H.Excellency Monsignor SANTO MARCIANO ‘
Archbishop of Rossano-Cariati
I loved you with an everlasting love (Jeremiah 31:3)

 

“I loved you with an everlasting love” (Jer. 31: 3).
Dear brothers and sisters,
Who of us, even for a moment, did not catch in his inner self power of this truth? About – let’s face it – could base his life on God without this certainty? But who, without this certainty, without the certainty of an “everlasting love” could really live his own life?
Una certezza che scavalca il dimostrabile: la certezza dell’amore; e un amore che scavalca il “misurabile”: un amore eterno. Un amore esagerato, smisurato, paradossale… Sì: di questa certezza l’uomo ha bisogno per vivere. E così è Dio, è l‘amore di Dio; così è Dio che è Amore.
Ringrazio il Signore, perché l’invito che oggi mi è stato rivolto mi permette di parlare ancora di questo Amore di Dio e di farlo con il cuore del Pastore. Nessun’altra ragione – sapete – abita il mio cuore di Vescovo, e forse nessun’altra certezza, se non questo Amore smisurato che dona tutto e tutto, in un certo senso, ottiene da noi, dal nostro semplice ma totale “Sì”. Quell’”amore eterno” dal quale ciascuno di noi si sente amato e mandato.
A certainty that bypasses the demonstrable: the certainty of love, and a love that crosses the “measurable”: an everlasting love. An exaggeration, measureless, and paradoxical love… Yes: man needs this certainty to live. And so does God, and does the love of God; and so does God who is Love.
I thank the Lord, because the invitation that was addressed to me today allows me still to speak of this Love of God and do it with the heart of the Shepherd. No other reason – you know – lives my heart as a Bishop, and perhaps no other certainty, but this boundless love that gives all; and all, in a sense, obtains from us, from our simple but total “Yes”. That ‘”everlasting love” by which every one of us feels loved and sent.

Ringrazio il Signore, dunque, e ringrazio e saluto ciascuno di voi.
Anzitutto Sua Eccellenza Monsignor Antonio Ciliberti, Pastore di questa Diocesi. Lo conosco da tanti anni, dagli anni in cui era Vescovo di Locri; mi sento da allora unito a lui da grande stima e affetto, da un legame particolare che, tra l’altro, sembra ancora più particolare ora che io sono chiamato ad esercitare il Ministero Episcopale nella sua Diocesi di origine, Rossano-Cariati.
Ringrazio tutti voi, carissimi amici del Movimento Apostolico: sacerdoti, seminaristi, consacrati, laici; vi saluto con tutto il cuore, nella gioia di vedervi così numerosi e nella speranza che questa gioia fruttifichi sempre più in quella grande opera di apostolato che la Provvidenza vi affida e affida ad ogni cristiano: essere “profezia dell’eterno amore”.

Therefore, I thank the Lord, and I greet and thank each one of you.
First of all, His Excellency Monsignor Antonio Ciliberti, Shepherd of this Diocese. I have known him for many years, from the years when he was Bishop of Locri; and since then I have felt joined to him by a great esteem and affection, by a special bond that, among other things, seems even more special now that I am called to exercise the Episcopal Ministry in his Diocese of origin, Rossano-Cariati.
Thank you all, dear friends of the Apostolic Movement: priests, seminarians, religious, laity, I greet you with all my heart, in the joy of seeing you so numerous and in the hope that this joy bear more and more fruit in that great apostolic work that the Providence entrust you and entrusts every Christian: being “prophecy of eternal love.”

Vorrei, dunque, iniziare la nostra riflessione invitandovi a questa intima e forte domanda: «Siamo – noi presbiteri, seminaristi, consacrati… noi cristiani – consapevoli che è questo Amore a farci profeti? Siamo consapevoli che è di questo Amore che diventiamo profeti?»
«Ti ho amato di amore eterno».
Chi, nella Scrittura, si sente rivolgere queste parole e deve a sua volta rivolgerle da parte di Dio è, infatti, Geremia, un profeta particolarmente inascoltato. Un profeta che, in un certo senso, deve lo strazio della sofferenza che vive proprio al paradosso dell’esperienza forte di amore che fa. Non dimentichiamolo: è proprio Geremia ad aver detto a Dio quelle espressioni ardite e ardenti: «Mi hai sedotto, Signore e io mi sono lasciato sedurre. Mi hai fatto forza e hai prevalso» (Ger 20, 7).
Therefore, I wish to begin our discussion by inviting you to this intimate and strong question, “Are we – we priests, seminarians, religious … we Christians – aware that it is this Love what makes us prophets? Are we aware that it is of this Love that we become prophets? ”
“I loved you with an everlasting love.”
Who, in Scripture, hears these words addressed to him and must in his turn address them on the part of God is, in fact, Jeremiah, an especially unheeded prophet. A prophet who, in a sense, owes the agony of the suffering that he lives right to the paradox of the strong experience of love that he makes. Let us not forget it: it is right Jeremiah the one who said to God, those bold and ardent expressions: ” You duped me, O Lord, and I let myself be duped; you were too strong for me, and you triumphed “(Jer. 20, 7).

