Commento teologico alla prima lettura – Novembre 2016

 

1 NOVEMBRE (Ap 7,2-4.9-14)

Rendendole candide nel sangue dell’Agnello

La Chiesa vive un momento di grande sofferenza. La grande rivelazione di Paolo non è più sufficiente per sostenere i martiri di Cristo Gesù. Per molti potrebbe apparire una parola vuota, priva di contenuti. Occorre un sostegno più forte da parte del Signore.

Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi (Rm 8.12-18).

Il Signore in verità è sempre intervenuto per dare sostegni sempre nuovi alla fede dei suoi figli. Basta leggere il viaggio del suo popolo dall’Egitto fino alla conquista della Terra Promessa e apparirà che ogni giorno il Signore dava un sostegno sempre nuovo alla fede del suo popolo. Alla fede non sono bastate dieci piaghe, non è bastata l’apertura del Mar Rosso e il travolgimento di tutto il popolo degli inseguitori, non è bastata né la manna caduta per ben quaranta anni dal cielo e neanche le quaglie. Neppure l’acqua sgorgata dalla dura roccia è bastata assieme al serpente di rame innalzato al centro dell’accampamento. Ogni giorno il Signore doveva sostenere la fede del popolo con segni sempre più prodigiosi, eclatanti, unici, nuovi. Tutta la storia di Israele è stata un cammino di verità in verità, di rivelazione in rivelazione, di segno in segno, di parola in parola. Ora Gesù viene e mostra al suo Apostolo come si vive nel cielo e anche quale sarà il futuro della terra. Questa visione serve per sostenere la fede che in quel tempo stava per vacillare. È Dio il sostegno e sempre lo si deve chiedere. Una fede senza nuovi sostegni è prossima a morire. Non viene vivificata.

E vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele: Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello.

Il Signore manifesta visibilmente i frutti del martirio. Chi lava le sue vesti nel sangue dell’Agnello, attraverso il suo personale martirio, riceve una veste bianca, viene come vestito di Dio, e segue l’Agnello per l’eternità. Mai si distaccherà da Lui. Saranno una cosa sola. Celebreranno le loro nozze eterne. Per queste nozze vale proprio la pena subire il martirio. Conservare il nostro corpo per le tenebre eterne a che serve? Invece se lo si dona a Cristo perché ci rivesta della sua stessa divinità, ci renda luce nella sua luce, e beatitudine nella sua beatitudine, allora sì che la vita acquisisce il suo valore. La si può consegnare alla morte. Il frutto prodotto è una eternità nella vita divina che è Gesù Signore. Ora che Giovanni ha visto, può confortare i suoi fratelli di martirio, può esortarli alla perseveranza, conosce le parole da dire. È sufficiente raccontare quanto ha visto, aggiungendo alla narrazione, tutta la potenza della sua fede in Cristo.

Vergine Maria, madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri sostegni della fede.

 

2 NOVEMBRE (Gb 19,1.23-27a)

I miei occhi lo contempleranno e non un altro

La vera fede si fonda su tre verità: sul vero passato, vero presente, vero futuro di Dio e dell’uomo, del cielo e della terra, di tutto ciò che esiste. Ogni falsità introdotta su uno queste punti – passato, presente, futuro – rende completamente falsa la fede e di conseguenza anche tutta la vita è avvolta dalla falsità. Manca ad essa la luce che la illumina perché possa sempre camminare sulla via della verità e della giustizia.

Quando la falsità riguarda il passato, insegnando che nulla è opera di Dio, ma che tutto si è fatto da sé – assurdo metafisico ed anche storico dal momento che la storia sempre contraddice questa pseudo scienza – non vi è alcuna luce soprannaturale né per orientare il presente e né il futuro. Si è condannati al non senso, all’irrazionalità, a non poter dare verità a nessuna cosa. Il buio è totale. L’uomo diviene cieco.

La cecità spirituale conduce anche ad una cecità morale. Si diviene idolatri, adoratori dei propri sentimenti, della propria volontà, dei propri desideri, della concupiscenza che devasta, della superbia che uccide, dell’invidia e dell’avarizia che seminano stragi. Questo perché avendo l’uomo oscurato la verità del suo passato, manca di qualsiasi luce per dirigere nel vero bene il suo presente. Senza luce si vive per il male.

Ma anche quando si oscura la luce sul futuro, il presente si vive nella completa cecità. Quando si nega che il futuro è il frutto del presente, sia in bene che in male, sia in ordine alla salvezza eterna che alla perdizione, allora l’uomo è come una nave che è stata privata del suo timone. È in balia delle onde. L’uomo senza il timone del futuro si abbandona alla sua stoltezza e insipienza. I frutti da lui prodotti sono amarissimi.

I mali del nostro mondo contemporaneo sono il frutto di questi due oscuramente. Il mondo ha oscurato il passato, la Chiesa ha oscurato il futuro. Il mondo dice che Dio non esiste e che tutto è dalla sua volontà. Ciò che esso vuole è bene. Negando la sua dipendenza ontologica dal suo Creatore, ha stabilito per legge che il male è bene e che il bene è male, il giusto sia ingiusto e l’ingiusto sia giusto. Non esiste più l’oggettività.

Molti figli della Chiesa hanno distrutto anche loro il presente affermando che il futuro è un dono di Dio indipendentemente dalle opere dell’uomo. Così insegnando o semplicemente affermando hanno detto all’uomo e lo dicono tuttora che niente dipende da lui in ordine al suo futuro. Esso è dato da Dio. È un dono della sua misericordia, un Il frutto del suo amore eterno. Non si cammina più nel bene verso il bene.

Giobbe prese a dire: Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.

Giobbe conosce il suo passato e il suo presente di bene. Non conosce però il Dio del presente perché conosce il Dio del passato. Gli amici di Giobbe mancano di due conoscenze: del presente di Dio e di Giobbe. Hanno una teologia che conosce il passato di Dio e secondo questo passato interpretano il presente. È questa senz’altro una lettura non idonea. La loro è una teologia bloccata. Manca della verità attuale.

Giobbe vuole parlare con Dio. È anche convinto che un giorno, dopo la sua morte, lo vedrà e gli parlerà. A Lui dovrà gridare la sua innocenza. Dovrà dirgli che lui mai ha trasgredito la sua legge, anzi è andato ben oltre ciò che la legge gli prescriveva come precetti da osservare. Allora il Signore sarà obbligato, partendo dalla conoscenza storica del presente di Giobbe, a spiegargli il motivo per cui sta soffrendo. Lui non ha paura, non teme di affrontare il Signore. Gli deve attestare che la sua giustizia è ancora intatta. Lui non ha peccato. Dio constaterà che le sue parole sono vere e allora gli svelerà le ragioni del suo dolore. Giustizia di Giobbe e onestà di Dio fanno la verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giusti dinanzi a Dio.

 

3 NOVEMBRE (Fil 3,3-8a)

Io le ho considerate una perdita

Per comprendere quanto Paolo oggi afferma e cioè che lui considera una perdita tutto ciò che appartiene al passato, dobbiamo conoscere ciò che lui stesso testimoniò dinanzi al sinedrio di Gerusalemme, quasi alla fine della sua vita, dopo aver svolto la sua lunga missione in terra di Asia e anche in Grecia e nei paesi viciniori.

«Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi». Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.

Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”. Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”» (At 22,1-21).

Per considerare una perdita, una spazzatura, quanto forma tutta la nostra vita occorre l’incontro personale con Cristo Gesù. La storia attesta che senza questo incontro si rimane incollati nella nostra spazzatura e di essa ci si nutre e si nutrono anche quanti sono con noi o dipendono da noi. Prima di incontrare Cristo era in nome di questa spazzatura che Paolo uccideva tutti i cristiani, perché dalla sua spezzatura li vedeva idolatri, infedeli, traditori del nome del suo Dio e Signore. Quando però poi passò dalla spazzatura alla verità, divenne lui martire per il nome di Cristo Gesù.

I veri circoncisi siamo noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare. Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore.

Come Paolo anch’io un tempo vivevo nella spazzatura della teologia, della filosofia, del pensiero umano. Questa spazzatura adoravo e ad essa avevo consacrato la mia vita. Era una spazzatura che non dava vera vita. Non cambiava l’esistenza. Si muoveva la spazzatura, ma la spazzatura non muoveva la vita. Un giorno Cristo Gesù ebbe pietà di me, venne attraverso un suo vero profeta e mi disse: “Cercavi la verità nella spazzatura? Eccomi! Sono dinanzi a te”. La teologia all’istante divenne spazzatura!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci incontrare Cristo Gesù.

 

4 NOVEMBRE (Fil 3,17-4,1)

Rimanete in questo modo saldi nel Signore

San Paolo vive di una grande preoccupazione e sempre la manifesta. Lui sa che perseverare non è facile né per i fedeli e né per i pastori. Lui sempre si presenta come perfetto esempio di fedeltà. Dice anche perché Lui è fedele a Cristo. Perché è sempre avvinto dallo Spirito Santo, sempre da lui condotto e preso per mano. Sempre da Lui strappato dalle tentazioni e immerso nella verità di Cristo Gesù, anche con il suo corpo. Questa preoccupazione Lui la rivela anche ai Vescovi dell’Asia convocati a Mileto.

«Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio.

E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi. E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”» (At 20, 18-35).

Si può rimanere saldi nel Signore, a condizione che sempre si rimanga nelle regole che la fedeltà esige, domanda richiede. Quali sono queste regole? Crescere in Cristo fino a divenire con Lui un solo cuore, una sola anima, una sola mente. Non è l’osservanza di una norma morale che ci proteggerà dalla caduta. Possiamo osservare tutta la legge, ma ugualmente cadremo e in ogni istante. Come Cristo non cadde dalla croce perché inchiodato al Padre, così noi mai cadremo se siamo inchiodati al cuore di Cristo.

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Paolo non cade perché si è inchiodato nel corpo, nell’anima, nello spirito a Cristo Signore. Più crescono i chiodi dell’amore con i quali ci si inchioda a Lui e più difficile diviene distaccarsi dalla croce. Quando un chiodo è assai lungo non solo da penetrare nel legno, ma anche da uscire da esso, in modo che possa venire piegato su di esso, allora schiodarsi diviene impossibile. Nessuno ci potrà separare da Cristo. Siamo eternamente inchiodati in Lui. Siamo divenuti con Lui anche fisicamente una cosa sola. Se però non ci si inchioda a Lui, niente sarà capace di legarci a Lui, neanche la morale più severa. Non siamo costruiti sulla roccia e non appena la bufera si fa più intensa di sicuro cadremo. La nostra casa spirituale andrà in rovina. Non siamo inchiodati.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, inchiodateci in Cristo Gesù.

