Commento teologico alla prima lettura – Maggio 2018

1 MAGGIO

DIO BENEDISSE IL SETTIMO GIORNO
Gn 1.26-2.3 opp. Col 3.14-15.17.23-24; Sal 89; Mt 13,54-58

Dio, il Creatore di tutto ciò che esiste, è anche il solo Signore. Non solo la creazione è dalla sua volontà, ma anche l’uso di tutto ciò che esiste è dalla sua volontà, che a noi è stata manifestata nei suoi Dieci Comandamenti, ai quali ogni uomo è obbligato ad una obbedienza perfetta senza alcuna interruzione, pena di uscire dalla vita ed entrare nella morte, abbandonare la benedizione e precipitare nella maledizione, perdere la beatitudine eterna, se non si ritorna in essi, per finire nelle tenebre e nella disperazione senza più ritorno. I Comandamenti regolano ogni relazione dell’uomo con Dio, con il tempo, i genitori, il corpo, la sessualità, le cose, le parole, gli stessi desideri. La vita è nell’uso di ogni realtà secondo la divina volontà manifestata, rivelata, codificata. La morte è nella trasgressione anche di uno solo dei Comandamenti del Creatore.

Come Dio ha creato il cielo e la terra e tutto ciò che esiste in essi in “soli sei giorni”, così l’uomo deve “creare” tutto ciò che gli serve per vivere anche lui in soli sei giorni. Il tempo giorno non è stato dato all’uomo. Dio lo ha benedetto e consacrato a sé. Esso non appartiene alla profanità, ma alla sacralità, mai potrà essere usato per la profanità. Quando Dio consacra una cosa a sé o l’uomo consacra qualcosa al suo Dio, questa cosa non è più dell’uomo. È di Dio. Si deve fare di essa l’uso che il Signore comanda che venga fatto. L’uso del sabato non riguarda solo l’uomo, ma anche gli animali domestici di cui si serve l’uomo per il suo quotidiana lavoro. Anch’essi devono astenersi da ogni lavoro servire. Anche per loro è giorno di assoluto riposo. Nessun profitto materiale l’uomo deve trarre per sé in questo giorno. Inoltre deve consegnarsi al riposo. Infine deve viverlo dedicando tutto il tempo per mettersi in più stretta comunione con il suo Signore. In questo giorno si è chiamati ad amare Dio e i fratelli in modo più vero, intenso, senza alcun affanno. È un giorno dedicato al bene. è anche un giorno in cui l’uomo alza lo sguardo dalla terra e lo orienta verso il cielo, non cura solo il suo corpo, perché anche l’anima va curata. Non vive solo per se stesso, vive anche per i suoi fratelli, specie quelli più deboli e infermi. Il settimo giorno deve essere diverso da tutti gli altri sei giorni. In esso l’uomo vive intensamente la sua vera umanità. Porta sulla terra le modalità dei cieli eterni, quando finalmente non si lavorerà più in eterno.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando.

Gesù visse questo giorno, facendo le cose del Padre suo. Andava nelle sinagoghe e spesso prendeva la parola. In alcune occasioni ha anche guarito qualche paralitico. Come Gesù diceva una parola ai cuori senza infrangere la Legge del Padre suo, così diceva anche qualche parola ai corpi senza per questo trasgredire la Legge del Padre. Una parola di bene all’anima e al corpo può sempre essere detta. Anzi è cosa sommamente raccomandata in questo giorno l’uso della parola per fare tutto il bene possibile. Si può consolare, confortare, illuminare, svolgere ogni ministero sacro a servizio del popolo del Signore. Una cosa mai si dovrà fare: vivere da schiavi dei beni della terra e dedicare il tempo consacrato al Signore per produrne altri. Quando ciò accade, non solo i beni prodotti infracidiscono, si perdono anche gli altri sei giorni.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci l’uso del sabato.

 

2 MAGGIO

PAOLO E BÀRNABA DISSENTIVANO
At 15,1-6, Sal 121; Gv 15,1-8

La circoncisione non è stata mai un segno di salvezza, ma solo di appartenenza al popolo di Dio. Mai la salvezza viene dalla circoncisione, ma dalla fede in Cristo Gesù. Questa verità è stupendamente manifestata da Paolo nella Lettera ai Galati.

Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo! Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco (Gal 1,6-17).

Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano. O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede? (Gal 2,15-3,5).

Neanche la Legge modificava la struttura del corpo di peccato dell’uomo. Solo la fede in Cristo e l’immersione nella sua morte e risurrezione, fa morire l’uomo vecchio e fa nascere l’uomo nuovo. La fede in Cristo è nella sua Parola, nella sua grazia e verità. Siamo redenti, giustificati, salvati per grazia dalla grazia e dalla verità di Gesù Signore.

Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro. Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: «È necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè». Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.

Con forza, animatamente, Paolo e Bàrnaba dissentono dalla teorie dei Giudei che la salvezza viene dalla circoncisione. Se essa non viene neanche dall’Antica Alleanza, potrà mai venire dalla circoncisione? La Nuova Alleanza è nella creazione dell’uomo nuovo e questa creazione è data solo dalla fede in Cristo. Si accoglie Cristo, si crede nella sua Parola, ci si immerge ne battesimo, si è nella vera salvezza. Altro non serve.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di retta fede in Cristo.

 

3 MAGGIO

INOLTRE APPARVE A GIACOMO
1 Cor 15,1-8; Sal 18; Gv 14,6-14

La fede nella risurrezione nasce dall’annunzio. Gli Angeli rivelano il mistero alle donne accorse al sepolcro, invitandole a trasmettere la notizia ai suoi discepoli. Dopo l’annunzio degli Angeli, Gesù appare alle donne e dopo l’annunzio delle donne, appare anche ai discepoli. L’annunzio viene poi confermato dalla visione. Garante della verità del mistero non è la visione del Cristo Risorto. Garanti sono gli apostoli. Sono essi i testimoni prescelti da Dio che devono andare per il mondo ad annunziare il mistero. Altra verità che va messa in chiara luce ci dice che il mistero di Cristo è uno solo, anche se esso si compone di molteplici verità. Esso è fatto di preesistenza eterna per generazione dal Padre, di incarnazione nel seno della Vergine Maria, di predicazione del regno, di conversione alla sua Parola, di passione, morte, risurrezione, gloriosa ascensione al cielo, di dono dello Spirito Santo, di grazia e verità, di vita eterna. Per la redenzione e salvezza di ogni uomo. Se il mistero è uno, esso va creduto nella sua unità. Poiché ogni verità del mistero è essenza per le altre verità, se si esclude una sola verità, tutte le altre cadono. Non c’è più il mistero di Gesù. Esistono solo delle teorie umane su di Lui, ma le teorie non sono salvezza, perché la salvezza è nel divenire ogni uomo parte essenziale del mistero di Gesù Signore.

La comunità di Corinto vive di fede lacerata, strappata, ridotta a brandelli. Di Cristo Gesù si prende qualcosa, ma si è totalmente fuori del suo mistero. Non solo alcune verità del mistero di vivono male, totalmente male, addirittura altre verità, come quella della risurrezione è negata del tutto, se non in Cristo, di certo nei suoi frutti. Paolo a questa negazione reagisce con fermezza. Prima di tutto ribadendo che la fede nasce dall’annunzio degli Apostoli. La Parola è in tutto simile ad un blocco di bronzo. Si prende tutta, si lascia tutta. Il bronzo non è divisibile, separabile, polverizzabile. O si rimane in tutta la Parola non si è più nella retta fede. Tutta la Parola dona tutta la fede. Si divide la Parola muore la fede. Non si può prendere la Parola a spicchi, a seconda delle convenienze. Se dalla Parola si toglie una sola parola, essa non è più la Parola della fede. Nella Parola della fede la risurrezione di Gesù è evento essenziale. Si esclude la risurrezione, si esce dalla fede. A nulla serve credere in Cristo Gesù. La salvezza è dalla fede conservata dalla sua purezza di annunzio e di accoglienza. Se i Corinti escono dalla purezza della fede, escono anche dalla salvezza di Gesù Signore. Questo principio valeva per ieri, vale per oggi e per sempre. Quando una sola parola viene tolta dalla Parola della fede, si esce da tutta la fede, muore la fede.

Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vi ve ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.

Di un solo testimone si potrebbe anche dubitare. Mai il Signore ha permesso che il giudizio di un uomo nella sua innocenza o colpevolezza fosse fondato su un solo testimone, sempre ne ha chiesto due o più. Gesù, per l’attestazione della verità della sua risurrezione, non si è basato su un solo testimone, ma su tutti gli apostoli, apparendo ad alcuni anche senza la presenza degli altri, così come è avvenuto con Pietro, Giacomo, la Maddalena, i due discepoli di Emmaus. Apparso non solo agli Apostoli e alle donne, ma anche a più ci cinquecento fratelli. Anche a Paolo è apparso. Dinanzi ad un numero così elevato di testimoni, non si può negare la risurrezione di Gesù. Si dichiarerebbero tutti questi uomini bugiardi e menzogneri. Uno può essere un bugiardo. Ma il numero elevato non consente che si possa dubitare. Chi nega la risurrezione di Gesù compie un atto non solo contro la fede, ma anche contro la ragione dell’uomo e la sua stessa umanità. Tutto nella vita degli uomini è fondato sulla testimonianza. Si esclude la testimonianza, non c’è più vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci persone di retta fede in Gesù.

 

4 MAGGIO

ALLO SPIRITO SANTO E A NOI
At 15,22-31; Sal 56; Gv 15,12- 17

Gli Apostoli prendono una decisione in ordine alla vita secondo la purezza della fede in Cristo Gesù. Nel raccomandare ai credenti in Cristo di accogliere quanto da essi è stato stabilito, usano una formula sulla quale è bene che noi comprendiamo, perché è racchiuso in essa il mistero della stessa autorità nella Chiesa: “È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!”. La Chiesa vive di un duplice principio di autorità: Autorità di Dio e Autorità degli Apostoli. Anche l’autorità degli Apostoli vive di un duplice principio: Autorità di Pietro da solo, autorità di Pietro in comunione con gli Apostoli o degli Apostoli in comunione con Pietro. Nel Concilio di Gerusalemme, il primo della storia della Chiesa, questi principi di autorità vengono vissuti al sommo della loro completezza: gli Apostoli con Pietro, Apostoli e Pietro con lo Spirito Santo. Quando i principi sui quali si regge l’autorità nella Chiesa vengono saltati, non c’è più servizio alla verità e di conseguenza neanche più servizio alla fede. Il popolo del Signore viene governato male.

