Commento teologico alla prima lettura – gennaio 2019
Ti benedica il Signore e ti custodisca
Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Le 2,16-21
1 GENNAIO – MARIA SS. MADRE DI DIO
Il tempo è dato all’uomo per realizzare nei minuti, nelle ore, nei giorni a lui elargiti dal suo Signore il fine scritto nella sua creazione, redenzione, giustificazione. L’uomo vivrà bene il suo tempo se non sottrae al fine neanche un secondo. Purtroppo oggi, essendo l’uomo separato dal suo Creatore, Signore, Salvatore, si è anche sganciato dal suo fine. Che ne sarebbe della terra se il sole uscisse dalla sua orbita e andasse ad illuminare qualche altra parte dell’universo? La stessa cosa dicasi di un uomo che si allontana dal fine di creazione, redenzione, giustificazione e si abbandona a fini effimeri che sono tutti di peccato. Il fine vero, di vita, è nelle virtù. Nei vizi sono tutti fini falsi, effimeri, di morte. Il Qoelet ci rivela che per ogni cosa c’è il suo tempo. Per noi c’è il tempo del peccato e della grazia, del vizio e delle virtù, dell’ingiustizia e della giustizia. Il tempo a noi è dato per lasciare peccato, vizio, ingiustizia e camminare di grazia in grazia, virtù in virtù, giustizia in giustizia. Al peccato non si deve concedere neanche un secondo del nostro tempo. Va tutto consegnato alle virtù, alla grazia, alla giustizia.
Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato. Un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via. Un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. Che guadagno ha chi si dà da fare con fatica? (Qo 3,1-9).
Il Qoelet dice anche che urge tornare al Signore, all’obbedienza ai suoi Comandamenti perché il tempo del ritorno potrebbe non esserci ed allora sarebbe la fine dell’uomo. Tutto l’uomo è nei Comandamenti. Si esce dai Comandamenti, è la morte dell’uomo.
Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni di cui dovrai dire: «Non ci provo alcun gusto»; prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia; quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l’uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada; prima che si spezzi il filo d’argento e la lucerna d’oro s’infranga e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo, e ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato. Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità. Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male (Qo 12,1-14).
Il popolo di Dio sta iniziando il suo cammino nel tempo per raggiungere il luogo del suo riposo, la terra di Canaan. Nessun tempo può essere vissuto senza la benedizione del Signore e il suo sguardo che sempre veglia su di noi. La benedizione va sempre data, ma anche sempre chiesta. Chiedere la benedizione è segno di grande umiltà. Sappiamo che nulla siamo senza Dio e chiediamo a Lui che ci faccia, ci crei nel bene.
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
Quando un uomo può essere benedetto da Dio? Quando vuole vivere nei Comandamenti. Fuori dei Comandamenti, mai ci potrà essere alcuna benedizione.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il nostro tempo sia nella benedizione del Signore.
L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio
1 Gv 2,22-28; Sal 97; Gv 1,19-28
2 GENNAIO
Nell’eternità il Padre e il Figlio, nell’unità dello Spirito Santo, vivono di comunione eterna che mai potrà essere divisa, abrogata, distrutta, cancellata. La Beata Trinità è mistero di sola natura divina e di comunione eterna delle Tre Divine Persone. Il Figlio Unigenito del Padre si fa carne per darci la grazia e la verità, che sono l’inserimento dell’uomo nel mistero di Unità e di Trinità di Dio. Verità e grazia sono date da Cristo a chi diviene suo corpo, per opera dello Spirito Santo. Divenendo suo corpo, l’uomo diviene figlio del Padre nel Figlio suo Gesù Cristo, ma anche tempio vivo dello Spirito Santo. Il redento è corpo di Cristo, figlio adottivo di Padre, tempio dello Spirito Santo, partecipe della natura divina. Questo è il mistero eterno di Dio e questo anche il mistero della redenzione in Cristo Gesù. Non vi sono altre vie e modalità di salvezza.
Se questo è il mistero Dio, del quale l’uomo è chiamato a divenire parte, mai sarà possibile concepire la salvezza se non come opera della Beata Trinità. Il Padre salva nel Figlio, per il Figlio, con il Figlio, mediante la soprannaturale opera dello Spirito Santo. L’anticristo chi è allora? Colui che nega che Gesù è via essenziale, necessaria, indispensabile per essere salvati. Ma anche colui che afferma o dichiara che ogni via è buona perché l’uomo abbia accesso al Padre. Se ogni via è buona, né Cristo è più necessario e neanche lo Spirito Santo. Con questa negazione e dichiarazione subito si elimina dalla salvezza il mistero dell’unità e della trinità in Dio. Vengono meno il Figlio e lo Spirito Santo. Viene anche meno il decreto eterno di Dio di salvare l’uomo nel suo Figlio Unigenito per mezzo dello Spirito Santo. Viene meno anche il Padre. Infatti chi nega Cristo e il mistero della Trinità non parla più di Padre, ma di Dio. Parla di un Dio che è unico per tutti i popoli e tutte le religioni. Ma non abbiamo Dio. Abbiamo il Padre, che è il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, e lo Spirito Santo. Padre e Figlio sono una cosa sola in eterno. Chi nega l’uno, nega anche l’altro. Chi non possiede il Figlio, neanche il Padre possiede. Ma chi non possiede il Padre non possiede il Figlio.
Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre. Quanto a voi, quello che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quello che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre. E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna. Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di ingannarvi. E quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito. E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo avere fiducia quando egli si manifesterà e non veniamo da lui svergognati alla sua venuta.
Se il discepolo di Gesù ama l’uomo dal cuore del Padre, nello Spirito Santo, necessariamente gli darà Cristo Gesù, perché il Padre che ama l’uomo di un amore di vera salvezza e redenzione gli ha dato Cristo Crocifisso, il suo Figlio Incarnato, come sua unica e sola sorgente della grazia e dello Spirito Santo. Chi ama Dio dal cuore di Dio, potrà mai negare all’uomo un dono così grande? Gli potrà mai impedire di giungere alle sorgenti della vita? Lo lascerà per sempre nella morte eterna? Se questo avviene, perché Cristo Gesù non è donato all’uomo, è il segno che colui che dona o parla di Dio non parla se non di un Dio fabbricato dalla sua mente e dipinto con il colore del suo cuore. Che un non credente in Cristo Gesù neghi Cristo Gesù è anche comprensibile. Che neghi la verità di Cristo un suo discepolo, questo è oltremodo incomprensibile. Il discepolo ha ricevuto lo Spirito di Cristo. Questi sempre gli ricorda chi è il vero Cristo di Dio, solo Gesù di Nazaret. Se Gesù dal discepolo viene declassato al rango di comparsa religiosa nella storia, è segno che lui non è vero figlio del Padre e neanche vero corpo di Cristo e tempio vivo dello Spirito Santo. L’antropologia cristiana o è trinitaria o non è affatto vera antropologia. L’uomo è condannato ad una vita non umana a causa della perdita della fede del cristiano.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo, il Figlio eterno del Padre.
Chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto
1 Gv 2,29-3,6; Sal 97; Gv 1,29-34
3 GENNAIO
Non esiste una morale rigida e una meno rigida, una vivibile e una non vivibile. Esiste invece la moralità e l’immoralità, la virtù e il vizio, l’obbedienza e la disobbedienza, la sottomissione a Dio o la ribellione alla sua volontà. Altra cosa è invece la metodologia da usare perché si possa ritornare nella piena obbedienza a Gesù Signore. In questo caso sì che possiamo parlare di metodologie rigide, permissive, blande, superficiali, addirittura che negano la stessa realtà del peccato. La morale è di Dio, le metodologie sono dell’uomo. Chi allora possiede la giusta modalità dinanzi al peccatore che vuole riconciliarsi con Dio? La giusta modalità viene solo dallo Spirito Santo. Più si è nello Spirito del Signore e più le modalità sono perfette. Meno si è nello Spirito di Dio e più le modalità saranno imperfette. Non si è nello Spirito Santo, perché si vive nel peccato, si possono avere le modalità di scribi e farisei, oppure quella del fratello maggiore della parabola di Gesù, o anche quella del fariseo nel tempio dinanzi al pubblicano, oppure anche quelle modalità che curano l’aspetto esteriore dell’uomo, ma lasciano il cuore pieno di rapina e di iniquità. Le modalità vengono dal nostro cuore.
L’Apostolo Giovanni che è pieno di Spirito Santo ci rivela due verità che vanno ben comprese. La prima ci dice che ogni figlio di Dio deve avere un solo desiderio nel cuore: purificarsi, liberarsi da ogni peccato, da ogni impurità, da ogni immoralità. Dio è il santo e il puro. Chi è figlio di Dio deve tendere, per necessità di natura, ad essere puro come il Padre suo è puro, santo come Lui è santo, giusto come Lui è giusto. La seconda verità ci dice che Gesù è venuto per togliere il peccato del mondo. In Lui c’è peccato. Lui mai ha conosciuto il peccato. Così deve essere anche per chi è in Lui. È chiamato a vivere senza peccato. Se uno commette il peccato, commette iniquità. Ogni iniquità è peccato. Dal peccato dobbiamo liberarci perché siamo stati resi in Cristo partecipi della natura divina. Non vi potrà essere differenza tra la natura di Dio e la natura partecipata a noi. La natura di Dio è santa ed anche la nostra dovrà essere santa. Dio è giusto e anche noi dobbiamo essere giusti. Dio è luce e anche noi dobbiamo essere luce. Non per esigenze di volontà, ma per obbligo di natura. Una sola natura in noi e in Dio, una sola santità in noi e in Dio. Il corpo di Cristo è nella santità e anche il corpo del cristiano deve vivere in perfetta santità. Un solo corpo, non due.
Se sapete che egli è giusto, sappiate anche che chiunque opera la giustizia, è stato generato da lui. Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro. Chiunque commette il peccato, commette anche l’iniquità, perché il peccato è l’iniquità. Voi sapete che egli si manifestò per togliere i peccati e che in lui non vi è peccato. Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto.
