Commento teologico alla prima lettura – Marzo 2016
1 MARZO (Dn 3,25.34-43)
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
Daniele e i suoi compagni manifestano al re la volontà di disobbedire alla sua legge che imponeva a tutti i popoli del suo regno di adorare la statua da lui fatta erigere in Babilonia. Il loro Dio li avrebbe liberati dalla sua mano. Ma anche se non li avesse liberati, essi erano pronti di andare anche incontro la morte. Mai avrebbero adorato la sua statua. O l’adorazione della statua, o la morte. Essi devono scegliere.
Allora Nabucodònosor, sdegnato e adirato, comandò che gli si conducessero Sadrac, Mesac e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re. Nabucodònosor disse loro: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?». Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto». Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, i calzari, i copricapi e tutti i loro abiti, e gettati in mezzo alla fornace di fuoco ardente. Poiché l’ordine del re urgeva e la fornace era ben accesa, la fiamma del fuoco uccise coloro che vi avevano gettato Sadrac, Mesac e Abdènego. E questi tre, Sadrac, Mesac e Abdènego, caddero legati nella fornace di fuoco ardente. Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore (Dn 3,13-24).
Vengono gettati nella fornace ardente. Dio scende e avvolge i tre fanciulli con un vento di lieve frescura. Elevano al Signore una confessione di purissima fede, vero pentimento, autentica conversione, in nome e per conto di tutti i figli di Israele. Chiedono al loro Dio che questa sofferenza valga come vero sacrificio di espiazione per tutti i loro peccati, le loro disobbedienze, tutti i tradimenti dell’alleanza.
Azaria si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore.
Qual è il frutto della loro obbedienza a Dio? La conversione del cuore del re. Egli riconosce che il Dio di Israele è un Dio che veramente salva. È un Dio che dona vera vita. È un Dio che va adorato, rispettato e che nessuno dovrà offendere.
Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio. Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, sia fatto a pezzi e la sua casa sia ridotta a letamaio, poiché non c’è nessun altro dio che possa liberare allo stesso modo» (Dn 3,95-96).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di purissima fede.
2 MARZO (Dt 4,1.5-9)
le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli
Prima che il Re, il Sacerdote il Profeta, spetta al padre e alla madre trasmettere la fede nel Dio dell’Alleanza ai propri figli. È questa una missione non estrinseca, ma intrinseca alla loro paternità e maternità. La fede nel vero Dio non è un accidente, è vera sostanza del loro spirito e della loro anima. Loro non sono solo genitori di un corpo. Sono padri e madri di vita per il corpo, lo spirito, l’anima. Il corpo viene formato dal corpo, lo spirito dallo spirito, l’anima dall’anima. Questa formazione deve essere ininterrotta. I Libri Sapienziali, specie quello dei Proverbi e del Siracide, sono lo spirito e l’anima di padri e madri, persone piene di saggezza e di verità, che trasmettono saggezza e verità ai figli. La vera figliolanza è in questa triplice generazione.
Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Non cercare cose troppo difficili per te e non scrutare cose troppo grandi per te. Le cose che ti sono comandate, queste considera: non hai bisogno di quelle nascoste. Non affaticarti in opere superflue, ti è stato mostrato infatti più di quanto possa comprendere la mente umana. La presunzione ha fatto smarrire molti e le cattive illusioni hanno fuorviato i loro pensieri. Se non hai le pupille, tu manchi di luce; se ti manca la scienza, non dare consigli. Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male, chi ama il pericolo in esso si perderà. Un cuore ostinato sarà oppresso da affanni, il peccatore aggiungerà peccato a peccato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio. L’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati. Chi ricambia il bene provvede all’avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno (sir 3,17-31).
Se il Padre non trasmette la sua saggezza al figlio, del figlio ne farà un empio, un idolatra, un nemico dei suoi fratelli. Lascerà che viva da non vero uomo per tutti i suoi giorni, con il rischio anche della perdizione eterna. Ma se il padre e la madre sono essi senza saggezza, la potranno donare ai figli? Ecco che vi è presso il Signore un obbligo primario. Prima dei figli sono obbligati i genitori a crescere in ogni saggezza, ogni obbedienza, ogni osservanza dei comandamenti della Legge. Man mano che essi crescono, aiuteranno anche i loro figli a crescere. Ma se essi non crescono, neanche i loro figli cresceranno e saranno esposti per sempre alla stoltezza e all’empietà.
Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. I vostri occhi videro ciò che il Signore fece a Baal-Peor: come il Signore, tuo Dio, abbia sterminato in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor; ma voi che vi manteneste fedeli al Signore, vostro Dio, siete oggi tutti in vita. Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore, mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso. Ma bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli.
La vera fede nel Signore non discende dal cielo. Nasce dall’annunzio. Essa non viene infusa nel Battesimo, come spesso si annunzia e si insegna. Il Battesimo viene celebrato, amministrato nella fede, va chiesto nella fede. Prima viene l’annunzio, poi la fede, infine il battesimo. San Paolo lo dice con piena chiarezza. La fede è dall’ascolto.
Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo (Rm 10,13-17).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci datori di purissima fede.
3 MARZO (Ger 7,23-28)
Ma essi non ascoltarono
La verità che Geremia annunzia al popolo del Signore in Gerusalemme, dopo circa cinquecento anni la ricorda Stefano sempre al popolo del Signore, prima di essere lapidato, per aver ascoltato la Parola del Servo del Signore, Cristo Gesù.
Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì (At 7,51-60).
La stessa verità diviene la fede di Paolo alla sera della sua missione, non appena è giunto a Roma. Anche lui finalmente si convince che il suo popolo è sordo alla voce del suo Signore. Non vi sono profeti che possano convincerlo. Neanche Dio in persona, venuto nella carne, lo ha convinto. Anzi essi hanno ucciso lo stesso autore della vita.
E, avendo fissato con lui un giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio. Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano. Essendo in disaccordo fra di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri padri: Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì, ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca! Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!» (At 28,23-28)
Perché allora il Signore manda i suoi profeti, manda lo stesso suo unico Figlio, il Figlio manda i suoi Apostoli dopo la sua gloriosa risurrezione, se sa che esso è duro di orecchi. Dio è obbligato ad una Parola detta ad Abramo e questa Parola dura in eterno. Finché sole e luna staranno fissi nei cieli, così sarà la sua misericordia verso il suo popolo. Chi si perderà, sarà lui responsabile della sua morte. Mai si potrà accusare il Signore di infedeltà o inadempienza. Nessuno potrà mai dire: Muoio, mi danno perché il Signore è venuto meno alla sua fedeltà. Ha detto una Parola e non l’ha mantenuta.
Ma ordinai loro: “Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola; anzi, procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle. Da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto fino ad oggi, io vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti; ma non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervìce, divenendo peggiori dei loro padri. Dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Allora dirai loro: Questa è la nazione che non ascolta la voce del Signore, suo Dio, né accetta la correzione. La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca.
Il mistero della misericordia di Dio sempre si scontra con il mistero dell’iniquità. Dio però mai sarà condizionato dal mistero del rifiuto. Sempre la sua misericordia brillerà sul suo popolo e sull’umanità più che il sole, più che la luna, più che ogni altra luce. La stessa regola vale per la Chiesa. Lei deve sempre brillare per il dono della luce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci datori della luce di Cristo.
4 MARZO (Os 14,2-10)
Ritorneranno a sedersi alla mia ombra
L’uomo, che non è in Dio, che non vive nella legge del suo Dio, è persona che lavora per sradicare la speranza vera dal cuore dei suoi fratelli. È anche persona che crea speranze false, che mai si potranno realizzare. Dio invece anche nell’omicida Caino ha creato la speranza. Lo ha segnato perché lui vivesse e non venisse ucciso da nessuno.
Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regione di Nod, a oriente di Eden (Gen 4,8-16).
In questo si differenziano i veri profeti dai falsi. I falsi sono creatori di speranze false e tutte le parole degli uomini creano false speranze. I veri invece sono i fondatori in ogni cuore della vera speranza, che nasce solo dalla Parola di Dio accolta e trasformata in vita. Dove la Parola non è accolta, si costruisce la casa sulla sabbia. È una speranza effimera. Alla prima alluvione – e sempre le alluvioni verranno – essa crolla. Quello che sorprende nei profeti è un’altra verità. Non è l’uomo che vede la sua falsa speranza, la distruzione e la morte della sua vita e si rivolge al Signore chiedendogli di cambiare strada, direzione, via. È invece il Signore che vede il popolo che sta fabbricando la sua stessa morte e con premura e tenerezza di Padre, manda i suoi profeti per invitarlo alla conversione, a ritornare nella Parola, perché la morte possa trasformarsi in vita.
Torna dunque, Israele, al Signore, tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità. Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più “dio nostro” l’opera delle nostre mani, perché presso di te l’orfano trova misericordia». «Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò profondamente, poiché la mia ira si è allontanata da loro. Sarò come rugiada per Israele; fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, fioriranno come le vigne, saranno famosi come il vino del Libano. Che ho ancora in comune con gli idoli, o Èfraim? Io l’esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, il tuo frutto è opera mia». Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v’inciampano.