Un innamorato, dunque. O, meglio, uno che si è lasciato amare ed ha sperimentato tutta la pienezza e, assieme, il vuoto che deriva dal lasciarsi invadere smisuratamente dall’amore. E che ha sperimentato che un amore così rende profeti: ed è dura essere profeti dell’amore. E’ bello ma è duro. Geremia ha vissuto questa “durezza”: e siamo chiamati ad essa anche noi oggi.
Sì, pienezza e vuoto, ecco l’amore di Dio; l’amore che ci rende profeti e profeti oggi. Se sei pieno dell’Amore che ti ha svuotato non puoi che parlare di questo. La profezia, lo sappiamo, nasce da un dono ricevuto; e l’amore è un dono: un dono – attenti – eterno!
«Ti ho amato di amore eterno»: questa Parola ci rende, senza dubbio, profeti scomodi, perché profeti di eternità in un mondo che ha assunto a regola di vita il fatuo, l’effimero e il relativo.
A lover, then. Or rather, one that let himself be loved and has experienced all the fullness, and together, the emptiness that comes from letting himself be invaded immeasurably by love. And that has experienced that a love like this makes one a prophet: and it is hard to be a prophet of love. It is nice but it is hard. Jeremiah lived this “hardness”: and we are also called to it, today.
Yes, fullness and emptiness, here is the love of God, the love that makes us prophets and prophets today. If you are full of the Love that has emptied you cannot but talk about this. Prophecy, we know, comes from a received gift; and love is a gift: – be careful – an eternal gift!
“I loved you with an everlasting love”: this Word makes us, with no doubt, uncomfortable prophets because the prophets of eternity in a world that has assumed as a rule of life the fatuous, the ephemeral and the relative.

Penso, solo per un attimo, al dibattito che sta animando la politica e la cultura italiana riguardo ai diritti da riconoscere a quelle “unioni” che non sentono di assumere altra responsabilità se non la transitorietà di un vincolo affettivo genericamente inteso. E penso a quanti cristiani non trovano la ragione o la forza di difendere, dinanzi a questo, la verità bella del Vangelo.
Spesso proprio noi cristiani ci facciamo prendere dalla paura o dal falso rispetto di tutte le opinioni, anche perché siamo accusati di “scandalizzarci”. Ma il vero scandalo è il tradimento dell’amore, della verità dell’amore, dell’eternità dell’amore.
Dobbiamo chiederci quale possa essere, oggi, il significato della parola “eterno” e chiederci come pronunciarla con la nostra stessa vita.

I think, just for a moment, about the debate that is animating the Italian politics and culture on the rights to be recognized to those “unions” that do not feel to assume any responsibilities but the transience of a generally understood affective bond. And I think about how many Christians do not find the reason or the strength to defend, before this, the beautiful truth of the Gospel.
It is right we Christians who let ourselves be seized by fear or by a false respect of all opinions, even because we are accused of “being scandalized”. But the real scandal is the betrayal of love, of the truth of love, and of the eternity of love.
We must ask ourselves what can be, today, the meaning of the word “eternal” and ask how to pronounce it with our own lives.

Se andiamo solo un po’ indietro nel tempo, ci rendiamo conto che il concetto di “eternità” era naturalmente legato al concetto di “amore”. Se semplicemente pensiamo, ad esempio, a qualcosa come romanzi o film, specchio della cultura italiana di non più di 50 anni fa, notiamo che l’amore di coppia era, se non nella realtà, almeno nelle aspirazioni legato al “per sempre”.
Non intendo, evidentemente, esaminare questa tematica. Ma parlando di amore eterno credo sia indispensabile considerare quanto l’aver appannato il concetto di “eternità” dell’amore abbia potuto contribuire a tentare di “spegnere” la sete di infinito che sta dentro il cuore dell’uomo, rivoltando il senso stesso dell’umanità.

If we go just a little back in time, we realize that the concept of “eternity” was naturally linked to the concept of “love”. If we simply think, for example, about something like novels or films, mirror of the Italian culture of not more than 50 years ago, we see that the love of a couple was, if not in reality, at least in the aspirations linked to “forever”.
I do not mean, obviously to examine this issue. But speaking of eternal love I believe it is indispensable to consider how having tarnished the concept of “eternity” of love could have contributed to trying to “extinguish” the thirst for infinite that is inside the human heart, overturning the very meaning of ‘humanity.

Mi colpisce una famosa riflessione del Concilio Vaticano II: «In verità, gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano a quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. E’ proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si contrastano a vicenda. Da una parte, infatti, come creatura esperimenta in mille modi i suoi limiti; dall’altra parte si accorge di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato a una vita superiore».
Solo l’amore, carissimi fratelli, è il paradosso che risolve tale conflitto. Un conflitto che, lasciato a se stesso, porterebbe la creatura – e di fatto lo fa – a ribellarsi alla propria creaturale umanità, a ribellarsi a se stessa, a ribellarsi alla natura, a ribellarsi al Creatore.
Sì, forse proprio questa sete di infinito, se non è riconosciuta ed incanalata, arriva a sovvertire la stessa essenza umana, a sconvolgerne la dignità, a rasentare l’autodistruzione. L’uomo che non accetta di “essere” oltre il visibile e il misurabile, oltre il tempo e la storia… cerca forse di “fare” oltre il visibile ed il misurabile, oltre il tempo e la storia; egli può arrivare, così, a trasformare la propria vocazione alla trascendenza in tentativo di onnipotenza: e il fallimento dell’onnipotenza in disperazione.

What strikes me is a famous reflection of the Vatican Council II: “In truth, the imbalances the modern world suffers are connected to that deeper imbalance that is rooted in the human heart. It is just deep inside of man that many elements wrestle with one another. In fact, on the one hand, as a creature he experiences his limitations in a thousand ways; on the other hand he realizes that he is boundless in his aspirations and summoned to a higher life.”
Only love, dear brothers, is the paradox that resolves this conflict. A conflict that left to itself, would bring the creature – and indeed it does – to rebel against his creaturely humanity, to rebel against itself, to rebel against nature, and to rebel against the Creator.
Yes, just this thirst for infinity, if it is not recognized and channeled, comes to the point of subverting the very human essence, of disrupting the dignity, of verging on self-destruction. A man that does not accept to “be” beyond the visible and measurable, beyond time and history… perhaps he tries to “do” beyond the visible and measurable, beyond time and history; he can arrive, this way, to transform his own vocation to transcendence into an attempt to omnipotence: it is the failure of omnipotence into desperation.

