1 NOVEMBRE- TUTTI I SANTI
Ap 7,2-4.9-14; Sal 23,1-6; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a.
Il Signore opera una differenza eterna tra quanti gli appartengono e quanti invece non sono suoi. È suo chi è nella sua Parola. Non è suo chi si è consegnato agli idoli. Per chi è nella Parola vi è la benedizione che è dalla Parola. Per gli idolatri vi è la morte che è contenuta nella stessa Parola. I servi del Signore vengono e pongono sulla fronte un segno distintivo che manifesti che colui che lo possiede è nella Parola di Dio.
Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: «Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano». Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c’era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all’altare di bronzo. La gloria del Dio d’Israele, dal cherubino sul quale si posava, si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l’uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba. Il Signore gli disse: «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono». Agli altri disse, in modo che io sentissi: «Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non abbia pietà, non abbiate compassione. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: non toccate, però, chi abbia il tau in fronte. Cominciate dal mio santuario!».
Incominciarono dagli anziani che erano davanti al tempio. Disse loro: «Profanate pure il tempio, riempite di cadaveri i cortili. Uscite!». Quelli uscirono e fecero strage nella città. Mentre essi facevano strage, io ero rimasto solo. Mi gettai con la faccia a terra e gridai: «Ah! Signore Dio, sterminerai quanto è rimasto d’Israele, rovesciando il tuo furore sopra Gerusalemme?». Mi disse: «L’iniquità d’Israele e di Giuda è enorme, la terra è coperta di sangue, la città è piena di violenza. Infatti vanno dicendo: “Il Signore ha abbandonato il paese; il Signore non vede”. Ebbene, neppure il mio occhio avrà pietà e non avrò compassione: farò ricadere sul loro capo la loro condotta». Ed ecco, l’uomo vestito di lino, che aveva la borsa al fianco, venne a rendere conto con queste parole: «Ho fatto come tu mi hai comandato» (Ez 9,1-11).
Chi appartiene a Dio? Chi porta nel suo corpo, nel suo spirito, nella sua anima, l’impronta di Gesù Signore. Quanti sono in Cristo hanno diritto per giustizia di andare con Cristo. Quanti non sono in Cristo, non hanno alcun diritto di abitare in eterno con Lui. Saranno allontanati dal suo Volto e dalla sua presenza. Sono in grande errore coloro che annunziano la salvezza senza il segno di Cristo Gesù sulla loro fronte. Gli Angeli vengono e segnano sulla fronte solo quanti sono di Cristo Signore.
E vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello.
Oggi, contro la verità del diritto, della giustizia, della rivelazione, della Parola, si è annullata questa distinzione. Sono di Cristo nell’eternità tutti. Ma questa affermazione è solo pensiero dell’uomo empio e idolatra. Solo un idolatra empio può affermare che Dio non fa alcuna distinzione tra chi si è consacrato a Cristo e chi invece si è votato a Satana, all’idolatria, all’immoralità, alla corruzione, all’empietà. La distinzione è eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, piantateci nella verità di Cristo.
2 NOVEMBRE
Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità
Sap 3,1-9; Sal 41,2-3.5; 42,3-5; Ap 21,1-5a.6b-7; Mt 5,1-12a.
Il principio che l’inizio del Libro della Sapienza vuole porre nel cuore di ogni uomo in verità è semplicissimo. Ogni Parola di Dio è portatrice dello stesso mistero di Dio, che è mistero di verità, giustizia, vita eterna, bontà, misericordia, pace, divina santità. All’uomo non è chiesto prima di comprendere il mistero e poi di prestare ad esso la propria obbedienza. Gli è chiesto invece di obbedire, perché solo obbedendo, entrando nella Parola, facendo la Parola propria vita si entrerà nella comprensione del mistero. Non solo il Libro della Sapienza rivela questa verità, anche il Libro del Siracide educa l’uomo a questa scienza: si vive di Dio per comprendere Dio. Per noi discepoli di Gesù: si vive di Gesù per comprendere Gesù, si vive di Spirito Santo per comprendere lo Spirito Santo, si vive di grazia per comprendere la straordinaria bellezza della grazia.
Quanto sono belle tutte le opere del Signore! Ogni suo ordine si compirà a suo tempo! Non bisogna dire: «Che cos’è questo? Perché quello?». Tutto infatti sarà esaminato a suo tempo. Alla sua parola l’acqua si arresta come una massa, a un detto della sua bocca si aprono i serbatoi delle acque. A un suo comando si realizza quanto egli vuole, e nessuno potrà sminuire la sua opera di salvezza. Le opere di ogni uomo sono davanti a lui, non è possibile nascondersi ai suoi occhi; egli guarda da un’eternità all’altra, nulla è straordinario davanti a lui. Non bisogna dire: «Che cos’è questo? Perché quello?». Tutto infatti è stato creato con uno scopo preciso. La sua benedizione si diffonde come un fiume e come un diluvio inebria la terra. Così i popoli erediteranno la sua ira, come trasformò le acque in deserto salato. Le sue vie sono diritte per i santi, ma per gli empi sono piene d’inciampi. Per i buoni i beni furono creati sin da principio, allo stesso modo i mali per i peccatori. Le cose di prima necessità per la vita dell’uomo sono: acqua, fuoco, ferro, sale, farina di frumento, latte, miele, succo di uva, olio e vestito. Tutte queste cose sono un bene per i buoni, allo stesso modo si volgono in male per i peccatori.
Ci sono venti creati per castigare e nella loro furia rafforzano i loro flagelli; quando verrà la fine, scateneranno violenza e placheranno lo sdegno del loro creatore. Fuoco, grandine, fame e morte sono tutte cose create per il castigo. Denti delle fiere, scorpioni, vipere e spade vendicatrici sono per la rovina degli empi. Si rallegrano quando lui li comanda, stanno pronti sulla terra secondo il bisogno e al momento opportuno non trasgrediscono la sua parola. Di questo ero convinto fin dal principio, vi ho riflettuto e l’ho messo per iscritto: «Le opere del Signore sono tutte buone; egli provvederà a ogni necessità a suo tempo». Non bisogna dire: «Questo è peggiore di quello». Tutto infatti al tempo giusto sarà riconosciuto buono. E ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca, e benedite il nome del Signore (Sir 39,16-35).
Si possono leggere al ferro tutti i trattati sul fuoco e sulla sua forza. Il ferro mai saprà cosa è il fuoco. Non possiede alcuna esperienza di esso. Si prende il ferro, lo si immerge nel fuoco, a poco a poco il ferro comprenderà cosa è il fuoco. Si prende un uomo, lo si immerge nella Parola di Dio, lui trasformerà la Parola in sua carne, in sua vita, comprenderà Dio, perché a poco a poco nella Parola diventerà mistero di Dio in Dio. È la Parola di Dio vissuta che ci conduce alla comprensione della verità del nostro Dio. Chi si pone fuori della Parola, mai conoscerà il Signore. Mai ne parlerà bene.
Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.
Vivendo la Parola si comprende la Parola, la verità, l’Autore della Parola e della verità. Vivendo il Vangelo si comprenderà a suo tempo Cristo nel suo mistero di morte e risurrezione, di verità e di grazia, di giustizia e di infinita ed eterna misericordia. Si entra nella Parola, si entra in Dio. Si esce dalla Parola si esce da Dio. Nulla si comprende.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere tutta la Parola.
3 NOVEMBRE
Da loro proviene Cristo secondo la carne
Rm 9,1-5; Sal 147,12-15.19-20; Lc 14,1-6.
Una verità mai dovrà essere dimenticata. La carne di Cristo è carne di Abramo. È anche carne di Adamo, ma essa viene a noi dalla carne di Abramo. Anche una seconda verità mai dovrà essere dimenticata: la carne della Vergine Maria è carne di Abramo, così come la carne dei Dodici Apostoli, dei settantadue discepoli, la carne di Paolo, di Barnaba, di Stefano e degli altri diaconi. Carne di Abramo è tutta la Chiesa delle origini, prima della sua apertura ai pagani. Cristo, la Vergine Maria, gli Apostoli sono il frutto più eccellente di Israele, sono la sua gloria più alta. Questa verità canta anche il Vecchio Simeone mentre tiene Cristo Gesù tra le sue braccia.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,25-35).
Cristo Gesù è il dono di Israele alla Chiesa. La Chiesa per essere giusta deve essa a sua volta ridare Cristo ai figli del suo popolo. In certo qual modo questo debito è stato estinto nel momento in cui gli Apostoli hanno adempiuto il comando di Gesù risorto.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24,44-59).
Questo obbligo di ridare Cristo, perché sia loro salvezza, rimane per sempre. La via migliore di tutte per assolverlo è quella che Paolo oggi ci rivela. Lui vuole essere lui stesso anatema, separato da Cristo, a vantaggio dei suoi fratelli, suoi consanguinei secondo la carne. Essendo noi divenuti per il battesimo corpo di Cristo, anche noi siamo divenuti consanguinei degli Ebrei secondo la carne. Anche per noi vale il desiderio di Paolo. Anzi il suo desiderio deve divenire nostro desiderio. Come viverlo secondo pienezza di verità e giustizia? Pregando e offrendo la nostra vita a Dio, in Cristo, per la loro conversione. Nella conversione a Cristo, in Cristo anche loro diventeranno vita di Cristo, in Dio, per la loro redenzione eterna.
Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
Dare Cristo secondo la fede a chi a noi ha dato Cristo secondo la carne è un debito di giustizia che mai va in prescrizione. Ognuno, nel silenzio del cuore e della mente, senza alcun chiasso attorno a sé, deve pregare perché Cristo sia accolto nella fede da chi lo ha dato al mondo secondo la carne. Quando i debiti sono secondo giustizia, essi vanno soddisfatti, altrimenti si è ingiusti. Paolo vorrebbe assolverlo lasciandosi escludere lui da Cristo e al suo posto includere in Cristo i suoi fratelli consanguinei. Ad ognuno lo Spirito Santo suggerirà come il debito vada soddisfatto. Esso va soddisfatto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci adempiere ogni giustizia.
4 NOVEMBRE
Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Rm 11,1-2a.11-12.25-29; Sal 93,12-15.17-18; Lc 14,1.7-11.
Quanto Paolo oggi insegna è purissima verità: “I doni e la chiamata di Dio sono irreversibili”. Questa purissima verità va però compresa. Poiché essa è tutta contenuta nella vita di Abramo, in lui necessariamente va letta per essere compresa.
Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3). L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).
Nella discendenza di Abramo saranno benedette tutte le nazioni della terra. Questa è la chiamata e questa la promessa e questo il dono di Dio. La discendenza di Abramo è Cristo Gesù. È in Lui che ogni uomo dovrà essere benedetto. “Ogni uomo” sono anche tutti i figli di Abramo. Nella benedizione di Cristo si accede per la fede in Cristo. Si accoglie Cristo, si riceve la benedizione di Dio, ci si libera dalla maledizione della morte nella quale viviamo a causa del peccato di Adamo. Dio non esclude nessuno dalla sua misericordia. Nessuna sua promessa verrà mai meno. Ma la sua benedizione è solo Cristo ed è in Cristo. A Cristo ci si accosta mediante la fede. Questa verità è Gesù stesso che l’annunzia ai Giudei. La fede in Lui è necessaria per entrare nella vita.
Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8,21-29).
Cristo è la sola salvezza data da Dio ad ogni uomo. Questo dono rimane in eterno. Mai sarà ritirato da Dio e neanche da Cristo Gesù. A questo dono si accede mediante la fede. Questa via è obbligatoria per tutti. Tutti la devono percorrere. Nessuno è escluso.
Io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio. Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro gelosia. Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro totalità! Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati. Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Non c’è alcun ripudio da parte del Signore. C’è invece il rifiuto di non accogliere Cristo Gesù come unica e sola via di salvezza e di redenzione. Dare Cristo ad ogni uomo ora è obbligo della Chiesa. Verso i figli di Abramo è anche obbligo di grande giustizia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, illuminateci di divina verità.
5 NOVEMBRE – XXXI DOMENICA T.O. A
Avete usato parzialità nel vostro insegnamento
Ml 1,14b-2,2b.8-10; Sal 130,1-3; 1 Ts 2,7b-9.13; Mt 23,1-12.
Le accuse di Dio verso i sacerdoti, o pastori, del suo popolo sono oltremodo pesanti perché sono verissime. Tutti i profeti pronunciano contro i sacerdoti parole di altissima gravità. Sono essi i responsabili di tutti i mali non solo religiosi ma anche sociali. Isaia, Geremia, Osea, Ezechiele hanno parole di fuoco contro i ministri del Signore.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto (Ez 34,1-10).
Con Malachia le accuse non sono meno gravi e meno pesanti. Prima di tutto il Signore manifesta un desiderio: Che si chiudano le porte del suo tempio, così il suo altare non sarà più profanato. Meglio non offrire sacrifici, che offrirli in modo indegno. Poi si rivolge direttamente ai suoi sacerdoti e annunzia loro che cambierà le loro benedizioni in maledizioni. Anzi, aggiunge che le ha già cambiate. Mai Lui, il Signore, potrà benedire attraverso un sacerdote che esercita indegnamente il suo ministero. La benedizione dovrà essere anche il frutto della santità del sacerdote.
I suoi sacerdoti sono indegni perché hanno lasciato l’insegnamento della Legge secondo verità, imparzialità, pienezza di contenuti. A chi dicono una cosa e a chi un’altra. A chi riferiscono una falsità e a chi un’altra. Così il popolo corre dietro a menzogne, si smarrisce, si perde. Prima che offerente, il ministro del Signore, è un maestro, un insegnante. Prima che uomo del culto deve essere l’uomo della Parola. È la verità della Parola che fa la verità del culto. La falsità della Parola sempre rende falso il culto. Se il culto è falso è perché il loro insegnamento è falso.
Poiché io sono un re grande – dice il Signore degli eserciti – e il mio nome è terribile fra le nazioni. Ora a voi questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Voi invece avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete distrutto l’alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. Perciò anche io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo, perché non avete seguito le mie vie e avete usato parzialità nel vostro insegnamento. Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei nostri padri?
Se oggi il Signore mandasse un profeta cosa direbbe ai sacerdoti della Nuova Alleanza? Di certo una parola ferma, forte la direbbe: “Molti di voi avete ridotto la mia Parola a menzogna. Voi dite ciò che io non ho detto. Voi predicate ciò che mai è uscito dalla mia bocca. Voi vi siete scritta la vostra legge e la ponete sulle mie labbra. Voi avete abolito la mia giustizia in nome di una misericordia senza giustizia e verità”. Quando il sacerdote, ministro della Parola, trasforma in falsità la rivelazione, è allora che il mondo si immerge in un processo di morte non solo religiosa, ma anche sociale, economica, politica, morale, spirituale. Resa falsa la Parola, tutto viene reso falsità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci annunziatori della Parola.
6 NOVEMBRE
Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza
Rm 11,29-36; Sal 68,30-31.33-34.36-37; Lc 14,12-14.
San Paolo pone un taglio netto tra tutto ciò che avviene prima di Cristo e ciò che avviene con Lui, in Lui, per Lui, dopo di Lui. Prima di Lui, tutto è ordinato e finalizzato a Lui. Il popolo di Israele attende Lui come il suo unico e solo Salvatore e Redentore. Lui è atteso nella fede, perché Lui è la speranza d’Israele. Prima di Lui i pagani non conoscono Lui. Ed è questa la differenza. I Giudei vivono di attesa e di speranza. I pagani sono senza attesa e senza speranza. Vivono nell’ignoranza delle promesse di Dio. Questa differenza è sostanziale. Israele vive di fede nel futuro. I pagani vivono senza alcuna fede. Ma sia pagani che Giudei non sono ancora nella benedizione. Gesù viene. Cosa cambia nella sostanza degli eventi? Lui è predicato sia ai Giudei che ai Pagani. Come la fede è necessaria ai pagani così è necessaria ai Giudei. Questa verità Paolo la rivela in modo completo ed esaustivo nella Lettera agli Efesini.
Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. 9Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito (Ef 2,1-22).
Nella morte sono Giudei e pagani, così nella disobbedienza sono Giudei e pagani. Cristo va annunziato a Giudei e pagani senza alcuna differenza. La fede in Cristo per avere la benedizione come è necessaria ai pagani così è necessaria ai Giudei.
Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti! O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
In ordine alla fede non vi è alcuna superiorità del Giudeo rispetto al pagano o del pagano rispetto al Giudei. Agli uni e gli altri Cristo va annunziato, predicato, donato.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.
7 NOVEMBRE
È questo il vostro culto spirituale
Rm 12,5-16a; Sal 130,1-3; Lc 14,15-24.
In Paolo regna un ordine perfetto in relazione alla carità da vivere. È come se questo ordine fosse simile ad un edificio di tre piani. Se il primo piano è costruito con colonne di paglia, su di esso non si possono costruire gli altri due piani con colonne di cemento armato. La paglia non regge il peso e tutto l’edificio crolla. Oggi è questa la grande stoltezza dell’uomo – e spesso anche dei ministri della Parola e dei discepoli di Cristo Signore –: si vuole costruire uno stupendo terzo piano di carità verso gli altri, mentre paglia è il primo piano di carità verso Dio e paglia è il secondo piano di carità verso se stessi. Su due piani costruiti a paglia nessun piano di cemento armato potrà essere innalzato. Paglia sulla paglia, cemento su cemento, ferro su ferro.
Il primo piano è posto da Paolo a fondamento di ogni cosa. Chi costruisce secondo scienza, arte, verità in modo incrollabile questo primo piano? Chi fa della sua vita un’offerta gradita al Signore, un sacrificio e un olocausto in suo onore. Questo avviene cercando giorno per giorno la volontà di Dio e offrendo a Lui una pronta e immediata obbedienza. Ciò che è a Lui gradito si fa. Ciò che lui non gradisce si evita nei pensieri, nelle opere, nei desideri, nella progettazione, nell’attuazione. Il cristiano vive come Cristo: per fare oggi e sempre la volontà del suo Signore. Senza l’innesto della nostra vita nella divina volontà e la perenne obbedienza ad essa, nessuna carità sarà mai possibile. Un albero selvatico non dona frutti buoni. È albero selvatico.
Innestati in Dio, per Cristo, ad opera dello Spirito Santo, ognuno è chiamato a crescere come albero buono, mettendo ogni impegno a produrre secondo la nuova natura ricevuta, il nuovo ministero che ci è stato affidato, i carismi o i talenti con i quali siamo stati arricchiti. È una carità questa che riguarda il nostro corpo, il nostro spirito, la nostra anima. Dobbiamo portare la nostra persona al sommo della perfezione morale, al sommo della santificazione, al sommo della crescita spirituale e dottrinale, al sommo di ogni virtù. Se questo secondo piano non viene innalzato ogni giorno nella santità di Cristo, conformemente ai doni dello Spirito, nessun altro piano potrà essere innalzato. Lo si potrà anche innalzare, ma non resisterà. Manca la consistenza del secondo piano. Le regole dello spirito sono infallibili. Se esse mancano, non c’è vita.
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero.
Chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.
Se primo e secondo piano sono costruiti bene, anche il terzo della carità verso gli altri, sarà innalzato secondo le regole dello Spirito e sarà ben solido, stabile, duraturo. Chi cammina nei vizi, quale amore potrà dare ai suoi fratelli? Chi è pieno di odio e di sete di vendetta, quale amore potrà dare ai suoi nemici? Nella santità tutto è più facile.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci le regole del vero amore.
8 NOVEMBRE
La carità non fa alcun male al prossimo
Rm 13,8-10; Sal 111,1-2.4-5.9; Lc 14,25-33.
La carità ha un inizio e un suo compimento, l’uno e l’altro vengono dalla volontà di Dio. L’inizio della carità è l’osservanza con cuore integro dei Comandamenti. Non di uno o di alcuni comandamenti, ma di tutti i comandamenti dati da Dio come fonte di vita.
Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,1-17).
Il compimento della carità sono le Beatitudini date da Gesù sul Monte, correlate della loro spiegazione sulle modalità secondo le quali esse vanno vissute. Compimento della legge iniziale dell’amore è tutto il Discorso della Montagna. Leggiamone uno stralcio.
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,38-48).
Chi si pone fuori di un solo comandamento, non ama. Neanche vive la pienezza della carità chi si colloca fuori del Discorso della Montagna di Gesù Signore. Né Dio e né Cristo Gesù hanno lasciato al cuore dell’uomo la legge della vita e dell’amore. Nella religione cristiana l’amore non è pensiero, non è immaginazione, non è ricerca. In essa è solo obbedienza, ascolto, realizzazione di una Parola ricevuta. Si vive la Parola si ama. Non si vive la Parola, non si ama. L’amore è realizzazione della Parola.
Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
Al prossimo si può fare il male passivamente e anche attivamente, direttamente e indirettamente, da vicino e anche da lontano. Chi ama evita ogni forma. Un cristiano che non cura la sua crescita in santità, fa male al prossimo. Non gli mostra la verità di Cristo. Senza santità non lo potrà mai amare come si conviene. Il suo amore è fortemente limitato dai vizi e di conseguenza con la sua condotta fa male al prossimo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci amare secondo verità.
9 NOVEMBRE
Là dove giungerà il torrente tutto rivivrà
Ez 47,1-2.8-9.12; Sal 45,2-3.5-6.8-9; 1 Cor 3,9c-11.16-17; Gv 2,13-22.
La possente profezia di Ezechiele termina con la visione del nuovo tempio di Dio, che viene collocato nel cuore di Gerusalemme. Dal lato destro di questo nuovo tempio nasce un fiume che diviene sempre più grande. Dove esso giunge, giunge anche la vita. Anche il Mar Morto, che non contiene alcuna forma di vita, si riempie di pesci e sulle sue rive i pescatori stendono le loro reti. Gli alberi che solitamente producono una volta nel ciclo di un anno solare, danno frutti ogni mese. Anche le loro foglie sono un bene prezioso. Sono medicine che curano ogni sorta di malattia. Da questo fiume la vita si rinnova, si rigenera, si moltiplica. Dove questo fiume non giunge, lì rimane la morte. Non c’è vita. Mai ve ne potrà essere. Mancano le acque rigeneratrici.
Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.
Questa visione di Ezechiele trova pieno compimento in Cristo Gesù. Prima Gesù si annunzia ai Giudei come il Nuovo Tempio. Poi alla Samaritana fa la grande offerta dell’acqua che zampilla per la vita eterna. Infine dal suo costato squarciato nel suo corpo morto sulla croce, sgorga un fiume di acqua e di sangue che dovranno rigenerare, vivificare, far fruttificare di vita eterna ogni altro cuore che si lascerà irrorare da queste acque e da questo sangue che sono lo Spirito Santo e la grazia.
Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Gv 4,6-15).
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,31-37).
Oggi questo fiume di grazia e di Spirito Santo deve sgorgare da Cristo per mezzo del suo corpo che è la Chiesa. È la Chiesa del Dio vivente in Cristo il nuovo tempio di Dio che dovrà inondare tutta la terra di grazia e di Spirito Santo. Se essa non fa sgorgare questa divina sorgente di vita, la terra sarà una valle di morte. Non vi sono altre acque che rigenerano, vivificano, fanno maturare frutti, guariscono con le loro foglie.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fiume di acqua viva.
10 NOVEMBRE
Un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo
Rm 15,14-21; Sal 97,1-4; Lc 16,1-8.
San Paolo ha sempre dinanzi agli occhi Cristo Gesù, il Crocifisso. Colui che ha salvato il mondo per l’offerta del suo corpo al Padre. Questa verità è rivelata con sublime chiarezza nella Lettera agli Ebrei. La salvezza del mondo è da questa unica offerta.
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre. Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. A noi lo testimonia anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto: Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente, dice: e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità. Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato (Eb 10,5-18).
Il corpo di Cristo va perennemente offerto. Oggi il corpo di Cristo è la Chiesa e ogni discepolo di Gesù in essa. Anche Paolo fa della sua vita un’offerta gradita a Dio per la più grande crescita nella fede della stessa Chiesa. L’offerta del proprio corpo mette nella Chiesa nuova potenza di grazia e di Spirito Santo, di luce e di verità, di carità e di amore, di giustizia e di pace, per la sua rigenerazione e vivificazione.
Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me (Fil 2,12-18).
Ecco allora il fine della missione di Paolo. Essa non consiste nel dare alle Genti solo il Vangelo di Dio. Ma dona il Vangelo di Dio con un fine ben preciso, aiutare ogni cuore che lo riceve a divenire un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Il Vangelo è solo l’inizio della missione. La missione deve necessariamente produrre questo frutto spirituale, senza il quale il dono del Vangelo rimane sterile. Come albero e frutto sono un solo fine, così missione e offerta gradita e santificata dallo Spirito sono un solo fine.
Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro. Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci offerta gradita di Dio.
11 NOVEMBRE
Perché giungano all’obbedienza della fede
Rm 16,3-9.16.22-27; Sal 144,2-5.10-11; Lc 16,9-15.
Come Cristo è l’Obbediente al Padre fino alla morte di Croce, così il discepolo di Gesù deve essere obbediente a Gesù fino alla morte di croce. Gesù obbediva alla Parola del Padre, il discepolo obbedisce alla Parola di Cristo Signore. Si annunzia il Vangelo, si obbedisce al Vangelo, si è discepolo di Gesù. Non si obbedisce al Vangelo non si è discepolo di Gesù. Vangelo e discepolato sono una cosa sola. Una cosa sola devono rimanere in eterno. San Paolo nella stessa Lettera ai Romani ci rivela che non tutti obbediscono al Vangelo. Molti non lo accolgono. Rifiutano la via della vita.
Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro: Per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino agli estremi confini del mondo le loro parole (Rm 10,12-18).
Poiché la salvezza è dal Vangelo, quanti rifiutano il Vangelo che viene loro predicato, alla morte che già incombe su di loro, se ne aggiunge una ancora più pesante, a motivo del dono di salvezza da essi non accolto. Anche questa è verità.
È questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite. È proprio della giustizia di Dio ricambiare con afflizioni coloro che vi affliggono e a voi, che siete afflitti, dare sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo, insieme agli angeli della sua potenza, con fuoco ardente, per punire quelli che non riconoscono Dio e quelli che non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Essi saranno castigati con una rovina eterna, lontano dal volto del Signore e dalla sua gloriosa potenza. In quel giorno, egli verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile da tutti quelli che avranno creduto, perché è stata accolta la nostra testimonianza in mezzo a voi (1Ts 1,5-10).
Paolo ha un grande desiderio nel cuore: aiutare ogni uomo perché trasformi l’ascolto del Vangelo in fede. Quando questo avviene? Quando il cuore è intimamente convinto che il Vangelo è la sola parola della vita – questa è la fede – e presta ad esso una obbedienza con tutta l’anima, tutto lo spirito, tutto il corpo, ogni sua forza e ogni sua intelligenza. Trasformando il Vangelo in fede e obbedendo alla fede si entra nella vita.
Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano. Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa. Salutate il mio amatissimo Epèneto, che è stato il primo a credere in Cristo nella provincia dell’Asia. Salutate Maria, che ha faticato molto per voi. Salutate Andrònico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia: sono insigni tra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, che mi è molto caro nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio carissimo Stachi.
Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi salutano tutte le Chiese di Cristo. Anch’io, Terzo, che ho scritto la lettera, vi saluto nel Signore. Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la comunità. Vi salutano Erasto, tesoriere della città, e il fratello Quarto. A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.
Oggi il Vangelo per molti è un residuo dei tempi passati. Tutto oggi viene affidato ad un pensiero umano incapace di produrre non solo una qualsiasi fede, ma neanche una qualsiasi vita. Ciò che viene dal cuore dell’uomo è morte, perché l’uomo è morte. La vita sgorga solo dal cuore del Padre e dal cuore del Padre è venuto a noi il Vangelo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla fede.
12 NOVEMBRE – XXXII DOMENICA T.O. A
Si lascia trovare da quelli che la cercano
Sap 6,12-16; Sal 62,2-8; 1 Ts 4,13-18; Mt 25,1-13.
L’agire di Dio con l’uomo è fatto di due verità. La prima ci annunzia che Dio va sempre alla ricerca dell’uomo. Se leggiamo la Scrittura dalla prima pagina della Genesi all’ultima dell’Apocalisse troviamo che è stato sempre così. Se Dio non cercasse l’uomo, l’uomo sarebbe irrimediabilmente perso. Non vi sarebbe in lui nessun segno di vita soprannaturale. Sarebbe immerso in ogni idolatria ed empietà. Sarebbe consumato, divorato dall’immoralità dilagante, peggio che ai tempi del diluvio. Già nel Giardino dell’Eden prima Dio cerca l’uomo per dargli il suo “completamento ontologico”, poi lo cerca per annunziargli che avrebbe operato la nuova creazione del suo essere ormai consegnato interamente alla morte, senza alcuna possibilità da parte sua di ricomporsi. L’uomo può distruggersi, mai potrà risuscitarsi. Chi risuscita è solo Dio.
E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta» (Gen 2,18-23). Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,8-15).
A questa verità che è la costante perenne del Signore – non solo nella Scrittura Santa, ma anche nella vita della sua Chiesa – se ne aggiunge una seconda. Dio vuole che anche l’uomo lo cerchi. All’uomo che lo cerca lui promette che sempre si lascerà trovare. Nessuna ricerca di Dio cadrà nel vuoto. Anzi Dio stesso è in attesa per noi. Questa verità Gesù la manifesta in modo inequivocabile nella parabola dei due figli.
Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa (Lc 15,17-24).
Il Libro della Sapienza annunzia questa verità. Tu, uomo, sei carente di sapienza? Cercala. Chiedila al Signore. Lui te la darà. Mai ti lascerà privo della sua sapienza. Anzi è la sapienza stessa che cerca, ma essa ama anche essere cercata. Chi è allora l’uomo vero? Chi è cercato dalla sapienza e cerca sempre ancora più sapienza.
La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano. Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta, chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni; poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, appare loro benevola per le strade e in ogni progetto va loro incontro.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cercatori della sapienza.
13 NOVEMBRE
Viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia
Sap 1,1-7; Sal 138,1-10; Lc 17,1-6.
Il Libro della Sapienza rivela all’uomo qual è la condizione della sua vita. Lui può essere governato o dalla sapienza o dalla stoltezza. Se è governato dalla sapienza cammina nella luce e nella vita. Se invece è condotto dalla stoltezza, procede di morte in morte, fino a giungere alla morte eterna, senza più speranza di ritorno indietro. Finché rimane sulla terra, nella storia, può passare dalla sapienza nella stoltezza, ma anche può abbandonare la stoltezza per lasciarsi guidare dalla sapienza. Come un uomo sa se cammina nella sapienza o è nella stoltezza? È sufficiente che osservi le sue opere. Ogni opera di ingiustizia è il frutto della stoltezza. Questa stessa verità ci annunzia San Paolo nella Lettera ai Galati. Ognuno dai suoi frutti potrà sempre conoscere su quale strada sta camminando. Lo Spirito e la carne non danno lo stesso frutto. I frutti dello Spirito sono contrari a quelli della carne e così quelli della carne a quelli dello Spirito. È dai frutti che si conosce sia l’albero sapiente che l’albero stolto.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,13-26).
Altra verità che mai va dimenticata ci dice che quando l’uomo vive nell’ingiustizia, lo Spirito del Signore, lascia quel cuore. Le conseguenze sono disastrose. Mancando della luce e della verità, quell’uomo è schiavo della stoltezza, da stolto pensa e da stolto agisce. Questa verità si applica ai singoli, alle moltitudini, ai popoli, alle nazioni. Se uno che governa le nazioni è ingiusto, non speri di essere governato dalla sapienza. Prima entri nella giustizia e poi la sapienza lo guiderà, lo governerà, lo illuminerà. Questa verità oggi andrebbe gridata ai quattro venti. Dovrebbe essere ascoltata da tutti i re di questo mondo e da quanti esercitano il potere in ogni campo.
Amate la giustizia, voi giudici della terra, pensate al Signore con bontà d’animo e cercatelo con cuore semplice. Egli infatti si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova, e si manifesta a quelli che non diffidano di lui. I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti. La sapienza non entra in un’anima che compie il male né abita in un corpo oppresso dal peccato. Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia. La sapienza è uno spirito che ama l’uomo, e tuttavia non lascia impunito il bestemmiatore per i suoi discorsi, perché Dio è testimone dei suoi sentimenti, conosce bene i suoi pensieri e ascolta ogni sua parola. Lo spirito del Signore riempie la terra e, tenendo insieme ogni cosa, ne conosce la voce.
Chi vuole camminare di luce in luce e di verità in verità, deve produrre frutti di giustizia. La giustizia è quella secondo Dio, mai quella secondo gli uomini. La giustizia è il frutto della divina sapienza che governa i cuori e le menti. Si è condotti dalla giustizia, si producono frutti di giustizia. Si è nell’ingiustizia, la sapienza abbandona la mente e il cuore dell’uomo e si prendono decisioni di stoltezza e di insipienza. Allora è sempre possibile vedere quale sarà il frutto futuro di una persona. È sufficiente osservare i suoi frutti. Se sono di giustizia o di ingiustizia. Se sono di ingiustizia, camminerà di stoltezza in stoltezza e mai conoscerà la via della vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci operatori di vera giustizia.