La profezia di Osea ci rivela tutta la grandezza del perdono del Signore. Il nostro Dio non solamente perdona il suo popolo che si pente, si converte, ritorna nell’alleanza. Lo ricolma di ogni bene. Dimentica a tal punto il peccato da considerarlo addirittura come non commesso. Al primo cenno di conversione e di pentimento Dio ritorna ad essere il loro Dio e Dio si presenta all’incontro con i suoi figli con tutta la potenza e la santità del suo amore, della sua misericordia, della sua benedizione.
Sempre il Signore ricorda al suo popolo e ad ogni uomo che la sua misericordia, il suo perdono, l’elargizione di ogni bene sono condizionati dall’ascolto della sua voce. Dio e voce, Dio e Parola, Dio e profezia sono una cosa sola. Dio è nella voce, nella Parola, nella profezia. Dio indica ad ogni uomo le sue vie. I giusti camminano in esse, mentre i malvagi c’inciampano e cadono. Quando questo accade, Dio non può elargire la sua misericordia del perdono e della riconciliazione e della benedizione. Elargirà però sempre la misericordia della Parola e dell’invio dei suoi profeti per chiamare ancora una volta il suo popolo al pentimento e alla conversione per amare la vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ascoltatori della Paola.
5 MARZO (Os 6,1-6)
Il vostro amore è come una nube del mattino
Il profeta, ogni profeta è un invito forte perché si ritorni al Signore. Perché si deve tornare al Signore? Perché la storia nella quale ci si trova non è per nulla di vita, ma di morte. È una storia nella quale il popolo non vive da popolo di Dio, l’uomo non vive da vero uomo, neanche la terra vive da vera terra e il cielo da vero cielo. Vi è uno stravolgimento universale, dal momento che ogni creatura, a causa dell’uomo, vive fuori del suo naturale fine. La terra che deve produrre vita, non produce alcun frutto. Il cielo che deve dare la sua benefica acqua, rimane chiuso per mesi e anni. L’uomo che dovrebbe produrre ogni frutto di bene, sa solo compiere il male. Il paese di Canaan, divenuto per opera di Dio un giardino, per l’opera del suo popolo è ora un deserto.
Questo male universale – ed è male perché ogni creatura a causa dell’uomo è uscita dalle regole della Provvidenza divina – non è vita. Se l’uomo vuole che tutto il creato ritorni ad essere vita per l’uomo, l’uomo deve ritornare ad essere vita per il suo Signore, dal suo Signore. Deve essere dalla sua Parola. Il profeta però non si fa alcuna illusione. Osea dice che l’amore del suo popolo per il Signore è come nube del mattino. Apparentemente dona speranza che la pioggia verrà. Invece al primo sorgere del sole essa scompare e la terra rimane ancora e sempre arida, senza poter far germogliare da essa alcun segno di vita. Manca al popolo del Signore quella stabilità nell’amore, nell’obbedienza, nella fedeltà, nell’impegno, nella costanza. È di Dio per un attimo. Questa verità è profetizzata dal Salmo. Il popolo è di Dio solo per un momento.
Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Chi può narrare le prodezze del Signore, far risuonare tutta la sua lode? Beati coloro che osservano il diritto e agiscono con giustizia in ogni tempo. Ricòrdati di me, Signore, per amore del tuo popolo, visitami con la tua salvezza, perché io veda il bene dei tuoi eletti, gioisca della gioia del tuo popolo, mi vanti della tua eredità. Abbiamo peccato con i nostri padri, delitti e malvagità abbiamo commesso. I nostri padri, in Egitto, non compresero le tue meraviglie, non si ricordarono della grandezza del tuo amore e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso. Ma Dio li salvò per il suo nome, per far conoscere la sua potenza. Minacciò il Mar Rosso e fu prosciugato, li fece camminare negli abissi come nel deserto. Li salvò dalla mano di chi li odiava, li riscattò dalla mano del nemico. L’acqua sommerse i loro avversari, non ne sopravvisse neppure uno. Allora credettero alle sue parole e cantarono la sua lode. Presto dimenticarono le sue opere, non ebbero fiducia nel suo progetto, arsero di desiderio nel deserto e tentarono Dio nella steppa. Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si prostrarono a una statua di metallo; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba. Dimenticarono Dio che li aveva salvati, che aveva operato in Egitto cose grandi, meraviglie nella terra di Cam, cose terribili presso il Mar Rosso (Cfr. Sal 106 (105) 1-48).
La storia dell’uomo è questa. Si converte per un attimo. Chiede perdono a Dio per un attimo. Ottiene la grazia, ma vive in essa per un attimo. Poi come se nulla fosse torna al suo peccato. L’uomo è questa spaventosa e terrificante fragilità. È questo il frutto più amaro del suo peccato: l’incostanza nel bene, la facilità di ricadere nel male.
“Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.
Dio non ama un culto di opere esterne, fatto di sacrifici senza numero. Lui vuole il cuore dell’uomo. Vuole un cuore che sia capace di obbedire alla sua Legge. Vuole un popolo che viva da vero popolo e vive da vero popolo quando ognuno ricopre di tutto l’amore di Dio gli altri suoi fratelli. Conoscere Dio è conoscere e amare la sua volontà.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perfetti nell’amore.
6 MARZO – IV Quaresima – (Gs 5,9a.10-12)
Gli Israeliti non ebbero più manna
La manna è stato il segno più grande dato da Dio al suo popolo. Attraverso di esso Egli si manifestava e si rivelava ogni giorno come vero Creatore e Signore. Creava questo cibo prodigioso perché il popolo si potesse nutrire e non morire nel deserto.
Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che avranno raccolto ogni altro giorno». La sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: “Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone che sono con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda”». Quando venne il sesto giorno essi raccolsero il doppio di quel pane, due omer a testa. Allora tutti i capi della comunità vennero a informare Mosè. Egli disse loro: «È appunto ciò che ha detto il Signore: “Domani è sabato, riposo assoluto consacrato al Signore. Ciò che avete da cuocere, cuocetelo; ciò che avete da bollire, bollitelo; quanto avanza, tenetelo in serbo fino a domani mattina”». Essi lo misero in serbo fino al mattino, come aveva ordinato Mosè, e non imputridì, né vi si trovarono vermi. Disse Mosè: «Mangiatelo oggi, perché è sabato in onore del Signore: oggi non ne troverete nella campagna. Sei giorni lo raccoglierete, ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà» (Cfr. Es 36,1-36).
Il Libro della Sapienza sulla manna rivela una verità che merita tutta la nostra meditazione e riflessione personale. Se tutti comprendessimo questa verità, la nostra vita troverebbe tanta pace. Sapremmo che è il Signore che dona il gusto e non il cibo che si prende e soprattutto potremmo essere dalla grande carità e elemosina.
Invece hai sfamato il tuo popolo con il cibo degli angeli, dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i figli, si adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno desiderava. La creazione infatti, obbedendo a te che l’hai fatta, si irrigidisce per punire gli ingiusti e si addolcisce a favore di quelli che confidano in te. Per questo anche allora, adattandosi a tutto, era al servizio del tuo dono che nutre tutti, secondo il desiderio di chi ti pregava, perché i tuoi figli, che hai amato, o Signore, imparassero che non le diverse specie di frutti nutrono l’uomo, ma la tua parola tiene in vita coloro che credono in te (Sap 16,20-26).
La manna che non scende più dal cielo è potente segno per i figli di Israele. Il Signore ha adempiuto la promessa fatta ad Abramo. Adesso ne deve realizzare un’altra ancora più poderosa e grande. Deve far spuntare la manna per il suo popolo dalla terra. Per questa nuova manna che durerà per tutto il tempo della storia, occorre l’obbedienza del suo popolo alla sua Parola. Sarà per la sua obbedienza e fedeltà che questo prodigioso nutrimento salirà dalla terra. Tutti i buoni frutti sono manna del Signore.
Allora il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.
Quando la terra non pioverà la manna, quando il suolo diventerà un deserto, Israele deve ricordarsi che lui è divenuto infedele. Non osserva la Parola del Signore. Deve subito convertirsi. Rientrare nella fedeltà se vuole gustare la buona manna dalla terra.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla grande fedeltà.
7 MARZO (Is 65,17-21)
Io creo nuovi cieli e nuova terra
Il nostro Dio è il Dio che sempre crea cose nuove per i suoi figli. La profezia di Isaia sui nuovi cieli e sulla nuova terra che il Signore si accinge a creare trova il suo perfetto compimento nell’altra grande profezia che è di San Giovanni Apostolo. È lui infatti che descrive la bellezza di questi cieli nuovi, terra nuova, Gerusalemme nuova, tempio nuovo. Tutto è nuovo nella futura creazione di Dio. Ma in essa vi è posto solo per i giusti, per quanti cioè hanno accolto la Parola dell’Agnello e lo hanno seguito.
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte».
Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Cfr. Ap 21,1-27).
La profezia di Isaia si riveste anche di una prospettiva storica. Il Signore ha nel cuore di fare cose nuove, anzi nuovissime per il suo popolo. Ha però bisogno della conversione, della fedeltà, del ritorno dei suoi figli nell’ascolto della sua Parola. Nella storia Dio può compiere ogni novità, ma solo se Israele ascolta la sua voce e segue i suoi insegnamenti. La vita nuova è dall’ascolto. Questa profezia rivela tutta la potenza di grazia, misericordia, pace, vita, che il Signore vuole investire per il più grande bene. Israele è disposto alla fedeltà, all’amore, all’obbedienza, nella vera conversione?
Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto.
