perché. Non ci sono risposte immediate. Non ci sono ricette pronte, istantanee. C’è l’assoluto silenzio che deve preparare il cuore a vivere nella fede più alta, cioè nel puro abbandono al Dio che è Signore e Padre della nostra vita. O viviamo così la sofferenza, consegnandoci ad essa in tutta la nostra persona, sapendo che la sua ragione è nel cuore del Padre, oppure facciamo di essa un tormento infinito, una ribellione senza fine. Oggi manca questa fede. È assente anche dal cuore dei cristiani. Essendo assente la fede, le risposte che si danno alla sofferenza sono tutte false. Sono risposte sbagliate, non vere. Sono risposte di reazione, non di accoglienza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a vivere la sofferenza.
10 Novembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea
Gesù è appena risorto. La risurrezione è l’evento degli eventi. Essa dona all’incarnazione di Gesù una dimensione celeste, spirituale, universale, sovrumana, divina, eterna. Sorprende in questo racconto la non fretta di Gesù di incontrare i suoi discepoli, i suoi fratelli. È ben giusto che noi ce lo chiediamo. È quello di Gesù un atteggiamento contrario al nostro modo di fare, comunicare, relazionarci, comportarci, condurre la nostra vita.
Per noi dolore e gioia devono essere condivisi all’istante. Noi abbiamo bisogno di rivelare all’istante il nostro cuore, la nostra vita, i nostri sentimenti. L’altro deve partecipare tutto di noi. Gesù invece vuole che i suoi discepoli giungano a Lui non attraverso la visione, bensì attraverso la dura legge della fede. Gesù chiede ai suoi discepoli che obbediscano alle donne, che credano ad esse. Li mette in una condizione di inferiorità. Nella loro mentalità la donna non era portatrice di fede. Basta leggere San Paolo nella prima Lettera ai Corinzi: “Le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace. Come in tutte le comunità dei santi, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea. Da voi, forse, è partita la parola di Dio? O è giunta soltanto a voi? Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto vi scrivo è comando del Signore. Se qualcuno non lo riconosce, neppure lui viene riconosciuto. Dunque, fratelli miei, desiderate intensamente la profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo. Tutto però avvenga decorosamente e con ordine” (1Cor 14,32-40).
Gesù ribalta questa mentalità. Ogni persona nella Chiesa, in qualsiasi momento, in ogni circostanza della sua vita, può essere portatrice di una rivelazione, annunciatrice di un mistero divino, latrice di un messaggio del Signore. Papa, Cardinale, Vescovo, Presbitero, Diacono, ogni altra persona investita di una qualche autorità, questo deve sapere. Dio può anche non servirsi di Lui per comunicare la sua attuale volontà. Può servirsi di altri per dire a Lui qual è la sua volontà, il suo sentiero, la sua via sulla quale urge incamminare la Chiesa. Ogni persona nella Chiesa può vivere, deve vivere, è chiamata a vivere di purissima umiltà.
Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino ad oggi (Mt 28,1-15).
O entriamo nella più alta umiltà, o siamo falliti. Dobbiamo noi distinguere il ministero dalla conoscenza della volontà attuale del Signore. Il ministero riguarda l’amministrazione della grazia e della verità. Esso ha delle regole precise da osservare. Queste regole obbligano sempre. Esse richiedono la più alta obbedienza. Nessuno le può trasgredire. Dio però non ha costituito nessun ministero per la conoscenza della sua verità, volontà, desiderio attuale. Ogni persona può essere assunta, presa, incaricata. Anche per un Papa, nonostante l’altissimo ministero che ricopre, il Signore può servirsi di una umile donna per comunicargli il suo volere in un preciso istante della sua vita. Anche un Papa si deve rivestire di grandissima umiltà, scendere dal suo trono, ascoltare la voce di Dio, obbedire ad essa, recarsi in Galilea.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a comprendere il mistero.
17 Novembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono
In quest’ultimo dialogo di Gesù, narrato sempre dall’Evangelista Matteo, vi è qualcosa di molto strano. Gli Apostoli, invitati da Gesù per mezzo delle donne, si recano in Galilea. Qui Gesù si mostra loro. Essi si prostrano. Ma dubitano. Non sono convinti che la persona che è dinanzi a loro sia realmente il loro Maestro e Signore. È questo un dubbio sulla risurrezione del Maestro.