14 NOVEMBRE
Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità
Sap 2,23-3,9; Sal 33,2-3.16-19; Lc 17,7-10.
Dio è atto puro, natura ed essenza eterna, incorruttibile, immortale, immodificabile. Avendo creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, gli aveva anche comunicato questa speciale particolarità del suo essere. Lo aveva creato per l’immortalità e l’incorruttibilità. Questa particolarità era però sottoposta all’obbedienza, all’ascolto, all’osservanza del suo comando: “Se ne mangi, muori”. Sappiamo che l’uomo, tentato, cadde nel peccato della disobbedienza ed è precipitato all’istante nella morte. L’incorruttibilità si è trasformata in corruttibilità e l’immortalità in mortalità. Ora la vocazione dell’uomo, in Cristo, è una sola: rivestirsi di immortalità e incorruttibilità.
Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose (Sap 12, 1). Eran degni di essere privati della luce e di essere imprigionati nelle tenebre quelli che avevano tenuto chiusi in carcere i tuoi figli, per mezzo dei quali la luce incorruttibile della legge doveva esser concessa al mondo (Sap 18, 4). E hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili (Rm 1, 23). La vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità (Rm 2, 7). Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile (1Cor 9, 25). Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile (1Cor 15, 42). Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità (1Cor 15, 50). E’ necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità (1Cor 15, 53). Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria (1Cor 15, 54). La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo, con amore incorruttibile (Ef 6, 24). Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen (1Tm 1, 17). Cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore con un’anima incorruttibile piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio (1Pt 3, 4).
Come si riconquistano incorruttibilità e immortalità? Rimanendo sempre nella giustizia. Qualsiasi cosa accada, chi vuole riconquistare la sua verità di origine, non solo deve rientrare nella giustizia, facendosi governare dalla sapienza, mai dovrà passare nell’ingiustizia, mai dovrà conoscere il male, mai desiderarlo, mai operarlo. Il mondo dell’iniquità si avventerà contro il giusto per togliergli la vita. Il giusto darà la sua vita per l’immortalità. Vale proprio la pena. Nulla vale quanto l’incorruttibilità eterna. Se dovesse avere mille vite e tutte e mille dovesse darle per rimanere nell’immortalità, lui è obbligato a darle. Se non le dona, perde l’eternità di gloria, perde il suo Dio, senza guadagnare nulla in cambio. Le mille vite le perde nella dannazione eterna.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono. Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.
Se questa verità che l’incorruttibilità eterna merita la perdita anche del corpo, da consegnare agli empi e ai malvagi, non diviene principio di agire, è facile rispondere al male con il male e all’ingiustizia con l’ingiustizia. Ma così facendo all’istante si precipita nella mortalità e nella corruttibilità e la vita dell’uomo entra nella sua rovina eterna. Questa verità oggi sta scomparendo anche dalla mente credente. Regna nei cuori un immanentismo di morte eterna che priva la sapienza di ogni alito di vita nell’uomo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, piantateci nella vera giustizia.
15 NOVEMBRE
Ma sui dominatori incombe un’indagine inflessibile
Sap 6,1-11; Sal 81,3-4.6-7; Lc 17,11-19.
Oggi si fanno mille disquisizioni sulla coscienza. È detta capace o non capace di discernimento. È definita retta, certa, erronea, scrupolosa, delicata, supina, crassa, sensibile, insensibile, soffocata. La Scrittura invita l’uomo ad osservare la Legge del Signore con cuore retto. Essa chiede a tutti di amare Dio, il solo vero Dio, impegnando per intero il nostro essere: anima, spirito, corpo. Tutto l’uomo deve collocarsi nella divina volontà. Si è giusti se si è nella Legge, altrimenti si è ingiusti.
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,4-9).
Dio viene per il giudizio. Viene durante la nostra vita. Verrà alla fine dei tempi. Ci giudicherà secondo le nostre opere, che sono o buone o cattive, o frutto in noi della sapienza e dello Spirito Santo, oppure della stoltezza, dell’insipienza, della malvagità, della cattiveria, della superbia, o di ogni altro vizio. Non vi sono giustificazioni per il male. La Scrittura manifesta una sola distinzione: non volontarietà, accidentalità, inavvertenza. Questa distinzione vale in modo particolare solo per l’omicidio. Tutti gli altri Comandamenti si osservano, non si osservano. Li osservi, sei giusto. Non li osservi, sei malvagio, empio, ingiusto. È difficile, se non impossibile, commettere un adulterio per inavvertenza. Così come un furto, una falsa testimonianza e altre cose.
Oggi il Libro della Sapienza parla ai re e a quanti sono posti in alto per governare. Essi sono avvisati. Sul loro operato il Signore condurrà una indagine rigorosa, inflessibile. Essi sono i ministri della sua giustizia, della sua verità, della sua legge, del suo amore, della sua santità. Essi non amministrano in nome proprio, ma in nome di Dio. Non dei loro idoli, ma del Dio vivo e vero. Ogni tradimento della giustizia, ogni parzialità, ogni trasgressione e violazione sarà scritta nel libro. Di tutto il male, anche minimo da essi operato, Dio chiederà conto in giudizio. Più un uomo è posto in alto e più l’indagine sarà minuziosa. Dio passerà al microscopio tutta la vita di chi governa, amministra, regge la sorte dei popoli e delle nazioni e neanche un microbo di male resterà impunito. Siamo tutti avvisati. Giudice di re, giudici, maestri, sacerdoti, dottori, professori, governanti, amministratori è solo il Signore. È verità universale, eterna.
Ascoltate dunque, o re, e cercate di comprendere; imparate, o governanti di tutta la terra. Porgete l’orecchio, voi dominatori di popoli, che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni. Dal Signore vi fu dato il potere e l’autorità dall’Altissimo; egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi: pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente né avete osservato la legge né vi siete comportati secondo il volere di Dio. Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto. Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore. Il Signore dell’universo non guarderà in faccia a nessuno, non avrà riguardi per la grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e a tutti provvede in egual modo. Ma sui dominatori incombe un’indagine inflessibile. Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole, perché impariate la sapienza e non cadiate in errore. Chi custodisce santamente le cose sante sarà riconosciuto santo, e quanti le avranno apprese vi troveranno una difesa. Bramate, pertanto, le mie parole, desideratele e ne sarete istruiti.
Ho sempre insegnato che un battezzato facilmente va in Paradiso se cammina nella legge del Signore. Per un cresimato vi sono delle porte da attraversare. Per un presbitero la porta diviene stretta, anzi strettissima, un vescovo dovrà passare per le fessure, un papa dovrà entrare a porte chiuse nel Cielo. Più si sale in alto, più si cresce in responsabilità verso gli altri. Il papa è responsabile dell’intera Chiesa, il vescovo dell’intera diocesi, il parroco di tutta la parrocchia. La loro vita deve essere santissima.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perfetti nella giustizia.
16 NOVEMBRE
Dio non ama se non chi vive con la sapienza.
Sap 7,22-8,1; Sal 118,89-9.130.135.175; Lc 17,20-25.
Se volessimo racchiudere in una sola parola questa “divina” presentazione che l’agiografo ci offre della sapienza, potremmo dire che la sapienza è la stessa intelligenza divina, o la sua luce eterna, che governa il suo cuore e la sua mente. Questa intelligenza e luce che risplende in Dio e da Dio viene partecipata all’uomo è lo Spirito Santo. Con lo Spirito di Dio, la sua intelligenza, la sua luce divina ed eterna si agisce come Dio agisce, ma prima di tutto si vede ogni cosa come Dio la vede. La partecipazione più alta per una creatura è stata quella elargita da Dio al suo Messia.
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).
Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria. Riedificheranno le rovine antiche, ricostruiranno i vecchi ruderi, restaureranno le città desolate, i luoghi devastati dalle generazioni passate. Ci saranno estranei a pascere le vostre greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli. Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti. Vi nutrirete delle ricchezze delle nazioni, vi vanterete dei loro beni (Is 61,1-6).
Con l’intelligenza e la luce divina partecipata all’uomo si vede la Legge come Dio la vede, ma anche l’intera creazione è vista come Dio l’ha pensata e vista. Non solo si vede, ma anche si agisce come Dio ha agito ed agisce oggi. Senza questa luce e intelligenza divina, siamo ciechi, sordi, muti, incapaci di vedere e di agire.
In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza. La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa a meraviglia l’universo.
Il Padre dona tutta la sua Sapienza Eterna al Figlio, il Figlio vede come il Padre, agisce come Lui, opera come Lui. Gesù dona il suo Spirito Santo ai discepoli perché essi vedano come Lui, agiscano come Lui. Lo Spirito Santo va chiesto senza interruzione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, inondateci di Spirito Santo.
17 NOVEMBRE
Neppure costoro però sono scusabili
Sap 13,1-9; Sal 18,2-5; Lc 17,26-37.
La via dell’analogia è vera via che ci aiuta a pervenire alla conoscenza di Dio. È proprio dell’intelligenza l’argomentazione e la deduzione. Si vede la bellezza delle creature. Vi è una sola conclusione: il loro autore è infinitamente più bello. Si scorge la grandezza dell’universo. Infinitamente più grande è Colui che lo ha creato. Questo con il lume naturale dell’intelligenza dell’uomo. Se poi lo stesso uomo si pone in umiltà è chiede luce al suo Signore perché gli dia la sapienza per entrare nella vera conoscenza della realtà sia visibile che invisibile, il suo Dio non solo gli darà la sapienza, ma anche verrà Lui e gli rivelerà ogni cosa, parlando Lui direttamente al suo cuore e al suo spirito.
San Paolo colloca il principio dell’inescusabilità di ogni empietà e idolatria proprio in questo processo di analogia. Questo principio vuole che una parte sia uguale a ciò che si vede e una parte disuguale. L’antica teologia insegna il linguaggio della triplice via: affermazione, negazione, sublimazione. Dio è bello. Dio non è bello secondo le categorie della bellezza creata. Dio è infinitamente bello oltre ogni bellezza creata. Rimane però la verità: “Dio è bello”. La sua bellezza è eterna, divina, increata, fonte di ogni altra bellezza. Per questa capacità della mente che può giungere a cogliere verità e falsità, giustizia e ingiustizia, bene e male, gli empi sono inescusabili per la loro malvagità. La natura umana può separare il bene dal male. Se può, deve.
Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa (Rm 1,18-32).
L’empietà, la malvagità, l’idolatria non hanno scuse presso Dio. Si può conoscere Dio.
Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore. Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s’ingannano cercando Dio e volendolo trovare. Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza perché le cose viste sono belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a conoscere Dio.
18 NOVEMBRE
Tutto il creato fu modellato di nuovo
Sap 18,14-16; 19,6-9; Sal 104,2-3.36-37.42-43; Lc 18,1-8.
