Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò
Gen 1,26-2,3 opp. Col 3,14-15.17.23-24; Sal 89; Mt 13,54-58
1 MAGGIO
Il settimo giorno non è dato da Dio all’uomo per l’uomo. È dato all’uomo perché l’uomo ne faccia un sacrificio per il Signore. Questo significa consacrare qualcosa a qualcuno. Come si consacra questo giorno al Signore e Creatore dell’uomo? Astenendosi da ogni lavoro. Non solo l’uomo si deve astenere, ma anche l’animale che aiuta l’uomo e anche la terra deve vivere questo giorno in onore del Signore. Tutta la creazione deve vedere la differenza tra i giorni dati all’uomo e il giorno dedicato al Signore.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato (Es 20,8-11).
Noi sappiamo che Gesù ha consacrato il giorno della sua risurrezione, il primo giorno della settimana, divenuto per noi il giorno del Signore, o Domenica, creando la fede nel cuore dei suoi discepoli. Possiamo allora dedurre, guardando il suo esempio, che questo giorno anche per noi dovrà essere un giorno di creazione. Dobbiamo in questo giorno creare grande fede nei cuori, manifestare loro opere di grande carità, aiutare ogni uomo a ritrovare le sorgenti della sua vera speranza. Gesù in questo giorno visse da vero missionario del Padre e anche noi dobbiamo vivere da veri missionari del suo Vangelo. In questo giorno si deve smettere di creare materia per nutrire la materia, si deve invece creare spirito per nutrire lo spirito. La consacrazione di questo giorno inizia però con il lasciarci noi creare da Cristo nello spirito e nell’anima. Se lui ci crea, noi possiamo creare. Se Lui non ci crea, mai noi possiamo creare. Come Lui ci crea? Nutrendoci con la sua Parola, il suo corpo, il suo sangue, rinnovandoci con il suo perdono. Noi ci rechiamo nella sua casa, prendiamo parte alla sua mensa. Lui ci crea. Noi possiamo creare. Se però noi rimaniamo vecchi di peccato, mai possiamo aiutare i nostri fratelli a lasciarsi creare da Cristo Gesù. Anche se non lavoriamo, vivremo questo giorno sempre per il corpo, mai per lo spirito e per l’anima, mai per creare una nuova anima e un nuovo spirito in noi e, per noi, nei nostri fratelli.
Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.
Dio il primo giorno della settimana ha creato nuovo Cristo Gesù, facendolo risorgere dal sepolcro. Gesù ha creato nuovo lo spirito e l’anima dei suoi discepoli, riportando in essi la vera fede in Lui, la vera carità, la vera speranza. Si è fatto missionario ed ha conferito la missione. Nella fede vera, pura, il discepolo di Gesù imita il Padre, imita Cristo Signore, lascia di creare terra per la terra, crea spirito per il regno dei cieli. In fondo consacrare a Dio questo giorno significa una cosa sola: mettersi a lavorare nella sua vigna perché possa produrre ogni frutto di vita eterna. Se noi diamo al nostro Dio questo giorno, il nostro Dio ci darà i sei giorni e vivremo nella pace. Un giorno per sei.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate i cristiani perché consacrino a Dio il suo giorno.
Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini
At 5,27-33; Sal 33; Gv 3,31-36
2 MAGGIO
Obbedire a Dio, ascoltando la voce del Signore, è essenza dell’alleanza stipulata al Sinai. Anzi la richiesta di obbedienza viene prima della celebrazione del solenne patto.
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti» (Es 19,3-6).
I sacerdoti hanno una missione ben precisa, direi di una precisione matematica. Essi devono attenersi al dono della sola volontà di Dio. Ad essa nulla va aggiunto e nulla tolto. Ciò che Dio dice, essi dicono. Ciò che Dio non dice, essi non dicono.
Il Signore parlò ad Aronne dicendo: «Non bevete vino o bevanda inebriante, né tu né i tuoi figli, quando dovete entrare nella tenda del convegno, perché non moriate. Sarà una legge perenne, di generazione in generazione. Questo perché possiate distinguere ciò che è santo da ciò che è profano e ciò che è impuro da ciò che è puro, e possiate insegnare agli Israeliti tutte le leggi che il Signore ha dato loro per mezzo di Mosè» (Lev 10,8-13).
Secondo la profezia di Dio del deuteronomio, l’obbedienza al profeta che Lui un giorno avrebbe mandato non è facoltativa, ma obbligatoria. Dio domanderà conto del non ascolto di ogni Parola proferita dal profeta nel nome del Signore. Il profeta parla nel nome di Dio, è voce di Dio, per il patto dell’alleanza il profeta va ascoltato.
Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l’ha detta il Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione. Non devi aver paura di lui (Dt 18,15-22).
La risposta di Pietro e degli Apostoli al sommo sacerdote va compresa nella Legge dell’Alleanza. Poiché figlio dell’Alleanza, Pietro non può disobbedire a Dio per obbedire agli uomini. Deve invece obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Avendo Lui ricevuto il comando da Gesù, Dio e Signore, della sua vita, ed essendo Gesù il Figlio Eterno del Padre, mai si potrà disobbedire a Lui. Se questa obbedienza dovrà essere santificata con il proprio sangue, il sangue va donato. Mai l’obbedienza dovrà essere ritirata.
Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». All’udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte.
Nella Chiesa di Cristo Gesù l’obbedienza a Dio è prioritaria ad ogni altra obbedienza. Se però per questa obbedienza è necessario offrire la nostra vita al Signore in sacrificio, come ha fatto Cristo Gesù e come hanno fatto i martiri, la vita va offerta, come Gesù e come i martiri: nel silenzio, nell’umiltà, nella mitezza, nella pace.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che obbediamo a Dio secondo le regole di Dio.
Inoltre apparve a Giacomo
1 Cor 15,1-8; Sal 18; Gv 14,6-14
3 MAGGIO
La risurrezione di Gesù nei Vangeli Sinottici ha il suo fondamento storico prima di tutto sull’annunzio e in secondo luogo sulle apparizioni. Gli Apostoli si recano sul monte della Galilea in obbedienza al messaggio recato loro dalla donne. Prima le donne ricevono il messaggio. Obbediscono alla voce dell’Angelo. Poi Gesù si manifesta loro. Nel Vangelo secondo Giovanni invece tutto si fonda sul sepolcro vuoto e nell’ordine che regnava al suo interno. Poi sulle apparizioni di Gesù sia nel Cenacolo di Gerusalemme sia sulle rive del Mare di Galilea. La risurrezione è vera testimonianza storica. Il fatto della risurrezione è realmente accaduto. Esso è attestato anche dai soldati posti a custodia della tomba. Gesù è realmente il Risorto, il Vivente. Gli Apostoli lo hanno veduto. Non solo. Essi sono stati costituiti testimoni per annunziare questo evento a tutte le genti. Basta questa via storica per credere nella risurrezione? Ad essa va aggiunta la via dello spirito. In che consiste questa via? Essa è nella risurrezione del discepolo di Gesù, nel cambiamento di stato, o meglio nel cambiamento di natura. Da natura che vive secondo la carne a natura che vive secondo lo Spirito. Da natura che segue le sue passioni, a natura che cammina in novità di vita.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,13-26).
Come la vita di Cristo Gesù è stata vissuta per dare compimento ad ogni Parola della Scrittura, Parola della Scrittura è la sua Crocifissione e Parola della Scrittura è la sua Risurrezione, così anche la vita del cristiano, se lui vuole che il mondo creda nella sua testimonianza, dovrà essere vissuta per dare compimento ad ogni Parola di Cristo Signore. Se questo non avviene, Cristo e il discepolo non sono una cosa sola e la sua testimonianza della risurrezione è contraddetta dal suo peccato e dalla disobbedienza alla Parola. Come Cristo rese gloria al Padre suo con la sua obbedienza, così anche il discepolo deve rendere gloria a Cristo Gesù con la sua obbedienza. Solo nella perfetta obbedienza la risurrezione viene testimoniata nella sua verità, che è verità nel corpo di Cristo e verità nel corpo del cristiano. Se il corpo del cristiano non è risorto con Cristo, difficilmente un uomo potrà credere in Cristo Risorto per la nostra giustificazione.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Oggi il discepolo di Gesù, essendo separato dal corpo di Cristo, non può più rendere testimonianza alla risurrezione neanche con la Parola. Non può con la Parola, perché non può con il suo corpo, nel quale è annullata la risurrezione del battesimo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il corpo del cristiano renda testimonianza a Cristo.
Ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola
At 6,1-7; Sal 32; Gv 6,16-21
4 MAGGIO
Possiamo comprendere la decisione di Pietro di dedicarsi lui e gli Apostoli alla preghiera e al servizio della Parola, lasciandoci aiutare dalla rivelazione data a noi dallo Spirito Santo per mezzo dell’Apostolo Paolo. Il corpo è uno. Le membra di questo corpo sono tante. Ogni membro è incaricato dallo Spirito Santo e arricchito dei suoi doni per una missione particolare. Non ognuno deve fare tutto. Ognuno deve solo obbedire allo Spirito del Signore secondo la misura della grazia da lui ricevuta.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole. Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo.
Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? (Cfr. 1Cor 12,1-31).
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità (Cfr Ef 4,1-16).
Spetta agli Apostoli dare incarichi e servizi per la vita della comunità. Ma spetta ad ogni singola persona conoscere i propri doni e dedicarsi a far sì che producano molto frutto.
In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.
Pietro oggi insegna alla Chiesa che è obbligo per tutti obbedire allo Spirito Santo. Chi obbedisce allo Spirito sa cosa deve fare. Obbedisce, rimanendo fedele al suo incarico.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci di perfetta obbedienza allo Spirito del Signore.
Siamo testimoni noi e lo Spirito Santo
At 5,27-32.40-41; Sal 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19
5 MAGGIO – III DOMENICA DI PASQUA
La Chiesa, in ordine alla trasmissione, della verità necessità di due Testimoni: degli Apostoli e dello Spirito Santo. Né gli Apostoli senza lo Spirito Santo, né lo Spirito Santo senza gli Apostoli. Così anche né la Scrittura senza gli Apostoli ma neanche gli Apostoli senza la Scrittura. I Testimoni di Cristo Gesù sono stati e dovranno rimanere sempre due: Apostoli e Spirito Santo. Apostoli e Scrittura. Spirito Santo e Scrittura.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!» (At 15,22-29).
San Paolo racconta come Lui ha vissuto questa unità nella Lettera ai Galati. Lui ha ricevuto dallo Spirito. Per non correre invano, cerca la testimonianza degli Apostoli.
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. Quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. Riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare (Cfr. Gal 1,11-2,10).
