Ecco il sangue dell’alleanza – Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta

06 Giugno
Ecco il sangue dell’alleanza
L’Alleanza è unilaterale e bilaterale. È unilaterale quando Dio o la persona si impegna senza che vi siano richieste o proposte fatte ad altre persone. Dell’Antico Testamento vogliamo ricordare cinque alleanze unilaterali fondamentali, che ci rivelano cosa il Signore ha deciso di fare per l’umanità intera, per Abramo, per il suo popolo, per tutte le Genti. Ve ne sono molte altre, ma queste ci rivelano il disegno di salvezza del Signore in modo plenario e universale. Molte altre alleanze sono per i dettagli o modalità. Le modalità sono anch’esse essenza da prendere in grande considerazione.

Prima Alleanza: Dio stabilisce di porre inimicizia tra la Donna e il serpente.

Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,8-15).

Seconda Alleanza: Dio stabilisce di non maledire e di non distruggere più la terra. Non vi saranno più le acque del diluvio. Lui è il Dio della vita per la vita.

Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto.

Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno».

Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello.

Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo. E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela».

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».

Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco sarà sulle nubi, e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra». Disse Dio a Noè: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra» (Gen 8,20-9,17).

Terza Alleanza: Dio stabilisce di dare la Terra di Canaan alla discendenza di Abramo.

Dopo tali fatti, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.

E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.

Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo».

Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate (Gen 15,1-18).

Quarta Alleanza: Dio stabilisce di benedire tutte le tribù della terra nella discendenza di Abramo a causa della sua obbedienza.

Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».

Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme.

Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,1-18).

Quinta Alleanza: Dio stabilisce di dare a Davide un regno eterno. È l’inaudito umano. L’impensabile umano. Si pensi al regno di Saul che è durato solo pochi giorni.

Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”». Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione (2Sam 7,8-17).

Sesta Alleanza: Dio promette una nuova alleanza, nuova nelle modalità e nei contenuti. Nuova, senza alcun confronto con quella Antica. Tutto in essa sarà nuovo.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).

L’Alleanza unilaterale è un impegno che Dio si assume sulle spalle e lo porterà a compimento, qualsiasi cosa accada nella storia. L’alleanza unilaterale è ciò che farà Lui per l’uomo. Se l’uomo vuole godere i frutti del dono di Dio, necessariamente dovrà stringere con Lui un’alleanza bilaterale.

Qual è l’essenza di ogni alleanza bilaterale, nuova o antica? Questa alleanza è sempre condizionata, fondata su due obblighi, uno preso da Dio e l’altro giurato dall’uomo. Dio prende l’obbligo di essere vita per il suo popolo. Lui mette il suo popolo sotto le sue ali. Nessuno gli potrà arrecare un qualche danno. Il popolo si obbliga a seguire il Signore camminando nella sua Legge, ascoltando la sua Parola, eseguendo ogni suo ordine. Il popolo si impegna ad ascoltare sempre il suo Dio, che riconosce come unico e solo Signore della sua vita. L’alleanza infranta per ogni non ascolto della voce del suo Signore. Ogni trasgressione anche di una sua sola parola, lo rende infedele al patto.

Il Signore disse a Mosè: «Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu e settanta anziani d’Israele; voi vi prostrerete da lontano, solo Mosè si avvicinerà al Signore: gli altri non si avvicinino e il popolo non salga con lui». Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

L’alleanza viene sigillata con il sangue, che è la vita, è la vita di Dio che unisce il popolo a Dio e lo fa vivere della sua stessa vita. Con l’alleanza vi è una sola vita, quella di Dio che vuole vivere in tutto il suo popolo. La prima rudimentale, iniziale forma di vita è data nei Comandamenti. Israele si impegna a vivere la vita che scaturisce da essi.

Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.

Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,1-17).

