Commento teologico alla prima lettura – ottobre 2018

QUANTO POSSIEDE È IN TUO POTERE

Gb 1,6-22; Sal 16; Lc 9,46-50

1 OTTOBRE

Giobbe è persona dalla coscienza retta. Dio lo rivela a Satana. Nessun uomo è come lui sulla terra, sempre alieno dal male e pronto per ogni opera buona. Satana risponde al Signore che quanto Lui sta dicendo è purissima verità. Deve però sapere che Giobbe è buono, onesto, dalla coscienza retta, perché naviga nella ricchezza e in ogni abbondanza. Se il Signore provasse solamente a privarlo di qualcosa, sentirebbe Giobbe rivoltarsi contro di Lui. Nel bene è facile servire il Signore. Difficile o impossibile diviene nella povertà, miseria, dolore, sofferenza. Nella gioia Dio può essere anche confessato, ma inchiodati su una croce c’è spazio per benedire il nostro Creatore? Il Signore accetta la sfida di Satana e gli concede di privare Giobbe di ogni bene. Non deve però toccarlo nel suo corpo. Dei beni e di ogni altra cosa lo potrà privare, dovrà però rispettarlo nella sua salute o incolumità fisica. Giobbe cadrà come previsto da Satana e rimarrà integro nella sua giustizia? Riuscirà ancora a benedire il suo Dio?

Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore. Un giorno accadde che, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi.

I Sabei hanno fatto irruzione, li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è appiccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno formato tre bande: sono piombati sopra i cammelli e li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: «Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!». In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.

Giobbe in un giorno perde tutto. Non ha più nulla su cui contare. Figli, animali, terra, tutto gli viene strappato dalla sua vita. Ma lui non cade. Rimane ben saldo nella sua fede. Lui benedice ancora il Signore. Non pecca con le parole della sua bocca. Ancora il Signore può dire che non esiste sulla terra uomo come Giobbe, alieno dal male e dal cuore sempre orientato verso il bene. Noi sappiamo che la sfida di Satana continua. Giobbe benedice Dio perché non è stato toccato nella sua carne. Anche questa sfida accoglie il Signore. Il limite è uno solo: risparmiargli la vita. Giobbe risulta ancora vincitore. Nonostante fosse una piaga in tutto il suo corpo, benedice il Signore. Dalla sua bocca non esce alcuna parola insipiente. Questa sfida Satana la rivolge a Dio anche per Cristo Signore. Questa volta il Signore non gli pone alcun limite. Satana potrà anche crocifiggere il Figlio suo. Questi sempre benedirà e loderà il Signore. In verità non vi è sfida più grande di questa. Gesù da Crocifisso non solo non pecca nei pensieri, trasforma la sua parola in preghiera di richiesta di perdono per tutti i suoi carnefici e per l’intera umanità. In più volontariamente offre il suo corpo al Padre per la redenzione dell’uomo. Prova brillantemente superato e Stana sconfitto per l’eternità.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutate ogni cristiano a rimanere fedele a Dio nella prova.

IL MIO ANGELO CAMMINERÀ ALLA TUA TESTA

Es 23,20-23; Sal 90; Mt 18,1-5.10

2 OTTOBRE

Per promessa fatta ad Abramo ed anche a Giacobbe, il Signore è “obbligato” per fedeltà alla sua Parola, a dare la terra di Canaan ai figli d’Israele. Quanto è promesso sempre va compiuto. In più si tratta di una Parola proferita da Dio senza alcuna condizione o richiesta da parte sua. Parola incondizionata, obbligo incondizionato.

Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo». Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate (Gen 15,13-18).

Israele dunque levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea, dove offrì sacrifici al Dio di suo padre Isacco. Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi con le sue mani» (Gen 46,1-4).

Anche se nella Scrittura più antica, l’Angelo del Signore e il Signore non sempre sono separabili, in quanto Angelo del Signore e Signore sono la stessa persona, con il tempo Dio è Dio e l’Angelo è l’Angelo. Questa distinzione appare nitida nei Salmi. Nella rivelazione è chiaramente affermata l’esistenza di queste creature spirituali.

O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza, con la bocca di bambini e di lattanti: hai posto una difesa contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi: tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari. O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! (Sal 8, 1-10).  “Che cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi  o il figlio dell’uomo perché te ne curi? Di poco l’hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l’hai coronato e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi (Eb 2,6-8).

Dicendo il Signore che il suo Angelo camminerà alla testa del popolo, vuole rivelare una sola verità: la certezza o sicurezza per esso di entrare nella terra di Canaan. Il Signore non manda il suo Angelo per fare da compagnia, lo fa camminare avanti per sbaragliare ogni forza contraria, ogni potenza nemica che dovesse sbarrare la strada.

Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, da’ ascolto alla sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui. Se tu dai ascolto alla sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l’avversario dei tuoi avversari. Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l’Amorreo, l’Ittita, il Perizzita, il Cananeo, l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò.

L’Angelo del Signore è potenza invincibile contro ogni forza nemica. Lui ci è donato non solo per condurci sulla via di Dio, ma anche per liberarla da ogni nemico pronto ad assalirci e a sbranarci. All’uomo è chiesto di avere fede in questo dono di Dio, ma anche di invocarlo in ogni momento del cammino. Con lui il cammino sarà possibile, senza di lui sarà esposto ad ogni pericolo. Possiamo facilmente soccombere ed essere trascinati sulla via che conduce alla perdizione eterna. Il Signore l’aiuto lo ha donato. Spetta ora a noi servircene con fede e grande preghiera. Lui è dato perché cammini dinanzi a noi e ci faccia entrare nella patria eterna. Altissima missione la sua.

Regina degli Angeli e dei Santi, aiutaci a credere in questa presenza celeste.

NON CREDO CHE DAREBBE ASCOLTO

Gb 9,1-12.14-16; Sal 87; Lc 9,57-62

3 OTTOBRE

Nell’Antico Testamento ancora la teologia è imperfetta perché la rivelazione è imperfetta. Di conseguenza anche il dialogo è imperfetto e imperfette le conclusioni alle quali si perviene. Tuttavia anche se la rivelazione è ancora imperfetta, essa va anche aiutata da una sana razionalità e intelligenza. Nel processo della rivelazione o del cammino della verità di Dio nella storia, vi sono cose che sono affidate all’uomo. Certo non l’uomo consegnato alle sole sue forze, ma all’uomo che si consegna a Dio e chiede di comprendere le sue vie. Dio si rivela, ma anche l’uomo deve chiede la luce. Dio dona, ma l’uomo deve pregarlo perché sempre gli doni quanto gli è necessario perché la sua mente penetri nel suo mistero e lo viva secondo la divina volontà. Una parola del Salmo può aiutarci a penetrare questo mistero della collaborazione tra Dio e l’uomo. Spiegazione e comprensione vanno sempre chieste nella preghiera.

Quanto è buono Dio con gli uomini retti, Dio con i puri di cuore! Ma io per poco non inciampavo, quasi vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti, vedendo il successo dei malvagi. Fino alla morte infatti non hanno sofferenze e ben pasciuto è il loro ventre. Non si trovano mai nell’affanno dei mortali e non sono colpiti come gli altri uomini. Dell’orgoglio si fanno una collana e indossano come abito la violenza. I loro occhi sporgono dal grasso, dal loro cuore escono follie. Scherniscono e parlano con malizia, parlano dall’alto con prepotenza. Aprono la loro bocca fino al cielo e la loro lingua percorre la terra. Perciò il loro popolo li segue e beve la loro acqua in abbondanza. E dicono: «Dio, come può saperlo? L’Altissimo, come può conoscerlo?». Ecco, così sono i malvagi: sempre al sicuro, ammassano ricchezze. Invano dunque ho conservato puro il mio cuore, e ho lavato nell’innocenza le mie mani! Perché sono colpito tutto il giorno e fin dal mattino sono castigato? Se avessi detto: «Parlerò come loro», avrei tradito la generazione dei tuoi figli. Riflettevo per comprendere questo ma fu una fatica ai miei occhi, finché non entrai nel santuario di Dio e compresi quale sarà la loro fine. Ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai cadere in rovina. Sono distrutti in un istante! Sono finiti, consumati dai terrori! Come un sogno al risveglio, Signore, così, quando sorgi, fai svanire la loro immagine. Quando era amareggiato il mio cuore e i miei reni trafitti dal dolore, io ero insensato e non capivo, stavo davanti a te come una bestia. Ma io sono sempre con te: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai secondo i tuoi disegni e poi mi accoglierai nella gloria. Chi avrò per me nel cielo? Con te non desidero nulla sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore, mia parte per sempre. Ecco, si perderà chi da te si allontana; tu distruggi chiunque ti è infedele. Per me, il mio bene è stare vicino a Dio; nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere (Sal 73 (72) 1-28).

Il giusto sa che ogni comprensione della storia viene dal Signore. Lui vedeva non capiva. Entra nel tempio. Il Signore gli dona la sua luce, comprende in un istante. Giobbe non comprende il perché della sua sofferenza. I suoi tre amici vogliono convincerlo di colpevolezza. Lui con parole ferme attesta la sua giustizia. Ma non va oltre. Di Dio in sé dona una meravigliosa descrizione. Di Dio invece nella relazione con gli uomini le sue parole non sono perfette. Il suo pensiero è fortemente inceppato.

Giobbe prese a dire: «In verità io so che è così: e come può un uomo aver ragione dinanzi a Dio? Se uno volesse disputare con lui, non sarebbe in grado di rispondere una volta su mille. Egli è saggio di mente, potente di forza: chi si è opposto a lui ed è rimasto salvo? Egli sposta le montagne ed esse non lo sanno, nella sua ira egli le sconvolge. Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne tremano. Comanda al sole ed esso non sorge e mette sotto sigillo le stelle. Lui solo dispiega i cieli e cammina sulle onde del mare. Crea l’Orsa e l’Orione, le Plèiadi e le costellazioni del cielo australe. Fa cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare. Se mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non mi accorgo. Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire? Chi gli può dire: “Cosa fai?”. Tanto meno potrei rispondergli io, scegliendo le parole da dirgli; io, anche se avessi ragione, non potrei rispondergli, al mio giudice dovrei domandare pietà. Se lo chiamassi e mi rispondesse, non credo che darebbe ascolto alla mia voce.

È obbligo per ogni uomo parlare di Dio sempre con purezza di dottrina, verità, scienza.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che mai parliamo di Dio dai nostri sentimenti.

LE STIGMATE DI GESÙ SUL MIO CORPO

Gal 6,14-18; Sal 15; Mt 11,25-30

4 OTTOBRE

Conosciamo il desiderio di Paolo in relazione a Cristo Gesù. Lo rivela con potenza di verità nella Lettera ai Filippesi. Cristo Crocifisso è il suo solo modello verso il quale Lui sempre guarda e per raggiungere il quale sempre corre. Lui non ha altro da compiere sulla terra in ordine alla sua vita: divenire crocifisso come Cristo, il Crocifisso per amore. Cristo e questi Crocifisso è anche il solo oggetto della sua predicazione.

Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Cor 1,22-25). Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1Cor 2,2-5).

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,5-11). Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Fil 3,8-14).

Nelle Lettera ai Galati ci rivela invece che ormai il mistero di Cristo in Lui si è perfettamente compiuto. Prima di ogni cosa ci manifesta che non è più lui che vive, ma è Cristo che vive in lui.  A questa prima rivelazione ne aggiunge una seconda: la conformazione a Cristo ormai è anche nel suo corpo, nel quale porta le stigmate di Gesù Signore. Ormai Lui è stato crocifisso in Cristo Crocifisso. Lui ha crocifisso il mondo e il mondo lo ha crocifisso. Da crocifisso è vero annunciatore di Cristo Crocifisso. Con la parole dice chi è Cristo, con il corpo lo rende visibile.

Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,19-20).  Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Manifestare perfettamente Cristo con le parole e con il proprio corpo è il sommo della verità del discepolo di Gesù. Il desiderio di Paolo dovrebbe essere di ogni discepolo di Gesù Signore. Se il discepolo non coltiva questo desiderio, a poco a poco la sua vita diviene mediocre, misera, la parola perde la sua luce, la sua testimonianza si fa assai debole, quasi inesistente. Non vi è più manifestazione di Cristo e di conseguenza neanche vi è più attrazione a Lui. Muore la fede, muore l’evangelizzazione.

Madre di Dio, Angeli, Santi, non fate che la fede muoia. Se essa muore, tutto muore.

DILLO, SE SAI TUTTO QUESTO!

Gb 38,1.12-21; 40,3-5; Sal 138; Lc 10,13-16

5 OTTOBRE

Può un uomo chiudere e imprigionare il mistero di Dio e della vita nella propria giustizia? La giustizia testimoniata dalla propria coscienza può essere dichiarata il solo principio ermeneutico di ogni cosa? Giobbe vuole conoscere il motivo della sua sofferenza, nonostante la sua giustizia. Il Signore interviene con voce potente dal cielo e pone dinanzi alla sua mente tutte le opere della sua creazione, perché lui ne scopra il mistero e glielo sveli. Qual è il risultato? La mente di Giobbe è dichiarata una nullità. Niente essa conosce del mistero che è racchiuso in ogni opera, piccola o grande, del cielo o della terra o anche delle acque, posta da Dio nella sua creazione. La mente dell’uomo non ha questa capacità. Il mistero è infinitamente oltre la mente dell’uomo. Esso va accolto e vissuto con grande umiltà, fino a che il Signore non ritenga che sia giunto il tempo di manifestarlo al suo cuore e alla sua anima.

A che serve allora la giustizia, se essa non è principio di comprensione e di intelligenza del mistero? Serve solo a definire se la nostra sofferenza è frutto del nostro peccato, perché si ponga subito mano ad eliminarlo dalla nostra vita. Se Giobbe, esaminando la sua coscienza, avesse scoperto di essere nel peccato, subito avrebbe dovuto passare dallo stato di ingiustizia a quello di giustizia, ritornando nella perfetta obbedienza al bene e alla verità. In questo caso avrebbe anche riconosciuto che la sua sofferenza è anche frutto delle sue trasgressione. Nel peccato non sarebbe benedetto dal Signore e la sofferenza potrebbe aggredirlo con particolare veemenza. Invece trovandosi giusto in ogni cosa, sa che la sofferenza non è frutto del peccato e può vivere nella pace. Soffre, ma per altri motivi che non è dato a lui di conoscere. Le conoscerà a suo tempo, sempre che il Signore voglia che lui le conosca, altrimenti scenderà nella toma portando con intatto il loro segreto. Questa è purissima fede nel Signore.

Noi sappiamo sin dal principio perché Giobbe è nella sofferenza. Lui non lo viene a sapere neanche alla fine dell’intervento di Dio. Cosa è allora cambiato in lui? Nulla in relazione al suo dolore. È invece cambiata una “notizia”in ordine alla sua vita. Lui è posto in un universo nel quale ogni cosa racchiude in sé un mistero. L’asino selvatico non si chiede perché debba vivere in quel modo e neanche il sole se lo chiede. Essi portano un mistero che è la loro stessa vita. Così Giobbe, come ogni altro essere creato da Dio, è portatore di un mistero che neanche a lui è dato di conoscere. Lo porta e lo vive senza alcuna richiesta a Dio di comprensione. Giobbe ora sa che tutto è mistero attorno a sé, che ogni uomo è portato di un mistero, lo accoglie e trova la pace.

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: Da quando vivi, hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all’aurora, perché afferri la terra per i lembi e ne scuota via i malvagi, ed essa prenda forma come creta premuta da sigillo e si tinga come un vestito, e sia negata ai malvagi la loro luce e sia spezzato il braccio che si alza a colpire? Sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell’abisso hai tu passeggiato? Ti sono state svelate le porte della morte e hai visto le porte dell’ombra tenebrosa? Hai tu considerato quanto si estende la terra? Dillo, se sai tutto questo! Qual è la strada dove abita la luce e dove dimorano le tenebre, perché tu le possa ricondurre dentro i loro confini e sappia insegnare loro la via di casa? Certo, tu lo sai, perché allora eri già nato e il numero dei tuoi giorni è assai grande!

Oggi vi è nel core dell’uomo una tentazione sottilissima che nessuno vede. Satana veramente sta vagliando gli uomini come si vaglia il grano. Ad ognuno sta suggerendo di disprezzare il mistero della sua vita per crearsi una vita nuova, diversa, più bella, ricca. Anche il mistero del corpo vuole che venga disprezzato. All’uomo e alla donna occorre un corpo artificiale. Siamo nella distruzione della natura umana. L’uomo si sta condannando alla non pace eterna. Distrutto il mistero uomo, donna, corpo, anima, spirito, storia, condizione concreta, muore l’uomo secondo Dio. Se ne costruisce uno secondo l’uomo. Ma questo è l’uomo diabolico, non secondo Cristo. L’uomo secondo Cristo accoglie il mistero e lo vive. L’uomo diabolico vuole uscire da esso sempre.

Madre Celeste, Angeli, Santi, fateci essi uomini secondo Cristo, mai secondo Satana.

IO TI CONOSCEVO SOLO PER SENTITO DIRE

Gb 42,1-3.5-6.12-17; Sal 118; Lc 10,17-24

6 OTTOBRE

È giusto chiedersi: la fede in Dio necessariamente deve nascere dall’incontro diretto con il Signore, oppure essa potrà anche nascere per sentito dire? Si risponde subito che prima della nascita della mediazione profetica e sacerdotale, con Mosè, la fede nasceva con un incontro diretto con Dio. Questo è avvenuto con Adamo, Caino, Noè, Abramo, Giacobbe, Mosè. Per quanti avevano avuto l’incontro diretto con Dio vi era l’obbligo di educare i propri figli nella retta fede. L’educazione iniziava con la circoncisione che avveniva l’ottavo giorno dopo la nascita. Poi è sorto il popolo e con esso, la nascita delle fede è stata affidata all’insegnamento, all’educazione, alla formazione. I mediatori della Parola – padre, madre, sacerdoti, scribi, giudici, anziani – possono essere veri e faranno sorgere vera fede, ma anche potranno essere falsi o parziali e nascere fede falsa o parziale. Il mediatore è carico di un’altissima responsabilità: deve sempre conservarsi nella più pura fedeltà a Dio per essere fedele all’uomo. Se è infedele verso Dio, sarà anche infedele verso l’uomo da portare a Dio. Chi è adoratore di un falso Dio mai potrà trasmettere la vera fede. Ne darà una falsa.

È quanto sta succedendo ai nostri giorni. Molti mediatori della fede si sono sganciati, separati, distaccati, tagliati completamente dalla Parola della Scrittura. Poiché non c’è fede senza verità e non c’è verità senza Parola, è venuta meno la trasmissione della fede. Ognuno recita i suoi pensieri, i sentimenti del suo cuore e li propaganda come purissima verità di Dio. Oggi neanche possiamo più dire che conosciamo Dio per sentito dire. Ognuno si dipinge il suo Dio a proprio gusto e poi quasi vorrebbe imporlo agli altri come il solo Dio vero. È evidente che questo procedimento non va. Se ognuno si dipinge il suo Dio, è giusto che come uno vuole che il suo Dio venga rispettato così è anche giusto rispettare il Dio degli altri. Si è così passati in pochissimo tempo Dall’unico Dio vive e vero che è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, al Dio unico, uguale per ogni uomo, a qualsiasi religione o cultura appartenga, al dio personale per ogni uomo. Dio è uno, ma ognuno ha il suo Dio. Si comprenderà che questa è la vera Babele religiosa dei nostri giorni. Anche quelli che dicono di adorare o il Dio unico o l’unico Dio, in verità ognuno di essi adora e venera il suo Dio personale e personalizzato. Sembra di trovarci in una fabbrica di Dèi. Ognuno ordina il suo Dio ed ad ognuno è fatto secondo i suoi particolari gusti. All’uomo macchina corrisponde il Dio macchina. È questo un momento delicatissimo per la vera fede.

Giobbe prese a dire al Signore: «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile. Chi è colui che, da ignorante, può oscurare il tuo piano? Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo. Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere». Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.

Giobbe conosceva Dio per sentito dire. Gli mancava solo qualche verità. Lo attesta la sua coscienza pura, delicata, retta, sensibile. Quale Dio conosce una coscienza che attesta che presso Dio ogni tendenza sessuale è buona? Quale Dio vive in una conosce che attesta che tutto è amore e tutto è diritto, compresi aborto, eutanasia, divorzio, utero in affitto e mille altre cose del genere? Di quale Dio ha sentito parlare un uomo che ha nel cuore il desiderio della distruzione della stessa natura umana in nome dell’uguaglianza di due esseri che per natura sono stati creati non solo differenti, ma anche complementari? La coscienza di un uomo rivela qual è il suo Dio. Una coscienza che nega le verità essenziali della fede rivelata, di certo non possiede il vero Dio. è obbligo per chi parla di Dio, dare sempre il vero Dio. Di ogni falsità è responsabile.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che parliamo sempre del vero Dio ad ogni uomo.

E I DUE SARANNO UN’UNICA CARNE

Gn 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16

7 OTTOBRE – XXVII DOMENICA T.O.

Nel disegno del Dio Creatore e Signore, l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, vive di unità nella differenze dei generi: maschile e femminile. È in questa differenza che l’uomo può realizzare il fine per cui è stato creato: essere pro-creatore, o creatore in nome e per conto del Signore, della vita umana sulla nostra terra. Come è necessaria l’unità, così è necessaria la differenza dei generi di maschio e femmina. Questa non è la prima verità sull’uomo, la sua verità stessa verità. Ogni altra verità è frutto di questa sua essenza creata. Dove questa essenza viene cancellata, è l’uomo nella sua natura che viene cancellato. Da uomo – maschio e femmina – se ne fa un non uomo. Da una comunione se ne fa una solitudine. Da un essere per la vita ad un essere per la morte. Possiamo affermare che oggi l’uomo lavora per la sua stessa morte. Molte delle sue leggi sono per l’eutanasia invisibile dell’intera umanità. Il primo racconto della creazione lo rivela senza alcun equivoco: la diversità di genere è nell’unità. L’unità è nella diversità di genere. L’uomo non può esistere altrimenti.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò:  maschio e femmina li creò.  Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gen 1,26-28).

Nel secondo racconto, il discorso diviene più sottile. Ad un uomo che elevava gli animali a dèi da adorare, essa insegna con divina chiarezza che l’uomo negli animali non ha trovato un aiuto a lui corrispondente. Gli animali sono sottoposti all’uomo, non sono sopra l’uomo e neanche uguali all’uomo. La differenza è nell’immagine di Dio impressa nell’uomo ed anche nella sua vocazione all’immortalità. L’animale è fatto per l’uomo. All’uomo Dio ha anche dato il comando di ucciderlo e di nutrirsi con le sue carni. Solo l’uomo senza Dio può elevare l’animale a Dio o a uomo, in tutto simile a lui. Ma questa è altissima involuzione di pensiero che giunge fino alla zoolatria. Ma sempre quando l’uomo smarrisce la verità di Dio, perde anche la verità di se stesso e la verità di ogni altro essere da Lui creato. L’odierna zoolatri attesta il degrado di fede nel quale anche il cristiano è precipitato. Se uno dicesse al cristiano che è precipitato in un abisso di non fede, creatrice di disumanità che giunge fino alla zoolatria, sarebbe subito dichiarato reo di morte. Ma ogni idolatria priva l’uomo della sua verità.

E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.