Lo Spirito sempre può agire direttamente con un cuore, un’anima. La sua libertà è sopra la Chiesa quanto alla rivelazione. Poi chi riceve la rivelazione si deve confrontare con la Chiesa. A Gerusalemme Paolo è lo Spirito, gli Apostoli sono la conferma dello Spirito. Senza la testimonianza della Chiesa, si è senza lo Spirito.
Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.
Pietro dice al sommo sacerdote che Lui è solo la voce dello Spirito Santo. Lo Spirito è la verità di Cristo. Lui è la Parola che annunzia la verità di Cristo. Appellandosi allo Spirito Santo, Pietro dice al sommo sacerdote che la sua testimonianza su Cristo è secondo la Legge. Essendo Lui e lo Spirito di testimonianza concordi, essa è vera.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che siamo testimoni di Cristo nello Spirito Santo.
Non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito
At 6,8-15; Sal 118; Gv 6,22-29
6 MAGGIO
Ogni Parola di Gesù è purissima verità. Uscita dalla sua bocca, essa si compie sempre. Il cielo e la terra passeranno, ma la sua parola rimane in eterno. Gli uomini possono anche bruciare tutti i libri in cui essa è contenuta, mai però potranno bruciare la sua Parola. Essa è il suo stesso cuore ed è stata affidata allo Spirito Santo perché la faccia risuonare ogni giorno nella sua più pura verità. Gesù ha detto ai suoi discepoli di non preparare la loro difesa. Lui darà loro parola e sapienza, cosicché i loro avversari non potranno resistere né controbattere. Saranno Lui e lo Spirito i nostri Avvocati.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,12-18).
Allo Spirito Santo, che conosce ogni cuore, non servono fiumi di parole per difendere o salvare o custodire i suoi eletti. A Lui una sola Parola basta. È il caso di Paolo.
Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (At 23,6-11).
Quando Pietro e gli altri Apostoli sono nel sinedrio, sempre il Signore ha messo sulla loro bocca la giusta parola. La testimonianza a Cristo risorto è stata perfettissima. Nessuna parola è stata contestata. Nessuna è stata dichiarata falsa. Anche Stefano si mette a discutere con quanti volevano sconfessare ogni sua parola, ma nulla hanno potuto contro la sapienza e contro lo Spirito Santo con cui parlava. La sua era una scienza troppo alta. Nessuno è riuscito a dichiarare falsa sua testimonianza.
Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.
Chiediamoci: perché il Signore dona una sapienza così alta ai suoi discepoli? La risposta la troviamo in Mosè. Perché il Signore ha dato a Mosè una potenza superiore a quella di ogni altro uomo sulla terra? Perché attesti al faraone la grandezza del suo Dio. Ai discepoli Gesù dona una sapienza così superiore, affinché quanti li ascoltino, se vogliono, possano convertirsi, aderire al Vangelo, entrare nel regno di Dio, portato sulla terra da Cristo Gesù e che si vive nel suo corpo. Dopo che i discepoli hanno parlato, nessuno potrà più trovare una scusa dinanzi a Dio della sua non fede.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il mondo creda per la sapienza dei cristiani.
Signore, non imputare loro questo peccato
At 7,51-8,1 a; Sal 30; Gv 6,30-35
7 MAGGIO
Il cristiano non è colui che rende testimonianza a Cristo Gesù solo con la Parola. La prima testimonianza è la sua vita, che è tutta intessuta di purissimo Vangelo. Se vita e Vangelo non sono una cosa sola, nessuna testimonianza sarà credibile. Manca nel cuore e sulle labbra lo Spirito Santo, il solo che può toccare una persona e convertirla. Dinanzi agli avversari, ai persecutori, a quanti sono ostili al messaggio di salvezza che esce dalla sua bocca, il discepolo deve sempre agire dalla Parola, abitando in essa, mai fuori di essa. Deve imitare Gesù. Lui visse tutta la Parola a noi data come Legge.
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5, 21-26.38-48).
Stefano rende testimonianza a Cristo con un lungo discorso, nel quale ricorda tutta la storia dei padri, attraverso la quale emerge la loro chiusura a Dio, a causa del loro cuore indurito. Poi dice ciò che sta vendendo. I cieli sono aperti e Gesù è alla destra del Padre. A questo punto decidono di lapidarlo. Ora alla parola Lui aggiunge la sua vita interamente modellata su quella di Gesù Signore. Cristo Crocifisso chiede perdono al Padre per i suoi persecutori e carnefici. Anche Stefano chiede a Gesù di non imputare il peccato commesso, che è di incredulità e anche di omicidio in nome di Dio.
Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. 59E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione.
Quando la Parola di Gesù si annunzia perché la nostra carne è il libro del Vangelo dal quale essa viene attinta, così come la vita di Gesù era il libro dal quale Lui tutto prendeva, allora i frutti di certo verranno. Stefano prega. Il Signore non imputa il peccato. Saulo di Tarso viene folgorato dal Signore sulla via di Damasco. Potenza della Parola e di una vita tutta conforme alla Parola, sul modello di Cristo Gesù.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la vita dei cristiani sia Vangelo visibile al mondo.
Sentendolo parlare e vedendo i segni
At 8,1b-8; Sal 65; Gv 6,35-40
8 MAGGIO
Quando la Chiesa del Signore Gesù non obbedisce al comando del Signore, rimanendo statica nelle sue posizioni acquisite, irrompe il Signore, scuote un poco la storia come un setaccio e subito la Chiesa si rimette in movimento. La staticità, la sedentarizzazione, l’immobilismo, la ripetizione delle cose sono il grande male oscuro che appiattisce la vera evangelizzazione. È bastata che una violenta persecuzione scoppiasse per far disperdere nelle regioni della Giudea e della Samaria tutti i cristiani di Gerusalemme, ad eccezione degli Apostoli. I dispersi subito annunziano la Parola, rendono testimonianza a Cristo Gesù. Nasce un vero movimento di evangelizzazione. Se il Signore non intervenisse personalmente nella vita della Chiesa, essa sarebbe già impantanata in acque putride e da molto tempo. Il Signore interviene con potenza, fa sussultare la storia come un cerbiatto, e la vita secondo il Vangelo riprende. Se il Signore se ne stesse nei cieli, noi confonderemmo le abitudini con la fede e le nostra tradizioni con la salvezza. Abitudini e tradizioni umane non sono la salvezza. Questa avviene quando un cuore si sottomette allo Spirito Santo, vivendo tutta la Parola di Gesù. La missione evangelizzatrice in ogni angolo della terra è essenza del Vangelo.
Non solo scuotendo la storia il Signore manifesta la sua presenza, ma anche convalidando con miracoli e prodigi la Parola dei suoi discepoli. Perché questo avvenga è necessario che il cantore della Parola viva tutto il Vangelo. Non vi potrà essere alcuna differenza tra la Parola da lui annunziata e la sua vita che è visibile dinanzi ad ogni uomo. Parola udibile e vita visibile fanno sì che il Signore manifesti attraverso il discepolo tutta la sua onnipotenza. Filippo scende in una città della Samaria. In lui si uniscono mirabilmente Parola che rende testimonianza a Cristo e segni e prodigi che rendono credibile la Parola da lui annunziata. Il risultato o i frutti sono una grande folla che si avvicina e tutti unanimi prestano attenzione a quanto lui dice. Ecco il segreto della vera evangelizzazione: unità tra Parola di Cristo e vita del cristiano, unità tra Parola del discepolo e conferma di Cristo Gesù. La conferma è sempre donata quando vi è l’unità tra Parola di Gesù e vita del suo discepolo. San Paolo nella Lettera ai Romani pone lo Spirito Santo come il vero Autore della missione.
A motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito (Rm 15,15-19).
Tutto è nello Spirito Santo, ma non nello Spirito fuori del discepolo, ma nello Spirito che è nel discepolo, e lo Spirito è nel discepolo quando il discepolo è nella Parola di Gesù.
In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola. Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.
Quando la nostra staticità si fa cronica, allora è segno che non siamo mossi dallo Spirito del Signore. Il peccato allontana lo Spirito e Lui non può intervenire efficacemente nella nostra vita. Quando questo avviene, chi è nella retta fede deve pregare per noi, affinché il Signore scenda, scuota la storia, la metta in subbuglio, liberandoci dai nostri peccati e da ogni immobilismo che sono la morte della missione.
Madre di Dio, Angeli, Santi, pregate perché il Signore venga e scuota la nostra storia.
Come potrei capire, se nessuno mi guida?
At 8,26-40; Sal 65; Gv 6,44-51
9 MAGGIO
Quando un cuore cerca il Signore con spirito sincero, sempre il Signore si lascerà trovare da esso. Beati gli affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. Dio non conosce ostacoli per il dono della sua grazia. Si può servire di ogni via, naturale e soprannaturale, umana o angelica, diretta o indiretta. Nulla è a Lui impossibile. Se la sua luce non illumina i cuori non è sua responsabilità. La colpa è solo o dell’uomo che non cerca il Signore o del discepolo di Gesù che non obbedisce alla sua voce e si rifiuta di dare il suo aiuto a Dio per salvare un’anima, illuminandola con la luce di Cristo, nutrendola con la sua grazia, guidandola con la mozione del suo Santo Spirito. Oggi molti figli della Chiesa, tentata da Satana, sono caduti nella tentazione di pensare che Cristo non sia più necessario alla salvezza. Si può abbandonare la via della missione, tanto ogni religione porta a Dio. Altri si sono spinti così lontano da dichiarare che non c’è più bisogno di alcuna evangelizzazione. Alla sera, quando entreremo nell’eternità, saremo tutti accolti nel regno eterno del nostro Dio.
La Scrittura invece non parla così e neanche lo Spirito Santo. Neanche i veri uomini di Dio hanno pensato così. San Paolo, perfetto uomo di Dio, dice che ognuno deve attendere alla salvezza con timore e rispetto della Legge del Signore. Lui, uomo governato dallo Spirito di Dio, ci mette solennemente in guardia, dicendoci che il Signore non si compiacque di tutti coloro che lo hanno tentato nel deserto. Di questi nessuno è entrato nella Terra Promessa. Solo due persone vi entrarono. Gli altri perirono nel deserto. Da qui il suo severo ammonimento. Chi è in piedi, stia attento a non cadere. Oggi il Signore vuole dare la luce vera e la grazia nella sua pienezza assieme al dono dello Spirito Santo ad un funzionario della Regina Candace venuto a Gerusalemme per onorare il Signore. Quest’uomo legge la Scrittura, medita le profezie, ma non entra nelle sue verità. Gli manca una persona che lo ammaestri, lo illumini, gli faccia da guida. La Scrittura nessuno la può leggere da se stesso. Si ha sempre bisogno di una persona esperta che tragga da essa ogni verità nel rispetto dello Spirito.
Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. 32Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.
A questa persona lo Spirito di Dio manda Filippo perché lo instradi, lo illumini, susciti nel cuore il desiderio di essere battezzato. Altro gravissimo errore dei nostri giorni. Abbiamo detto, diciamo che il battesimo non serve per amare Dio. Per il Signore esso è invece la porta della salvezza. Se non nasci da acqua e da Spirito Santo non entrerai nel regno di Dio. Ma ormai il cristiano è avvezzo a prendere ogni Parola di Cristo Gesù vanificandola, svuotandola della sua verità, interpretandola in maniera diabolica. Oggi i peccati contro la Parola sono innumerevoli. Per ogni Parola vi è un peccato.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che pecchiamo contro la Parola.
Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?
At 9,1-20; Sal 116; Gv 6,52-59
10 MAGGIO
Saulo di Tarso è uomo pieno di zelo per il Signore. Sembra essere in tutto simile ad Elia. Nel suo cuore c’è un fuoco che lo divora. Vuole distruggere i cristiani perché vede in essi un grave attentato alla fede dei suoi padri. Se Dio è uno, uno solo, non può esserci un altro uguale a Lui. Saulo possiede lo zelo, ma ancora è privo dello Spirito Santo, il solo che può illuminare una mente perché comprenda che il solo ed unico Dio non è un Dio solo. È solo nella natura, ma trino nelle persone. È sufficiente che il Signore metta nel suo cuore, nella sua mente, nella sua anima lo Spirito Santo e lo zelo di Saulo sarà tutto finalizzato alla difesa della verità. Ma prima bisogna che la verità venga messa nelle sue viscere, sia trasformata in suo sangue, divenga la sua stessa carne. Per questo non basta un’azione ordinaria del Signore, né attraverso gli Apostoli né attraverso qualche altro discepolo. Occorre un suo intervento diretto. Questo intervento dovrà essere straordinariamente grande, oltre tutti quelli che sono narrati nelle Scritture che Saulo conosce, perché sono la sua stessa vita, il suo pensiero, la sua parola, anche se non secondo la verità piena posta in esse dallo Spirito Santo. Dio sa come entrare in un cuore, perché solo Lui conosce i suoi segreti. Per ogni persona è data una via particolare. Chi legge Antico e Nuovo Testamento e conosce la storia della Chiesa, sa che le vie di Dio sono uniche e irripetibili.
Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.
Lo Spirito Santo apre la strada, spiana la via, poi sarà sempre la Chiesa, nei suoi Apostoli, evangelisti, ministri, dottori, diaconi, cresimati e battezzati, che dovrà completare la sua opera. Perché questo accada occorre libertà di cuore e mente e santità dell’anima e del corpo. Il chiamato dallo Spirito per via diretta è mandato allo Spirito che agisce per via indiretta. Lo Spirito che chiama deve essere lo stesso che accoglie. Quando lo Spirito che accoglie non è lo Spirito che chiama, è allora che l’opera della salvezza viene meno. Manca lo Spirito accogliente. Oggi la salvezza è fortemente ostacolata perché lo Spirito accogliente non è lo Spirito Santo nei figli della Chiesa, ma lo spirito del mondo. Non si lavano le anime nella verità dello Spirito di Dio, ma nello spirito del mondo. La salvezza non viene raggiunta, perché lo Spirito di Dio non è servito dallo Spirito della Chiesa. Molti suoi figli hanno cambiato spirito. Anziché essere guidati dallo Spirito del Signore sono schiavi e succubi dello spirito del mondo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che i cristiani siano schiavi del mondo.
Non indugiare, vieni da noi!
At 9,31-42; Sal 115; Gv 6,60-69
11 MAGGIO
La salvezza è l’opera dello Spirito Santo nell’uomo. Lo Spirito cerca lo Spirito. Lo Spirito chiama lo Spirito. Lo Spirito ama lo Spirito. Lo Spirito vuole lo Spirito. Lo Spirito che ha scritto i Testi Sacri deve essere lo Spirito che li legge. Lo Spirito che invia deve essere lo Spirito che va. Lo Spirito che parla lo Spirito che ascolta. Lo Spirito che legge lo Spirito che interpreta. Lo Spirito che chiede lo Spirito che dona. Poiché lo Spirito alla sorgente è purissimo, purissimo dovrà essere anche al suo punto di arrivo. Oggi assistiamo ad una divisione, spaccatura, lacerazione dello Spirito Santo. Lo Spirito di Cristo, sorgente donante, non sembra essere lo Spirito della Chiesa, sorgente ricevente. Ricomporre l’unità dello Spirito è opera urgentissima da compiere. Se questa opera viene trascurata, la lacerazione diviene sempre più profonda e alla fine sarà impossibile la ricomposizione. Tutte le lacerazioni, scissioni, scismi, separazioni, frantumazioni che sono avvenute, avvengono, avverranno nel corpo della Chiesa sono il frutto della lacerazione dello Spirito Santo. Lo Spirito che parla non è più lo Spirito che ascolta. Lo Spirito che ha scritto non è lo Spirito che legge le Scritture. Lo Spirito donato non è più lo Spirito ricevuto. Se la lacerazione non si compone, la verità, che è dono purissimo dello Spirito del Signore, mai potrà abitare nei cuori. Manca in essi lo Spirito che accoglie la verità data dallo Spirito di Cristo Signore. San Paolo, sapendo questo, invitava Timoteo a ravvivare ogni giorno lo Spirito di Dio che gli era stato dato per l’imposizione delle sue mani. Ravvivare lo Spirito vuol dire togliere dal cuore lo spirito del mondo, che sempre con prepotenza satanica entra in esso, e lasciare lo spazio solo allo Spirito del Signore. Il segreto dei discepoli di Gesù è in quest’opera che mai dovrà venire meno. Più forte è lo Spirito, più vera sarà la loro missione.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore. A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». Pietro allora si alzò e andò con loro. Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva. La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore. Pietro rimase a Giaffa parecchi giorni, presso un certo Simone, conciatore di pelli.
Lo Spirito della comunità, addolorata per la perdita di una persona che spendeva la sua vita in opera di carità e di misericordia, chiama lo Spirito di Pietro, perché venga. Lo Spirito chiede allo Spirito di non tardare. Perché lo Spirito vuole essere portato in quella comunità? Perché vuole rendere credibile ai loro occhi il Cristo di Dio. Ecco il grande segreto dello Spirito Santo. Tutto ciò che Lui opera è sempre finalizzato a far nascere nei cuori la fede in Cristo Signore, il Salvatore, il Redentore, la grazia e la verità di ogni uomo. Se la fede in Cristo non nasce, perché il portatore dello Spirito, agisce per suo conto, per la sua gloria e non per la nascita della fede in Gesù Signore, lui è gravemente responsabile del tradimento operato nella sua missione. Lo Spirito di Cristo deve far crescere Cristo nei cuori, ma prima li deve generare alla fede in Cristo. Però questo il portatore dello Spirito deve venire, non può tardare. L’opera va fatta oggi. Domani non può essere fatta e Cristo subisce una grave perdita. Molti cuori non vengono alla fede perché il portatore dello Spirito non ha ascoltato con immediatezza.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci veri, immediati, solleciti portatori dello Spirito Santo.
Li cacciarono dal loro territorio
At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.1 4b-17; Gv 10,27-30
12 MAGGIO – IV DOMENICA DI PASQUA
Le regole della missione non devono scaturire dal cuore del missionario, ma sempre dal cuore dello Spirito. Queste regole sono semplici. Tutte possono essere racchiuse in una sola norma. Il missionario non va nel mondo per se stesso. Non va neanche per dare un qualche bene agli uomini. Lui il bene lo fa come discepolo di Gesù. Lo fa vivendo il Vangelo. Lui va nel mondo per dare Cristo Gesù ad ogni cuore. Se un cuore lo rifiuta, lui è obbligato a non perdere tempo prezioso. Altri cuori stanno attendendo. Vogliono ricevere Cristo, ma non vi è nessuno che possa donarlo loro. Il missionario è come un medico che ha diecimila ammalati da visitare. Deve dare loro la preziosa medicina che li curi e li ristabilisca in salute. Se un ammalato rifiuta le sue cure, lui è obbligato, per amore degli altri, a passare oltre. Chi dona questa regola è Cristo Gesù.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città (Mt 10,11-15).
E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,15-18).
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato (Mt 28,18-20).
Cristo Gesù e il suo missionario non sono due realtà separabili, ma una sola realtà. Lui va nel mondo non per portare se stesso, ma per annunziare e dare Cristo ad ogni uomo. Se l’uomo accoglie la sua Parola, il missionario potrà rimanere e completare la sua opera di salvezza. Se la sua Parola non è accolta, lui è obbligato a recarsi presso altri uomini per far loro la stessa proposta di vita eterna, grazia, verità in Cristo Gesù. Il giorno in cui il missionario separa se stesso da Cristo Gesù è la sua fine ed è anche la fine della sua missione. Porta se stesso, non porta Cristo, non porta la sua salvezza.
Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Paolo e Barnaba conoscono le regole della missione. Gli Ebrei rifiutano il loro messaggio di salvezza in Cristo. Cacciano dal loro territorio gli Apostoli del Signore. Questi scuotano la polvere dai loro piedi. È un segno che deve attestare la loro non responsabilità in ordine alla vita eterna a partire da questo istante per quanti si dovessero perdere. Altri cuori attendono Cristo e la sua salvezza, ed è giusto che vengano ad essi donati. Il missionario va per Cristo, abbandona per dare Cristo. Cristo è il fine della sua vita. Lui non ha altri interessi. La sua vita è un sacrificio a Cristo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate della nostra vita un servizio esclusivo a Cristo Gesù.
Lo Spirito mi disse di andare
At 11 ,1-18; Sal 41; Gv 10,1-10
13 MAGGIO
Tutti nella Chiesa siamo obbligati a rendere ragione a tutti, non solo a quelli che sono nostri fratelli in Cristo, ma al mondo intero, della luce che ci guida. Lo Spirito che muove la nostra azione sempre deve illuminare lo Spirito che vive nei fratelli. Il corpo di Cristo deve illuminare il corpo di Cristo, ma anche ogni altro uomo, nessuno escluso.
E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito (1Pt 3,13-18).