Il Signore è il Signore del suo popolo per conquista, liberazione. Esso era schiavo di un altro padrone, sotto il quale viveva con un’altra legge: la legge della schiavitù. Legge di non libertà, di oppressione, di costrizione ai lavori forzati. Legge che li obbligava ad uccidere i figli maschi. Legge in seguito anche aggravata. Si doveva fornire lo stesso numero di mattoni e in più ognuno doveva anche procurarsi la paglia. Questa legge Israele viveva e questo signore esso serviva. Era una legge di morte.

Dio scende in Egitto, libera il suo popolo. Essendo Lui il Signore, è anche Lui che deve dettare la Legge. Ad Israele è chiesto prima di tutto di non avere alcun Dio al di fuori del Dio che lo ha liberato. È rispetto. Tu eri prigioniero, schiavo, succube di altri dèi. Se adori altri dèi, ritornerai nella schiavitù dalla quale io ti ho liberato. Solo io sono il Signore che libera e solo io sono il Signore che ti dona vita. Tu non avrai altri dèi e dovrai rispettare il mio nome. Lo santificherai, non lo nominerai invano. Il mio nome è santo e santo deve risuonare in mezzo a te. Poi come segno che io sono il Signore mi consacrerai un giorno: il settimo. Non per lavorare per me. Ma per riposarti. Per pensare al tuo spirito. Tu al faraone davi sette giorni su sette per lavorare. Io te ne chiedo uno perché tu possa riposare. Vivere un giorno di assoluta libertà.

Hai un padre e una madre. Li devi onorare, rispettare, soccorrere, aiutare. Ti hanno dato la vita. Hai un prossimo. Non puoi ammazzarlo. Devi rispettare la sua vita. Non ci sono motivi per uccidere. La vita vale più di tutte le cose di questo mondo. Hai una moglie. Le devi essere fedele. Non puoi andare con altre donne. Il rispetto è vita. Vivi in mezzo a cose non tue. Non devi appropriarti di ciò che non ti appartiene. È un furto. Ciò che è degli altri, deve rimanere agli altri. Vivi in mezzo ad un popolo. Non puoi dire falsa testimonianza. Ciò che è, è. Ciò che non è, non è. Non puoi trasformare ciò che è in ciò che non è e ciò che non è in ciò che è. Per le cose e per la donna d’altri ti devi astenere anche dal desiderarle. Il desiderio conduce a compiere il male.

L’alleanza è tra Dio e il popolo. Il popolo deve rispettare Dio e lo stesso popolo. Il non rispetto di Dio e del popolo, fa l’uomo trasgressore dell’alleanza e pecca contro Dio e contro il popolo. Chi trasgredisce offende nello stesso tempo la santità di Dio e del popolo. Il suo è un peccato di alleanza. È la trasgressione dell’alleanza. Il suo peccato allontana Dio dal popolo. Questa verità va compresa bene. Il peccato personale è sempre peccato contro il popolo e rende colpevole tutto il popolo. Nel singolo è il popolo che pecca. Come nel singolo è il popolo che onora il Signore. Uno solo pecca e tutto il popolo ha peccato. L’ascolto e il non ascolto è ascolto e non ascolto del popolo. Questa verità è attestata dal Libro di Giosuè.

Il popolo lanciò il grido di guerra e suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba e lanciò un grande grido di guerra, le mura della città crollarono su se stesse; il popolo salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e si impadronirono della città. Votarono allo sterminio tutto quanto c’era in città: uomini e donne, giovani e vecchi, buoi, pecore e asini, tutto passarono a fil di spada.

Giosuè aveva detto ai due uomini che avevano esplorato la terra: «Entrate nella casa della prostituta, conducetela fuori con quanto le appartiene, come le avete giurato». Quei giovani esploratori entrarono e condussero fuori Raab, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e quanto le apparteneva. Fecero uscire tutti quelli della sua famiglia e li posero fuori dell’accampamento d’Israele. Incendiarono poi la città e quanto vi era dentro. Destinarono però l’argento, l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro al tesoro del tempio del Signore. Giosuè lasciò in vita la prostituta Raab, la casa di suo padre e quanto le apparteneva. Ella è rimasta in mezzo a Israele fino ad oggi, per aver nascosto gli inviati che Giosuè aveva mandato a esplorare Gerico.