La creazione non è un oggetto non più modificabile per il suo Creatore . Essa è come creta nelle sue mani. Questa immagine ricorre spesso nella Scrittura, specie nei Profeti Isaia e Geremia. Anche l’uomo è visto come creta che Dio può sempre modellare.
Guai a chi contende con chi lo ha plasmato, un vaso fra altri vasi d’argilla. Dirà forse la creta al vasaio: «Che cosa fai?» oppure: «La tua opera non ha manici»? Guai a chi dice a un padre: «Che cosa generi?» o a una donna: «Che cosa partorisci?». 1Così dice il Signore, il Santo d’Israele, che lo ha plasmato: «Volete interrogarmi sul futuro dei miei figli e darmi ordini sul lavoro delle mie mani? Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l’uomo; io con le mani ho dispiegato i cieli e do ordini a tutto il loro esercito. Io l’ho suscitato per la giustizia; spianerò tutte le sue vie. Egli ricostruirà la mia città e rimanderà i miei deportati, non per denaro e non per regali» (Is 45,9-13). Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani (Is 64,6-7).
Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: «Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele. A volte nei riguardi di una nazione o di un regno io decido di sradicare, di demolire e di distruggere; ma se questa nazione, contro la quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle. Altre volte nei riguardi di una nazione o di un regno io decido di edificare e di piantare; ma se essa compie ciò che è male ai miei occhi non ascoltando la mia voce, io mi pento del bene che avevo promesso di farle (Ger 18,1-10).
È questa la grande rivelazione che viene a noi dal Libro della Sapienza. Dio, per salvare il suo popolo dalla schiavitù degli Egiziani, ha dato una nuova potenzialità, nuova energia all’’intera creazione. Gli stessi elementi si rivestivano di duplice forza. Per gli uni servivano per la morte, per gli altri invece per la vita. Dio comandava alla sua creazione di agire contro la sua stessa natura per il più grande bene dei suoi figli. La creazione così non è realtà statica, ma dinamica. Non obbedisce a leggi rigide, stabilite in eterno dal Signore. Essa è tutta in perenne obbedienza ad ogni comando del Signore. Essa opera sempre secondo l’ultimo comando ricevuto. Ordina al fuoco di bruciare e il fuoco brucia. Comanda al fuoco di trasformarsi in vento confortevole e le fiamme divengono venticello soave. La creazione fa ciò che le viene ordinato.
Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile e, fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra. Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi. Si vide la nube coprire d’ombra l’accampamento, terra asciutta emergere dove prima c’era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d’erba; coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi. Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati.
Tutto il creato è nelle mani del Signore. Lui se ne serve per dare vita ai suoi fedeli, ma anche morte a quanti ostacolano il progetto di salvezza. Israele attraversa il Mare e si salva. Gli Egiziani entrano nel Mare si si perdono. Per i primi le acque sono salvezza, per i secondi morte. Per i figli d’Israele la nube è luminosa e rischiara il cammino, per gli altri è una coltre di fitta tenebra. L’onnipotenza del Signore può rendere l’acqua solida come una roccia e la roccia penetrabile come l’acqua. Divina onnipotenza!
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a conoscere il Signore.
19 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA T.O. A
Ma la donna che teme Dio è da lodare
Pr 31,10-13.19-20.30-31; Sal 127,1-5; 1 Ts 5,1-6; Mt 25,14-30.
Il Libro dei Proverbi elogia la donna la cui anima è adorna di ogni virtù e vive nel timore del Signore per tutti i giorni della sua vita. La bellezza fisica svanisce. La bellezza spirituale dura per l’eternità. La stessa raccomandazione rivolge San Pietro alle donne.
Allo stesso modo voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti, perché, anche se alcuni non credono alla Parola, vengano riguadagnati dal comportamento delle mogli senza bisogno di discorsi, avendo davanti agli occhi la vostra condotta casta e rispettosa. Il vostro ornamento non sia quello esteriore – capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti – ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, un’anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio. Così un tempo si ornavano le sante donne che speravano in Dio; esse stavano sottomesse ai loro mariti, come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di lei siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia (1Pt 3,1-6).
San Paolo modella l’ornamento del cristiano come vera corazza e armatura spirituale. È questa corazza che lo rende credibile, attraente, efficace in ogni sua opera.
Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare (Ef 6,10-20).
Lo stesso Paolo quando vuole descrivere la bellezza spirituale di un apostolo di Cristo Gesù, mette insieme tutte le virtù e le propone come abito da indossare sempre.
Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! (2Cor 6,3-10).
Per una donna vi è bellezza più grande che un ornamento completo di virtù? Vi è donna più bella di colei che si veste di umiltà, sapienza, fortezza, intelligenza, intraprendenza, operosità, capacità di governo della casa? Vi è donna più attraente di colei che muove ogni suo passo nel timore del Signore e nell’obbedienza alla sua Legge? La bellezza fisica dura un istante. La bellezza spirituale rimane in eterno.
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, adornateci di ogni virtù.
20 NOVEMBRE
Cancellarono i segni della circoncisione
1 Mac 1,10-15.41-43.54-57.62-64; Sal 118,53.61.134.150.158-159; Lc 18,35-43.
I nemici di una religione, anche della più santa, sono sempre nel suo seno. Per ogni religione vale la rivelazione del profeta Michea che viene ripresa anche da Cristo Gesù.
Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d’estate, come un racimolatore dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia voglia. L’uomo pio è scomparso dalla terra, non c’è più un giusto fra gli uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la caccia al fratello. Le loro mani sono pronte per il male: il principe avanza pretese, il giudice si lascia comprare, il grande manifesta la cupidigia, e così distorcono tutto. Il migliore di loro è come un rovo, il più retto una siepe di spine. Nel giorno predetto dalle tue sentinelle, il tuo castigo è giunto, adesso è il loro smarrimento. Non credete all’amico, non fidatevi del compagno. Custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa sul tuo petto. Il figlio insulta suo padre, la figlia si rivolta contro la madre, la nuora contro la suocera e i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua. Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nel Dio della mia salvezza, il mio Dio mi esaudirà (Mi 7,1-7) Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa (Mt 10,34-36).
Il nemico esterno non ha alcun potere sulla vera fede. Mai potrà distruggerla. Può uccidere coloro che di vera fede vivono, mai potrà modificare l’adesione al vero Dio di un popolo, una nazione, una comunità. Invece è sempre dall’interno che la fede si abbatte e la verità viene annientata. Al tempo dei fratelli Maccabei non furono gli stranieri ad allontanare il popolo di Dio dall’Alleanza. Furono gente scellerata appartenente ai figli di Abramo che si allearono con gli stranieri per cancellare ogni segno della presenza del Signore in mezzo al suo corpo, compreso il segno incancellabile della circoncisione. Eppure essi sono riusciti anche a far cancellare questo segno nella carne. Sono i figli di Abramo che chiedono al re pagano la paganizzazione del popolo dei Giudei. Esso sarebbe dovuto divenire pagano con i pagani, non solo nella forma esteriore, ma anche nel pensiero e nel cuore.
Uscì da loro una radice perversa, Antioco Epìfane, figlio del re Antioco, che era stato ostaggio a Roma, e cominciò a regnare nell’anno centotrentasette del regno dei Greci. In quei giorni uscirono da Israele uomini scellerati, che persuasero molti dicendo: «Andiamo e facciamo alleanza con le nazioni che ci stanno attorno, perché, da quando ci siamo separati da loro, ci sono capitati molti mali». Parve buono ai loro occhi questo ragionamento. Quindi alcuni del popolo presero l’iniziativa e andarono dal re, che diede loro facoltà d’introdurre le istituzioni delle nazioni. Costruirono un ginnasio a Gerusalemme secondo le usanze delle nazioni, cancellarono i segni della circoncisione e si allontanarono dalla santa alleanza. Si unirono alle nazioni e si vendettero per fare il male. Poi il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze.
Tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re. Anche molti Israeliti accettarono il suo culto, sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato. Nell’anno centoquarantacinque, il quindici di Chisleu, il re innalzò sull’altare un abominio di devastazione. Anche nelle vicine città di Giuda eressero altari e bruciarono incenso sulle porte delle case e nelle piazze. Stracciavano i libri della legge che riuscivano a trovare e li gettavano nel fuoco. Se presso qualcuno veniva trovato il libro dell’alleanza e se qualcuno obbediva alla legge, la sentenza del re lo condannava a morte. Tuttavia molti in Israele si fecero forza e animo a vicenda per non mangiare cibi impuri e preferirono morire pur di non contaminarsi con quei cibi e non disonorare la santa alleanza, e per questo appunto morirono. Grandissima fu l’ira sopra Israele.
Oggi, nel nostro tempo, non sono i cristiani che stanno distruggendo il cristianesimo e non sono i cattolici che sono tutti impegnati a cancellare anche i segni esterni della sua storia? Non sono i cristiani che hanno deciso che il Crocifisso non debba essere più esposto? Non sono essi impegnati in una grande guerra per la creazione di una religione universale nella quale non vi dovrà essere spazio né per Cristo e né per la Trinità Beata, dovendo occupare il loro posto un Dio unico senza alcun volto?
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri cristiani in Cristo.
21 NOVEMBRE
Io vengo ad abitare in mezzo a te
Zc 2,14-17; Sal Lc 1,46-55; Mt 12,46-50.
Il profeta Zaccaria invita Gerusalemme alla grande gioia. Il Signore verrà ad abitare in essa. Porrà nella città santa la sua dimora come un tempo. Il suo tempio sarà riedificato. La città ritornerà ad essere la dimora di Dio sulla nostra terra. Questa profezia si compie in pienezza in Cristo Signore. È Lui il Nuovo Tempio del Signore. Lui si fa carne e viene ad abitare non soltanto in Gerusalemme, ma presso ogni uomo.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,1-18).
San Paolo ci rivela che in Cristo Dio abita corporalmente con la pienezza della sua divinità. Cristo Gesù è il Figlio di Dio che si fa uomo. La carne è carne di Dio. L’umanità da Lui assunta è umanità di Dio. Il corpo è corpo di Dio. L’anima è anima di Dio. Dio abita corporalmente nell’uomo facendosi lui stesso uomo. Il Verbo si fece carne.
È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,9-15).
Tempio di Cristo e suo corpo oggi è il cristiano. Oggi è in lui che Gesù abita, Dio abita, lo Spirito Santo abita. Chi vuole trovare il vero Dio lo deve cercare nel cristiano. Questa la sua altissima responsabilità. Se lui non lo mostra, Dio diviene introvabile.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! Non sapete che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due – è detto – diventeranno una sola carne. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo! (1Cor 6,15-20).
Non solo le nazioni diverranno popolo del Signore, saranno anche suo vero tempio, suo corpo nel quale il Signore abiterà. Con l’incarnazione cambia lo statuto dell’uomo. Nel battesimo si diviene corpo di Cristo, nel quale abita tutto il Signore.
Rallégrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. Oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo, ed egli dimorerà in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te. Il Signore si terrà Giuda come eredità nella terra santa ed eleggerà di nuovo Gerusalemme. Taccia ogni mortale davanti al Signore, poiché egli si è destato dalla sua santa dimora».
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero corpo di Cristo.
