Conclusioni di Mons. Ciliberti al V convegno

Conclusioni

S.E. REV.MA MONS. ANTONIO CILIBERTI
Arcivescovo di Catanzaro-Squillace
(Roma, Auditorium della Conciliazione, 24 Novembre 2010, ore 17,30)

Carissimi,

vi saluto con grande affetto nel Signore e dico subito incommensurabile la mia gioia nell’essere con voi in questo quinto convegno nazionale del benemerito Movimento apostolico.

Il mio saluto è per tutti voi; lo è per i membri di questo sodalizio, ma a vostro nome, raccogliendo la bontà dei vostri sentimenti, questo saluto va a tutti coloro i quali, questa sera, ci onorano con la loro amabile presenza, espressioni alte delle istituzioni, a coloro che sono impegnati nella vita culturale e sociale, alle forze dell’ordine e, in maniera tutta particolare, ai reverendissimi confratelli e ai cari sacerdoti per i quali ribadisco incondizionata la mia disponibilità a elevare fervida la preghiera al Signore perché sull’esemplarità di Gesù si ripropongano sempre di più quali pastori buoni della sua chiesa.

Ma, naturalmente, a questi sentimenti io devo doverosamente coniugare la nostra comunitaria gratitudine innanzitutto al Santo padre che, questa mattina, ci ha accolto con entusiasmo nella gioia e ci ha rivolto un particolare pensiero, ma ancora la nostra gratitudine va a Sua eccellenza Mons. Toso che ci ha illuminato con la ricchezza della sua esposizione e la bontà delle sue utilissime riflessioni.

Ma ancora la nostra gratitudine, devota, va alla signora Maria, docile strumento nelle mani di Dio, attraverso il quale il Signore richiama tanti a effettuare intensamente quell’esperienza cristiana per orientare la propria vita sulla via che porta alla salvezza e a un nome suggestivo e sublime: Gesù Cristo.

Alla luce della Caritas in veritate, in profonda sintonia con le profonde riflessioni di monsignor Toso, voglio ribadire alcune cose che ritengo utili per noi e non solo, anche per l’intera società di cui siamo figli.

Oggi, gli uomini dei nostri tempi e, in maniera particolare, i giovani della cosiddetta modernità avvertono insopprimibili certi bisogni e li fanno presenti, a volte, in maniera implicita e non di rado anche esplicitamente, e che costituiscono la indigenza, vale a dire i bisogni dell’attuale società di cui la Chiesa, con cuore di madre, prende coscienza per potere, secondo lo specifico della particolarità della sua missione, dare un contributo per venire incontro a queste indigenze, a questi bisogni dell’umanità, secondo un ineffabile disegno che risponde alla sapienza e al cuore di Dio Padre.

Allora, brevemente, quali aspetti, oggi, presenta la cosiddetta modernità in cui i giovani sono particolarmente inseriti? La sintesi di questa identità potrebbe cogliersi nell’attualizzazione di quei bisogni che sono propri della ragione e della volontà dell’uomo i quali, naturalmente, da sempre, non potranno ricercare la verità che è oggetto della sua ragione e il bene che è oggetto della sua volontà.

Attraverso un travagliato processo di maturazione costante, la nostra società, nei tempi della sua modernità, ha attualizzato molte delle potenzialità che sono proprie della ragione, sia per quanto concerne la ricerca della verità, sia per quanto concerne la ricerca dei beni che sono oggetto della volontà.

Per il primo aspetto, oggi, noi sappiamo bene che, universalmente, la maturità dei popoli e, in maniera contestuale, della nostra storia locale, guarda con molta attenzione alla diversità, riscoprendo in essa una ricchezza e adoperandosi, proprio in nome di questo grado crescente di maturazione culturale, a coniugare la diversità nella operatività al servizio dell’uomo; ha così individuato alcune piste che sono assolutamente chiare, almeno per quanto concerne la visione teoretica e che risiedono in due grandi principi, oggi, acquisiti alla maturità culturale dei popoli, vale a dire la sussidiarietà e la solidarietà; tradotti in termini di estrema semplicità, questi due principi vogliono dire che nessuno di noi è bastevole per se stesso, ma abbiamo bisogno gli uni degli altri. Oggi, non potrebbe esserci un uomo che vanti il diritto di cittadinanza in questa nuova società se non riconoscesse i suoi limiti e la necessità di avere aiuto dagli altri; se non siamo bastevoli per noi stessi e abbiamo bisogno gli uni degli altri, ecco, dobbiamo dunque lavorare nella dimensione solidale, il che significa tutti per uno e uno per tutti.

Ma questo binomio verso quale punto porta, in maniera precisa, nella nostra costante operatività in seno alla civiltà moderna? Il punto è ineludibile ed è l’uomo nella sua dignità e impegno a costruire il bene comune.

Il Santo Padre, nella sua ammirabile enciclica, ribadisce con forza questa verità. Nessun uomo avrebbe il diritto di riproporre la sua presenza in una società evoluta se non riconoscesse il suo indispensabile dovere per dar senso compiuto alla sua vita di lavorare per esaltare la sua dignità di uomo e per costruire, a più mani, il bene di tutti.

In sintesi, questo potrebbe essere considerato l’aspetto caratterizzante di una sana modernità nella quale la nostra umanità è andata, in maniera graduale, attualizzando la ricchezza delle potenzialità che sono proprie della sua ragione, ma proprio a questo punto, l’uomo della modernità, nonostante queste conquiste, avverte i limiti che sono invalicabili per la sua propria identità, perché si ritrova, nonostante tutto, dinanzi a mille difficoltà nei confronti delle quali non ha il potere per superarle e risolverle; allora, avverte un’indigenza, il bisogno di un aiuto che non trova in se stesso; questa dimensione caratterizza, oggi, l’aspirazione della nostra umanità, come dicevo, a volte, in maniera esplicita, ancora più diffusamente in maniera implicita.