 

5 NOVEMBRE (Fil 4,10-19)

Un sacrificio gradito, che piace a Dio

Paolo vuole che ogni cosa che l’uomo fa, sia vero atto di culto verso il Signore. Ma quando un’opera è vero culto in suo onore? Quando essa è purissima obbedienza vissuta con tutta la ricchezza dell’amore che sgorga dal cuore di Cristo Gesù. Paolo annunzia il Vangelo per obbedienza e per amore. Lui rende culto a Dio. Offre a Lui un vero sacrificio. Fa della sua vita una vera oblazione per la salvezza dei suoi fratelli.

Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché della vostra fede si parla nel mondo intero. Mi è testimone Dio, al quale rendo culto nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, come io continuamente faccia memoria di voi, chiedendo sempre nelle mie preghiere che, in qualche modo, un giorno, per volontà di Dio, io abbia l’opportunità di venire da voi. Desidero infatti ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, perché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io (Rm 1,8-12).

Ma non solo la predicazione del Vangelo è culto. Tutto ciò che si fa deve trasformarsi in culto. Lo stesso dono del corpo deve essere celebrazione del vero culto in onore del Signore. Nulla nel cristiano deve essere cosa profana. Tutto invece deve trasformarsi in una offerta sacra, in sacrificio di soave odore per il nostro Dio e Signore.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,1-2). .

Paolo trasforma in culto, in vero culto per il Signore anche il dono fisico del suo corpo con il martirio. Il suo è martirio spirituale e fisico insieme. È martirio la sua vita perché è tutta trasformata in opera di carità, amore, benevolenza, compassione, obbedienza.

Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me (Fil 2,12-18).

Tutto va trasformato in sacrificio gradito a Dio, anche la preghiera di lode e di ringraziamento che si innalza al Signore per il grande amore con il quale ci ha amati.

Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, subì la passione fuori della porta della città. Usciamo dunque verso di lui fuori dell’accampamento, portando il suo disonore: non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. Per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace (Eb 13,12-16).

Sacrificio gradito al Signore sono le opere di carità. Quando un fratello aiuta sia materialmente che spiritualmente il fratello, nulla è più gradito al Signore di questo sacrificio. È sacrificio perché è vera privazione. Si toglie a noi per dare agli altri. Cristo Gesù non si privò della sua vita per farne un dono a noi? Siamo redenti per il dono della sua vita. Siamo salvi nella sua vita. Viviamo per questo suo altissimo dono.

Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Lo sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sacrificio per gli altri.

 

6 NOVEMBRE – XXXII Domenica T.O. – (2Mc 7,1-2.9-14)

Ci risusciterà a vita nuova ed eterna

La risurrezione nell’ultimo giorno è verità acquisita nel popolo di Dio. Negli ultimi libri dell’Antico Testamento essa è verità sulla quale i martiri offrono la loro vita al Signore. Nei Salmi e in Isaia il Giusto Sofferente si offre a Dio in questa certezza di fede: il Signore gli farà nuovamente vedere la luce. Gli darà una vita nuova ed eterna.

Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.

Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli (Is 53,1-12).

Ma sempre Gesù ha annunziato come un solo momento la sua morte e la sua risurrezione. Non due atti storici, ma un solo atto. Non due misteri, ma un solo mistero: di morte e di risurrezione. I sette fratelli Maccabei vivono la loro morte come unico atto, unico mistero. Morte e risurrezione sono inseparabili, indivisibili. Si dona la vita a Dio, per obbedire alla sua volontà, sapendo che il Signore ce la darà a sua volta. Non però come gliel’abbiamo donata. Ce la darà trasformata in luce, in gloria eterna, in spirito. Ce la darà facendoci ad immagine della sua luce eterna. È con questa verità e sul fondamento di essa che loro vanno incontro al martirio con cuore risoluto e forte.

Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». Giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».

Verità primaria, essenziale, nel racconto del martirio dei sette fratelli Maccabei e della loro madre è la comunione di fede. La fede dell’uno diviene forza dell’altro. La morte per la fede dell’uno diviene modello perché anche l’altro si offra. La comunione è vera forza per la fede. Siamo sostenuti gli uni dalla fede degli altri. Quando invece la fede si vive senza comunione, è allora che essa si indebolisce e noi miseramente cadiamo. Insieme siamo una forza invincibile. Da soli siamo debolezza e sconfitta.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci forza gli uni degli altri.

 

7 NOVEMBRE (Tt 1,1-9)

In grado di esortare con la sua sana dottrina

Per Paolo un Vescovo della Chiesa di Dio deve brillare per scienza e conoscenza di Cristo Gesù di luce sempre nuova e perennemente aggiornata nello Spirito Santo. Anzi lui deve essere la sapienza di Cristo. A lui si deve sempre poter applicare quanto il Siracide dice della bellezza della sapienza. Un vescovo che non brilla di Cristo e della sua scienza di verità e di luce, di amore e di santità, sarà un pastore spento. Potrà anche fare mille cose umane, ma non certo attrarrà anime a Cristo Signore.

Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon. Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose in Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata. Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, ònice e storace, come nuvola d’incenso nella tenda. Come un terebinto io ho esteso i miei rami e i miei rami sono piacevoli e belli. Io come vite ho prodotto splendidi germogli e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza. Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza; eterna, sono donata a tutti i miei figli, a coloro che sono scelti da lui. Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele. Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà» (Sir 24,13-22).

La bellezza spirituale di un Vescovo deve essere simile alla bellezza che si sprigionava dal sommo sacerdote quando entrava nel tempio del Signore. Sulle sue spalle poggia tutto il popolo di Dio. Se lui non è il pastore bello, anzi bellissimo, perché ogni giorno si copre e si veste della bellezza di Cristo mai potrà attrarre anime a Cristo.

Com’era glorioso quando si affacciava dal tempio, quando usciva dal santuario dietro il velo! Come astro mattutino in mezzo alle nubi, come la luna nei giorni in cui è piena, come sole sfolgorante sul tempio dell’Altissimo, come arcobaleno splendente fra nubi di gloria, come rosa fiorita nei giorni di primavera, come giglio lungo i corsi d’acqua, come germoglio del Libano nei giorni d’estate, come fuoco e incenso su un braciere, come vaso d’oro massiccio, ornato con ogni specie di pietre preziose, come ulivo che fa germogliare i frutti e come cipresso svettante tra le nuvole (Sir 50,5-10).

Un Vescovo per Paolo deve produrre gli stessi effetti sulle anime e nei cuori che ha prodotto la visione di Cristo sulla via di Damasco nel suo cuore e nella sua anima. Il Vescovo è la luce di Cristo in mezzo al suo popolo. Non può essere la luce di Cristo, se non diviene con Cristo una cosa sola: un solo pensiero e un solo sacrificio.

Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore. Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.

Un Vescovo privo della luce di Cristo non serve al popolo del Signore. Mai potrà illuminare di Cristo chi non è luce di Cristo. La luce di Cristo è luce di Dio. Si illuminano le pecore di Dio perché siano attratte da Dio. Un Vescovo non è l’uomo per le cose degli uomini, della terra, di questo mondo. Lui è l’uomo per le cose di Dio. È l’uomo che deve illuminare ogni uomo con la luce di Cristo per condurre ogni anima a Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera luce di Gesù

 

8 NOVEMBRE (Tt 2,1-8.11-14)

Integrità nella dottrina, dignità, linguaggio sano

San Paolo insegna a Tito come comportarsi da vero Vescovo nella Chiesa di Dio e in mezzo al mondo. A lui chiede di comportarsi sempre con integrità di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile. Queste tre modalità devono essere essenza della sua vita. Lui deve essere la sana dottrina, la dignità, la parola sana e irreprensibile.

L’integrità di dottrina esige che il Vescovo pensi sempre come Cristo Gesù, in modo che sappia sempre discernere ciò che non è pensiero di Cristo, né sua volontà, né sua legge, né sua Parola. Nel pensiero di Cristo lui dovrà saper cogliere anche un solo trattino, un puntino invisibile che è stato introdotto dagli uomini. Dovrà essere capace di dire in ogni momento: questo non è pensiero di Cristo Gesù, ma pensiero degli uomini. Per giungere a tale perfezione dovrà conformare il suo cuore al cuore di Gesù Signore, la sua anima a quella del suo Maestro e anche il corpo va offerto in oblazione e in sacrificio allo stesso modo che Cristo lo ha dato. Se vi è difformità di vita tra Cristo e il suo Vescovo vi sarà anche difformità nel pensiero. Nella difformità con Cristo, il suo insegnamento diviene insieme di cose del cielo e di cose della terra. È la confusione. Chi ascolta non distingue e in nome delle cose della terra rifiuterà anche quelle del cielo. Tutto è dalla conformazione della sua vita a quella di Gesù Signore.

La dignità chiede che il Vescovo eviti ogni cosa, piccola o grande, che non è conforme al suo essere vita di Cristo in mezzo al suo popolo. Se lui ha il posto di Cristo, non in modo accidentale, ma sostanziale, se lui è Cristo tra la gente, deve sempre comportarsi come Cristo, agire come Cristo. Mai dovrà dimenticare questa sua verità che è la sua stessa essenza. L’altro, credente e non, dovrà vederlo come Cristo. Se non lo vede come Cristo, neanche lo ascolta come Cristo. Non vede la dignità di Cristo in lui. Mai potrà ascoltare la sua parola come Parola di Cristo Gesù.

Linguaggio sano e irreprensibile vuole che il Vescovo mai pronunci una sola parola che non sia Parola di Cristo. Se noi leggiamo il Vangelo non troviamo una sola parola che potrà essere dichiarata non di Dio, perché parola umana, della terra, degli uomini o addirittura parola sconcia e irriverente. Il linguaggio del Vescovo deve essere sempre parola di profezia. Lui è la bocca di Cristo in mezzo al suo popolo. Non è bocca di Cristo quando è sulla cattedra o sul pulpito. È sempre bocca di Cristo. Sempre corpo di Cristo. Sempre vita di Cristo, sempre Parola di Cristo. Sempre voce di Cristo. Lui mai si dovrà dimenticare di questa conformazione e identità con Gesù Signore.

Tu però insegna quello che è conforme alla sana dottrina. Gli uomini anziani siano sobri, dignitosi, saggi, saldi nella fede, nella carità e nella pazienza. Anche le donne anziane abbiano un comportamento santo: non siano maldicenti né schiave del vino; sappiano piuttosto insegnare il bene, per formare le giovani all’amore del marito e dei figli, a essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non venga screditata. Esorta ancora i più giovani a essere prudenti, offrendo te stesso come esempio di opere buone: integrità nella dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti svergognato, non avendo nulla di male da dire contro di noi. È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Perché un Vescovo sia un buon maestro, secondo Paolo, sempre dovrà trarre la sua Parola dal cuore di Cristo Gesù. Le labbra del Vescovo devono “custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’insegnamento, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti”, inviato di Cristo Gesù, sua voce, suo cuore, sua verità in mezzo al suo popolo. Questa coscienza mai deve abbandonare il Vescovo. Lui è da Cristo per Cristo in Cristo, per formare Cristo nei cuori. Non ha ricevuto nessun’altra missione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sempre da Cristo per Lui.