Solo l’amore, dicevamo, riesce realmente a risolvere tale conflitto. E lo fa in quanto mette insieme due coordinate essenziali ma apparentemente inconciliabili: il limite e l’eterno. Per riflettere su quanto dico proverò, dunque, a sviluppare tre punti:
1. Anzitutto, l’amore come limite.
2. Poi l’amore come ciò che vince il limite, perché è infinito, eterno
3. E, infine, una domanda: «dove limite ed eterno si incontrano»?

1. L’amore è limite
Uso, naturalmente, la parola “limite” non con un’accezione negativa o riduttiva. Il limite è sì ciò che blocca ma, prima di tutto, è ciò che delinea, che imprime una direzione, ciò che conferisce una fisionomia.
Il “limite” dell’amore, carissimi amici, è esattamente l’uomo!

Only love, we were saying, is really able to solve this conflict. And it does so because it brings together two essential but apparently irreconcilable coordinates: the limit and the eternal. To reflect on what I say I will try, therefore, to develop three points:
1. First of all, love as a limit.
2. Then love as that which overcomes the limit, because it is infinite, and eternal
3. And finally, a question: ” where do limit and eternal meet “?

1. Love is the limit
Of course, I use the word “limit” not with a negative or reductive meaning. The limit is yes what blocks but, first of all, it is what outlines, what gives a direction, what gives a physiognomy.
The “limit” of love, dear friends, is exactly man!

L’uomo è, anzitutto, il volto dell’amore. L’amore vive le sembianze dell’uomo. L’amore vive nell’uomo e ne assume il vissuto, la carne, la storia. L’amore entra nelle emozioni, nelle passioni, nelle fragilità dell’uomo; ma entra anche nell’unicità creativa di ogni persona umana. L’amore riceve dall’uomo il limite della sua individualità personale.
E’ esperienza, questa, molto reale per noi. Noi sperimentiamo di costituire un “limite” all’amore, con i nostri stessi limiti. Ma quegli stessi limiti sono un volto per lo stesso amore. Noi siamo il limite per l’amore che doniamo: lo doniamo con la nostra modalità, personalità. Lo esprimiamo con il linguaggio della corporeità; lo affidiamo alla nostra libertà. E siamo un limite per l’amore che riceviamo.

Above all, man is the face of love. Love live the semblances of man. Love lives in man and assumes his personal experiences, flesh, and history. Love enters the emotions, the passions, the weaknesses of man; but it also enters in the creative uniqueness of every human person. Love receives from man the limit of his personal individuality.
This is a very real experience, to us. We experiment constituting a “limit” to love, with our own limits. But those same limits are a face for the very love. We are the limit for the love we give: we give it with our modality, and personality. We express it with the language of the body; we entrust it to our freedom. And we are a limit for the love we receive.

Sì, perché l’amore di colui che dona trova un limite anche in colui che l’amore riceve. Io non posso, ad esempio, inventare un amore disincarnato dalla persona che amo. Il mio amore ne assume la storia e la carne, il vissuto; si orienta ai suoi bisogni, alla sua realtà, alla sua crescita. Si offre alla sua vita e si fa educare dall’altro. Lo stesso limite del mio amore è trasformato dal limite dell’altro. Io non posso amare l’altro se non per come l’altro accetta di farsi amare. Non posso voler plasmare l’altro a mia misura, non posso non partire dalla realtà dell’altro, seppure sempre guardando alla sua globalità.
Non posso non difendere, promuovere, rispettare e custodire l’altro con il mio amore. E, a volte, non posso non accettare i limiti che l’altro sembra imporre alla “qualità” del mio stesso amore.

Yes, because the love of he who gives finds a limit even in the one who receives love. For example, I cannot invent a disembodied love from the person I love. My love assumes his history and flesh, his lived experiences; it turns to his needs, to his reality, and to his growth. It offers itself to his life and lets itself be educated by the other. The same limit of my love is transformed by the limit of the other. I cannot love the other if not for how the other agrees to make himself be loved. I cannot want to mould the other to my measure, I cannot but start from the reality of the other, even if always looking at his whole.
I can not defend, promote, respect and cherish each other with my love. And, sometimes, I cannot but accept the limits that the other appears to impose to the “quality” of my own love.

Mi rendo conto che il nostro parlare può apparire un gioco di parole… ma credo che comprendiate benissimo il cuore di quanto andiamo meditando. L’amore, cioè, rivela la sua eternità, infinità, proprio riversandosi nell’apparente finitezza dell’essere umano. E solo così! Dire amore è dire “dignità umana”, grandezza di umanità: nel limite e nonostante il limite. E la percezione della dignità umana parte dalla percezione della propria dignità. Parte dai propri limiti.
Ma proprio per la percezione della propria dignità è necessario il riconoscimento dell’eternità di un dono ricevuto che ci precede, ci trascende e ci supera; in un bellissimo passo del Dialogo della Divina Provvidenza, Santa Caterina da Siena dice a Dio: «chi fu cagione che tu ponessi l’uomo in tanta dignità? L’amore inestimabile col quale riguardasti in te medesimo la tua creatura e ti innamorasti di lei; e però la creasti per amore».