In quella circostanza Giosuè fece giurare: «Maledetto davanti al Signore l’uomo che si metterà a ricostruire questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte!».

Il Signore fu con Giosuè, la cui fama si sparse in tutta la regione (Gs 6,20-27).

Ma gli Israeliti violarono la legge dello sterminio: Acan, figlio di Carmì, figlio di Zabdì, figlio di Zerach, della tribù di Giuda, si impadronì di cose votate allo sterminio e allora la collera del Signore si accese contro gli Israeliti.

Giosuè inviò degli uomini da Gerico ad Ai, che si trova presso Bet‑Aven, a oriente di Betel, con quest’ordine: «Salite a esplorare la regione». Quegli uomini salirono a esplorare Ai, ritornarono da Giosuè e gli dissero: «Non c’è bisogno che vada tutto il popolo: vadano all’assalto due o tremila uomini, ed espugneranno Ai; non impegnare tutto il popolo, perché sono in pochi». Vi andarono allora del popolo circa tremila uomini, ma dovettero fuggire davanti a quelli di Ai, che ne uccisero circa trentasei, li inseguirono dalla porta della città fino a Sebarìm, sconfiggendoli sulle pendici. Il cuore del popolo si sciolse come acqua.

Giosuè si stracciò le vesti, si prostrò con la faccia a terra davanti all’arca del Signore e lì rimase fino a sera insieme agli anziani d’Israele, e si cosparsero il capo di polvere. Giosuè disse: «Ah! Signore Dio, perché hai voluto far passare il Giordano a questo popolo, per consegnarci poi nelle mani dell’Amorreo e distruggerci? Avessimo deciso di stabilirci al di là del Giordano! Perdona, Signore mio: che posso dire, dal momento che Israele ha dovuto volgere le spalle di fronte ai suoi nemici? Lo udranno i Cananei e tutti gli abitanti della regione, ci accerchieranno e cancelleranno il nostro nome dalla terra. E tu, che farai per il tuo grande nome?».

Rispose il Signore a Giosuè: «Àlzati, perché stai con la faccia a terra? Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito il patto che avevo loro imposto e hanno preso cose votate allo sterminio: hanno rubato, hanno dissimulato, le hanno messe nei loro sacchi! Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici, volgeranno loro le spalle, perché sono incorsi nello sterminio. Non sarò più con voi, se non estirperete da voi la causa dello sterminio. Su, santifica il popolo e di’ loro: “Per domani santificatevi, perché così dice il Signore, Dio d’Israele: C’è una causa di sterminio in mezzo a te, Israele! Tu non potrai resistere ai tuoi nemici, finché non eliminerete da voi la causa dello sterminio. Vi accosterete dunque domattina divisi per tribù: la tribù che il Signore avrà designato con la sorte si accosterà per casati e il casato che il Signore avrà designato si accosterà per famiglie; la famiglia che il Signore avrà designato si accosterà per individui. Colui che risulterà causa di sterminio sarà bruciato lui e tutte le sue cose, per aver trasgredito il patto del Signore e aver commesso un’infamia in Israele”».

Giosuè si alzò di buon mattino e fece accostare Israele per tribù e venne sorteggiata la tribù di Giuda. Fece accostare i casati di Giuda e venne sorteggiato il casato degli Zerachiti; fece accostare il casato degli Zerachiti per famiglie e venne sorteggiato Zabdì; fece accostare la sua famiglia per individui e venne sorteggiato Acan, figlio di Carmì, figlio di Zabdì, figlio di Zerach, della tribù di Giuda. Disse allora Giosuè ad Acan: «Figlio mio, da’ gloria al Signore, Dio d’Israele, e rendigli lode. Raccontami dunque che cosa hai fatto, non me lo nascondere». Acan rispose a Giosuè: «È vero, io ho peccato contro il Signore, Dio d’Israele, e ho fatto quanto vi dirò: avevo visto nel bottino un bel mantello di Sinar, duecento sicli d’argento e un lingotto d’oro del peso di cinquanta sicli. Li ho desiderati e me li sono presi, ed eccoli nascosti in terra al centro della mia tenda, e l’argento è sotto».