Gesù non si scompone dinanzi alla loro fede non perfetta, non matura, non piena, ancora neanche convinta, visto che in essi regna il dubbio. Vi è un solo modo per dissolvere ogni cosa: l’obbedienza al comando ricevuto. Si ascolta la parola, la si mette in pratica, la si vive per intero. Camminando di obbedienza in obbedienza, allora fine il dubbio scomparirà perché sarà la storia ad attestare la verità di colui al quale si è fata tutta la nostra obbedienza.
Ci potrebbe venire incontro per comprendere questa relazione o correlazione che esiste tra dubbio e obbedienza, il comando che Gesù ha dato a Pietro, quando lo invitò ad andare a pescare dopo aver trascorso una notte in mare senza prendere nulla. Non sappiamo quanto fosse sia convinto che avrebbe pescato. Lui però sulla Parola di Gesù getta la rete e prende. La pesca lo fa gettare ai piedi del Maestro per proclamare la sua indegnità, il suo essere peccatore, il suo nulla. Pietro ha obbedito, ha sperimentato, ha creduto, ha saputo fare la differenza tra lui e il Maestro. Il maestro è il Santo, colui che ha una parola di verità sulla sua bocca. Il Maestro è persona sulla quale uno può riporre tutta la sua fiducia.
Noi abbiamo creato, stiamo creando una Chiesa di intellettuali, di teologi, professori, illuminati, maestri, insegnanti, ma non di obbedienti. Stiamo creando un Chiesa di persone che pensano che prima dell’obbedienza viene la luce. Si dona la luce alle menti. Esse si aprono alla luce. Aperte alla luce, possono obbedire. Questo è il pensiero dell’uomo. Di certo non è il pensiero di Dio. Il pensiero di Dio pone l’obbedienza ad ogni sua Parola come via per la crescita nella fede. Si ascolta, si mette nel cuore la Parola, la si trasforma in vita, nasce una fede vera.
Urge costruire la Chiesa dell’obbedienza ai Comandamenti, alle Beatitudini, al Vangelo, alla Parola di Gesù Signore. Si ascolta la Parola, la si comprende nel suo retto e santo significato, la si vive per intero, senza nulla tralasciare di essa. Mentre la si vive la fede inizia a nascere nel cuore, perché si constata la verità di quanto dice ed insegna, vuole e comanda. Gli Apostoli che sono oggi mandati nel mondo, non credono in Gesù una volta per tutte, devono ogni giorno imparare a credere in Lui. Come si impara? Obbedendo ad ogni Parola. Ascoltano, eseguendo, credono, si aprono alla sua verità, lo riconoscono nella sua più pura essenza.
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).
La via della fede non è allora la razionalità, la spiegazione, l’illuminazione. Questa serve a chiarire e ad illuminare il Cristo di ieri. Ma Cristo non è di ieri. Cristo è di oggi. Oggi chi illumina la verità di Gesù Signore? L’obbedienza alla sua Parola. Un altro esempio potrà aiutarci a comprendere bene quanto stiamo dicendo. Il mondo è nel caos morale, spirituale, ascetico, mistico, religioso, di fede. È un caos dal quale difficilmente si potrà venire fuori. La Chiesa cosa fa? Celebra riti, convegni, cerimonie, aggiornamenti, settimane di ogni genere, incontri dai nomi più disparati. Con quali risultati e perché? I risultati sono minimi, quasi inesistenti, perché molti dei partecipanti sono attori, comparse, recitanti.
Cristo Gesù cosa ci dice invece per uscire da questa crisi nella quale la Chiesa è coinvolta più di ogni altra società, comunità, o struttura? Ricordate la mia Parola, annunziatela, non con la bocca soltanto, ma con la vita. Se noi obbedissimo tutti a questo comando di Gesù, non solo la Chiesa uscirebbe dal suo caos morale e spirituale, che diviene caos per il mondo intero. Sperimenterebbe la verità della Parola, come Pietro, farebbe professione di grande umiltà. Io, Chiesa, dinanzi a Te, Cristo Signore, sono sempre peccatrice, perché non obbedisco al tuo comando d’amore. Sono peccatrice perché voglio cercare da me le vie della salvezza, mentre esse sono e rimarranno in eterno tue e solo tue. L’obbedienza è la vera via della fede. Crede chi obbedisce. Esce dal caos spirituale, chi obbedisce. Nasce alla fede vera e perfetta chi obbedisce. Chi non obbedisce, conoscerà forse la teologia, ma sarà un ignorante nella fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera obbedienza.