Questo principio della duplice via per esercitare l’autorità nella Chiesa non vale solo per gli Apostoli in comunione con Pietro, ma anche ogni per ogni singolo apostolo nel governo della porzione del popolo di Dio e per ogni pastore che esercita il ministero in collaborazione con gli apostoli. Ogni pastore – papa, vescovo, presbitero – è servo della verità, non padrone di essa. Il Signore della verità è lo Spirito Santo, che è anche l’Amministratore di essa per ogni cuore. Se il pastore non è in perfetta comunione con lo Spirito del Signore, mai saprà come amministrare la verità alle anime a lui affidate. Gli Apostoli che sono in comunione con lo Spirito Santo riconoscono che le regole di prudenza dettate da Giacomo vengono dallo Spirito Santo. Se vengono dalla suprema autorità, esse vanno accolte e consegnate alla Chiesa. Dallo Spirito Santo viene la verità morale, nello Spirito Santo si riconosce che la verità viene da Lui, nello Spirito Santo si prende la decisione. L’autorità nella Chiesa è nel discernimento, nel sapere con scienza infallibile, che quanto si discerne viene dallo Spirito Santo. È come se Pietro dicesse: “Noi abbiamo interrogato lo Spirito Santo, lo abbiamo ascoltato, Lui ci ha risposto per bocca di Giacomo, noi abbiamo riconosciuto la sua autorità e la confermiamo con la nostra autorità. Quanto vi scriviamo viene da Dio”. Sempre chi esercita l’autorità nella Chiesa, ad ogni livello, deve attestare sotto responsabilità eterna che quanto lui dice viene solo da Dio. Quanto vi dico viene dal Signore.

Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. 2 inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!». Quelli allora si congedarono e scesero ad Antiòchia; riunita l’assemblea, consegnarono la lettera. Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva.

Anche San Paolo si appella a questa duplice autorità. Dio parla, l’apostolo discerne.

Da voi, forse, è partita la parola di Dio? O è giunta soltanto a voi? Chi ritiene di essere profeta o dotato di doni dello Spirito, deve riconoscere che quanto vi scrivo è comando del Signore. Se qualcuno non lo riconosce, neppure lui viene riconosciuto. Dunque, fratelli miei, desiderate intensamente la profezia e, quanto al parlare con il dono delle lingue, non impeditelo (1Cor 15,36-39).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il discernimento nello Spirito.

 

5 MAGGIO

VIENI IN MACEDONIA E AIUTACI!
At 16,1-10; Sal 99; Gv 15,18-21

L’Apostolo del Signore è solo veicolo della salvezza di Gesù. Secondo la rivelazione consegnata a Paolo, egli deve anche compiere ciò che manca ai patimenti di Cristo in favore del suo corpo che è la Chiesa. Lui deve completare e veicolare i frutti della redenzione del Salvatore dell’uomo. Queste due verità sono essenza della missione. Lui però non sa dove domani lo manderà lo Spirito Santo. Anche questa verità è da lui rivelata nel discorso di addio tenuto ai vescovi dell’Asia a Mileto.

Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza (Col 1,24-2). Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio (At 20,18-27).

Che la vita di Paolo non sia dalla sua volontà, lo attesta il cambiamento di programma da lui operato. Non certo per sua decisione, ma per chiamata dello Spirito Santo, attraverso un Macedone che gli appare in sogno. Il vero uomo di Dio sempre deve riconoscere nella storia la voce dell’uomo e quella dello Spirito Santo, operando un santo discernimento. Le vie attraverso le quali il Signore si rivela sono molteplici. L‘apostolo o il missionario di Cristo Gesù sempre deve discernere la voce dello Spirito Santo per dare immediata obbedienza a quanto Dio gli chiede per vie ordinarie, straordinarie, mediate, immediate. Nessuno potrà fare questo, se lo Spirito non è il lui.

Paolo si recò anche a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco. Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galazia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade. Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedonia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.

In un disegno eterno, imperscrutabile ad ogni uomo, è Dio che decide chi ogni suo missionario dovrà salvare e attraverso quali vie. Sappiamo per rivelazione che Lui vuole che tutti gli uomini siano salvati. Ma non sappiamo per quale suo missionario la salvezza verrà da Lui annunziata. Paolo ora viene da Dio mandato in Macedonia servendosi di un sogno. L’apostolo obbedisce e per altri popoli si apre la via della salvezza. Questa verità ci insegna che non tutti possono salvare tutti. Ognuno deve vivere in perfetta comunione con lo Spirito Santo per essere suo strumento perfetto. Se Dio non dona le anime, il missionario opera ma senza alcun frutto di salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci strumenti dello Spirito.

 

6 MAGGIO – VI DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

E ORDINÒ CHE FOSSERO BATTEZZATI
At 10,25-26.34-35.44-48; Sal 97; 1 Gv 4,7-10; Gv 15,9-17

Tutte le Antiche Profezia, ad iniziare dalla Genesi, annunziavano nella discendenza di Abramo, divenuta in seguito discendenza di Davide, la salvezza per tutti i popoli. È questa la verità che attraversa tutto l’Antico Testamento. Il Messia è luce delle genti.

Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15). L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra (Is 2,2-4). Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri» (Is 42,5-8).

L’ultima voce dell’Antico Testamento che è quello del Vecchio Simeone conferma e annunzia stessa profezia. Gesù è luce che illumina Dio presso le genti.

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,29-32).

Ora si tratta di dare attuazione alla profezia, che è essenza della Parola Antica. È il Signore che manda a chiamare Pietro perché si rechi in casa di Cornelio. Non è Pietro che va di sua spontanea volontà o per mozione interiore dello Spirito Santo. Nella casa di Cornelio è lo Spirito Santo che precede ogni decisione di Pietro e scende su Cornelio e la sua famiglia in modo visibile. Dinanzi a questa esplicita e pubblica volontà di Dio, può Pietro non dare il battesimo? Chi è lui per contraddire lo Spirito Santo?

Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!». Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Quindi lo pregarono di fermarsi alcuni giorni.

La Chiesa cammina con due “autorità” che decidono per essa. È l’Autorità divina che sempre deve essere confermata da ogni autorità apostolica. L’autorità apostolica sempre deve essere la visibilità dell’Autorità divina, l’Autorità divina sempre colei che muove l’autorità apostolica. Questa comunione mai dovrà venire meno. Una sola autorità manca o della conferma o della sua fonte. Quanto avviene nella casa di Cornelio attesta che lo Spirito Santo nei momenti forti della vita della Chiesa, sempre scende e prende Lui le decisioni per la salvezza dell’uomo. La Chiesa deve ratificarle e darle compimento.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità del mistero.

 

7 MAGGIO

IL SIGNORE LE APRÌ IL CUORE
At 16,11-15; Sal 149; Gv 15,26- 16,4a

La vita della Chiesa è fatta da due Agenti che vivono in perfetta comunione: lo Spirito Santo e i missionari di Cristo Gesù. I missionari donano la Parola, lo Spirito Santo la scrive nei cuori. Si compie così la profezia sulla Nuova Alleanza di Geremia. Non si tratta di una scrittura diretta, immediata, ma indiretta e mediata. Se l’apostolo o il missionario non parla, lo Spirito Santo non scrive. Né lo Spirito Santo senza gli apostoli o i discepoli di Gesù, né gli apostoli o i discepoli di Gesù senza lo Spirito Santo.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).

All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone (At 2,37-41).

Paolo cammina sempre nella comunione dello Spirito Santo, da Lui è mosso e guidato, preso e condotto per mano. L’apostolo parola e lo Spirito scrive nei cuori la Parola proferita dall’apostolo. Dinanzi a Paolo che parla vi è una donna di nome Lidia che sta ascoltando. Lo Spirito Santo scrive nel cuore di questa donna la Parola e lei aderisce, si converte, si lascia battezzare. Non solo lo Spirito Santo le scrive nel cuore la Parola di Paolo, la muove, la ispira perché inviti Paolo nella sua casa. Tutto è dalla comunione dell’apostolo o del missionario con lo Spirito del Signore. Senza lo Spirito di Dio nulla avviene e nulla si compie. È lo Spirito Santo l’Agente che mette in movimento la storia. È Lui che sempre la crea, sconvolgendola. Ma lui deve essere portato dall’apostolo o dal missionario di Cristo Gesù. La vita della storia è dalla comunione.

Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni. Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite. Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.

L’apostolo del Signore deve essere come il seminatore antico. Deve avere la bisaccia non solamente piena di buona Parola di Cristo Gesù, ma anche di Spirito Santo e deve seminare nei cuori la buona Parola e lo Spirito di Dio. Buona Parola e Spirito Santo devono essere nella bisaccia del suo cuore una sola cosa, altrimenti se sono due cose, non esistono in lui né la buona Parola e né lo Spirito Santo. Il suo lavoro è vano, perché o semina parola di uomini o parole di Satana, ma con esse non si edifica il regno di Dio. Paolo è un eccellente seminatore di buona Parola e di Spirito Santo. I frutti che lui raccoglie sono eccellenti, perché sempre lo Spirito di Dio scrive la buona Parola da lui annunziata nei cuori di chi ascolta. Lidia è vero frutto dello Spirito Santo sia nella conversione che nella volontà forte e risoluta di accogliere Paolo nella sua casa. La storia è sempre sterile quando l’apostolo o il missionario seminano senza la perfetta comunione con lo Spirito Santo. Mancano del Creatore di ogni vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, colmateci di Spirito Santo.

 

8 MAGGIO

NON FARTI DEL MALE, SIAMO TUTTI QUI
At 16,22-34; Sal 137; Gv 16,5-11

Le vie dello Spirito Santo per convertire un cuore sono sempre misteriose, vanno infinitamente oltre ogni umana intelligenza, sapienza, razionalità, pensiero. Questa verità Paolo l’annunzia nella Lettera ai Romani, parlando della conversione dei pagani alla fede in Cristo Gesù. L’uomo di Dio sempre deve custodire gelosamente questa verità nel suo spirito e sempre vivere ogni momento della sua storia come via di Dio per portare conversione, salvezza, redenzione, luce, consolazione, speranza. Il Signore vuole convertire a Cristo Gesù un uomo che per professione non può abbandonare il luogo di lavoro. È un carceriere costretto alla più stretta vigilanza perché nessuno affidato alla sua custodia evadesse o fuggisse dalla prigione. Poiché lui mai potrà recarsi da Paolo, il Signore manda a lui il suo apostolo. Il Creatore della storia è sempre e solo lo Spirito Santo. Dio in quella notte permette che un terremoto rompa i muri della prigione. Lo Spirito di Dio mette nel cuore di Paolo la volontà di non fuggire, ma di rimanere nel luogo dove era stato rinchiuso.