Se tutti questi beni profetizzati non si realizzano nella storia, la responsabilità è solo dell’uomo. La sua disobbedienza allontana Dio dalla sua vita e lui nulla può fare per dare mano al compimento di tutto il bene profetizzato. Alla fine della storia invece Lui può realizzare ciò che vuole. Ormai le sorti di ogni uomo sono stabilite per l’eternità. I giusti entreranno nei suoi cieli nuovi e terra nuova, gli altri nello stagno di zolfo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci crescere nella giustizia.
8 MARZO (Ez 47,1-8.12)
Sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente
È Cristo Gesù il Nuovo Tempio di Dio. È dal suo costato squarciato sulla Croce che sgorga il fiume della vita. Questo fiume è lo Spirito Santo, da Lui promesso alla Samaritana e a tutti coloro che avrebbero creduto in Lui.
Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,6-14).
Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato (Gv 7,37-39). Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. (Gv 19,31-37).
Il compimento perfetto della profezia di Ezechiele avviene nei nuovi cieli e nella nuova terra. Il fiume scaturisce dal trono di Dio e dell’Agnello e dona vita eterna.
E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli (Ap 22,1-6).
La profezia di Ezechiele attesta non solo che l’acqua sgorga dal lato destro del nuovo tempio, ma anche che solo dove essa giunge comincia a rifiorire la vita.
Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Quell’uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva alla caviglia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l’acqua: mi giungeva ai fianchi. Ne misurò altri mille: era un torrente che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque navigabili, un torrente che non si poteva passare a guado. Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?». Poi mi fece ritornare sulla sponda del torrente; voltandomi, vidi che sulla sponda del torrente vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. i disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fiume di questo Fiume.
9 MARZO (Is 49,8-15)
Colui che ha misericordia di loro li guiderà
La misericordia di Dio è Cristo Gesù. È in Lui che si compie ogni profezia dell’Antico Testamento, ogni Parola di Dio. Cristo Signore, il solo Buon Pastore, il Pastore Bello delle pecore del Padre, guiderà il suo gregge sia sulla terra che nei pascoli eterni del Cielo. Dio non ha altra misericordia da offrire al di fuori del suo Figlio Unigenito che si fa carne, vero uomo e viene per ricolmarci di grazia e di verità. Questa verità è solennemente proclamata dal Vangelo secondo Giovanni e anche dall’Apocalisse.
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Cfr. Gv 10,1-30).
Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,16-17).
La profezia di Isaia, indipendentemente dai suoi frutti nella storia, ci pone dinanzi ad un assoluto divino. Dio non pone alcun limite nel pensare e nel volere il bene dell’uomo. La sua eterna saggezza, sapienza sempre gli suggerisce il bene più grande e la sua onnipotenza è sempre pronta per poterlo realizzare. Su questa verità ogni uomo può fondare la sua speranza. Mai il Creatore lo priverà del suo aiuto, della sua misericordia, di ogni altra cosa buona per la sua vita. Se poi la storia attesta il contrario, allora il difetto è da trovare sulla terra. Spesso si è carenti nella fede, a volte nell’obbedienza, sovente nella carità. Per Gesù il bene più grande per Lui passava dalla croce. La sua fede e la sua preghiera videro la croce come la via per il raggiungimento del bene più grande e Lui l’abbracciò volentieri, consegnandosi ad essa.
Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm». Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.
Dio è sempre pronto ad elargire ogni bene all’uomo. Il peccato scava un abisso che diviene per il Signore invalicabile. Non è Dio che abbandona l’uomo, ma è l’uomo che abbandona il suo Signore. Ma l’uomo cosa dice? Il Signore mi ha abbandonato. Il Signore si è dimenticato di me. Dio ci rassicura. Mai Lui si dimentica dell’uomo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni male.
10 MARZO (Es 32,7-14)
Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi
Ogni preghiera rivolta a Dio, produce i suoi frutti di perdono, consolazione, pace, conforto, misericordia, pietà, ascolto, se è fatta nella verità di Dio perché Lui manifesti tutta la potenza della sua verità. Noi diciamo che la misericordia di Dio è più grande di ogni peccato. Questa affermazione non corrisponde alla verità di Dio e quindi è falsa. Gesù dice che il peccato contro lo Spirito Santo non viene perdonato né in vita e né in morte. Chi lo commette è reo di dannazione eterna. Il Signore ci rivela che neanche la preghiera di Noè, Giobbe e Daniele potrebbero indurlo alla misericordia e al perdono.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, se una terra pecca contro di me e si rende infedele, io stendo la mano sopra di essa, le tolgo la riserva del pane, le mando contro la fame e stermino uomini e bestie; anche se in quella terra vivessero questi tre uomini: Noè, Daniele e Giobbe, essi con la loro giustizia salverebbero solo se stessi, oracolo del Signore Dio. Oppure, se io facessi invadere quella terra da bestie feroci, tali che la privassero dei suoi figli e ne facessero un deserto impercorribile a causa delle bestie feroci, anche se in quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com’è vero ch’io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero, ma la terra sarebbe un deserto. Oppure, se io mandassi la spada contro quella terra e dicessi: “Spada, percorri quella terra”, e così sterminassi uomini e bestie, anche se in quella terra ci fossero questi tre uomini, giuro com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero. Oppure, se io mandassi la peste contro quella terra e sfogassi nel sangue il mio sdegno e sterminassi uomini e bestie, anche se in quella terra ci fossero Noè, Daniele e Giobbe, giuro com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio: non salverebbero figli né figlie. Essi soltanto si salverebbero per la loro giustizia.
Perché allora la preghiera di Mosè viene ascoltata nonostante il popolo del Signore abbia commesso un così grave peccato di idolatria? Essa è ascoltata perché Mosè ricorda al Signore qual è la sua verità. Lui ha promesso ad Abramo che un giorno avrebbe ricondotto tutti i suoi figli nella terra di Canaan. Se ora lui distruggesse il suo popolo, sarebbe infedele alla sua Parola. Può Dio essere infedele? Può dire una Parola che poi non mantiene? Poiché la promessa è stata fatta unilateralmente, non è condizionata, Lui è obbligato per giustizia a perdonare e a introdurre il popolo nella terra, secondo la sua Parola data. La fedeltà di Dio è garanzia per l’intero universo.
Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Come Dio è obbligato per fedeltà ad introdurre nella terra di Canaan i figli di Abramo, così è obbligato anche a non introdurre quanti disattendono la sua alleanza nei suoi beni elargiti nel tempo ed anche nell’eternità. Dio deve essere fedele ad ogni giustizia ed è giustizia solo il compimento della sua Parola. Come è stato obbligato a lasciare che la morte colpisse Adamo e tutta la sua discendenza, a causa della Parola proferita, così per l’eternità è obbligato ad essere fedele ad ogni altra sua Parola. La preghiera dell’uomo sarà esaudita solo se rispetta la fedeltà di Dio. Mai Dio potrà essere infedele a se stesso perché vuole ascoltare una richiesta della sua creatura.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera preghiera.
11 MARZO (Sap 2,1a.12-22)
Condanniamolo a una morte infamante
L’empio o il malvagio, non solo sceglie il male come suo modo abituale di essere, facendo sì che il male divenga sua stessa natura. Non tollera in alcun modo che gli venga ricordato che lui è all’opposto, al contrario di ciò che dovrebbe essere. Lui è chiamato ad essere luce e invece è tenebra, misericordia ed è cattiveria, bontà ed è malvagità, vero adoratore del suo Dio ed è idolatra e fortemente immorale. Questa intolleranza non è solo per il ricordo, l’annunzio, il dono della Parola da parte del Signore che lo invita alla conversione, al pentimento, alla vera fede. Lui è intollerante alla sola vista del giusto. La sua presenza lo infastidisce. Non vuole che esista e per questo lo priva della stessa esistenza. Lo uccide. Gli toglie la vita.
Gesù è il giusto sofferente per eccellenza. Una verità va chiarita fin da subito. Lui non è stato vinto dal male, anche se il male avrebbe voluto annullarlo, alla morte lui si è consegnato volontariamente. Il mondo doveva conoscere tutto l’amore del suo cuore per il Padre. Lui non è stato catturato. Si è lasciato catturare. Lo dice lui stesso ai soldati e agli apostoli nell’Orto degli Ulivi. Aveva a sua disposizione dodici legioni di Angeli. Un solo Angelo basta per scompigliare e mettere in fuga tutti gli eserciti della terra. Questa verità va messa in grande luce. In Gesù ha trionfato sempre l’amore.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco” (Gv 14,27-31).
Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono (Mt 26, 47-56).
Il martirio del Giusto durerà sino alla creazione dei nuovi cieli e della terra nuova. Fino a quel giorno il Giusto sarà sempre perseguitato, torturato, condannato, ucciso.
Dicono fra loro sragionando: Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile
L’empietà rende ciechi. Si consuma una vita per l’inferno. Si Lavora per la perdizione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera giustizia.
12 MARZO (Ger 11,18-20)
Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore
Geremia, per la sua sofferenza, frutto della sua missione profetica, è vera figura di Gesù Signore, il Giusto, il Perseguitato, il Crocifisso per amore. Quando Dio chiama, sempre avvisa che l’odio del mondo si riverserà sul chiamato. Geremia è stato informato della persecuzione che si sarebbe abbattuta su di lui fin dal primo istante della sua vocazione. Il Signore mai inganna i suoi messaggeri. Essi sanno a cosa vanno incontro. Vi è una grande sofferenza che li attende e che essi dovranno subire.