Giosuè mandò incaricati che corsero alla tenda, ed ecco, tutto era nascosto nella tenda e l’argento era sotto. Presero il tutto dalla tenda, lo portarono a Giosuè e a tutti gli Israeliti e lo deposero davanti al Signore. Giosuè allora prese Acan figlio di Zerach con l’argento, il mantello, il lingotto d’oro, i suoi figli, le sue figlie, i suoi buoi, i suoi asini, le sue pecore, la sua tenda e quanto gli apparteneva. Tutto Israele era con lui ed egli li condusse alla valle di Acor. Giosuè disse: «Come tu ci hai arrecato disgrazia, così oggi il Signore l’arrechi a te!». Tutti gli Israeliti lo lapidarono. Poi li bruciarono tutti e li coprirono di pietre. Eressero poi sul posto un gran mucchio di pietre, che esiste ancora oggi. E il Signore placò l’ardore della sua ira. Perciò quel luogo si chiama valle di Acor fino ad oggi (Gs 7,1-26).

Questa verità molto di più vale per la Nuova Alleanza che è stabilita nel sangue di Cristo Gesù, versato per la remissione dei peccati.

Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio» (Mt 26,26-29).

In questa alleanza, che viene stipulata da Dio, in Cristo e il Corpo di Cristo, che è la Chiesa, al momento del battesimo, il neo battezzato diviene corpo di Cristo. Non stipula l’alleanza con Dio come singolo, anche se per Cristo, ma la stipula perché il Padre lo faccia corpo di Cristo. Se è corpo di Cristo, non è lui solamente a peccare, quando trasgredisce l’alleanza, ma è tutto il corpo di Cristo che pecca. Il corpo santo di Cristo, da corpo dal quale deve scaturire la santità, diviene corpo dal quale scaturisce e viene fuori il peccato. Quello del cristiano è sempre peccato di sacrilegio e di profanazione. Il corpo più santo, il santissimo corpo di Cristo, viene reso strumento di peccato. San Paolo ha parole di fuoco contro il cristiano che pecca. Non è lui che pecca, è il corpo di Cristo che pecca attraverso di lui.

Quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti anziché dei santi? Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita!

Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti! È già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subire piuttosto ingiustizie? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? Siete voi invece che commettete ingiustizie e rubate, e questo con i fratelli! Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio.

«Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla. «I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi!». Dio però distruggerà questo e quelli. Il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.

Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! Non sapete che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due – è detto – diventeranno una sola carne. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo! (1Cor 6,1-20).

Questa stessa verità lo stesso Paolo la ribadisce con altrettanta forza, anche se con un esempio diverso nella sua Seconda Lettera ai Corinzi. Il cristiano è tempio di Dio. Nel tempio di Dio deve abitare solo Dio con tutta la magnificenza della sua gloria e santità.

Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso.

Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!

La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi. In noi certo non siete allo stretto; è nei vostri cuori che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, apritevi anche voi!

Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente (2Cor 6,1-1).

Anche se con il profeta Ezechiele viene affermata la responsabilità personale, essa è solo in ordine alla colpa. È colpa della singola persona. Ma i frutti sono sempre di tutto un popolo. Le conseguenze del peccato sono cosmiche, universali sempre. Per il peccato di uno solo si può distruggere una intera nazione e la storia ci insegna che spesso per il peccato di un re va in malora tutto il suo popolo, per un padre di famiglia, tutta la famiglia soffre, per il peccato di un parroco, tutta la parrocchia è senza Dio.