 

9 NOVEMBRE (Ez 47,1-2.8-9.12)

Là dove giungerà il torrente tutto rivivrà

L’Apostolo Giovanni annunzia che la profezia di Ezechiele si compie tutta in Cristo Gesù. È Lui il nuovo tempio di Dio ed è anche dal suo costato aperto, dal lato destro del suo corpo, che sgorga l’acqua della vita che deve far rivivere ogni uomo.

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù (Gv 2,18-22).

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,10-14).

Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato (Gv 7,37-39).

Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,31-37).

È la Chiesa che sgorga dal Nuovo Tempio che è Cristo Gesù. È la Chiesa l’acqua viva che deve dare vita ad ogni uomo. Se essa non vive secondo la sua vera essenza, il mondo rimarrà in eterno nella morte, ma di questa morte solo essa è responsabile.

Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.

La profezia dice che dove giunge l’acqua, gli alberi rivivono e danno un frutto in ogni mese. Naturalmente gli alberi danno un frutto in ogni anno. Questa profezia va applicata interamente alla Chiesa. Essa sgorga perennemente dal nuovo tempio, per raggiungere ogni uomo, ogni nazione, tutti i popoli. Se essa sgorga dal costato di Cristo, dona vita. Se diviene acqua senza Cristo, è acqua di morte e non di vita. Se essa non attraversa il deserto del mondo, il deserto rimane in eterno deserto. Mai in esso ritornerà la vita. La vita torna se la Chiesa giunge e si versa nel deserto come vera acqua di vita. Se la Chiesa non si versa come acqua, nulla mai potrà vivere.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Chiesa acqua di vera vita.

 

10 NOVEMBRE (Fm 7-20)

Metti tutto sul mio conto

Paolo pensa secondo il cuore di Cristo e da esso trae ogni soluzione che gli permette di risolvere ogni questione tra gli uomini alla luce della fede più pura e più santa. Uno schiavo fugge dal suo padrone. Per un imperscrutabile mistero incontra Paolo sul suo cammino. Viene battezzato e dopo da cristiano viene rimandato al suo padrone anche lui cristiano. Dal cuore di Cristo Paolo sa che la schiavitù può essere vera via di espiazione dei peccati del mondo. Se Cristo Signore si sottopose alla croce e si lasciò inchiodare su di essa per la redenzione del mondo, vi è croce sulla terra che i suoi discepoli potranno non abbracciare? Ogni condizione di vita è croce. Ogni condizione va pertanto abbracciata, anche perché pur cambiando le condizioni di vita, non per questo cambia la croce. Noi, invece che non pensiamo dal cuore di Cristo, siamo stoltamente convinti che cambiando condizione si abolisce la croce.

Gesù non è venuto per toglierci dalla croce della condizione, che è malattia, sofferenza, dolore, solitudine, oppressione, schiavitù fisica e ogni altra modalità nella quale la vita dell’uomo viene situata. Lui invece è venuto per insegnarci come si vive e si porta ogni croce. Come anche si aiuta ogni uomo a portare la sua croce, dalla quale nessuno mai potrà scendere. Si può aiutare a vivere la sofferenza, la povertà, la miseria, ma non a togliere l’uomo dalla sofferenza, dalla povertà, dalla miseria. Tutti i mali del nostro mondo risiedono nella volontà satanica e diabolica di voler abolire ogni croce. Paolo non chiede a Filemone di abolire la croce della schiavitù fisica. Si abolisce una schiavitù se ne crea un’altra. Chiede invece che tratti il suo schiavo come il suo stesso cuore. Gli chiede anche di mettere sul suo conto, cioè sul conto di Paolo, tutto ciò che lo schiavo gli deve, anche per lavoro sottratto con la sua fuga. Così vengono poste al centro di ogni relazione l’amore, la misericordia, il perdono, l’accoglienza, il vedere l’altro come un fratello. Quando uno schiavo è trattato come un vero fratello, smette di essere schiavo, anche se fisicamente lo è. Ma non è la schiavitù fisica che opprime l’uomo, è invece quella morale. È pensare che l’altro sia di razza diversa. È il non vederlo come vero uomo. Ma che forse noi vediamo gli altri come fratelli? Non li vediamo invece come esseri diversi da noi, inferiori a noi? Questa è la schiavitù spirituale che non è degli altri, ma di noi stessi, schiavi della falsità e della menzogna.

La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati profondamente confortati. Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.

Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo!

Paolo manda lo schiavo al suo padrone, non come schiavo, glielo manda come il suo cuore. Se lo schiavo è il cuore di Paolo e Filemone ama Paolo, potrà non accogliere lo schiavo se non come il cuore che Paolo gli manda perché sia sempre al suo servizio? Così Filemone amerà il cuore di Paolo e il cuore di Paolo che è lo schiavo amerà Filemone. Uno stesso cuore ama ed è amato, con uno stesso cuore si amano due persone delle quali uno è schiavo e l’altro padrone. Uno ama il cuore di Paolo con il cuore di Cristo e l’altro ama il cuore di Cristo con il cuore di Paolo. Finisce la schiavitù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il vero amore.

 

11 NOVEMBRE (2Gv 4-9)

Camminare secondo i suoi comandamenti

Per l’Apostolo Giovanni la Chiesa ha un solo comandamento da osservare: camminare nell’amore. Ogni buon discepolo di Gesù deve camminare sulla via dell’amore. Una verità che deve essere immediatamente aggiunta dice che cosa è amore e come esso si vive, in ogni momento e relazione. Non è chi cammina a doverlo stabilire, ma è il Signore Gesù che lo ha stabilito. Al cristiano è chiesto un duplice obbligo: camminare nell’amore e accogliere come solo e vero amore ciò che Cristo Gesù ha rivelato come purissima volontà del Padre. Quanto non è contemplato nel suo volere, mai potrà essere considerato, pensato, osservato come vero amore. Viene dalla carne, non dallo Spirito di Dio. Quello del cristiano non è un amore di convenienza, è invece di pronta e immediata obbedienza. Il Vangelo è la rivelazione di questo amore. La croce di Cristo è la prova di come si vive dell’amore di obbedienza fino alla morte.

Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Cfr. Mt 5,1-48).

Questi brevissimi cenni della Legge di Cristo Gesù subito ci fanno comprendere che l’amore cristiano può essere solo obbedienza. Dove non vi è obbedienza, non vi è amore. La Chiesa non scrive le regole del vero amore. Essa le insegna, non però come disposizioni provenienti dal suo cuore, ma come volontà del suo Dio, manifestata e rivelata ad essa da Gesù Signore. D’altronde si è discepolo di Gesù solo se si accoglie questa legge di amore. Chi si dissocia da esse, di certo non è più discepolo. Non cammina dietro il suo Maestro. Non è più dalla volontà del suo Dio.

Mi sono molto rallegrato di aver trovato alcuni tuoi figli che camminano nella verità, secondo il comandamento che abbiamo ricevuto dal Padre. E ora prego te, o Signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti. Il comandamento che avete appreso da principio è questo: camminate nell’amore. Sono apparsi infatti nel mondo molti seduttori, che non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l’anticristo! Fate attenzione a voi stessi per non rovinare quello che abbiamo costruito e per ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio.

La dottrina di Cristo è la legge del vero amore. Non si può essere di Cristo, se non si crede che le Parole di Cristo vengono dal cuore del Padre. Chi non crede in Cristo, non crede neanche nel Padre, non possiede né Cristo e né il Padre. Il suo Dio è un idolo. Cristo e il Padre sono una cosa sola. Chi è nell’amore secondo Cristo, è in Cristo, è nel Padre. Chi non è in questo suo amore, non è in Cristo, non è nel Padre. La Chiesa, Cristo e il Padre devono rimanere in eterno una cosa sola. La Parola della Chiesa è Parola di Cristo, la Parola di Cristo è Parola Padre, la Parola del Padre è Parola della Chiesa. La Chiesa sempre si deve presentare al mondo con la Parola di Cristo allo stesso modo che Cristo era sempre dalla Parola del Padre. La Chiesa deve essere da Cristo in modo visibile come era visibile che Cristo era del Padre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci essere Chiesa da Cristo.

 

12 NOVEMBRE (3Gv 5-8)

Per diventare collaboratori della verità

Il dono di Cristo e della sua verità salva il mondo. Questo dono è l’opera più grande di misericordia. È l’opera più grande del Padre. Dovrà essere l’opera più grande della Chiesa. Ogni altra misericordia del Padre e della Chiesa è in questo dono. Se questo dono non è offerto ad ogni uomo, tutte le altre opere di misericordia per la Chiesa sono vane. Cristo si è dato alla Chiesa per essere dato ad ogni uomo, sempre.

Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,13-21).

Non tutti vanno per il mondo a dare Cristo, unica e sola vera misericordia del Padre. Come faranno quanti non vanno in missione per Cristo a rendersi collaboratori della verità e divenire così operatori della misericordia di Dio, di Cristo e della Chiesa? La risposta ce la dona Gesù Signore nel Vangelo secondo Matteo. Chi aiuta i profeti del Dio vivente offrendo loro anche un solo bicchiere di acqua avranno la ricompensa dei profeti. Poiché i missionari sono veri profeti di Dio, quanti vengono loro incontro con il loro dono materiale, il loro sostegno economico, divengono partecipi assieme a loro della ricompensa eterna e di ogni altra benedizione che Dio concede ai suoi profeti.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa (Mt 10.40-42).

L’Apostolo Giovanni loda il presbitero che nella Chiesa di Dio aiuta i missionari del Vangelo. Anzi lo esorta a dare quanto è necessario per la loro opera in favore di Cristo Gesù. Così lui si renderà partecipe e collaboratore della verità. accogliendo i missionari e sostenendo la loro missione, si diviene insieme con loro partecipi dei frutti del dono del Vangelo. Quanto il Signore darà ai suoi inviati darà anche a coloro che li sostengono. Questa verità è purissima fede nella Chiesa. È Parola eterna.

Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché stranieri. Essi hanno dato testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa; tu farai bene a provvedere loro il necessario per il viaggio in modo degno di Dio. Per il suo nome, infatti, essi sono partiti senza accettare nulla dai pagani. Noi perciò dobbiamo accogliere tali persone per diventare collaboratori della verità.

San Paolo fonda la collaborazione nella Chiesa su Cristo Crocifisso. Lui diede se stesso per supplire ad ogni nostra indigenza. Il Padre lo esaltò, donandogli un corpo di gloria, immortale, incorruttibile, spirituale. Dio è sempre oltre ogni nostro dono a Lui.

E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2Cor 8,7-9).

Noi diamo a Cristo i nostri beni terreni, Cristo Gesù ci dona i suoi beni eterni.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ricchi di misericordia.