Rendere ragione della luce, verità, speranza, carità che ci muovono è obbligo verso Cristo. Se noi vogliamo che la vera fede entri, viva e cresca in un cuore, mai dobbiamo privarlo della luce che ha messo in movimento la nostra fede. Pietro è entrato in casa di pagani. Li ha anche battezzati. È stato per una mozione del suo cuore o perché frutto in lui dello Spirito Santo? Se è mozione del suo cuore, non interessa ad alcuno. Se è invece per volontà dello Spirito, la sua azione interessa tutta la Chiesa, tutto il corpo di Cristo. Solo in Cristo vi è perfettissima corrispondenza tra azione e mozione dello Spirito Santo. Negli altri la corrispondenza è in misura della loro crescita in sapienza e grazia. Più si cresce e più vi è corrispondenza. Meno si cresce e minore sarà la corrispondenza. Se a Cristo si chiedeva ragione delle sue azioni, tanto più si può chiedere ad ogni discepolo che non è perfettamente nello Spirito Santo.
Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio. E, quando Pietro salì a Gerusalemme, i fedeli circoncisi lo rimproveravano dicendo: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!». Allora Pietro cominciò a raccontare loro, con ordine, dicendo: «Mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e in estasi ebbi una visione: un oggetto che scendeva dal cielo, simile a una grande tovaglia, calata per i quattro capi, e che giunse fino a me. Fissandola con attenzione, osservai e vidi in essa quadrupedi della terra, fiere, rettili e uccelli del cielo. Sentii anche una voce che mi diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Io dissi: “Non sia mai, Signore, perché nulla di profano o di impuro è mai entrato nella mia bocca”. Nuovamente la voce dal cielo riprese: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Questo accadde per tre volte e poi tutto fu tirato su di nuovo nel cielo. Ed ecco, in quell’istante, tre uomini si presentarono alla casa dove eravamo, mandati da Cesarèa a cercarmi. Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare. Vennero con me anche questi sei fratelli ed entrammo in casa di quell’uomo. Egli ci raccontò come avesse visto l’angelo presentarsi in casa sua e dirgli: “Manda qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli ti dirà cose per le quali sarai salvato tu con tutta la tua famiglia”. Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo discese su di loro, come in principio era disceso su di noi. Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?». All’udire questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!».
La risposta di Pietro illumina i cuori e li rasserena. Lui non è andato in casa dei pagani per una mozione speciale dello Spirito Santo, proveniente dal suo cuore. Lui è stato invitato dallo Spirito di Dio in modo esterno a lui. Lui non ha battezzato i pagani per ragioni di fede o di teologia, frutto del suo cuore o della sua mente. Lui li ha battezzati per ragioni esterne a lui. Perché lo Spirito Santo lo ha preceduto, scendendo visibilmente su quanti erano nella casa. Ragioni date, pace creata in ogni cuore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la pace scenda nei cuori illuminati dalla verità.
Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia
At 1,15-17.20-26; Sal 112; Gv 15,9-17
14 MAGGIO
Nella storia della salvezza è sempre il Signore che sceglie. Le sue scelte trovano le ragioni solo nella sapienza eterna che è nel cuore del nostro Dio. Vi sono ragioni umane nella scelta di Abramo, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Giosuè, i Profeti? Vi è una sola ragione nella scelta di Giovanni il Battista prima che fosse concepito nel grembo della Madre? Quali ragioni vi sono per la scelta degli Apostoli? Esse sono nel cuore del Padre, nella sapienza eterna dello Spirito Santo. Tuttavia una persona può anche chiedere a Dio che lo scelga. Chiedere non è però imporre. Si chieda ma anche si lasci al Signore tutta la sua divina ed eterna liberta. Se vuoi, manda me. San Paolo insegna che uno può anche aspirare all’episcopato. Chi però lo deve ammettere, deve porre attenzione a che vi siano le condizione che permettano lo svolgimento secondo verità, giustizia, santità del ministero assunto. Così anche per i diaconi.
Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio. Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù (1Tm 3,1-13).
Le condizioni sono di necessità di essenza. Senza condizioni si espone il ministero a nullità, vanità, inefficienza. Anziché essere ministero di salvezza, lo si rende servizio di perdizione. Pietro chiede come condizione necessaria la conoscenza di Cristo Signore. Non si può essere testimoni di Gesù, se Gesù non è conosciuto. L’Apostolo è costituito perché doni Cristo ad ogni uomo nella perfetta conoscenza della sua verità.
In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle persone radunate era di circa centoventi – e disse: «Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. 20Sta scritto infatti nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione». Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.
Molti possono essere in possesso dei requisiti necessari per svolgere secondo Dio il ministero. Chi scegliere? Su quali criteri orientare la scelta? Questi criteri devono essere sempre oggettivi, ma soggettivi. Devono essere fuori di chi sceglie, mai in lui. Cristo sceglie nello Spirito Santo. Lui può farlo perché vi è in Lui coincidenza perfetta tra la mozione e l’azione. Pietro non può farlo. Non vi è perfetta coincidenza o corrispondenza tra mozione e azione. Chiede a Dio che sia Lui a indicare chi dovrà essere accolto nel collegio dei Dodici. Dio sceglie Mattia. Chi sceglie con criteri soggettivi è responsabile di tutto il male che domani sarà fatto dalla persona scelta.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai prevalgano motivi umani nella scelta.
Riservate per me Bàrnaba e Saulo
At 12,24- 13,5a; Sal 66; Gv 12,44-50
15 MAGGIO
Nel racconto della trasfigurazione del Signore, sul monte, Pietro dice una parola nella quale è racchiusa tutta la storia della Chiesa. Signore, per noi è bello stare qui; se vuoi facciamo tre tende, una per Te, una per Mosè e una per Elia: noi staremo in eterno a contemplare la vostra gloria. Ma Cristo deve scendere: lo attende il monte Golgota. Anche i discepoli devono scendere: li attende un altro monte, quello della missione, anch’esso in Galilea. Essi dovranno mettersi in cammino. Dovranno raggiungere ogni luogo della terra. A tutte le creature dovranno annunziare il Vangelo.
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti» (Mt 17,1-9).
Saulo e Barnaba stanno bene nella comunità di Antiochia. Dimorano sotto buone tende. Lo Spirito Santo sa che in quel luogo essi sono un grande potenziale, ma anche inutile, perché sciupato, occupato nel non fare nulla, se non piccole cose. Mentre qui ci si annega nell’abbondanza, il mondo si annega nella miseria spirituale. Lui interviene con potenza e chiede che Saulo e Barnaba siano riservati a Lui. Vuole affidare loro una grande missione da compiere. D’altronde essi sono stati chiamati per questo, non per altro. È verità. La vita del discepolo di Gesù, di ogni discepolo e non soltanto di alcuni, porta scritta in essa una particolare missione da compiere. Spesso però il discepolo cade nella tentazione dell’abitudine, dello stare bene, del sentirsi a posto con la coscienza, col pensare che un’opera valga un’altra o che qualsiasi cosa si faccia sia utile a Cristo e allo Spirito Santo. Chi cade in questa tentazione neanche sa che è caduto. Pensa di essere nell’obbedienza allo Spirito, mentre in verità la sua obbedienza è solo a se stesso e alle mozioni e desideri del suo cuore.
Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. Bàrnaba e Saulo poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono prendendo con sé Giovanni, detto Marco. C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei.
Sulla Chiesa veglia lo Spirito Santo. Lui non dorme. Interviene con tempestività e rimette i cuori in movimento missionario. Se lo Spirito di Dio non può agire con alcuni, imprigionati nei loro castelli di pensiero e nelle loro abitudini fuori tempo e fuori storia, lo fa con altri che Lui chiama direttamente e manda a compiere la missione della salvezza. Ma noi con le nostre belle teologie, le nostre lussuose teorie di ascetica e mistica, con le nostre morali umane, riusciamo sempre a giustificare la nostra staticità spirituale e i manieri mistici o ascetici nei quali ci siamo incatenati. Resta però una verità che mai potrà essere tolta né dal cuore di Cristo né dal suo Vangelo: la missione evangelizzatrice di Cristo Gesù, universale, perpetua, senza interruzione, prima di Cristo e ora di ogni suo discepolo, secondo le sue specifiche personali responsabilità in ordine ai sacramenti ricevuti. Sempre lo Spirito parla, vuole, ordina. Ma chi ascolta lo Spirito? Solo chi è nello Spirito. Paolo e Barnaba sono nello Spirito.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci perfetti ascoltatori dello Spirito Santo oggi e sempre.
Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù
At 13,13-25; Sal 88; Gv 13,16-20
16 MAGGIO
Gesù non si è costituito Messia da se stesso. Né è venuto da se stesso. Il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe in Lui ha stabilito di adempiere tutte le sue promesse. Ogni Parola del Signore da Lui è portata a compimento. Nulla resta da realizzare. Quali sono queste promesse? Esse iniziano nel giardino dell’Eden, la prima, che annunzia a Satana l’inimicizia eterna tra lui e la donna, tra la sua stirpe e la stirpe della donna. Segue quella fatta da Abramo di benedire nella sua discendenza tutte le nazioni della terra. Continua con quella fatta a Davide di dargli un regno eterno. Quanto il Signore ha promesso nella Legge, nei Profeti, nei Salmi, tutto è riferito a Lui e tutto è stato compiuto. Questa verità è anche annunziata da Paolo nella Secondo Lettera ai Corinzi.
Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria. È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori (2Cor 1,19-22).
Quali sono le conseguenze di questa rivelazione di Paolo? Gesù è la Parola compiuta di Dio. Non si crede in Cristo, la Parola è simile ad un cadavere posto in una bara, deposto in una tomba. Si può anche leggere, meditare. Ma non si può più attendere nessun compimento. Altra verità da mettere in grande evidenza: chi legge la Scrittura Antica e non vede in Cristo Gesù il compimento di essa, allora è veramente cieco. La sua mente è ottenebrata. È cecità colpevole? È cecità ereditaria? È cecità pilotata? È cecità innocente? È cecità che può essere guarita? Solo il Signore lo sa e la coscienza di ciascuno. San Paolo parla di un velo che è ancora sugli occhi di coloro che non vedono in Cristo Gesù il compimento di tutte le promesse del Dio di Abramo.
Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli d’Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. Ma le loro menti furono indurite; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, quando si legge l’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto. Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,12-18).
Gesù è il dono promesso del Dio che è il Signore e il Creatore del cielo e della terra. Non c’è un altro dono promesso che dovrà venire. Solo Lui è il suo Salvatore. Chi non crede si esclude dalla vera salvezza. Per lui un altro nome mai più sarà donato.
Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!». Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi sopportò la loro condotta per circa quarant’anni nel deserto, distrusse sette nazioni nella terra di Canaan e concesse loro in eredità quella terra per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei giudici, fino al profeta Samuele. Poi essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per quarant’anni. E, dopo averlo rimosso, suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”. Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a riprenderci tutta la verità della fede in Gesù.