24 Novembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento
Da oggi iniziamo i dialoghi di Gesù dal Vangelo secondo Marco. Gesù non dialoga solo con gli uomini, ma anche con il Padre e con il principe di questo mondo. Oggi Gesù è in dialogo prima con il Padre e subito dopo con il principe di questo mondo, anche se il Vangelo di Marco non ne rivela le parole, al contrario di quanto facciano Matteo e Luca.
Marco è un Vangelo molto parco di parole. Esso non rivela neanche il dialogo che intercorre tra Giovanni il Battista e Gesù. Giovanni si rifiuta di battezzare Gesù. È lui, Giovanni che ha bisogno di essere battezzato da Gesù, non Gesù da Giovanni. Gesù gli dice che si deve adempiere ogni giustizia e dopo tali parole, Giovanni acconsente e lo battezza nel fiume Giordano. Gesù scende nelle acque, con un atto pieno di grande simbolismo, si lava della sua volontà, si spoglia di essa, la consegna alle acque, cioè allo Spirito Santo. L’acqua infatti è il simbolo per eccellenza dello Spirito Santo. Ora Gesù non ha più volontà umana. Essa è data per intero, tutta allo Spirito Santo, perché sia Lui a muoverla, guidarla, orientarla, condurla nella volontà del Padre fin sul Golgota. Questo è il grande simbolismo che si compie nelle acque.
Gesù esce dalle acque ed entra in un dialogo di preghiera con il Padre suo celeste. A Lui consegna per intero la sua vita. Pone tutto se stesso nella sua divina volontà. Il Padre dal Cielo accoglie il dono di Cristo Gesù. Lo costituisce suo Messia, Redentore e Salvatore dell’uomo. Lo proclama non suo servo, nel quale si compiace. Lo dichiara invece Suo Figlio, il suo amato. Colui nel quale ha posto il suo compiacimento. Anche lo Spirito Santo entra in dialogo con Gesù. Non è un dialogo di parola, ma di un ricco simbolismo. Lo Spirito Santo discende su di Lui sotto forma corporea come di colomba. È la colomba del diluvio universale. La colomba che attesta che Dio ha deciso di fare pace con l’umanità. Sacramento, segno, strumento della Pace è Cristo Gesù, la nuova arca della salvezza. Chi entra in Lui, chi diviene una cosa sola con Lui, si salva dalla grandi acque del diluvio del peccato. Chi non entra in quest’arca non trova salvezza. Il peccato lo sommergerà e lo ucciderà. Gesù è il solo Salvatore, il solo Redentore.
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano (Mc 1,1-13).
Dopo il dialogo con il Padre e con lo Spirito Santo, Gesù è mosso dallo Spirito e condotto nel deserto per iniziare un nuovo dialogo, quello con il tentatore, l’ingannatore. Questo dialogo è un vero banco di prova per Cristo Gesù. Nel deserto deve sperimentare quanto è grande la luce, la forza, la fermezza, la fortezza dello Spirito Santo che agisce in Lui. Ad ogni tentazione, Gesù risponde con fermezza e sapienza, fortezza e conoscenza. Risponde secondo pienezza di verità attuale di Dio. Non ci sono dubbi per Gesù, né tentennamenti, incertezze, ambiguità nelle sue risposte. Esse sono vere, taglienti, nette, immediate, non si dona a Satana motivo di ritornare sull’argomento. Ogni parola di Gesù chiude la tentazione. Satana ne inventa un’altra, ma viene subito stroncato, Gesù sa che a lui non si deve dare mai spazio. Quando si dona spazio, subito lui trova un piccolo forellino per entrare nell’anima, nella mente, nello spirito e iniettare il suo veleno di morte. Gesù è l’uomo dal dialogo perfetto con Dio, con gli uomini, con Satana. In Lui non è uno scambio di vedute, opinioni, pensieri, idee, suggestioni, desideri. È invece ascolto delle “ragioni” dell’altro per illuminarle con la più potente luce della divina verità. Lui è la verità. Dalla verità Lui sempre parla, risponde, dice. Nella verità più pura Lui conduce ogni cuore. Fare dialoghi di falsità, menzogne, dicerie, false testimonianze, è stile di Satana. Fare dialoghi di purissima verità deve essere lo stile del cristiano, perché è lo stile unico di Gesù Signore. La falsità non dona salvezza, non redime. La verità salva e redime.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci lo stile dei dialoghi di Gesù.