 

13 NOVEMBRE – XXXI Domenica T.O. – (Ml 3,19-20a)

Sta per venire il giorno rovente come un forno

Il giorno rovente del Signore non è solo l’ultimo giorno, quando ci presenteremo al suo cospetto per rendere ragione delle opere da noi compiute, mentre eravamo sulla terra, nel nostro corpo di carne. Giorno rovente è ogni qualvolta lui viene per il giudizio mentre siamo ancora in vita. La Scrittura attesta che sempre il Signore viene e sempre dobbiamo essere pronti ad accoglierlo. Isaia annunzia il giudizio del Signore per il suo popolo. È un giudizio di invito alla conversione. Il Signore è venuto, ha trovato il suo popolo nell’idolatria e nell’immoralità. Se non si converte, se non ritorna nell’alleanza, Lui dovrà abbandonarlo a se stesso, ma se lo abbandona per esso è la fine.

Guai a coloro che si alzano presto al mattino e vanno in cerca di bevande inebrianti e si attardano alla sera. Il vino li infiamma. Ci sono cetre e arpe, tamburelli e flauti e vino per i loro banchetti; ma non badano all’azione del Signore, non vedono l’opera delle sue mani. Perciò il mio popolo sarà deportato senza che neppure lo sospetti. I suoi grandi periranno di fame, il suo popolo sarà arso dalla sete. Pertanto gli inferi dilatano le loro fauci, spalancano senza misura la loro bocca. Vi precipitano dentro la nobiltà e il popolo, il tripudio e la gioia della città. L’uomo sarà piegato, il mortale sarà abbassato, gli occhi dei superbi si abbasseranno. Sarà esaltato il Signore degli eserciti nel giudizio e il Dio santo si mostrerà santo nella giustizia. Allora vi pascoleranno gli agnelli come nei loro prati, sulle rovine brucheranno i grassi capretti. Guai a coloro che si tirano addosso il castigo con corde da tori e il peccato con funi da carro, che dicono: «Faccia presto, acceleri pure l’opera sua, perché la vediamo; si facciano più vicini e si compiano i progetti del Santo d’Israele, perché li conosciamo».

Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro. Guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti. Guai a coloro che sono gagliardi nel bere vino, valorosi nel mescere bevande inebrianti, a coloro che assolvono per regali un colpevole e privano del suo diritto l’innocente. Perciò, come una lingua di fuoco divora la stoppia e una fiamma consuma la paglia, così le loro radici diventeranno un marciume e la loro fioritura volerà via come polvere, perché hanno rigettato la legge del Signore degli eserciti, hanno disprezzato la parola del Santo d’Israele. Per questo è divampato lo sdegno del Signore contro il suo popolo, su di esso ha steso la sua mano per colpire; hanno tremato i monti, i loro cadaveri erano come immondizia in mezzo alle strade. Con tutto ciò non si calma la sua ira e la sua mano resta ancora tesa (Is 5,11-25).

I profeti annunziano la venuta del giorno del Signore. Lo gridano come un giorno di ira, cioè di perfetta giustizia. Dobbiamo comprendere il loro grido. Essi annunziano il giorno non per la punizione, ma per la conversione. Il Signore vede che il suo popolo è nella morte, nella desolazione spirituale e sociale, e per mezzo dell’annunzio di questo giorno lo chiama a conversione. Se il popolo non si converte, quanto il profeta annunzia si compirà. Dio nulla potrà fare per impedire il compimento della sua Parola.

Ecco infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Dopo il giudizio nella storia, viene il giudizio nell’eternità. Mentre il giudizio nella storia è sempre in vista della conversione, quello nell’eternità è definitivo. Quanti sono trovati ingiusti, bestemmiatori, immorali, disonesti, saranno bruciati come paglia nel fuoco eterno. Quanti invece sono stati cultori del nome del Signore e si sono consacrati a Lui vivendo nel suo santo timore, saranno illuminati da un sole che non conosce tramonto. Saranno avvolti nella luce eterna di Dio, che è Dio stesso. Oggi questo giudizio eterno è stato abolito dalla falsa profezia che come cancro sta infestando la Chiesa. Si annunzia l’abolizione del giudizio ultimo e definitivo di Dio. Quanti moriranno, tutti saranno accolti nel suo regno. Nessuno però si sta accorgendo che questa eresia è distruttrice della stessa Chiesa. Questa esiste per strappare qualche anima dall’inferno. Se l’inferno è chiuso da Dio, anche la Chiesa è chiusa dal Signore. Essa è vana.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera profezia di Dio.

 

14 NOVEMBRE (Ap 1,1-4; 2,1-5a)

Ricorda dunque da dove sei caduto

Il Signore inizia la sua rivelazione al suo Apostolo Giovanni dettando sette lettere che lui dovrà scrivere alle sette chiese che sono in Asia. Queste lettere si rivestono di un altissimo significato di fede per noi. Dalla verità dell’Angelo di ciascuna Chiesa è la verità della sua Chiesa, dalla verità della sua Chiesa è la verità del mondo. Se il mondo si incontra con una Chiesa falsa, perché il suo Angelo non è nella verità, mai esso potrà vedere la verità di Cristo Signore. Un falso Cristo non serve al mondo. È preferibile che il mondo rimanga mondo, anziché divenire mondo in Cristo e per di più legalizzato e ratificato nella sua falsità da una Chiesa che vive falsamente.

È questo oggi il vero male del mondo: una Chiesa che ratifica la falsità del mondo annunziando la falsità di Cristo e di Dio. Quando la Chiesa si adagia sul pensiero del mondo, essa non solo fa un male a se stessa perché si svuota della sua verità che è il pensiero di Cristo, danneggia il mondo intero perché è come se lo giustificasse nella sua idolatria e immoralità. Cristo Gesù non vuole che questo accada e ordina a Giovanni di rivelare a ciascun Angelo delle sette Chiese qual è il male che vive in lui e che di conseguenza vivrà anche nella Chiesa. Ogni Chiesa è dal suo Angelo. Se l’Angelo è confuso anche la sua Chiesa è confusa e se l’Angelo è immorale, anche la sua Chiesa soffre di grande immoralità. Questa relazione sempre va considerata.

Il primo Angelo, quello che guida la Chiesa di Efeso apparentemente sembra camminare bene. È attento, vigilante, mette alla prova i cuori per saggiare la loro fedeltà a Cristo, sa sopportare ogni cosa per il Vangelo. Agli occhi nostri apparirebbe un Angelo perfetto. Non vi sono mancanze in lui. Visibilmente è così. L’occhio dello Spirito Santo vede però che lui è caduto dall’amore di un tempo. Quando si cade dall’amore, è facile cadere dalla fede e dalla speranza. Se si cade dalla fede, si perde la luce e allora le opere che si fanno appartengono tutte alla terra. Neppure una è opera per il cielo, perché fatta senza alcuna fede nel Signore e nella sua Parola.

Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino. Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono.

All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi: “Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima.

Molti Angeli di Chiesa si confrontano con gli uomini. Ma gli uomini possono vedere solo ciò che appare. Essi non vedono il cuore. Il cuore di una persona solo lo Spirito Santo lo vede e solo a Lui si deve chiedere che ce lo sveli e riveli, ce lo faccia vedere nella sua verità e falsità ogni giorno. Il cuore può ingannarci e sovente ci inganna. Come fare perché esso non si prenda gioco di noi e noi non bariamo con esso? La via è una. Camminare sempre con lo Spirito Santo. Chiedere a Lui che cammini sempre con noi. È Lui la nostra luce, la nostra verità. È Lui la luce di Cristo con la quale dovrà illuminare il nostro cuore per scoprire in esso tutto ciò che è difforme dalla verità e dalle modalità di Cristo. Se qualcosa, anche piccolissima, minima, non è conforme all’amore, alla luce, alla verità, alla Parola di Gesù, Lui ce lo rivela, perché noi possiamo rimediare. Se però camminiamo senza lo Spirito, non vedremo neanche il cammello e lo ingoieremo pensando che sia purissima verità per noi. Così tanto ci può ingannare il nostro cuore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

 

15 NOVEMBRE (Ap 3,1-6.14-22)

Ti si crede vivo, e sei morto

L’Angelo della Chiesa di Sardi è creduto vivo. Così infatti appare agli occhi degli uomini. Ma gli occhi della carne vedono solo carne. Non sono gli occhi dello Spirito. Questi occhi vedono la morte che avvolge questo Angelo. A lui è chiesta la conversione immediata. Quale via viene indicata per una vera conversione? Lui si dovrà ricordare come ieri ha accolto la Parola, come essa da lui è stata vissuta. Dovrà riprendere lo stesso amore, lo stesso ardore, lo stesso spirito di sacrificio, lo stesso cuore. Un Angelo non può retrocedere, regredire dalla bontà degli inizi. Dovrà invece sempre crescere nell’amore, nella fede, nella speranza. È questa la grande misericordia del Signore: la sua venuta tra noi per ammonirci severamente perché ci possiamo convertire, ritornare in ciò che eravamo. Anzi a crescere riprendendo ciò che eravamo e portandolo fino alla sua perfezione. Sempre il nostro Dio viene perché ci ama e ci vuole salvare. Sempre viene per rinnovarci con la luce della sua verità.

All’angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi: “Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle. Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te. Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.

All’angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi: “Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”».

L’Angelo della Chiesa di Laodicèa invece non è né caldo e né freddo. È un Angelo inutile, vano alla Chiesa. Non la fa sussultare né di sdegno per il male che compie e né la incendia di ardore più grande per il suo Dio a causa del bene che opera. Il suo bene è invisibile. Ma anche il suo male è invisibile. Vive come se non ci fosse. Ora un Angelo della Chiesa deve essere sempre grande fuoco di verità, luce, carità, misericordia, pietà, giustizia. Tutta la sua Chiesa si deve accendere da lui e in lui sempre potersi rispecchiare, con lui confrontare. Se lui non è né freddo e né caldo, se è tiepido, alla fine tutta la sua Chiesa diventerà tiepida, la fede si raffredderà, la carità, scomparirà, la speranza morirà nei cuori. Cristo Gesù si spegnerà in essi.

Un Angelo della Chiesa mai deve permettere che Cristo si spegna nel suo cuore. Quando si spegne in lui, si spegnerà in ogni altro cuore che dipende da lui. Ma se Cristo si spegne, a che serve un Angelo, se il suo ministero è proprio quello di accendere Cristo in ogni cuore? Questo Angelo è invitato dal suo Dio a rivestirsi di Cristo, immergersi in Cristo, battezzarsi in Lui, avvolgersi di Lui, arricchirsi di Lui. Gli chiede di adornarsi di ogni virtù di Cristo. Un Angelo di Chiesa e Cristo devono essere una sola vita, non possono essere due vite separate, distinte. Se sono due vite, la Chiesa è in grande sofferenza. Le mancherà sempre il cuore di Cristo che vive nel suo cuore. Infatti l’Angelo della Chiesa è vero cuore di Cristo per la sua Chiesa. Se lui non è questo cuore, la sua Chiesa è morta perché in essa non vive il cuore di Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

16 NOVEMBRE (Ap 4,1-11)

Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente

L’Apostolo Giovanni ora assiste all’intronizzazione di Dio. Vive la stessa esperienza che visse Isaia nel tempio di Gerusalemme. La gloria del Signore non si manifesta a lui perché si ha bisogno di mandare qualcuno per essere profeta nel suo popolo. Si manifesta per quanto dovrà succedere dopo. Il vero Dio dona i suoi poteri, tutti i suoi poteri al vero Cristo. Tutto il mondo deve sapere che è il vero Dio che dona tutto al suo vero Cristo. Il vero Cristo è l’Agnello Immolato che è il Risorto, il Vivente. Questa visione è di preparazione a quanto succederà circa il Libro sigillato.