La promessa fatta ai padri si è realizzata
At 13,26-33; Sal 2; Gv 14,1-6
17 MAGGIO
San Paolo, come Pietro, unisce con divina saggezza e intelligenza, nello Spirito Santo, Antico Testamento e Nuovo, promessa di Dio e suo compimento. Vi è la Parola di Dio e la storia di Cristo Signore. La storia è essenza della Parola, perché la Parola si compie nella storia, si fa storia. Come il Verbo si è fatto carne, così la Parola di Dio si è fatta tutta storia. La storia attesta che ogni Parola di Dio proferita con giuramenti, profezie, solenni promesse si è tutta realizzata, è tutta divenuta storia in Cristo Gesù.
Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi. Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (At 2,22-36).
Possiamo affermare che Pietro e Paolo sono una sola voce, un solo annunzio, una sola verità. Essi sono, nello Spirito Santo, lettori veri della Parola di Dio e della storia di Cristo Gesù. Essi vedono tutta la Scrittura mirabilmente compiuta in Gesù di Nazaret. Per analogia, questo stesso procedimento va fatto tra Cristo Gesù e la sua Chiesa. Come Cristo ha fatto divenire storia ogni Parola del Padre e la storia attesta che in Cristo ogni Parola si è realmente compiuta e nessun’altra Parola rimane da compiere, così la Chiesa deve manifestare al mondo che in essa ogni Parola di Cristo si compie ogni giorno. Quale Chiesa dunque è vera? Quella nella quale si compie, si può compiere ogni Parola di Cristo Gesù. Se una sola Parola non si può compiere, quella Chiesa non è vera. È carente di una o di molte Parole di Gesù Signore. Non sono vera storia della Parola di Cristo Gesù tutte quelle Chiese nelle quali è assente l’apostolicità. Neanche sono perfettamente vere quelle in cui manda il fondamento visibile che è Pietro. Basterebbe confrontarsi con la Parola di Gesù per conoscere il grado di verità con il quale si partecipa alla pienezza della verità che è nella Parola di Gesù.
Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza. Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l’hanno riconosciuto e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato; pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso. Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.
Chi è allora il vero cristiano? Colui nel quale tutta la Parola di Gesù si può compiere. Potrà divenire vero cristiano colui nel quale tutta la Parola potrà divenire sua storia. Se questa possibilità non è data, allora il suo cristianesimo è carente o in molto o in poco.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani siano tutti purissima storia della Parola.
Non vi giudicate degni della vita eterna
At 13,44-52; Sal 97; Gv 14,7-14
18 MAGGIO
Se oggi venisse sulla terra un Angelo del cielo, nella sua soprannaturale neutralità, onestà, sincerità, assenza di ogni doppiezza, inganno, ipocrisia, libero da ogni pregiudizio, capace di resistere ad ogni pressione, senza alcuna sudditanza psicologia, senza tendere né a destra né a sinistra, leggesse la Scrittura nella sua interezza e poi sentisse parlare i cristiani su Dio, su Cristo, sulla Chiesa, sulle questioni morali, direbbe una cosa sola: sono due realtà totalmente differenti. Al massimo direbbe anche: alcune parole sono della Scrittura, il contenuto è degli uomini. Diciamo questo perché la vita eterna è un dono doppiamente condizionato. Esso è frutto di tre condizioni che necessariamente dovranno compiersi: l’offerta del dono da parte degli Apostoli e di ogni altro discepolo di Gesù in comunione con essi, dell’accoglienza di Cristo Gesù nella fede che confessa che Lui è il solo Salvatore e Redentore, dalla conformazione della nostra vita alla sua, trasformando la sua Parola in nostra storia. A queste tre condizioni se ne aggiunge una quarta: la perseveranza della fede e nell’obbedienza alla Parola dovrà essere fino all’ultimo respiro. Chi rifiuta Cristo non si giudica degno della vita eterna. Ma anche chi accoglie Cristo deve chiedere a Dio ogni giorno che lo renda sempre più degno della vita eterna. Retrocedere dalla fede e dall’obbedienza alla Parola è sempre possibile. Si cade dalla fede, si rinnega Cristo, non si è più degni della vita eterna. Questa verità è detta da Paolo ai Tessalonicesi.
È questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite. È proprio della giustizia di Dio ricambiare con afflizioni coloro che vi affliggono e a voi, che siete afflitti, dare sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo, insieme agli angeli della sua potenza, con fuoco ardente, per punire quelli che non riconoscono Dio e quelli che non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Essi saranno castigati con una rovina eterna, lontano dal volto del Signore e dalla sua gloriosa potenza. In quel giorno, egli verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile da tutti quelli che avranno creduto, perché è stata accolta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Per questo preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo (2Ts 1,5-12).
Altra verità da aggiungere: il dono è offerto liberamente e gratuitamente da Dio per mezzo del Corpo di Cristo ad ogni uomo. Se l’uomo non lo vuole, si può pregare per la sua conversione, ma non si può costringere ad accoglierlo, né glielo si può imporre con la coercizione o con la forza. Fede e obbedienza sono dello spirito, dell’anima. Spirito e anima non si possono incatenare. Al missionario del Vangelo è chiesto di non insistere. Lui deve scuotere la polvere dai suoi sandali e andare oltre.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Il missionario del Vangelo dovrà sempre ricordarsi che il suo Maestro e Signore, per la Parola, è stato non solo perseguitato, insultato, sputato, flagellato, ma anche crocifisso. Per il Vangelo al missionario è chiesto di sopportare qualsiasi insulto. La persecuzione è il prezzo da pagare, se si vuole salvare qualche anima e condurla a Cristo Signore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni uomo si giudichi degno della vita eterna.
Designarono per loro in ogni Chiesa alcuni anziani
At 14,21b-27; Sal 144; Ap 21,1-5a; Gv 13,31-33a.34-35
19 MAGGIO – V DOMENICA DI PASQUA
Pietro e gli Apostoli istituiscono i Diaconi. Della creazione dei Presbiteri o Anziani, negli Atti si parla per la prima volta con Paolo e Barnaba. Nella Lettera a Tito, il fedele discepolo di Paolo, lui è invitato a stabilire alcuni presbiteri in ogni città.
Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori (Tt 1,5-9).
San Pietro scrive agli Anziani una parola di esortazione, insegnando loro come il ministero deve essere svolto. Il gregge non è loro. È di Dio e va servito con amore.
Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce (1Pt 5,1-4).
Negli Atti degli Apostoli Paolo dona se stesso ai presbiteri come modello cui sempre guardare. Il modello di Paolo è Cristo Signore. Rivela loro che non tutti si sarebbero conservati veri nel loro ministero. Alcuni avrebbero insegnato dottrine perverse, per attirare discepoli dietro di sé. Essere anziani richiede sommo amore per Cristo Signore. Anzi ci si deve annientare per Lui come Lui si è annientato per il Padre.
Da Mileto mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi (At 20,17-31).
Una comunità non può esistere senza il Pastore. Non c’è gregge senza Pastore, non c’è comunità senza l’azione che la regge nel nome di Cristo e con la sua autorità.
Ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.
Poiché molti presbiteri oggi non credono nel loro ministero, il gregge è allo sbando.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i pastori di Cristo Gesù vivano di purissima fede.
Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi
At 14,5-18; Sal 113; Gv 14,21-26
20 MAGGIO
Dio, il solo Dio vivo e vero, il solo Creatore e Signore del cielo e della terra è geloso della sua divinità. Al di fuori di Lui, che vive e regna nei secoli eterni, senza principio e senza fine, nel suo mistero di unità e di trinità, unità di sola natura divina, trinità delle divine Persone, Padre e Figlio e Spirito Santo, non vi è altro Dio. Tutto ciò che esiste nei cieli e sulla terra è sua creatura e a Lui deve obbedienza piena, ininterrotta, eterna. Il primo che si proclamò Dio, uguale a Dio, fu Lucifero, ingannato dalla propria luce. Da luce si trasformò in tenebra e con lui un terzo di Angeli si trasformò in tenebre. Avendo lui perduto il Paradiso vuole che neanche l’uomo vi entri, e anche a lui suggerisce di proclamarsi Dio, farsi Dio uguale a Lui. È stata questa la tentazione delle origini e sarà sempre questa. Le vie e le modalità dell’autoproclamazione sono molte. La storia ne conosce tantissime. Satana però è più scaltro dell’uomo e sempre lo inganna suggerendogli vie sempre nuove. Oggi l’autoproclamazione e la dichiarazione di essere Dio da parte degli uomini avviene in un modo mai conosciuto prima. Eva fu tentata ad essere come Dio. A Babele con la costruzione della terra si voleva essere come Dio. Nell’antichità molti uomini si sono dichiarati Dèi.
Oggi non ci si accontenta di essere come Dio. Non si vuole neanche un Dio o molti Dèi, né sopra gli uomini, né accanto ad essi. È l’uomo il solo Dio esistente. Con quali risultati? A quale prezzo? Prima di tutto si è pensato di dichiarare l’uomo essere senza Dio. Lo si disse frutto di una cieca evoluzione e di un concorso di cause della natura. Dopo questa fase si è passati a quella successiva. Impegnarsi con ogni forza a togliere dalla mente e dal cuore Cristo Gesù, Dio incarnato, Salvatore e Redentore. Tolto Cristo, la via è spianata perché anche Dio venga dichiarato non esistente. Oggi stiamo vivendo in un tempo in cui ognuno è Dio di se stesso, ma anche tempo in cui alcuni uomini e alcune donne hanno voluto dichiararsi Dio degli uomini, sopra gli uomini che già si sono dichiarati Dèi per se stessi. Si predica l’uguaglianza tra gli uomini, ma non l’uguaglianza tra gli Dèi. Questi Dèi superiori agli altri Dèi hanno deciso di cancellare tutti i segni della verità dell’uomo, fatto ad immagine del solo Dio vivo e vero. Riusciranno in questo intento diabolico e infernale? La rivelazione ci dice che ogni dio è sempre precipitato negli abissi delle tenebre eterne.
Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi di aggredirli e lapidarli, essi lo vennero a sapere e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe, e nei dintorni, e là andavano evangelizzando. C’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare, dicendo, in dialetto licaònio: «Gli dèi sono scesi tra noi in figura umana!». E chiamavano Bàrnaba «Zeus» e Paolo «Hermes», perché era lui a parlare.
Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all’ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano. Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori». E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.