I realize that our talk may seem a play of words… but I think you understand very well the heart of what we are about to meditate. That is, love reveals its eternity, infinity, just by pouring itself into the apparent finitude of the human being. And only like this way! Saying love, it is saying “human dignity”, greatness of humanity: in the limit and in spite of the limit. And the perception of the human dignity starts from the perception of the personal dignity. It starts from one’s own limits.
But right due to the perception of one’s dignity, the recognition of eternity of a gift received that precedes, transcends and surpasses us, is necessary; in a very beautiful passage in the Dialogue of the Divine Providence, St. Catherine of Siena says to God: “Who was the cause that you placed man in so great a dignity? The invaluable love with which you looked at yourself in your creature and you fell in love with him; and therefore you created him out of love.”

Pensiamoci bene: se l’amore di sé, il rispetto di sé, la certezza della propria dignità non si poggiasse su questa sorta di “soprannaturale”, sarebbe legato esclusivamente ad un’autocompiacimento, ad una sorta di egoistico narcisismo.
Solo questa certezza porta a custodire la dignità unica ed irripetibile di ogni persona umana. Lo spiegava bene Giovanni Paolo II nella sua splendida Enciclica Evangelium Vitae: «solo un amore vero sa custodire la vita», egli ribadiva, riferendosi, peraltro, all’attuale banalizzazione della sessualità e all’importanza della formazione all’amore e alla castità. Sì, solo nella verità dell’amore, nella purezza dell’amore, nell’eternità dell’amore si ritrova il “grembo” adatto al rispetto dell’uomo.

Let us think well about it: if self-love, self respect, the certainty of the personal dignity did not rest on this sort of “supernatural”, it would be linked exclusively to a self pleasing state, a sort of egoistic narcissism.
Only this certainty leads to cherish the unique and unrepeatable dignity of every human person. John Paul II explained it well in his beautiful encyclical Evangelium Vitae: “only a true love knows how to guard life”; however, he insisted, referring to the current trivialization of sexuality and the importance of love and chastity training. Yes, only in the truth of love, in the pureness of love, and in the eternity of love the right “womb” to the respect of man is regained.

  1. L’amore è eterno
    Ecco che il ragionamento sull’uomo porta allora come necessaria conseguenza la certezza dell’eternità dell’amore. Riconoscere, infatti, questo principio trascendente di dignità nell’umanità di ogni uomo significa reputare l’uomo degno di amore, sempre e comunque; di un amore che non può porre condizioni di nessun genere, neppure quella del tempo.
    «Appena l’amore si desta veramente alla vita – scrive von Balthasar -, l’attimo temporale vuole essere superato in una forma di eternità. Amore a tempo, amore ad interruzione non è mai vero amore. Persino l’egoismo erotico – egli spiega con un’acuta osservazione – non può far altro che giurare a se stesso “eterna fedeltà”, e nell’attimo è proprio del suo godimento il fatto di crederci veramente a questa eternità. Tanto più l’amore autentico vuole durare oltre il tempo!».
  2. Love is eternal
    Here is that the reasoning on man brings then as a necessary consequence the certainty of the eternity of love. In fact, recognizing this transcendent principle of dignity in the humanity of every man means deeming man worthy of love, always, and at any rate; of a love that cannot set conditions of any kind, even that of time.
    “As soon as love truly awakens to life – von Balthasar writes – the temporal time wants to be surpassed into a form of eternity. Love in time, switching love is never true love. Even erotic selfishness – he explains with a keen observation – cannot but swear to itself “eternal fidelity”, and in the moment it is precisely of his enjoyment the fact of really believing in this eternity. Much more true love wants to last beyond time. “

Amare l’uomo “a tempo” equivarrebbe a mettere delle condizioni all’amore; e quando si iniziano a mettere delle condizioni all’amore, inevitabilmente se ne mettono delle altre… Così – cosa che stiamo toccando con mano sempre più fortemente – si considera la persona solo parzialmente degna d’amore; e, alla fine, si arriva a dividere, in un certo senso, l’umanità in persone degne e non degne di amore.
Capisco che quanto dico può sembrare forte; ma ditemi se non è così. Ditemi se – lo accennavamo prima – non è in questione, oggi, la difesa, anzi il riconoscimento del diritto fondamentale dell’essere umano: il diritto a vivere e ad essere amato, in qualunque condizione.

Loving man “part time” would be equivalent to setting conditions to love; and when you begin to set conditions to love, inevitably others will be set… So – a thing we are more and more strongly experiencing – the person is considered only partially worthy of love; and eventually, one gets to divide, in a sense, humanity in persons worthy and not worthy of love.
I understand that what I say may sound hard; but tell me if it is not this way. Tell me – we mentioned it earlier – if, today, the defense, or rather the recognition of the fundamental rights of the human being; is not in doubt: the right to live and be loved, in whatever condition.

Drammi quali l’aborto, l’eugenetica, l’eutanasia – li chiamo drammi perché sono convinto che di questo si tratta, quali che siano le condizioni che li provocano, e che sono solo il punto emergente di una problematica molto più profonda – … affondano le loro radici nel rifiuto dell’essere umano di amare senza condizioni. L’attacco all’intangibilità della dignità umana arriva non solo ad uccidere la vita ma anche l’amore. Difendere e promuovere la vita significa, dunque, difendere e promuovere la fondamentale vocazione all’amore di ogni uomo, quella vocazione che viene da Dio; significa educarlo a realizzare questa vocazione, fidandosi della sua capacità di amare senza chiedere nulla per sé.
Cari amici, l’uomo è veramente fatto per amare senza condizioni: quando mette delle condizioni, anche semplicemente quella del tempo, non ritrova più se stesso e precipita nell’infelicità.