Gesù è venuto per togliere il peccato del mondo. Nel corpo di Cristo mai è entrato il peccato. Ora invece può entrare attraverso il corpo di peccato del cristiano. Il battezzato corpo di Cristo può esporre il corpo del Signore ad ogni peccato, gettandolo nella profanazione e nel sacrilegio. È oggi questo il grande scandalo dei figli della Chiesa. Essi sono la negazione vivente, universale, della santità del corpo Cristo. Commettendo essi come corpo di Cristo ogni iniquità manifestano al mondo un corpo di Cristo intriso e sommerso sotto ogni peccato mortale e lieve. Per questo scandalo molti si allontanano dalla retta via e molti altri neanche si avvicinano. Il chiamato non deve peccare. Perché allora pecca? Perché non rimane in Cristo. È uscito dal Vangelo, dalla Parola, dalla Luce. Chi pecca, non ha visto Cristo né l’ha conosciuto. Se siamo nel peccato e Cristo non lo conosciamo, di quale Cristo noi parliamo? Non certo del vero Cristo. Parliamo di un Cristo fabbricato da noi. il vero Cristo è differente. Se noi presentiamo un idolo al mondo, possiamo pretendere che esso creda?
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a comprendere il mistero del peccato.
Per distruggere le opere del diavolo
1 Gv 3,7-10; Sal 97; Gv 1,35-42
4 GENNAIO
Lo Spirito Santo, attraverso il cuore e la mente dell’Apostolo Giovanni, ci rivela le profondità antropologiche operate da Cristo Gesù. La prima grande profondità la troviamo nel Vangelo ed è rivelata da Gesù a Nicodemo. È la profondità senza la quale nessun’altra profondità antropologica potrà compiersi nell’uomo.
Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,1-8).
Il battesimo è vera generazione da Dio. Generazione è per dono della natura. Noi non siamo natura da natura come avviene per la generazione umana. Ma neanche il Figlio Unigenito, il Verbo della vita, è natura da natura, è generato dal Padre, è luce da luce, Dio vero da Dio vero, ma la natura è una e in essa sussistono il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Il battezzato invece viene fatto corpo di Cristo, è parte di esso. Come corpo di Cristo, in lui sussiste la Persona del Figlio, per questa sussistenza, noi siamo anche partecipi della natura divina, ma sempre in Cristo, con Cristo, per Cristo. Essendo partecipi della natura divina, non pecchiamo. Se pecchiamo ci siamo separati da Cristo, siamo morti a Cristo, viviamo come se mai avessimo conosciuto Dio e Cristo Gesù, nello Spirito Santo. Il germe divino che rimane nel battezzato è Cristo Gesù, secondo tutta la potenza della sua unione ipostatica. Può Gesù che dimora nel battezzato peccare? Mai. Se il battezzato pecca, si è separato dal germe divino.
Il fine di tutta l’opera di Cristo Gesù è la distruzione delle opere del diavolo. In chi queste opere vanno distrutte? Nell’uomo. Ed è questa la seconda profondità antropologica. È sempre Cristo Gesù che deve distruggere le opere del diavolo. Non è l’uomo che può distruggerle. Come le distrugge Gesù nell’uomo? Lasciando l’uomo che Gesù abiti nel suo cuore, dimori in lui, perché compia tutta la missione che è solo sua. Come Cristo ha dato al Padre il suo cuore, la sua anima, il suo spirito, la sua volontà e ogni suo desiderio, perché il Padre per mezzo di Lui distruggesse le opere dei diavolo nel mondo, così il battezzato deve dare tutto se stesso a Cristo, nello Spirito Santo, perché distrugga nella sua persona tutte le opere di Satana.
Figlioli, nessuno v’inganni. Chi pratica la giustizia è giusto come egli è giusto. Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché da principio il diavolo è peccatore. Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perché un germe divino rimane in lui, e non può peccare perché è stato generato da Dio. In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello.
Oggi l’astuzia di Satana ha raggiunto una potenza così grande da giungere a convincere moltissimi figli della Chiesa che Cristo Gesù non è necessario per la salvezza. Questa falsità è la madre di tutte le altre falsità che stanno governando il mondo. È Cristo Signore il solo che può distruggere le opere di Satana nell’uomo. Se Cristo viene dichiarato inutile, tutti saremo suoi schiavi, asserviti a compiere le sue opere. Il cristiano non solo è obbligato a confessare che solo Gesù distrugge Satana, ma anche deve volere divenire una cosa sola con Gesù. Una sola verità, una sola Parola, una sola via, una sola vita, una sola grazia, una sola obbedienza. Quando si rompe questa unità e questa comunione, è la fine. Satana si riprende ciò che è suo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permette che ci separiamo da Cristo, nostra vittoria.
Ma con i fatti e nella verità
1 Gv 3,11-21; Sal 99; Gv 1,43-51
5 GENNAIO
Caino ha ucciso suo fratello, Abele, perché ha lasciato che l’invidia entrasse nel suo cuore. Il Signore lo aveva avvisato perché dominasse il suo istinto. Ma ormai lui era governato da Satana. Sempre quando noi permettiamo al diavolo di entrare nel nostro cuore, lui si prende tutto di noi. A lui basta anche un piccolo, semplice peccato veniale di uno sguardo. Per uno sguardo, molte persone si perdono per l’eternità.
Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. Caino si allontanò dal Signore e abitò nella regione di Nod, a oriente di Eden (Gen 4,1-16).
Per l’Apostolo Giovanni non occorre il peccato attivo per essere come Caino, uccisore del fratello. Basta il peccato passivo. In cosa consiste questo peccato? Nel vedere un fratello nella fame, nella sete, senza vestiti, in necessità e non aprire verso di lui generosamente la nostra mano. È questo il peccato del ricco cattivo che lasciò morire di fame Lazzaro, il povero. Per questa sua passività si è dannato. Non ha visto la luce.
Questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello. E per quale motivo l’uccise? Perché le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste. Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui. In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio.
Viene anche portata a perfezione l’antica norma del Libro dei Proverbi. Dal peccato attivo, bisogna passare al peccato passivo. Posso, non faccio, sono omicida.
Sacrificare il frutto dell’ingiustizia è un’offerta da scherno e i doni dei malvagi non sono graditi. L’Altissimo non gradisce le offerte degli empi né perdona i peccati secondo il numero delle vittime. Sacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri. Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, colui che glielo toglie è un sanguinario. Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, versa sangue chi rifiuta il salario all’operaio (Sir 34,21-27).
Chi può e non dona è assassino. Mai potrà essere benedetto da Dio. Mai potrà gustare il suo regno eterno. I beni sono elargiti da Dio perché noi diveniamo ricchi dinanzi a Dio proprio con i suoi beni. Se non li diamo, non ci arricchiamo. Siamo omicidi.
Madre di Dio, Angeli, Santi, dateci la saggezza di farci ricchi in eterno con i beni di Dio.
Portando oro e incenso
Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
6 GENNAIO – EPIFANIA DEL SIGNORE
Il profeta Isaia vede Gerusalemme come la capitale non solo del regno di Giuda, ma del regno di Dio che abbraccerà un giorno tutti i popoli. Le sue parole sono proferite in un tempo in cui la Città Santa era distrutta, desolata, perché divenuta la casa della lucertola e del regno, tanto pochi erano i suoi abitanti a causa della sua devastazione.
Signore, tu sei il mio Dio; voglio esaltarti e lodare il tuo nome, perché hai eseguito progetti meravigliosi, concepiti da lungo tempo, fedeli e stabili. Poiché hai trasformato la città in un mucchio di sassi, la cittadella fortificata in una rovina, la fortezza degli stranieri non è più una città, non si ricostruirà mai più. Per questo ti glorifica un popolo forte, la città di nazioni possenti ti venera. Perché tu sei sostegno al misero, sostegno al povero nella sua angoscia, riparo dalla tempesta, ombra contro il caldo; poiché lo sbuffo dei tiranni è come pioggia che rimbalza sul muro, come arsura in terra arida il clamore degli stranieri. Tu mitighi l’arsura con l’ombra di una nube, l’inno dei tiranni si spegne. Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte» (Is 25,1-10).
Sempre la profezia ha un compimento storico immediato, altri compimenti sono lontani nel tempo, infine vi è il compimento eterno. Nella venuta dei Magi a Gerusalemme per trovare il nato Re dei Giudei, l’Evangelista Matteo annunzia il suo compimento nella storia. Non però Gerusalemme al centro, ma Gesù, il Messia di ogni uomo.
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.
Chi ci rivela il compimento dell’una e dell’altra profezia nell’eternità è l’Apostolo Giovanni nel Libro dell’Apocalisse. In questa città si abiterà nella luce di Dio e di Cristo.
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Cfr. 21,1-22,5).
Le profezie di Dio sono scritte dallo Spirito Santo e solo lo Spirito può rivelare come esse si compiranno e quando. Il vero cristiano è sempre in ascolto dello Spirito di Dio,
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che crediamo che ogni Parola di Gesù è vera profezia.
Ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio
1 Gv 3,22-4,6; Sal 2; Mt 4,12-17.23-25
7 GENNAIO
Chi vuole essere ascoltato nella sua preghiera, deve osservare i comandamenti del Signore e fare ciò che è a lui gradito. L’Apostolo Giovanni ci ricorda due comandamenti essenziali. Se questi non vengono osservati, nessun altro potrà essere osservato. Tutta la Legge e tutto il Vangelo sono fondati su di essi. Il primo comandamento chiede di credere nel nome del Figlio suo Gesù Cristo. Il secondo vuole che ci amiamo gli uni gli altri secondo il precetto che Gesù ci ha dato. Questo precetto è sì quello dato nel Cenacolo dopo la lavanda dei piedi: Come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri. Come il Padre ha dato però la Legge dell’amore a Cristo, così Cristo ha dato la Legge dell’amore ai discepoli. Questa Legge è prima di ogni cosa tutto il Discorso della Montagna e poi ogni altra prescrizione che è uscita dal suo cuore.
Perché la fede in Cristo Gesù è così essenziale da essere posta a fondamento di tutto l’edificio spirituale di ogni uomo? Perché mai potrà esserci vera fede in Dio se non c’è vera fede in Cristo Gesù e anche perché non c’è nessuna salvezza vera di Dio se non in Cristo, con Cristo, per Cristo. Senza Cristo neanche c’è fede in Dio, perché la fede non è solo nella sua Parola, ma anche nel suo dono. Se il Padre ha dato il Figlio suo dalla croce per la nostra redenzione eterna e noi non accogliamo questo dono, non crediamo in Lui. Se non crediamo in questo dono, tutte le altre parole cadono, perché esse portano tutte a questo dono, sono tutte profezie, giuramenti, promesse, orali che annunziano questo dono nel quale è stabilito che siamo salvati. Quale vera fede vi è nell’Antico Testamento, se Cristo Gesù, che è il suo cuore, la sua vita, la sua essenza, viene escluso dalla nostra fede? Nessuna. È un Antico Testamento privato della sua verità, della sua vita, della sua essenza. Ma anche quale fede abbiamo nel Dio del Nuovo Testamento, se il Nuovo Testamento è il dono di Cristo e la luce nello Spirito Santo che illumina la verità di Gesù Signore? Un Dio vero senza Cristo non esiste. Senza Cristo esistono Dèi non Dèi, Scrittura non Scrittura, Vangelo non Vangelo, Parola di Dio non Parola di Dio, esegesi non esegesi, ermeneutica non ermeneutica.
E qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato. Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto costoro, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Essi sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da questo noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore.
Noi possiamo amare secondo verità nella misura in cui non solo crediamo in Cristo, ma per opera dello Spirito Santo ci conformiamo a Lui nel corpo, nell’anima, nei pensieri, nella volontà. Cristo Gesù è l’essenza della fede e del vero amore. Ma quale Cristo Gesù è vera essenza della fede e dell’amore? Il vero Cristo, l’unico vero Cristo, è il Verbo Eterno, il Figlio Unigenito del Padre, che si è fatto carne. Il vero Cristo è il Dio incarnato. Chi confessa che Gesù è il Figlio unigenito venuto nella carne, è da Dio, vive la vera fede, se si conforma a Lui, potrà osservare il comandamento dell’amore. Chi non confessa che Gesù è il Dio venuto nella carne, non solo non è da Dio, ma neanche potrà mai osservare i suoi comandamenti. Questi si possono osservare solo in Lui, con Lui, per Lui. Quando il cristiano dice che Gesù non è necessario per andare a Dio e per amare secondo la volontà di Dio, è figlio del diavolo, non potrà dirsi figli di Dio. Non ama la volontà di Dio. La volontà di Dio è una sola: accogliere Gesù Signore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che amiamo la volontà di Dio accogliendo Cristo Gesù.
Vittima di espiazione per i nostri peccati
1 Gv 4,7-10; Sal 71; Mc 6,34-44
8 GENNAIO
Secondo la rivelazione fatta da Dio nei profeti e in tutto il Nuovo Testamento si può amare solo per natura, non per volontà. La natura nuova dona un cuore nuovo, una volontà nuova, pensieri nuovi, desideri nuovi, spirito nuovo. La natura nuova è in noi opera perenne dello Spirito Santo. Essa però è frutto di Cristo e del suo corpo. Se la Chiesa non partecipa al dono della natura nuova, essa stessa nei suoi figli torna a divenire natura vecchia e si pone nell’incapacità di poter amare secondo l’esempio di Gesù, che non è quello lasciato a noi nel Cenacolo, ma è tutto il Vangelo la verità del suo amore, il cui culmine è raggiunto sul Golgota, facendo olocausto di espiazione per i nostri peccati. Se non collaboriamo alla creazione della natura nuova, non c’è amore. Il primo che chiese una natura nuova è stato Davide dopo il peccato. Poi con Geremia il Signore promise la Nuova Alleanza e con Ezechiele il dono del cuore nuovo.
Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso (Sal 51 (50) 7-14). Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31-31-34). Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne (Ez 11, 19). Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o Israeliti? (Ez 18, 31). Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne (Ez 36, 26).
Perché questa nuova creazione si compie non è sufficiente l’opera di Cristo Gesù. Occorre necessariamente l’opera della Chiesa. La via ce la rivela San Paolo.
Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza (Col 2,1-24-29).
Se non vi sono cuori nuovi che amano, è segno che noi abbiamo tolto al corpo di Cristo la nostra opera. Non facciamo ciò che Cristo ha fatto per la redenzione dell’umanità.
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
La Chiesa è indispensabile al dono della vita di Cristo. Essa deve cooperare ad accrescere la vita di Cristo perché possa essere data ad ogni uomo. È come se essa sempre si trovasse dinanzi ad una umanità affamata e dovesse moltiplicare Cristo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni figlio della Chiesa creda in questa verità.
Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio
1 Gv 4,11-18; Sal 71; Mc 6,45-52
9 GENNAIO
Dio è amore. L’uomo può amare se Dio è in lui e lui in Dio. Qual è la via perché questo possa avvenire? La confessione che Gesù è il Figlio di Dio, il suo Messia, il suo Redentore, la sua vita eterna, la sua grazia, la sua verità, la sua Parola, la sua giustizia perfetta, la sua luce. Ma basta confessare che Gesù è il Figlio di Dio per amare? No. Assolutamente no. Occorre che si accolga Cristo come nostro Messia, Redentore, Salvatore, vita eterna, grazia. Verità, Parola, giustizia. Ma basta accogliere Gesù nella sua più pura essenza per amare? No. Assolutamente no. Bisogna formare con Lui un solo corpo, una sola vita. Ma neanche questo basta. È necessario essere costituiti dallo Spirito Santo suo vero corpo e conformati nella vita e nella morte a Lui, perché Dio che è amore possa amare attraverso noi e manifestare tutta l’onnipotenza creatrice, redentrice, salvatrice della sua divina ed eterna carità. Il mistero del cristiano è frutto di tutta la Beata Trinità. Il Padre si è dato tutto a Cristo, perché Cristo lo doni tutto ad ogni uomo. Non lo dona però fuori di Lui, ma in Lui, con Lui, per Lui. Perché Lui possa donare il Padre ad ogni uomo è necessaria l’opera dello Spirito Santo. Questi non solo deve generarci in Cristo, ma anche conformarci a Lui, attraverso un’opera ininterrotta, diuturna. Ma basta la Beata Trinità perché noi possiamo amare?
Neanche l’opera della Beata Trinità basta. Essa necessita dell’opera della Chiesa. È la Chiesa la voce, le mani, i piedi, il cuore della Beata Trinità. Ogni suo figlio deve dare tutto se stesso al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Per mezzo di lui il Padre deve manifestare, rivelare, attestare ad ogni uomo la bontà e magnificenza del suo amore che crea, salva, redime, dona la vita eterna. Il Figlio per mezzo di lui deve annunziare tutta la potenza di verità e di grazia nella quale solamente ogni uomo potrà essere salvato e giustificato, santificato e fatto divenire nuova creatura. Lo Spirito Santo per mezzo di lui deve essere il datore della vita che è Dio e che è in Cristo Gesù. Se i figli della Chiesa, ognuno secondo il dono della grazia ricevuta nei sacramenti della salvezza, sottraggono la sua opera alla Beata Trinità, la redenzione non si compie e l’uomo resta nella sua incapacità di amare con tutto l’amore che è Dio. La Chiesa può essere vita di salvezza della Beata Trinità oppure decretare la sua morte o la sua nullità in ordine alla vera salvezza, vero amore, vera giustizia, vera misericordia e carità. Quella della Chiesa è responsabilità di inferno e di Paradiso, di odio e di amore, di giustizia e di peccato, di empietà e di sapienza. Tutto Cristo si è posto in essa. Ad essa la tremenda responsabilità di farlo vivere in essa e per essa in ogni cuore.
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore.
Quando un figlio della Chiesa si separa da Cristo, non si separa solo da Lui, ma anche dal Padre e dallo Spirito Santo. Si separa anche dalla Chiesa, vero corpo di Cristo. Il Padre ha stabilito che tutto Dio e tutto l’uomo possano incontrarsi solo in Cristo Gesù, attraverso il corpo di Cristo che è la Chiesa. Questo mistero è grande. Nessuno di noi può giocare con esso come si gioca con i castelli di sabbia. O il cristiano si costruisce saldamente in Cristo, oppure la sua casa crolla. Ma se la sua casa crolla, anche la casa di Dio che è in lui crolla. Non può amare secondo Dio. Amerà secondo l’uomo, la carne, mai secondo Dio, perché Lui non è in Cristo. Oggi questa fede va riaffermata e rimessa in molti cuori che ne sono privi. Essa è stata espulsa dal loro cuore.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano viva e muoia per questa fede.
E questa è la vittoria che ha vinto il mondo
1Gv 4,18-5,4; Sal 71; Lc 4,14-22a
10 GENNAIO
Quando si parla di fede, dobbiamo operare un sottilissima distinzione. Vi è la fede nella Parola che il Signore rivolge ad ogni persona da Lui chiamata per compiere una sua particolare volontà, una specifica missione. Di questa fede dice la Lettera agli Ebrei:
Perciò, fratelli santi, voi che siete partecipi di una vocazione celeste, prestate attenzione a Gesù, l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo, il quale è degno di fede per colui che l’ha costituito tale. Per questo, come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: hanno sempre il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo. Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio. Quando si dice: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, chi furono quelli che, dopo aver udito la sua voce, si ribellarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall’Egitto sotto la guida di Mosè? E chi furono coloro di cui si è disgustato per quarant’anni? Non furono quelli che avevano peccato e poi caddero cadaveri nel deserto? E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che non avevano creduto? E noi vediamo che non poterono entrarvi a causa della loro mancanza di fede (Cfr. Eb 3,1-19).
Basta questa fede per vincere il mondo? No. Essa ha bisogno della piena conoscenza della verità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, nella quale è la conoscenza di ogni altra cosa. Questa conoscenza è stata rivelata ed è contenuta in tutta la Scrittura Santa, che va dalla Genesi fino all’Apocalisse nel nostro canone delle Scrittura. Ma basta l’aggiunta di questa fede per vincere il mondo? Neanche questa fede è sufficiente. Occorre che le verità contenute nella rivelazione siano confermate dagli Apostoli, dai loro Successori e dallo Spirito Santo. Né gli Apostoli senza lo Spirito, né lo Spirito senza gli Apostoli. Ma basta quest’altra aggiunta? Neanche questa basta. Occorre che la meditazione, la riflessione personale sulla Scrittura e sulla comprensione della sua verità sia sempre confermata dai Successoti degli Apostoli, cioè dal Magistero, chiamato a vigilare sulla purezza della verità rivelata.
Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello. Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
Chi vuole vincere il mondo deve fondare la sua fede su tutta la Scrittura, tutta la Tradizione, tutto il Magistero, secondo le regole della Scrittura, del Magistero, della Tradizione. Ad essa deve sempre aggiunge lo Spirito Santo che muove il suo cuore, o parla al suo orecchio, o ancora si manifesta per mezzo di carismi, consacrazioni e missione particolari. Se noi abbandoniamo Scrittura, Tradizione e Magistero, siamo già vinti dal mondo, perché camminiamo con i suoi pensieri e non con quelli di Dio. Se ci liberiamo dal conforto del discernimento dei Pastori, anche in questo caso siamo già stati sconfitti dal mondo. Le nostre ispirazioni non sempre sono conformi a quelle dello Spirito Santo. Chi vuole vincere il mondo deve essere perfetto nella fede verità e nella fede obbedienza. Senza questa perfezione non si vince il mondo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i discepoli di Gesù siano sempre di fede perfetta.
E questa vita è nel suo Figlio
1 Gv 5,5-13; Sal 147; Lc 5,12-16
11 GENNAIO
Dio è la vita eterna. La vita eterna che è Dio è in Gesù. Gesù è stato mandato per darci dono della vita eterna che è Dio, il Padre suo, donandoci se stesso. Si accoglie Lui, vita eterna di Dio, si riceve la vita eterna. Non si accoglie Lui, si rimane fuori della vita. Dire che la vita eterna viene a noi attraverso altre vie è parola contraria a tutto il Vangelo secondo Giovanni. Non c’è vita eterna se non per Cristo, in Cristo, con Cristo. Così come è contrario a tutto il Nuovo Testamento pensare che si possa sostituire Gesù e il Padre suo con il Dio unico, uguale per tutti i popoli. La rivelazione pone Gesù al centro del mistero di Dio e dell’uomo. Si toglie Gesù, Dio rimane senza mistero e anche l’uomo perde la sua verità. Parlare di Dio o della salvezza dalla Scrittura richiede necessariamente la presenza di Cristo Gesù, unico e solo mediatore universale tra Dio e l’uomo. Si toglie Cristo, non si può più parlare dalla Scrittura. Si può parlare da ogni altra religione o filosofia, ma non dalla Scrittura, della quale Cristo Gesù è l’essenza, il cuore, la vita, il solo principio di comprensione. Senza Cristo, la Scrittura è cosa morta.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia (Cfr. Gv 1,1-18). E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna (Gv 3,14-18). Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui (Gv 3,31-36). Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,53-48). Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo (Gv 17,3). Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20,30-31).
Cristo Gesù, in ragione della sua verità divina e umana, non solo è il Differente da ogni altro uomo, è anche il solo Necessario ad ogni altro uomo. Chi accoglie Lui accoglie la vita eterna. Chi rifiuta Lui rifiuta la vita eterna. Come il Padre e Cristo Gesù sono una cosa sola, così anche Cristo Gesù e la vita eterna sono una cosa sola. Si predica Cristo, si accoglie Lui, la sua Parola, si crede nella sua Parola, si riceve la vita eterna, si è salvati. Non si accoglie Lui, non si crede nella sua Parola, si rimane nella morte.
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio. Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato riguardo al proprio Figlio. E la testimonianza è questa: Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio.
Non c’è vera fede in Cristo, se non si fa una cosa sola di Cristo, Parola, vita eterna, Padre. Sono una cosa sola indivisibile in eterno. Chi divide è e rimane nella morte.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a non dividere Cristo dal Padre e dalla Parola.
Figlioli, guardatevi dai falsi dèi!
1 Gv 5,14-21; Sal 149; Gv 3,22-30
12 GENNAIO
Nell’Antico Testamento si passa dal Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe che chiama a seguire Lui, dal Dio di Mosè che vuole essere scelto dal popolo come il solo suo unico Dio, al Dio di Isaia che si rivela e si annunzia come il solo Signore, il solo Creatore non solo del cielo e della terra e di quanto vi è in essi, ma anche di ogni uomo e di ogni storia. Tutto è nelle sue mani, perché altri dèi non esistono. Sono idoli, opere di mano di uomini, frutto del loro pensiero e spesso anche della loro avidità e sete di guadagno.
Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto» (Gen 28,13-15). «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me (Es 20,2-3). Così dice il Signore, il Santo d’Israele, che lo ha plasmato: «Volete interrogarmi sul futuro dei miei figli e darmi ordini sul lavoro delle mie mani? Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l’uomo; io con le mani ho dispiegato i cieli e do ordini a tutto il loro esercito. I popoli diranno supplicanti a Gerusalemme: “Solo in te è Dio; non ce n’è altri, non esistono altri dèi”». Poiché così dice il Signore, che ha creato i cieli, egli, il Dio che ha plasmato e fatto la terra e l’ha resa stabile, non l’ha creata vuota, ma l’ha plasmata perché fosse abitata: «Io sono il Signore, non ce n’è altri (Is 45,11-18).
A partire da Giacobbe i figli d’Israele sempre sono stati chiamati ad eliminare gli Dèi stranieri. Essendo uno solo il Dio vivo e vero, tutti gli altri sono Dèi stranieri.
Dio disse a Giacobbe: «Àlzati, sali a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi lontano da Esaù, tuo fratello». Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: «Eliminate gli dèi degli stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti. Poi alziamoci e saliamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia ed è stato con me nel cammino che ho percorso». Essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dèi degli stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi, e Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem (Gen 36,1-4).
Nel Nuovo Testamento il solo Dio vivo e vero è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo. È Gesù Cristo Figlio del Padre, nell’unità dello Spirito Santo. Tutti gli altri mai il cristiano li dovrà riconoscere come Dèi, perché uno solo è il Dio del cielo e della terra e non ve ne sono altri. Tutti i popoli devono giungere alla conoscenza del solo Dio vivo e vero, che è mistero di unità e trinità, ma anche di incarnazione, morte, risurrezione.
E questa è la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta. E se sappiamo che ci ascolta in tutto quello che gli chiediamo, sappiamo di avere già da lui quanto abbiamo chiesto. Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita: a coloro, cioè, il cui peccato non conduce alla morte. C’è infatti un peccato che conduce alla morte; non dico di pregare riguardo a questo peccato. Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte. Sappiamo che chiunque è stato generato da Dio non pecca: chi è stato generato da Dio preserva se stesso e il Maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno. Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna. Figlioli, guardatevi dai falsi dèi!
Oggi più che mai urge che la Chiesa del Dio vivente purifichi se stessa dai falsi Dèi. Falsi Dèi sono per essa ogni introduzione di pensiero non vero sul mistero del Dio uno e trino. Su Cristo, l’unico Mediatore di vita e eterna, verità, luce, rivelazione tra il Padre e ogni uomo, tra uomo e uomo. Sullo Spirito Santo, la cui missione è generare ogni uomo, che crede nella Parola di Gesù, come vero figlio adottivo del Padre. La Chiesa deve brillare di purissima verità sul suo Dio e Signore. È la sua prima missione.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la Chiesa illumini il mondo con la verità di Dio.
Il Signore Dio viene con potenza
Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22
13 GENNAIO – BATTESIMO DEL SIGNORE
Nell’Antico Testamento è il Signore che viene con potenza per liberare, salvare, redimere il suo popolo. Il Signore è il Padre. Il Padre però mai agisce da solo, ma sempre con il suo Figlio Eterno, nell’unità e comunione dello Spirito Santo. Il Padre viene con potenza nel giardino dell’Eden e fa al serpente la promessa che la sua testa un giorno sarà schiacciata. Al tempo di Noè purifica la terra dal peccato con il diluvio universale. Chiama Abramo, Isacco, Giacobbe. Fa scendere Giuseppe in Egitto. Chiama Mosè perché liberi il suo popolo dalla dura schiavitù. Dona a Giosuè la missione di introdurre i figli d’Israele nella Terra Promessa. Suscita i Giudici. Chiama i profeti perché ricordino l’alleanza e dicano tutta la sua verità, ancora sconosciuta. Sempre il Padre apre la rivelazione orientandola verso la sua pienezza. L’Antico Testamento si regge tutto sul Dio che sempre viene con potenza per dare vita a ciò che è morto, futuro a ciò che è sepolto, risurrezione a chi giace nella valle della morte.
Nel Vangelo il Padre viene con potenza di verità, luce, vita, grazia, misericordia, giustizia perfetta in Cristo Gesù. Quanto Dio ha fatto per il Figlio Dio invisibile nell’Antico Testamento ora lo fa nel Figlio suo incarnato visibilmente. Il Figlio è tutta la divina ed eterna onnipotenza del Padre che agisce nella storia. Ora tutto avviene per il corpo di Cristo, nel corpo di Cristo, con il corpo di Cristo. Il Vangelo, nella sua unità quadriforme, è la manifestazione e la rivelazione del Dio che agisce nella carne, per mezzo della carne. Dopo il sì della Vergine Maria e il suo concepimento per opera dello Spirito Santo, il Padre ha deciso di venire con potenza solo nel Figlio suo incarnato. Nulla senza la carne di Cristo. Nulla senza la sua umanità. Tutto invece in essa, con essa, per essa. Questa verità è essenza di Dio e di conseguenza è essenza della rivelazione, della Parola, della nostra fede. O crediamo che il Padre viene con potenza solo attraverso la carne di Cristo, o la nostra fede è vana, inutile, infruttuosa. Il Verbo incarnato è la via attraverso la quale il Padre parla, agisce, salva, redime, giustifica, eleva, dona la vita nuova. Si toglie il Verbo incarnato, nessun bene di salvezza e di redenzione si riversa sull’uomo. Manca la via da Lui stabilita dall’eternità.
«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».
Dopo la gloriosa risurrezione di Gesù e la sua ascensione al cielo, Dio ha stabilito di venire con potenza attraverso il corpo di Cristo che è la sua Chiesa. Nella Chiesa attraverso ogni suo figlio, in relazione e secondo il dono di grazia e verità dello Spirito Santo, ma anche nel rispetto del sacramento ricevuto da ciascun membro del corpo di Gesù Signore. Sacramentalmente parlando, una è la potenza di Dio nel battezzato e una nel cresimato, nel consacrato diacono, presbitero, vescovo, una nel successore di Pietro come Pastore di tutta la Chiesa. In modo straordinario, per una grazia particolare concessa da Dio, ogni discepolo di Gesù può manifestare tutta la divina potenza nella conversione, nei segni e prodigi, nell’attrarre a Cristo Gesù e alla sua Chiesa. La verità è però una. O la Chiesa prende coscienza che per essa, in essa e con essa il Padre dei cieli, per Cristo Gesù, nello Spirito Santo, vuole manifestare tutta la sua potenza di salvezza e di redenzione, o il mondo precipiterà nelle tenebre.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutate i cristiani a prendere coscienza della loro verità.