Chi può ascoltare la mozione dello Spirito di Dio? Solo colui che cammina con lo Spirito di Dio. Il missionario del Vangelo e lo Spirito Santo sempre devono vivere in perfetta comunione. Essi devono essere una cosa sola, altrimenti mai Lui potrà creare la storia della salvezza. Il carceriere, visto che la prigione non esisteva più e pensando che i prigionieri fossero tutti fuggiti, stava per togliersi la vita. A quei tempi i custodi della prione pagano con la loro vita ogni evasione che avveniva sotto la loro vigilanza. Paolo vede e subito lo invita a non fare quanto aveva deciso. I prigionieri non sono fuggiti. Sono tutti rimasti al loro posto. Paolo converte il carceriere non perché gli annunzia il Vangelo, ma perché lui vive la Parola del Signore. Il suo Dio aveva permesso che lui fosse messo in carcere e lui rimane nel carcere. Lui uscirà quando il suo Dio lo vorrà, non quando vi è l’occasione propizia per fuggire. Poiché nessuno sa la via attraverso la quale il Signore entrerà in un cuore per creare in esso la conversione e la fede nel Vangelo, l’apostolo e il missionario di Cristo Gesù sono sempre obbligati a rimanere nella volontà di Dio senza mai uscire da essa. Uscendo dalla volontà di Dio la salvezza non si compie, ma del non compimento responsabile è l’apostolo o il missionario. Paolo rimane nella volontà di Dio e produce frutti di conversione e di salvezza. La vita secondo il Vangelo via mirabile per attrarre a Cristo.

La folla allora insorse contro di loro e i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere, tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.

Gesù non salva il mondo con la sola predicazione del Vangelo. Lo salva vivendo tutta la volontà del Padre, rimanendo inchiodato sul legno della croce. Lui fu tentato perché scendesse. Se fosse sceso non avrebbe convertito nessuno, perché non avrebbe vissuto la volontà del Padre che lo aveva condotto sul legno del suo supplizio. Questa via del rimanere inchiodati sulla croce o prigione della volontà di Dio oggi estranea anche al cristiano. Bisogna che essa venga accolta come vera via di salvezza. Cristo ci ha redenti per il mistero della sua croce. Paolo salva il carceriere e la sua famiglia anche lui per il mistero della sua croce. Oggi tutti vogliono schiodarsi dalla croce dei Comandamenti e della Parola del Vangelo. Rimanere inchiodati su di essi dona vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a rimanere in croce.

 

9 MAGGIO

SU QUESTO TI SENTIREMO UN’ALTRA VOLTA
At 17,15.22-18,1; Sal 148; Gv 16,12-15

San Paolo ad Atene parla ai dotti servendosi di un linguaggio da dotti. Finché resta sulla dottrina fatta di parole di sapienza umana, su cui si può discutere all’infinito, lui viene ascoltato. Quando poi dalla dottrina passa alla storia, che è quella e non un’altra, annunziando la risurrezione di Gesù, finiscono i discorsi, le argomentazioni, le filosofie, le interminabili discussioni. La storia è realtà, fatto, evidenza. Si può sempre interpretare il fatto, ma nessuno potrà mai dichiarare il fatto non fatto. Neanche Dio può una simile cose. Cristo Gesù è il Risorto. È verità inconfutabile. È verità testimoniata. Non potendo più discutere, la risposta è una sola: “Ti sentiremo un’altra volta”. Dopo questa esperienza, Paolo prende la ferma decisione di parlare solo di Cristo e di questi Crocifisso. Non vuole rischiare di esporre a vanità la croce di Gesù.

Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Cor 1,17-25). Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio (1Cor 2,1-5).

Ad Atene si discuteva con discorsi fondati sul nulla. Cristo Gesù è invece realtà divina e umana. Lui è morto ed è risorto. Vive nei cieli eterni, assiso alla destra del Padre anche nella realtà storica della sua umanità, anche se trasformata in luce, in spirito. C’è ben poco da discutere. Si accetta. Si rifiuta. Lui non è elemento liquido come i pensieri dei dotti di Atene. Paolo decide di partire dalla concretezza della croce.

Quelli che accompagnavano Paolo lo condussero fino ad Atene e ripartirono con l’ordine, per Sila e Timòteo, di raggiungerlo al più presto. Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta». Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro. Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.

La decisione di Paolo vale per ogni evangelizzatore. La stoltezza della croce è la sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la sapienza della croce.

 

10 MAGGIO

D’ORA IN POI ME NE ANDRÒ DAI PAGANI
At 18,1-8; Sal 97; Gv 16,16-20

Per Paolo i Giudei hanno un diritto di preminenza nell’annunzio di Cristo Gesù e del suo mistero, nel quale è racchiusa la benedizione per tutti i popoli. In ogni luogo della sua missione, inizia sempre con il suo popolo. Quando i Giudei lo respingono, è allora che lui dichiara la sua irresponsabilità circa la loro perdizione e dice chiaramente che si dedicherà ai pagani, perché anch’essi possa ascoltare il Vangelo della vita. Gli Atti degli Apostoli terminano con il rifiuto dei Giudei di accogliere la via della salvezza, la citazione del profeta Isaia, la volontà manifestata di consacrarsi interamente ai pagani.

E, avendo fissato con lui un giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio. Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano. Essendo in disaccordo fra di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri padri: Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì, ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca! Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!» (At 28,23-28).

Storicamente Paolo concede al suo popolo il diritto di preminenza. Sappiamo però che in ordine al dono della salvezza e ai suoi frutti non vi è nessuna superiorità del Giudeo rispetto al Pagano. La redenzione è la stessa per tutti senza alcuna differenza. Si entra per la stessa porta: la conversione e la fede al Vangelo. Si vive allo stesso modo: dimorando gli uni e gli altri nella Parola di Gesù. Si ottiene lo stesso frutto per chi persevera sino alla fine nella fedeltà: l’eredità eterna nel Paradiso. Al Giudeo rimane la gloria e il vanto di essere stato l’albero storico che ha prodotto Cristo Signore.

Che cosa dunque ha in più il Giudeo? E qual è l’utilità della circoncisione? Grande, sotto ogni aspetto. Anzitutto perché a loro sono state affidate le parole di Dio. Che dunque? Se alcuni furono infedeli, la loro infedeltà annullerà forse la fedeltà di Dio? Impossibile! Sia chiaro invece che Dio è veritiero, mentre ogni uomo è mentitore, come sta scritto: Affinché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole e vinca quando sei giudicato (Rm 3,1-4).

Anche oggi i cristiani devono riconoscere questo vanto e questa gloria ai figli di Abramo, pregando perché anche loro possano essere benedetti nel loro vanto e gloria.

Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. Quando Sila e Timòteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne andrò dai pagani». Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.

Spesso la storia ha oscurato i pensieri di verità e di giustizia. L’errore di ieri non deve essere errore di oggi. Il cristiano deve vivere con il cuore di Cristo, il cuore di Paolo, il cuore della verità, della carità, della misericordia, del perdono, della giustizia. È giusto che venga loro riconosciuto che Cristo è un loro frutto. È grande santità imitare Cristo Gesù che sulla croce chiede il perdono non solo per essi, ma anche per i pagani, anche noi uccisori del Figlio di Dio. Rifiutato in una città, Paolo non considerava mai il male da lui subito. In un’altra città sempre cominciava da loro. È grande il suo amore per il suo popolo. Paolo così ci insegna che la responsabilità è personale. Ad ogni uomo deve essere annunziato il Vangelo ed offerta la possibilità della salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giusti e misericordiosi.

 

11 MAGGIO

IN QUESTA CITTÀ IO HO UN POPOLO NUMEROSO
At 18,9-18; Sal 46; Gv 16,20-23a

Paolo e il Signore camminano sempre insieme. Il Signore porta Paolo dove Lui vuole che Polo lo porti. Paolo porta il Signore e rimane in un luogo per tutto il tempo che il Signore reputa necessario rimanere per dare salvezza ai cuori. Dal giorno in cui il Signore lo ha costituito suo strumento di salvezza, mai Paolo è rimasto senza il Signore e mai il Signore senza Paolo. Insieme, portandosi a vicenda, per la strade del mondo! Insieme per seminare la Parola e creare salvezza in molti cuori. A volte, Paolo, mosso dal suo grande amore, elabora progetti di missione. Ma subito interviene il Signore e li modifica. Altre volte, a causa della sua umanità, avverte la paura di rimanere in un luogo, ma all’istante interviene il Signore e gli chiede di rimanere.

Un apostolo del Signore può anche pensare progetti di salvezza per l’uomo. Può anche decidere di realizzare questa o quell’altra cosa, ma prima di pensare e dopo aver pensato deve porsi sempre nelle mani del suo Signore. Se Dio non approva il progetto, il missionario può anche recarsi in un luogo, ma il Signore non lo segue. Non è sua volontà. Non è un suo progetto. La missione va portata avanti senza alcun frutto, perché l’apostolo e il Signore devono essere un solo “Agente” della missione, mai due. Né il Signore senza l’apostolo, né l’apostolo senza il Signore. Quando questa verità viene dimenticata è il disastro. L’apostolo vede sempre dinanzi a sé terreni aridi, terra bruciata, persone che non accolgono la sua parola. Anziché riflettere e pensare di riprendere il Signore con sé, immagina nuovi progetti e nuove modalità, ma sempre senza il Signore. Si compie nel missionario senza il Signore la profezia di Geremia.

«Va’ e grida agli orecchi di Gerusalemme: Così dice il Signore: Mi ricordo di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in terra non seminata. Israele era sacro al Signore, la primizia del suo raccolto; quanti osavano mangiarne, si rendevano colpevoli, la sventura si abbatteva su di loro. Oracolo del Signore. Udite la parola del Signore, casa di Giacobbe, voi, famiglie tutte d’Israele! Così dice il Signore: Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro al nulla, diventando loro stessi nullità? E non si domandarono: “Dov’è il Signore che ci fece uscire dall’Egitto, e ci guidò nel deserto, terra di steppe e di frane, terra arida e tenebrosa, terra che nessuno attraversa e dove nessuno dimora?”. Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità. Neppure i sacerdoti si domandarono: “Dov’è il Signore?”. Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano. Per questo intenterò ancora un processo contro di voi – oracolo del Signore – e farò causa ai figli dei vostri figli (Ger 2,2-9).

O il missionario porta il Signore lasciandosi portare dal Signore, o lui stesso diviene nullità. Senza il Signore da Lui portato e senza il Signore che lo porta, lui è il nulla.

Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». Così Paolo si fermò un anno e mezzo, e insegnava fra loro la parola di Dio. Mentre Gallione era proconsole dell’Acaia, i Giudei insorsero unanimi contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale dicendo: «Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge». Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di un delitto o di un misfatto, io vi ascolterei, o Giudei, come è giusto. Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra Legge, vedetevela voi: io non voglio essere giudice di queste faccende». E li fece cacciare dal tribunale. 1llora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di questo. Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era rasato il capo a causa di un voto che aveva fatto.