Altra verità scottante ci manifesta che oggi la famiglia anziché essere composta di padre, madre, bambini, è fatta di uomo e uomo, donna e donna, uomo senza donna e donna senza uomo, sempre però con cani e gatti e altri animali, considerati veri figli. L’animale un tempo si comprava al mercato. Oggi si adotta. Per contro al mercato di comprano i figli. Un tempo si toglieva agli animali, per darlo agli uomini. Oggi si toglie agli uomini per darlo agli animali. Adamo invece ci dice che solo nella donna ha trovato l’aiuto a lui corrispondente. Solo in lei trova il pieno completamento del suo essere. In lei trova ciò che mancava alla sua natura. La solitudine con lei diviene comunione.

Madre di Dio, Angeli, Santi, date ad ogni uomo lo splendore della sua verità.

IL VANGELO DA ME ANNUNCIATO

Gal 1,6-12; Sal 110; Lc 10,25-37

8 OTTOBRE

Per comprendere bene quanto viene detto sull’angelo del cielo, al quale non si deve prestare alcuna fede, nel caso venisse e annunziasse un Vangelo diverso da quello che ha annunciato Paolo, potrà aiutare un evento che troviamo nell’Antico Testamento.

Un uomo di Dio, per comando del Signore, si portò da Giuda a Betel, mentre Geroboamo stava presso l’altare per offrire incenso. Per comando del Signore quegli gridò verso l’altare: «Altare, altare, così dice il Signore: “Ecco, nascerà un figlio nella casa di Davide, chiamato Giosia, il quale immolerà su di te i sacerdoti delle alture, che hanno offerto incenso su di te, e brucerà su di te ossa umane”». In quel giorno diede un segno, dicendo: «Questo è il segno che il Signore parla: ecco, l’altare si spezzerà e sarà sparsa la cenere che vi è sopra». L’altare si spezzò e fu sparsa la cenere dell’altare, secondo il segno dato dall’uomo di Dio per comando del Signore. Presa la parola, il re disse all’uomo di Dio: «Vieni a casa con me per ristorarti; ti darò un regalo». L’uomo di Dio rispose al re: «Anche se mi darai metà della tua casa, non verrò con te e non mangerò pane né berrò acqua in questo luogo, perché così mi è stato ordinato per comando del Signore: “Non mangerai pane e non berrai acqua, né tornerai per la strada percorsa nell’andata”». Se ne andò per un’altra strada e non tornò per quella che aveva percorso venendo a Betel. Ora abitava a Betel un vecchio profeta, al quale i figli andarono a raccontare quanto aveva fatto quel giorno l’uomo di Dio a Betel.  Ed egli disse loro: «Sellatemi l’asino!». Gli sellarono l’asino ed egli vi montò sopra. Inseguì l’uomo di Dio e lo trovò seduto sotto una quercia. Gli domandò: «Sei tu l’uomo di Dio venuto da Giuda?». Rispose: «Sono io». L’altro gli disse: «Vieni a casa con me per mangiare del pane». Egli rispose: «Non posso tornare con te né venire con te; non mangerò pane e non berrò acqua in questo luogo, perché mi fu rivolta una parola per ordine del Signore: “Là non mangerai pane e non berrai acqua, né ritornerai per la strada percorsa all’andata”». Quegli disse: «Anche io sono profeta come te; ora un angelo mi ha detto per ordine del Signore: “Fallo tornare con te nella tua casa, perché mangi pane e beva acqua”». Egli mentiva a costui, che ritornò con lui, mangiò pane nella sua casa e bevve acqua. Mentre essi stavano seduti a tavola, la parola del Signore fu rivolta al profeta che aveva fatto tornare indietro l’altro, ed egli gridò all’uomo di Dio che era venuto da Giuda: «Così dice il Signore: “Poiché ti sei ribellato alla voce del Signore, non hai osservato il comando che ti ha dato il Signore, tuo Dio, sei tornato indietro, hai mangiato pane e bevuto acqua nel luogo in cui il tuo Dio ti aveva ordinato di non mangiare pane e di non bere acqua, il tuo cadavere non entrerà nel sepolcro dei tuoi padri”». Dopo che egli ebbe mangiato pane e bevuto, fu slegato per lui l’asino del profeta che lo aveva fatto ritornare. Egli partì e un leone lo trovò per strada e l’uccise; il suo cadavere rimase steso sulla strada, mentre l’asino se ne stava là vicino e anche il leone stava vicino al cadavere (1Re 13,1-24).

Nessun Angelo potrà mai contraddire una sola Parola del Signore. Se una sola Parola è contraddetta, modificata, alterata, di certo non è un angelo di luce che dice queste cose, ma uno che viene dalla tenebre. Paolo ha ricevuto direttamente il Vangelo da Gesù Signore. Nessuno sulla terra, né oggi né mai potrà modificare, alterare, trasformare la Parola di Gesù. Chi dovesse farlo è angelo delle tenebre travestito da angelo di luce. Per questo non gli si deve credere. Ogni trasformazione è inganno.

Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo! Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.

Se Paolo fosse oggi presente in mezzo a noi, sarebbe fortemente sconcertato. In nome di Dio stiamo addirittura eliminando lo stesso Cristo Gesù dal Vangelo. Ma anche il Vangelo stiamo cancellando come unica e sola via della vera salvezza. Deve Dio mandare qualche leone per convincerci che siamo governati dall’angelo delle tenebre?

Madre di Dio, Angeli, Santi, salvate il Vangelo da ogni potenza infernale che lo divora.

MI SCELSE FIN DAL SENO DI MIA MADRE

Gal 1,13-24; Sal 138; Lc 10,38-42

9 OTTOBRE

La vocazione di Paolo è in tutto simile a quella di Geremia, chiamato fin dal seno della madre ad essere profeta in mezzo al suo popolo. È anche simile alla vocazione di Isaia, chiamato mentre era in preghiera nel tempio. Vi è però una sostanziale differenza. Isaia si è offerto. Paolo è stato rapito in estasi.

«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano  e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare». Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore /(Ger 1,5-10.17-19). Io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:  «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».(Cfr. Is 6,1-10).

Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”» (At 22,17-21).

Essendo Paolo vero “profeta di Cristo Gesù”, il suo Vangelo è vero Vangelo. Se è vero Vangelo, è immodificabile nei secoli eterni. Esso è purissima verità di Dio.

Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mentisco. Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». E glorificavano Dio per causa mia.

Se nel suo Vangelo viene apportata anche una sola modifica, esso non è più Vangelo di Cristo Gesù. Vale per esso quando è detto per la Parola del Signore: “Ad essa non si aggiunge e non si toglie”. I Galati sono senza vero Vangelo, senza vera salvezza.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutateci a conservare puro il Vangelo della salvezza.

DISSI A CEFA IN PRESENZA DI TUTTI

Gal 2,1-2.7-14; Sal 116; Lc 11,1-4

10 OTTOBRE

Paolo non sa di essere “vero profeta di Cristo Gesù”. Del vero profeta non solo è la missione di dire, predicare, annunziare la vera Parola, il vero mistero, il vero Vangelo, la vera salvezza di Gesù Signore, è anche sua responsabilità nel correggere ogni comportamento pratico che contraddice la purissima verità del Vangelo. Quanto Paolo vive lo insegna anche al suo fedele discepolo Timoteo perché lo viva anche lui.

Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero (2Tm 3,14-4,5).

Ad Antiochia Paolo vede Pietro che non si comporta rettamente secondo la verità del Vangelo. Essendo Lui al vertice della Chiesa, non può dare scandalo, agendo un giorno in un modo e un altro giorno in modo completamente diverso. È obbligato ad avere un comportamento sempre conforme alla verità del Vangelo da Lui annunziato e che è la sua stessa vita. Se la vita contraddice il Vangelo, esso viene reso non credibile quando lo si annunzia. A che serve annunziare una verità e poi vivere senza di essa o contro? Quanti vedono la nostra condotta non credono nella Parola che insegniamo. Paolo vede e interviene con grande energia, esortando Pietro ad agire secondo la fede che insegna. Come agisce con i pagani quando non vi sono i Giudei, così deve continuare ad agire quando essi sono presenti. La verità è una e una è anche la vita. Non vi sono due verità e due vite. Ma una sola verità e una sola vita.

Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare. Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?».

È verità eterna. Senza correzione un popolo si perde. Mosè, suprema autorità nel popolo del Signore, è stato corretto da Dio con punizione esemplare perché rimasse sempre forte nella fede. Anche Davide, dopo il suo peccato, fu corretto dal profeta. Non vi è persona al mondo così santa da non dover essere corretta. Ma chi deve correggere? Tutti possono correggere tutti? Come si deve correggere? Nelle modalità e nelle forme stabilite dal Vangelo. Chi ama, corregge. La correzione è amare l’altro a tal punto da volerlo perfetto in ogni cosa: nei pensieri, nelle opere, nelle parole, nel comportamento, nelle relazioni. Paolo corregge Pietro per la verità del Vangelo

Madre del Signore, Angeli, Santi, fateci tanto umili da accogliere ogni correzione.

 

O STOLTI GÀLATI, CHI VI HA INCANTATI?

Gal 3,1-5; C Lc 1,69-75; Lc 11,5-13

11 OTTOBRE

Quanto Paolo dice ai Galati è di una gravità unica. Parla di incantesimo. Gravissimo peccato contro il primo comandamento. Cosa proibitissima nel popolo del Signore. Come l’incantesimo è vera opera dei figli del diavolo, così la distruzione del Vangelo di Cristo può essere opera solo de diavolo e di quanti vanno la sua volontà. Chi è di Dio, di Cristo Gesù, sempre rispetterò la verità del Vangelo, l’amerà, la difenderà anche a prezzo della sua vita. Chi è di Dio ama ciò che è Dio. Il Vangelo è di Dio, perché è di Cristo Gesù. Fuori del Vangelo, si è del principe del mondo. Si fanno le sue opere.

Allora il faraone convocò i sapienti e gli incantatori, e anche i maghi dell’Egitto, con le loro magie, operarono la stessa cosa (Es 7, 11). né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti (Dt 18, 11). Perché le nazioni, di cui tu vai ad occupare il paese, ascoltano gli indovini e gli incantatori, ma quanto a te, non così ti ha permesso il Signore tuo Dio (Dt 18, 14). Fecero passare i loro figli e le loro figlie per il fuoco; praticarono la divinazione e gli incantesimi; si vendettero per compiere ciò che è male agli occhi del Signore, provocandolo a sdegno (2Re 17, 17). I cibi della sua tavola, gli alloggi dei suoi servitori, l’attività dei suoi ministri e le loro divise, i suoi coppieri e le loro vesti, gli olocausti che egli offriva nel tempio, ne rimase incantata (2Cr 9, 4). Fece passare i suoi figli per il fuoco nella Valle di Ben-Hinnòn. Praticò la magia, gli incantesimi e la stregoneria; istituì negromanti e indovini. Compì in molte maniere ciò che è male agli occhi del Signore provocando il suo sdegno (2Cr 33, 6).  Gli disse: “Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore si è agitato davanti alla tua gloria. Perché tu sei meraviglioso, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto” (Est 5, 2a). Gli disse: “Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore si è agitato davanti alla tua gloria. Perché tu sei meraviglioso, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto” (Est 5, 2a). Per non udire la voce dell’incantatore, del mago che incanta abilmente (Sal 57, 6). Se il serpente morde prima d’essere incantato, non c’è niente da fare per l’incantatore (Qo 10, 11).

Chi avrà pietà di un incantatore morso da un serpente e di quanti si avvicinano alle belve? (Sir 12, 13). Il capo di una cinquantina e il notabile, il consigliere e il mago sapiente e l’esperto di incantesimi (Is 3, 3). Sta’ pure ferma nei tuoi incantesimi e nella moltitudine delle magie, per cui ti sei affaticata dalla giovinezza: forse potrai giovartene, forse potrai far paura! (Is 47, 12). “Ecco, io sto per mandarvi serpenti velenosi contro i quali non esiste incantesimo, ed essi vi morderanno” dice il Signore (Ger 8, 17). Per questo non avrete più visioni false, né più spaccerete incantesimi: libererò il mio popolo dalle vostre mani e saprete che io sono il Signore” (Ez 13, 23). Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si presentarono al re (Dn 2, 2). Per le tante seduzioni della prostituta, della bella maliarda, della maestra d’incanti, che faceva mercato dei popoli con le sue tresche e delle nazioni con le sue malìe (Na 3, 4). Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all’operaio, contro gli oppressori della vedova e dell’orfano e contro chi fa torto al forestiero. Costoro non mi temono, dice il Signore degli Eserciti (Ml 3, 5).