Dramas such as abortion, eugenics, euthanasia – I call them dramas because I am convinced that things are this way, whatever are the conditions causing them, and that they are just the emerging point of a far deeper problem – … they have their roots in the refusal of the human being to love unconditionally. The attack to the inviolability of human dignity arrives not only to kill life but also love. To defend and promote life means, therefore, to defend and promote the fundamental vocation to love of every man, that vocation which comes from God; means to educate him to realize this vocation, trusting in his ability to love without asking anything for himself.
Dear friends, man is really made to love without conditions: when he puts conditions, even just the ones of time, he no longer finds himself and precipitates into unhappiness.

Ma – ci viene spontaneo adesso chiederci – come conciliare tale eternità con il nostro limite umano che abbiamo visto essere così reale, concreto?
Paradossalmente, è proprio nostro limite che ci conduce a dover ammettere la verità di un Amore Eterno che è Dio. Sì, è straordinariamente vero quanto Benedetto XVI ci insegna nella sua prima Lettera Enciclica: «Tra l’amore e il Divino esiste una qualche relazione: l’amore promette infinità, eternità – una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere».
Dire “Divino”, cari amici, è dire infinito, eterno. Se è così, ne deriva che l’appannarsi dell’eternità dell’amore porta con sé non solo uno stravolgimento del senso dell’umanità ma anche uno smarrimento del senso di Dio!
Ma la Parola di Dio risuona fedele per ogni uomo: «Ti ho amato di amore eterno»…
Nella Bibbia, il popolo che si sente ripetere queste parole tramite il profeta vive una fase
particolare della sua esperienza di fede. Leggiamo il brano:

But – it is natural to ask ourselves now – how to reconcile such an eternity with our human limitations that we have seen to be so real, and concrete?
Paradoxically, it is our limit, which leads us to have to admit the truth of an Eternal Love that is God. Yes, it is remarkably true as Benedict XVI teaches us in his first Encyclical Letter: “Between love and the Divine there is some relationship: love promises infinity, eternity – a greater and totally other reality compared with our everyday existence.”
Saying “Divine”, dear friends, is to say infinite, eternal. If so, it follows that the clouding over of the eternity of love brings with it not only a perversion of the sense of humanity but also a loss of the sense of God!
But the Word of God rings true for everyone: “I loved you with an everlasting love”…
In the Bible, the people who hear these words repeated by the prophet lives a particular phase of his experience of faith. Let us read the passage:

«Ha trovato grazia nel deserto
un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora.
Da lontano gli è apparso il Signore:
Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine di Israele» (Ger 31, 1 – 4).
Questo è il popolo che vive il cammino della conversione: sì, l’amore eterno esige la nostra conversione; la riedificazione di Israele, che è opera dell’Amore eterno di Dio, non avviene senza l’adesione della libertà umana.

“The people that escaped the sword
have found favor in the desert.
As Israel comes forward to be given his rest,
the Lord appears to him from afar:
With age-old love I have loved you;
so I have kept my mercy toward you.
Again I will restore you, and you shall be rebuilt, O virgin Israel”(Jer 31, 1 – 4).
This is the people who live the journey of conversion: yes, the eternal love demands our repentance; the rebuilding of Israel, which is the work of the eternal love of God, does not happen without the adhesion of human freedom.

Lo ripeto spesso nelle mie omelie, a partire dalla prima che ho fatto per l’Ingresso in Diocesi, e ho voluto ribadirlo nella mia prima Lettera Pastorale: l’uomo deve essere consapevole che, sempre, egli impegna la propria libertà nella sequela di qualche maestro. La dinamica della conversione esige una profonda educazione della libertà umana. Non possiamo, cioè, non chiederci se veramente stiamo seguendo Cristo. Non possiamo – focalizzando il tema di oggi – non riflettere su quali maestri di amore scegliamo.
La conversione, l’amore la richiede sempre. Sì, perché una volta accolto, questo amore rende la nostra vita una profezia di eternità.
Di questa dimensione “profetica”, che ci chiama alla conversione, si potrebbero evidenziare certo molti aspetti. Ne colgo alcuni, che voglio provare a leggere fra le righe della stessa Deus Caritas Est, e che immettono il cristiano nell’esperienza dell’amore eterno aiutandolo, da una parte, a superare se stesso e, dall’altra, ad accogliere la maniera di amare di Dio.

I often repeat it in my homilies, starting from the first I made for the Entrance into the Diocese, and I wanted to reiterate it in my first Pastoral Letter: man must be aware that, he always commits his own freedom in the footsteps of some teacher. The dynamics of conversion requires a thorough education of human freedom. That is, we cannot, but ask ourselves whether we are truly following Christ. We cannot – focusing on the theme of today – but reflect on what teachers of love we choose.
Conversion, love always require it. Yes, because once welcomed, this love makes our life a prophecy of eternity.
Of this “prophetic” dimension, which calls us to conversion, many aspects could surely be highlighted. I am taking some, which I want to try to read between the lines of the same Deus Caritas Est, and that place the Christian in the experience of the eternal love helping him, on the one hand, to go beyond himself; and, on the other hand, to welcome the way of loving God.

– Per penetrare il mistero dell’eternità dell’amore bisogna anzitutto «non lasciarsi sopraffare dall’istinto». Esaminando il rapporto tra eros e agape, il Papa ci ricorda che un amore eterno non si può fondare esclusivamente sugli istinti o impulsi che, anche se di per sé positivi, da soli, tuttavia, si esauriscono nell’immediato. Pensiamo a quanto forte sia il contenuto di questa profezia, oggi; in un tempo in cui le relazioni umane si fondano sull’assolutizzazione di alcune dinamiche istintuali legate alle sensazioni e alle emozioni, ma anche su istinti di sopraffazione, potere, sfruttamento…
– Amare in modo eterno, poi, significa anche perdonare alla maniera di Dio. Quanto è importante sottolinearlo! E’ forte e bella l’espressione usata nell’Enciclica per spiegare «l’agire imprevedibile e in un certo senso inaudito di Dio»: è un agire che, sulla croce, rivela come l’amore eterno di Dio sia «il volgersi di Dio contro se stesso». Il perdono appare una dinamica sempre più dimenticata, anche dentro legami che si definivano inizialmente d’amore. Se non si ammette la necessità del perdono, non si può neppure ipotizzare l’eternità dell’amore.