22 NOVEMBRE
Sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti
2 Mac 7,1.20-31; Sal 16,1.5-6.8b.15; Lc 19,11-28.
Man mano che la rivelazione cammina nel popolo del Signore la verità del nostro Dio diviene sempre più chiara, limpida, perfetta. Dal Dio sopra tutti gli dèi, dal Dio superiore a tutti gli dèi, si giunge al solo Dio vivo e vero, che è anche il solo Creatore e Signore del cielo e della terra, al solo Signore della storia. Gli dèi delle nazioni sono solo idoli, opere delle mani dell’uomo. Sono vanità mute, sorde, cieche. Sono esseri morti.
Chi ha misurato con il cavo della mano le acque del mare e ha calcolato l’estensione dei cieli con il palmo? Chi ha valutato con il moggio la polvere della terra e ha pesato con la stadera le montagne e i colli con la bilancia? Chi ha diretto lo spirito del Signore e come suo consigliere lo ha istruito? A chi ha chiesto di consigliarlo, di istruirlo, di insegnargli il sentiero del diritto, di insegnargli la conoscenza e di fargli conoscere la via della prudenza? A chi potreste paragonare Dio e quale immagine mettergli a confronto? Non lo sapete forse? Non lo avete udito? Non vi fu forse annunciato dal principio? Non avete riflettuto sulle fondamenta della terra? Egli siede sopra la volta del mondo, da dove gli abitanti sembrano cavallette. Egli stende il cielo come un velo, lo dispiega come una tenda dove abitare; egli riduce a nulla i potenti e annienta i signori della terra. «A chi potreste paragonarmi, quasi che io gli sia pari?» dice il Santo. Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato tali cose? Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e le chiama tutte per nome; per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza non ne manca alcuna. Perché dici, Giacobbe, e tu, Israele, ripeti: «La mia via è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio»? Non lo sai forse? Non l’hai udito? Dio eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile. Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi (Is 40, 12-31).
Una madre deve dare forza ai suoi figli perché affronti il martirio per obbedienza alla Legge del Signore. Dove attingere la forza se non nella più pura verità di Dio? Il Dio che ha creato l’universo da cose non preesistenti, darà nuovamente la vita a quanti la sacrificano per conservarsi puri e santi al suo cospetto. È la verità della fede la forza del giusto. Una fede senza verità non dona forza, non crea speranza. È fede morta. Spetta ai custodi della fede custodire la sua verità piena senza alcuna deviazione.
Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Soprattutto la madre era ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un solo giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: «Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore dell’universo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi». Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quel linguaggio fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo; e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice, se avesse abbandonato le tradizioni dei padri, e che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato alti incarichi. Ma poiché il giovane non badava per nulla a queste parole, il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo. Esortata a lungo, ella accettò di persuadere il figlio; chinatasi su di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua dei padri: «Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia». Mentre lei ancora parlava, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. Noi, in realtà, soffriamo per i nostri peccati.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la verità della fede.
23 NOVEMBRE
Egli agiva per zelo verso la legge
1 Mac 2,15-29; Sal 49,1-2.5-6.14-15; Lc 19,41-44.
Con Mattatia inizia la battaglia nel popolo del Signore, battaglia di armi, vero combattimento dei giusti contro gli empi e ogni operatore di iniquità. L’uccisione del Giudeo che si presenta per sacrificare e dei funzionari del re che obbligano il popolo del Signore a rinnegare la loro fede, è presentata come purissimo e grande zelo. È detto che Mattatia ha imitato Fineès, sacerdote, figlio di Aronne. L’episodio a cui si fa riferimento è narrato nel Capitolo Venticinque del Libro dei Numeri.
Israele si stabilì a Sittìm e il popolo cominciò a fornicare con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro dèi; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Israele aderì a Baal‑Peor e l’ira del Signore si accese contro Israele. Il Signore disse a Mosè: «Prendi tutti i capi del popolo e fa’ appendere al palo costoro, davanti al Signore, in faccia al sole, e si allontanerà l’ira ardente del Signore da Israele». Mosè disse ai giudici d’Israele: «Ognuno di voi uccida dei suoi uomini coloro che hanno aderito a Baal‑Peor». Uno degli Israeliti venne e condusse ai suoi fratelli una donna madianita, sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti, mentre essi stavano piangendo all’ingresso della tenda del convegno. Vedendo ciò, Fineès, figlio di Eleàzaro, figlio del sacerdote Aronne, si alzò in mezzo alla comunità, prese in mano una lancia, seguì quell’uomo di Israele nell’alcova e li trafisse tutti e due, l’uomo d’Israele e la donna, nel basso ventre. E il flagello si allontanò dagli Israeliti. Quelli che morirono per il flagello furono ventiquattromila.
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Fineès, figlio di Eleàzaro, figlio del sacerdote Aronne, ha allontanato la mia collera dagli Israeliti, mostrando la mia stessa gelosia in mezzo a loro, e io nella mia gelosia non ho sterminato gli Israeliti. Perciò digli che io stabilisco con lui la mia alleanza di pace; essa sarà per lui e per la sua discendenza dopo di lui un’alleanza di perenne sacerdozio, perché egli ha avuto zelo per il suo Dio e ha compiuto il rito espiatorio per gli Israeliti». L’uomo d’Israele, ucciso con la Madianita, si chiamava Zimrì, figlio di Salu, principe di un casato paterno dei Simeoniti. La donna uccisa, la Madianita, si chiamava Cozbì, figlia di Sur, capo della gente di un casato in Madian. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Trattate i Madianiti da nemici e uccideteli, poiché essi sono stati nemici per voi con le astuzie che hanno usato con voi nella vicenda di Peor e di Cozbì, figlia di un principe di Madian, loro sorella, che è stata uccisa il giorno del flagello causato per il fatto di Peor» (Num 25,1-18).
Siamo nell’Antico Testamento. La rivolta armata è giustificata dalla Legge di Mosè. Questa Legge è stata abolita da Gesù Signore. Nella Nuova Legge si offre il proprio corpo al carnefice per non trasgredire la Legge di Cristo, ma non si uccide in nome di Cristo, per difendere la Legge di Cristo, il Corpo di Cristo, il popolo del Signore.
Ora i messaggeri del re, incaricati di costringere all’apostasia, vennero nella città di Modin per indurre a offrire sacrifici. Molti Israeliti andarono con loro; invece Mattatia e i suoi figli si raccolsero in disparte. I messaggeri del re si rivolsero a Mattatia e gli dissero: «Tu sei uomo autorevole, stimato e grande in questa città e sei sostenuto da figli e fratelli. Su, fatti avanti per primo e adempi il comando del re, come hanno fatto tutti i popoli e gli uomini di Giuda e quelli rimasti a Gerusalemme; così tu e i tuoi figli passerete nel numero degli amici del re e tu e i tuoi figli avrete in premio oro e argento e doni in quantità». Ma Mattatia rispose a gran voce: «Anche se tutti i popoli che sono sotto il dominio del re lo ascoltassero e ognuno abbandonasse la religione dei propri padri e volessero tutti aderire alle sue richieste, io, i miei figli e i miei fratelli cammineremo nell’alleanza dei nostri padri. Non sia mai che abbandoniamo la legge e le tradizioni. Non ascolteremo gli ordini del re per deviare dalla nostra religione a destra o a sinistra». Quando ebbe finito di pronunciare queste parole, si avvicinò un Giudeo alla vista di tutti per sacrificare sull’altare di Modin secondo il decreto del re. Ciò vedendo, Mattatia arse di zelo; fremettero le sue viscere e fu preso da una giusta collera. Fattosi avanti di corsa, lo uccise sull’altare; uccise nel medesimo tempo il messaggero del re, che costringeva a sacrificare, e distrusse l’altare. Egli agiva per zelo verso la legge, come aveva fatto Fineès con Zambrì, figlio di Salom. La voce di Mattatia tuonò nella città: «Chiunque ha zelo per la legge e vuole difendere l’alleanza mi segua!». Fuggì con i suoi figli tra i monti, abbandonando in città quanto possedevano. Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la Legge di Cristo.
24 NOVEMBRE
Grandissima fu la gioia del popolo
1 Mac 4,36-37.52-59; Sal 1 Cr 29,10-12; Lc 19,45-48.
La fede non è una verità che va incarcerata nel cuore dell’uomo. Essa deve trasformare in verità tutta la vita di un uomo. Inoltre essa necessita della comunione visibile di tutti coloro che la professano. Insieme si crede, insieme si vive, insieme si trasforma la vita. La fede è vera quando tutta la visibilità storica è trasformata da essa. Se la storia non si trasforma nella verità della fede, la fede è morta, inesistente, nulla. I cristiani che di domenica non si raccolgono tutti insieme per celebrare l’Eucaristia sono di fede nulla. Essi professano una verità morta. La loro storia non è il frutto della verità che professano. La verità è solo un’idea e oggi non sempre c’è nella mente. La vita scorre per altri binari, altre vie, altri sentieri. Non vi è alcuna relazione tra fede e vita. Non c’è né verità né purificazione, né aggiornamento, né annunzio efficace della fede e delle sue verità, se non vi è cambiamento visibile della storia nella quale la fede vive.
Il popolo del Signore ha vinto le battaglie contro i nemici esterni della fede. Ora deve combattere la più difficile delle battaglie: quella di dare visibilità storica alla fede. Come si vince questa battaglia? Riedificando il tempio, riconsacrandolo, ristabilendo il culto esterno verso Dio. La fede è fatta di culto interno e di culto esterno. La verità del culto esterno manifesta e rivela la verità del culto interno. Se il culto esterno è falso o inesistente, anche il culto interno è falso o inesistente. Il popolo del Signore vuole dare verità al suo culto interno e per questo mette ogni impegno per dare verità al suo culto esterno. Grandissima è la gioia del popolo non appena il primo culto viene celebrato in Gerusalemme, nel tempio santo del Signore. Ora il popolo di Dio può dirsi vero popolo di Dio. Il tempio è il cuore della sua verità, della sua fede, della sua unità.
Giuda intanto e i suoi fratelli dissero: «Ecco, sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo». Così si radunò tutto l’esercito e salirono al monte Sion. Trovarono il santuario desolato, l’altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili, come in un luogo selvatico o montuoso, e le celle sacre in rovina. Allora si stracciarono le vesti, fecero grande lamento, si cosparsero di cenere, si prostrarono con la faccia a terra, fecero dare i segnali con le trombe e alzarono grida al Cielo. Giuda ordinò ai suoi uomini di tenere impegnati quelli della Cittadella, finché non avesse purificato il santuario. Poi scelse sacerdoti senza macchia, osservanti della legge, che purificarono il santuario e portarono le pietre profanate in luogo immondo. Tennero consiglio per decidere che cosa fare circa l’altare degli olocausti, che era stato profanato. Vennero nella felice determinazione di demolirlo, perché non fosse loro di vergogna, essendo stato profanato dai pagani. Demolirono dunque l’altare e riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente, finché fosse comparso un profeta a decidere di esse. Poi presero pietre grezze, secondo la legge, ed edificarono un altare nuovo, come quello di prima. Restaurarono il santuario e consacrarono l’interno del tempio e i cortili; rifecero gli arredi sacri e collocarono il candelabro e l’altare degli incensi e la tavola nel tempio. Poi bruciarono incenso sull’altare e accesero sul candelabro le lampade che splendettero nel tempio. Posero ancora i pani sulla tavola e stesero le cortine.