Paolo e Barnaba affermano con ogni chiarezza che essi non sono Dèi. Sono uomini come tutti gli uomini e sono in mezzo a loro proprio per liberare gli uomini da queste vanità assurde e insensate, stolte e insipienti. Se il cristiano oggi avesse questa stessa chiarezza di fede e di verità, metterebbe in guardia ogni Dio moderno e ogni fabbricante di Dèi, invitando tutti a convertirsi al solo Dio vivo e vero, al solo Cristo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani dicano ad ogni uomo che è solo uomo.
Esortandoli a restare saldi nella fede
At 14,19-28; Sal 144; Gv 14,27-31a
21 MAGGIO
La Chiesa di Dio vive di due perenni missione. La prima è all’interno di se stessa. La seconda all’esterno, con il fine di predicare il Vangelo e fare discepoli tutte le nazioni. La missione all’esterno è finalizzata a fare il corpo di Cristo, aggregando alla Chiesa ogni uomo che vive sulla terra. La seconda missione è quella di confermare nella fede ed esortare a rimanere fedeli al Vangelo quanti sono già corpo di Cristo, Chiesa di Dio, Comunità dei credenti in Gesù Signore. Queste due missioni devono essere una sola missione. Non si può fare di un convertito un figlio della perdizione, aggregandolo ad altri figli della perdizione. Alcuni brani del Nuovo Testamento possono bene illuminarci.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi (Mt 23,13.15). Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,17-20). Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati (At 2,42-47). Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire. Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore; vigilate perché nessuno si privi della grazia di Dio. Non spunti né cresca in mezzo a voi alcuna radice velenosa, che provochi danni e molti ne siano contagiati. Non vi sia nessun fornicatore, o profanatore, come Esaù che, in cambio di una sola pietanza, vendette la sua primogenitura. E voi ben sapete che in seguito, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto: non trovò, infatti, spazio per un cambiamento, sebbene glielo richiedesse con lacrime (Eb 12,12-17).
Senza un’azione missionaria di formazione interna forte, sostenuta, perenne, senza alcuna interruzione, la missione esterna sarà sempre un fallimento. Prima di ogni cosa per assenza di missionari e poi perché i convertiti a Cristo vengono inseriti in una comunità tiepida, vacillante, senza alcuna vera fede e in essa si perdono.
Ma giunsero da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori della città, credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe. Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.
Le tentazioni contro la fede sono molteplici. Basta leggere la Prima Lettera ai Corinzi e quella ai Galati e ci si accorge che in poco tempo in queste comunità la vera fede era stata smarrita. Paolo con fermezza di Spirito Santo la ripianta nei cuori di tutti. Oggi proprio questa azione di ripiantare la vera fede in Cristo Gesù sta venendo meno ed allora i cuori si sentono smarriti, confusi, disorientati. Senza fede non c’è Chiesa.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i responsabili della fede la piantino in ogni cuore.
Dissentivano e discutevano animatamente
At 15,1-6; Sal 121; Gv 15,1-8
22 MAGGIO
Da Paolo, Apostolo di Gesù Cristo, dobbiamo tutti apprendere una sola regola se vogliamo agire santamente, secondo verità, nella Chiesa e nel mondo. Dobbiamo essere fermi nei principi sui quali si fonda la nostra fede in Cristo e il nostro essere discepoli del Signore. Se i principi vengono scalzati dal cuore e dalla mente, muore la fede, di conseguenza muore anche la Chiesa. Paolo è l’uomo saggio, forte, risoluto, invincibile. Sui principi non cede in nulla. Se cedesse, tutta la fede si ridurrebbe a falsità e nessuna salvezza e redenzione, ma anche nessuna comunità di salvezza e di redenzione sussisterebbe. Chi ama Cristo e la sua Chiesa deve salvare i principii di fede, verità, carità, speranza, giustizia sui quali il mistero della salvezza si fonda. La Lettera ai Galati ci attesta e manifesta tutta la fermezza di Paolo nella difesa della fede.
Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. Ora neppure Tito, che era con me, benché fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere; e questo contro i falsi fratelli intrusi, i quali si erano infiltrati a spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi; ma a loro non cedemmo, non sottomettendoci neppure per un istante, perché la verità del Vangelo continuasse a rimanere salda tra voi (Gal 2,1-5). O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede? (Gal 3,1-5).
Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! (Gal 5,7-12).
Introdurre un principio falso, di non verità secondo Cristo Gesù e lo Spirito Santo, significa falsificare tutto il mistero. Ognuno è obbligato ad una duplice vigilanza. A non introdurre principi falsi. A mettere ogni forza per opporsi ad ogni principio falso.
Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro.
La Chiesa vive il ministero dell’ultimo discernimento negli Apostoli del Signore. Quando tra i discepoli di Gesù sorgono questioni su principi essenziali, primari della fede, sempre si deve ricorrere agli Apostoli. Quando tra gli Apostoli non vi è comunione nella verità, è cosa necessaria che si interroghi Pietro. L’ultima Parola spetta a Lui.
Madre di Dio, Angeli, Santi non permettete che i principi della fede vengano meno.
Quelli che dalle nazioni si convertono a Dio
At 15,7-21; Sal 95; Gv 15,9-11
23 MAGGIO
La Chiesa che nasce dal Cenacolo è composta interamente da figli di Abramo, da circoncisi che già osservavano la Legge di Mosè. Noi sappiamo – ce lo insegna la Lettera agli Ebrei – che con il Sacrificio di Gesù Signore tutti gli antichi sacrifici animali non avevano più ragione di esistere. Lo Spirito Santo lo dichiara con divina luce. Anche sui cibi lo Spirito Santo aveva dato una luce chiarissima per voce dello stesso Gesù Signore. Tutta la legge rituale era caduta. Aveva perso il suo valore.
È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre. Cristo avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati (Eb 10,4-18). Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,14-23).
Accertato che la Legge non giustifica nessun uomo, resta un problema morale da risolvere. Possono quelli che si convertono a Cristo dai pagani venire incontro ai loro fratelli che si convertono dai Giudei? Giacomo fa appello alla carità che sempre deve animare il corpo di Cristo. Si chiede ai convertiti dal paganesimo di vivere la carità.
Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: «Fratelli, voi sapete che, già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, così come loro». Tutta l’assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quali grandi segni e prodigi Dio aveva compiuto tra le nazioni per mezzo loro. Quando essi ebbero finito di parlare, Giacomo prese la parola e disse: «Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere dalle genti un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide, che era caduta; ne riedificherò le rovine e la rialzerò, perché cerchino il Signore anche gli altri uomini e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che fa queste cose, note da sempre. Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. Fin dai tempi antichi, infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe».
La carità da vivere consiste nell’osservanza di quattro regole: “Astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue”. Di queste quattro norme due rimangono in eterno perché sono di ordine morale: totale distacco dall’idolatria e dalle unione illegittime. Le altre due, essendo di ordine rituale, con il tempo sono cadute. La Chiesa vive non solo di verità ma anche di somma carità. La fede, se non è animata dalla carità, allontana anziché attrarre.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che nei cristiani fede e carità siano una cosa sola.
Con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi
At 15,22-31; Sal 56; Gv 15,12-17
24 MAGGIO
Nella Chiesa di Dio ognuno ha l’obbligo di annunziare ai fratelli di fede e anche al mondo intero solo la Parola del Signore, secondo la verità dello Spirito Santo. Ha anche l’obbligo di mostrare concretamente come il Vangelo si vive. Tutti sono chiamati a custodire i loro pensieri del più profondo del loro cuore, al fine di non sconvolgere i cuori dei fratelli credenti o anche non credenti. Sempre deve essere fatta la differenza tra la Parola di Dio e le nostre chiacchiere, o discussioni vane, o discorsi che vengono dalla carne e non dallo Spirito del Signore. Ecco cosa San Paolo insegna a Timoteo.
Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità. Evita le chiacchiere vuote e perverse, perché spingono sempre più all’empietà quelli che le fanno; la parola di costoro infatti si propagherà come una cancrena. Fra questi vi sono Imeneo e Filèto, i quali hanno deviato dalla verità, sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e così sconvolgono la fede di alcuni. Tuttavia le solide fondamenta gettate da Dio resistono e portano questo sigillo: Il Signore conosce quelli che sono suoi, e ancora: Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore. In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli. Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona. Sta’ lontano dalle passioni della gioventù; cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro. Evita inoltre le discussioni sciocche e da ignoranti, sapendo che provocano litigi. Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che li tiene prigionieri perché facciano la sua volontà (2Tm 2,14-26).
Se ognuno di noi, parlando della fede, carità, speranza che sono in Cristo Gesù, togliesse dalla sua bocca ogni parola vana, ogni chiacchiera inutile, ogni discorso inopportuno, ogni pensiero che viene dalla carne e non dallo Spirito Santo, vi sarebbe un grande silenzio. L’inquinamento della Parola di Cristo Signore oggi è il vero problema dei cristiani. Chi più e chi meno la imbrattiamo con le nostre vane e peccaminose filosofie e ideologie strane. L’onestà ci obbliga alla più santa fedeltà.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!». Quelli allora si congedarono e scesero ad Antiòchia; riunita l’assemblea, consegnarono la lettera. Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.
Le decisioni che la Chiesa prende non si promulgano a modo di editto o di bando. La Chiesa di Cristo Gesù è gerarchicamente strutturata e ognuno è responsabile per la sua parte del popolo di Dio. Il Papa comunica le sue decisioni di fede ai Vescovi. I Vescovi le comunicano ai loro collaboratori, i Presbiteri. I Presbiteri ammaestrano il gregge loro affidato. È questa la santa regola della trasmissione della verità. Né i fedeli possono saltare il Presbitero, né i Presbiteri il Vescovo o viceversa. Il salto può avvenire quando un diretto è gravemente leso e si vuole chiedere il rispetto di esso.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani camminino tutti nella Legge di Cristo.
Vieni in Macedonia e aiutaci!
At 16,1-1 0; Sal 99; Gv 15,18-21
25 MAGGIO
La missione evangelizzatrice è opera dello Spirito Santo. È Lui che attrae le persone alla Chiesa ed è Lui che manda le persone della Chiesa dove Lui vuole che il Vangelo sia predicato. Il giorno di Pentecoste lo Spirito Santo raduna davanti al Cenacolo una grande folla. Servendosi di una persecuzione fa spostare i cristiani in altri territori e la Parola del Vangelo viene annunziata anche ai pagani. È Lui che manda Filippo ad illuminare il funzionario della regina Candace e a battezzarlo. È Lui che manda Pietro nella casa di Cornelio per aprire la porta della fede ai pagani. È Lui che vuole che Saulo e Barnaba gli siano riservati per la missione alla quale Lui li ha chiamati. È Lui che sempre guida i passi di Paolo di luogo in luogo. Tutto è dallo Spirito del Signore.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l’un l’altro: «Che cosa significa questo?». Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di vino dolce» (At 2,5-13). Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola (At 8,4). Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta» (At 8,26). Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: «Ecco, tre uomini ti cercano; àlzati, scendi e va’ con loro senza esitare, perché sono io che li ho mandati» (At 10,19-20). C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro (At 131-5).