01 Dicembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini
Il dialogo è l’arma vincente di Gesù. Qual è il segreto di ogni sua parola? Perché essa è sempre efficace negli uomini di buona volontà? Possiamo noi avere una parola creatrice di una realtà nuova come la sua? Tutto è possibile a noi, perché tutto è possibile a Cristo Gesù. ad una condizione: che la nostra parola abbia la stessa origine della sua. Ma qual è l’origine della Parola di Gesù? È il seno del Padre, il cuore del Padre, la volontà del Padre, i desideri del Padre. Conosce la fonte di ogni parola di Cristo Signore ancora non è sufficiente perché si parli come Lui. Immaginate un profondissimo pozzo con acqua purissima, fresca, che rigenera e dona la vita. Di certo da questo pozzo non si potrà mai trarre fuori l’acqua sperando di poterla attingere con le mani. Occorre un secchio, una carrucola, una robusta corda. Senza questi strumenti l’acqua rimane nel pozzo e l’uomo muore di sete.
Chi è il secchio, la carrucola, la corda, lo strumento idoneo che permette a Gesù di attingere sempre la più pura, la più santa, la più attuale parola creatrice del Padre per mezzo della quale Lui trasforma i cuori, perché crea in essi una nuova vita, una nuova realtà, una nuova prospettiva, una nuova speranza? Questo strumento non è umano ma divino, non della terra ma del Cielo, non è creato ma increato. Questo strumento non appartiene alla creazione, perché divino, eterno. Questo strumento è lo Spirito Santo di Dio. Gesù vive di perenne comunione di ascolto, preghiera, invocazione, mozione, sequela dello Spirito del Signore. È lo Spirito Santo che attinge ogni parola nell’eterno pozzo del seno del Padre e la consegna a Cristo Signore. Cristo Gesù l’accoglie e la infonde nei cuori. I cuori, mossi dallo Spirito Santo che aleggia sempre sopra di Cristo, accolgono la Parola e la loro vita viene trasformata.
Il limite di Cristo Gesù non è in Cristo Gesù, ma è nel cuore dell’uomo. Se questi non è di buona volontà, è dalla volontà cattiva e perversa, è dal peccato che milita nella sua carne, nulla potrà mai fare Gesù Signore per attrarlo a sé, per convertirlo, per trasformarlo con la sua divina ed eterna parola di verità. Non può, perché l’uomo ha messo dinanzi a Lui uno schermo, una protezione, un altissimo e spessissimo muro di peccato, cattiveria, malvagità, che impediscono ad ogni sua parola di penetrare in esso per cambiarlo, modificarlo, trasformarlo. Quando invece l’uomo decide di abbandonare la via del peccato e della trasgressione, è allora che lo Spirito del Signore può penetrare in esso e crearvi ciò che la Parola di Gesù significa, dice, esprime.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.(Mc 1,14-28).
Nei dialoghi di Gesù vi è un altro aspetto che urge che venga preso in considerazione. Gesù non parla solo agli uomini. Parla anche alla creazione inanimata: vento, malattie, mare, quanto fa parte dell’universo creato. Ogni elemento della creazione obbedisce a Cristo come al suo “naturale” Creatore e Signore. L’obbedienza della natura è immediata, all’istante, senza alcun intervallo. Gesù dice e le cose avvengono. Anche Satana obbedisce subito. Ascolta il comando e lo esegue. Esci ed egli esce. Taci ed egli tace. Va’ via ed egli va via. Satana non ha potere sull’uomo. L’uomo non è suo. È di Dio. Gesù toglie la signoria a Satana e la ridona al Padre suo che è nei cieli. Gesù è il Signore, il Creatore. Satana è sua creatura. A Lui deve obbedienza eterna. Con Lui Gesù fa opera di Signoria, non di conversione, perché Satana non si può convertire. È dannato per sempre. Ma anche sull’uomo cattivo e malvagio Gesù può sempre esprimere la sua Signoria. Non può convertirlo. Occorre il dono della sua volontà.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci una parola sempre creatrice.