– To penetrate the mystery of the eternity of love one must, first of all, “not let himself be overcome by the instinct.” Examining the relationship between eros and agape, the Pope reminds us that an eternal love cannot be based solely on instincts or impulses which, even though they are positive in themselves; alone, however, they run down short in the immediate future. Let us think of how strong is the content of this prophecy, today; in a time where human relationships are based making absolute some instinctual dynamics linked to feelings and emotions, but also to the instincts of domination, power, and exploitation …
– Loving in an eternal way, then, means also forgiving in the manner of God. How important it is underlining it! It is strong and beautiful the expression used the Encyclical to explain “the unpredictably and in a way unheard of acting of God”: it is an acting that, on the cross, reveals how the eternal love of God is “the turning of God against himself.” Forgiveness appears a more and more forgotten dynamic, even within bonds that initially were defined of love. If one does not admit the necessity of forgiveness, he cannot even assume the eternity of love.

– Anche l’uomo deve “volgersi contro se stesso”; deve superare se stesso e non può farlo fidando sulle sue sole forze. L’eternità dell’amore non si improvvisa e non si può fondare solo sul volontarismo. Per entrare nel mistero dell’eterno amore abbiamo bisogno di entrare nel mistero della preghiera. La preghiera è la vita dell’anima ed è l’anima dell’amore. Se è vero che la preghiera è realtà che non ci porta solo all’imitazione ma anche all’identificazione, è lì che noi ci identifichiamo con l’Amore, con quel Dio Amore che è il “Tu” della nostra preghiera. Ma tutto questo richiede un lavoro paziente e continuo. Richiede fedeltà e amore. Richiede impegno: un impegno – direi ricalcando il nostro tema – che duri per l’eternità. Come l’amore, infatti, la preghiera non può essere “a tempo”.

– Man must also “turn against himself”, must go beyond himself and cannot do it relying on his own strength alone. The eternity of love cannot be improvised and cannot be based only on voluntarism. To enter into the mystery of eternal love we need to enter the mystery of prayer. Prayer is the life of the soul and it is the soul of love. If it is true that prayer is a reality that does not lead us only to the imitation but also to the identification, it is there that we identify with Love, with that God who is Love that is the “you” in our prayer. But all this requires a patient and continuous work. It requires fidelity and love. It requires commitment: a commitment – I would say echoing our theme – that lasts for eternity. Like love, in fact, the prayer cannot be “intermittent”.

– L’eternità dell’amore, infine, si vive pienamente nell’Eucaristia, in quella «“mistica” del Sacramento che si fonda nell’abbassamento di Dio verso di noi» e che «ha un carattere sociale, perché nella comunione sacramentale io vengo unito al Signore come tutti gli altri comunicanti». Non c’è nulla di “spiritualeggiante” in questa affermazione ma, piuttosto, l’indicazione di un amore straordinariamente “povero”, quello che Cristo ci dimostra, ci dona, ci chiede. La povertà è necessaria all’amore: per amare, cioè, poveri o si è o si diventa! «L’amore vero – spiega von Balthasar – rinuncia radicalmente e fondamentalmente a tutto». E rinuncia a tutto per “abbassarsi”, come Dio, verso i fratelli. Dimenticando se stesso, l’amore si proietta al “per sempre”.

– Finally, the eternity of love is fully lived in the Eucharist, in that “mystic” of the Sacrament which is founded in the lowering of God toward us” and that “has a social character, for in the sacramental communion I become one with the Lord, like all the other communicants.” There is nothing “spirit resembling” in this assertion but, rather, an indication of an extraordinarily “poor” love, the one that Christ shows us, gives us, and ask us. Poverty is necessary to love: in order to love, that is, either one is poor or he must become one! “True love – von Balthasar explains- renounces radically and fundamentally to everything.” It is renunciation to everything in order to “lower oneself”, like God, toward the brothers. Forgetting itself, love projects itself to the “forever”.

  1. La Chiesa è amore
    Il cenno all’Eucaristia ci permette, dunque, di avviarci a concludere la nostra riflessione, tentando di rispondere alla domanda che ci eravamo posti come terzo punto: «dove è l’incontro tra limite ed eterno»? La risposta credo sia: “nella comunione”. La risposta, carissimi, è in quel Mistero di comunione che si chiama “Chiesa”. La Chiesa è comunione, è unità. Di questa unità siamo chiamati a dare testimonianza, per profetizzare l’eternità dell’amore dentro i limiti dell’umano, per realizzare la nostra vocazione cristiana.
    Lo aveva capito bene San Paolo, il quale ha vissuto la conversione all’Amore eterno di Dio che gli si è rivelato in Gesù. Scrive così agli Efesini: «comportatevi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto… cercando di conservare l’unità» (Ef 4, 1. 3). L’amore, la comunione, l’unità. Ecco la dignità della nostra vocazione: essere «un solo corpo e un solo spirito»; avere «una sola fede e una sola speranza»; vivere il mistero di «un solo battesimo» (Ef 4, 4 – 5).
  2. The Church is love
    Therefore, the hint to the Eucharist enables us to get going to conclude our reflection, trying to answer the question we had set ourselves as a third point: “Where is the meeting between the limit and the eternal”? I think the answer is: “in the communion”. The answer, dear friends, is that mystery of communion which is called “Church”. The Church is communion, it is unity. We are called to bear witness if this unity in order to prophesy the eternity of love within the boundaries of the human, in order to fulfill our Christian vocation.
    St. Paul, who has experienced the conversion to the eternal Love of God that revealed himself to him in Jesus; had understood it. That is how he writes to the Ephesians: “live in a manner worthy of the call you have received… striving to preserve the unity” (Eph 4, 1. 3). Love, communion, and unity. Here is the dignity of our vocation: being “one body and one spirit”; having “one faith and one hope”; live the mystery of “one baptism” (Eph 4,4-5).