Paolo ha progettato di recarsi presso i Galati a far visita alla comunità di quella regione. Lo Spirito Santo lo guida con mano invisibile verso la Macedonia. Vuole che dall’Asia passi prima in territorio macedone e poi si sposti in Acaia. Questa volta lo Spirito del Signore si serve di un sogno. Nella Scrittura spesse volte il Signore si serve dei sogni per comunicare la sua volontà. Nel sogno, un Macedone chiede a Paolo di essere salvato. Paolo ritiene che quella sia la volontà del Signore e abbandona l’Asia.
Paolo si recò anche a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco. Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galazia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. 9Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedonia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.
Quando un missionario di Cristo Gesù pone la sua vita nelle mani dello Spirito Santo, sempre lo Spirito del Signore lo guida secondo la sua volontà. Chi si affida allo Spirito non deve fare progetti e obbligarsi ad essi. Può progettare, ma sempre prestando somma attenzione ad ogni desiderio dello Spirito Santo a lui manifestato per molte vie.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci liberi di cuore e mente per seguire lo Spirito di Dio.
Salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani
At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29
26 MAGGIO – VI DOMENICA DI PASQUA
In ordine alla trasmissione della Parola, la custodia e la difesa della fede in Cristo Gesù, nella Chiesa vi sono delle regole da rispettare. L’obbedienza alle regole è obbedienza alla fede. La disobbedienza alle regole e disobbedienza alla fede. La Parola è del Padre e Cristo è del Padre. Il Padre dona Cristo e la Parola di Cristo agli Apostoli. Sono essi che fino alla venuta di Gesù nell’ultimo giorno, dovranno dare al mondo Cristo e la Parola, Cristo secondo la Parola ad ogni uomo. Gli Apostoli dovranno dare Cristo e la Parola non in modo isolato, ma nell’unità di un solo corpo apostolico o collegio, gerarchicamente sotto la guida di Pietro, al quale Gesù ha dato il potere di pascere pecore e agnelli. Gli Apostoli si avvalgono per dare Cristo e la sua Parola, la sua grazia e la verità, dei loro collaboratori, i Presbiteri. Ma anche i presbiteri devono vivere il loro ministero non isolatamente, come unico corpo presbiterale sotto la guida del Vescovo che è il loro Pastore nello Spirito Santo. Se questa unità e comunione gerarchica viene rotta, si è nella disobbedienza alle regole della fede e Cristo e la Parola diventano all’istante un nostro Cristo e una nostra Parola. Non generiamo più nel mondo veri salvati perché non diamo loro il vero Salvatore e la vera Parola. In comunione con i presbiteri devono essere i fedeli laici. È il Presbitero il loro Pastore che dovrà nutrirli della vera Parola e del vero Cristo per essere loro salvati e per portare ognuno secondo il suo particolare dono di grazia salvezza nel mondo.
Quando nella Chiesa sorgono controversie, divergenze circa il vero Cristo, la vera Parola, la vera fede, la vera morale, allora è giusto che si ricorra alle regole della Chiesa che sono il confronto con il Vescovo per il presbitero e con il Papa per il Vescovo, e per il Papa con gli altri Vescovi e con tutta la Chiesa, se è ritenuto necessario. Nessuno da solo – tranne il Papa che gode del carisma dell’infallibilità – può risolvere i problemi di fede e di morale che nascono dalla Parola. La comunione nella fede deve essere anche comunione nella difesa della fede. Sempre però nel rispetto delle regole date da Cristo Signore. La non osservanza delle regole è non amore per Cristo, non amore per la Chiesa, non amore per i fedeli, non amore per il mondo. La confusione non ha mai generato salvezza. La confusione è l’orto di Satana.
Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».
Altra regola da osservare è quella inerente alla trasmissione delle decisioni prese circa la fede e la morale. Queste non vanno mai lasciate alla libera interpretazione del singolo credente. Spetta ai Vescovi offrire la giusta interpretazione ai Presbiteri. Spetta ai Presbiteri dare la verità di fede e di morale in esse contenute a tutta la comunità che essi presiedono nel nome di Cristo sotto la guida dello Spirito Santo. Da qualche tempo nella Chiesa il soggettivismo sta prendendo il posto della comunità gerarchicamente strutturata. Le opinioni personali stanno uccidendo la verità oggettiva della fede.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate i cristiani a rispettare ogni regola della fede.
Se mi avete giudicata fedele al Signore
At 16,11 -15; Sal 149; Gv 15,26- 16,4a
27 MAGGIO
Il missionario del Vangelo della salvezza da Cristo Gesù è stato consegnato nelle mani del Padre. Lui va per il mondo per nutrire i cuori della Parola della salvezza che si ottiene per la fede in Gesù Signore, e il Padre celeste provvede a tutto ciò che è necessario per il suo corpo, il suo spirito, la sua anima. Fedeltà per fedeltà, giustizia per giustizia, provvidenza per provvidenza. Tutto però è dalla fedeltà, dalla giustizia, dalla provvidenza del missionario. Lui porta il Vangelo. Il Padre provvede per lui. Le vie della provvidenza del Padre sono misteriose, non conoscibili prima che accadano.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città (Mt 10,5-15).
San Paolo possiede lui una regola per provvedere a se stesso. Non chiedere a Dio né ai fratelli se non ciò che è strettamente indispensabile. La sua sobrietà è così alta da essere abituato ad ogni privazione. Lui è capace di qualsiasi rinuncia. Nulla gli è necessario. Tutto fa per il Vangelo. Rinunzia ad ogni diritto che gli viene dal Vangelo.
Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza (Fil 4,10-13). Non sapete che quelli che celebrano il culto, dal culto traggono il vitto, e quelli che servono all’altare, dall’altare ricevono la loro parte? Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunciano il Vangelo vivano del Vangelo. Io invece non mi sono avvalso di alcuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché si faccia in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto! Infatti annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo (1Cor 9,13-18).
Oggi il Padre che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli dei campi, muove il cuore di una donna ad invitare Paolo e gli Altri a casa sua. Li invita con insistenza.
Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni. Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite. Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.
Notiamo la delicatezza di questa donna: “Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa”. Non ci sono motivi umani, ma solo di purissima fede. I motivi umani vanno tutti aboliti sia in chi invita e sia in chi è invitato. Il motivo umano può trasformarsi in un grave danno nei confronti del Vangelo e della fede.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che nessun motivo umano si intrometta nel Vangelo.
Non farti del male, siamo tutti qui
At 16,22-34; Sal 137; Gv 16,5-11
28 MAGGIO
Il mistero della salvezza è interamente governato dal Signore. È Lui che nella sua sapienza eterna conosce vie e momenti perché la Parola giunga ad un cuore. Nel Vangelo nessun incontro con Gesù è casuale. Vi è in essi la divina sapienza dello Spirito Santo e la sua mozione che tutto governa e tutto conduce. Chi esclude la sapienza dello Spirito Santo perde la verità di tutta la Scrittura, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, ma anche della vita del corpo di Cristo che cammina nella storia. Proviamo a riflettere su queste vie misteriose dello Spirito Santo. Vi è un carceriere e la sua famiglia che devono notte e giorno vigilare su quanti sono carcerati, sia perché non fuggano dalla prigione e sia anche perché si provveda quanto è loro necessario per vivere. Quest’uomo non può uscire dal carcere. Paolo non può entrare di sua volontà in esso. C’è un tumulto contro Paolo e Sila, Intervengono i magistrati, fanno loro strappare le vesti, ordinano che vengano bastonati e gettati in carcere, ordinando al carceriere di fare buona guardia. Fin qui tutto potrebbe apparire opera degli uomini.
Quanto succede nella notte in nessun modo può dirsi opera degli uomini. Viene un forte terremoto. Scuote le porte e le pareti della prigione, mentre Paolo e Sila cantano inni di lode al Signore. Potrebbero tutti fuggire dalla prigione. Le condizioni sono favorevoli. Ma nessuno scappa. Tutti restano. Il carceriere pensando che i prigionieri siano tutti scappati via, sfodera la spada e sta per uccidersi. Per lui è una grande vergogna essere accusato di negligenza. Anziché lasciarsi uccidere, preferisce uccidersi. Ma Paolo gli grida di non farsi del male. Loro non sono fuggiti. Sono tutti rimasti nel carcere. Tra Paolo, Sila e il carceriere inizia un intenso dialogo di fede e alla fine il carceriere chiede il battesimo. Fu battezzato lui con tutta la sua famiglia. Quanto avviene nella vita di Paolo e Sila è uno schiaffo morale dato a noi, moderni predicatori del Vangelo. Noi pensiamo che tutto dipenda dalle nostre tecniche pastorali e dalle nostre strategie intellettuali. Non vogliamo convincerci che la pastorale si fa in quattro. Questo però in perfetta unità. La Pastorale è fatta dal Padre e dal Figlio e dallo Spirito Santo e dal missionario che ha consegnato loro non solo lo spirito o l’anima, ma anche il corpo. Se per la salvezza di un cuore è necessaria una grande sofferenza fisica, il missionario deve offrire il corpo alla sofferenza fisica. Se è necessaria una sofferenza spirituale, lui deve offrire il suo spirito ad ogni sofferenza frutto di calunnia e ogni altra parola malvagia e crudele. Tutta la persona del missionario deve essere offerta.
La folla allora insorse contro di loro e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
Urge oggi innalzare la missione di salvezza dalla terra al cielo. Urge introdurre in essa con grande determinazione da parte del missionario tutto l’amore del Padre, tutta la grazia di Cristo Gesù, tutta la comunione dello Spirito Santo. Urge che la persona del missionario si consegni interamente alla Beata Trinità. Se questa consegna non avviene, di sicuro il missionario si consegnerà al mondo. La Beata Trinità non potrà più intervenire e il portatore del Vangelo sperimenterà la sua vanità e inutilità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che Beata Trinità e missionario siano una cosa sola.