Una verità che necessariamente deve essere posta in evidenza ci rivela che nella Nuova alleanza il sangue non è figura, simbolo, immagine della vita. Nell’Antica Alleanza Dio e il popolo simbolicamente venivano avvolti di una sola vita. Il sangue non era di Dio. Non era dell’uomo. Era di un animale. Era l’animale che dava la vita per stringere con Dio un’alleanza di vita. Nella Nuova Alleanza nulla è simbolico e nulla è figurato. Tutto invece è reale. Il sangue è veramente, realmente, sostanzialmente di Dio, perché è del corpo del Figlio di Dio. Dio veramente ci dona il suo sangue.

Ce lo dona perché nelle nostre vene non scorra più il sangue di Adamo che è sangue di peccato, ma scorra il sangue di Cristo, che è sangue di Dio, sangue divino, santissimo. È questo sangue che deve trasformare la nostra vita in vita divina, santissima. Tutto questo non potrà agire in noi se non secondo la fede. Chi prende questo sangue e lo beve, lo deve bere perché veramente vuole trasformare il suo corpo in corpo di Cristo. Lui è corpo di Cristo, beve il suo sangue, per divenire corpo di Cristo santo come il corpo di Cristo è santo.

La santità del corpo di Cristo si verifica se la nostra vita è tutta vita di Cristo ed è vita di Cristo se è conforme alla sua Parola, al suo Comandamento, al suo Vangelo. Più il cristiano santifica il corpo di Cristo e più esso diviene corpo di salvezza e di redenzione. Anche questa verità ci insegna Paolo nella Lettera ai Colossesi.

Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza (Col 1,24-29).

Il cristiano è colui che è tutto proteso alla santificazione del corpo di Cristo. Per la legge dell’incorporazione lui è obbligato ad essere santo perché il suo corpo è santo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci santi nel corpo di Cristo.

Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta

Tutto ciò che avviene nella storia ha un solo scopo: portare l’uomo a vivere nella Parola del Signore, ad ascoltare la sua voce. È verità di Dio e dell’uomo: la vita è nella Parola di Dio. Non appena l’uomo esce dalla Parola, si incammina su un sentiero di morte. Se non ritorna sui suoi passi – ed è questo il fine della correzione del Signore – il sentiero di morte dall’uomo imboccato lo condurrà alla morte eterna. Perché l’uomo non vada a finire nella morte eterna, se è necessario, l’educazione del Signore diviene anche privazione della vita fisica. La vita fisica è di un istante, quella eterna è senza fine. Ma l’uomo deve imparare e per questo va educato, formato, corretto, ad evitare la morte eterna. Chi non crede nella morte eterna, non ha bisogno di alcuna educazione o formazione. Se alla sera della vita ci sarà la beatitudine eterna, a che serve la correzione? È cosa inutile. Ma neanche Cristo, la Chiesa, i Sacramenti, la Grazia, il Vangelo servono. Alla sera vi sé solo gioia eterna.

Tutta l’opera del Signore è finalizzata a che il suo popolo mai si dimentichi che la vita non è nella terra, è nella Parola. Non è nell’uomo, è in Dio. Non è in ciò che mangia, ma nella sua benedizione. Dimenticare il Signore è precipitare nella morte.

Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandi che oggi vi do, perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in possesso della terra che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri. Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te.

Osserva i comandi del Signore, tuo Dio, camminando nelle sue vie e temendolo, perché il Signore, tuo Dio, sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti, di fonti e di acque sotterranee, che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai, sarai sazio e benedirai il Signore, tuo Dio, a causa della buona terra che ti avrà dato.

Guàrdati bene dal dimenticare il Signore, tuo Dio, così da non osservare i suoi comandi, le sue norme e le sue leggi che oggi io ti prescrivo. Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e abbondare ogni tua cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri, per umiliarti e per provarti, per farti felice nel tuo avvenire.