Questo amore eterno, senza il quale l’uomo non può vivere, è il tessuto vitale e costitutivo di ciò che siamo noi qui, oggi, in quanto battezzati e in quanto cristiani: la Chiesa! Sì, fratelli carissimi, la Chiesa. La Chiesa si fonda sull’amore e la Chiesa “è” amore, “è” comunione, “è” unità.
Mi coinvolge e mi commuove particolarmente pronunciare queste parole e richiamare questa verità dentro il mio Ministero Episcopale: un Ministero che, come vi dicevo, è prima di tutto a servizio di questa comunione, perché è esperienza viva di questo Amore.
Ma come comportarci, secondo la Parola, per conservare l’unità che ci fa degni della nostra vocazione? «Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandoci a vicenda con amore» (cfr Ef 4, 2).

This eternal love, without which man cannot live, is living and constitutive tissue of what we are here today, in that baptized and in that Christians: the Church! Yes, dear brothers, the Church. The Church is founded on love and the Church “is” love “, she “is” communion, and she “is” unity.
Saying these words and recalling this truth inside my Episcopal Ministry involves me and moves me particularly: a ministry that, as I was saying, first of all is in the service of this communion, because it is a live experience of this Love.
But how to behave, according to the Word, in order to preserve the unity that makes us worthy of our vocation? ” with all humility and gentleness, with patience, bearing with one another through love ” (cf. Eph 4, 2).

– L’”umiltà”: virtù di chi è consapevole che quanto è o possiede viene da un dono immeritato, unico, splendido.
– La “mansuetudine”: quella docilità che, per amore e per fiducia, ci rende obbedienti.
– La “pazienza”: cioè il coraggio di saper aspettare e sperare infinitamente in chi si ama.
– E, infine, la capacità di “sopportarsi a vicenda”: di portarsi l’uno sulle spalle dell’altro, con immenso amore.
L’invito dell’unità è da Paolo, e oggi da me, rivolto a tutti voi; alla vostra comunità, sulla quale la Chiesa si edifica: nella comunione con i vescovi, con le comunità parrocchiali, con le comunità religiose, con le comunità che fanno capo ai diversi movimenti ecclesiali…

– “Humility”: a virtue of who is aware that what he is or has comes from an undeserved unique, splendid gift.
– “Meekness”: that docility that, out of love and trust, makes us obedient.
– “Patience”: that is, the courage of knowing how to infinitely wait and hope in whom you love.
– And, finally, the ability to “bear with each other”: of bringing on each other’s shoulders, with great love.
The call to unity is by Paul, and today by me, directed to all of you; to your community, on which the Church is built: in communion with the bishops, with the parish communities, with religious communities, with communities which refer to the various ecclesial movements…

Ed è rivolto alle famiglie, alle vostre famiglie; ad ogni famiglia, “piccola Chiesa”, che la Chiesa, particolarmente in questo tempo in cui essa è così minacciata nella sua bellezza e dignità, ha il compito di custodire e dalla quale ha il dono di sentirsi custodita.
Dice la Familiaris Consortio che compito della famiglia è «custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa». Il Signore stesso ha affidato alla famiglia il dono e il compito di essere riflesso del Suo eterno amore, dell’Amore che abita nel Cuore del Mistero Trinitario. La banalizzazione del legame coniugale mina alla base il significato dell’amore umano e oscura la contemplazione dell’amore Divino.
Vorrei che le famiglie, quelle cristiane in particolare, comprendessero a quale grande testimonianza d’amore sempre – ma soprattutto oggi – sono chiamate. Testimonianza, mi rendo conto, a volte eroica, ma indispensabile: testimonianza di un amore umano e totale, esclusivo e fedele, fecondo e inserito in Dio.

And it is addressed to families, to your families; to every family, “little Church”, that the Church, particularly in this time when it is so threatened in its beauty and dignity; she has the task of guarding and from which she has the gift of being guarded.
The Familiaris Consortio says that the task of the family is “to guard, reveal and communicate love as a living reflection of and a real sharing in God’s love for humanity and in the love of Christ the Lord for the Church his bride.” The Lord himself entrusted the family with the gift and the task of being a reflection of His eternal love, of the Love that dwells in the Heart of the Trinitarian Mystery. The trivialization of the marital relationship undermines at the foundation the meaning of human love and darkens the contemplation of the Divine love.
I wish the families, especially the Christian ones, understood to what great testimony of love always – but especially today – are called. I realize, a sometimes heroic, but essential testimony: the testimony of a human l and total, exclusive and faithful love, fruitful and inserted in God.

Sì, carissime famiglie presenti: sento, con il cuore preoccupato e grato del Pastore, di dirvi che potete e dovete considerare la fedeltà della risposta alla vostra vocazione come il servizio primario che la Chiesa si attende da voi. E’ attraverso l’amore coniugale e familiare, è dentro questo amore che Dio vi chiama all’evangelizzazione e alla carità. Perché la famiglia è la prima e preziosissima comunità per ogni persona umana, e a tutti noi ha insegnato a vivere quel quotidiano tessuto della comunione che rende eterno l’amore.