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare». Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Cfr. Ger 1,1-19).
Per Gesù Signore vi è tutta la profezia del Canto del Servo Sofferente e tutti i Salmi che narrano gli indicibili dolori del Giusto Perseguitato. Anche Gesù, chiamando e mandando i suoi discepoli nel mondo, ha rivelato loro le sofferenze che li attendono.
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione (Gv 15,18-25).
Questa legge della persecuzione, che è legge della carne, della natura di peccato dell’uomo, vale per ogni discepolo di Gesù. Si vuole abbattere il Vangelo, lo si vuole togliere dai cuori, dalle menti, e per questo non solo si abbatte l’albero che lo annunzia, lo predica, lo ricorda con la parola, ma anche quanti lo mostrano trasformato in loro vita. Per il mondo dell’iniquità la sola vista del giusto diviene impossibile da sopportare. Il giusto va eliminato. Lo si deve sradicare dal mondo dei viventi. Lo si deve far scendere nella fossa. Così Lui non ricorderà più la Parola della verità e della luce.
Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa.
Geremia è ancora persona che vive nell’Antico Testamento. Chiede vendetta per i suoi persecutori, per quanti gli fanno del male. Invece Gesù chiede ai suoi discepoli perseguitati, odiati, crocifissi, martorizzati di amare i loro nemici e di pregare per i loro persecutori. Lui stesso mentre era appeso al legno della Croce chiese al Padre di perdonare i suoi carnefici perché non sapevano cosa stavano facendo. Siamo nella Nuova Economia della Salvezza fondata interamente sul perdono e la riconciliazione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il vero perdono.
13 MARZO – V Quaresima – (Is 43,16-21)
Non ricordate più le cose passate
L’Esodo è un momento fondante di tutta la fede di Israele nel Dio vivo e vero, nel Dio Onnipotente alla cui obbedienza è sottoposta tutta la creazione, in ogni suo elemento, dal più piccolo al più grande, visibile e invisibile, del cielo, della terra, degli inferi.
Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri». L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra (es 14,15-29).
Dio però non è solo in questa fede, in queste opere, in questa storia. Ciò che Lui si prepara a realizzare va infinitamente oltre il già visto e anche l’umanamente pensabile. Lui è il Dio che vince la morte vivendo la morte. Sconfigge il male assumendolo tutto su di sé. Lui è il Dio che si sottomette al potere del male, rimanendo nella perfetta verità e giustizia, per togliere il peccato del mondo. Di Dio ancora il suo popolo nulla conosce.
Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi.
Nella liberazione dall’Egitto Dio si è mostrato grande oltre misura, sottomettendo alla sua volontà tutta la creazione. Nella liberazione dalla schiavitù di Babilonia il Signore agisce nell’invisibilità. Neanche si vede la sua presenza. Lui muove un cuore, suscita una volontà nuova e il suo popolo viene invitato a lasciare la terra del suo martirio. Prima aveva trasformato il mare in un deserto, ora trasforma il deserto in una distesa d’acqua perché i suoi figli non soffrano la sete. Il passato mai dovrà essere il metro, la misura per la conoscenza del nostro Dio e per la fondazione della fede in Lui. Vi è un futuro che incombe e questo futuro è sempre nuovo. La fede vive se alle verità del passato aggiunge una visione sempre nuova del nostro Dio. E in verità sempre il Signore viene per operare cose nuove. Rinnovando la fede, anche i pensieri vanno rinnovati. Pensare con i pensieri di ieri è segno che la fede non si è aggiornata. Siamo con un Dio vecchio e non con il vero Dio. Al Dio di ieri sempre occorre il Dio di oggi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aggiornate la nostra fede.
14 MARZO (Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62)
Meglio per me cadere innocente nelle vostre mani
La casta Susanna è figura di Cristo Gesù. Anche Gesù dinanzi alla scelta del tradimento del Padre per conservare la vita del suo corpo, si pose interamente nelle mani di Dio. Si consegnò a Lui. A Lui si affidò con tutto il suo essere.
Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,7-10). Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio (Eb 12,1-2).
Vi è però una grande differenza tra la liberazione operata da Dio in Susanna e quella compiuta in Cristo Gesù. Susanna fu liberata dalla morte dopo essere stata condannata a morte. In qualche modo Susanna è come Isacco. Fu provata fino alla morte, ma fu liberata dal patibolo. Gesù invece si affidò al Padre e fu liberato nella morte. Subì tutta la sofferenza della croce. Fu posto nel sepolcro. Fu sciolto dai legami della morte con la sua gloriosa risurrezione. Il Padre manifesta in Lui tutta la sua onnipotenza di luce, gloria, salvezza, liberazione, esaltazione, glorificazione.
Abitava a Babilonia un uomo chiamato Ioakìm, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkia, di rara bellezza e timorata di Dio. I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè. Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa, ed essendo stimato più di ogni altro, i Giudei andavano da lui. In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani; erano di quelli di cui il Signore ha detto: «L’iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo». I due anziani, che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei: persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.
Mentre aspettavano l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo. Non c’era nessun altro al di fuori dei due anziani, nascosti a spiarla. Susanna disse alle ancelle: «Portatemi l’unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno». Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero: «Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e concediti a noi. In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle». Susanna, piangendo, esclamò: «Sono in difficoltà da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani. Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!».
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!». Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che cosa vuoi dire con queste tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, o figli d’Israele? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare né appurare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei». Allora tutta l’assemblea proruppe in grida di gioia e benedisse Dio, che salva coloro che sperano in lui. Poi, insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di avere deposto il falso, fece loro subire la medesima pena che avevano tramato contro il prossimo e, applicando la legge di Mosè, li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.
Quando ci si affida a Dio e a Lui sempre ci si deve consegnare, rimanendo nella più grande giustizia, noi non conosciamo attraverso quali vie il Signore verrà a liberarci. Le vie appartengono al mistero della sua eterna sapienza. Sappiamo però che sempre il Signore libera i suoi amici. Le vie le sceglie secondo il nostro più grande bene.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di purissima, vera fede.
15 MARZO (Num 21,4-9)
Supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti
Gesù vede se stesso e si annunzia a Nicodemo come il vero serpente di bronzo che dovrà essere innalzato in mezzo all’accampamento del mondo, perché esso abbia la vita nel suo nome. Si guarda Lui con fede, si riceve la vita eterna. Non si guarda Lui secondo purezza di giustizia, si rimane nella morte eterna, perché nella morte si è già.
In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,11-21).
Ma qual è la differenza sostanziale tra il serpente di bronzo innalzato nel deserto e Cristo Signore, serpente di carne, serpente divino ed umano insieme, innalzato nell’accampamento del mondo? Il serpente di bronzo era segno di fede. La fede però non era nel serpente, ma nella Parola del Signore. Il popolo aveva mormorato contro la Parola del Signore. Dio lo educa ad obbedire ad essa. Chi ascolta la Parola vive. Chi non l’ascolta muore. Per chi guarda il serpente il veleno è innocuo. Per chi non lo guarda esso è letale. Guarisce la fede nella Parola, non il serpente.
Con Cristo Gesù tutto è diverso. Chi salva è Cristo. Cristo è il sacramento della nostra salvezza. Lui è il dono del Padre, dono di misericordia, pietà, compassione, verità, grazia, giustificazione, redenzione, salvezza eterna. Lui però non è solo serpente divino e umano che si deve guardare. Da Lui viene la vera Parola di Dio. Lui si deve ascoltare. Da Lui nasce la vera grazia della salvezza. Lui si deve mangiare. Da Lui sgorga lo Spirito Santo. Di Lui ci si deve dissetare. Lui è il nuovo tempio di Dio. Del suo corpo si deve essere parte. Si deve divenire in Lui veri serpenti di salvezza. Anche il suo discepolo, in Lui, deve essere innalzato, perché il mondo creda e viva.
Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.
Con Cristo si passa dal segno al sacramento, dalla figura alla realtà, dal bronzo al Dio incarnato. In fondo il nostro serpente da guardare è Dio stesso, è il Dio incarnato che si è lasciato crocifiggere per la nostra redenzione eterna. Al cristiano è chiesto di andare oltre lo sguardo di fede. In Cristo, ogni suo discepolo, divenendo con Lui un solo corpo, una sola vita, deve lasciarsi innalzare perché il mondo veda e creda. Il cristiano perennemente deve essere innalzato sulla croce della più pura obbedienza al suo Dio. È lui nella storia il Crocifisso vivente, il nuovo Serpente di carne, dal quale nasce la vita per il mondo. Se il cristiano scende dalla croce, nessuna salvezza si compie.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri serpenti di salvezza.
16 MARZO (Dn 3,14-20.91-92.95)
Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego
Ogni uomo, per la sua obbedienza ad ogni Parola del suo Dio, deve essere riconosciuto come via perché ogni altro giunga alla vera fede nel Dio vivo e vero. La fede deve nascere dall’opera che il suo Dio ha compiuto in lui, opera che l’altro vede e confessa come vera opera di Dio. San Paolo possiede una fede fondata sul Dio di ieri, Dio del passato, che si è manifestato nel suo popolo. Conosce Cristo Signore, la sua confessione di fede nel Dio dei padri cambia radicalmente. Dio è come se fosse divenuto un altro Dio. L’opera da Lui compiuta in Cristo manifesta la sua verità.
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria (Ef 1,3-14).