Guàrdati dunque dal dire nel tuo cuore: “La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze”. Ricòrdati invece del Signore, tuo Dio, perché egli ti dà la forza per acquistare ricchezze, al fine di mantenere, come fa oggi, l’alleanza che ha giurato ai tuoi padri. Ma se tu dimenticherai il Signore, tuo Dio, e seguirai altri dèi e li servirai e ti prostrerai davanti a loro, io attesto oggi contro di voi che certo perirete! Perirete come le nazioni che il Signore sta per far perire davanti a voi, se non avrete dato ascolto alla voce del Signore, vostro Dio (Dt 8,1-20).

Il libro della sapienza fa una distinzione tra la punizione data da Dio agli Egiziani che era senza alcun frutto di vita e la correzione operata da Lui in mezzo al suo popolo. il Signore castigava il suo popolo, ma per educarlo alla più pura fede che nasce dall’ascolto della sua voce. Si ascolta, si obbedisce, si vive. Ma Israele deve provare il male che la non fede genera in modo che si convinca che solo la fede genera vita. Un popolo che non ascolta non ha vita, cammina di morte in morte. La correzione serve affinché tutto il popolo impari ad ascoltare. Si ascolta, si vive. Non si ascolta, si muore. Mai vi potrà essere vera salvezza per chi non ascolta. I morsi dei serpenti velenosi devono aiutare il popolo a crescere in una fede immediata nel suo Dio. Dio non deve venire con i serpenti perché il popolo viva. Deve semplicemente ascoltare.

Per questo furono giustamente puniti con esseri simili e torturati con una moltitudine di bestie. Invece di tale castigo, tu beneficasti il tuo popolo; per appagarne il forte appetito gli preparasti come cibo quaglie dal gusto insolito, perché quelli che desideravano cibo, a causa del ribrezzo per gli animali inviati contro di loro, perdessero anche l’istinto della fame, mentre questi, rimasti privi di cibo per un breve periodo, provassero un gusto insolito. Era necessario che su quei tiranni si abbattesse una carestia implacabile e a questi si mostrasse soltanto come erano tormentati i loro nemici. Quando infatti li assalì il terribile furore delle bestie e venivano distrutti per i morsi di serpenti sinuosi, la tua collera non durò sino alla fine.

Per correzione furono turbati per breve tempo, ed ebbero un segno di salvezza a ricordo del precetto della tua legge. Infatti chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell’oggetto che vedeva, ma da te, salvatore di tutti. Anche in tal modo hai persuaso i nostri nemici che sei tu colui che libera da ogni male. Essi infatti furono uccisi dai morsi di cavallette e mosconi, né si trovò un rimedio per la loro vita, meritando di essere puniti con tali mezzi.

Invece contro i tuoi figli neppure i denti di serpenti velenosi prevalsero, perché la tua misericordia venne loro incontro e li guarì. Perché ricordassero le tue parole, venivano feriti ed erano subito guariti, per timore che, caduti in un profondo oblio, fossero esclusi dai tuoi benefici. Non li guarì né un’erba né un unguento, ma la tua parola, o Signore, che tutto risana. Tu infatti hai potere sulla vita e sulla morte, conduci alle porte del regno dei morti e fai risalire. L’uomo uccide con la sua malvagità, ma non può far ritornare uno spirito che se n’è andato, né libera un’anima già accolta nel regno dei morti. È impossibile sfuggire alla tua mano: perciò gli empi, che rifiutavano di conoscerti, furono fustigati dalla forza del tuo braccio, perseguitati da piogge strane, da grandine, da acquazzoni travolgenti, e consumati dal fuoco.

E, cosa più sorprendente, nell’acqua che tutto spegne il fuoco prendeva sempre più forza, perché alleato dei giusti è l’universo. Talvolta la fiamma si attenuava per non bruciare gli animali inviati contro gli empi e per far loro comprendere a tale vista che erano incalzati dal giudizio di Dio. Altre volte, anche in mezzo all’acqua, la fiamma bruciava oltre la potenza del fuoco per distruggere i germogli di una terra iniqua. Invece hai sfamato il tuo popolo con il cibo degli angeli, dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i figli, si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava.