Su questo ti sentiremo un’altra volta
At 17,15.22-18,1; Sal 148; Gv 16,12-15
29 MAGGIO
Nel Vangelo secondo Giovanni, Gesù prima di iniziare un dialogo nel quale rivelare la verità sulla sua Persona e sulla sua missione, spesse volte compie un miracolo dal quale prende l’avvio. Altre volte dona dei segni di verità che deve aprire alla fede nella sua Parola. Così avviene con il paralitico presso la piscina di Betzatà, con il segno dato alla Samaritana, con la moltiplicazione dei pani, con l’invito a gettare la prima pietra sull’adultera partendo da colui che era senza peccato. Con il cieco nato, solo alla fine Gesù si rivela come la luce del mondo. La risurrezione di Lazzaro invece è preceduta da un lungo discorso sulla risurrezione. La metodologia di Gesù è sempre guidata e condotta dallo Spirito Santo. Personalmente sono convinto che il Signore abbia guidato e fondato il discorso di Paolo in Atene, presso l’Areopago, prima partendo dalla loro storia e poi con l’annunzio della risurrezione di Gesù, perché sperimentasse che certe vie proprio non vanno con il mondo. Da questa esperienza lui prende la decisione di predicare Cristo e questi crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci. Cristo Gesù va annunziato in modo esplicito, diretto, offrendo i segni che vengono dalla parola che si annunzia e non seguendo vie umane di sapienza e o di intelligenza. Chi deve convertire i cuori non sono le parole tratte dall’uomo o dalla sua esperienza. Sono invece le Parole che lo Spirito Santo mette sulle nostre labbra e che annunziano direttamente il mistero. Il dialogo a questo serve nel Vangelo: a rivelare secondo le regole e i suggerimenti dello Spirito Santo la verità di Cristo, nel quale vi è la salvezza e la redenzione, perché è Gesù stesso la salvezza e la redenzione. Non solo è Lui, non solo è per Lui, ma è anche in Lui, nel suo corpo, per Lui, attraverso il suo corpo.
Quelli che accompagnavano Paolo lo condussero fino ad Atene e ripartirono con l’ordine, per Sila e Timòteo, di raggiungerlo al più presto. Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”.
Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta». Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro. Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.
Abbiamo fatto un’esperienza secolare di annunziare al mondo parole di giustizia umana, di sapienza umana, di verità umana, di principi umani, di verità non negoziabili. Qual è stato il risultato? Abbiamo consumato invano le nostre energie. Abbiamo sostituito la morale con Cristo e abbiamo voluto che un corpo di peccato agisse come corpo spirituale, senza però immergerlo nel corpo di Cristo per opera dello Spirito Santo. Ritengo sia venuta l’ora di riprendere l’annunzio di Cristo Crocifisso come il solo, l’unico che può trasformare, cambiare, creare la nostra natura, liberandola dal suo peccato ed elevandola alla partecipazione della natura divina. O mettiamo Cristo nel cuore dell’uomo e l’uomo nel cuore di Cristo, o la nostra missione di cristiani sarà in eterno sterile e senza alcun frutto. Nessun altro potrà mai trasformare la nostra natura.
Madre di Dio, Angeli, Santi, venite in nostro soccorso e liberateci da ogni stoltezza.
Testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo
At 18,1-8; Sal 97; Gv 16,16-20
30 MAGGIO
Il cristiano – Papa, Vescovo, Presbitero, Diacono, Cresimato, Battezzato – deve sapere che lui non è mandato nel mondo per annunziare una morale più alta di quella delle altre religioni. Lui non deve predicare una morale, ma una Persona. Lui deve annunziare Gesù e il suo Vangelo, Gesù vero Dio e Figlio di Dio, vero Salvatore e Redentore, vero Cristo di Dio, mandato dal Padre, nella comunione dello Spirito Santo e rivestito di Lui, per compiere l’umana redenzione, che non è il passaggio da una morale fragile ad una morale forte, bensì il passaggio, per sostanziale trasformazione o vera nuova creazione, dalla natura di peccato alla natura divina, dalla carne allo spirito, dalla vanità alla verità, dal non essere o dall’essere in una natura confusa, smarrita, e priva della sua identità ed essenza di origine ad una verità più alta della sua prima creazione, quando il Signore lo fece a sua immagine e somiglianza.
Se il cristiano non porta Cristo, non annunzia Cristo, non converte a Cristo, non porta l’uomo in Cristo, non fa il corpo di Cristo, per la sua mediazione di evangelizzazione e di santificazione e per l’opera dello Spirito di Cristo, la sua azione è opera da filosofo, psicologo, antropologo, sociologo, filantropo, ma non è evangelizzazione, perché l’evangelizzazione ha un fine preciso: annunziare ad ogni uomo – è questa la lieta notizia, la buona novella – che la sua schiavitù del peccato e della morte è finita. Dio è venuto a liberarlo. Lo libera però con modalità scelte da Lui che rimangono immutate nei secoli. La salvezza è per Cristo, ma anche necessariamente in Cristo e con Cristo. È per Cristo, in Cristo e con Cristo, se è per il corpo di Cristo, nel corpo di Cristo che è la sua Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. L’aggregazione alla Chiesa è essenza della vera salvezza. Il seno della Chiesa è in tutto simile al seno del Padre, al seno del Figlio, al seno dello Spirito Santo. È per il seno della Chiesa che l’uomo nasce come vero figlio di Dio, in Cristo, per lo Spirito Santo, e cresce portando a pieno compimento la sua nuova umanità ricevuta in dono. Senza l’opera della Chiesa sarà sempre vana l’opera di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo.
Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. Quando Sila e Timòteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne andrò dai pagani». Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.
Gesù viene predicato, annunziato. Il suo mistero illuminato con il conforto della storia e delle Sacre Scritture. Viene mostrato con la vita nuova, che serve come testimonianza della verità della Parola che si dice. Se il cristiano non mostra al mondo la verità di Cristo con la sua vita nuova, il suo annunzio è pura ideologia, al massimo una filosofia che lavora di pensiero, ma non di realtà, perché poi la realtà rimane sempre la stessa. Il filosofo antico poteva essere un grande filosofo e un pederasta, il cristiano non può essere cristiano e pederasta. Cristiano e adultero, cristiano e ladro, cristiano e idolatra, cristiano e pieno di vizi. La sua natura nuova è essenza alla testimonianza da rendere a Cristo. Cristo Gesù è il mio Salvatore e io vi annunzio con la mia carne che la sua salvezza è vera. Il cristiano dona Cristo mostrandosi a Lui conformato nel corpo, nell’anima, nello spirito. Ad ogni uomo la responsabilità eterna di accogliere Cristo o di rifiutarlo, di vivere in Lui e con Lui e per Lui, o continuare a vivere per il peccato, nel peccato, con il peccato. Quando Cristo è rifiutato, il cristiano non ha più nulla da dare.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che il Vangelo diventi vana filantropia.
Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente
Sof 3,14-18a o pp. Rm 12,9-16b; e Is 12,2-6; Lc 1,39-56
31 MAGGIO
Il profeta Sofonia prima mette in evidenza i frutti di tristezza e pianto con i quali si nutre il popolo di Dio quando abbandona il suo Signore, disobbedendo alla sua Legge. Non c’è pace né vita nel popolo appena esso si allontana per disobbedienza ai Comandamenti ai quali ha presto solenne giuramento di fedeltà e di amore perenne.
Guai alla città ribelle e impura, alla città che opprime! Non ha ascoltato la voce, non ha accettato la correzione. Non ha confidato nel Signore, non si è rivolta al suo Dio. I suoi capi in mezzo ad essa sono leoni ruggenti, i suoi giudici sono lupi di sera, che non hanno rosicchiato al mattino. I suoi profeti sono boriosi, uomini fraudolenti. I suoi sacerdoti profanano le cose sacre, violano la legge. In mezzo ad essa il Signore è giusto, non commette iniquità; ogni mattino dà il suo giudizio, come la luce che non viene mai meno, ma l’iniquo non conosce vergogna. «Ho eliminato le nazioni, le loro torri sono state distrutte; ho reso deserte le loro strade, non c’è neppure un passante, sono state devastate le loro città e nessuno le abita più. Io pensavo: “Almeno ora mi temerà, accoglierà la correzione! Così la sua abitazione non sarà colpita da tutte le punizioni che le avevo inflitto”.
Ma invece si sono affrettati a pervertire di nuovo ogni loro azione. Perciò aspettatemi – oracolo del Signore – quando mi leverò per accusare, perché ho decretato di radunare le nazioni, di convocare i regni, per riversare su di loro la mia collera, tutta la mia ira ardente; poiché dal fuoco della mia gelosia sarà consumata tutta la terra. Allora io darò ai popoli un labbro puro, perché invochino tutti il nome del Signore e lo servano tutti sotto lo stesso giogo. Da oltre i fiumi di Etiopia coloro che mi pregano, tutti quelli che ho disperso, mi porteranno offerte. In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti commessi contro di me, perché allora allontanerò da te tutti i superbi gaudenti, e tu cesserai di inorgoglirti sopra il mio santo monte. Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero». Confiderà nel nome del Signore il resto d’Israele. Non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti (Sof 3,1-13).
Il Signore scende con tutta la potenza del suo amore e della sua misericordia, conduce il suo popolo nel deserto spirituale di Babilonia, terra di dura schiavitù. Il popolo si converte, ritorna al suo Dio, osserva la sua legge, mostra la sua fedeltà al patto giurato. Quando il popolo è nella Legge il Signore è nel popolo, ritorna ad abitare in Sion. La presenza di Dio nel suo popolo è più che il suolo sulla terra. Dio ritorna e ogni vita ritorna. Ogni dono di Dio ritorna. Ogni benedizione ritorna. Si passa dalla miseria all’abbondanza, dal lutto alla gioia, dalla tristezza alla festa. Perché tutto questo avvenga non basta vivere di obbedienza alla Legge, ma anche di purissima fede nel Signore che sempre attua ciò che promette. La storia è lutto, miseria, tristezza, povertà, assenza di ogni bene. La fede deve sostenere i figli d’Israele. Come il Signore interverrà nella mia morte non lo so. So invece che Lui interverrà con mano potente.
Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». «Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te. Sono la vergogna che grava su di te.
Oggi la nostra storia è triste, misera, piena di lutti. Oggi stiamo mangiando tutti i frutti dei nostri peccati. Sofonia ci ammonisce severamente, invitandoci a ritornare nella Legge e nella fede. Non nella fede senza Legge e neanche nella Legge senza la fede. La fede è nella Legge perché si perseveri sempre in essa. La fede nella Legge deve necessariamente essere fede in Dio e nella sua fedeltà ad ogni Parola da Lui proferita. Lui ha detto che sarà per noi Salvatore potente e Salvatore potente sarà. La nostra storia, anche se è come il nulla prima della creazione, dal Signore sarà assunta e trasformata con la sua divina onnipotenza che è sempre creatrice. Dio è il Fedele.
Madre di Dio, Angeli, Santi, accrescete in noi la fede nel Vangelo e in Cristo Gesù.