08 Dicembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là
Sa dialogare bene con gli uomini, chi ogni giorno, nello Spirito Santo, che gli fa da Maestro e Guida, impara a dialogare bene con il Padre dei cieli. Ma come si impara a dialogare con Dio? Ascoltando, in una preghiera di silenzio e di solitudine, lontano da ogni frastuono degli uomini. Ci si ritira in luoghi deserti, cioè senza la presenza di alcuno, ci si mette in preghiera, si chiede a Dio che parli al proprio cuore, alla propria intelligenza, al proprio spirito, alla propria anima.
Questa preghiera di ascolto è vera se ad essa si aggiunge l’umiltà di credere che solo nella Parola che Dio dona al cuore è la nostra vita, non solo, ma anche quella dei nostri fratelli. Gli altri possono anche volere da noi qualcosa che viene dal loro cuore, dalle esigenze della loro vita storica. Noi però dobbiamo sapere che solo nell’ascolto di Dio e nella sua volontà è la giusta risposta ad ogni esigenza degli uomini. Si ascolta Dio, si vive ciò che si è ascoltato, si dona vita al mondo, anche se apparentemente la vita non si è donata a chi vita aveva chiesto.
Un dialogo senza questa fede è inutile. La salvezza di un uomo non viene da ciò che lui vuole che gli venga donato, offerto, elargito. La salvezza è solo nel compimento della divina volontà, sempre. È Dio l’autore della salvezza e Lui salva solo quando si compie la sua volontà. Si fa la volontà di Dio, si salva il mondo, anche se apparentemente non facciamo nulla. Non si fa la volontà di Dio, il mondo rimane nel suo peccato, anche se apparentemente, visibilmente, sembra che facciamo tante, molte cose. Sono però cose di immanenza, mai di trascendenza. Ora l’immanenza non redime, non salva, non giustifica, non eleva l’uomo. La trascendenza invece converte, salva, giustifica, innalza, eleva presso Dio, infonde pace, dona gioia vera.
Oggi i nostri dialoghi sono falsi, menzogneri, bugiardi. Vi è una menzogna oggi elevata a sistema di vita, non solo tra gli uomini del mondo, quanto spesso anche tra gli uomini di Chiesa. È sempre un dialogo di menzogna e di falsità quando la parola dell’uomo non è manifestazione, espressione, rivelazione, incarnazione della parola del Signore. È sempre un dialogo bugiardo quando non si parte dalla conoscenza della volontà di Dio da incarnare nella storia quotidiana. Nessun uomo deve parlare ad un altro uomo partendo dal suo cuore, dai suoi desideri, dalla sua volontà, dal suo vizio, dal suo peccato. Ogni uomo deve parlare all’altro uomo sempre iniziando dalla più pura, santa, perfetta conoscenza della volontà del Padre celeste.
E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. (Mc 1,29-39).
In questo brano di Vangelo che poniamo alla riflessione, alla meditazione, alla contemplazione di tutti, quanto Gesù fa ed opera, dice e comanda, rivela e manifesta, apparentemente potrebbe sembrare che viene dal suo cuore. Solo apparentemente. In realtà Gesù è sempre in un dialogo d’amore con il Padre celeste. Guarisce la suocera di Pietro per volontà divina. Anche agli spiriti immondi parla per volontà divina. Questa origine è nascosta nel cuore. Nessun la vede. Vi è però un momento in cui necessariamente dovrà essere manifestata, svelata, rivelata. È vero. Non conosciamo il mistero della nostra vita. Sempre però in essa vi è l’imponderabile. Ogni momento è quello perfetto perché il Signore ci chiami e ci affidi un nuovo incarico per la salvezza del mondo. È in questo momento in cui il Signore si è rivelato, ha parlato, si è manifestato, ha chiesto qualcosa, ha indicato una via, ha dato una nuova missione, che la nostra obbedienza dovrà essere perfetta, senza alcun indugio, immediata. È in questa nostra risposta istantanea che noi diveniamo veri strumenti di dialogo per la costruzione sulla nostra terra della pace. Se veniamo meno in questa obbedienza perfetta, non vi è alcuna possibilità di costruire il regno di Dio sulla nostra terra. Costruiremo sì un regno, ma di certo non il Regno di Dio. Gesù oggi lascia gli ammalati in città e se ne va per luoghi deserti. Si pone in perfetta comunione con la volontà del Padre. Non guarisce alcuni ammalati, perché deve dare la salvezza a tutto un popolo bisognoso che ancora non conosce Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnate il vero dialogo di salvezza.