Oggi viviamo in un tempo in cui gli attacchi non sono solo contro il Vangelo. Sono direttamente contro Gesù Signore. Sono andati ben oltre i Galati. Addirittura siamo oltre lo stesso Dio di Abramo. Siamo oltre la stessa Torre di Babele. Siamo a prima del tempo del diluvio universale. Questo significa che solo il Signore deve prendere in mano la storia e sconvolgerla con la sua potente grazia, misericordia, verità.

O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede?

Quando si arriva all’incantesimo, è segno che si è incapaci di pensare secondo la verità del Vangelo. Ci serviamo del Vangelo, ma per veicolare il pensiero di Satana.

Madre di Dio, Angeli, Santi, scioglieteci da questo incantesimo di tenebre eterne.

DIVENTANDO LUI STESSO MALEDIZIONE PER NOI

Gal 3,7-14; Sal 110; Lc 11,15-26

12 OTTOBRE

San Paolo, nello Spirito Santo, vede Cristo come maledetto. A Lui applica la Legge del Deuteronomio. È giusto che noi ci chiediamo perché Cristo è maledetto? Ma prima ancora chi è un “maledetto” secondo la Legge? Secondo la Legge maledetto è colui che trasgredisce la Legge. Gesù invece si è fatto obbediente al padre fino alla morte di croce. Lui non è maledetto per trasgressione personali. Questa è verità eterna.

Se un uomo avrà commesso un delitto degno di morte e tu l’avrai messo a morte e appeso a un albero, il suo cadavere non dovrà rimanere tutta la notte sull’albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno, perché l’appeso è una maledizione di Dio e tu non contaminerai il paese che il Signore, tuo Dio, ti dà in eredità (Dt 21,22-23).

Gesù ha preso su di sé tutti i peccati del mondo, facendoli suoi. Essendo suoi, Lui li può espiare, facendosi lui stesso sacrificio per il peccato. Questo comporta l’assunzione della natura umana. prendere su di sé tutte le sue colpe per operare la loro espiazione. Non fuori del suo cuore, ma nel suo corpo.

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,18-21). È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,9-15).

Quali sono le conseguenze dell’opera redentiva di Gesù Signore? Chi diviene corpo del corpo di Cristo, mediante il Vangelo, riceve la redenzione del suo corpo. In più, nel corpo di Cristo, diviene anche lui, corpo da sacrificare per la redenzione del peccato del mondo. Si rimane fuori del suo corpo, si è ancora nel peccato. L’unico corpo in cui si toglie il peccato è quello di Gesù Signore. Altri corpi non esistono. Mai esisteranno.

Riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.

La stoltezza dei Galati proprio in questo consiste: nell’aver cominciato con il Vangelo e poi nell’essere usciti dal corpo di Cristo. Dalla salvezza sono passati alla nostra salvezza, dalla fede alla non fede, dalla redenzione alla non redenzione. È quanto sta accadendo oggi ai nostri giorni. Anche noi stiamo passando dal Vangelo al non Vangelo, da Cristo al non Cristo, dalla verità alla falsità, dalla fede alla non fede. Se non diveniamo con Cristo, nella fede, un solo corpo. Siamo esclusi dalla salvezza.

Madre del Signore, Angeli, Santi, fate che mai passiamo dal Vangelo al non Vangelo.

VI SIETE RIVESTITI DI CRISTO

Gal 3,22-29; Sal 104; Lc 11,27-28

13 OTTOBRE

Fin dalla chiamata di Abramo, la parola della promessa è ben chiara. Non si è benedetti per la discendenza di Abramo, ma in essa. La benedizione non è un frutto che si prende dall’albero di Cristo e poi lo si consuma senza Cristo. La nostra benedizione è Cristo. Si “consuma” Cristo, in Cristo, ma anche con Cristo. La benedizione è Cristo, è per Cristo, è in Cristo, è con Cristo.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3). L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

La benedizione è Cristo. È Lui la discendenza di Abramo ed è Lui che ha compiuto per noi la redenzione eterna, facendosi vittima di espiazione per i peccati del mondo. È Lui, che suo corpo, ha affisso sulla croce il documento che attestava il nostro debito presso Dio. Lui ha dato se stesso per noi. Chi possiede Lui, possiede la benedizione di Dio.

La benedizione è per Cristo. Ma Cristo non solo è la nostra benedizione. La benedizione è anche per Lui. Noi siamo stati salvati perché Lui ha versato il sangue per noi. Lui ha dato al Padre il suo corpo come per pagare il nostro riscatto e lo ha dato dalla croce. La benedizione non è un dono gratuito di Dio. È dono gratuito per noi. è invece dono costoso per Cristo Signore. Lui tramite l’offerta del suo corpo ha trasformato tutto l’amore del Padre in grazia di redenzione, verità, vita eterna.

Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.  Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre (Eb 10,5-10).

La benedizione è in Cristo. Se fosse solo Cristo o per Cristo, prenderemmo la benedizione e vivremmo una vita per conto nostro. Invece la benedizione è anche in Cristo, si è benedetti se si rimane in Cristo, si vive in Lui, si diviene con Lui un solo corpo, una sola vita. Divenendo con Cristo un solo corpo, diveniamo anche corpo di redenzione e di vita per ogni altro uomo. Cristo è la benedizione di tutti i popoli.

La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo. Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. 25Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.

La benedizione è con Cristo. Si è benedetti non da soli, ma formando un corpo di benedizione. Questo corpo è Cristo. Ognuno in questo corpo deve manifestare tutto Cristo. Questo significa essersi rivestiti di Lui. Si è vestiti di Lui, di mostra Lui.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutateci a rivestirci di Cristo per manifestare Cristo.

VENNE IN ME LO SPIRITO DI SAPIENZA

Sap 7,7-11; Sal 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30

14 OTTOBRE – XXVIII DOMENICA T.O.

Il Libro della Sapienza ci rivela che ogni bene vero è dalla sapienza. Nessun bene vero potrà essere fatto senza di essa. Quanto è avvenuto con Salomone a Gabaon, deve avvenire con ogni altro re e anche con ogni altro uomo. Quanto nel Primo Libro dei Re avviene nel segno, per ogni uomo avviene per preghiera, per invocazione e richiesta.

Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita. Se poi camminerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi, come ha fatto Davide, tuo padre, prolungherò anche la tua vita». Salomone si svegliò; ecco, era stato un sogno. Andò a Gerusalemme; stette davanti all’arca dell’alleanza del Signore, offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi (1Re 3,4-15).

Gesù insegna ai suoi discepoli che nella preghiera insistente, sempre il Padre suo darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono. Parola e promessa che vale in eterno.

«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,5-13).

Tutto è lo Spirito Santo, tutto per Lui e tutto con Lui, in Lui si compie, ma rimanendo in Cristo, con Cristo, per Cristo, formando con Lui un solo corpo. È lo Spirito Santo la sapienza del Cristo. Ma lo Spirito vive ed opera nel corpo di Cristo e per esso. Se siamo fuori del corpo di Cristo, sempre saremo privi dello Spirito Santo. Non possiamo fare il vero bene secondo Dio, nella verità e luce del Vangelo di Cristo Signore.

Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

Salomone prega ed ottiene la sapienza. Il discepolo di Gesù prega e riceve in dono lo Spirito Santo. Poiché per ogni momento occorre una particolare luce di verità, giustizia, prudenza, fortezza, conoscenza, in ogni momenti si deve chiedere lo Spirito Santo. Salomone dimenticò questa verità e divenne idolatra. Anche il cristiano può divenirlo.

Vergine Sapiente, Angeli, Santi, fateci perseverante nel chiedere lo Spirito Santo.

CRISTO CI HA LIBERATI PER LA LIBERTÀ!

Gal 4,22-24.26-27.31-5,1; Sal 112; Lc 11,29-32

15 OTTOBRE

Anche questa rivelazione di Paolo – Cristo ci ha liberati per la libertà – merita di essere bene illuminata. È facile confondere libertà e libertinaggio. Diciamo fin da subito che se non si è in Cristo, non si è nella vera libertà. Aggiungiamo che si è in Cristo se siamo nella sua Parola. Questa verità così è rivelata da Gesù nel Vangelo secondo Giovanni.

Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Gv 8,31-36).  «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.  Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15,1-11).

Un uomo diviene libero, quando diviene tralcio vivo dell’unica vite vera che è Cristo Gesù. La sua libertà è nel produrre ogni frutto di verità, giustizia, santità. È evidente che nessun frutto sarà prodotto se si è recisi o tagliati dalla vera vite. Dalla libertà si passa al libertinaggio, che è vivere secondo gli istinti e le concupiscenze del momento. Il libertinaggio mai potrà produrre un solo frutto di vita eterna. Esso produce frutti solo per la dannazione e la perdizione eterna. Ma anche sulla terra i frutti saranno sempre di morte. La vita è nella libertà. La libertà è in Cristo. La libertà è far vivere in noi tutto Gesù Signore nel suo mistero di luce, verità, vita, obbedienza, redenzione. La legge della libertà è immutabile mei secoli: Si ascolta la Parola di Cristo, si crede in essa, ci si riveste di Cristo, si diviene con Lui tralci vivi della sua vite, si rimane nella Parola, si obbedisce ad essa, si è liberi. Senza questa legge, si è schiavi del peccato.

Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. Ma il figlio della schiava è nato secondo la carne; il figlio della donna libera, in virtù della promessa. Ora, queste cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due alleanze. Una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, è rappresentata da Agar, Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la madre di tutti noi. Sta scritto infatti: Rallégrati, sterile, tu che non partorisci, grida di gioia, tu che non conosci i dolori del parto, perché molti sono i figli dell’abbandonata, più di quelli della donna che ha marito. Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma della donna libera. Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

Oggi il cristiano ha stravolto, capovolto, modificato, trasformato nella sua essenza la Legge della libertà. Lui vuole una libertà senza Parola, senza Cristo, senza essere tralcio della vera vite, senza dimora nel Vangelo. Vuole una libertà che sia inseguimento dei suoi pensieri, frutto in lui della carne e che mai potranno diventare pensieri dello Spirito Santo. In questa nuova legge della libertà il peccato è elevato a diritto della persona, il vizio a virtù. la trasgressione è detta amore, la violazione dei Comandamenti benedizione del Signore. Lo stesso vero Dio è abrogato da questa legge. Si vuole un Dio senza alcuna identità, senza storia, senza passato, ma anche senza presente e senza futuro. Si comprenderà che questa è la legge imposta da Satana per la rovina del mondo. Il libertinaggio è dichiarato legge universale.

Madre Immacolata, Angeli, Santi, dateci la verità della nostra libertà in Cristo, per Lui.

LA FEDE CHE SI RENDE OPEROSA

Gal 5,1-6; Sal 118; Lc 11,37-41

16 OTTOBRE

San Paolo rivela ai Galati che ciò che fale per un discepolo di Cristo Gesù è la fede che si rende operosa nella carità. La spiegazione perfetta di questa sua rivelazione la troviamo nella Lettera Agli Efesini, nella quale è detto che si deve agire secondo verità, cioè secondo purezza di fede, nella carità. La carità altro non è che l’amore di Dio versato nei nostri cuori trasformato secondo verità in vera grazia di salvezza.

Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità. Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore. Così, diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza e, insaziabili, commettono ogni sorta di impurità. Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità. Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri. Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date spazio al diavolo. Chi rubava non rubi più, anzi lavori operando il bene con le proprie mani, per poter condividere con chi si trova nel bisogno. Nessuna parola cattiva esca dalla vostra bocca, ma piuttosto parole buone che possano servire per un’opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo (Ef 4,11-32).