Il missionario e il Signore devono essere sempre una cosa sola. È il Signore la fecondità spirituale del di ogni suo apostolo e inviato. Chi si distacca dal suo Dio, diviene sterile. Mai genererà un solo figlio a Dio, perché la generazione è per opera dello Spirito Santo sempre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Gesù.

 

12 MAGGIO

CON MAGGIORE ACCURATEZZA LA VIA DI DIO
At 18,23-28; Sal 46; Gv 16,23b-28

Il cristiano è colui che sempre deve crescere nella conoscenza del mistero di Gesù Signore e anche nella conformazione a Lui. San Pietro è maestro sia nella formazione per la crescita nelle virtù e sia per aumentare nella conoscenza della via di Dio.

La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria. Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. Questi doni, presenti in voi e fatti crescere, non vi lasceranno inoperosi e senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo. Chi invece non li possiede è cieco, incapace di vedere e di ricordare che è stato purificato dai suoi antichi peccati. Quindi, fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi. Se farete questo non cadrete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. Penso perciò di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate e siate stabili nella verità che possedete. Io credo giusto, finché vivo in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo. E procurerò che anche dopo la mia partenza voi abbiate a ricordarvi di queste cose (2Pt 1,2-15).

Senza la crescita spirituale, morale, sapienziale, nella dottrina non si può svolgere bene il mistero. San Paolo chiede per chi desidera essere vescovo nella Chiesa di Dio la capacità di insegnare e per insegnare bene si deve conoscere bene la via di Cristo.

Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio (1Tm 3,1-7).

Apollo è un esperto nelle Scritture. Non conosce però il mistero di Cristo Gesù. È compito della Chiesa e di quanti in essa esercitano il ministro dell’insegnamento, provvedere a che quest’uomo possa entrare nella pienezza di verità e di scienza in ogni cosa che riguarda Cristo Gesù. Tutto di Lui si deve conoscere se si vuole essere eccellenti suoi missionari. Quando in una comunità viene trascurata la formazione, ben presto diverrà una comunità senza Vangelo, senza Cristo, senza neanche più se stessa. La forza della Chiesa è nel possesso della vera scienza di Gesù Signore.

Trascorso là un po’ di tempo, partì: percorreva di seguito la regione della Galazia e la Frìgia, confermando tutti i discepoli. Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti. Confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo.

La Chiesa vive di formazione dottrinale, spirituale, morale. Per conoscere lo stato spirituale, morale, dottrinale di una comunità è sufficiente osservare quanto tempo è dedicato alla formazione, ma anche quanti dei suoi figli partecipano alla scuola della Parola e della morale. Niente formazione, niente crescita in Cristo. La formazione è la prima attività della Chiesa: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento del apostoli”.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, elevateci in scienza e verità.

 

13 MAGGIO – ASCENSIONE DEL SIGNORE– SOLENNITÀ

UNA NUBE LO SOTTRASSE AI LORO OCCHI
At 1,1 -11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

Con l’ascensione si compie la profezia di Daniele. Il Figlio dell’uomo oggi riceve il regno del Padre suo. è costituito Signore dell’universo, tutto è posto nelle sue mani.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. 0Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto (Dn 7,9-10.13-14).

Si compie in modo eterno anche quanto Gesù ha rivelato sulla sua mediazione universale di grazia, verità, luce, vita, via consolazione, speranza, conforto.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,26-30).

L’Apostolo Giovanni, nell’Apocalisse, così vede e descrive il compimento della profezia di Daniele. Lui è anche il solo che può aprire il libro sigillato della storia.

«Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5,9-14).

Con l’Ascensione si compie ogni altra profezia sul Messia del Signore. di tutte le parole di Dio su di Lui, sacerdote, re, profeta, nessuna rimane incompiuta o da realizzare.

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

Ora manca una sola profezia da realizzare: la sua venuta visibile sulle nubi del cielo per il giudizio finale. Da oggi fino a quel giorno spetta ai discepoli di Gesù edificare il regno di Cristo nei cuori. Essi però ancora non possono iniziare il loro lavoro missionario. Devono attendere di essere rivestiti di potenza dall’altro.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari del regno.

 

14 MAGGIO

LA SORTE CADDE SU MATTIA
At 1,15-17.20-26; Sal 112; Gv 15,9-17

Pietro legge la morte di Giuda come compimento del Salmo. Lui è vissuto da empio e da empio anche è morto. Non può morire la morte dei giusti chi vive nell’empietà.

Dio della mia lode, non tacere, perché contro di me si sono aperte la bocca malvagia e la bocca ingannatrice, e mi parlano con lingua bugiarda. Parole di odio mi circondano, mi aggrediscono senza motivo. In cambio del mio amore mi muovono accuse, io invece sono in preghiera. Mi rendono male per bene e odio in cambio del mio amore. Suscita un malvagio contro di lui e un accusatore stia alla sua destra! Citato in giudizio, ne esca colpevole e la sua preghiera si trasformi in peccato. Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie. Vadano raminghi i suoi figli, mendicando, rovistino fra le loro rovine. L’usuraio divori tutti i suoi averi e gli estranei saccheggino il frutto delle sue fatiche. Nessuno gli dimostri clemenza, nessuno abbia pietà dei suoi orfani. La sua discendenza sia votata allo sterminio, nella generazione che segue sia cancellato il suo nome. La colpa dei suoi padri sia ricordata al Signore, il peccato di sua madre non sia mai cancellato: siano sempre davanti al Signore ed egli elimini dalla terra il loro ricordo.

Perché non si è ricordato di usare clemenza e ha perseguitato un uomo povero e misero, con il cuore affranto, per farlo morire. Ha amato la maledizione: ricada su di lui! Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani! Si è avvolto di maledizione come di una veste: è penetrata come acqua nel suo intimo e come olio nelle sue ossa. Sia per lui come vestito che lo avvolge, come cintura che sempre lo cinge. Sia questa da parte del Signore la ricompensa per chi mi accusa, per chi parla male contro la mia vita. Ma tu, Signore Dio, trattami come si addice al tuo nome: liberami, perché buona è la tua grazia. Io sono povero e misero, dentro di me il mio cuore è ferito. Come ombra che declina me ne vado, scacciato via come una locusta. Le mie ginocchia vacillano per il digiuno, scarno è il mio corpo e dimagrito. Sono diventato per loro oggetto di scherno: quando mi vedono, scuotono il capo. Aiutami, Signore mio Dio, salvami per il tuo amore. Sappiano che qui c’è la tua mano: sei tu, Signore, che hai fatto questo. Essi maledicano pure, ma tu benedici! Insorgano, ma siano svergognati e il tuo servo sia nella gioia. Si coprano d’infamia i miei accusatori, siano avvolti di vergogna come di un mantello. A piena voce ringrazierò il Signore, in mezzo alla folla canterò la sua lode, perché si è messo alla destra del misero per salvarlo da quelli che lo condannano (Sal 109 (108) 1-31).

Ma Giuda era del numero dei dodici, e secondo la profezia del Salmo il suo posto deve essere preso da un altro. Quali sono le condizione perché un altro possa prendere il posto? Aver conosciuto Gesù dal momento del suo battesimo al fiume Giordano fino al giorno della sua gloriosa ascensione al cielo. Ministero e condizioni devono essere una cosa sola. Non si può essere testimoni di Cristo, senza aver conosciuto Cristo. Oggi spesso si affidano ministeri ma senza il rispetto delle condizioni. Quali sono i risultati? Il fallimento del ministero. Urge convincersi che le condizioni sempre devono essere rispettate. Le condizioni mai sono accidentali. Esse sono essenziali e devono esserci.

In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle persone radunate era di circa centoventi – e disse: «Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Sta scritto infatti nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione». Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.

Gli Apostoli sono stati scelti da Dio. Anche chi prende il posto di Giuda dovrà essere scelto da Lui. Né Pietro né la comunità scelgono il nuovo apostolo. Si tira la sorte. Si lascia che sia il Signore a scegliere secondo il suo cuore e la sua volontà. Anche questa “condizione” andrebbe sempre rispettata. Dovrebbe sempre apparire che né il cuore né la volontà dell’uomo abbiamo pilotato la scelta, ma solo il Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci liberi in Cristo Gesù.

 

15 MAGGIO

ANNUNCIARVI TUTTA LA VOLONTÀ DI DIO
At 20,17-27; Sal 67; Gv 17,1-11a

San Paolo sa che è stato Cristo ad afferrarlo dal baratro della falsità per fare di lui lo strumento della sua verità. Sa anche e lo confessa a più riprese che ormai la sua vita è tutta di Gesù Signore, consacrata a manifestare Lui al vivo, dedicata alla predicazione del suo Vangelo. Paolo, Cristo Gesù, il Vangelo, la verità sono una cosa sola.

Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna (1Tm 1,12-16).

Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a tutti voi per il progresso e la gioia della vostra fede, affinché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno fra voi. Comportatevi dunque in modo degno del vangelo di Cristo perché, sia che io venga e vi veda, sia che io rimanga lontano, abbia notizie di voi: che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del Vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo per loro è segno di perdizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio. Perché, riguardo a Cristo, a voi è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta che mi avete visto sostenere e sapete che sostengo anche ora (Fil 1,21-29). Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione (2Tm 4,6-8).

Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,10-20). Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo (Gal 6,14.17).

Oggi Paolo ai Vescovi dell’Asia si presenta come vero modello da imitare. In cosa lui va imitato? Non certo nelle modalità del suo lavoro missionario, ma nella consegna di tutta la sua vita a Cristo per l’annunzio della Parola di salvezza. Anche loro, vescovi della Chiesa di Dio, devono sempre poter dire: “Io non mi sono sottratto in nulla nell’annunciare tutta la volontà di Dio”. Questa coscienza dovrà essere la loro veste.

Da Mileto mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio.

La parzialità nell’annunzio provoca veri disastri spirituali e morali. Una sola falsità introdotta nella volontà di Dio e tutta la rivelazione si corrompe. Non si opera più salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni della verità.

 

16 MAGGIO

A PARLARE DI COSE PERVERSE
At 20,28-38; Sal 67; Gv 17,11b-19

Paolo conosce le astuzie di Satana. Sa quali sono le sue strategie di combattimento. Lui lavora per trasformare un “generale” di Cristo in suo “generale”, non però togliendolo dall’esercito del Signore, ma lasciandolo al suo posto. Apparentemente è “generale” do Gesù, in realtà è uno alle dipendenze dei suoi ordini. Il danno è irreparabile. Costoro distruggono il regno di Dio dal di dentro, presentandosi come costruttori di esso, mentre in realtà sono i suoi demolitori. Timoteo è messo in guardia. Non sempre i cattivi maestri vengono dall’esterno, spesso sorgono dell’interno. Bisogna vigilare perché questo mai accada. La Chiesa è stata sempre lacerata, divisa, spappolata, dilaniata dall’interno. Dall’esterno quasi mai nessun danno.