Nabucodònosor adora una moltitudine di dèi inetti, incapaci di qualsiasi cosa. Vede il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, che è capace di liberare dalla fiamma e di dare vita ai suoi adoratori in una fornace ardente e confessa che il loro Dio, e nessun altro, dovrà essere adorato. Dall’opera attuale di Dio nei suoi fedeli nasce una nuova fede nel re, nasce la vera fede nel Dio che libera i suoi fedeli dalla morte.
Nabucodònosor disse loro: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?». Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; 17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto».
Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio.
Ma il Dio di Daniele, il Dio di Gesù Cristo, è anche il Dio dei discepoli di Gesù. Per quali opere compiute nel cristiano oggi il Signore viene riconosciuto come il vero Signore da adorare? “Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Pare vostro celeste”. Le opere che fanno confessare Dio nascono tutte dalla nostra purissima obbedienza alla Parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera via della fede.
17 MARZO (Gen 17,3-9)
Da parte tua devi osservare la mia alleanza
La circoncisione faceva di un non figlio di Abramo un suo figlio e lo costituiva erede della promessa. Anche gli stranieri potevano divenire popolo del Signore, ma solo sottoponendosi al rito della circoncisione. Tutti i figli maschi del popolo del Signore venivano circoncisi otto giorni dopo la nascita. Era questa una legge perenne.
Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a suo padre Camor e parlarono con inganno, poiché quegli aveva disonorato la loro sorella Dina. Dissero loro: «Non possiamo fare questo, dare la nostra sorella a un uomo non circonciso, perché ciò sarebbe un disonore per noi. Acconsentiremo alla vostra richiesta solo a questa condizione: diventare come noi, circoncidendo ogni vostro maschio. In tal caso noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre, abiteremo con voi e diventeremo un solo popolo. Ma se voi non ci ascoltate a proposito della nostra circoncisione, prenderemo la nostra ragazza e ce ne andremo». Le loro parole piacquero a Camor e a Sichem, figlio di Camor. Il giovane non indugiò a eseguire la cosa, perché amava la figlia di Giacobbe; d’altra parte era il più onorato di tutto il casato di suo padre. (Cfr. Gen 34,1-31).
Prima di iniziare la sua missione, servendosi di un evento prodigioso, ma anche misterioso, il Signore ispira la moglie di Mosè a circoncidere il figlio.
Mentre era in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore lo affrontò e cercò di farlo morire. Allora Sipporà prese una selce tagliente, recise il prepuzio al figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». Allora il Signore si ritirò da lui. Ella aveva detto «sposo di sangue» a motivo della circoncisione (Es 4,24-26).
Per tutto il periodo del deserto, essa non venne praticata. Appena giunti nella terra di Canaan, il Signore ordina la circoncisione di tutti i maschi non ancora circoncisi.
In quel tempo il Signore disse a Giosuè: «Fatti coltelli di selce e fa’ una nuova circoncisione agli Israeliti». Giosuè si fece coltelli di selce e circoncise gli Israeliti al colle dei Prepuzi. La ragione di questa circoncisione praticata da Giosuè è la seguente: tutto il popolo uscito dall’Egitto, i maschi, tutti gli uomini atti alla guerra, erano morti nel deserto dopo l’uscita dall’Egitto. Tutti coloro che erano usciti erano circoncisi, mentre tutti coloro che erano nati nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto, non erano circoncisi. Quando si terminò di circoncidere tutti, rimasero a riposo nell’accampamento fino al loro ristabilimento. Allora il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Quel luogo si chiama Gàlgala fino ad oggi (Gs 5,2-9).
La circoncisione sempre dal popolo del Signore è stata vista come una disposizione, un ordine divino, dato dal Signore ad Abramo, prima ancora che nascesse Isacco.
Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione.
Geremia ci dice che il Signore non vuole la circoncisione della carne, ma quella del cuore. Senza la circoncisione del cuore, mai si potrà essere graditi al Signore.
Infatti così dice il Signore agli uomini di Giuda e a Gerusalemme: Dissodatevi un terreno e non seminate fra le spine. Circoncidetevi per il Signore, circoncidete il vostro cuore, uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme, perché la mia ira non divampi come fuoco e non bruci senza che alcuno la possa spegnere, a causa delle vostre azioni perverse (Ger 4,3-4).
Con la venuta di Gesù Signore, si diviene nuovo popolo di Dio con il Battesimo. Ma neanche il battesimo basta per essere salvati. Urge sempre la conversione del cuore e le opere secondo lo Spirito. Le opere secondo la carne non appartengono a Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci puri di cuore.
18 MARZO (Ger 20,10-13)
Sarà una vergogna eterna e incancellabile
Geremia è mandato dal Signore a predicare nel tempio di Gerusalemme. Deve annunziare loro che la salvezza viene dalla conversione, dal loro ritorno nella fedeltà alla Legge dell’Alleanza. Giuda e Gerusalemme potranno allearsi con tutte le più forti nazioni della terra, ma ugualmente saranno distrutte, perché la salvezza viene dal Signore. Pascur, il sovrintendente-capo del tempio, ordina di fustigare il profeta e di gettarlo nella prigione. È questo per il profeta un momento di grande sofferenza.
Pascur, figlio di Immer, sacerdote e sovrintendente-capo del tempio del Signore, udì Geremia profetizzare queste cose. Pascur ordinò di fustigare il profeta Geremia e quindi lo fece mettere ai ceppi nella prigione che si trovava presso la porta superiore di Beniamino, nel tempio del Signore. Il giorno dopo, quando Pascur lo fece liberare dai ceppi, Geremia gli disse: «Il Signore non ti chiama più Pascur, ma Terrore all’intorno. Perché così dice il Signore: Ecco, io darò in preda al terrore te e tutti i tuoi cari; essi cadranno per la spada dei loro nemici davanti ai tuoi occhi. Consegnerò tutti gli abitanti di Giuda in mano al re di Babilonia, il quale li deporterà e li ucciderà di spada. Consegnerò tutte le ricchezze di questa città e i suoi prodotti, tutti gli oggetti preziosi e i tesori dei re di Giuda in mano ai loro nemici, i quali li saccheggeranno e li prenderanno e li porteranno a Babilonia. Tu, Pascur, e tutti quelli della tua casa andrete in schiavitù; andrai a Babilonia, là morirai e là sarai sepolto, tu e tutti i tuoi cari, ai quali hai profetizzato tante menzogne».
La reazione del profeta è un forte desiderio di abbandono, di ritiro. A che serve profetizzare se poi il popolo non solo rimane sordo, ma anche si scaglia contro di lui? Vorrebbe, ma non può. La Parola è un lui più che fuoco. Deve uscire dalla sua bocca .
Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo (Ger 20,1-9).
Il profeta manifesta questa sua sofferenza al Signore chiedendogli di affrettare la sua vendetta contro Pascur. Dio deve difendere la sua causa. Deve intervenire.
Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.
Geremia è figura di Cristo nella sofferenza, non lo è però nel cuore, nei desideri, nella volontà, nella preghiera. Il profeta è persona dell’Antico Testamento e pensa da uomo dell’Antica Alleanza. Chiede a Dio giustizia, vendetta, una vergogna eterna e incancellabile per i suoi persecutori. Gesù invece non chiede giustizia, non desidera alcuna vendetta. Lui vuole solo che i suoi persecutori si convertano e vivano. Lui è allineato sul pensiero del padre suo, il quale non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Questo insegnamento di Cristo Signore è anche per ogni suo discepolo. Anche il discepolo è chiamato ad imitare il Maestro. Anche lui deve pregare per i suoi nemici e pregare per i suoi persecutori perché si convertano e vivano. Il Nuovo Testamento è distante un abisso come mentalità di fede, speranza, carità, preghiera, profezia, missione di salvezza. Nella Nuova Alleanza ad ogni suo figlio è chiesto di offrire la vita per la conversione dei cuori. L’offerta non è fatta per amici e parenti, ma per il mondo intero, per ogni nemico e ogni persecutore, per chi crede e chi non crede, per chi ama e chi non ama. L’olocausto è per la redenzione del mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri discepoli di Gesù.
19 MARZO (2Sam 7,4-5a.12.14.16)
Io susciterò un tuo discendente dopo di te
La storia è distruttrice di ogni Parola di Dio, ogni promessa del Signore, ogni suo oracolo. Essa ad ogni costo vuole attestare che la Parola vale niente. Ma Dio si rivela a Geremia come Colui che veglia perché ogni sua Parola giunga a compimento.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla» (Ger 1,11-12).
Se il Signore non avesse vigilato sulla discendenza di Davide, essa sarebbe stata distrutta, annientata. La promessa sarebbe caduta a vuoto. Ma il Signore vigila e per vie misteriose mantiene a Davide sempre una fiammella.
Atalia, madre di Acazia, visto che era morto suo figlio, si accinse a sterminare tutta la discendenza regale. Ma Ioseba, figlia del re Ioram e sorella di Acazia, prese Ioas, figlio di Acazia, sottraendolo ai figli del re destinati alla morte, e lo portò assieme alla sua nutrice nella camera dei letti; lo nascose così ad Atalia ed egli non fu messo a morte. Rimase nascosto presso di lei nel tempio del Signore per sei anni; intanto Atalia regnava sul paese.