Ogni discepolo di Gesù, se è veramente in Cristo, come lui dice, vive di questa sola volontà: mettere ogni impegno a rendere operosa tutta la fede, cioè tutta la Parola, tutta la verità della Parola, nella sua vita: anima, spirito, corpo e poi aiutare congi altro, con la parola e con l’esempio a far sì che tutta la sua fede divenga carità. Altre questioni non solo sono inutili e oziose, sono anche peccaminoso, perché distolgono dalla vera missione e vocazione di ogni discepolo d i Cristo Signore. Ogni ministero, ogni carisma, ogni vocazione ha questa sola finalità. Rivelare e insegnare la fede, trasformare la verità e la Parola in carità, manifestare tutta la potenza della grazia di Cristo in un cuore che crede e si abbandona all’azione dello Spirito Santo.

Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità.

È evidente che la fede si rende operosa solo se il cristiano si riveste di Cristo, vive in Cristo, agisce per Lui, con Lui. Se vi è separazione da Cristo e sempre vi sarà se si esce dalla Parola, nessuna fede può essere resa operosa nella carità. A nulla serve dirsi suoi discepoli. Cristo è stato rinnegato e tradito nella sua più pura essenza. Se Cristo è tradito e rinnegato, all’istante la fede muore e muore anche la carità.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, Non permettete che tradiamo Cristo. Muore la fede.

NON EREDITERÀ IL REGNO DI DIO

Gal 5,18-25; Sal 1; Lc 11,42-46

17 OTTOBRE

L’Antico, in ogni loro pagina, è la rivelazione della via per camminare sulla terra di vita in vita per poi alla fine entrare nella vita eterna dei cielo. Sempre però il popolo è caduto nella tentazione di dichiarare che non vi è alcuna differenza presso il Signore tra il bene e il male, tra i giusti e gli empi. Ma il Signore attraverso Isaia ci rivela che vi è un abisso infinito tra i suoi pensieri e i nostri pensieri e per mezzo di Malachia e anche di Daniele ribadisce che presso di Lui vi è differenza eterna tra chi opera il bene e chi fa il male, tra i giusti e gli empi. Differenza eterna tra giusti ed empi!

Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre (Dn 12,1-3).

Duri sono i vostri discorsi contro di me – dice il Signore – e voi andate dicendo: «Che cosa abbiamo detto contro di te?». Avete affermato: «È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti». Allora parlarono tra loro i timorati di Dio. Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno – dice il Signore degli eserciti – la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo. Avrò cura di loro come il padre ha cura del figlio che lo serve. Voi allora di nuovo vedrete la differenza fra il giusto e il malvagio, fra chi serve Dio e chi non lo serve. Ecco infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla. Calpesterete i malvagi ridotti in cenere sotto le piante dei vostri piedi nel giorno che io preparo, dice il Signore degli eserciti (Mal 3,13-21).

Anche nel Nuovo Testamento ogni Parola, ogni grazia, ogni dono dello Spirito Santo, ogni carisma è donato per aiutare ogni uomo perché non finisce nelle tenebre eterne. Tutto il Vangelo è insegnamento perché si possa raggiungere il Paradiso. Sulla via verso la perdizione eterna ci siamo già. Allora se tutta la Scrittura è rivelazione di questa via santa, perché alcuni dicono che non è differenza eterna tra giusti ed empi? Lo affermano perché costoro non sono nello Spirito Santo. Sono nella carne, agiscono secondo la carne, parlano dalla carne a giustificazione di essa. San Paolo lo dice con fermezza. Quanti agiscono e parlano dalla carne non erediteranno il regno di Dio. Il Paradiso si eredita parlando ed agendo dallo Spirito Santo nello Spirito Santo. Ma chi è nello Spirito Santo? Chi è in Cristo, nel suo Vangelo, nella sua verità trasformata in carità. Chi agisce secondo lo Spirito, parla dallo Spirito. Chi agisce secondo la carne, parla dalla carne. Dallo Spirito viene la verità. Dalla carne la falsità e la menzogna.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

Chi vuole parlare dallo Spirito, deve camminare secondo lo Spirito. si camminerà solo se si diviene una cosa sola con Cristo Gesù. Quando si è in Cristo si crocifigge la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Si diviene crocifissi come Cristo Crocifisso.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, liberateci dalla carne per parlare sempre dallo Spirito.

L’ANNUNCIO DEL VANGELO

2 Tm 4,10-17b; Sal 144; Lc 10,1-9

18 OTTOBRE

Sappiamo che la vita di Paolo, come missionario del Vangelo di Cristo Gesù, non è stata per nulla semplice. Nella Lettera ai Galati la riassume in una sola parola: “Crocifissione”. Io ho crocifisso il mondo, il mondo ha crocifisso me. D’altronde ogni missionario del Vangelo deve porre la sua personale crocifissione come sia sulla quale perennemente camminare. È stata la via di Cristo Gesù, sarà anche la via dei suoi discepoli. “Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. Nella Seconda Lettera ai Corinzi enumero tutte le persecuzioni subite per causa della Parola del Signore.

Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato giù in una cesta, lungo il muro, e sfuggii dalle sue mani (2Cor 11,21-33).

Nella Prima Lettera ai Corinzi aggiunge che gli Apostoli sono stati messi all’ultimo posto, proprio per essere modello da imitare da ogni altro discepolo di Gesù Signore.

Voi siete già sazi, siete già diventati ricchi; senza di noi, siete già diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi. Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi (1Cor 4,8-13).

Nella Seconda Lettera a Timoteo Paolo manifesta un altro momento della sua vita. Lui non si può attaccare o legare a nessuna persona. Ad un certo momento ognuno prenderà la sua via, sia per il bene e sia per il male. Sapendo che non si può confidare sugli uomini, su chi si deve confidare, su chi appoggiarsi, qual è la certezza vera per lui? Il Signore. Lui non abbandona mai. È sempre presente, in ogni momento e luogo, in ogni circostanza ed evento. Sul Signore sempre si può contare.

Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalònica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero. Ho inviato Tìchico a Èfeso. Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene. Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni: il Signore gli renderà secondo le sue opere. Anche tu guàrdati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero.

Sapere che sempre sul Signore si può contare, anche quando tutti gli uomini scompaiono dalla nostra presenza, è fonte di sicura speranza. Non si è soli. Gesù sapeva di non essere solo. Tutti gli uomini l’avrebbero abbandonato. Il Padre sarebbe stato con Lui sulla croce, Crocifisso nello spirito con Cristo Crocifisso nella carne.

Madre ai piedi della Croce, Angeli, Santi, sosteneteci nella nostra missione.

A ESSERE LODE DELLA SUA GLORIA

Ef 1,11-14; Sal 32; Lc 12.1-7

19 OTTOBRE

La gloria di un uomo sono le sue opere. Anche la gloria di Dio sono le sue opere. Un uomo osserva la creazione e deve necessariamente esaltare, lodare, celebrare la grande del suo Autore. Se la creazione è così bella, grande, armoniosa, quanto più bello, grande, armonioso, sapiente, saggio, intelligente il suo Autore. Ogni persona dovrebbe inginocchiarsi per adorare il Signore solo constatando l’ordine matematico e geometrico perfettissimo che regna tra tutti gli elementi dell’universo.

Ricorderò ora le opere del Signore e descriverò quello che ho visto. Per le parole del Signore sussistono le sue opere, e il suo giudizio si compie secondo il suo volere. Il sole che risplende vede tutto, della gloria del Signore sono piene le sue opere. Neppure ai santi del Signore è dato di narrare tutte le sue meraviglie, che il Signore, l’Onnipotente, ha stabilito perché l’universo stesse saldo nella sua gloria. Egli scruta l’abisso e il cuore, e penetra tutti i loro segreti. L’Altissimo conosce tutta la scienza e osserva i segni dei tempi, annunciando le cose passate e future e svelando le tracce di quelle nascoste. Nessun pensiero gli sfugge, neppure una parola gli è nascosta. Ha disposto con ordine le meraviglie della sua sapienza, egli solo è da sempre e per sempre: nulla gli è aggiunto e nulla gli è tolto, non ha bisogno di alcun consigliere. Quanto sono amabili tutte le sue opere! E appena una scintilla se ne può osservare. Tutte queste cose hanno vita e resteranno per sempre per tutte le necessità, e tutte gli obbediscono. Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra, egli non ha fatto nulla d’incompleto. L’una conferma i pregi dell’altra: chi si sazierà di contemplare la sua gloria? (Sir 43,15-25).

Vanto del cielo è il limpido firmamento, spettacolo celeste in una visione di gloria. Il sole, quando appare nel suo sorgere, proclama: «Che meraviglia è l’opera dell’Altissimo!». A mezzogiorno dissecca la terra  e di fronte al suo calore chi può resistere? Si soffia nella fornace nei lavori a caldo, ma il sole brucia i monti tre volte tanto; emettendo vampe di fuoco, facendo brillare i suoi raggi, abbaglia gli occhi. Grande è il Signore che lo ha creato e con le sue parole ne affretta il corso. Anche la luna, sempre puntuale nelle sue fasi, regola i mesi e indica il tempo. Viene dalla luna l’indicazione di ogni festa, fonte di luce che decresce fino a scomparire. Da essa il mese prende nome, mirabilmente crescendo secondo le sue fasi. È un’insegna per le schiere in alto, splendendo nel firmamento del cielo. Bellezza del cielo è la gloria degli astri, ornamento che brilla nelle altezze del Signore. Stanno agli ordini di colui che è santo, secondo il suo decreto, non abbandonano le loro postazioni di guardia. Osserva l’arcobaleno e benedici colui che lo ha fatto: quanto è bello nel suo splendore! Avvolge il cielo con un cerchio di gloria, lo hanno teso le mani dell’Altissimo (Sir 43,1-12).

San Paolo applica all’uomo  quanto si dice dell’intera creazione. L’uomo è stato creato ad immagine e a somiglianza di Dio. Lui però si è guastato. Da creatura per la vita si  è fatto creatura per la morte, dalle virtù è scivolato nel vizio, dall’amore all’odio, dall’armonia al disordine, dalla sana moralità ad ogni idolatria e immoralità. Il discepolo di Gesù, in Lui, con Lui, per Lui, per opera dello Spirito Santo, con il quale è stato sigillato, deve mostrare al mondo intero quanta potente è ora la grazia di Dio. Essa è capace non solo di portare un uomo dalla peccato alla grazia, dal vizio alle virtù, dall’egoismo alla grande carità, è capace di fare di lui una perfetta immagine di Gesù Crocifisso. Vedendo il cristiano nella bellezza della crocifissione, il mondo intero deve rendere gloria a Dio. Solo Lui è capace di tanta elevazione nella carità e nell’amore.

In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Se il cristiano non diventa lode della gloria di Dio, cioè non si lascia trasformare dalla grazia di Cristo, nella creatura più santa dell’universo, Dio mai potrà essere benedetto, lodato, celebrato. Il mondo non vede l’opera di Dio e senza l’opera neanche si potrà credere in Lui. Come si fa a credere in Cristo, se il Vangelo produce solo immoralità?

Madre Purissima, Angeli, Santi, fate che la grazia manifesti in noi tutta la sua potenza.

UNA PROFONDA CONOSCENZA DI LUI

Ef 1,15-23; Sal 8; Lc 12,8-12

20 OTTOBRE

La conoscenza di Dio è frutto di due opere: dell’opera dell’uomo e insieme dello Spirito Santo. Dello Spirito Santo nell’uomo che dona la conoscenza di Dio e dello Spirito Santo da solo, anche se poi sempre alla conoscenza per via immediata la conoscenza per via mediata. Senza la Parola del Signore data o per via mediata e per via immediata non c’è vera conoscenza di Dio. Il Signore ha dato la sua Parola non dopo il peccato, ma subito appena l’uomo è stato creato. Questa verità nel profeta Michea è manifestata in modo con immagini forti dalle quali traspare che è sempre possibile farsi una conoscenza errata di Dio. Al profeta Michea si aggiunge il Libro della Sapienza, che manifesta con parole ferme che senza rivelazione non c’è vera conoscenza.