Lo Spirito dice apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche, a causa dell’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza: gente che vieta il matrimonio e impone di astenersi da alcuni cibi, che Dio ha creato perché i fedeli, e quanti conoscono la verità, li mangino rendendo grazie. Infatti ogni creazione di Dio è buona e nulla va rifiutato, se lo si prende con animo grato, perché esso viene reso santo dalla parola di Dio e dalla preghiera. Proponendo queste cose ai fratelli, sarai un buon ministro di Cristo Gesù, nutrito dalle parole della fede e della buona dottrina che hai seguito. Evita invece le favole profane, roba da vecchie donnicciole.

Allénati nella vera fede, perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti. Per questo infatti noi ci affatichiamo e combattiamo, perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono. E tu prescrivi queste cose e inségnale. Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. In attesa del mio arrivo, dèdicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbìteri. Abbi cura di queste cose, dèdicati ad esse interamente, perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano (1Tm 4,1-16).

Paolo lo dice chiaramente ai vescovi dell’Asia, mettendoli in guardia contro due gravi pericoli: il loro gregge sempre potrà essere aggredito da lupi rapaci che vengono uccidere, sbranare, depredare, disperdere. Essi dovranno vigilare perché il gregge sia sempre custodito nella verità di Cristo Gesù. Ancora più grave è il secondo pericolo: anche alcuni vescovi possono insegnare dottrine perverse. Quando questo accade è la fine del gregge. Possiamo dire che Satana sa come trasformare un ministero di Cristo in suo ministro lasciando che il mondo creda che lui sia di Cristo e non di Satana.

Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi. E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”». Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.

Ogni vescovo è obbligato a vigilare su se stesso perché mai divenga ministro di Satana lavorando per devastare il regno di Cristo Gesù. Ma anche ogni altro vescovo deve esercitare il grande ufficio della correzione fraterna, quando vede che un suo fratello ha lasciato la verità di Cristo per consegnarsi interamente a dottrine perverse e diaboliche.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conservateci nella verità di Cristo.

 

17 MAGGIO

LE COSE CHE MI RIGUARDANO
At 22,30; 23,6-11; Sal 15; Gv 17,20 -26

La vita di Paolo è gelosamente custodita nelle mani del Signore. Lui non è stato mandato a Gerusalemme per essere giudicato dal sinedrio, ma per offrire alla città e ai capi del popolo l’ultima grazia della salvezza che si ottiene per la fede in Cristo Gesù. Lo Spirito Santo, secondo la promessa fatta dallo stesso Gesù ai suoi discepoli, mette sulla bocca del suo apostolo la parola giusta e il sinedrio si spacca in due, i farisei litigano con i sadducei. I farisei sono a favore, i sadducei contrari. La lite si accese così tanto da costringere il comandante a portare via Paolo, temendo che potesse essere linciato. Una sola parola detta per mozione dello Spirito e l’apostolo è salvo.

Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 19,16-20).

Il missionario di Gesù, il suo inviato deve pensarsi sempre strumento nelle mani del suo Signore. Tutta la sua vita è stata donata per “produrre” salvezza e redenzione. Le modalità del suo svolgimento non appartengo al missionario, ma solo a Cristo. Se al Signore serve la morte del suo inviato, lo Spirito Santo metterà sulla bocca una parola che orienti verso il martirio. Se invece vuole che il missionario renda solo testimonianza alla verità, lo Spirito Santo farà dire quelle parole che liberano dalla morte. Poiché nessun inviato sa l’uso che Gesù vorrà fare della sua vita, sempre si deve entrare nelle aule dei tribunali sempre con il cuore ricco di fede: si faccia secondo la divina volontà. Se la vita è stata donata, donata dovrà sempre rimanere. Non si può donare per un giorno e poi riprenderla nell’altro giorno. Il dono è per sempre ed è irreversibile.

Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro. Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma».

Paolo è rassicurato dal Signore. Come lui ha testimoniato nel sinedrio e in Gerusalemme le cose che riguardano il suo mistero e cioè la sua gloriosa risurrezione, così dovrà testimoniare anche a Roma. Anche Roma ha bisogno di una sua parola forte, di luce potente, che illumini il mistero di Cristo in tutto il suo splendore divino e umano. È questo il ministero di Paolo, la sua missione: aiutare ogni uomo perché possa essere illuminato dalla luce di Gesù. L’apostolo non è per le cose di questo mondo. Lui è solo a servizio di Cristo Signore. Come Cristo è tutto a servizio del Padre, così anche Paolo dovrà essere interamente a servizio della luce di Cristo. Cristo salva il mondo donando il Padre. Paolo salva il mondo donando Cristo, che dona il Padre. Oggi si vogliono apostoli di Cristo servi degli uomini e delle cose umane, anziché servi di Cristo e delle cose del cielo, le cose che riguardano Dio. Indipendentemente da ciò che vuole l’uomo, nel momento in cui un uomo viene consacrato apostolo del Signore, lui deve sapere che è solo servi di Cristo Gesù, per illuminare con la luce di Cristo ogni cuore. L’uomo ha bisogno solo di Cristo, perché solo Lui è il suo Salvatore e Redentore. Si dona Cristo, si salva l’uomo. Gli si dona tutto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri servi di Cristo Gesù.

 

18 MAGGIO

FINO A QUANDO POTRÒ INVIARLO A CESARE
At 25,13b- 21; Sal 102; Gv 21,15-19

Paolo è cittadino romano. Gode di un’alta dignità che non può essere calpestata arbitrariamente. Per il bene della sua missione più volte si è avvalso di questo diritto.

Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: «Rimetti in libertà quegli uomini!». Il carceriere riferì a Paolo questo messaggio: «I magistrati hanno dato ordine di lasciarvi andare! Uscite dunque e andate in pace». Ma Paolo disse alle guardie: «Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, pur essendo noi cittadini romani, e ci hanno gettato in carcere; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano loro di persona a condurci fuori!». E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All’udire che erano cittadini romani, si spaventarono; vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di andarsene dalla città. Usciti dal carcere, si recarono a casa di Lidia, dove incontrarono i fratelli, li esortarono e partirono (At 16,35-40).

Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!». E poiché continuavano a urlare, a gettare via i mantelli e a lanciare polvere in aria, il comandante lo fece portare nella fortezza, ordinando di interrogarlo a colpi di flagello, per sapere perché mai gli gridassero contro in quel modo. Ma quando l’ebbero disteso per flagellarlo, Paolo disse al centurione che stava lì: «Avete il diritto di flagellare uno che è cittadino romano e non ancora giudicato?». Udito ciò, il centurione si recò dal comandante ad avvertirlo: «Che cosa stai per fare? Quell’uomo è un romano!». Allora il comandante si recò da Paolo e gli domandò: «Dimmi, tu sei romano?». Rispose: «Sì». Replicò il comandante: «Io, questa cittadinanza l’ho acquistata a caro prezzo». Paolo disse: «Io, invece, lo sono di nascita!». E subito si allontanarono da lui quelli che stavano per interrogarlo. Anche il comandante ebbe paura, rendendosi conto che era romano e che lui lo aveva messo in catene (At 22,25-29).

Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, scese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo. Appena egli giunse, lo attorniarono i Giudei scesi da Gerusalemme, portando molte gravi accuse, senza però riuscire a provarle. Paolo disse a propria difesa: «Non ho commesso colpa alcuna, né contro la Legge dei Giudei né contro il tempio né contro Cesare». Ma Festo, volendo fare un favore ai Giudei, si rivolse a Paolo e disse: «Vuoi salire a Gerusalemme per essere giudicato là di queste cose, davanti a me?». Paolo rispose: «Mi trovo davanti al tribunale di Cesare: qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente. Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c’è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare». Allora Festo, dopo aver discusso con il consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai» (At 25,6-12).

È lecito ad un apostolo del Signore, ad un suo discepolo appellarsi al diritto civile di un popolo perché venga rispetta la sua persona? La risposta è data dal fine dell’appello. L’apostolo di Gesù ha una missione di salvezza per ogni uomo. Quando il fine della salvezza è compromesso, sempre ci si può appellare al diritto civile. Paolo non si appella per il suo bene, ma per il più grande bene di Cristo Gesù e dell’uomo da salvare. I Giudei lo vogliono a Gerusalemme per ucciderlo. La missione di Paolo ancora non è terminata e per questo si appella a Cesare. Lui andrà a Roma.

Arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenice e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo: «C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa. Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo. Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».

La missione è il fine primario, non la persona. Per la missione sempre ci si può appellare.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.

 

19 MAGGIO

LE COSE RIGUARDANTI IL SIGNORE GESÙ CRISTO
At 28,16-20.30-31; Sal 10; Gv 21,20-25

Paolo ha un solo scopo da realizzare nella sua vita: conoscere Cristo per essere in grado di fari conoscere Cristo. Chi non cresce nella conoscenza di Gesù Signore, mai potrà aiutare un altro a crescere. La sapienza nasce dalla sapienza, la scienza dalla scienza, la conoscenza dalla conoscenza. Chi vive nell’ignoranza di Cristo, dona ignoranza, falsità, menzogna. Dalla falsità non nascerà mai alcuna salvezza.

Per il resto, fratelli miei, siate lieti nel Signore. Scrivere a voi le stesse cose, a me non pesa e a voi dà sicurezza. Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare! I veri circoncisi siamo noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare. Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.

Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi, che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati, insieme procediamo. Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose (Fil 3,1-21).

Paolo non convoca i Giudei per un interesse personale di difendere, Li chiama perché vuole annunziare loro il mistero di Cristo Gesù in pienezza di verità e di luce. Il fine di tutto ciò che lui fa è Cristo Signore. Oltre Cristo, per lui non ci sono interessi di nessun genere. Poiché i Giudei si rifiutano di prestare fede alle sue parole, da questo momento si dedicherà ai pagani. Cristo va dato tutto a tutti sempre. Anche verso i Giudei lui non più responsabile verso coloro che si perdono. Lui ha assolto la sua missione.

Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Dopo tre giorni, egli fece chiamare i notabili dei Giudei e, quando giunsero, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo o contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Questi, dopo avermi interrogato, volevano rimettermi in libertà, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere, con questo, muovere accuse contro la mia gente. 20Ecco perché vi ho chiamati: per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena». Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.

Cristo Gesù va sempre annunziato. Il giorno in cui nella comunità cristiana non lo si annunzia più, subito i pensieri degli uomini prendono il suo posto ed è la fine della vera fede. Paolo annunzia Cristo Gesù con tutta franchezza, senza impedimento e alcuna sosta. Tutta la sua vita è consacrata perché Cristo Gesù sia conosciuto da Giudei e Gentili.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri annunziatori di Cristo.