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me (Is 1,1-8).

Questa manifestazione della gloria di Dio è fatta perché Giovanni dovrà testimoniare, come Isaia, anche se la missione è differente, che Gesù è costituito dal Padre Signore della storia. Nessuno dovrà pensare che Lui si sia fatto da se stesso. È il Padre che mette tutto nelle sue mani. Per questo gli è stato concesso di vedere il Signore mentre veniva intronizzato nel suo cielo. Ora Giovanni può testimoniare. Ne ha tutta l’autorità.

Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito». Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell’aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono c’erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo. Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro.

Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: «Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!». E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo: «Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create».

Tutta la schiera dei beati dell’Antico e del Nuovo Testamento confessano che solo il Signore, il Dio nostro, è degno di ricevere la gloria, l’onore e la potenza. Solo Lui è il creatore di tutte le cose. Solo per lui esse esistono e sono create. Per bocca dei santi che sono nel cielo, tutta la creazione dona gloria al suo Creatore e Signore. Ora se tutta la creazione riconosce che solo uno è il suo Signore, il suo Creatore, il suo Dio, vi potrà essere sulla terra un solo uomo che possa adorare un altro Dio, al di fuori del Dio Creatore e Signore, se un altro Dio non esiste? L’unica creazione esige l’unico Dio. L’unico uomo domanda l’unico suo Salvatore e Redentore. Il politeismo è contrario alla stessa creazione. La creazione si rifiuta di riconoscere come suo Dio chi suo Dio non è perché da lui non è stata creata? Perché l’uomo allora si dice da chi non è Dio?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci confessori del vero Dio.

 

17 NOVEMBRE (Ap 5,1-10)

Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli

Subito dopo l’intronizzazione del Padre come Signore e Dio dell’universo, viene intronizzato l’Agnello Immolato, innalzato da Padre a Signore di tutta la storia. La scena di questa intronizzazione inizia con il mostrare un libro sigillato. È questo il Libro della storia. Esso è sigillato con sette sigilli. Né in cielo né sulla terra vi è qualcuno capace di aprirlo per leggere ciò che in esso vi è scritto. I sigilli sono così composti: Sette sigilli. Il settimo sigillo apre su sette trombe, seguono guai, segni, coppe, flagelli fino alla caduta della grande Babilonia alla descrizione della Nuova Gerusalemme.

L’Apostolo vede che nessuno è capace di aprire i sigilli e scoppia in pianto. Viene rassicurato. Chi aprirà i sigilli è il Leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide. Noi sappiamo dalla profezia di Isaia che il Germoglio possiede la pienezza dello Spirito Santo. Lui e lo Spirito sono una cosa sola. Lui aprirà i sette sigilli sempre mosso e guidato dallo Spirito del Signore. Il Padre gli darà il libro e la potestà di aprire i sigilli. Lo Spirito Santo lo guiderà perché tutto avvenga secondo modalità anche queste scelte e volute dal Padre. Il Padre, Cristo Gesù, lo Spirito Santo operano in perfetta comunione.

Niente è dal Padre che non sia dal Figlio e niente è dal Figlio che non sia dallo Spirito Santo. Questa verità dovrebbe valere anche per la Chiesa. Niente è dalla Chiesa che non sia dallo Spirito, da Cristo Signore, dal Padre. Quando questa comunione è perfetta, è allora che la Chiesa diviene vero strumento di Cristo, suo vero sacramento per la redenzione dell’umanità. È allora che sempre lo Spirito manifesterà alla Chiesa ciò che Cristo farà per il suo più grande bene. Anche i sigilli della vita della Chiesa sono nelle mani di Cristo ed Egli li apre mosso e guidato dallo Spirito Santo.

E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli».

Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».

Come precedentemente il Padre è stato intronizzato e riconosciuto come il solo Signore e Dio del cielo e della terra, così ora viene intronizzato ed esaltato Gesù Signore. Lui viene proclamato degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché Lui è stato immolato e ha riscattato per il Padre suo, con il suo sangue, uomini di ogni tribù, popolo e lingua, e ha fatto di loro, per il loro Dio, un regno di sacerdoti che regneranno sopra la terra. Non solo l’Agnello Immolato che è il Vivente viene intronizzato, viene proclamato il solo Signore della storia. È detto anche il motivo. Lui si è lasciato immolare per riscattare l’umanità e per fare di essa un regno di sacerdoti per il padre celeste. La sua esaltazione è dono per la sua umiliazione.

L’Apostolo Giovanni deve ora gridare alla Chiesa che se viene aperto il sigillo del martirio per i discepoli del Signore non è opera dell’uomo. È il loro Signore che lo apre. Lo apre allo stesso modo che il Padre suo ha aperto il sigillo della croce per Lui. Se quel sigillo gli ha meritato una esaltazione così grande, anche per essi l’esaltazione sarà grande. Dopo questa visione, la storia dovrà essere vista con occhi di purissima fede. Niente avviene per caso. È Cristo Signore che apre o chiude i sigilli per noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci occhi di purissima fede.

 

18 NOVEMBRE (Ap 10,8-11)

Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere

Il Signore, già nell’Antico Testamento, comanda al suo profeta di mangiare il libro della profezia. Ezechiele riceve quest’ordine al momento stesso della sua chiamata.

Mi disse: «Figlio dell’uomo, àlzati, ti voglio parlare». A queste parole, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. Ma tu, figlio dell’uomo, non li temere, non avere paura delle loro parole. Essi saranno per te come cardi e spine e tra loro ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t’impressionino le loro facce: sono una genìa di ribelli. Ascoltino o no – dal momento che sono una genìa di ribelli –, tu riferirai loro le mie parole. Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall’altra e conteneva lamenti, pianti e guai (Ez 2,1-10).

Mi disse: «Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole, poiché io non ti mando a un popolo dal linguaggio astruso e di lingua oscura, ma alla casa d’Israele: non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua oscura, dei quali tu non comprendi le parole; se ti avessi inviato a popoli simili, ti avrebbero ascoltato, ma la casa d’Israele non vuole ascoltare te, perché non vuole ascoltare me: tutta la casa d’Israele è di fronte dura e di cuore ostinato. Ecco, io ti do una faccia indurita quanto la loro faccia e una fronte dura quanto la loro fronte. Ho reso la tua fronte come diamante, più dura della selce. Non li temere, non impressionarti davanti a loro; sono una genìa di ribelli» (Ez 3,1-9).

Anche l’Apostolo Giovanni riceve lo stesso comando. Anche per Lui il libro sarà dolce finché è nella bocca, ma sarà amaro quando esso giungerà nelle viscere. Allora è giusto che ci chiediamo: qual è la verità nascosta in questa disposizione divina? Questo vale solo per il libro della profezia e solo per il profeta, o vale anche per ogni ministero e dono di grazia che si esercita nel nome del Signore? La verità è una sola e va ben compresa. Il dono di Dio è cosa dolcissima. Il Signore ti associa al suo mistero di redenzione, ti fa strumento della sua salvezza, ti costituisce sua voce. Questo è il miele. Poi viene l’amarezza. Ogni inviato di Dio, anche in piccolissime cose, deve portare tutto il peso dell’umanità sulle sue spalle, deve assumere su di lui tutto il peccato del mondo, e questo produce croce, persecuzione, amarezza, dolore, morte violenza. La missione, anche la più semplice, comporta sempre la croce.

Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Va’, prendi il libro aperto dalla mano dell’angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza. Allora mi fu detto: «Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re».

L’Apostolo Giovanni dovrà profetizzare su molti popoli e nazioni, lingue e re. Non c’è profezia se non dalla croce. Questa verità accompagna tutti i ministri del Signore, qualsiasi ministero essi hanno ricevuto o riceveranno. Cristo Gesù diede compimento, perfezione, definitività alla sua missione sulla croce. Ogni suo discepolo dovrà seguire le sue orme. Non vi è l’inviato del Signore separato dal suo ministero. Ministero e inviato, profezia e persona sono una cosa sola. L’odio contro la Parola è odio contro il profeta. L’odio contro Dio è odio contro i suoi ministri. Il profeta è sempre dalla croce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri profeti del Signore.

 

19 NOVEMBRE (Ap 11,4-12)

Essi hanno il potere di chiudere il cielo

Chi nell’Antico Testamento ha chiuso il cielo per tre anni e sei mesi è stato Elia. Lo ha chiuso perché il popolo, divorato da idolatria e immoralità, si convertisse e tornasse al suo Signore.

Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io» (1Re 17,1). Elia disse ad Acab: «Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale». Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: «Sali, presto, guarda in direzione del mare». Quegli salì, guardò e disse: «Non c’è nulla!». Elia disse: «Tornaci ancora per sette volte». La settima volta riferì: «Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare». Elia gli disse: «Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!”». D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl (1Re 18,41-46).

Mosè invece ha cambiato l’acqua in sangue per convincere il Faraone a lasciare partire il popolo di Dio, schiavo e condannato ai lavori forzati, privato anche fisicamente della vita.

Il Signore disse a Mosè: «Il cuore del faraone è irremovibile: si rifiuta di lasciar partire il popolo. Va’ dal faraone al mattino, quando uscirà verso le acque. Tu starai ad attenderlo sulla riva del Nilo, tenendo in mano il bastone che si è cambiato in serpente. Gli dirai: “Il Signore, il Dio degli Ebrei, mi ha inviato a dirti: Lascia partire il mio popolo, perché possa servirmi nel deserto; ma tu finora non hai obbedito. Dice il Signore: Da questo fatto saprai che io sono il Signore; ecco, con il bastone che ho in mano io batto un colpo sulle acque che sono nel Nilo: esse si muteranno in sangue. I pesci che sono nel Nilo moriranno e il Nilo ne diventerà fetido, così che gli Egiziani non potranno più bere acqua dal Nilo!”». Il Signore disse a Mosè: «Di’ ad Aronne: “Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni e su tutte le loro riserve di acqua; diventino sangue e ci sia sangue in tutta la terra d’Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra!”» (Es 7,14-19).

Il racconto dell’Apocalisse ci dice quanto potente e forte sia il male. Ciò che né il Faraone e né il re d’Israele e la sua empia regina Gezabele sono riusciti a fare, la bestia che sale dall’abisso lo può. Essa infatti uccide “I due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Signore della terra”. È vero. Essi vengono risuscitati, ma questo non significa che la potenza del male non sia riuscita ad ucciderli. Questo racconto deve farci riflettere sulla potenza del male.

Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Signore della terra. Se qualcuno pensasse di fare loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di fare loro del male. Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiare l’acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli, tutte le volte che lo vorranno. E quando avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove anche il loro Signore fu crocifisso. Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedono i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permettono che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro. Gli abitanti della terra fanno festa su di loro, si rallegrano e si scambiano doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo un soffio di vita che veniva da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. Allora udirono un grido possente dal cielo che diceva loro: «Salite quassù» e salirono al cielo in una nube, mentre i loro nemici li guardavano.

Quando la Chiesa non crede più nella potenza distruttrice del male, che vuole la sua fine, la cancellazione della sua identità dalla faccia della terra, allora è segno che la grande bestia già sta lavorando per il suo annientamento. Oggi la grande bestia ha convinto moltissimi figli della Chiesa che Cristo Gesù non è il solo Salvatore del mondo, il solo Redentore dell’uomo. Ha convinto costoro che il male neanche più esiste. Siamo fratelli gli uni degli altri e non serve affermare distinzioni. È la sua vittoria.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nella verità di Cristo.

 

20 NOVEMBRE – SOLENNITÀ DI CRISTO RE – (2Sam 5,1-3)

Tu pascerai il mio popolo Israele

È stato il Signore a scegliere Davide come re d’Israele, quando era ancora giovanissimo. Lui era un umile pastore di greggi. Il padre neanche lo aveva fatto venire per stare alla presenza di Samuele. Dio però fece sì che lui venisse e fosse unto.

Il Signore disse a Samuele: «Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l’ho ripudiato perché non regni su Israele? Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà». Il Signore soggiunse: «Prenderai con te una giovenca e dirai: “Sono venuto per sacrificare al Signore”. Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti farò conoscere quello che dovrai fare e ungerai per me colui che io ti dirò». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: «È pacifica la tua venuta?». Rispose: «È pacifica. Sono venuto per sacrificare al Signore. Santificatevi, poi venite con me al sacrificio». Fece santificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio. Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Iesse chiamò Abinadàb e lo presentò a Samuele, ma questi disse: «Nemmeno costui il Signore ha scelto». Iesse fece passare Sammà e quegli disse: «Nemmeno costui il Signore ha scelto». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama (1Sam 16,1-13).

Dopo l’unzione e la vittoria riportata sul gigante Golia, Davide fu sottoposto ad una lunghissima prova da parte del Signore. Questa prova finì con la morte di Saul. Oggi tutto Israele lo riconosce suo re e lo acclama. Con lui Israele diviene un vero regno.

Vennero allora tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

Da lui, sempre per volontà di Dio e per sua promessa, è nato il Messia del Signore. Infatti a lui è stato profetizzato che un suo figlio sarebbe stato re dal regno eterno.

Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”». Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione (2Sam 7, 8-17).

Il Messia di Dio è Cristo Gesù. È Lui il Re dal Regno Eterno. È Lui il Re universale, il re dell’universo, il Signore della storia. Lui il regno lo ha conquistato con la sua morte in Croce. Il suo però non è un regno secondo il mondo. È un regno di lassù, secondo Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri sudditi del Regno.

 

21 NOVEMBRE (Ap 14,1-3.4b-5)

Recavano scritto sulla fronte il suo nome

Il Signore viene per sterminare Gerusalemme. Saranno salvati solo coloro che porteranno sulla loro fronte un tau. A chi viene impresso questo segno? A tutti coloro che si sono tenuti lontani da tutti gli abomini commessi nella città e ne sono addolorati.

Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: «Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano». Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c’era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all’altare di bronzo. La gloria del Dio d’Israele, dal cherubino sul quale si posava, si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l’uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba. Il Signore gli disse: «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono». Agli altri disse, in modo che io sentissi: «Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non abbia pietà, non abbiate compassione. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: non toccate, però, chi abbia il tau in fronte. Cominciate dal mio santuario!» (Ez 9,1-6).

Anche nella visione che Giovanni ci narra nella sua Apocalisse vengono salvati coloro che portano impresso sulla fronte il sigillo del loro Dio. Chi viene trovato con il sigillo vive. Chi è senza questo sigillo muore. Non vi è posto per lui nella città di Dio.

E vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio» (Cfr. Ap 7,2-10).

Si parla anche che saranno salvati coloro il cui nome è scritto nel libro della vita presso Dio. Ma chi è scritto in questo libro? Coloro che portano sulla fronte il sigillo del loro Dio. Non vi è salvezza per chi è senza sigillo, per quanti rinnegano il Signore.

Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli (Ap 3, 5). Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo (Ap 3, 12). L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello immolato (Ap 13, 8). La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall’Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà (Ap 17, 8). I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui (Ap 19, 12). E’ avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio (Ap 19, 13). Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori (Ap 19, 16). Vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte (Ap 22, 4).

Chi segue l’Agnello? Chi reca scritto sulla fronte il nome dell’Agnello e il nome del Padre suo. Sono coloro che adorano Dio e confessano la verità di Cristo Signore.

E vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra sono vergini, infatti, e seguono l’Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.

Dio e Cristo sono una sola verità, non due. Farne due è non avere né Dio e né Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri in Dio e in Cristo.

 

22 NOVEMBRE (Ap 14,14-19)

Rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio

Più leggo la Scrittura Santa – Antico e Nuovo Testamento – e più vedo che il Dio che oggi adoriamo non corrisponde al Dio come Lui stesso si è rivelato. Vi è una verità eterna che nessuno potrà mai contraddire. Essa è verità storica. Il male produce male, il bene genera bene. Il male distrugge l’umanità, il bene la salva. Il bene è obbedienza alla volontà manifesta di Dio. Il male è l’ascolto del cuore dell’uomo. Sofonia descrive i mali che il male genera e produce dichiarandoli frutto dell’ira del Signore.

«Tutto farò sparire dalla terra. Oracolo del Signore. Distruggerò uomini e bestie; distruggerò gli uccelli del cielo e i pesci del mare, farò inciampare i malvagi, eliminerò l’uomo dalla terra. Oracolo del Signore. Stenderò la mano su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme; eliminerò da questo luogo quello che resta di Baal e il nome degli addetti ai culti insieme ai sacerdoti, quelli che sui tetti si prostrano davanti all’esercito celeste e quelli che si prostrano giurando per il Signore, e poi giurano per Milcom, quelli che si allontanano dal seguire il Signore, che non lo cercano né lo consultano». Silenzio, alla presenza del Signore Dio, perché il giorno del Signore è vicino, perché il Signore ha preparato un sacrificio, ha purificato i suoi invitati. «Nel giorno del sacrificio del Signore, io punirò i capi e i figli di re e quanti vestono alla moda straniera; punirò in quel giorno chiunque salta la soglia, chi riempie di rapine e di frodi il palazzo del suo padrone. In quel giorno – oracolo del Signore – grida d’aiuto verranno dalla porta dei Pesci, ululati dal quartiere nuovo e grande fragore dai colli. Urlate, abitanti del Mortaio, poiché tutta la turba dei mercanti è finita, tutti i pesatori dell’argento sono sterminati.

In quel tempo perlustrerò Gerusalemme con lanterne e farò giustizia di quegli uomini che, riposando come vino sulla feccia, pensano: “Il Signore non fa né bene né male”. I loro beni saranno saccheggiati e le loro case distrutte. Costruiranno case ma non le abiteranno, pianteranno viti, ma non ne berranno il vino». È vicino il grande giorno del Signore, è vicino e avanza a grandi passi. Una voce: «Amaro è il giorno del Signore!». Anche un prode lo grida. Giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebra e di oscurità, e giorno di nube e di caligine, giorno di suono di corno e di grido di guerra sulle città fortificate e sulle torri elevate. Metterò gli uomini in angoscia e cammineranno come ciechi, perché hanno peccato contro il Signore; il loro sangue sarà sparso come polvere e la loro carne come escrementi. Neppure il loro argento, neppure il loro oro potranno salvarli. Nel giorno dell’ira del Signore e al fuoco della sua gelosia tutta la terra sarà consumata, poiché farà improvvisa distruzione di tutti gli abitanti della terra (Sof 1,2-18).

Cosa è l’ira di Dio secondo purezza di verità? È l’ostinazione dell’uomo che rifiuta ogni aiuto di Dio, ogni sua Parola, ogni sua grazia, perché desista dal male e ritorni a fare il bene. L’ira di Dio è la non possibilità divina di poter impedire che il male distrugga un popolo e la stessa terra. L’onnipotenza di salvezza si ferma dinanzi alla volontà satanica dell’uomo di perseverare nel male, fino alla sua completa distruzione.

E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d’uomo: aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch’egli una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L’angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio.

Questa verità non è solo rivelata. Essa è storica. L’uomo possiede nelle sue mani la possibilità di distruggersi, annientarsi, uccidersi, rovinare popoli e nazioni. Ha la possibilità di ridurre in deserto tutta la terra. Dinanzi a questa possibilità, che nasce dalla superbia e dalla concupiscenza, Dio può solo invitare alla conversione. Non lo può però costringere. Dio vede l’uomo che cammina verso la sua morte eterna, seminando stragi in mezzo ai suoi fratelli, e nulla può fare per la sua salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, convertite i nostri cuori.

 

23 NOVEMBRE (Ap 15,1-4)

Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te

Gesù è il Giudice dei vivi e dei morti. Ognuno viene al suo cospetto e Lui darà a ciascuno secondo le sue opere. Il Vangelo secondo Matteo annunzia questa verità con le parole di Gesù sul giudizio di tutti i popoli che lui stesso terrà alla fine dei giorni.

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25,31-46).

Il giudizio di Gesù, di Dio, mentre siamo in vita, è la visione delle nostre opere buone invitandoci a migliorarle perché diventino perfette. È anche la visione delle nostre opere cattive e malvage, chiedendoci di abbandonare la via del male, che conduce a sicura morte, per incamminarci sulla via della verità, della giustizia, dell’obbedienza, la sola via che conduce alla vita sulla terra e nell’eternità. Alla fine dei giorni invece o anche al momento della morte, il giudizio non è per invitare alla conversione o a migliorare il nostro bene. È invece l’esame delle nostre opere per dare a ciascuno secondo quanto ha seminato mentre era sulla terra. A chi ha seminato il bene, Gesù darà la vita eterna. A quanti invece hanno sparso il male, dovrà escluderli dal suo Paradiso. Per costoro vi sarà l’inferno che li accoglierà, ma l‘inferno è luogo di perdizione eterna, di buio, di grande desolazione. È la disperazione infinita.

E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l’ira di Dio. Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello: «Grandi e mirabili sono le tue opere, Signore Dio onnipotente; giuste e vere le tue vie, Re delle genti! O Signore, chi non temerà e non darà gloria al tuo nome? Poiché tu solo sei santo, e tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi furono manifestati».