«Con che cosa mi presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?». Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio. La voce del Signore grida alla città e chi ha senno teme il suo nome: «Ascoltate, tribù e assemblea della città. Ci sono ancora nella casa dell’empio i tesori ingiustamente acquistati e una detestabile efa ridotta? Potrò io giustificare le bilance truccate e il sacchetto di pesi falsi? I ricchi della città sono pieni di violenza e i suoi abitanti proferiscono menzogna, le loro parole sono un inganno» (Mic 6,6-12).

Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza» (Sap 9,13-18).

Oggi San Paolo ci rivela che la via mediata per il dono della conoscenza di Cristo Gesù, nella quale è la vera conoscenza di Dio e dell’uomo, del tempo e dell’eternità, di ogni realtà visibile e invisibile, avviene attraverso due modalità che sempre devono coesistere. La modalità dell’annunzio della Parola e quella della preghiera. Con la Parola si rivela il mistero di Cristo Signore. Con la preghiera si chiede al Signore affinché mandi il suo Santo Spirito perché  prima di ogni cosa vi sia adesione la mistero annunziato e poi, attraverso la personale meditazione, venga data la perfetta conoscenza. Tutto è però dalla Parola. Se la Parola viene data falsamente, falsamente verrà creduta e falsamente compresa. Il datore della è obbligato a dare la Parola nella sua più pura verità. Se non sa né spiegarla né interpretarla, la dia nella sua lettera.

Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

Oggi vi è un abisso tra la verità contenuta nella Parola e la “verità” che si dona agli uomini. Possiamo affermare che molte verità della Parola sono state annullate e al loro posto vengono offerti pensieri dell’uomo, ma fatti passare come purissima verità di Dio.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fate che la Parola mai sia data priva della sua verità.

 

EGLI SI ADDOSSERÀ LE LORO INIQUITÀ

Is 53,10-11; Sal 32; Eb 4,14-16; Mc 10,35-45

21 OTTOBRE – XXIX DOMENICA T.O.

Anche se per ragioni di brevità liturgica vengono letti solo alcuni versetti del Canto del Servo Sofferente del Signore, è cosa più che buona leggerlo nella sua completezza.

Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –,  così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.

Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli (Is 52,13-53,12).

La prima verità che va subito annunziata ci rivela che questo Canto del Servo Sofferente vi scritto dal Padre prima della creazione dell’uomo e presentato al Figlio Suo Unigenito e Lui nell’eternità, con piena adesione della sua volontà alla volontà del Padre l’ha fatto suo. Dio nella sua onniscienza ha visto il peccato dell’uomo, ma anche ha chiesto al Figlio suo che fosse Lui ad operare la redenzione. È sul fondamento di questa scrittura eterna che l’uomo è stato creato e poi redento. L’incarnazione non è stata decisa dopo il peccato, ma prima ancora della creazione dell’uomo. Questa scrittura eterna ci rivela quanto grande, ma anche quanto eterno sia l’amore di Dio.

Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.

La verità che è di Cristo Signore è anche di ogni discepolo di Gesù. La croce non viene assegnata a Lui dopo che ha deciso di divenire credente in Cristo, gli è stata donata prima. Prima Gesù dona la croce e poi sul fondamento di questo dono lo chiama all’intima comunione con sé attraverso il Battesimo. Questa verità del dono della croce che non è susseguente, ma antecedente, non è un frutto dell’essere cristiano, ma è l’albero sul quale viene fruttificato il cristiano, dona una luce nuova alla nostra fede, speranza, carità. Di questa nuova luce oggi si ha molto bisogno. Si sta infatti costruendo un cristianesimo non solo senza la croce del cristiano, ma anche senza Gesù, il Crocifisso. Si sta annullando la scrittura eterna del Padre, in nome di un Dio del quale nulla si conosce, nulla si sa, nulla si comprende. Ma sempre quando si toglie la croce, si smarrisce il vero principio ermeneutico di ogni scienza e verità. La croce è la scienza dell’eternità e del tempo, di Dio e dell’uomo, della vita e della morte.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate anche noi firmatari della scrittura eterna del Padre.

LA STRAORDINARIA RICCHEZZA DELLA SUA GRAZIA

Ef 2,1-10; Sal 99; Lc 12,13-21

22 OTTOBRE

Per comprendere la straordinaria ricchezza della grazia di Dio, dataci da Lui in Cristo, con Cristo, per Cristo, per opera dello Spirito Santo, basta comprendere nostra verità storica: “Tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri”. Passioni carnali, voglie della carne, pensieri cattivi” vengono prodotti dalla nostra natura di peccato. Essa mai potrà produrre virtù. Non è nella sua natura. Il fango non diviene oro, le tenebre non si trasformano in luce, la malvagità mai potrà cambiarsi in bontà del cuore. La natura produce secondo la sua natura. Dio invece, per la grazia di Cristo e l’opera dello Spirito Santo, il nostro fango l’ha fatto divenire oro, le nostre tenebre luce, la nostra malvagità bontà del cuore e dell’anima. Questo cambiamento sostanziale rivela quanto veramente straordinaria sia la ricchezza della grazia di Cristo Gesù. Essa opera il miracolo dei miracoli, la piena trasformazione, il perfetto cambiamento del nostro corpo di carne in corpo spirituale.

Al cristiano incombono ora due pesanti obblighi. Prima di ogni cosa lasciare che tutta la potenza della grazia di Dio agisca in lui, nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito, fino al raggiungimento della piena trasformazione da essere secondo la carne ad essere secondo lo spirito. Da uomo carnale deve divenire uomo spirituale. Se pone ostacoli in qualsiasi modo alla grazia di Dio, è responsabile per l’eternità. Ha fatto sì che questa divina ricchezza risultasse vana nella sua persona. Il secondo obbligo è ancora più pesante. Lui deve mostrare ad ogni altro uomo la differenza che esiste tra un uomo trasformato dalla grazia, in Cristo Gesù, e chi invece, avendo rifiutato Cristo o ancora non conosciuto vive senza questa divina potenza. Lo esige la predicazione del Vangelo che non deve essere fatta con la parola, ma anche manifestando concretamente, storicamente, visibilmente i frutti che la grazia produce. Nessuno deve pensare che basti la santità antica. Quella santità era per ieri. Oggi, si dice, i tempi sono cambiati e non possiamo vivere la santità di ieri. Giusto. Dobbiamo però vivere tutta la santità di oggi, allo stesso modo che ieri – sempre nell’oggi storico concreto – sempre lo Spirito Santo ha rivelato per mezzo di uomini e donna di quanto è capace la grazia di Cristo Gesù. Il cristiano è chiamato a dire al mondo e agli stessi cristiani che la santità non conosce forme e né tempi. Ogni tempo vive le sue forme di santità e in ogni tempo sempre si può manifestare la straordinaria ricchezza della divina grazia.

Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Oggi circola nell’ambiente cristiano una vera “diceria”: molti responsabili della Parola osano asserire che il mondo non vuole più il Vangelo. Il mondo mai ha voluto il Vangelo. Ma non è il mondo che vuole o non vuole il Vangelo. È il Padre che nel mondo ha molte anime che sono sue e che attendono la salvezza che è già è nel loro cuore, posta in essi dallo Spirito Santo. Urge però dare loro il Vangelo non solo con la vera Parola del Vangelo, ma anche con la preghiera incessante perché la Parola venga accolta e in più mostrando la straordinaria potenza della grazia di Dio. Le dicerie servono solo a “giustificare” la nostra grave omissione e il fallimento della grazia nel nostro cuore. Se fossero i santi a spargere queste “dicerie”, direi che non sono santi.

Madre senza peccato, Angeli, Santi, liberate i cuori da ogni “diceria” falsa e bugiarda.

EGLI INFATTI È LA NOSTRA PACE

Ef 2,12-22; Sal 84; Lc 12,35-38

23 OTTOBRE

La Scrittura Santa è come una galassia, fatta di una moltitudine di stelle, ognuna con la sua particolare luce, differente da ogni altra luce. Così è il Libro della Scrittura. In essa ogni parola contiene una verità particolare unica. Aggiungendola alle atre verità, come ogni cellula del corpo umano si aggiunge alle altre, si dona luce alla Verità. Come però nel corpo umano, tutte le cellule anche se numerosissime, non formano l’uomo, manca ancora l’anima che deve essere creata direttamente da Dio e alimentata sempre divina grazia, così dicasi per la Scrittura Santa. Tutte le verità non formano la Verità, manca ad essa lo Spirito Santo, che è la vita della Verità del mistero della Scrittura ed anche la vita di ogni singola verità del Libro Sacro. Senza lo Spirito Santo si possiede una lettera morta, che uccide. Così come senza l’anima, si possiede un corpo morto in putrefazione. Verità essenziale al mistero al mistero è Cristo Gesù nelle sue molteplici verità, che sono a Lui connaturali. Una verità essenziale, connaturale di Cristo annunzia che Lui è la nostra pace. Questa verità è rivelata dallo Spirito Santo per mezzo del profeta Michea. È profezia nella quale è anche la nostra verità.

E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace! (Mic 5,1-6).

Lo Spirito Santo per mezzo di Isaia aveva rivelato le modalità della pace e anche i suoi frutti. Tutto però si sarebbe compiuto per mezzo del Messia del Signore. La pace è Lui, viene per mezzo di Lui, si vive in Lui e con Lui. Senza Cristo non c’è pace.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).

San Paolo annunzia che la profezia si è compiuta. Cristo Gesù è la nostra pace.

Ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

Regina della Pace, Angeli, Santi, fateci pace della terra in Cristo nostra pace.

COMPRENSIONE CHE IO HO DEL MISTERO DI CRISTO

Ef 3.2-12; C Is 12.2-6; Lc 12,39-48

24 OTTOBRE

Ogni discepolo di Gesù è obbligato ad annunziare il mistero della salvezza con ogni pienezza, scienza, dottrina, intelligenza e sapienza nello Spirito Santo. Per questo è obbligato a conoscerlo, scrutando le Scritture, perché nessuna verità in esse contenuta, sfugga alla sua mente e al suo cuore. Tutto Cristo, nel quale è tutto il Padre e lo Spirito Santo, tutto il tempo e l’eternità, tutto il presente e il futuro, tutta l’umanità, va sempre dato tutto a tutti. Naturalmente questo va fatto in relazione sia al sacramento ricevuto così come anche ai doni, ai carismi, alla vocazione che ci sono stati donati. Altra è la responsabilità di un battezzato, altra quella di un cresimato, altra ancora quella di un diacono, un presbitero, un vescovo, un papa. Se un battezzato cade in errore per non possesso di tutta la scienza è ben scusato, se invece cade in errore un presbitero o un vescovo o un professore e maestro di teologia, qui non ci sono scuse. Queste persone per ministero devono conoscere tutto il mistero di Cristo.

Sappiamo che oggi il mistero è annunziato per frammentazione, parzialità, spesso anche affermando una verità negatrice di tutte le altre. Questa polverizzazione del mistero sta conducendo il popolo di Dio all’adorazione della falsità o del pensiero dell’uomo. Si negano circa quattro mila anni di rivelazione e di dono della verità del mistero operati dallo Spirito Santo per dare valore eterno all’ultima parola di stoltezza proferita da questo o da quell’altro che nella Chiesa svolge un ruolo di preminenza. Quattromila anni di faticoso lavoro dello Spirito Santo vengono frantumati, polverizzati, sbriciolati dalla voce satanica di questo o di quell’altro che si sostituiscono alla Spirito del Signore. È questo un gravissimo peccato che ci costituisce rei di morte eterna.