15 Dicembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Guarda di non dire niente a nessuno
Leggendo il Vangelo, scopriamo che vi è un mistero in Gesù che ancora noi non abbiamo compreso in pienezza di verità. Tuttavia è necessario che noi lo comprendiamo per dare verità ad ogni nostra opera. Ci aiuterà in questo la parola di Gesù pronunciata in ordine al segreto, al silenzio che bisogna osservare ogni qualvolta si compie un’opera buona. Leggiamo con somma attenzione quanto Cristo ci insegna nel Vangelo secondo Matteo.
State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Cfr. Mt 6,1-18).
Anche Gesù è obbligato alla verità. È obbligato perché la verità non è da Lui. Lui non è fonte della sua verità eterna e divina. Fonte, principio, sorgente eterna di verità è solo il Padre e tutti, anche Gesù Signore, è obbligato a vivere secondo la verità del Padre. La verità di Dio vuole che l’opera di bene rimanga sempre segreta, nascosta. Essa deve rimanere nel cuore di chi la riceve e di chi la compie. Cosa invece deve andare sempre avanti? La Parola del Vangelo, della salvezza, della redenzione, della pace. Deve andare avanti la Parola della conversione e della nuova vita, non della nuova vita del corpo, ma dell’anima, dello spirito, dei pensieri. Ogni uomo deve rendere testimonianza a Cristo Gesù che in lui è avvenuta una profonda conversione. Il suo cuore è nuovo, la sua anima è santificata, i suoi pensieri sono quelli di Dio. È questa conversione che incide profondamente nel cuore degli altri. I miracoli tutti li possono fare. Il cambiamento del cuore è solo opera di Cristo Gesù, per mezzo del suo Santo Spirito.
Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte (Mc 1,40-45).
Gesù non vuole che si conoscano i suoi miracoli. Chiede che rimangano nascosti. Non lo vuole per una duplice ragione. La sua missione potrebbe uscirne stravolta, trasformata, mutata. Da missione di vera salvezza sarebbe potuta divenire missione per il tempo, il corpo, le cose di questo mondo. Gesù non è venuto per ridare l’uomo all’uomo. È venuto per dare Dio all’uomo e l’uomo a Dio. Una volta che l’uomo è stato donato a Dio, sarà Dio a dare ogni altra cosa all’uomo. Dio si dona con tutto se stesso all’uomo che si dona a Lui. Si dona con la sua Onnipotenza, Provvidenza, Signoria, Governo dell’intera storia. Si dona con ogni miracolo e prodigio. Si dona per intero e non a metà o solo parzialmente. In secondo luogo il Signore non lo ha mandato a fare miracoli. Lo ha mandato invece per predicare il Vangelo, la Lieta Novella, per insegnare agli uomini la verità del Padre suo, la sua misericordia, il suo perdono, la sua volontà di riconciliarsi con gli uomini. A che serve un miracolo senza riconciliazione? A che serve una guarigione se poi l’uomo rimane nella sua anima dannata? Salvare il corpo a nulla serve se non si redime e non si salva prima l’anima. Gesù è venuto per dare vita all’anima, dalla quale poi trae vita anche il corpo. Questa è la sua missione. Ma l’anima si salva dall’accoglienza della sua parola che invita alla conversione e alla fede nel Vangelo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la verità di Gesù Signore.
22 Dicembre 2013
I DIALOGHI DI GESÙ
Perché pensate queste cose nel vostro cuore?