Egli è irradiazione della sua gloria
Eb 1,1-6; Sal 96; Mc 1,14-20
14 GENNAIO
Dal prologo del Quarto Vangelo conosciamo tutto di Cristo Gesù. Lui è Verbo che è in principio presso Dio, che è Dio, che è in principio. Lui si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi per darci la grazia e la verità. Lui è il solo che ci rivela il Padre.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2Egli era, in principio, presso Dio: 3tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Cfr. Gv 1,1-18).
In che senso il Verbo è il Figlio Unigenito del Padre? L’Antico Testamento rivela che la relazione tra il Padre e il Figlio è di generazione. Domani lo Spirito Santo dirà: “Dio da Dio, luce da luce, generato, non creato della stessa sostanza del Padre”. Non si tratta di figliolanza adottiva, ma di vera figliolanza per generazione eterna, in principio.
Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato (Sal 2,7). A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato (Sal 110 (109) 3).
La Lettera agli Ebrei rivela che Dio, che molte volte aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, in questi giorni ha parlato per mezzo del Figlio. Il Figlio non è solo il Verbo per mezzo del quale ha fatto il mondo, ma anche l’erede di tutte le cose. Il Padre ha messo tutto nelle mani del Figlio, tutto gli ha dato. Anche se stesso Dio ha dato al Figlio in un dono di amore eterno. Tutto il Figlio si è donato al Padre. Tutto il Padre si è donato al Figlio nello Spirito Santo. Tutto ciò che viene a noi dal Padre, necessariamente dovrà venire per mezzo del Figlio, si attinge nel Figlio, si vive in Lui.
Ma qual è la relazione eterna tra il Padre e il Figlio? La Lettera agli Ebrei parla di irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza. L’irradiazione è della luce generata da un corpo luminoso che si espande per illuminare e riscalda. L’irradiazione presuppone, esige la generazione. Il corpo genera la luce. La luce generata si espande, illumina, riscalda. L’irradiazione richiede un legame sostanziale tra il corpo generante e il corpo generato. L’irradiazione è più che la generazione. Mentre nella generazione il corpo generato può vivere di esistenza autonoma, indipendente, libera, nell’irradiazione mai. Il corpo generato vive finché vi è il corpo generante. Finisce il corpo generante, finisce il corpo generato. Il Padre eterno genera il figlio in una eternità senza tempo. Mai potrà esistere il Figlio senza il Padre, perché del Padre è irradiazione. Eternamente il Figlio per essere necessita del Padre. Lui è dal Padre sempre, proprio perché ne è irradiazione. Generazione eterna, oggi.
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio.
Ma il Figlio è anche impronta della sua sostanza. L’impronta è quella del sigillo. Tutta la forma del sigillo è sulla cera. Qui non si tratta di impronta tra due sostanze diverse. Il Figlio è impronta della sostanza del Padre. Tutta la sostanza del Padre è sostanza del Figlio. Sono una sola sostanza divina, una sola essenza o natura divina. Tutta la natura del Padre è la natura del Figlio. Questa relazione è eterna ed unica.
Madre di Dio, Angeli, Santi, datevi la più pura fede e verità nel mistero di Cristo Gesù.
Rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze
Eb 2,5-12; Sal 8; Mc 1,21-28
15 GENNAIO
Con il peccato l’uomo ha privato Dio della sua gloria. Lo ha dichiarato non suo Dio. Come potrà rendere a Dio ogni gloria? Prima di tutto dichiarando se stesso non uomo, lasciandosi dichiarare dal mondo intero non uomo. Questa verità di Cristo Gesù ce la rivela San Paolo nella Lettera ai Filippesi, chiedendo ad ogni discepolo di imitare Gesù.
Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me (Fil 2,1-18).
Gesù, essendo vero uomo, oltre che vero Dio, sperimenta nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito tutta la sofferenza del mondo, vivendola con un solo fine: dare al Padre la sua gloria. Quanto Gesù è capace di amare il padre? Fino alla morte di croce. Fino a svuotare il suo corpo di sangue, anima, spirito. È per questa gloria data al Padre che il Padre lo esalta, lo innalza, lo costituisce Signore, gli dona il governo del tempo e dell’eternità. La carne si svuota interamente di sè per amore del Padre. Il Padre viene e la colma con tutto se stesso e la costituisce via di redenzione per il mondo.
Non certo a degli angeli Dio ha sottomesso il mondo futuro, del quale parliamo. Anzi, in un passo della Scrittura qualcuno ha dichiarato: Che cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell’uomo perché te ne curi? Di poco l’hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l’hai coronato 8e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi. Avendo sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi.
Chi oggi vuole divenire in Cristo, per Cristo, con Cristo, strumento di salvezza e di redenzione per ogni altro uomo, deve imitare Cristo. Si deve lasciare svuotare di sé – ed è questa la sofferenza: totale annientamento di sé operato da noi stessi per mezzo della crescita nelle virtù e dal mondo che ci sottomette ad ogni martirio – perché il Padre lo possa comare di sé, di Cristo e dello Spirito Santo e costituirlo strumento in Cristo di vita eterna e di luce. Il cristiano, se vuole essere strumento di Cristo, deve svuotarsi come corpo di Cristo. Lui è corpo di Cristo, il corpo di Cristo, attraverso il suo corpo, deve essere portato al pieno svuotamento. È la via per essere datori di Dio.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci perché il nostro svuotamento sia totale, perfetto.
Degno di fede nelle cose che riguardano Dio
Eb 2.14-18; Sal 104; Mc 1,29-39
16 GENNAIO
Gesù è il Figlio eterno del Padre venuto nella carne. Nella carne deve essere creduto vero Figlio eterno del Padre. Come si renderà degno di fede? Allo stesso modo di Mosè, anzi in una misura infinitamente più grande. Mosè si rende degno di fede attraverso tutte le opere da lui compiute nel nome del Signore. Quando lui è trovato degno di fede? Quando fu proclamato tale? Dopo l’apertura del Mar Rosso, il passaggio dei figli d’Israele in mezzo ad esso a piedi asciutti e la misera fine dei cavalli e dei cavalieri del faraone, sommersi dai flutti del Mare che si ricomponeva per ordine di Mosè. È allora che tutti credettero in Dio e nel suo servo Mosè. La fede è in Dio che opera per mezzo di Mosè, ma è anche in Mosè che opera nel nome del Signore. Il Salmo proclama degni di fede gli insegnamenti del Signore. Quanto essi dicono sempre si compie. Mai un solo insegnamento del Signore è risultato falso. Nel Libro del Siracide è chiesto a Dio di rendere degni di fede i suoi profeti. Come? Facendo sì che ogni loro Parola si trasformi in storia, in vita, si compia in quello che profetizza.
Il Signore regna, si riveste di maestà: si riveste il Signore, si cinge di forza. È stabile il mondo, non potrà vacillare. Stabile è il tuo trono da sempre, dall’eternità tu sei. Alzarono i fiumi, Signore, alzarono i fiumi la loro voce, alzarono i fiumi il loro fragore. Più del fragore di acque impetuose, più potente dei flutti del mare, potente nell’alto è il Signore. Davvero degni di fede i tuoi insegnamenti! La santità si addice alla tua casa per la durata dei giorni, Signore (Sal 83 (92)1-5). Abbi pietà di noi, Signore, Dio dell’universo, e guarda, infondi il tuo timore su tutte le nazioni. Alza la tua mano sulle nazioni straniere, perché vedano la tua potenza. Come davanti a loro ti sei mostrato santo in mezzo a noi, così davanti a noi móstrati grande fra di loro. Ti riconoscano, come anche noi abbiamo riconosciuto che non c’è Dio al di fuori di te, o Signore. Rinnova i segni e ripeti i prodigi, 7glorifica la tua mano e il tuo braccio destro. Risveglia il tuo sdegno e riversa la tua ira, distruggi l’avversario e abbatti il nemico. Affretta il tempo e ricòrdati del giuramento, e si narrino le tue meraviglie. Sia consumato dall’ira del fuoco chi è sopravvissuto e cadano in rovina quelli che maltrattano il tuo popolo. Schiaccia le teste dei capi nemici che dicono: «Non c’è nessuno al di fuori di noi». Raduna tutte le tribù di Giacobbe, rendi loro l’eredità come era al principio. Abbi pietà, Signore, del popolo chiamato con il tuo nome, d’Israele che hai reso simile a un primogenito. Abbi pietà della tua città santa, di Gerusalemme, luogo del tuo riposo. Riempi Sion della celebrazione delle tue imprese e il tuo popolo della tua gloria. Rendi testimonianza alle creature che sono tue fin dal principio, risveglia le profezie fatte nel tuo nome. Ricompensa coloro che perseverano in te, i tuoi profeti siano trovati degni di fede. Ascolta, Signore, la preghiera dei tuoi servi, secondo la benedizione di Aronne sul tuo popolo, e riconoscano tutti quelli che abitano sulla terra che tu sei il Signore, il Dio dei secoli (Sir 36,1-19).
Quando Gesù si rese degno di fede nelle cose che riguardano Dio? Lui ogni giorno si rendeva degno di fede con i segni, i prodigi, i miracoli da Lui compiuti. Le folle sempre confessavano la presenza di Dio nella sua vita. Il segno infallibile è la Parola che si realizza, avviene, si fa storia. Il segno dei segni della sua credibilità lo ha dato con la sua gloriosa risurrezione. Con questo segno ogni Parola si è compiuta. Lui è degno di fede nelle cose che riguardano Dio. Se è degno di fede, chi non crede è responsabile della sua incredulità. Cristo tutto ha fatto e detto al fine di rendersi credibile in tutto.
Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Oggi chi deve rendersi degno di fede dinanzi al mondo è la Chiesa. Come vero corpo di Cristo, chi si deve rendere degno di fede è ogni discepolo. Il discepolo è via necessaria essenziale per attrarre a Cristo. Cristo e il discepolo sono una sola via.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni discepolo di Gesù sia trovato degno di fede.
A condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia
Eb 3,7-14; Sal 94; Mc 1,40-45
17 GENNAIO
Accogliendo la Parola della fede e lasciandoci battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, si diviene partecipi di Cristo. Ma basta questo per essere salvati? La salvezza inizia con il battesimo. Essa si compie se manteniamo salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuto in Gesù e nella sua Parola. Si cammina di fiducia in fiducia, di fede in fede, di verità in verità, si raggiunge la vita eterna.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo. Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! (Mt 10.21-25). Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato (Cfr. Mt 24,9-14).