Così portarono a termine tutte le opere intraprese. Si radunarono il mattino del venticinque del nono mese, cioè il mese di Chisleu, nell’anno centoquarantotto, e offrirono il sacrificio secondo la legge sul nuovo altare degli olocausti che avevano costruito. Nella stessa stagione e nello stesso giorno in cui l’avevano profanato i pagani, fu riconsacrato fra canti e suoni di cetre e arpe e cimbali. Tutto il popolo si prostrò con la faccia a terra, e adorarono e benedissero il Cielo che era stato loro propizio. Celebrarono la dedicazione dell’altare per otto giorni e offrirono olocausti con gioia e sacrificarono vittime di ringraziamento e di lode. Poi ornarono la facciata del tempio con corone d’oro e piccoli scudi. Rifecero i portoni e le celle sacre, munendole di porte. Grandissima fu la gioia del popolo, perché era stata cancellata l’onta dei pagani. Giuda, i suoi fratelli e tutta l’assemblea d’Israele, poi, stabilirono che si celebrassero i giorni della dedicazione dell’altare nella loro ricorrenza, ogni anno, per otto giorni, cominciando dal venticinque del mese di Chisleu, con gioia ed esultanza.
Chi vuole dare purezza di verità alla fede nel popolo del Signore deve sempre curare il culto esterno così come cura il culto interno. Culto interno e culto esterno un solo culto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rinnovate il nostro culto esterno.
25 NOVEMBRE
A causa di tali cose mi colpiscono questi mali
1 Mac 6,1-13; Sal 9,2-4.6.16.19; Lc 20,27-40.
Ogni uomo credente o non credente, religioso o ateo, pio o empio, appartenente al popolo del Signore o alle nazioni pagane, dovrà confessare che vi è il giusto giudizio di Dio al quale nessuno potrà mai sfuggire. Anche i dannati dell’inferno confessano per l’eternità che sono in quel posto perché raggiunti dal giusto giudizio del Signore. Questo giusto giudizio va annunziato, predicato, insegnato. Su di esso vanno illuminate tutte le menti, così da potersi preparare in modo che possa essere favorevole.
Oggi – ed è questo il male più grande ed è vero odio verso l’uomo – non solo non si annunzia più il giusto giudizio di Dio, si insegna che esso non esiste. Si dice da più parti che è un genere letterario, senza verità in esso. Si dice anche che l’inferno è vuoto e che tutti sono accolti domani nel regno eterno del Signore. Di certo aberrazione più grande di questa non può esistere. È come se noi vedessimo l’intera umanità precipitare in un baratro eterno e anziché sbarrargli la strada, la ponessimo su uno scivolo perché vi precipiti con più sveltezza e facilità. Questo è oggi il nostro orrendo peccato. Non solo non chiudiamo le porte dell’inferno, le spalanchiamo perché tutti vi possano entrare. Questo è odio contro l’uomo. Si vuole la sua dannazione eterna.
Altra verità che va insegnata vuole che non solo un uomo debba riconoscere il giusto giudizio di Dio sulla sua vita. Non basta confessare le proprie colpe agli uomini. Si deve umilmente chiedere perdono a Dio, con cuore umiliato, pentito, disposto a fare opere degne della propria conversione, riparando, per quanto è possibile, ogni male fatto. Giuda si pentì del suo peccato dinanzi agli uomini. Confessò di aver tradito sangue innocente. Ma non chiese perdono al Signore. Si disperò della sua salvezza. Si impiccò, nella convinzione di Caino, che il suo peccato non sarebbe stato perdonato. La disperazione della salvezza e l’impenitenza finale sono peccati contro lo Spirito Santo. Gesù dice che questi peccati non sono perdonabili. Noi, contro la Parola di Gesù, asseriamo pacificamente che essi sono perdonabili e che Guida si è salvato.
Mentre il re Antioco percorreva le regioni settentrionali, sentì che c’era in Persia la città di Elimàide, famosa per ricchezza, argento e oro; che c’era un tempio ricchissimo, dove si trovavano armature d’oro, corazze e armi, lasciate là da Alessandro, figlio di Filippo, il re macèdone che aveva regnato per primo sui Greci. Allora vi si recò e cercava di impadronirsi della città e di depredarla, ma non vi riuscì, perché il suo piano fu risaputo dagli abitanti della città, che si opposero a lui con le armi; egli fu messo in fuga e dovette ritirarsi con grande tristezza e tornare a Babilonia. Venne poi un messaggero in Persia ad annunciargli che erano state sconfitte le truppe inviate contro Giuda. Lisia si era mosso con un esercito tra i più agguerriti, ma era stato messo in fuga dai nemici, i quali si erano rinforzati con armi e truppe e ingenti spoglie, tolte alle truppe che avevano sconfitto, e inoltre avevano demolito l’abominio da lui innalzato sull’altare a Gerusalemme, avevano cinto di alte mura, come prima, il santuario e Bet-Sur, che era una sua città. Il re, sentendo queste notizie, rimase sbigottito e scosso terribilmente; si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo quanto aveva desiderato. Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire. Chiamò tutti i suoi amici e disse loro: «Se ne va il sonno dai miei occhi e l’animo è oppresso dai dispiaceri. Ho detto in cuor mio: in quale tribolazione sono giunto, in quale terribile agitazione sono caduto, io che ero così fortunato e benvoluto sul mio trono! Ora mi ricordo dei mali che ho commesso a Gerusalemme, portando via tutti gli arredi d’oro e d’argento che vi si trovavano e mandando a sopprimere gli abitanti di Giuda senza ragione. Riconosco che a causa di tali cose mi colpiscono questi mali; ed ecco, muoio nella più profonda tristezza in paese straniero».
Antioco riconosce le sue colpe contro il Signore. In lui però non vi è alcuna richiesta di perdono. È questa non apertura al Dio che largamente perdona, che lo fa morire da empio. Se un uomo vuole aiutare un altro uomo perché non cada nella disperazione della salvezza, deve manifestargli la più pura verità del nostro Dio. Deve rivelargli il suo desiderio di perdonare ogni colpa, nel pentimento e nell’esplicita richiesta di perdono.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci umili di cuore e penitenti.
26 NOVEMBRE – N.S.G.C. RE DELL’UNIVERSO S
Ecco, io stesso cercherò le mie pecore
Ez 34,11-12.15-17; Sal 22,1-3.5-6; 1 Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46.
Dio, personalmente Lui, è stato Pastore solo di Abramo, Isacco, Giacobbe. Con Mosè nasce la mediazione profetica. Con Aronne viene istituita la mediazione sacerdotale. Con Saul, per esplicita richiesta del popolo, sorge la mediazione regale. Poiché sacerdoti e re si era per nascita, idolatria, corruzione, immoralità, facevano da padroni. Unica possibilità per il Signore di raddrizzare le sorti del suo popolo era la mediazione profetica. Era Dio che personalmente sceglieva i suoi profeti e li mandava perché annunziassero al suo popolo la conversione e indicassero il cammino sul quale dirigere i propri passi. Con i profeti il Signore annunziava anche un futuro radioso di speranza.
Con il profeta Ezechiele è come se il Signore volesse abolire sia la mediazione sacerdotale che quella regale. Annunzia che lui stesso verrà e cercherà le sue pecore. Lui stesso le condurrà al pascolo. Lui stesso si prenderà cura di esse. Lui stesso veglierà e vigilerà non solo contro quanti vogliono disperdere le sue pecore dall’esterno, ma anche porrà ogni attenzione perché nessuna pecora agirà iniquamente contro le altre pecore. Nel suo gregge non si potrà vivere di prepotenza, arroganza, ingiustizia della forte contro la debole. Le sue pecore dovranno amarsi, rispettarsi, favorirsi, aiutarsi, sorreggersi l’una con l’altra. Tra le sue pecore dovrà regnare una purissima comunione di amore, nell’obbedienza alla sua volontà. È come se la preghiera del Salmo stesse per trasformarsi in storia, in visibilità.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni (Sal 23 (22) 1-6).
La profezia di Ezechiele si compie tutta in Cristo Gesù. È Lui ora il solo Re, il solo Sacerdote, il solo Profeta. In Lui, con Lui, per Lui ogni battezzato diviene profeta della Nova Alleanza. Sono risolti i problemi del gregge del Signore? Nient’affatto. Come per l’antica Alleanza è il Signore che deve intervenire direttamente con una sua azione personale e suscitare persone che conformandosi a Cristo e obbedendo alla sua volontà, diventino veri profeti nel suo popolo. È la profezia che salva il popolo del Signore. Come suoi profeti, sempre come nell’Antica Alleanza, il Signore può scegliere anche suoi sacerdoti e apostoli. Ma è direttamente lui che scende e chiama e invia.
Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.
Perché il Signore deve sempre scendere Lui nella nostra storia e intervenire con azione diretta? Questo accade perché sia il cristiano che i suoi ministri possono essere suoi veri re, sacerdoti e profeti solo nel Vangelo per il Vangelo. Se essi si pongono fuori del Vangelo non possono può essere a servizio del Vangelo. Il Signore viene, pone persone nella sua verità e nel suo Vangelo, e dalla sua verità e dal suo Vangelo, donano la verità e il Vangelo ad ogni uomo, secondo la sua più attuale volontà. Quest’azione divina dello Spirito Santo alcune volte è universale, altre volte particolare, spesso è nell’invisibilità e spesso nella visibilità. La Chiesa vive di questa azione misteriosa e perenne dello Spirito Santo. È lo Spirito la vera guida della Chiesa.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri discepoli in Gesù.
27 NOVEMBRE
E rese Daniele interprete di visioni e di sogni
Dn 1,1-6.8-20; Sal Dn 3,52-56; Lc 21,1-4.
La nostra fede è obbedienza ad una Parola che non viene da noi, non nasce dalla terra, è uscita e perennemente esce dal cuore di Dio. Oggi Daniele ci insegna che la Parola va osservata, ma anche la si deve aiutare con ogni sapienza perché possa essere osservata. L’intelligenza, la sapienza, la prudenza, l’accortezza, sono strumenti che aiutano la nostra obbedienza alla Parola, la favoriscono, la liberano dalle insidie che sempre compaiono sui sentieri della più pura obbedienza. Gesù non chiede ai suoi di essere semplici come colombe, ma prudenti come serpenti? La Parola è anche affidata alla nostra sapienza e intelligenza, che sempre vanno attinte nello Spirito Santo. Stoltezza, insipienza, imprudenza non aiutano la Parola e tutto si perde.
Daniele e i suoi compagni sono in territorio pagano. Vivono alla corte di un re pagano. Viene chiesto loro di nutrirsi di cibi pagani. Per un Ebreo vi sono cibi puri e cibi impuri, cibi che può toccare e cibi che mai potrà toccare. Come prestare obbedienza ad un comandamento in una corte di re dove non si conosce alcun comandamento? Ecco come Daniele con la sua intelligenza aiuta la Parola. Non chiede al funzionario responsabile un immediato e totale esonero dal comando del re. Gli chiede che essi vengano messi alla prova per dieci giorni. Se i frutti di questa prova sono negativi, allora il funzionario del re provvederà ad obbligarli, se invece essi sono più che positivi, si asterrà dall’obbligarli. Sappiamo che la prova fu brillantemente superata.