Il dialogo di Gesù con l’ammalato e gli scribi che viene narrato in questo brano di Vangelo, merita tutta la nostra attenzione. Dinanzi a Gesù viene calato dal tetto un paralitico. Gesù si lascia afferrare il cuore e la mente dalla fede di coloro che non si sono arresi e, non potendo entrare per la porta, entrano dal tetto. Gesù deve essere sempre conquistato dalla nostra fede. Noi sempre dobbiamo stupirlo con essa. Per questo anche a noi spesso, anzi più che sovente, è chiesto di abbandonare la via comoda della porta per giungere alla sua presenza attraverso il tetto. Dobbiamo arrivare fino a lui superando tutto le umane difficoltà. Mai ci si deve arrendere. Se una via viene sbarrata, se ne deve prendere un’altra. Se la porta è chiusa, si scoperchia il tetto. Se anche il tetto è ermeticamente sigillato, si sconquassa la casa per intero. Ma è giusto che noi sempre giungiamo e ci fermiamo dinanzi a Gesù. Una fede che si arrende, si abbatte, si scoraggia, è una fede non viva, è una fede che neanche vegeta, perché in se stessa è morta.
Il paralitico ora è dinanzi a Gesù per essere guarito nel corpo. Gesù apparentemente non si interessa del corpo, bensì della sua anima e gli grida che i suoi peccati sono stati perdonati. È lo scandalo nella sala da parte degli scribi. Per costoro Gesù sta bestemmiando. Nessuno può perdonare i peccati se non Dio solo. Questa è la più grande falsità che uno scriba possa affermare. Sempre il Signore ha chiesto al suo popolo di perdonare le offese. Il perdono è la vera via per rendere un popolo, una comunità, una nazione piena di vita e di benedizioni. “Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati” (Sir 28, 2). Una persona che non perdona, mai sarà perdonata. Una persona senza perdono non ha vera vita. È nella morte. Produce attorno a sé morte. Manca del principio stesso della vera vita.
Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!» (Mc 2,1-12).
Dio ha sempre legato inscindibilmente, inseparabilmente il suo perdono al nostro. Se noi perdoniamo, lui perdona. Se noi non perdoniamo, neanche lui perdona. Se noi rimettiamo le colpe dei fratelli, lui rimette le nostre. Al di là di ogni posteriore comprensione che lo Spirito Santo darà a questo testo, conducendolo alla pienezza della verità contenuta nelle parole del Signore, una prima verità va subito affermata. Ogni uomo posto dinanzi ad ogni altro uomo dovrà sempre gridare: Figliolo, io ti perdono tutti i peccati che hai fatto contro di me. Ogni uomo, peccando, non pecca solo contro Dio, pecca contro tutta l’umanità, pecca contro di me ed io devo perdonarlo nelle offese che ha arrecato all’umanità di cui io sono parte, essenza.
Se non abbiamo questa verità potente nel cuore, se non ci facciamo tutti strumenti di vero perdono verso i fratelli che hanno peccato contro di noi, mai potremo avere il perdono di Dio, mai ci sarà donato il perdono dei fratelli, contro i quali noi abbiamo peccato, continuamente pecchiamo. Il peccato non è un fatto personale, è un evento cosmico, abbraccia tutta l’umanità. Chi pecca, pecca sempre contro il genere umano ed è missione di tutto il genere umano gridare: Il tuo peccato è perdonato, lo perdono. Il tuo peccato io lo cancello dal mio cuore. Poi occorrerà sempre il sigillo sacramentale, perché anche Dio dovrà ratificare il nostro perdono. Ma questa via si percorrerà dopo. La prima via da percorrere è sempre quella del perdono personale, individuale, immediato. Si vede un uomo, chiunque esso sia, gli si perdona il suo peccato. Lo si dichiara innocente ai nostri occhi. Ci ha offeso, ha deturpato l’umanità. Noi lo perdoniamo. Cancelliamo la sua colpa. Senza guardare alla sua gravità. È questa la vera misericordia, la prima, che dobbiamo usare verso i fratelli. Poi si riverserà su di essi ogni altra misericordia. Ma la prima dovrà essere sempre il perdono dei suoi peccati, l’accoglienza nel nostro cuore, il riceverlo nella nostra casa spirituale e materiale. È la via della vita santa.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci misericordiosi come il nostro Dio.
29 Dicembre 2013