La storia ci dice che noi iniziamo bene nella fede, ma poi retrocediamo da essa. cominciamo con lo Spirito Santo, ma poi scivoliamo nuovamente nella carne.
Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! (Gal 5,1-15).
Oggi siamo al di là della perseveranza, al di là della distinzione tra Spirito e carne. Siamo giunti a rendere la carne via di salvezza. L’appartenenza a Cristo e la partecipazione di Lui sono solo formali, non essenziali, non vitali. Si è in Lui, ma senza di Lui. Si vive con Lui, ma non per Lui. La salvezza è senza alcuna perseveranza e anche senza neanche più predicare la conversione al Vangelo e l’adesione alla fede.
Per questo, come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: hanno sempre il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo. Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda fino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio.
Quando si dice che tutti andranno in Paradiso, non si esclude la perseveranza sino alla fine e anche la necessità di essere nella Parola, nella verità, nella fede di Cristo Gesù? Oggi la rivelazione è stata abolita come via di salvezza. Anche Cristo Gesù è abolito.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che i cristiani credano con fede convinta nel Vangelo.
A loro la parola udita non giovò affatto
Eb 4,1-5.11; Sal 77; Mc 2,1-12
18 GENNAIO
San Paolo, leggendo e meditando la storia antica dei padri, ammonisce severamente i cristiani di Corinto perché non cadano nello stesso errore. Dall’Egitto uscì una moltitudine di gente, un numero altissimo. Solo due però entrarono nella terra promessa. Dio non si compiacque di quella generazione. Non credendo nella sua Parola, nulla ha potuto fare per introdurli nella terra della loro libertà. Morirono nel deserto. Neanche Mosè entro nella terra di Canaan. Non manifestò la gloria del Signore alle acque di Massa e Meriba. Ebbe un attimo di esitazione nella fede. Se dei padri non si è compiaciuto, potrà il Signore compiacersi di noi, se camminiamo con lo stesso cuore ostinato, ribelle, refrattario alla fede nella sua Parola?
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere (1Cor 10,1-13).
La Lettera agli Ebrei indica una via di sostegno e di aiuto perché la Parola sia da noi accolta in pienezza di fede e mai si retroceda da essa. I padri hanno udito la Parola del Signore. Ad essi la Parola non giovò affatto. Ecco le motivazioni: “Non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede”. Chi vuole perseverare nella fede deve sempre lasciarsi sostenere da chi è nella fede. Se uno si unisce a chi non ha fede, precipiterà anche lui nella non fede. Nel deserto questo è avvenuto. Il popolo anziché schierarsi dalla parte di Mosè che era il portatore della Parola della fede, si è schierato con quelli che non erano portatori della Parola. Non videro Dio nell’ordine di andare e conquistare la terra, non videro neanche la terra. Se non vediamo il paradiso da raggiungere nella Parola di Cristo Gesù, possiamo noi domani entrare in esso?
Dovremmo dunque avere il timore che, mentre rimane ancora in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso. Poiché anche noi, come quelli, abbiamo ricevuto il Vangelo: ma a loro la parola udita non giovò affatto, perché non sono rimasti uniti a quelli che avevano ascoltato con fede. Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto: Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo! Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere. E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo! Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.
Ma quale voce oggi si deve ascoltare, a quale Parola si deve credere per entrare nel luogo del nostro riposo eterno? La voce, la Parola, è quella di Cristo Gesù. È Lui la voce e la Parola del Padre. Si ascolta il suo Vangelo, si persevera in esso, si raggiungono i cieli nuovi e la terra nuova. Si ascolta il Vangelo, non si persevera in esso, mai si potrà raggiungere il regno eterno del Signore. Parola, fede, perseveranza devono essere una cosa sola. Si inizia ma poi non ci si deve voltare mai più indietro. La perseveranza nella Parola e nella fede dovrà essere fino alla fine. Sempre per sempre.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci perché mai retrocediamo dal cammino della fede.
Manteniamo ferma la professione della fede
Eb 4,12-16; Sal 18; Mc 2,13-17
19 GENNAIO
La fede nasce dal cuore e dalla bocca degli Apostoli. Essa necessariamente deve sempre rivestire l’essenziale, sostanziale dimensione apostolica e quindi ecclesiale.
Che cosa dice dunque? Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore, cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo (Rm 10,8-17).
L’apostolo e i suoi successori devono sempre vigilare perché la fede sia trasmessa nella sua più pura verità e in essa sempre conservata. Nessuno si può dare la Parola.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto (1Cor 15,1-11).
Nella Lettera ai Galati Paolo interviene con tutta la fortezza dello Spirito Santo, denunciando il tradimento del Vangelo e gridando che non c’è un altro Vangelo.
Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo! (Gal 1,6-10).
Oggi la fede soffre di una duplice, profonda crisi. Manca il dono della purissima Parola di Gesù. Anche se la Parola è donata, ognuno se ne appropria e se ne serve al suo cuore e mai dal cuore della Chiesa, dal cuore dell’apostolo di Cristo Signore.
Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto. Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la fede rettamente sia annunziata e creduta.
Come gioisce lo sposo per la sposa
Is 62,1-5; Sal 95; 1 Cor 12,4-11; Gv 2.1-11
20 GENNAIO – II DOMENICA T. O.
Dio non vuole vivere con il suo popolo una relazione superficiale, giuridica, di obbedienza esteriore alla sua Legge. Vuole vivere invece una relazione sostanziale di unità di vita, spirito, volontà, desiderio, in tutto simile alla relazione sponsale, di sola carne, tra uomo e donna. Vuole che il suo popolo sia quell’aiuto a Lui corrispondente.
Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne (Gen 2,19-24).
In questo racconto vi è un silenzio. È il silenzio della donna. Essa non parla. Ignoriamo il significato di questo mistero. Sappiamo che la prima parola della donna fu detta al serpente. Lei cadde nel peccato di superbia. L’altro mistero riguarda la tentazione. Perché Satana parte dal cuore di Eva per condurre nella morte l’umanità? Rimane sempre la volontà di Dio di fare dell’uomo e della donna una sola carne. Una unione simile il Signore la vuole vivere con il suo popolo, vera unione sponsale. Lui vuole essere la vita del popolo e il popolo sua vita. Non due vite, ma una sola. Non due realtà, ma una sola realtà, attraverso cui dare la vita ad ogni altro uomo. Questa volontà di Dio è manifestata la prima volta attraverso il profeta Osea.
Io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal e non saranno più chiamati per nome. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino nuovo e all’olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata, e a Non-popolo-mio dirò: “Popolo mio”, ed egli mi dirà: “Dio mio”» (Os 2,16-25).
Il profeta Isaia riprende questa volontà di Dio di essere lo Sposo e il suo popolo la sua sposa, ma per fare questo il Signore dovrà impegnare tutto se stesso al fine di trasformare un popolo di idolatri in sua sposa. San Paolo rivela che questo mistero si compie tutto in Cristo Gesù. Lui è lo Sposo, la Chiesa è la sua Sposa. Gesù per fare bella la sua Sposa senza macchia e senza rughe, ma immacolata al suo cospetto, ogni giorno la lava con il suo Sangue e la veste con il suo Santo Spirito. Mistero dei misteri!
Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.
Lo sposalizio, oltre che il fine di un amore di totale oblazione – simile a quello di Gesù sulla croce – dello Sposo per la Sposa e della Sposa per lo Sposo, ha anche l’altro fine di generare nuovi figli a Dio. La nascita di nuovi figli da acqua e da Spirito Santo è il frutto di questo amore. Se la Sposa si abbandona all’idolatria, nessun figlio potrà far nascere Gesù da acqua e da Spirito Santo e la Sposa vivrà di sterilità perenne.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la Chiesa sia Sposa fedele al suo Sposo sempre.
Imparò l’obbedienza da ciò che patì
Eb 5,1-10; Sal 109; Mc 2,18-22
21 GENNAIO
La vita di Gesù è stata perfettissima obbedienza alla Parola che il Padre ha scritto per Lui e consegnata alla Legge, ai Profeti, ai Salmi. Nessuna Parola da Lui è stata tralasciata, ma tutte compiute. Lui muore con questa professione di fede dinanzi al Padre suo e alla storia: “Tutto è compiuto”. A nessuno sarà possibile poter dire, scrutando tutte le Scritture: “Questa Parola che riguarda Gesù non è stata da Lui adempiuta. Non è divenuta sì nella sua vita”. Questa confessione deve farla ogni uomo onesto dinanzi a Dio e agli uomini. L’obbedienza non si fa in Paradiso, in un luogo di santi, ma in mezzo ad un popolo di peccato ostile ad ogni Parola del Signore. Il mondo si avventò contro di Lui, prima per ostacolare in ogni modo la fede in Lui. Lo ha fatto con ogni calunnia, menzogna, falsa testimonianza, travisando ogni parola, giungendo fino ad attribuire i miracoli di Gesù ad una sua alleanza con Satana. Quando il mondo vide che non era possibile fermarlo in nessun modo, pensò allora di eleminarlo fisicamente, con la più atroce delle pene, la morte per crocifissione. Gesù, conoscendo nello Spirito Santo la sorte che lo attendeva, si immerse in una lunga preghiera, per chiedere al Padre suo che gli manifestasse ancora una volta la sua volontà.
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione» (Lc 22,39-46).
Il Padre non solo confermò la sua volontà, diede a Gesù ogni forza per portare a compimento la sua missione. Quando Gesù imparò la perfetta obbedienza? All’istante in cui rese lo spirito al Padre. Anche sulla croce visse di purissima obbedienza.
Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì 6come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek.
Questa stessa obbedienza Gesù chiede ad ogni suo discepolo. Questi deve dare compimento ad ogni Parola scritta per lui nel Vangelo, nella Parola di Cristo e di Dio. Deve viverla nel mondo del peccato. Anche contro di lui si abbatterà il peccato del mondo. Nella sofferenza generata dal peccato, lui deve imparare ad obbedire.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,12-19).
Madre di Dio. Angeli, Santi aiutate i discepoli di Gesù a vivere ogni Parola di Dio.