L’Apostolo Paolo aggiunge altri due obblighi per quanti annunziano il mistero. Non solo lo devono proclamare nella sua interezza, devono anche impegnarsi a comprenderlo alla luce di tutte le verità che lo compongono. Non si può parlare di Cristo dicendo che era uomo pieno di amore. Si deve dire che Lui è il solo Dio incarnato. Il solo che è il Vivente Eterno. Il solo che è il Signore e il Giudice dell’universo. Il solo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. Il solo Mediatore tra Dio e l’umanità. Il solo Salvatore e Redentore dell’uomo. Il solo che conosce il pensiero del Padre. La sola via che conduce l’uomo nella sua verità. La sola Parola di vita eterna. Queste verità vanno incastonate le une nelle altre e nessuna mai deve mancare. L’annunzio di un falso Cristo crea un falso uomo. La verità dell’uomo è dalla verità di Cristo.

Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.

Paolo vuole altresì che ogni discepolo di Gesù preghi per ogni altro discepolo di Gesù perché abbondi in ogni sapienza, intelligenza, conoscenza del mistero. La verità e la vita del mistero è solo lo Spirito Santo e sempre si deve chiedere allo Spirito del Signore che aumenti la nostra conoscenza di Cristo. Solo crescendo in Cristo si cresce in vera umanità. Togliere Cristo dalla nostra storia è togliere la verità dell’uomo dalla nostra terra. Siamo da Cristo per creazione, redenzione, salvezza, vita eterna.

Madre di Cristo, Angeli, Santi, date ogni sapienza e intelligenza nello Spirito Santo.

SIATE IN GRADO DI COMPRENDERE

Ef 3,14-21; Sal 32; Lc 12,49-53

25 OTTOBRE

San Paolo conosce l’uomo. Sa che è come una paglia secca sulle ali di un uragano. L’uragano sono i pensieri dell’uomo. Cristo Gesù invece è simile ad una montagna di bronzo fuso. Ci si cola in Lui, ogni giorno per mezzo dello Spirito Santo, gli uragani anche i più violenti e tempestosi non hanno alcun potere contro la montagna di bronzo fuso. La montagna sfida i secoli e la stessa eternità. Urge allora fondersi in questo bronzo, se si vuole resistere agli attacchi satanici del pensiero della terra.

Esaminiamo per un istante quanto è avvenuto nella Comunità di Corinto. I discepoli di Gesù non si sono fusi in Lui, non sono divenuti con Lui una cosa sola, e i pensieri del mondo li hanno conquistati a tal punto da distruggere in essi ogni verità. Si vive nell’immoralità. Si dona scandalo. Si è divisi gli uni dagli altri. Non si sa a cosa serve un carisma. Non si edifica il Corpo di Cristo. Si celebra male l’Eucaristia. Si nega la risurrezione di Gesù. La comunità vive di chiasso, di risse, di liti, di alterchi. Poiché nessuno si è lasciato fondere in Cristo dallo Spirito Santo, ognuno è paglia secca o pula sulle ali degli uragani ed è portata lontana dalle altre, contro le altre. O ci si fonde in Cristo e si diviene parte di Cristo, si crea la vera comunità, o si è fuori di Cristo, ma in questo caso nessuna comunità potrà mai costruirsi. Il vento dei pensieri umani ci porta lontano gli uni dagli altri. Il vento non crea comunione, ma dispersione. La colata invece crea comunione perché crea unità. Il vento dei pensieri sempre divide.

Chi deve fonderci in Cristo è lo Spirito Santo. È Lui il Crogiolo ed è Lui il Fonditore. Lui è anche il Modellatore e il Disegnatore della nostra vera immagine di Cristo in noi ed il Realizzatore. Senza lo Spirito Santo nessuno potrà realizzare nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito l’immagine di Cristo. Mai potrà fondersi in Lui ed essere per Lui, con Lui. Come Cristo Gesù prega il Padre perché mandi lo Spirito Santo sugli Apostoli, così ogni discepolo di Gesù, e in modo particolare ogni ministro della Parola, deve pregare senza alcuna interruzione perché sia dato a quanti ascoltano la Parola lo Spirito del Signore con ogni scienza, sapienza, intelligenza, fortezza, luce. Questa preghiera è essenza della predicazione. Mentre si parla agli uomini, si chiede a Dio perché mandi il suo Spirito per fondere in Cristo tutti coloro che accolgono Cristo.

Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.

Parola e preghiera devono essere un solo dono. Altra verità che chi dona la Parola mai deve dimentica è l’obbligo per lui di dare sempre la Parola nello Spirito Santo. Questo potrà avvenire se la vita di colui che dona la Parola è nella Parola che lui annunzia. Si annunzia la Parola dalla Parola nella Parola, sempre la si darà nello Spirito Santo. Se invece la Parola non è data dalla Parola, perché il donante non è nella Parola, neanche lo Spirito Santo è nella Parola ed essa non entra nei cuori. Senza lo Spirito Santo la Parola non viene fusa nel cuore e subito viene spazzata via dal vento burrascoso dei pensieri del mondo. È questo oggi il male oscuro della predicazione. Si vive senza Parola, fuori della Parola, si dona una non parola o la parola frammentata e polverizzata, lo Spirito Santo non è in essa e mai la potrà fondere nel cuore di chi l’ascolta. Poi cosa si dice a giustificazione del peccato? Che il mondo non vuole la Parola e che ci si deve arrendere ad esso. Ma questo è pensiero satanico. Di certo non viene dallo Spirito Santo. Dallo Spirito del Signore vengono solo pensieri di verità.

Madre Immacolata nei pensieri, Angeli, Santi, dateci parole piene di Spirito Santo.

COMPORTATEVI IN MANIERA DEGNA

Ef 4,1-6; Sal 23; Lc 12,54-59

26 OTTOBRE

San Paolo chiede ai discepoli di Gesù di “comportarsi in maniera degna della chiamata che hanno ricevuto”. Essendo la maniera degna in relazione alla vocazione ricevuta, si rende necessario mettere in evidenza natura ed essenza della vocazione. Appurata cosa è la vocazione, sarà possibile anche sapere quale condotta di vita ad essa è corrispondente. È sempre l’essere che muove ogni azione. Cambia l’essere, cambiano le azioni. Non viene mutato l’essere, neanche le azioni possono mutare. Gesù insegna questa verità attraverso l’esempio degli alberi e dei frutti. Ogni albero produce secondo la sua natura. L’albero buono produce frutti buoni. L’albero cattivo produce frutti cattivi.

Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li riconoscerete (Mt 7,15-20).  Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? La bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive. Ma io vi dico: di ogni parola vana che gli uomini diranno, dovranno rendere conto nel giorno del giudizio; infatti in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,33-37).

Qual è la natura dell’albero cristiano? è prima di ogni cosa tralcio dell’unica vera vite che è Cristo Gesù. È membro del suo corpo. È tempio santo di Dio. È membro di ogni altro membro del corpo di Cristo. è una sola vita con Cristo, nello Spirito, e con i fratelli. È corpo di redenzione e di salvezza. Se questa è la sua vocazione, la sua nuova natura, lui vivrà in maniera degna di questa vocazione e di questa natura in un solo modo: come Cristo fa vivere in Lui tutto il Padre, nello Spirito Santo, così il cristiano deve fare vivere tutto Cristo, nello Spirito Santo. Tutta la Chiesa e tutta l’umanità dovranno essere la sua vita e Lui dovrà essere vita per tutta la Chiesa e tutta l’umanità. È evidente che la prima cosa che è chiesta al cristiano è l’abolizione dal suo corpo di ogni peccato, ogni trasgressione, ogni imperfezione. Lui dovrà essere l’incarnazione visibile di tutta la Parola di Gesù. neanche i vizi, neanche in forma lieve, potranno abitare nel suo corpo e nel suo spirito. Ogni vizio oscura la bellezza di Cristo in Lui e rende la sua vita da vita di bene per il bene in vita di male per il male.

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

Il cristiano dovrà sapere che ogni trasgressione della Parola e ogni vizio frantuma l’unità che è essenza del corpo di Cristo. Un solo Padre, un solo Cristo, un solo Spirito Santo, una sola fede, un solo battesimo, un solo Vangelo, un solo corpo, una sola vita. In questa unità tutto però vive di comunione. La comunione è solo nell’obbedienza alla volontà di Dio. Si esce dall’obbedienza, la comunione muore, l’unità si distrugge. Non ci si comporta più in maniera degna della vocazione ricevuta. Il discepolo di Gesù deve avere nel cuore un solo desiderio: manifestare per mezzo della sua vita tutta la bellezza dell’unità che è il mistero stesso Dio, di Cristo, della Chiesa. Se lui è strumento di comunione nella grazia e nella santità, costruisce l’unità. Se invece si abbandona al peccato e al vizio, si esclude dalla comunione e si trasforma in distruttore dell’unità. Esce lui dal corpo di Cristo e trascina con sé una moltitudine di anime. Sempre il peccato è distruttore di ogni unità: familiare, sociale, di fede.

Madre senza peccato, Angeli, Santi, fateci costruttori di unità nella santità della vita.

ALLO SCOPO DI EDIFICARE IL CORPO DI CRISTO

Ef 4,7-16; Sal 121; Lc 13,1-9

27 OTTOBRE

Luce, sole, luna, vento, acqua, terra, contadino, aratro, grano, falce, trebbia, mugnaio, fornaio, sono tutti “elementi”essenziale perché portato sulla tavola dell’uomo il pane che nutre la sua vita del corpo. Ma anche ”elementi”essenziali, necessari, indispensabili perché anche sull’altare del Signore venga offerto il pane che poi dovrà trasformarsi in corpo di Cristo, vero nutrimento di vita eterna per ogni discepolo di Gesù. Questa stessa immagine o esempio possiamo applicarli al corpo di Cristo, fatto di molti ministeri, molti carismi, molte vocazioni, molte operazioni. Premettiamo una seconda verità. Il sole non si trasforma mai in luce, la luna mai invento, il vento mai in acqua, l’acqua mai interra, la terra mai in contadino, il contadino mai in aratro, l’aratro mai in falce, la falce mai in trebbia, la trebbia mai in mugnaio, il mugnaio mai in fornaio. Ognuno conserva sempre la natura, la sua essenza, la sua vocazione.

Trasportiamo tutto questo nel corpo di Cristo. Esso è formato dai differenti ministeri e vocazioni e carismi: papa, vescovi, sacerdoti, diaconi, cresimati, battezzati. E ancora: profeti, evangelisti, dottori, maestri. A queste vocazioni vanno aggiunti tutti i doni e i carismi dello spirito che sono personali. Possiamo affermare che ogni membro del corpo di Cristo è chiamato a svolgere una sua particolare, speciale, personale missione. Come il sole, la luce, il vento, l’acqua, la terra, il contadino, l’aratro, il grano, la falce, la trebbia, il mugnaio, il fornaio rimangono invariati nella loro natura, ministero, essenza, così è obbligo di ogni persona conservarsi nella missione, vocazione, ministero, carisma che lo Spirito Santo le ha assegnato. Se il sole diventa luna è la fine della vita sulla terra. Ma anche se l’acqua diviene vento è la fine della vita sulla terra. Questa stessa verità vale per ogni membro del corpo di Cristo.

Se l’apostolo diviene fornaio o mugnaio o contadino o carpentiere o assume altro ministero, vocazione, carisma, vocazione, muore la vita di tutto il corpo. Lui del corpo è luce spirituale, dono dello Spirito Santo e della grazia, guida delle coscienze nella verità di Cristo, datore della Parola della vita eterna. Ministeri e carismi non sono interscambiabili. Sono rigorosamente personali. Il Vescovo è vescovo e non può essere altro. Il presbitero è presbitero e non può essere altro. Il diacono è diacono e non può essere altro. Così anche ogni altro ministero o carisma non può essere altro. Deve perennemente rimanere nella volontà dello Spirito Santo. Qual è il fine di ogni carisma, ministero, vocazione, missione? Edificare l’unico corpo di Cristo.