 

20 MAGGIO – DOMENICA DI PENTECOSTE – SOLENNITÀ

DELLE GRANDI OPERE DI DIO
At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15

Uno dei primi frutti dello Spirito Santo si dice che sia il dono delle lingue. In verità dobbiamo affermare che non è il dono delle lingue, ma è il dono di ascoltare nella propria lingua ciò che l’apostolo dice nella sua. A Gerusalemme dinanzi agli apostoli vi sono tutte le lingue allora conosciute. Gli apostoli non hanno parlato tutte le lingue. Ogni popolo ascolta l’altro come se parlasse nella propria lingua. Sono dieci, venti persona dinanzi ad un apostolo? Ogni persona ascolta l’apostolo come se parlasse la sua lingue. Questo è il grande miracolo che si compie in chi ascolta, non in chi parla.

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

Nella comunità di Corinto ogni parlava in lingue, ma l’altro nulla comprendeva. Viene capovolto il fine originario che non è in chi parla, ma in chi ascolta. Paolo saggiamente interviene e mette ordine nella comunità, regolando anche il dono di parlare in lingue.

Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezia. Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini ma a Dio poiché, mentre dice per ispirazione cose misteriose, nessuno comprende. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per loro edificazione, esortazione e conforto. Chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso, chi profetizza edifica l’assemblea. Vorrei vedervi tutti parlare con il dono delle lingue, ma preferisco che abbiate il dono della profezia. In realtà colui che profetizza è più grande di colui che parla con il dono delle lingue, a meno che le interpreti, perché l’assemblea ne riceva edificazione. Le lingue non sono un segno per quelli che credono, ma per quelli che non credono, mentre la profezia non è per quelli che non credono, ma per quelli che credono. Quando si raduna tutta la comunità nello stesso luogo, se tutti parlano con il dono delle lingue e sopraggiunge qualche non iniziato o non credente, non dirà forse che siete pazzi? Se invece tutti profetizzano e sopraggiunge qualche non credente o non iniziato, verrà da tutti convinto del suo errore e da tutti giudicato, i segreti del suo cuore saranno manifestati e così, prostrandosi a terra, adorerà Dio, proclamando: Dio è veramente fra voi! Che fare dunque, fratelli? Quando vi radunate, uno ha un salmo, un altro ha un insegnamento; uno ha una rivelazione, uno ha il dono delle lingue, un altro ha quello di interpretarle: tutto avvenga per l’edificazione. Quando si parla con il dono delle lingue, siano in due, o al massimo in tre, a parlare, uno alla volta, e vi sia uno che faccia da interprete. Se non vi è chi interpreta, ciascuno di loro taccia nell’assemblea e parli solo a se stesso e a Dio. I profeti parlino in due o tre e gli altri giudichino. Ma se poi uno dei presenti riceve una rivelazione, il primo taccia: uno alla volta, infatti, potete tutti profetare, perché tutti possano imparare ed essere esortati. Le ispirazioni dei profeti sono sottomesse ai profeti, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace (Cfr 1Cor 14,1-40).

Ogni dono dello Spirito Santo non è mai per la gloria di chi lo riceve. Esso è sempre per l’edificazione del corpo di Cristo. Quando un dono dello Spirito non edifica il corpo di Cristo, o non è dono dello Spirito oppure esso non viene usato secondo la volontà e la sapienza dello Spirito. Il dono delle lingue è per far sì che quanti non conoscono la nostra lingua, possono ascoltare le grandi opere di Dio in modo da potersi convertire a Cristo Gesù e divenire parte del suo corpo. Se chi parla in lingue, parla a Dio e non all’uomo, si comprenderà che qualcosa non va più. C’è un cambiamento d’uso che non appartiene allo Spirito Santo. Paolo non vieta questa carisma nella comunità, vuole però che si renda utile per tutti. Anche oggi è necessario seguire l’esempio di Paolo. Nessun carisma va ostacolato, ma tutti vanno aiutati perché siano a servizio degli altri.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate che siamo utili a tutti.

 

21 MAGGIO

CHI TRA VOI È SAGGIO E INTELLIGENTE?
Gc 3,13-18; Sal 18; Mc 9,14-29

La sapienza è luce soprannaturale che sempre deve discendere da Dio per orientare al bene tutte le nostre azioni. Essa non è accumulabile, nel senso che si chiede una volta sola, si fa una grande scorta e poi si vive di rendita. La sapienza è come la luce del sole. Deve attimo per attimo illuminare la terra. Un attimo senza sole e già si sente la sua mancanza. Un attimo senza la luce della sapienza, è si è nella stoltezza. La sapienza è il frutto in noi di una preghiera senza alcuna interruzione, alcuna sosta.

Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. Ho gioito di tutto ciò, perché lo reca la sapienza, ma ignoravo che ella è madre di tutto questo. Ciò che senza astuzia ho imparato, senza invidia lo comunico, non nascondo le sue ricchezze. Ella è infatti un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l’amicizia con Dio, è a lui raccomandato dai frutti della sua educazione. Mi conceda Dio di parlare con intelligenza e di riflettere in modo degno dei doni ricevuti, perché egli stesso è la guida della sapienza e dirige i sapienti. Nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa. Egli stesso mi ha concesso la conoscenza autentica delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza dei suoi elementi, il principio, la fine e il mezzo dei tempi, l’alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni, i cicli dell’anno e la posizione degli astri, la natura degli animali e l’istinto delle bestie selvatiche, la forza dei venti e i ragionamenti degli uomini, la varietà delle piante e le proprietà delle radici.

Ho conosciuto tutte le cose nascoste e quelle manifeste, perché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose. In lei c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza (Sap 7,7-30).

Come i raggi del sole producono calore, così è della sapienza. Se essa abita nel cuore, perché chiesta allo Spirito Santo, lo si vede dai frutti che essa produce. Le opere di un uomo rivelano se lui è saggio oppure stolto e insipiente. Se nel cuore vi è spirito di gelosia e di contesa, di certo l’uomo non è saggio. Gelosia, contesa, ogni altro frutto che divide la comunità, non viene dalla sapienza. È sufficiente che ognuno esami le sue opere e saprà se è guidato dallo spirito della sapienza, oppure da insipienza e stoltezza.

Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.

Un discepolo di Gesù, avendo ricevuto lo Spirito Santo, che è Spirito di sapienza, intelletto, consiglio, conoscenza, fortezza, pietà, timore del Signore, mai deve agire con lo spirito di gelosia e di contesa. Potrà però essere mosso dallo Spirito del Signore se vive in perfetta comunione con Lui e nella preghiera sempre lo ravvivi, compiendo ogni opera buona, nell’obbedienza alla Parola. Si cresce nello Spirito, si è sapienti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sapienti in ogni cosa.

 

22 MAGGIO

DA DOVE VENGONO LE GUERRE E LE LITI?
Gc 4.1-10; Sal 54; Mc 9,30-37

Gesù ha consegnato il suo corpo perché fosse appeso alla croce. Tutto diede a coloro che gli hanno chiesto tutto, anche le sue vesti. Così vuole che faccia ogni discepolo.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! (Mt 5,23-36). Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle (Mt 5,38-43).

Paolo ci dice che la lite tra due discepoli di Cristo è una sconfitta, mai è vittoria. Ci rivela anche che le liti sono opere dell’uomo che vive secondo la carne.

Quando uno di voi è in lite con un altro, osa forse appellarsi al giudizio degli ingiusti anziché dei santi? Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se siete voi a giudicare il mondo, siete forse indegni di giudizi di minore importanza? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita! Se dunque siete in lite per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha autorità nella Chiesa? Lo dico per vostra vergogna! Sicché non vi sarebbe nessuna persona saggia tra voi, che possa fare da arbitro tra fratello e fratello? Anzi, un fratello viene chiamato in giudizio dal fratello, e per di più davanti a non credenti! È già per voi una sconfitta avere liti tra voi! Perché non subire piuttosto ingiustizie? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene? Siete voi invece che commettete ingiustizie e rubate, e questo con i fratelli! Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (1Cor 6,1-14). Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,18-26).

Per San Giacomo le liti sono il frutto delle passioni e dei desideri dell’uomo non ancora governato né dalla sapienza né dalla retta fede in Dio e in Cristo Gesù. Le liti rivelano che siamo sotto il governo della carne e non dello Spirito. Siamo sotto il regime del diavolo e non nel regno di Dio. Con le liti apparteniamo al mondo, non a Cristo.

Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni. Gente infedele! Non sapete che l’amore per il mondo è nemico di Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. O forse pensate che invano la Scrittura dichiari: «Fino alla gelosia ci ama lo Spirito, che egli ha fatto abitare in noi»? Anzi, ci concede la grazia più grande; per questo dice: Dio resiste ai superbi, agli umili invece dà la sua grazia. Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà lontano da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Peccatori, purificate le vostre mani; uomini dall’animo indeciso, santificate i vostri cuori. Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e piangete; le vostre risa si cambino in lutto e la vostra allegria in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.

Ogni liti, così come anche ogni altra opera della carne, rivela la nostra miseria spirituale. Urge prendere coscienza che siamo governata dalla carne e convertirsi a Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni miseria spirituale.

 

23 MAGGIO

PARLA CONTRO LA LEGGE E GIUDICA LA LEGGE
Gc 4,13-1 7; Sal 48; Mc 9,38-40

Gesù ha dato ai suoi discepoli una sola Legge da osservare: la carità. San Paolo sia nelle Lettera ai Romani che nella Prima ai Corinzi così esplicita la Legge di Cristo.

La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,9-22).

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1Cor 13,1-7).

Il giudizio è espressamente vietato ad ogni suo discepolo. Come Gesù, il cristiano deve dare la vita per la salvezza di ogni altro uomo. Chi giudica non dona la vita per l’altro.

Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello (Mt 7,1-5).

Chi dice male del fratello, parla contro la Legge di Cristo e la giudica. La esclude come essenza, sostanza, verità della sua vita. Chi parla male del fratello, attesta semplicemente di non essere discepolo di Gesù. Il cristiano è ricco di misericordia, compassione, pietà, perdono, consolazione, pace, parole di scusa. Chi parla male deve sapere che su di lui da parte del Signore ci sarà un giudizio senza alcuna misericordia. Chi vuole essere trattato da Dio con pietà, deve avere pietà per i suoi fratelli. Chi giudica è senza pietà. Neanche Dio avrà pietà di lui nel giorno del giudizio. La misericordia copre una moltitudine di peccati. La parola di scusa è balsamo di vita.