Il settimo anno Ioiadà mandò a chiamare i comandanti delle centinaia dei Carii e delle guardie e li fece venire presso di sé nel tempio del Signore. Egli concluse con loro un’alleanza, facendoli giurare nel tempio del Signore; quindi mostrò loro il figlio del re. Diede loro le seguenti disposizioni: «Questo è ciò che dovrete fare: la terza parte di voi che inizia il servizio di sabato per fare la guardia alla reggia, il terzo alla porta di Sur e il terzo alla porta dietro i cursori, farete insieme la guardia al tempio, mentre gli altri due gruppi di voi, tutti quelli che lasciano il servizio di sabato, faranno la guardia nel tempio al re. Circonderete il re, ognuno con l’arma in pugno, e chi tenta di penetrare nello schieramento sia messo a morte. Sarete con il re in tutti i suoi movimenti». I comandanti delle centinaia fecero quanto aveva disposto il sacerdote Ioiadà. Ognuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio il sabato e quelli che smontavano il sabato, e andarono dal sacerdote Ioiadà. Il sacerdote consegnò ai comandanti di centinaia lance e scudi, già appartenenti al re Davide, che erano nel tempio del Signore. Le guardie, ognuno con l’arma in pugno, si disposero dall’angolo destro del tempio fino all’angolo sinistro, lungo l’altare e l’edificio, in modo da circondare il re. Allora Ioiadà fece uscire il figlio del re e gli consegnò il diadema e il mandato; lo proclamarono re e lo unsero. Gli astanti batterono le mani e acclamarono: «Viva il re!» (2Re 11,1-12).
La salvezza di Ioas è vero miracolo operato dal Signore. Se Lui non avesse vigilato, la dinastia si sarebbe estinta e la promessa mai avrebbe potuto realizzarsi. Dio vigila e ogni sua Parola giunge a compimento, a suo tempo. Lui dice e anche attua.
Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: 5«Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».
Questa profezia sarà sempre confermata dal Signore nella storia con l’aggiunta di nuovi particolari. Il più grande “aggiornatore” di questa profezia è Isaia. Attraverso di Lui, il Signore ci ha rivelato ogni particolare della vita del suo Messia. La luce più grande data dal profeta è il Canto del Servo Sofferente. Il Messia non ci salva per imprese straordinarie da Lui compiute, ma perché è capace di prendere su di sé, per espiarle in vece nostra, tutti i peccati e tutte le trasgressioni degli uomini da Adamo fino all’ultimo uomo che viene sulla terra. Dalla creazione del genere umano fino alla sua estinzione sulla terra – e questo avverrà il giorno della fondazione dei nuovi cieli e della nuova terra – il Messia di Dio prende tutti i peccati e li espia al nostro posto. Lui muore, ma anche risorge, diviene immortale, glorioso, incorruttibile, spirituale anche nel suo corpo ed è re eterno del regno del Padre suo. La profezia riceve il suo perfettissimo compimento. Solo in Cristo essa riceve piena verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri figli del Regno.
20 MARZO – Domenica delle Palme – (Is 50,4-7)
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori
I Salmi parlano di un Giusto sofferente, soffocato, ucciso dal dolore, al quale però il Signore dona una vita nuova. I Salmi però da soli sono carichi di mistero. Dicono, ma non parlano, annunziano, ma non spiegano, rivelano, ma la verità rimane nascosta.
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido! Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me. Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d’Israele. In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti; a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi. Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente. Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere, a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio. Non stare lontano da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti. Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tori di Basan. Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce. Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere. Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato, mi deponi su polvere di morte.
Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Essi stanno a guardare e mi osservano: si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l’unico mio bene. Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali. Tu mi hai risposto! Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele; perché egli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto. Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre! Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli. Perché del Signore è il regno: è lui che domina sui popoli! A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere; ma io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!» (Sal 22 (21) 1-32).
Per comprendere bene i Salmi che parlano della sofferenza del Giusto, occorre servirsi della profezia di Isaia. Essa ci rivela che il Giusto sofferente è il Messia di Dio. Ci svela anche la purissima verità dei suoi dolori. Essi sono offerti a Dio in espiazione dei peccati del mondo. Sono dolori e sofferenze assunti volontariamente, per amore.
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
Leggendo i Salmi, qualcuno potrebbe pensare che il Giusto non voglia la sofferenza. La vive, ma non è stata scelta da Lui. Con le profezie di Isaia questo pensiero svanisce. Appare tutta la grandezza dell’amore del Servo per l’uomo. Lui si offre volontariamente agli insulti, agli sputi, ad una indicibile sofferenza per amore dei suoi fratelli. Lui solo può riscattarli, il Padre glielo chiede, e Lui mette tutto il suo amore. Offre il suo corpo in olocausto al Padre perché ogni peccato venga tolto ed ogni colpa espiata. La redenzione di Cristo è perfetta. Quando un uomo si lascia battezzare in Lui, nascendo da acqua e da Spirito Santo, il battezzato uscito dalle acque è innocentissimo. È senza colpa e senza alcuna pena da scontare. Dovrà lasciarsi perdonare i peccati commessi dopo il battesimo ed espiare le pene contratte con essi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci carità di vera salvezza.
21 MARZO (Is 42,1-7)
Ho posto il mio spirito su di lui
Il Messia di Dio, il Virgulto che spunta dalla radice di Iesse, ha ricevuto lo Spirito del Signore, dal Signore direttamente, nella pienezza della sua potenza di grazia e di verità. Lo Spirito che “guida” Dio e lo stesso Spirito che “guida” il suo Messia. Come lo Spirito che “guida” Dio è in Dio, così lo Spirito che guida il Messia è nel Messia, in Lui.
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare (Is 11,1-9).
Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore (Is 61,1-2).
Come il Signore “guidato” dal suo Santo Spirito ha portato a compimento, nella maniera più buona tutta l’opera della creazione, così il Messia porterà a compimento, “guidato” dallo Spirito di Dio tutta l’opera della redenzione, giustificazione, santificazione dell’uomo. Nulla lascerà incompiuto. Realizzerà ogni Parola, ogni Profezia, ogni Oracolo di Dio che annunzia la creazione della nuova umanità. Il Messia e lo Spirito del Signore opereranno in perfetta sinergia, comunione. Lo Spirito comanderà e il Messia obbedirà. Lo Spirito suggerirà, ispirerà e il Messia eseguirà. Non vi sarà alcuna disobbedienza, alcun ritardo tra il comando e la sua esecuzione. Neanche vi sarà alcuna discrepanza tra l’opera comandata dallo Spirito e quella realizzata dal Messia. Come è avvenuto nell’opera della creazione così si è compiuto in quella della redenzione. Dio ha visto quanto operato dal suo Messia. Tutto era perfettissimo. Ogni suo desiderio era stato realizzato. Tutto è stato compiuto.
Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
Il Messia del Signore ha affidato il proseguimento della sua missione ad ogni suo discepolo. Come il Padre ha dato a Lui lo Spirito Santo, così il Messia lo ha donato ad ogni suo discepolo. A lui è chiesta la stessa obbedienza allo Spirito vissuta dal suo Maestro. È anche chiesta la stessa perfezione nell’opera da realizzare. Lui dovrà sempre guardare il suo Modello, che è Gesù, perché possa operare conformemente a Lui, senza nulla tralasciare. Perfetto è il Padre “guidato” dallo Spirito, perfetto è il Messia “guidato” dallo Spirito, perfetto dovrà essere il discepolo “guidato” dallo Spirito. Opera e obbedienza saranno perfette, se sarà sempre lo Spirito a “guidarlo”.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti allo Spirito.
22 MARZO (Is 49,1-6)
Io ti renderò luce delle nazioni
È giusto che ci si chieda: perché è necessario che il Messia del Signore sia luce delle nazioni? La risposta è nella verità di Dio e dei suoi doni. Partiamo dalla promessa che il Signore ha fatto ad Abramo e chiediamoci: qual è la via per la sua realizzazione?
Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,9-18).
La benedizione che il Padre dona, non la dona fuori di Cristo, la dona in Cristo, con Cristo, per Cristo. La benedizione, la vita, la salvezza è Cristo ed è in Cristo che essa si attinge. Cristo Gesù è luce che deve illuminare il suo popolo ed è anche luce che deve illuminare le genti. È luce che deve invitare ogni uomo, sia i figli di Abramo che ogni altro non figlio di Abramo, ma sempre figlio di Adamo, che se vogliono essere salvati devono accogliere il loro Salvatore per divenire con Lui una sola vita, secondo lo stile e il modello di obbedienza al Padre che Lui ci ha lasciato. Per questo motivo ogni uomo dovrà essere illuminato dalla sua luce, trasformato dalla sua grazia, condotto e guidato dal suo Santo Spirito, immerso nella sua Parola, trasformato nella sua verità. Chi dovrà illuminare ogni uomo è il Messia di Dio. Il Messia lo fa per tutto il tempo della storia attraverso il suo Corpo che è la Chiesa. Se la Chiesa non illumina tutte le nazioni, non adempie la profezia, non permette al mondo di essere trasformato dalla benedizione, dalla grazia, dalla verità del suo Redentore e Salvatore.
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Indipendentemente se le nazioni accolgano o meno la luce, il Messia per volontà del Padre è obbligato ad illuminarle. Il Messia, terminata la sua missione personale visibile, ha dato mandato ai suoi discepoli, inviandoli presso ogni uomo. La missione della luce non è facoltativa. Essa è obbligatoria. È l’essenza del Messia. Dovrà essere anche l’essenza del suo corpo. Il Messia è missionario. La Chiesa è missionaria per natura.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.