A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri,  ha distribuito doni agli uomini. Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità.

È il corpo di Cristo che deve edificare il corpo di Cristo. Come? Rimanendo ognuno nella volontà dello Spirito Santo. Quando si esce dalla volontà dello Spirito, si possono fare anche cose eccellenti per gli uomini, ma non certo per il Signore. Non si edifica più il suo corpo. Poiché la salvezza è solo dal corpo di Cristo, nel corpo di Cristo, non edificando più il corpo di Cristo, si rimane senza salvezza sulla terra. Siamo come una tavola senza pane o come un altare senza ostie da poter consacrare.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano rimanga nella volontà dello Spirito.

IO LI RIPORTERÒ TRA LE CONSOLAZIONI

Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5.1-6; Mc 10,46-52

28 OTTOBRE – XXX DOMENICA T.O.

I veri profeti del Dio vivente, di ieri, oggi, domani, ogni tempo e ogni luogo, sono annunciatori di due verità, mai di una sola. Sempre chi annuncia una sola verità, è un falso profeta. Paradiso e inferno: due verità. Chi annuncia o solo il paradiso o solo l’inferno è un falso profeta. Luce e tenebre: due verità. Chi ne annuncia una sola è falso profeta. Misericordia e fedeltà alla Parola o ritorno nella Parola: due verità. Chi ne annuncia una sola è falso profeta. Cristo visibile e Cristo invisibile: due verità. Chi ne annuncia una sola è un falso profeta. Mediazione di Cristo e mediazione della Chiesa: due verità. Chi ne annuncia una sola è un falso profeta. Sacerdozio ministeriale e sacerdozio dei fedeli: due verità. Chi ne annunzia una sola è un falso profeta. Dio e Cristo Gesù: due verità. Chi ne annuncia una sola è un falso profeta. Uomo e donna: due verità. Chi ne annunzia una sola o vuole distruggere la dualità di essenza nell’unità è un falso profeta. Basta togliere dalla sana dottrina o corpo delle verità rivelate una sola verità e all’istante si diviene falsi profeti nel popolo del Signore.

L’eresia è la scelta di esaltare una verità negando o calpestando le altre. La scelta è il frutto della volontà. Con coscienza, volontà, decisione si vuole affermare una verità distruggendo però le altre. Quando non vi è l’affermazione di nessuna verità rivelata o esaltazione di essa e nessuna negazione delle altre verità, allora non si può parlare di eresia. Vi potrà essere però poco chiarezza di dottrina, sfruttata da persone senza coscienza e senza scrupoli per fini di peccato e non per dare al corpo di Cristo la vera luce sulla quale sempre camminare. Si comprenderà che la questione è molto delicata. Il ministro della Parola è obbligato in coscienza dinanzi a Dio di mettere ogni saggezza, sapienza, intelligenza, prudenza, somma attenzione che da nessuna delle sue parole l’altro possa attingere autorità per coltivare, diffondere, sostenere l’errore. Paolo, vero profeta del Dio vivente, non appena sente che qualche sua parola sulla fine del mondo ha indotto i discepoli di Gesù ad un comportamento disordinato e ingiusto, prende subito papiro, pergamena, inchiostro e penna e subito dona la perfetta verità del suo pensiero. Nessuno può usare la sua autorità né per l’eresia, né per l’errore, né tanto meno per gli equivoci. La Parola è tutto per l’apostolo di Gesù. Si dona significati differenti ad essa, viene a cadere la stessa verità dell’apostolo.

Poiché dice il Signore: Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito».

Il profeta Geremia è inviato presso il popolo di Giuda e Gerusalemme per annunziare la conversione e il ritorno nella Parola di Dio per rimanere nella terra, per non essere colpiti da quattro tristi flagelli: la peste, la fame, la spada, l’esilio. Il popolo non ha presta fede alla sua parola. Si è ostinato nei peccati, superando ogni limite. Nello stesso tempio di Gerusalemme veniva pratica ogni abominevole idolatria. Viene il giorno della morte, della fame, della peste, dell’esilio. In questa situazione di morte, il Signore riaccende la speranza. Dall’esilio lui farà ritornare il suo popolo, lo riporterà nella sua terra. Quando avverrà questo? Quando il popolo sarà ritornato nella Parola. Anche nelle condizioni senza alcuna speranza proveniente dall’uomo, il profeta è annunciatore della speranze che viene da Dio. Il profeta non annunzia una speranza senza alcuna condizione. La condizione della speranza è sempre il ritorno nel popolo nella Parola. La missione del profeta è una sola: dire ad ogni uomo che tutta la Parola di Dio rimane in eterno nella sua verità. Tu popolo, esci dalla Parola, muori. Tu, popolo, ritorni nella Parola vivi. Oggi sei nella morte. Il tuo Signore ti ricorda che ti farà   tornare in vita. Quando? Non appena sarai tornato nella sua Parola. Lui è sempre il Fedele.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai usciamo dalla Parola di Cristo Gesù.

OFFRENDOSI A DIO IN SACRIFICIO DI SOAVE ODORE

Ef 4,32-5,8; Sal 1; Lc 13,10-17

29 OTTOBRE

Il vero sacrificio che Dio chiede ad ogni uomo è la perfetta obbedienza non alla sua Parola, non al Vangelo di Cristo Gesù, non ai suoi Comandamenti. Queste cose sono la via sulla quale sempre deve camminare. L’obbedienza è alla sua volontà che dona ad ogni uomo una missione personale, particolare, unica da compiere. Alcune parole della Scrittura Antica e Nuova possono aiutarci a comprendere questo mistero che è anche di Gesù. Lui sempre camminò nella Parola facendo la volontà del Padre.

Samuele esclamò: «Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti. Sì, peccato di divinazione è la ribellione, e colpa e terafìm l’ostinazione. Poiché hai rigettato la parola del Signore, egli ti ha rigettato come re» (1Sam 15,22-23). Quante meraviglie hai fatto, tu, Signore, mio Dio, quanti progetti in nostro favore: nessuno a te si può paragonare! Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea (Sal 40 (39) 6-11).

Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito (Lc 7, 6-10). Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,57-62).

Gesù visse l’obbedienza al Padre fino alla morte di Croce. Era questa la volontà sulla sua persona. Operò la redenzione del mondo. Visse l’obbedienza rimanendo però sempre nella Parola del Padre. Si vive la volontà del Padre nella Parola del Padre.

Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce.

Al cristiano è chiesto di amare come Cristo, facendo della sua vita un sacrificio al Padre. Può amare secondo Dio in un solo modo: camminando in tutta la Parola, obbedendo a quanto il Padre giorno per giorno gli chiede. Se non cammina nella Parola, l’obbedienza mai potrà esistere nella sua verità, perché manca la via sulla quale essa si compie: la Parola del Padre. La Parola è via per tutti, senza alcuna differenza. La volontà invece è personalissima. Ad ognuno il Signore chiede cosa fare.

Madre Nostra, Angeli, Santi, fateci vivere la Parola di Dio camminando nella Parola.

HA DATO SE STESSO PER LEI

Ef 5,21-33; Sal 127; Lc 13.18-21

30 OTTOBRE

Confrontando quanto dice Ezechiele di Dio nel narrare l’amore del Signore verso la sua sposa, il suo popolo, e quanto invece dice Paolo sull’amore di Cristo, per il suo corpo, la sua Chiesa, noteremo fin dove giunge l’amore eterno del Signore per l’uomo.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.

Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio. Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita, concedendo i tuoi favori a ogni passante. Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi. Con i tuoi splendidi gioielli d’oro e d’argento, che io ti avevo dato, facesti immagini d’uomo, con cui ti sei prostituita. Tu, inoltre, le adornasti con le tue vesti ricamate. A quelle immagini offristi il mio olio e i miei profumi. Ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l’olio e il miele di cui ti nutrivo. Oracolo del Signore Dio (Ez 16,1-19).

Dio non può lavare la sua sposa con il suo sangue. È purissimo spirito. Tutto quanto è nelle sue possibilità divine ed eterne Lui lo fa. Eleva la sua sposa fino a farla divenire regina. La sposa che manca di un cuore nuovo, si concede ad ogni prostituzione. Gesù non solo lava la sua sposa nel suo sangue, gli dona il suo sangue come sua vita nuova, la sua carne come carne nuova, lo Spirito Santo come Spirito Nuovo. Cristo Gesù offre questi doni ogni giorno, senza alcuna interruzione. Lui veramente ha fatto tutto e fa tutto. Se la sposa è infedele, la colpa è tutta sua. Gesù le ha dato tutto.

Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.

Quanto Gesù ha fatto e fa per la sua sposa, ogni uomo deve farlo per la sua sposa. Deve santificarla ogni giorno con il suo sangue, attinto nuovo perennemente in Cristo Gesù. Se l’uomo non si nutre del sangue di Cristo, mai potrà santificare la sua sposa.

Madre Purissima, Angeli, Santi, fate che imitiamo Gesù nel dono del suo sangue.

FACENDO DI CUORE LA VOLONTÀ DI DIO

Ef 6.1-9; Sa l 144; Lc 13.22-30

31 OTTOBRE

Dio governa il mondo in modo diretto e indiretto. Ogni uomo deve a Lui ogni obbedienza sia per via diretta che indiretta. Vi è però una verità che nessun uomo dovrà mai dimenticare. Chi obbedisce, obbedisce al  Signore. Chi comanda, dovrà sempre comandare nel nome del Signore, secondo le leggi e le modalità da Lui stabilite. Nessuno, nel comando, dovrà usurpare il posto a Dio. Anche di ogni comando domani si dovrà rendere conto a Dio, quando ci presenteremo al suo cospetto. Se dimentichiamo questa verità, è facile cadere o nel totale disinteresse o nel despotismo e in molti altri errori come il paternalismo, la parzialità, le preferenze, mille altre distorsioni del vero comando, che sempre deve essere fatto nel nome del Signore. alcuni esempi, che riguardano Pietro, Giovanni e lo stesso Paolo, ci aiutano a comprendere. Sempre urge fare la differenza tra volontà di Dio e degli uomini.

Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,17-20).

Agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha la moglie non credente e questa acconsente a rimanere con lui, non la ripudi; e una donna che abbia il marito non credente, se questi acconsente a rimanere con lei, non lo ripudi. Il marito non credente, infatti, viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, ora invece sono santi. Ma se il non credente vuole separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a schiavitù: Dio vi ha chiamati a stare in pace! E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie? (1Cor 7,12-16).

Da voi, forse, è partita la parola di Dio? O è giunta soltanto a voi? Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto vi scrivo è comando del Signore. Se qualcuno non lo riconosce, neppure lui viene riconosciuto. Dunque, fratelli miei, desiderate intensamente la profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo. Tutto però avvenga decorosamente e con ordine (1Cor 14,36-40).

Perché si possa giungere sia in chi è chiamato ad obbedire che in colui che è preposto a comandare, a rimanere sempre nella più pura verità e volontà di Dio, urge la pienezza dello Spirito Santo. Senza lo Spirito la carne recalcitrerà ad ogni obbedienza, ma anche sempre usurperà il posto a Dio e si potrà giungere fino alla tirannia e all’imposizione dio leggi immorali come avviene ai nostri giorni. Dinanzi all’immoralità data come legge, non c’è obbedienza. Mai ci potrà essere,  anche a costo del martirio.

Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre! Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra. E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore. Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo che libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene. Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli e in lui non vi è preferenza di persone.

Oggi il mondo, governato dall’ateismo o da un Dio fatto su misure del peccato dell’uomo, chiede ogni obbedienza, giungendo fino a dichiarare diritto della persona anche i delitti e la distruzione della stessa natura umana. Viene così a cadere la prima obbedienza dell’uomo che è alla sua natura. Persa questa obbedienza, tutto si perde. Non vi è spazio per alcuna obbedienza e alcun comando secondo Dio.

Vergine Obbediente, Angeli, Santi, fate che sempre si comandi e si obbedisca a Dio.