Per quanto concerne l’altro aspetto, vale a dire l’attualizzazione dell’impegno della volontà dell’uomo alla ricerca di una tecnologia avanzata per potersi procacciare quei beni di consumo nei quali la società moderna pensa di trovare l’oggetto costitutivo della sua beatitudine, abbiamo verificato e andiamo verificando che gli uomini dei nostri tempi sono soverchiamente condizionati da questo desiderio insopprimibile, da questo insopprimibile bisogno.

Chi di noi non va alla ricerca di queste cose caduche, contingenti? Ma, alla fine, dopo averle possedute e fruite, cosa avverte l’uomo della cosiddetta modernità? La insoddisfazione profonda del suo spirito che non può essere appagato dalle cose caduche e contingenti di quaggiù, ma che avverte insopprimibile il bisogno di trascendere questi limiti, anelando verso valori assoluti.

Queste due condizioni, sia per quanto concerne la dimensione teorica, sia per quanto concerne la dimensione pratica, coniugano attese da parte dell’umanità, aspirazioni, orientamenti verso l’alto; proprio qui si innesta, in maniera mirabile, l’azione della Chiesa, non per suo merito ma per ineffabile disegno di Dio, perché Dio, personificazione della semplicità assoluta della verità, ha irradiato lo splendore della sua luce rivelandosi e lo splendore della luce divina piove dall’alto sui limiti che sono propri della nostra umanità segnata e consente alla ragione dell’uomo di potersi attualizzare in pienezza; altro che coercizione, altro che ottenebrazione!

L’uomo, utilizzando le potenzialità che sono proprie della sua ragione, illuminate dalla luce della rivelazione, può davvero in pienezza armonica, realizzare se stesso e, addirittura, trascendere i limiti che sono propri della sua umanità per contemplare i valori assoluti contenuti nella bontà della rivelazione.

Per quanto riguarda l’altro aspetto, il desiderio di beatitudine somma che, in maniera insopprimibile, risponde a un’indigenza dell’animo dell’uomo, esso deve ritrovare un oggetto che, nella sua estrema semplicità, possa coniugare gli attributi che sono costitutivi della beatitudine somma: l’assoluto, l’eterno e l’immutabile. Assoluto è ciò che, per essere, non ha bisogno di altro o altri, ma ha in se stesso le ragioni del suo essere. Come può essere oggetto costitutivo di autentica beatitudine per l’uomo, ciò che, per essere, avrebbe bisogno di appoggiarsi ad altri?

Deve essere qualcosa di eterno, perché ciò che ha fine nel tempo, per la sua stessa finitudine, sarebbe motivo di perturbazione e non certo motivo di autentica beatitudine; deve essere immutabile per ciò che ha dentro di sé, perché l’esperienza della mutevolezza e non della stabilità perenne è motivo di perturbazione, non certo di beatitudine.

Amici carissimi, chi è l’assoluto l’eterno e l’immutabile? Solo Dio che nella sua semplicità personifica la ricchezza di questi valori trascendenti; solo Dio, dunque, può essere oggetto di beatitudine per l’uomo. Lo gridava il grande Agostino: Signore tu ci hai fatto per te e il nostro cuore sarà sempre inquieto fino a quando non riposerà in te.

Verità trascendente, bontà assoluta, sono il deposito che la Chiesa, non per suo merito ma per ineffabile disegno di Dio, ha dentro di sé. La Chiesa, allora, oggi, a questo indilazionabile compito di andare incontro all’uomo che ha un bisogno insopprimibile di questi valori, ripropone la semplicità della sua missione, la verità e il bene personificati in Cristo: Dio che si è fatto nostro fratello, somma verità e sommo bene.

Non è impossibile all’uomo instaurare con Cristo questo rapporto inscindibile di personale relazione e cogliere, quindi, in lui l’appagamento dell’indigenza della sua ragione e l’appagamento delle brame di infinito che sono insopprimibilmente presenti nella realtà del suo spirito.

Instaurare con Cristo, Verbo incarnato, un rapporto di relazione personale comunitario, instaurare con Cristo un rapporto di autentica e comune unione significa concretizzare, in pienezza, la propria dignità di uomo e di cristiano in seno alla Chiesa.

Il Movimento Apostolico, sollecitato dallo Spirito di Dio, ha proprio questo compito: innanzitutto, quello di ricordare a quegli uomini che hanno dimenticato la loro ricchezza, questi valori che da sempre sono presenti nella chiesa e che la chiesa, con cuore di madre, irradia attraverso la testimonianza efficace della sua missione; poi, quello di annunziare il Cristo, come l’unico vero bene per l’intera umanità e, in maniera particolare, per i giovani.

Questo annunzio, carissimi, non va fatto soltanto con la forza della parola, ma ancora di più con la testimonianza della vita, perché sappiamo bene che la testimonianza è la forza capace non solo di parlare all’intelligenza dell’uomo, ma ancor più di muovere il cuore verso quella indispensabile adesione alla verità che, così, si fa vita.

È vostro compito, il compito del Movimento Apostolico: siate davvero dei testimoni per potere riproporre il volto amabile della chiesa e, ancor più, il volto amabile di Cristo presente nella chiesa, riproponendolo con la vostra testimonianza come risposta esauriente a tutti i problemi dell’uomo e ancor più come l’unico Salvatore del mondo ieri, oggi, sempre.

Nello spirito di queste verità vi auguro, davvero, che ogni giorno possiate crescere e maturare nella vostra fede in cui attingere forte il compito della vostra missione in seno al mondo. Auguri!