Cristo Signore per rimanere nella volontà del Padre si lasciò inchiodare sulla croce. Il Padre lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è sopra ogni altro nome, costituendolo Giudice di ogni sua creatura. Tutte le genti verranno e si prostreranno dinanzi a Lui per il giudizio. Tutti lo riconosceranno come loro Signore e Dio. Tutti dinanzi a Lui si batteranno il petto. Tutti dovranno confessare la sua gloria. Per molti però sarà una confessione accompagnata da un rimorso eterno. Essi hanno rifiutato il suo dono, la sua vita eterna, la sua salvezza. Andranno alla perdizione per sempre. Oggi molti cristiani si vergognano di Cristo e non lo danno ai loro fratelli. Amano questo Dio senza volto e senza identità. Si privano della salvezza. Privano della salvezza i loro fratelli. Non si commette un peccato solo di omissione, ma anche contro la vera carità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci annunziatori di Cristo.

 

24 NOVEMBRE (Ap 18,1-2.21-23)

È caduta, è caduta Babilonia la grande

Ogni albero che non si lascia curare da Dio, secca. Ogni popolo che insegue se stesso, cammina inesorabilmente verso la sua distruzione. Dio solo è la vita dell’universo e dell’uomo, dei popoli e delle nazioni. Chi si mette nella volontà di Dio, vive. Chi si sottrae ad essa, si abbandona al male, muore. Ogni civiltà fondata sul peccato, perirà. Non vi sarà alcuna possibilità di vita. Il peccato è potente veleno di morte. Questo annunzia il Signore nelle sue profezie sui popoli e sulle nazioni e anche sul suo popolo Giuda e Israele. Dio non può conservare in vita chi si sottrae alla sua obbedienza. La morte è nella storia ed è nell’eternità. Solo Dio, il vero Dio, è vita.

Isaia, Geremia, Ezechiele annunziano la caduta di Babilonia, la grande nazione del loro tempo. Babilonia era a capo di un popolo potente, forte, capace di soggiogare la terra. Dinanzi ad essa tutti i popoli tremavano solo al sentire il rumore degli zoccoli dei suoi cavalli. Ebbene, il Signore annunzia che neanche per essa ci sarà futuro. Essa sarà interamente distrutta. Di essa nulla rimarrà. Tutto questo accade a causa delle sue iniquità, dei suoi peccati, del male che ha arrecato ad altri popoli. Ogni ingiustizia è un veleno di morte che chi la commette ingoia. Questo veleno non è immediato. Agisce lentamente, ma inesorabilmente. Babilonia è già avvelenata. La morte sarà la sua fine.

Oracolo sul deserto del mare. Come i turbini che si scatenano nel Negheb, così egli viene dal deserto, da una terra orribile. Una visione tremenda mi fu mostrata: il saccheggiatore che saccheggia, il distruttore che distrugge. Salite, o Elamiti, assediate, o Medi! Io faccio cessare ogni gemito. Per questo i miei reni sono nello spasimo, mi hanno colto dolori come di una partoriente; sono troppo sconvolto per udire, troppo sbigottito per vedere. Smarrito è il mio cuore, la costernazione mi invade; il tramonto tanto desiderato diventa il mio terrore. Si prepara la tavola, si stende la tovaglia, si mangia, si beve. Alzatevi, o capi, ungete gli scudi, poiché così mi ha detto il Signore: «Va’, metti una sentinella che annunci quanto vede. E se vedrà cavalleria, coppie di cavalieri, uomini che cavalcano asini, uomini che cavalcano cammelli, allora osservi attentamente, con grande attenzione». La vedetta ha gridato: «Al posto di osservazione, Signore, io sto sempre lungo il giorno, e nel mio osservatorio sto in piedi, tutte le notti. Ecco, qui arriva una schiera di cavalieri, coppie di cavalieri. Essi esclamano e dicono: “È caduta, è caduta Babilonia! Tutte le statue dei suoi dèi sono a terra, in frantumi”». O popolo mio, calpestato e trebbiato come su un’aia, quanto ho udito dal Signore degli eserciti, Dio d’Israele, a voi l’ho annunciato (Is 21,1-10).

Babilonia è ogni impero, ogni nazione, ogni popolo che si consacra al male e al sopruso. Le modalità del male possono anche modificarsi nella storia, ingentilirsi. Oggi potremmo dire trasformarsi: trasformarsi in male telematico, scientificamente invisibile. Lo potremmo chiamare con nomi anche gentili: gioco in Borsa, investimenti vantaggiosi, addirittura opere di misericordia e di carità. Non è il nome che cambia la natura delle cose. Il male rimane male in eterno. Possiamo anche definire per legge che esso sia un bene, ma male è e male resta per i secoli dei secoli.

Dopo questo, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Gridò a gran voce: «È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di demòni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda. Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della màcina non si udrà più in te; la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte.

Chi si consegna al male, che sia un popolo o anche un solo uomo, dal male sarà distrutto, annientato, devastato. È questa la profezia di Dio e la sua forza eterna nella verità: il male genera male eterno. Il bene produce bene eterno. Il male ti distrugge. Il bene ti dona la vita. Se fai il male, cadrai, morirai, perirai nell’inferno. Nessuno potrà mai sfuggire a questa legge divina. Chi vuole la vita, deve amare la Parola di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci operatori di bene sempre.

 

25 NOVEMBRE (Ap 20,1-4.11-21,2)

E vidi un cielo nuovo e una terra nuova

Le antiche profezie del Signore su Gerusalemme e sui cieli nuovi e sulla nuova terra si compiono nella Gerusalemme Celeste. Essa è la città dove regna solo il bene.

Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Prima che mi invochino, io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati. Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue, e il serpente mangerà la polvere, non faranno né male né danno in tutto il mio santo monte», dice il Signore (Is 65,17-25).

Anche la profezia sul Messia, che annunzia la riconciliazione di tutti gli esseri creati dal Signore, si compirà nella Gerusalemme del cielo. Oggi si cammina verso di essa .

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa (Is 11,1-10).

Nel giorno dei cieli nuovi e della terra nuova, avverrà la separazione eterna tra quanti fecero il bene e quanti invece si sono consegnati al male.

Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me – oracolo del Signore –, così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome. In ogni mese al novilunio, e al sabato di ogni settimana, verrà ognuno a prostrarsi davanti a me, dice il Signore. Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me; poiché il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per tutti» (Is 66,22-24).

L’Apostolo Giovanni rivela ai credenti che nessuna Parola del Signore è mai caduta nel vuoto e mai cadrà. Essa si compirà sempre. Le modalità del suo compimento vanno però oltre ogni attesa e ogni immaginazione dell’uomo, anche del più credente.

E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell’Abisso e una grande catena. Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell’Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po’ di tempo. Poi vidi alcuni troni – a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare – e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni. E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

La Gerusalemme Celeste mostrerà quanto grande è l’amore di Dio per i suoi eletti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera fede nella Parola.

 

26 NOVEMBRE (Ap 22,1-7)

Ecco la tenda di Dio con gli uomini!

Se analizziamo bene cosa il Signore rivela al suo Apostolo Giovanni, si rimane veramente senza pensiero. Tutte le nostre immaginazioni, riflessioni, concetti, verità sulla Gerusalemme Celeste scompaiono per lasciare tutto lo spazio alla Parola della profezia. È giusto allora chiedersi non cosa è la Gerusalemme Celeste, ma chi è. La risposta è una sola: La Gerusalemme Celeste è Dio. È Dio che abita tutto in Cristo suo Figlio. È Cristo suo figlio nel quale abita ogni redento per l’eternità. L’uomo che è uscito dal cuore di Dio per la sua Parola onnipotente e creatrice, che è Cristo Gesù, per la stessa Parola onnipotente salvatrice, redentrice, rigeneratrice, viene ricreato e portato nel cuore del Padre. Ma il cuore del Padre è Gesù Signore.

«Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,3-4).

«Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio (Ap 21,6-7).

In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Ap 21,22-27).

E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli (Ap 22,3-5).

Con il peccato, l’uomo, dal cuore di Dio si è trasferito nel cuore di Satana e da questo opere opera nella storia. Cristo è venuto non solo per invitarlo a ritornare nel cuore del Padre, ritornando oggi ad abitare nel suo cuore, ma anche ad espiare per lui ogni suo peccato e per ottenergli la grazia del dono dello Spirito Santo per essere dal suo stesso Spirito condotto sulla via della luce, perché possa progredire di luce in luce. Se l’uomo oggi non entra nel cuore di Cristo e non cammina mosso dallo Spirito Santo sui sentieri della luce, ma rimane nelle sue tenebre, anche domani sarà nelle tenebre. Mai potrà mettere piede nella città della luce che è il cuore di Dio attraverso il cuore di Cristo. Questa verità è essenza della nostra fede. Oggi è questa verità che è stata distrutta. Si insegna dai figli della Chiesa che si può essere tenebra oggi e luce domani. Errore più grande mai potrà esistere. Luce oggi e luce domani. Tenebra oggi e tenebra domani. La Parola della profezia non inganna e non mentisce.

E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.

La nostra vocazione è alla Gerusalemme Celeste. È al cuore di Cristo, nel cuore di Cristo. Se oggi la nostra tenda non è il cuore di Cristo, neanche domani lo sarà.

Vergine Maria, Madre della redenzione, Angeli, Santi, introduceteci nel cuore di Cristo.

 

27 NOVEMBRE – I Domenica di Avvento – (Is 2,1-5)

Camminiamo nella luce del Signore

L’Avvento è per noi un cammino dalla luce verso la luce più intensa, più pura, più splendente. Si diviene luce solo in Cristo Signore, si cammina di luce in luce solo in Cristo Gesù, per Lui, con Lui. Non c’è vero Avvento se prima non ci si ricompone nella luce di Gesù Signore e non si diviene vera luce in Lui. Divenuti luce in Lui, luce della sua luce, possiamo iniziare il percorso che ci dovrà condurre alla luce piena.

I popoli lasciano i loro dèi, le loro finte luci, le loro contorte verità, le illusorie e vane filosofie, anche le loro tradizioni e religioni, e si avviano verso Gerusalemme. Nella Città Santa abita il vero Dio, il vero Signore, la vera luce, la vera Parola della verità e della luce. Da Lui vogliono essere introdotti nella sua luce santa e in essa desiderano camminare per tutti i giorni della loro vita. Non c’è luce vera se non in Gerusalemme.

Come i popoli, anche noi cristiani, siamo chiamati ad abbandonare i nostri pensieri, le nostre teologie, le nostre ascetiche, le nostre morali, le nostre mistiche, le nostre tradizioni, ogni modalità di concepire e di praticare la Parola. Tutto deve essere avvolto dalla luce di Cristo con la quale Lui oggi ci vuole illuminare. La sua luce di ieri era per ieri. Oggi Lui vuole avvolgerci di luce nuova e noi siamo obbligati a coprirci di essa.

Il nostro Avvento non può essere solamente liturgico o semplicemente ad intra della Chiesa. Esso deve essere cosmico, planetario, universale, dinanzi ad ogni uomo. I popoli che vengono a Gerusalemme, non vengono per vivere un incontro segreto e nascosto con il vero Dio. Vergono per lasciarsi inondare dalla sua luce, perché vogliono camminare nella luce, non in Gerusalemme, come nei loro territori.