L’anno terzo del regno di Ioiakìm, re di Giuda, Nabucodònosor, re di Babilonia, marciò su Gerusalemme e la cinse d’assedio. Il Signore diede Ioiakìm, re di Giuda, nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò nel paese di Sinar, nel tempio del suo dio, e li depositò nel tesoro del tempio del suo dio. Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe regale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell’aspetto, dotati di ogni sapienza, istruiti, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, e di insegnare loro la scrittura e la lingua dei Caldei. Il re assegnò loro una razione giornaliera delle sue vivande e del vino che egli beveva; dovevano essere educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re. 6Fra loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria.
Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non obbligarlo a contaminarsi. Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari. Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re, mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e così mi rendereste responsabile davanti al re». Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria: «Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare verdure e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con i tuoi servi come avrai constatato». Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni, al termine dei quali si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re. Da allora in poi il sovrintendente fece togliere l’assegnazione delle vivande e del vino che bevevano, e diede loro soltanto verdure.
Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza, e rese Daniele interprete di visioni e di sogni. Terminato il tempo, stabilito dal re, entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor. Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re; su qualunque argomento in fatto di sapienza e intelligenza il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i maghi e indovini che c’erano in tutto il suo regno.
È giusto chiederci: ma noi aiutiamo l’obbedienza alla Parola con la più grande saggezza, sapienza, intelligenza nello Spirito Santo? Mettiamo tutta la nostra prudenza e attenzione per favorire ogni crescita nella Parola del Vangelo? Oppure sempre ci lasciamo dominare da imprudenza e stoltezza? Chiediamo ogni sapienza a Dio?
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, colmateci di santa sapienza.
28 NOVEMBRE
Ma senza intervento di mano d’uomo
Dn 2,31-45; Sal Dn 3,57-61; Lc 21,5-11.
Nel sogno fatto dal re e che Daniele racconta e interpreta vi è una verità che va ben oltre il momento storico che si sta vivendo nel presente e anche nell’immediato futuro. La verità è per tutti i tempi, tutti i momenti di ieri, di oggi, di domani, di sempre. Questa verità la possiamo illuminare con la visione dell’Apostolo Giovanni del libro sigillato con sette sigilli. Chi può sciogliere i sigilli e aprire le pagine del libro o della storia è solo uno: Cristo Signore. La pietra che cade dalla montagna, ma non per mano d’uomo, è il suo infallibile governo e le sue divine decisioni cui nessuno mai si potrà opporre.
«Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5,5-14).
Sulla storia, governata dal principe del mondo, Cristo Gesù ha un potere sovrano. Ma è giusto chiedersi: Qual è il potere sovrano di Gesù Signore? Ha il potere di ricolmare di grazia e di Spirito Santo i suoi discepoli perché non passino dal suo regno nel regno di Satana. Il drago antico potrà prendersi il loro corpo, mai il loro spirito e la loro anima. Qui però si deve entrare in una potente visione di fede. La storia va tutta letta e interpretata dalla Croce di Cristo, con Lui sulla Croce, crocifisso in Lui e per Lui. È questo il potere regale, sacerdotale, profetico che Gesù esercita oggi, domani, sempre.
Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. Aveva la testa d’oro puro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte d’argilla. Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma senza intervento di mano d’uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e d’argilla, e li frantumò. Allora si frantumarono anche il ferro, l’argilla, il bronzo, l’argento e l’oro e divennero come la pula sulle aie d’estate; il vento li portò via senza lasciare traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta la terra. Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re. Tu, o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. Dovunque si trovino figli dell’uomo, animali selvatici e uccelli del cielo, egli li ha dati nelle tue mani; tu li domini tutti: tu sei la testa d’oro. Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. Ci sarà poi un quarto regno, duro come il ferro: come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto.
Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte d’argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma ci sarà in esso la durezza del ferro, poiché hai veduto il ferro unito all’argilla fangosa. Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d’argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l’altra fragile. Il fatto d’aver visto il ferro mescolato all’argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l’argilla fangosa. Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per intervento di una mano, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l’argilla, l’argento e l’oro. Il Dio grande ha fatto conoscere al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione».
I regni governati da Satana – essendo Satana odio, superbia, concupiscenza, idolatria, immoralità – possono scagliarsi gli uni contro gli altri. Possono annientarsi e distruggersi, oppure l’uno prevalere sull’altro. Satana però mai potrà prevalere sui discepoli di Gesù. Potrà crocifiggere il loro corpo. Mai avrà la loro anima.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri discepoli di Gesù.
29 NOVEMBRE
Ti sei innalzato contro il Signore del cielo
Dn 5,1-6.13-14.16-17.23-28; Sal Dn 3,62-67; Lc 21,12-19.
È verità che accompagna tutta la rivelazione, dalla prima pagina della Genesi fino all’ultima dell’Apocalisse. Sempre si attua questa parola di Dio: “Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire»” (Gen 2,16-17). Questa morte è immanente alla trasgressione. Si disobbedisce alla Parola, si muore. La vita è solo nella Parola del Signore. Nella Parola è ogni benedizione di Dio, del Creatore dell’uomo. Quando l’uomo esce dalla sua natura che è da Dio, subito sperimenta in essa la morte: che è del cuore, della mente, dell’anima, dello spirito e anche del corpo.
Pur essendo nella morte del suo spirito e della sua anima, l’uomo potrebbe pensare di poter agire come gli pare, commettendo ogni ingiustizia e iniquità, disprezzando il Signore, offendendolo gravissimamente, disonorandolo e oltraggiandolo. La rivelazione ci dice che vi è un giudizio che il Signore può esercitare in ogni tempo. Lui può sempre scendere nella storia e sconvolgere le vie degli empi. Non c’è benedizione per chi si pone fuori della legge di Dio. Nessun progetto di male sarà portato a buon fine. Questo l’uomo deve sapere: Dio può sempre intervenire nella sua vita, ponendo fine alla sua malvagità e alla stessa sua esistenza terrena. Il Signore è il Signore sempre.
Il re Baldassàr imbandì un grande banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino. Quando Baldassàr ebbe molto bevuto, comandò che fossero portati i vasi d’oro e d’argento che Nabucodònosor, suo padre, aveva asportato dal tempio di Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi dignitari, le sue mogli e le sue concubine. Furono quindi portati i vasi d’oro, che erano stati asportati dal tempio di Dio a Gerusalemme, e il re, i suoi dignitari, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere; mentre bevevano il vino, lodavano gli dèi d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra. In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, che si misero a scrivere sull’intonaco della parete del palazzo reale, di fronte al candelabro, e il re vide il palmo di quella mano che scriveva. Allora il re cambiò colore: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i suoi ginocchi battevano l’uno contro l’altro. Fu allora introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: «Sei tu Daniele, un deportato dei Giudei, che il re, mio padre, ha portato qui dalla Giudea?
Ho inteso dire che tu possiedi lo spirito degli dèi santi e che si trova in te luce, intelligenza e sapienza straordinaria. Ora, mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e risolvere questioni difficili. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d’oro e sarai terzo nel governo del regno». Daniele rispose al re: «Tieni pure i tuoi doni per te e da’ ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione. Anzi, ti sei innalzato contro il Signore del cielo e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine: tu hai reso lode agli dèi d’argento, d’oro, di bronzo, di ferro, di legno, di pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono, e non hai glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono tutte le tue vie. Da lui fu allora mandato il palmo di quella mano che ha tracciato quello scritto. E questo è lo scritto tracciato: Mene, Tekel, Peres, e questa ne è l’interpretazione: Mene: Dio ha contato il tuo regno e gli ha posto fine; Tekel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato insufficiente; Peres: il tuo regno è stato diviso e dato ai Medi e ai Persiani».
Il Signore scende, giudica, pronuncia la sua sentenza. Nessuno potrà mai opporsi a quanto lui decide nel suo divino, sapiente, vero, insindacabile giudizio. Poiché nessuno conosce il cuore dell’altro, sempre ci si deve astenere da ogni giudizio sulla vita dell’altro. Nessuno sa se è per giusto giudizio di Dio o per sua permissione che alcune cose avvengono. Solo il profeta che parla nel nome del Signore può dire una parola di verità. Ogni cuore sa se quanto accade nella sua vita è giudizio o è prova. È prova se lui vive nella più pura obbedienza alla Parola. È giudizio del Signore e chiaro invito alla conversione se è posto fuori della Parola. Gesù è sulla croce per purissima prova di amore e di obbedienza. L’uomo invece lo giudica empio e condannato da Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giusti secondo Dio.
30 NOVEMBRE
E l’ascolto riguarda la parola di Cristo
Rm 10,9-18; Sal 18,2-5; Mt 4,18-22.
Leggendo il Libro del Deuteronomio, qualcuno potrebbe anche cadere in errore, pensando che sia sufficiente ascoltare il proprio cuore per essere obbedienti al Signore. Così pensando, si toglierebbe ogni valore alla Parola esterna per lasciarsi guidare e condurre da una Parola interna, Parola scritta nel cuore dallo stesso Dio.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica. Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe» (Dt 30,11-20).
San Paolo non vuole che il discepolo di Gesù cada in questo errore e per questo pone un principio che va sempre osservato. Non è ascoltando il proprio cuore che si vive di fede. L’ascolto del cuore mai potrà dirsi fede. L’ascolto sempre deve nascere dall’esterno. Si ascolta con l’orecchio. L’orecchio ascolta, mette nel cuore, nella volontà, nell’intelligenza. La Parola ascoltata viene trasformata in vita. Si ha fede.
Altra verità che San Paolo mette sul candelabro vuole che non tutte le parole ascoltate si dicano parole della fede. La Parola della fede è solo una: quella dell’apostolo di Cristo Signore. Si ascolta la Parola dell’Apostolo, la si vive, si ha fede. Non si ascolta la Parola dell’Apostolo, anche se vengono ascoltate altre parole, non si vive di fede. Manca la Parola degli Apostoli. Se l’Apostolo non dona la Parola di Cristo, tutti i frutti della non fede vengono ascritti a lui. È responsabile in eterno del tradimento della Parola. Era obbligato a predicare solo la Parola di Cristo e non lo ha fatto.
Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare?
Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro: Per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino agli estremi confini del mondo le loro parole.
Oggi viviamo tempi difficili per la fede. Prima di ogni cosa essa è stata privata da quasi tutto il popolo di Dio dalla dipendenza necessaria e obbligatoria della Parola esterna. Ormai fede è il sentire personale. Altro grave pericolo sempre per la fede viene dallo stesso Apostolo che spesso annunzia le chimere e le fantasie del suo cuore, invece che annunziare e dare agli uomini la Parola di Cristo pura, semplice, imparziale, senza nulla togliere e nulla aggiungere. La fede nasce solo dall’ascolto della Parola di Gesù.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla Parola di Cristo.