Neve e ghiaccio resistevano al fuoco e non si fondevano, perché sapessero che il fuoco, che ardeva nella grandine e lampeggiava nelle piogge, distruggeva i frutti dei nemici; al contrario, perché i giusti si nutrissero, dimenticava perfino la propria forza. La creazione infatti, obbedendo a te che l’hai fatta, si irrigidisce per punire gli ingiusti e si addolcisce a favore di quelli che confidano in te. Per questo anche allora, adattandosi a tutto, era al servizio del tuo dono che nutre tutti, secondo il desiderio di chi ti pregava, perché i tuoi figli, che hai amato, o Signore, imparassero che non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te. Ciò che infatti non era stato distrutto dal fuoco si scioglieva appena scaldato da un breve raggio di sole, perché fosse noto che si deve prevenire il sole per renderti grazie e incontrarti al sorgere della luce, poiché la speranza dell’ingrato si scioglierà come brina invernale e si disperderà come un’acqua inutilizzabile (Sap 16,1-29).

I figli di Israele mormorano contro il Signore. Nell’accampamento vengono serpenti brucianti. Il loro morso è letale. Non vi sono rimedi. Chi può salvare? Solo il Signore. Al Signore si chiede salvezza. Subito il loro Dio dona il rimedio. Lo dona per mezzo di Mosè. Si deve costruire un serpente di rame, porlo su un’asta, innalzarlo al centro dell’accampamento. Chi è morso e lo guarda, guarisce. Chi non lo guarda, muore.

Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita (Num 21,4-9).

Il principio di vita e di salvezza che è racchiuso in questa disposizione di Dio da mettere in risalto ci dice che mai il Signore dona un ordine, un comando, una disposizione che l’uomo non possa affrontare.

Ci dice anche che ogni ordine e disposizione o comando del Signore ha un peso necessario da portare. Il peso si porta perché ci permette di raggiungere il fine. Senza peso non c’è realizzazione del fine. Ogni fine ha un peso da portare.

Peso e fine sono una cosa sola. Così come una cosa sola sono Croce e salvezza. Se non ci si consegna alla Croce non ci sarà mai salvezza. È la nostra condizione umana.

Il nostro peso da portare è l’obbedienza alla Parola del Signore. Del peso mai ci si deve lamentare. È la condizione divina posta da Dio per il raggiungimento del fine.

Il peso da portare non è quello che si carica l’uomo, secondo la sua volontà, o le sue scelte, ma è quello che nasce dalla Parola del Signore.

Il nostro peso sono i Comandamenti santamente compresi e santamente vissuti. Il nostro peso è il Vangelo, anch’esso santamente vissuto e santamente compreso. È la verità che ci obbliga se vogliamo camminare nella libertà.

Il peso va portato con amore allo stesso modo che Gesù portò il peso della croce con amore. Lo portò per noi, in vece nostra.

Nessuno però pensi di fare un solo passo in avanti verso la terra promessa, se ad ogni peso si lamenta, mormora, si oppone, si rifiuta, disobbedisce.

Il cammino è peso. Il peso si porta con amore per obbedienza. È questa la sola via della vita. Solo l’amore rende il peso leggero e sempre vivibile.

Gesù ci dice che il suo peso è leggero e il suo carico dolce. Non è pesante. Basta amarlo e ascoltare ogni sua parola.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,25-30).

Il serpente di rame innalzato al centro dell’accampamento ci rivela una seconda verità, anch’essa essenziale per la retta comprensione del brano.

Ogni volta che ci lamentiamo contro il Signore, mormoriamo contro di Lui, la nostra mormorazione, il nostro lamento, è più che un morso di serpenti velenosi. Questo grido contro il Signore uccide il nostro spirito e la nostra anima. Fa morire la fede in Lui.

Quando la nostra fede in Dio muore, non c’è più alcuna possibilità di cammino verso la conquista della nostra libertà. Siamo condannati a morire nel deserto.