23 MARZO (Is 50,4-9a)
Chi mi dichiarerà colpevole?
L’innocenza di Gesù non solo è profezia, verità annunziata molti secoli prima della sua venuta nel mondo. Essa è anche attestata dalla storia. Innocente si dichiara Gesù dinanzi ai Giudei, i quali lo accusavano di essere un indemoniato.
Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno» (Gv 8,42-50).
Il Sinedrio che giudica Gesù non emette, secondo il Vangelo di Giovanni, alcun giudizio di colpevolezza, nonostante i molti falsi testimoni convocati. Ma anche Pilato, dopo aver interrogato Gesù, emette un giudizio di innocenza. Gesù è uomo giusto.
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante (Gv 18,33-40).
Lo stesso Gesù dice nel Cenacolo ai suoi discepoli che tutto l’odio del mondo si è riversato su di Lui. È però un odio senza alcuna ragione. Non vi sono motivi.
Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione (Gv 15,22-25).
La profezia attesta che il Servo del Signore volontariamente si offre. Il Giudei lo prendono e Lui si lascia prendere. Lo consegnano a Pilato e Lui si lascia consegnare. Pilato lo condanna a morte per crocifissione e Lui si lascia crocifiggere.
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?
Il Messia di Dio, Cristo Gesù, si consegna alla sofferenza sapendo di non restare deluso. Il Signore sarebbe intervenuto e al momento opportuno lo avrebbe liberato. Gesù non fu liberato dalla morte, ma nella morte, nel sepolcro. Dio lo ha risuscitato.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero amore in Gesù.
24 MARZO (Es 12,1-8.11-14)
Io vedrò il sangue e passerò oltre
Tra l’Antica e la Nuova Pasqua regna una differenza eterna, divina. Tra le due Pasque non vi è alcun punto di incontro. Quell’Antica è solo figura. La realtà è quella Nuova. nella quale è Gesù il vero Agnello. Si mangia la sua carne per compiere il viaggio verso la Nuova Terra Promessa. Si beve il suo sangue per essere liberati dalla morte del peccato e della trasgressione. Si mangia Cristo per vivere per Cristo. Gesù, vero Agnello, si immola sull’altare della croce, facendosi vittima di espiazione. La Nuova Pasqua è Cristo. È Lui l’Agnello che ci dona vita, che ci conserva in vita, che ci fa camminare verso la vita eterna. Senza di Lui, si rimane nel peccato e nella morte.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,48-58).
Mentre la Pasqua Antica si celebrava una sola volta nell’anno, la Nuova Pasqua viene celebrata in ogni Santa Messa, più volte al giorno, in ogni angolo del mondo, dove vi è un ministro di Cristo Gesù, frutto della successione apostolica. Dove non vi è Vescovo di successione apostolica o un presbitero da lui consacrato, non vi è alcuna celebrazione della Nuova Pasqua. Vi possono essere celebrazioni simboliche, ma non reali, perché Cristo Gesù non è immolato e neanche è dato perché venga mangiato nella sua carne e bevuto nel suo sangue vero, reale, sostanziale. Dove la Pasqua Nuova non si celebra e non si vive, l’uomo rimane nella sua vecchia natura e nella schiavitù del suo peccato. Non vi è liberazione e neanche cammino in novità di vita.
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare.
Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne.
Quello di Cristo Signore è il vero sangue dell’alleanza nuova. Attraverso di esso, bevendolo, la vita di Dio diviene nostra vita. Una sola vita: quella di Dio in noi. Con Dio che vive tutto in noi, possiamo manifestare al mondo che veramente Cristo Gesù ci ha liberato dalle catene della colpa antica e che noi possiamo camminare verso il definitivo possesso della vita eterna, essendo già vita eterna di Dio, dataci attraverso la carne di Cristo, tutta contenuta nel sacramento dell’Altare. È il mistero della fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di vita eterna.
25 MARZO (Is 52,13-53,12)
Egli è stato trafitto per le nostre colpe
Il Canto del Servo Sofferente possiamo definirlo come l’apice, il sommo, il punto più alto della rivelazione veterotestamentaria. Come il Prologo del Vangelo secondo Giovanni ci permette di collocare ogni profezia di Dio, sia del Vecchio Testamento che del Nuovo, nella pienezza della verità, così dicasi per questo Canto di Isaia. Esso ci offre la verità con la quale leggere tutte le altre verità sia del Nuovo che dell’Antico testamento sul Messia del Signore. Insieme Prologo e Canto di Isaia sono necessari l’uno all’altro. Il Canto di Isaia ci dice chi è il Servo del Signore: è il suo Figlio Unigenito fattosi carne e venuto ad abitare in mezzo a noi. Il Canto del Servo sofferente ci svela le modalità attraverso le quali il Verbo Eterno si fa per noi grazia e verità: per mezzo della sua sofferenza vicaria, per la sua volontaria offerta al Padre del suo corpo. L’unicità dell’offerta del corpo di Cristo viene messa in piena luce dalla Lettera agli Ebrei. Con queste “profezie” o “rivelazioni”, possediamo la luce piena.
Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.
Questo Canto si compie tutto in Cristo Gesù. La sua passione, morte, sepoltura, risurrezione è narrata in esso. È come se il profeta Isaia fosse presente non però con una presenza nella carne, con i suoi occhi di carne, ma con una presenza piena nello Spirito Santo. Lo Spirito del Signore vede per lui, parla per lui, narra per lui, contempla per lui. È infatti lo Spirito di Dio che vede l’invisibile della croce. Gli occhi della carne vedono un crocifisso come mille altri crocifissi, un sofferente come centomila altri che soffrono. Lo Spirito invece vede la sua innocenza, il suo amore, la volontarietà della sua offerta, l’assunzione sulle sue spalle di tutti i peccati del mondo, il suo desiderio di espiarli tutti così da dare ad ogni uomo la possibilità di iniziare daccapo il suo viaggio verso Dio per finire in Dio per l’eternità. Senza questo suo dono d’amore, l’uomo sarebbe rimasto incatenato per sempre nel carcere di Satana e da lui divorato per l’eternità. Invece Cristo è venuto. Ha rotto quelle dure catene. Dona ad ogni uomo, se lo vuole, la possibilità di correre sui sentieri della nuova vita. È il frutto del suo amore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci liberi in Cristo Gesù.
26 MARZO (Gen 1,1-2,2)
E Dio creò l’uomo a sua immagine
La liturgia della Parola della notte di Pasqua inizia con il racconto della creazione. È giusto chiedersi: perché per la celebrazione della Pasqua si parte da così lontano? La risposta è semplice: la creazione, opera tutta di Dio, con il peccato dell’uomo è stata contaminata, corrotta nella sua stessa natura. La si costringe ad un uso di peccato, di male, di morte, di distruzione di se stessa e dello stesso uomo. In Cristo essa risorge e acquisisce una bellezza infinitamente superiore a quella delle origini. Essa ora gusta quale sarà la sua eredità finale: trasformarsi attraverso il corpo dell’uomo in spirito e per l’onnipotenza divina divenire nuovi cieli e nuova terra. In Cristo tutta la creazione risorge. La natura viene liberata dalla sua caducità. Essa acquisisce una forma nuova.
In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona.
Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona.
Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.
Questa verità è rivelata dallo Spirito per mezzo di San Paolo nella lettera ai Romani.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati (Rm 8,20-23).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci creature nuove in Cristo.
27 MARZO – Domenica di Pasqua – (At 10,34a.37-43)
Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno
Il Vangelo è il ricordo, l’annunzio di una storia, che è sotto gli occhi di tutti. Nessuno la può negare. Ogni fatto è ricco però di un contenuto di salvezza. Questo contenuto è profezia, garantita dalla testimonianza di colui che certifica i fatti.
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (Lc 3,15-17).
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti 16e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni (Mt 8, 15-21).
Pietro è nella casa di Cornelio. Gli annunzia i fatti storici che riguardano Cristo e vanno dal Battesimo di Giovanni fino alla sua gloriosa risurrezione, che viene garantita come vero evento storico dalla testimonianza di coloro che lo hanno visto risorto. Ai fatti aggiunge il loro significato di salvezza e di redenzione. Fatti e loro significato un solo annunzio. Anzi, il fatto viene annunziato per il suo contenuto di salvezza.
Pietro allora prese la parola e disse: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
Anche San Paolo, prima di dare il pieno significato della risurrezione di Cristo e del suo valore in ordine alla fede, inizia dai fatti, che sono reali, veri, non inventati. Lo stesso Apostolo fonda anche la verità del suo annunzio sulla sua risurrezione spirituale.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto (1Cor 15,1-11).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni di Cristo Gesù.
28 MARZO (At 2,14.22-32)
Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni
La nostra fede è una storia. Questa storia riguarda una Persona: Gesù di Nazaret, che non è il frutto di una rivelazione celeste e neanche la creazione di un esperto di eventi religiosi o di un romanziere dalla fantasia capace di immaginare l’inimmaginabile. Gesù di Nazaret è stato personaggio pubblico. Tutti lo hanno potuto ascoltare, toccare, vedere, contemplare, osservare, studiare. Infatti farisei e scribi studiano anche le sue più innocenti parole e le opere da lui compiute al fine di trovare qualcosa di cui poterlo accusare e toglierselo di mezzo. Per empi e peccatori incapaci di convertirsi, di passare nella verità, non di Cristo, ma di Dio, e Cristo è la purissima verità di Dio, Lui era una vera spina nei fianchi. Costoro non avevano pace. Vedevano il loro regno sgretolarsi e la loro religione andare in frantumi. Giovanni Apostolo non fonda tutta la sua fede e il suo annunzio sull’evento storico di Gesù Signore?