Non dite male gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o giudica il suo fratello, parla contro la Legge e giudica la Legge. E se tu giudichi la Legge, non sei uno che osserva la Legge, ma uno che la giudica. Uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina; ma chi sei tu, che giudichi il tuo prossimo? E ora a voi, che dite: «Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni», mentre non sapete quale sarà domani la vostra vita! Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare. Dovreste dire invece: «Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello». Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo. Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.

Chi vuole conoscere la verità del suo cuore, osservi le parole che escono dalla sua bocca. Ogni parola difforme dal Vangelo attesta che il suo cuore è ancora o impuro o non perfettamente santo. Chi vuole purificare le sue labbra, deve sempre chiedere a Dio che gli crei un cuore puro. Se il cuore è immondo, sempre da esso usciranno parole immonde.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dal cuore umile e mite.

 

24 MAGGIO

DIVORERÀ LE VOSTRE CARNI COME UN FUOCO
Gc 5,1-6; Sal 48; Mc 9,41-50

Per Gesù la ricchezza è via che conduce all’inferno. Per il Vangelo essa è vera idolatria e per gli idolatri ci sarà solo la perdizione eterna. Così dice Gesù, così deve dire ogni suo discepolo. L’adorazione della ricchezza è la radice di ogni male.

Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena (Mt 6,24-34).

C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”» (Lc 16, 19-31).

San Giacomo parla con parole di fuoco contro la ricchezza acquisita togliendo al povero la vita, dal momento che lo sfrutta e lo priva del suo giusto salario. Per quanto si arricchiscono sulla sfruttamento il giudizio di Dio è severissimo e non basta né un inferno e neanche dieci per punire un peccato così orrendo, La ricchezza stessa si rivolterà con questi uomini iniqui e sarà essa a divorarne le carni, più che veleno di serpente. Ogni ingiustizia contro gli operai si trasformerà in maledizione nel tempo e nell’eternità. La salario dell’operaio è sacro presso il Signore. È cosa santissima.

E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.

Defraudare la mercede agli operai è peccato che grida vendetta al cospetto di Dio e non smette di urlare finché il Signore non sarà intervenuto per portare sulla terra la sua giustizia. Ogni intervento di Dio nella storia del ricco è per indurlo a conversione. Perché il ricco sia perdonato, è necessario che restituisca quanto ha defraudato.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci poveri in spirito.

 

25 MAGGIO

AVETE UDITO PARLARE DELLA PAZIENZA DI GIOBBE
Gc 5,9-12; Sal 102; Mc 10,1-12

La pazienza è figlia della due virtù che sono proprie di Cristo Gesù e che Lui chiede ad ogni discepoli che le faccia anche sue. Sono l’umiltà e la mitezza. Con l’umiltà si consegna a Dio la propria vita, ponendola tutta nella sua volontà. Con la mitezza si accoglie ogni momento di essa come un dono misterioso del Signore. Ogni croce, ogni sofferenza, dolore, malattia, privazione, viene accolto come un dono attraverso il quale il Signore prova la nostra fede, la nostra carità, la nostra speranza. Giobbe viene presentato dall’apostolo Giacomo come modello di pazienza e a ben ragione. Quest’uomo accolse ogni privazione e la sua pesante malattia come dono di Dio.

Un giorno accadde che, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi. I Sabei hanno fatto irruzione, li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è appiccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno formato tre bande: sono piombati sopra i cammelli e li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Mentre egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato soltanto io per raccontartelo». Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse: «Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!». In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto (Gb 1,13-22).

Satana si ritirò dalla presenza del Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: «Rimani ancora saldo nella tua integrità? Maledici Dio e muori!». Ma egli le rispose: «Tu parli come parlerebbe una stolta! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?». In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra (Gb 2,7-10).

Se il cristiano vede ogni cosa come un “dono” di Dio per provare la verità della sua fede, della sua speranza, della sua carità, può lamentarsi se sorge qualche incomprensione con i fratelli? Tutto accetta, tutto accoglie, tutto vive come un dono del suo Signore. Per fare questo è necessario crescere di giorno in giorno nella virtù dell’umiltà e della mitezza. Gesù, umile e mite, non visse la croce come dono del Padre? Non ebbe pazienza nel sopportare sputi, ingiurie, derisioni, flagelli, chiodi? Ma Lui non è solo umile e mite, Lui è la mitezza e l’umiltà. Senza crescita in queste due virtù, anche un nulla ci farà lamentare dei nostri fratelli e dalla lamentale si può anche passare a qualche si più grande. Oggi per un nulla si uccide una persona.

Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che sono stati pazienti. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione. Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra e non fate alcun altro giuramento. Ma il vostro «sì» sia sì, e il vostro «no» no, per non incorrere nella condanna.

L’apostolo Giacomo chiede anche ai discepoli di Gesù di essere perfetti nel loro parlare. Il loro sì deve essere sì, sempre secondo il Vangelo. Il loro no deve essere no, ma sempre secondo il Vangelo. Il cristiano è la sua parola, ma la parola del cristiano deve essere il Vangelo. Come la Parola di Cristo è la Parola del Padre, così la parola del cristiano deve essere la Parola di Gesù. Il cristiano non può essere l’uomo dalla parola secondo il mondo e dalla parola secondo il Vangelo. Una deve essere la sua parola: sempre quella secondo il Vangelo. Altre parole a lui non si addicono.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla Parola di Gesù.

 

26 MAGGIO

LA PREGHIERA FERVOROSA DEL GIUSTO
Gc 5,13-20; Sal 140; Mc 10,13-16

La giustizia è il fondamento sul quale si può innalzare al Signore qualsiasi preghiera. Un uomo è giusto se vive nella casa dei Comandamenti. Esce dai Comandamenti, non è più giusto non può più pregare il Signore. Prima deve rientrare nella Legge, poi potrà elevare al Signore la sua richiesta. Si entra nella Legge per grazia di Dio. La prima preghiera è richiesta a Dio di conversione, pentimento, perdono. La richiesta di perdono, con cuore pentito, è la prima invocazione da elevare al Signore. Davide pecca contro Dio. Trasgredisce in modo pesante due Comandamenti. Si umilia dinanzi al Signore. Non solo gli chiede il perdono, ma anche la grazia di non più peccare.

Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.

Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Nella tua bontà fa’ grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l’olocausto e l’intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare (Sal 51 (50) 1.21).

Ottenuto il perdono dei peccati, vivendo nella grazia di Dio, subito si ringrazia il Signore per la grande misericordia usata verso di noi. Eravamo suoi nemici, ci ha accolti nella sua casa. Ci ha fatti nuovamente suoi. Ringraziare è preghiera di chi ha l’animo riconoscente per il grande amore con il quale il Signore lo ha amato e lo ama. La preghiera di ringraziamento deve essere ininterrotta, assieme alla preghiera di benedizione e di lode. Sappiamo come la Vergine Maria lodò il Signore: cantando a Lui e magnificandolo, esaltandola, glorificandolo per tutte le opere da Lui compiute e per il governo della storia, interamente nelle sue mani. Anche Maria si dichiara opera di Dio.

Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.

Ma l’uomo è “povertà costituzionale, essenziale, per natura”. Ha bisogno di tutto per vivere. Anzi tutta la sua vita è da Dio, sia in modo diretto che indiretto. Se Dio ritirasse la sua benedizione, la sua grazia, la sua misericordia, in un istante l’uomo sarebbe nella morte. San Giacomo ci dice che tutto va chiesto al Signore? Ma quale preghiera Lui ascolterà? Solo quella del giusto se elevata al lui con fervore di fede, speranza, carità. Una preghiera fatta da ingiusti mai potrà essere ascoltata. Si è fuori della casa dei Comandamenti. Ma neanche sarà ascoltata una preghiera senza fede, senza speranza, senza amore. Un uomo che non ama i suoi fratelli, non li perdona, non si riconcilia con essi, che neanche chieda al Signore. Non è nel fervore dell’amore e dell’obbedienza. Dio non può ascoltarlo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giusti e ricchi di pietà.

 

27 MAGGIO – SANTISSIMA TRINITÀ – SOLENNITÀ

È DIO LASSÙ NEI CIELI E QUAGGIÙ SULLA TERRA
Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20

Il fondamento della verità del Dio d’Israele e della sua unicità non è in dei principi di ragione, elaborati con grande cura da filosofi acculturati di metafisica. La mente dell’uomo mai potrà giungere a cogliere l’invisibile. Potrà sempre dal visibile per analogia dedurre qualcosa dell’invisibile, ma l’invisibile nella sua più pura essenza sempre sfuggire alla sua analisi. Questa verità è annunziata dal Libro della Sapienza, nella sua condanna dell’idolatria che è la rinunzia dell’uomo all’uso della ragione.

Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore. Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s’ingannano cercando Dio e volendolo trovare. Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza perché le cose viste sono belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano? (Sap 13,1-9).

Il fondamento della verità del Dio d’Israele è la storia, o meglio la sua azione nella storia che va da Abramo fino al presente. Lui sempre non solo si è rivelato come il Signore della storia, lo ha anche attestato nei fatti che solo Lui è il Signore. Obbedendo la natura creata in ogni suo essere ad ogni suo comando, si è anche rivelato e manifestato come il solo Creatore di essa. A nessun uomo la creazione obbedisce, ma solo a colui che l’ha fatta. Signore della storia e della creazione, Signore sopra ogni forza esistente vera o presenta, reale o immaginata. Mosè ricorda ancora un’altra altissima verità. Il solo ed unico vero Dio è il Dio dei cieli, ma anche della terra. Non è il Dio che sta lontano dall’uomo, ma è il Dio che vive in mezzo al suo popolo. È il Dio che lo governa con leggi giuste, sagge, che danno vita. È il Dio vicino, che abita con gli uomini per indicare loro sempre la giusta via della salvezza. Se Dio non fosse stato con lui, Israele ancora sarebbe schiavo in Egitto oppure sarebbe morte nel deserto.

Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi? Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».

Ma c’è ancora tutto un futuro da vivere. Come il passato è stato possibile perché tutto è stato operato dal Signore, così anche il futuro dovrà essere operato da Lui. Qual è la condizione perché Dio cammini con il suo popolo e compie sino alla fine le opere del suo amore? La condizione è una sola: che Israele osservi le leggi e gli statuti che Lui gli dona. Se Israele ascolterà il suo Dio e obbedirà alla sua voce, il Signore farà sì che il popolo resti sempre nella terra che sta per dargli. Se invece Israele tradirà il suo Dio e si consegnerà agli idoli, il Signore interverrà e ancora una volta gli attesterà che solo Lui è il Signore. Questa volta glielo attesterà non liberandolo dai pericoli, ma riconducendolo nuovamente in schiavitù, finché non confesserà che solo il Signore è Dio e nessun altro. Ma sempre quando l’uomo dimentica il Signore, Lui viene e attesta che solo Lui è Dio. Lo attesta lasciando che l’uomo dalla libertà passi nella più nera delle schiavitù. È quanto sta succedendo ai nostri giorni. Stiamo cadendo nella più nera delle schiavitù, nella schiavitù della disumanità più abominevole. Urge convertirsi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede purissima.

