E non dissero niente a nessuno

La vera carità nasce dalla vera speranza. La vera speranza nasce dalla vera fede. Ogni impurità che viene introdotta nella vera fede, si trasforma in impurità nella speranze e nella carità. Da una fede imperfetta nascerà una speranza e una carità imperfette, di conseguenza avremo un umanesimo imperfetto. Se però la fede si corrompe, anche l’umanesimo si corrompe, giungendo a divenire disumanesimo, antiumanesimo. Che oggi si stia costruendo una società disumana, antiumana, lo si può dedurre dalla riduzione dell’uomo a cosa, oggetto. L’umanesimo spartano che precipitava dalla rupe tutti i bambini malformati, è nulla dinanzi allo scempio morale dei nostri giorni. Essi avevano scelto un umanesimo nel quale vi era spazio solo per gli uomini forti, valorosi, capaci di combattere, lottare, vincere. Noi stiamo costruendo l’umanesimo dell’immoralità, del vizio, della trasgressione, della concupiscenza, del furto, della falsa testimonianza, del dolo, dell’inganno, della menzogna, della falsità, e cosa ancora più triste: del desiderio immorale dell’uomo elevato a diritto. Stiamo costruendo l’umanesimo di diritto stabilito, sancito ad ogni immoralità, ogni trasgressione, ogni ingiustizia.

Possiamo definire l’umanesimo del nostro tempo: edonismo ad ogni costo, anche al costo di suicidarsi sia spiritualmente che fisicamente. Se il suicidio spirituale, morale, fisico è umanesimo, allora è segno che siamo veramente caduti in basso. Avendo l’uomo smarrito la sua trascendenza ontologica si è fatto solo immanenza. Non c’è più un’anima ed uno spirito che governano il corpo, ma è il corpo che governa se stesso e si governa lasciandosi attrarre solo dal fugace desiderio, anche se esso dovrà condurlo alla morte fisica, che importa. Il godimento è stato raggiunto. Poi si troverà sempre colui che celebrando i suoi funerali con grande solennità griderà che ci si trova dinanzi ad una persona solare, vittima di una società perversa che uccide i suoi figli, dimenticandosi di gridare all’assemblea presente che ci si trova dinanzi ad un suicidio che è omicidio insieme. La società ci uccide perché noi ci lasciamo uccidere da essa e ci lasciamo uccidere perché abbiamo scardinato la nostra vita dalla vera trascendenza, da quell’intimo e vitale legame con la fede sulla quale necessariamente la nostra vita dovrà fondarsi, costruirsi, innalzarsi, se vuole produrre veri frutti di bene e di salvezza.

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite (Lc 15,1-8).

Il vero umanesimo si costruisce ponendo al centro della nostra fede, anzi facendo cuore della nostra fede, la risurrezione di Gesù Signore. Ma questa risurrezione è il frutto della sua croce, la sua croce è il frutto della sua obbedienza, la sua obbedienza il frutto della sua fede in ogni desiderio anche inespresso del cuore del Padre, a Lui comunicato dallo Spirito Santo che si era posato su di Lui sotto forma corporea come di colomba. Una società che getta alla spazzatura il Crocifisso e ciò che Egli significa in ordine alla sua vera edificazione, attesta che per essa non vi è più alcuna vera speranza sulla quale edificarsi. Se non vi è più la vera speranza neanche la vera carità esisterà ed ecco allora l’uomo che diviene oggetto di edonismo per lo stesso uomo, L’altro mi serve finché è oggetto per me di piacere, godimento, profitto, ad ogni livello: fisico, economico, finanziario, ludico, sportivo, in ogni altro ambito. Così l’altro diviene a causa del dio edonismo oggetto di caccia e anche di eliminazione fisica qualora dovesse impedire il fine del mio godimento sensuale. La croce invece è dono della propria vita a Dio perché la trasformi in strumento di vera salvezza per l’intera umanità.

Le donne vanno a cercare un morto, un cadavere, perché esse sono convinte che è il sepolcro il frutto della croce. Gli Angeli le invitano ad andare ad annunziare ai discepoli che il frutto della croce è la risurrezione gloriosa e che la risurrezione gloriosa è la vera gioia, che non è gioia di un attimo, perché gioia eterna. La disobbedienza, la non fede, la non verità produce una gioia effimera, vana, genera un godimento fisico d’un istante. Poi viene la morte eterna, la tristezza eterna, l’infamia eterna, la desolazione eterna, il dolore eterno. La vera fede invece, vissuta sulla legge dell’amore, che si fa anche rinunzia momentanea della nostra vita per amore, produce un frutto di felicità eterna. Tutto questo può avvenire se si diviene in Cristo un solo albero di croce per trasformarsi con lui un solo albero di vita. Ma le donne per paura, tacciono.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci gridare la risurrezione di Gesù.