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,1-4).
Pietro annunzia al popolo di Gerusalemme i fatti da tutti conosciuti, ma a partire dall’ultimo evento: la discesa dello Spirito Santo, che compie la profezia di Gioele, e la risurrezione di Gesù, servendosi del Salmo come conferma. La verità della risurrezione non è data dal Salmo, ma dalla storia. È la storia che attesta che Cristo è risorto. Il Salmo dice che il Messia del Signore Sarebbe risorto. La storia ci dice che Cristo è risorto ed è il Messia del Signore. La profezia riguarda solo colui che è il Messia di Dio.
Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e fate attenzione alle mie parole. Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
All’evento storico sempre si deve aggiungere il suo significato di salvezza. I contenuti della salvezza sono quelli racchiusi nella Persona di Cristo Gesù e nelle sue Parole. La profezia dice che il Messia è il Salvatore. Non dice però in che consiste esattamente la salvezza. I contenuti vanno oltre ogni profezia. Tra la benedizione promessa da Dio a chi osserva la sua legge contenuta in Deuteronomio 28 e la benedizione portata da Cristo Gesù, che è vera partecipazione della divina natura, vi è l’abisso eterno. Non è l’Antica Scrittura che ci rivela i contenuti della salvezza operata da Cristo Gesù. È invece Cristo Gesù che ci manifesta la verità della sua opera di redenzione. Leggere l’Antico Testamento dall’Antico Testamento e leggerlo da Cristo Signore vi è la stessa differenza tra un cieco che guarda le stelle e un uomo che le osserva con un telescopio elettronico. Anzi la differenza è ancora più grande. Essa è infinita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nella verità di Gesù.
29 MARZO (At 2,36-41)
Che cosa dobbiamo fare, fratelli?
Quando l’annunzio di Cristo Gesù o della sua Parola è fatto nello Spirito Santo, sempre chi ascolta, se è di buona volontà, è toccato nel cuore e chiede cosa fare, come fare per entrare anche lui sulla via della salvezza che gli è stata annunziata. Giovanni il Battista fa risuonare viva la Parola di Dio e molti gli chiedono che indichi anche la via da percorrere. Spesso anche a Gesù Signore si chiedeva la via della vita eterna.
Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». 0Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Gv 3,7-14).
Chi però non era di buona volontà, ascoltava la risposta, ma si ritirava. Il suo cuore era impigliato nelle cose di questo mondo. Le tenebre erano in lui più forti della luce.
Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». Costui disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!». Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco (Lc 18,18-23).
Pietro annunzia Cristo Gesù con potenza di Spirito Santo. Lo Spirito del Signore, portato dalla sua parola, penetra nei cuori di quanti lo stanno ad ascoltare. Il cuore viene trafitto. Da questa trafittura si vede la vanità di una vita senza verità di salvezza. Si vuole essere veri figli della redenzione e lo si chiede a Pietro: “Che cosa dobbiamo fare? Quale via si deve percorrere per essere anche noi salvati da Gesù Signore?”. La risposta è immediata. La salvezza è nel pentimento, nella conversione, nel battesimo nel nome di Gesù il Nazareno, nel dono dello Spirito Santo. La vera salvezza si realizza quando il salvato diviene a sua volta portatore dello Spirito Santo.
Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
San Pietro invita tutti a salvarsi “da questa generazione perversa”. Chi è generazione perversa? Sono tutti coloro che seguono la carne e compiono le sue opere. Da questa generazione ci si può salvare solo lasciandoci trasformare in creature spirituali, per compiere le opere dello Spirito, vivendo di purissima obbedienza alla Parola di Gesù Signore. Ci si salva solo quando si diviene corpo di Cristo per vivere da corpo di Cristo, compiendo la missione di Cristo, producendo i frutti della salvezza di Cristo. Se Cristo non vive in noi e noi non viviamo in Lui, è segno che ancora apparteniamo alla generazione perversa. Non compiamo le opere di Cristo, ma quelle del principe di questo mondo. Le nostre opere rivelano quale è la nostra natura: se carne o spirito.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci creature spirituali.
30 MARZO (At 3,1-10)
Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!
Quando Cristo Gesù e il suo discepolo diventano una cosa sola – e questo avviene quando il cristiano vive nella Parola del suo Maestro – come il Padre e Gesù Signore sono una cosa sola, un solo amore, una sola volontà, una sola potenza di grazia nello Spirito Santo, è allora che la potenza creatrice e risanatrice, salvatrice e redentrice di Cristo diviene del suo discepolo. Un solo corpo, un solo cuore, una sola vita, una sola potenza e onnipotenza di amore. Questa unione con Cristo, in Cristo, per Cristo, è necessaria perché il discepolo manifesti Cristo per mezzo della sua vita.
Nessuno mai crederà in un Cristo invisibile, come nessuno fonderà mai la sua vita su un Dio invisibile. Come Dio attraverso i suoi profeti si manifesta calato, immerso nella storia degli uomini, come Cristo Gesù manifestò tutta l’onnipotenza redentrice e salvatrice del Padre suo in mezzo agli uomini, così dicasi anche per ogni suo discepolo. È lui la potenza di amore, verità, giustizia, santità, conversione, sostegno, aiuto, misericordia, luce di Cristo Signore in mezzo ai suoi fratelli. Gesù rivela quanto è grande il Padre. Manifesta fin dove giunge il suo amore. Il discepolo manifesta quando è grande Cristo Gesù. Dona visibilmente ad ogni uomo la misura della sua potenza.
Gesù è il Risorto, è il Vivente nella storia nella vita dei suoi discepoli. Essendo il Vivente in essi e per essi, per essi e con essi compie le opere del suo amore, manifesta tutta la sua compassione verso ogni derelitto. Sempre nei discepoli e per essi Gesù deve compiere la missione che il padre gli ha affidato. Questa missione è il suo stesso programma di vita, anzi è la sua stessa vita. Realizzando i discepoli il programma di Gesù, ognuno secondo la mozione dello Spirito Santo, rendono presente Cristo nella storia e per questa sua presenza visibile ci si apre alla fede in Lui.
Pietro e Giovanni si stanno recando al tempio. Seduto vicino alla porta Bella vi è un uomo incapace di poter camminare. Attende che qualcuno passi e gli offra qualche spicciolo. Quando non si può lavorare allora è giusto che si compia questo lavoro che è la richiesta di una elemosina per poter vivere. Quando invece si è pieni di forza, mai si potrà ricorrere a questo lavoro. Esso è di coloro che sono realmente inabili. Se lo svolge chi è sano, commette peccato. Priva gli altri di ciò che Dio ha riservato per loro. Pietro non ha argento da donare e neanche possiede dell’oro. La sua ricchezza è Cristo, la sua onnipotenza, il suo amore, la sua misericordia, il suo cuore. Vede lo storpio e gli dona nella sua fede tutta la ricchezza del suo Maestro.
Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
È la guarigione dello storpio alla porta Bella del tempio di Gerusalemme il vero segno della risurrezione di Gesù. Gesù è vivo, anzi è il Vivente nei suoi discepoli. Questo miracolo dona verità a tutte le Parole proferite da Gesù Signore sulla sua missione, sulla sua Persona, sull’intera sua vita. Pietro non compie il miracolo nel Dio di Abramo. Lo compie nel nome di Cristo. Non si possono compiere miracoli nel nome di un uomo, ma solo nel nome di Dio. Gesù è vero Dio, oltre che vero uomo. Lo attesta la potenza divina che agisce in questo nome. La fede di Pietro è nel nome di Gesù.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Gesù.
31 MARZO (At 3,11-26)
Io so che voi avete agito per ignoranza
Si noti la delicatezza e tutto l’amore di Pietro nell’annunciare ai Giudei Cristo Signore. Anche per loro Gesù è salvezza, redenzione, giustificazione. Anche per loro Gesù è la benedizione di Abramo. Hanno commesso un peccato. Hanno ucciso l’Autore della vita. Hanno fatto il male. Il loro è però un peccato di ignoranza. Prima era difficile per loro confessare che Gesù era il Messia mandato da Dio. A causa di questa umana impossibilità sono scusati. Ora però, dopo la risurrezione, se rifiutano Cristo, non sono più scusabili. Il loro peccato rimane. Per questa ragione Gesù vuole che la missione degli Apostoli inizi proprio da Gerusalemme. Ora si vede chi ha agito per ignoranza e chi per malvagità, cattiveria, odio contro la verità eterna.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24, 44-49). Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte (Lc 23,33-34). Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano (1Cor 2,6-9).
Le parole di Pietro ci rivelano che Cristo è pronto a perdonare anche i suoi crocifissori. Anche per essi vi è salvezza, ad una condizione: che non si ostinino nella loro cecità. Dopo la sua gloriosa risurrezione l’ostinazione non è più scusabile.
Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dall’antichità. Mosè infatti disse: Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo. E tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni. Voi siete i figli dei profeti e dell’alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra. Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione, perché ciascuno di voi si allontani dalle sue iniquità».
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di purissima fede in Gesù.