CRISTO, MARIA E LA CHIESA: MISTERICO INTRECCIO

 

Nel libro del profeta Isaia leggiamo: «La parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto» (55,10-11).

A quel tempo queste parole apparivano tutt’altro che scontate. Anzi, risuonavano nella storia come una contraddizione, dato i continui fallimenti che subivano i richiami di Dio al suo popolo.

Davvero la semina di Dio nel mondo appariva sterile ma quella parola, detta con linguaggio profetico, voleva essere d’incoraggiamento per quanti nonostante tutto continuavano a credere nella potenza di Dio.

Nel linguaggio metaforico del profeta, in cui la “terra” era simbolo del cuore umano, queste parole suonavano come una promessa, trovando piena realizzazione in Gesù: Parola di Dio che veramente ha penetrato la terra umana, diventando in essa seme che porta frutto e risposta feconda che l’ha radicata nel mondo in maniera vivente e definitiva.

Anche oggi questa parola appare a noi come una contraddizione, dinanzi alla storia che attesta che la parola di Gesù non dimora nel cuore degli uomini, i quali vivono nella piena dimenticanza.

Eppure al tempo di Gesù vi fu una “terra umana” in cui la Parola di Dio è penetrata in profondità, radicandosi sempre più in essa, trasformandola in terra fertile e feconda. Quella “terra” è la Vergine Maria. Nel suo cuore il seme della Parola è penetrato portando frutto.

Quanto è accaduto nel suolo santo di Maria, Dio vuole che accada nella terra che è ogni battezzato. In Maria il seme della Parola non è rimasto solo, ma quella terra accogliendolo è divenuta sua serva, consentendo alla Parola di diventare uomo, frutto della terra, affinché ritornasse a Dio impastato con la terra dell’intera umanità.

Come può un uomo, imitando il mistero di Maria, diventare un campo fertile per la Parola di Dio? Lo può a patto che si lasci penetrare dal seme della Parola di Dio nella terra del proprio cuore, preparando terreno che è lui dissodandolo con la preghiera, presentando a Dio la propria storia di peccato, di fragilità e debolezza. Essere terreno della Parola, poi, significa essere una terra che si lascia assorbire dal seme, in modo che, rinunciando a se stessi, il seme germogli in abbondanza. Bisogna fare come Maria, la quale, nella sua maternità, ha lasciato che nel seme del Parola fosse trasfusa tutta la sostanza di sé, generando una nuova vita. Anche noi credenti dobbiamo lasciarci consumare per essere trasformati nel seme della Parola che ha bisogno di noi per diventare frutto della terra.

Questo mirabile e misterioso intreccio tra seme e terra, realizzatosi pienamente in Maria e Gesù, può aiutarci a riflettere sull’agitato attivismo della nostra vita spirituale, che nasconde che abbiamo separato Cristo dalla Madre. Fatto che si riverbera anche sul nostro modo di pensare e percepire la Chiesa, la quale non è un manufatto consegnatoci finito, ma quel seme di Dio che dobbiamo contribuire a far sviluppare fino alla maturazione, non però con il nostro fare, ma vivendo il mistero mariano, poiché essa stessa è a somiglianza di quel misterioso intreccio cristologico e mariano. La Chiesa, infatti, chiamata a essere terra feconda della parola, lo diventerà a patto che si sottometta a questo segno. Ciascun battezzato deve accogliere in sé il simbolo del suolo fertile, diventando uomini e donne dell’attesa, che, raccolti nell’interiorità del cuore, nell’ascolto della Parola, nella profondità della preghiera, nell’anelito della fede, nella carità e speranza, fanno spazio alla crescita di Dio in loro.

Don Massimo Cardamone