Innalzare il serpente nel deserto è ripresa della nostra fede. Riprendiamo la fede, guariamo dal morso della non fede, possiamo ricominciare camminare.

È verità. La mormorazione contro Dio e con i profeti di Dio, uccide il cuore dell’uomo. Ucciso il cuore tutto muore. Urge rimettere la fede in noi.

Al tempo del re Ezechia troviamo che il serpente di rame, posto da Mosè al centro dell’accampamento come purissimo segno di fede, non è più segno di fede, ma di idolatria. Non era guardato più per guarire, ma per rimanere nell’incredulità.

Nell’anno terzo di Osea, figlio di Ela, re d’Israele, divenne re Ezechia, figlio di Acaz, re di Giuda. Quando egli divenne re, aveva venticinque anni; regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abì, figlia di Zaccaria. Fece ciò che è retto agli occhi del Signore, come aveva fatto Davide, suo padre. Egli eliminò le alture e frantumò le stele, tagliò il palo sacro e fece a pezzi il serpente di bronzo, che aveva fatto Mosè; difatti fino a quel tempo gli Israeliti gli bruciavano incenso e lo chiamavano Necustàn. Egli confidò nel Signore, Dio d’Israele. Dopo non vi fu uno come lui tra tutti i re di Giuda, né tra quelli che ci furono prima. Aderì al Signore e non si staccò da lui; osservò i precetti che il Signore aveva dato a Mosè. Il Signore fu con lui ed egli riusciva in tutto quello che intraprendeva. Egli si ribellò al re d’Assiria e non lo servì. Sconfisse i Filistei fino a Gaza e ai suoi territori, dalla torre di guardia alla città fortificata (2Re 18,1-8).

Questo fatto storico, ci suggerisce che tutto ciò che è visibile può essere ridotto in oggetto di idolatria. Oggetto di idolatria può essere ridotto tutto il culto, gli stessi sacramenti, l’Eucaristia. È il grande pericolo della religione.

Quando nulla è ridotto in idolatria? Quando viene sempre vissuto con la potente luce della Parola. Quando esso serve a mettere la Parola nel cuore.

I profeti sempre denunciano la trasformazione del culto in vera pratica di idolatria e di superstizione. La vanità del culto è sempre rivelata dai profeti di Dio.

E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,14-21).

Gesù si annunzia a Nicodemo come il vero Serpente di rame. Lui deve essere guardato perché la nostra fede è Lui. È la sua Parola, la sua verità, la sua grazia, la sua stessa vita. È il suo sangue e la sua carne. È la sua luce.

Lui è il “Serpente di rame” inchiodato sulla Croce, posto al centro dell’accampamento della terra, perché chiunque lo guarda con fede, possa avere la vita eterna.

È Lui, solo Lui, l’antidoto contro i morsi della non fede. Lui però non solamente va guardato. Lui va ascoltato, va creduto, va mangiato, va bevuto. Di Lui ci si deve nutrire.

Gesù lo dice con somma verità. È Lui la vita del mondo. Chi crede in Lui, ritorna in vita. È già nella morte. Chi non crede in Lui, rimane nella morte.

Oggi viviamo in una grande confusione. Vi sono molti serpenti innalzati nel mondo, nei quali l’uomo crede di avere la salvezza. Urge dirlo con estrema semplicità.

Il Padre solo Cristo Gesù ha innalzato nel mondo come suo vero serpente. Solo Lui il Padre garantisce. Nessun altro ha mai garantito e mai lo garantirà.

A noi la scelta. O crediamo e guardiamo, credendo in questo unico Serpente di vita eterna, oppure rimaniamo nella nostra morte. Nella morte siamo già.

I figli di Israele erano già nella morte. Lui si guardava per ritornare in vita. Così è per Cristo Gesù, vero ed unico Serpente del Padre. Chi lo guarda con fede, avrà la vita, ritornerà in vita. Chi non lo guarda, rimane nella sua morte. È già nella morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci uno sguardo di vera fede.