Si viene a Gerusalemme per ricolmarsi di luce, ma non si cammina di luce in luce in Gerusalemme. Si ritorna nel proprio paese rivestiti della luce nuova attinta dal Signore che abita in Gerusalemme. Così anche noi suoi discepoli. Attingiamo nuova luce in Cristo Gesù e camminiamo di luce in luce dinanzi ad ogni uomo, in ogni momento della vita, in ogni luogo del nostro vivere ed operare. Fare dell’Avvento solo una speciale liturgia è dare ad esso ancora una volta una falsa modalità di compimento.

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.

Come dall’incontro con il vero Dio in Gerusalemme cambia la vita dei popoli e delle nazioni, da popoli e nazioni in guerra, si diviene popoli e nazioni che vivono nella pace, perché il primo frutto della luce è la pace, così dicasi anche per noi discepoli di Gesù. L’Avvento deve portarci ad un radicale cambiamento di vita. Anche i costumi più semplici e innocui vanno cambiati. In ogni manifestazione della nostra vita dobbiamo attestare di essere stati rivestiti della luce nuova che è Gesù Signore.

Si inizia l’Avvento. Ci si ricolma di tutta la luce nuova che è Cristo Gesù. Si cammina nella sua luce verso una luce sempre più grande. Questo percorso dovrà essere evidente, pubblico, confessato, manifestato. Il mondo intero deve conoscerlo. Tutti devono sapere che noi saliamo alla nostra Gerusalemme che è Cristo Signore per essere da Lui avvolti con la sua luce. Lo esige la verità di Cristo. È Lui la sola luce con la quale il Padre ci illumina. Se noi rinneghiamo Cristo, rinneghiamo anche Dio, il vero Dio. Se non abbiamo Cristo non abbiamo neanche il vero Dio, perché il vero Dio opera solo per mezzo di Cristo Gesù. Neanche da se stesso opera, ma solo per Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Cristo vera luce.

 

28 NOVEMBRE (Is 2,1-5)

Egli sarà giudice fra le genti

Il giudizio di Dio, operato in Cristo Gesù e per Lui, possiamo comprenderlo se ci lasceremo illuminare dalla luce che proviene dal Vangelo, che è luce purissima di verità eterna e storica insieme, essendo Cristo Signore, nella sua persona, eternità e tempo, vero uomo e vero Dio, tutto nella divinità e tutto nell’umanità.

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,27-35).

Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,12-21).

Gesù è giudice semplicemente esistendo, svolgendo il suo ministero, annunziando il regno di Dio e la sua giustizia, morendo sulla croce, risuscitando. Chi accoglie Lui è persona che cerca luce e vuole camminare nella luce. Chi invece lo rifiuta è persona che è nelle tenebre, preferisce le tenebre, vuole rimanere nelle tenebre. Chi vede Cristo e da Lui non si lascia attrarre rivela al mondo intero che egli non cerca la luce. Non vuole lasciare le sue tenebre per lasciarsi illuminare dalla luce vera che è Gesù.

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.

Oggi la Gerusalemme presso la quale dovranno recarsi tutti i popoli per ammantarsi di Luce non è Dio, non è neanche Cristo Signore, è invece la Chiesa. La Chiesa è il corpo di Cristo, il suo tempio Santo. Ogni uomo da Lei dovrà essere attratto, conquistato dalla sua luce, dalla sua luce essere immerso, vestito, perché nella luce possa camminare verso la luce perfetta, pura, santa, eterna. Se però la Chiesa non manifesta la luce di Cristo, viene meno nel suo giudizio di luce eterna, luce vera.

Quando ci presentiamo dinanzi al mondo dicendo che siamo tutti rivestiti della luce che promana dallo stesso Dio, è come se noi rinnegassimo Cristo, ci vergognassimo di Lui, lo nascondessimo per paura di confessare la sua eterna, divina, umana, storica verità. Ogni qualvolta nascondiamo Cristo e ci nascondiamo a Lui, noi diamo forza, vigore a quanti non lo adorano, non lo conoscono, lo rifiutano. Se noi lo sminuiamo nella sua verità di mediazione eterna, l’altro si sentirà sempre giustificato nel suo rifiuto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rivestiteci della luce di Cristo.

 

29 NOVEMBRE (Is 11,1-10)

Su di lui si poserà lo spirito del Signore

Senza lo Spirito del Signore, neanche Dio potrà compiere alcuna opera. Tutta la creazione è stata operata dal Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo. Così anche dovrà essere per la redenzione e la salvezza dell’uomo. Essa è opera del Padre per il Figlio nello Spirito Santo. Questa unità e comunione di opera è la vita stessa di Dio. Dovrà essere la vita di chi vuole operare sulla terra salvezza e redenzione, donare verità e luce, portare la Parola e suscitare l’obbedienza ad essa. Il Padre per il Figlio nello Spirito Santo mediante la creatura. Fuori di questa modalità, che è purissima essenza, mai vi potrà essere né salvezza, né redenzione e neanche dono della Parola.

Dio, il Padre celeste, vuole operare la redenzione dell’umanità, schiava e prigioniera del suo peccato, della sua disobbedienza, immersa nell’idolatria e immoralità. Essendo opera di purissima nuova creazione non può operarla se non per il Figlio nello Spirito Santo. Ma la può solo operare attraverso l’umanità del Figlio e per questo anche l’umanità dovrà essere piena di Spirito Santo, come Lui è pieno di Spirito Santo. Tutto lo Spirito di Dio, con tutta la sua potenza di grazia, verità, giustizia, novità, santità, luce viene dato all’umanità del Messia perché possa far nascere il nuovo uomo. Tutto ciò che il Servo del Signore farà, o realizzerà nella piena obbedienza al Padre Celeste.

Il Padre vuole. Il Figlio realizza. Lo Spirito Santo dona al Figlio la piena conoscenza della volontà del Padre per tutto ciò che Lui vuole che si faccia, secondo modalità e forme stabilite da Lui. Niente è dalla volontà del Messia. Tutto è invece dalla volontà del Padre. Lo Spirito Santo comunica la volontà del Padre e dona al Messia ogni sapienza, consiglio, scienza, fortezza, conoscenza, timore del Signore, intelletto, perché tutto corrisponda alla volontà scritta nel cuore del Padre. La stessa Scrittura ci rivela che quando lo Spirito Santo si ritira da una persona, perché essa si è resa indegna con la trasgressione, la vita è divenuta un disastro spirituale. Sansone perse lo Spirito del Signore per la sua stoltezza, fu accecato e condannato a far girare la macina, come fosse un asino o un bue. Questa è la sorte di chi perde lo Spirito di Dio.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa.

La nostra missione è la stessa che il padre ha affidato al suo Figlio Unigenito nello Spirito Santo. Come ha fatto Cristo Signore dobbiamo fare anche noi. Lui ha ricevuto lo Spirito del Signore in pienezza. Lo ha trasformato sulla croce in un fiume d’acqua viva e lo ha versato sulla nostra terra. Questo Spirito, per mezzo del suo corpo che è la Chiesa, è stato riversato su di noi, da lui siamo stati trasformati in nuove creature. Dovendo noi compiere la stessa missione di Gesù, anche noi dobbiamo trasformare tutta la ricchezza dello Spirito che ci è stato donato in un fiume di acqua viva che deve vivificare la terra e l’umanità. Possiamo fare questo se ci lasceremo sempre da Lui muovere e condurre. Obbedendo alla sua voce, realizzando ogni suo consiglio, agendo con la sua fermezza, camminando nella sua scienza, anche noi lo trasformeremo in acqua di vita che crea vera vita dovunque esso giunge. È la nostra missione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero albero di vita eterna.

 

30 NOVEMBRE (Rm 10,9-18)

L’ascolto riguarda la parola di Cristo

Non ogni nome che si invoca è quello del Signore che dona salvezza. Qual è il vero nome che tutti dovranno conoscere perché venga invocato e perché la salvezza discenda nei cuori? Secondo il profeta Gioele il nome vero è quello che ci suggerisce lo Spirito del Signore effuso nei nostri cuori. Il Signore effonde il suo Spirito, il suo Spirito ci rivela qual è il vero nome da invocare per essere salvi.

Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave in quei giorni effonderò il mio spirito. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamato (Gl 3,1-5).

Ma chi ci dona il vero Spirito di Dio, che ci fa invocare il vero nome di Dio? Lo Spirito di Dio uno solo lo dona: Cristo Signore. Cristo Gesù lo ha effuso sui suoi apostoli. Sono gli Apostoli che donano lo Spirito, donando la vera Parola di Cristo. Lo Spirito che è in essi fa uscire dalla loro bocca la vera Parola di Cristo. La vera parola di Cristo è il solo vero veicolo attraverso cui lo Spirito di Dio dato a Cristo, da Cristo dato agli Apostoli, entra nei cuori e li spinge ad invocare il vero nome che dona salvezza che è quello di Gesù Signore. Così Gesù è il Datore dello Spirito e della Parola vera agli Apostoli, gli Apostoli sono nello Spirito datori della Parola vera, veicolo dello Spirito di Cristo. Con la Parola degli Apostoli lo Spirito di Cristo entra nei cuori ed essi vengono mossi perché invochino Cristo, il solo nome stabilito sotto il cielo perché si possa avere la vera salvezza. Cristo invocato dona la salvezza vera. Ma perché Cristo venga invocato occorre tutta l’opera degli Apostoli ricolmi di Spirito Santo che donano ai cuori la Parola vera di Cristo, la sola che porta il vero Cristo nei cuori perché nello Spirito Santo venga invocato. Senza la Parola degli Apostoli mai vi potrà essere vera salvezza.

Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro: Per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino agli estremi confini del mondo le loro parole.

Nessun uomo sulla terra speri di invocare il vero nome del Signore, che è quello di Cristo Gesù, il solo nome nel quale è stabilito che siamo salvati, se si sottrae all’ascolto della Parola degli Apostoli. Ma anche gli Apostoli devono sapere che nessuna vera salvezza potrà mai nascere sulla terra, se essi indicheranno agli uomini altre vie per essere salvati, saltando Cristo Signore e la sua Parola. Sarebbe questo non solo un tradimento contro Dio che ha stabilito Cristo Signore come unico e solo nome da invocare, ma anche tradimento contro l’uomo, dal momento che lo si priverebbe della sua vera salvezza. Come Cristo non si è sottratto alla sua missione e la visse fin sulla croce, così nessun apostolo di Gesù Signore, dovrà sottrarsi al mandato che Cristo gli ha affidato. Lui è suo inviato, suo ministro, suo vicario. La salvezza del mondo nasce dalla sua fedeltà a colui che lo ha mandato. Nessun apostolo infedele – ed è infedele chi tradisce il mandato – potrà mai generare salvezza nei cuori.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ministri fedeli di Gesù.