 

28 MAGGIO

RAGGIUNGETE LA MÈTA DELLA VOSTRA FEDE
1 Pt 1,3-9; Sa l 110; Mc 10,17-27

Il battesimo apre le porte della salvezza, dono il diritto al Paradiso, ma non è ancora conquista della beatitudine eterna. Tutti la notte della liberazione hanno attraversato il mare. Tutti sono stati liberati dalla schiavitù. Ma degli adulti solo due entrarono nella Terra Promessa. Neanche Mosè è entrato e neppure Aronne e Maria.

Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere (1Cor 10,1-13).

Gesù lo proclama con divina chiarezza. Si entra nella gloria eterna camminando nella sua Parola, prestando ad essa ogni obbedienza. Si muore nella Parola si entra in Paradiso. Si muore fuori della Parola, si è esclusi dalla beatitudine eterna.

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete. Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!” (Mt 7,13-23).

Pietro conferma che quanto Gesù ha detto è purissima verità. La potenza di Dio e della sua grazia mediante la nostra fede nella Parola ci custodisce nel cammino verso la salvezza eterna. Si esce dalla fede nella Parola, si è fuori della via verso il Paradiso.

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

Se questa verità è essenza di tutta la Scrittura, Antico e Nuovo Testamento, perché ormai si afferma e si insegna che l’inferno è vuoto e che tutti saranno accolti da Dio in Paradiso? Lo stesso San Pietro dice che nessuna Parola va soggetta a privata interpretazione. Ma qui non si tratta neanche di interpretazione, ma addirittura di negazione della Scrittura. Se tutti saranno in Paradiso senza la Parola, neanche quanto la Parola dice sulle altre cose è verità. Una verità negata, la verità è negata.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni falsità.

 

29 MAGGIO

DIVENTATE SANTI ANCHE VOI
1 Pt 1,10-16; Sal 97; Mc 10,28-31

Nell’Antico Testamento il Signore ha chiesto al suo popolo di essere santo, perché Lui, loro Dio, è santo. La santità di Dio è il suo amore universale, che abbraccia ogni uomo, di ogni condizione, di ogni discendenza, stirpe, popolo, lingua. Questa rivelazione raggiunge il sommo della sua perfezione nel Libro della Sapienza.

Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11,21-26).

Gesù chiede ai suoi discepoli di essere misericordiosi, perché il loro Padre che è nei cieli è misericordioso. La legge della misericordia non è però quella antica. È quella nuova da lui promulgata. Della nuova legge Lui è il perfetto modello nell’obbedienza.

Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Oc 6,27-38).

Nel Nuovo Testamento alla santità antica di Dio si aggiunge la nuova santità che nasce dal mistero dell’incarnazione. Nell’Antico Testamento Dio poteva amare, ma non morire per la salvezza delle sue creature. Nel Nuovo Testamento non solo Dio può morire per l’uomo, muore realmente per la salvezza di ogni uomo. Se la santità di Dio è la morte in croce per l’uomo, anche la santità del credente in Cristo deve essere la morte per la salvezza in ogni suo fratello. Questa nuova santità cambia nell’essenza la relazione tra il cristiano e ogni altro uomo. La vita del crostiamo va offerta in sacrificio di salvezza.

Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. A loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo. Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo.

Poiché in Dio con l’incarnazione è cambiata nella sostanza la verità della santità, anche nel discepolo di Gesù deve cambiare nella sostanza. Altro è fare del bene ad ogni uomo, altro è offrire la propria vita a Dio, in Cristo, per la redenzione e la salvezza eterna dei fratelli. Avendo oggi il cristiano cancellato la Parola come via per il raggiungimento della salvezza eterna, tutto viene cancellato. Il Vangelo è solo un reperto storico assieme a tutta la Scrittura. Nulla di più. Oggi si vive con la non Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la fede nella Parola.

 

30 MAGGIO

DOPO AVER PURIFICATO LE VOSTRE ANIME
1 Pt 1,18-25; Sa l 147; Mc 10,32-45

San Pietro oggi ci annunzia una verità sulla quale è giusto che vi riflettiamo. Ci aiuterà qual è la via perché noi tutti possiamo amare i fratelli secondo verità e giustizia, sul modello di Gesù Signore. se questa verità ci sfugge, mai riusciremo ad amare, anche volendo e mettendo ogni impegno. Un albero secco non può produrre frutti di vita. Se un contadino desidera che i suoi alberi fruttifichino, ogni anno li purifica, potendo ogni ramo inutile e togliendo dalla terra ogni altra erba o albero che divoro l’ossigeno attorno alle sue radici. Poi ha cura di fornirgli la giusta quantità di acqua, vegliamo perché nessun agente patogeno lo aggredisca e gli impedisca di portare a termini i suoi frutti. Anche il cristiano è un albero piantato nel giardino del Vangelo. Anche lui è chiamato a purificare la sua anima. Gesù dono come legge di purificazione la sua Parola. Leggiamo un brano del Discorso della Montagna e chiediamoci: “Sono io purificato secondo questa Parola di Gesù? Cosa mi manca perché la viva secondo verità?”.

Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio (Mt 5,21-32).

Non si può chiedere ad un albero abbandonato a se stesso di produrre frutti di vita. Neanche si può pretendere che un cristiano ami secondo santità piena i suoi fratelli se non purifica giorno dopo giorno la sua anima mediante l’obbedienza alla Parola. Amare i fratelli è obbedire alla Parola di Gesù. Se non si purifica l’anima con la Parola, si è incapaci di produrre qualsiasi frutto di amore. Un cristiano incolto mai produrrà un solo frutto di amore evangelico. Non si è lasciato immergere nella fornace del Vangelo.

Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio. Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. Perché ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come un fiore di campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno. E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.

Non ho mai visto un contadino che lascia i suoi alberi incolti, in mezzo ai rovi e alle s pine e ad ogni altra erbaccia e poi chiede loro di produrre frutti. Perché allora un pastore e ministro della Parola lascia il cristiano incolto, abbandonato a se stesso e poi gli grida che urge produrre frutti di verità, di giustizia, di vero amore fraterno? Chi vuole frutti dal cristiano, lo deve coltivare. La coltivazione richiede impegno, dedizione, sacrificio, abnegazione, ogni rinuncia. Esige anche che noi doniamo la vita come olocausto a Dio perché il Signore aggiunga la sua grazia e doni il suo Santo Spirito, così come ha fatto Gesù Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci coltivatori di anime.

 

31 MAGGIO

TI RINNOVERÀ CON IL SUO AMORE
Sof 3.14-18a opp. Rm 12,9-16b; C Is 12.2-6; Lc 1,39-56

Il profeta Sofonia annunzia a Gerusalemme e a tutti i suoi figli un grande messaggio di speranza. Non è una parola a cui deve dare compimento l’uomo, ma è lo stesso Dio e Signore che le dona vita. Quanto il profeta rivela è portato a realizzazione dal Signore. è giusto allora che questa messaggio venga esaminato parola per parola. Serve anche a noi, perché viviamo di retta fede e di speranza vera nel Signore nostro Salvatore. “l Signore ha revocato la tua condanna”: Il Signore, a causa dell’idolatria del popolo, perché Israele si convertisse ha permesso che fosse condotto nella dura schiavitù di Babilonia. L’esilio è stata una eccellente medicina. Israele si è convertito. È tornato al suo Dio. Il suo Dio revoca la condanna e si riprende il suo popolo. Lo libera dalla condizione di schiavitù e di asservimento. Israele può tornare nella sua terra. La conversione è condizione indispensabile perché ogni schiavitù sia abolita.

“Ha disperso il tuo nemico”: Israele è tornato a Dio. Dio è tornato a Israele. Quando Dio regna in mezzo al suo popolo, per esso non ci sono nemici. Nessuno potrà fare del male a chi abita nella Legge del suo Signore. La Legge è una fortezza inespugnabile. Israele è fragile quando è fuori della fortezza. Nella fortezza è invincibile. “Re d’Israele è il Signore in mezzo a te”: Israele è nella Legge del suo Dio. Dio è ora nuovamente il Re del suo popolo. Potrà esserci mai qualcuno che possa vincere il Signore, l’Onnipotente? Nessuno. Questa dovrà essere la fede di Israele: se rimango nella fortezza, Dio la difenderà con la sua onnipotenza e io starò al sicuro, vivrò. “Tu non temerai alcuna sventura”: È questa la conseguenza o il frutto del ritorno del Signore ad essere il re d’Israele. Quando Dio regno non ci sono sventure. Si abbandona Dio, ci si abbandona e ci si consegna ad ogni sventura. Si è nella morte.

Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». «Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te.

“Il Signore tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente”: Il Signore, quando regna sul suo popolo, perché il suo popolo è nella Legge, è un salvatore potente. Non è salvatore solo per il passato, ma anche nel presente e per il futuro. La condizione è una e la stessa: dimorare nella Legge, nei Comandamenti. Dio non salva fuori dei Comandamenti, ma dentro. Non redime fuori della Legge, ma dentro. “Gioirà per te”: La gioia del Signore è fare solo il bene, il più grande bene al suo popolo. Lui mai gioisce della morte di chi muore. La sua gioia è per chi vive. Ma chi vive e per chi può gioire il Signore? Per quanti si convertono e tornano nella Legge. “Ti rinnoverà con il suo amore”: L’amore del Signore non lascia l’uomo così come esso è, avvolto dall’ombra della morte, nella corruzione del peccato, che lacera anche la sua carne. L’amore del Signore rigenera, vivifica, ricrea, eleva, dona una nuova vita, rende partecipe della sua natura divina. Tanto grande è l’amore di Dio per l’uomo. “Esulterà per te con grande gioia”: Il Signore gioisce quando può amare, quando può salvare e redimere, quando può fare il bene al suo popolo. Si rattrista invece quando il popolo gli impedisce ogni opera di bene in suo favore, perché lo tiene lontano con il suo peccato. Chi vuole che Dio gioisca per lui e lo ricolmi di ogni benedizione e grazia, deve porre ogni attenzione a dimorare nella fortezza della sua legge. “Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te”: Gli afflitti sono gli esuli. In Babilonia era stati privati delle loro feste, cioè della loro storia. Si ritorna in Gerusalemme, la storia ricomincia nuovamente a vivere. Senza Dio, si è senza radici. La radice dell’uomo è Dio.

Nel Nuovo Testamento ogni dono di Dio viene a noi per mezzo di Cristo, in Cristo, per Cristo. Cristo Gesù è Dio che abita nella carne in mezzo al suo popolo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero corpo di Cristo.