Conclusione
Carissimi amici,
per essere profeti dell’eternità dell’amore dobbiamo essere strumenti che si sforzano:
– di accettare se stessi e l’altro, per proclamare la grandezza ed intangibilità della dignità di ogni persona umana che, sempre e comunque, è degna del nostro eterno amore;

Yes, dear families present: I feel, with the grateful and concerned heart of the Shepherd, telling you that you can and must consider the fidelity of the answer to your vocation as the primary service that the Church expects from you. It is through the marital and family love, it is inside this love that God calls you to evangelization and charity. Because the family is the first and most precious community for every human person, and it taught us all to live the everyday material of the communion which makes love, eternal.

Conclusion
Dear friends,
to be prophets of the eternity of love we must be instruments that strive:
– to accept themselves and the other, in order to proclaim the greatness and inviolability of the dignity of every human person that, always and in any case, it is worthy of our eternal love;

– di superare se stessi, attraverso un cammino di continua conversione e preghiera, aperto ad accogliere l’amore eterno di Dio, per amare e perdonare alla maniera di Dio;
– di offrire se stessi, secondo una logica “eucaristica”, per orientare sempre più in una prospettiva di comunione e di eternità il cammino personale e comunitario nella Chiesa.
Siamo partiti dall’esperienza di Geremia, un profeta che ci richiede di essere profeti. E il profeta è l’uomo di Dio ma anche l’uomo del popolo. «Il profeta – scrive Ravasi – è l’interprete della storia che vive con la sua comunità… Anche se le personalità umane e le caratteristiche dei singoli profeti sono molteplici e differenziate, tutti si ritrovano nella comune fedeltà al proprio tempo storico e nell’adesione totale al destino della comunità di cui sono parte».

– To overcome themselves, through a process of ongoing conversion and prayer, open to welcome the eternal love of God, in order to love and forgive as God does;
– To offer themselves, according to a “Eucharistic” logic, in order to be increasingly directed in a vision of communion and eternity in the personal and community paths in the Church.
We started from the experience of Jeremiah, a prophet that requires us to be prophets. And the prophet is the man of God but also the man of the people. “The prophet – Ravasi writes – is the interpreter of history that lives with his community … Even though the human personalities and characteristics of individual prophets are many and varied, they all meet in a common loyalty to their own historical time and in the total adhesion to the fate of the community to which they belong.”

La comunità di cui siamo parte è la Chiesa tutta. La Chiesa, oggi, è il nostro popolo, la nostra gente. La sfida della profezia ci richiede di superare, con l’aiuto di Dio, limiti personali, confini di interessi angusti, orizzonti parziali… per testimoniare, anche nel servizio e nella collaborazione, che è possibile l’eternità dell’amore. Nella Chiesa – lo ripeto spesso – non c’è spazio per quell’individualismo che soffoca il cuore umano, togliendo alla persona il respiro di eternità.
Il profeta, prima di parlare, ama il suo popolo e lo porta nel cuore e nella preghiera. Portiamoci nel cuore gli uni gli altri, davanti a Dio: e questa comunione ci permetterà di toccare l’Eterno!
E’ la direzione che, semplicemente, vi indico; è l’augurio che vi faccio; è il Dono che invoco dall’Eterno Amore per voi, per me, per la Chiesa tutta, per il nostro popolo; per ogni uomo che, anche se non lo sa, solo dell’Eterno Amore ha bisogno per vivere.
E così sia!

The communities we are part of is the whole Church. Today, the Church is our people, our persons. The challenge of the prophecy requires us to overcome, with God’s help, personal limits, boundaries of narrow interests, partial horizons… in order to testify, even in the service and collaboration, that the eternity of love is possible. In the Church – I often repeat – there is no room for an individualism that suffocates the human heart, removing from the person the breath of eternity.
Before speaking, the prophet loves his people and brings it into the heart and prayer. Let us bring each other into the heart before God: and this fellowship will allow us to touch the Eternal!
It is the direction that simply I am pointing you; it is the wish that I am making you; it is the gift that I invoke from the Eternal Love for you, for me, for the whole Church, for our people; for every man who, even if he does not know it, needs only the Eternal Love in order to live.
Amen!

Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Gaudium et Spes, 9
S. Caterina da Siena, Il Dialogo della Divina Provvidenza. Cantagalli, Siena 1994, p. 53
Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae, 97
Hans Hurs von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano. Jaca Book, Milano 1995, p. 34
Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, 5
Ibidem
Ibidem, 12
Ibidem, 13 – 14
Hans Hurs von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano…, p. 49
Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, 17
Cfr Paolo VI, Lettera Enciclica Humanae Vitae, 9
G. Ravasi, Il Dio vicino. Mondadori , Milano 1997, p. 215

Vatican Council II, Constitution Gaudium et Spes, 9
S. Catherine of Siena, The Dialogue of Divine Providence. Cantagalli, Siena 1994, p. 53
John Paul II, Encyclical Letter Evangelium Vitae, 97
Hurs Hans von Balthasar, The states of Christian life. Jaca Book, Milan 1995, p. 34
Benedict XVI, Encyclical Letter Deus Caritas Est, 5
ibid
Ibid, 12
Ibid, 13 to 14
Hurs Hans von Balthasar, The states of Christian life …, p. 49
John Paul II, Apostolic Exhortation Familiaris Consortio, 17
See Paul VI, Encyclical Letter Humanae Vitae, 9
G. Ravasi, The God who is near. Mondadori, Milan 1997, p. 215