Un’àncora sicura e salda per la nostra vita
Eb 6,10-20; Sal 110; Mc 2,23-28
22 GENNAIO
Oggi vi è confusione grande nella mente e nel cuore dei credenti in Cristo Gesù. Si è passati dalla Parola Scritta di Dio e di Gesù Signore ad una parola immaginata, pensata, desiderata, contraria e opposta a quella consegnata nelle Sacre Scritture, la sola che può salvare la nostra vita. Questo passaggio dallo scritto che è uguale per tutti alla parola immaginata da ciascuno oggi sta conducendo i credenti ad avere ciascuno un suo Dio, un suo Cristo, una sua Chiesa, una sua verità, una sua visione dei sacramenti, un suo pensiero sul presente e sul futuro. Le conseguenze sono di vero disastro. Come prima cosa si sono annullati i comandamenti nel loro valore oggettivo di trasgressione. L’omicidio è omicidio sempre. L’adulterio è adulterio sempre. Il furto è furto sempre. La superstizione è superstizione sempre. La falsa testimonianza è falsa testimonianza sempre. Il male è male sempre. La coscienza mai potrà trasformare un atto intrinsecamente cattivo in un atto intrinsecamente buono. L’adulterio non è cosa cattiva per alcuni e cosa buona per altri. Così dicasi di ogni altra trasgressione reale o anche con il desiderio, dove il desiderio è contemplato. Ulteriore passo in avanti nella devastazione della fede, sempre frutto della cancellazione della Parola scritta, è stato l’esclusione di Cristo dal processo della salvezza e della redenzione. Ma se viene escluso Cristo anche il Padre e lo Spirito Santo vengono esclusi, la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, viene esclusa. La stessa sorte riguarda i ministri della Parola. A che serve un ministro della Parola, se la Parola scritta non esiste più come punto di riferimento in ordine alla verità di Dio, di Cristo, dello Spirito Santo, della Chiesa, dei suoi misteri, dello stesso uomo? A che serve un ministro della Parola se l’inferno è stato dichiarato vuoto e se il Paradiso è aperto a tutti indipendentemente dalla fede, non fede, moralità, immoralità, idolatria, empietà? Mandando al macero la Parola scritta, tutto è mandato al macero. Ancora i risultati stanno appena apparendo nella loro gravità, fra qualche anno essi saranno bene evidenti e allora ci sarà solo da piangere. Non ci sarà nulla da festeggiare.
Dio infatti non è ingiusto tanto da dimenticare il vostro lavoro e la carità che avete dimostrato verso il suo nome, con i servizi che avete reso e che tuttora rendete ai santi. Desideriamo soltanto che ciascuno di voi dimostri il medesimo zelo perché la sua speranza abbia compimento sino alla fine, perché non diventiate pigri, ma piuttosto imitatori di coloro che, con la fede e la costanza, divengono eredi delle promesse. Quando infatti Dio fece la promessa ad Abramo, non potendo giurare per uno superiore a sé, giurò per se stesso dicendo: Ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza. Così Abramo, con la sua costanza, ottenne ciò che gli era stato promesso. Gli uomini infatti giurano per qualcuno maggiore di loro, e per loro il giuramento è una garanzia che pone fine a ogni controversia. Perciò Dio, volendo mostrare più chiaramente agli eredi della promessa l’irrevocabilità della sua decisione, intervenne con un giuramento, affinché, grazie a due atti irrevocabili, nei quali è impossibile che Dio mentisca, noi, che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa infatti abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita: essa entra fino al di là del velo del santuario, dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek.
La certezza alla quale dobbiamo aggrapparci è una sola: il giuramento fatto da Dio di salvare l’uomo nella discendenza di Abramo che è Cristo Gesù e anche il giuramento di costituire Gesù sacerdote alla maniera di Melchisedek, al fine di offrire al Padre il sacrificio per l’espiazione dei nostri peccati. Se dichiariamo nullo il giuramento di Dio, allora non vi sarà più alcuna speranza cui aggrapparci. Siamo nella valle della morte e in essa rimarremo per l’eternità. Altra certezza cui aggrapparci è la morte in croce di Dio, nella Persona del suo Figlio Unigenito. Se Lui è morto in croce per testimoniare la sua verità di ogni sua Parola ed è anche risorto, allora la Parola è vera. Su di essa possiamo edificare la nostra casa, perché rimanga stabile in eterno. Le certezze infallibili le abbiamo. Ci sono state date tutte. Spetta a noi rimanere saldi in esse.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che ci separiamo dalla Parola di Gesù.
Sacerdote per sempre a somiglianza di Melchìsedek
Eb 7,1-3.15-17; Sal 109; Mc 3,1-6
23 GENNAIO
Nell’Antico Testamento si parla di Melchisedek due sole volte, una nella Genesi e una nel Salmo. Cosa cambia nella sostanza dire che il Messia del Signore sarà sacerdote per sempre a somiglianza di Melchisedek? Prima di tutto si dichiara finito il sacerdozio secondo Aronne con tutta la ritualità antica. Si entra in un altro ordine e in un altro sacrificio. Gesù entrerà nel santuario dei cieli, presso Dio, con il proprio sangue. Nel Nuovo Testamento di Melchisedek si parla solo nella Lettera agli Ebrei.
Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui, il re di Sòdoma gli uscì incontro nella valle di Save, cioè la valle del Re. Intanto Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Ed egli diede a lui la decima di tutto (Gen 14,17-20). Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». Il Signore è alla tua destra! Egli abbatterà i re nel giorno della sua ira, sarà giudice fra le genti, ammucchierà cadaveri, abbatterà teste su vasta terra; lungo il cammino si disseta al torrente, perciò solleva alta la testa (Sal 110 (109), 1-7). Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek (Eb 5, 6). Essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek (Eb 5, 10). Dove Gesù è entrato per noi come precursore, essendo divenuto sommo sacerdote per sempre alla maniera di Melchìsedek (Eb 6, 20).
Altra differenza sostanziale è che ormai il sacerdozio non solo non appartiene ai discendenti di Aronne, ma neanche più si è consacrati sacerdoti in Cristo mediante generazione dalla carne, ma per consacrazione nello Spirito Santo. Si compie così la profezia di Isaia. Se fosse rimasto Aronne, mai essa si sarebbe potuta compiere.
Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme –dice il Signore–, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore (Is 66,18-21).
In Cristo si è consacrati nello Spirito Santo con una duplice consacrazione: quella battesimale rende idoneo il battezzato ad offrire il suo corpo in sacrificio al Padre compiendo ciò che a Lui gradito con perfetto discernimento; il sacerdozio ministeriale, che viene dal sacramento dell’ordine, fa di un uomo Pastore della Comunità, rendendo presente in mezzo ad essa Cristo Pastore e capo del suo gregge, perché lo nutra con il Pane della Parola, il pane dell’Eucaristia e di ogni altra grazia.
Questo Melchìsedek infatti, re di Salem, sacerdote del Dio altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dall’avere sconfitto i re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa. Anzitutto il suo nome significa «re di giustizia»; poi è anche re di Salem, cioè «re di pace». Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre. Ciò risulta ancora più evidente dal momento che sorge, a somiglianza di Melchìsedek, un sacerdote differente, il quale non è diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per la potenza di una vita indistruttibile. Gli è resa infatti questa testimonianza: Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek.
Gesù è il solo sacerdote dinanzi al Padre suo. Ogni altro, sia per consacrazione battesimale sia per consacrazione presbiterale o episcopale, è sacerdote in Cristo, con Cristo, per Cristo. Mai questi due sacerdozi potranno esistere fuori di Cristo Gesù.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a comprendere la verità del Sacerdozio di Gesù.
Quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore
Eb 7,25-8,6; Sal 39; Mc 3,7-12
24 GENNAIO
L’Antica Alleanza si fondava sull’obbedienza alla Legge, ma l’uomo rimaneva nella sua vecchia natura. Non veniva trasformato per rigenerazione dallo Spirito Santo.
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti» (Es 19,3-6). Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!» (Es 24,3-8).
La vecchia natura conduce l’uomo non all’obbedienza ma alla disobbedienza, immergendolo nell’idolatria e nell’immoralità. Il Signore decide di dare all’uomo una nuova creazione. L’uomo ora può vivere da natura spirituale nello Spirito del Signore.
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).
Con la Nuova Alleanza, ciò che prima era difficile e quasi impossibile per natura ora è possibile e anche leggero per natura trasformata dallo Spirito, perché si tratta di natura che è resa partecipe della natura divina. È questa una delle sostanziali differenze.
Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore. Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre. Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera tenda, che il Signore, e non un uomo, ha costruito. Ogni sommo sacerdote, infatti, viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessità che anche Gesù abbia qualcosa da offrire. Se egli fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote, poiché vi sono quelli che offrono i doni secondo la Legge. Questi offrono un culto che è immagine e ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu dichiarato da Dio a Mosè, quando stava per costruire la tenda: «Guarda – disse – di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte. Ora invece egli ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci entrare nel pieno mistero della Nuova Alleanza.
Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti
At 22,3-16 opp. At 9,1-22; Sal 116; Mc 16,15-18
25 GENNAIO
Gesù Signore lo ha detto: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). È con i discepoli come Dio, il Signore, era con Mosè, agendo per mezzo di Lui. Questa verità è rivelata dal Vangelo secondo Marco: “Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Mc 16,20). Ma è anche con i discepoli agendo dall’esterno. Questa verità accompagna l’intero Libro degli atti degli Apostoli. Ecco l’agire del Signore in ordine alla vera salvezza: “Essa cominciò a essere annunciata dal Signore, e fu confermata a noi da coloro che l’avevano ascoltata, mentre Dio ne dava testimonianza con segni e prodigi e miracoli d’ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà” (Eb 2,3-4). Come, quando, dove il Signore opera è impossibile dirlo. Non lo si conosce neanche un secondo prima. Quando il Signore interviene è come il baleno nei cieli. Lo si vede perché illumina. Poi non lo si vede più perché ha smesso di illuminare. Saulo prosegue imperterrito per la sua strada. Ha deciso per motivi di fede di limitare al massimo i danni che provocava la nuova dottrina su Gesù, adorato come Dio e Signore, confessato come il Messia atteso. Erano ormai molti quelli che vi aderivano. Era una continua e inarrestabile emorragia. Molti figli di Abramo abbandonavano la fede antica per convertirsi e divenire discepoli del Crocifisso, il Risorto. Attualmente si sta recando a Damasco per far prigionieri e condurre a Gerusalemme per essere processati il più grande numero di traditori e rinnegatori dell’antica fede. Ma è proprio su questa via che il Signore lo sta attendendo, non per fargli del male, ma per folgorarlo con la sua accecante luce. Così avviene. In un istante il Signore si fa conoscere da Saulo e Saulo conosce il Signore. Una luce, un voce, una domanda, una risposta, un comando. Pochissimi attimi e l’uomo di prima non esiste più.
«Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”.
Quando abbiamo la certezza che è il Signore che viene per la nostra salvezza e non sia invece una nostra immaginazione, proiezione, fantasia, disturbo grave o lieve della psiche? Lo sappiamo perché sempre il Signore non solo ci dona il conforto con la storia, ma anche perché sempre lui chiede l’aiuto della Chiesa fondata sugli Apostoli. Saulo vede la luce, ascolta la voce, rimane cieco, viene battezzato, riacquista la vista, subito da persecutore diviene difensore di Gesù Signore e questo in pochi istanti. Quando manca la conferma della storia e della Chiesa, sempre è qualcosa che viene dall’intimo dell’uomo, mai dall’esterno. La storia è essenza, sostanza della rivelazione. Dove non esiste la storia, non esiste neanche l’intervento di Dio che è nella storia.
Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a riconoscere ogni segno di Dio nella storia.
Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio
2 Tm 1,1-8 opp. Tt 1,1-5; Sal 95; Lc 10,1-9
26 GENNAIO
Si accende il fuoco. La legna man mano che brucia si consuma. Non essendo più i pezzi di legno gli uni accanto o sopra gli altri, essi non ardono più. Il fuoco rischia di spegnersi. Occorre una mano che prenda ogni pezzo di legno lontano dal centro del fuoco e lo accosti ad ogni altro pezzo. Così riuniti, essi cominceranno a bruciare nuovamente, producendo fiamma, calore, brace. Così sono i doni dello Spirito Santo. Bruciando, operando, lavorando con essi, a poco a poco si consumano, cominciano ad ardere male, a produrre poco fuoco di amore, speranza, fede, giustizia, prudenza, fortezza, temperanza. L’umiltà inizia ad affievolirsi, la mitezza a reagire e ribellarsi, e così per ogni altro dono. Cosa fare perché i doni non si spengano, anzi comincino a bruciare con più ardore di prima? Ci sono delle vie speciali da percorrere? Dei mezzi particolari di cui servirci? Le vie e i messi sono quelli di sempre. La preghiera perché il Signore ogni giorno metta la sua mano e ravvivi ogni dono dello Spirito Santo. La meditazione della Scrittura perché la verità di essa si incida bene nel cuore. A volte basta un solo giorno senza il contatto con la Parola di Dio e la parola e il pensiero dell’uomo hanno già fatto il nido nel nostro spirito e nella nostra anima. Se il nido non viene subito disfatto riportando in essi la verità di Dio, secondo il Vangelo di Cristo Gesù, si inizia a pensare secondo gli uomini e non più secondo verità rivelata. In fondo è questo oggi il grande male che affligge il discepolo di Gesù. Ha lasciato che pensieri e parola dell’uomo facessero il nido nel suo cuore e le uova si sono tutte dischiuse, divenendo ormai impossibile rimediare a questa grande pandemia che ha infestato anima e spirito. Si pensa come gli uomini, seguiamo le nostre vie, ma dicendo, sostenendo, insegnando che sono pensieri e vie del Signore. La preghiera e la lettura della Scrittura non sono sufficienti, non bastano. Occorre eliminare dal cuore non solo il peccato mortale, ma anche quello veniale. Il peccato mortale spegne in noi il fuoco dello Spirito Santo, quello veniale è come una montagna di cenere posta sul fuoco. Il fuoco ancora esiste, ma se si continua a versare cenere su di esso, ben presto si spegnerà. In questo caso lo Spirito si ravviva frequentando con assiduità il sacramento della penitenza, celebrato secondo verità, spirito di pentimento, desiderio di continua creazione di un cuore nuovo e di uno spirito ben saldo nella verità e nella luce di Gesù.
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Tutto questo ancora non basta per ravvivare lo Spirito. Urge accostarsi con grande fede e amore all’Eucaristia. Non esiste forza e potenza più grande. Celebrando con devozione l’Eucaristia e ricevendola con le sante disposizioni, subito lo Spirito si ravviva e per noi inizia una vita nuova. Chi mangia di me, vivrà per me. Chi vuole però che la fiamma dello Spirito venga vista da ogni uomo deve aggiungere la grade carità, misericordia, pietà, perdono, compassione verso ogni uomo. Quando viviamo di carità evangelica, allora è il segno che lo Spirito brucia bene in noi, arde, ma non si consuma. La carità trasforma lo Spirito in un roveto ardente simile a quello visto da Mosè presso l’Oreb. Quello ardeva, ma non si consumava. Se noi amiamo sempre, amiamo crescendo nell’amore. Arderemo, ma non ci consumeremo. La nostra fiamma sarà visibile da lontano e il nostro calore potrà riscaldare molti cuori. Ma se la nostra carità è spenta è segno che anche lo Spirito è spento. Urge non ravvivarlo, ma riaccenderlo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, non permettete che lo Spirito offerto e ricevuto si spenga.
Essi leggevano il libro della legge di Dio
Ne 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 18; 1 Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21
27 GENNAIO – III DOMENICA T. O.
Tutti i mali dell’umanità sono iniziati lo stesso giorno in cui l’uomo è uscito dalla Parola del Signore. Ma anche ogni disastro che si è abbattuto sui figli d’Israele è il frutto dell’abbandono della Legge secondo l’Alleanza stipulata. Dove regna la Parola, regnano la benedizione e la vita. Dove la Parola viene abbandonata, subito prendono il posto morte, povertà, miseria, disperazione e ogni altra cosa cattiva. Così Osea.
«Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele, perché il Signore è in causa con gli abitanti del paese. Non c’è infatti sincerità né amore, né conoscenza di Dio nel paese. Si spergiura, si dice il falso, si uccide, si ruba, si commette adulterio, tutto questo dilaga e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue, insieme con gli animali selvatici e con gli uccelli del cielo; persino i pesci del mare periscono. Ma nessuno accusi, nessuno contesti; contro di te, sacerdote, muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e anche il profeta con te inciampa di notte e farò perire tua madre. Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio e anch’io dimenticherò i tuoi figli. Tutti hanno peccato contro di me; cambierò la loro gloria in ignominia. Essi si nutrono del peccato del mio popolo e sono avidi della sua iniquità. Il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte; li punirò per la loro condotta e li ripagherò secondo le loro azioni. Mangeranno, ma non si sazieranno, si prostituiranno, ma non aumenteranno, perché hanno abbandonato il Signore per darsi alla prostituzione (Os 4,1-11).
Il popolo torna dall’esilio. I frutti della sua antica uscita dalla Legge dell’Alleanza sono sotto gli occhi di tutti. Anche se il popolo è ritornato nella terra dei padri, non è però ancora rientrato nella Legge del suo Dio. Ancora nella terra si vive senza la Parola. Chi si preoccupa di farla conoscere al popolo è il sacerdote Esdra. Lui organizza un giorno di lettura, ascolto, spiegazione del significato di quanto letto e ascoltato. Tutti ascoltano l’unica Parola di Dio, a tutti viene data una sola spiegazione della Parola. Tutti ora sanno cosa dice la Legge e cosa essa significa in ordine alla loro vita. Una sola Legge, un solo popolo, un solo insegnamento, un solo Dio, un sola volontà. L’unico Dio dona l’unica Legge. L’unica Legge fa l’unico popolo. Molti dèi, molte Leggi, molti insegnamenti, sempre creeranno più popoli. Molte voci discordi nell’unica Legge del Signore riducono il popolo a brandelli così come la macina riduce in farina il grano.
Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. Essi leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemia, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemia disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Chi deve occuparsi, preoccuparsi, interessarsi perché la Legge risuoni integra e pura in mezzo al popolo del Signore è il suo Sacerdote. È il ministro della Legge e della Parola. Se Lui non diviene voce e vita della Legge, se Lui non alimenta nei cuori l’amore per essa, se Lui la trasforma in pensiero dell’uomo, a poco a poco essa si spegne nei cuori e il popolo di Dio entra nella grande sofferenza dell’anima, dello spirito, del corpo. Senza la Legge del Signore, l’uomo perde la sua stessa umanità. Oggi proprio questo sta succedendo: senza Parola l’uomo è senza vera umanità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci ritrovare il Vangelo per ritrovare la nostra umanità.
Senza alcuna relazione con il peccato
Eb 9,15.24-28; Sal 97; Mc 3,22-30
28 GENNAIO
Il Verbo di Dio, il suo Figlio Unigenito, è venuto nella carne, nella carne ha assunto il peccato dell’umanità e lo ha espiato. Non solo lo ha espiato, ha anche dato a noi l’acqua e lo Spirito, perché possiamo noi purificarci e divenire essere spirituali. La solenne verità di Cristo datore della vera salvezza nell’acqua e nello Spirito Santo, che sempre scaturiscono dal suo corpo è solennemente annunziata dallo stesso Gesù.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,14.21). Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,31-37).
Con sua morte redentrice sulla Croce, il dono dell’acqua e dello Spirito Santo, il conferimento agli Apostoli di perdonare i peccati, con la missione di andare in tutto il mondo e di predicare il Vangelo, battezzando nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ogni uomo se vuole può essere redento, salvato, giustificato, santificato. Ora il tempo fino alla Parusia è tutto nelle mani dell’uomo. Oggi è l’uomo in Cristo che deve compiere la missione di Cristo, per la redenzione dell’umanità. Se il cristiano in Cristo non vive la missione ricevuta nei sacramenti e arricchita con i dono dello Spirito Santo, per i suoi fratelli la salvezza di Cristo non si compie. Senza Cristo noi non possiamo fare nulla. Anche Cristo senza il suo corpo non può fare nulla. La vite vera produce attraverso i tralci. Se il tralcio non produce la vite non produce.
Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa. Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.
Quando il tempo concesso per la salvezza sarà finito, allora Cristo Gesù verrà una seconda volta, ma senza alcuna relazione con il peccato. Verrà per raccogliere dai quattro venti tutti coloro che gli appartengo per condurli nel regno del Padre suo. Si è accolto Cristo nel tempo? Cristo ci accoglierà nella sua beata eternità. Si è rifiutato Lui nel tempo, Lui ci rifiuterà per l’eternità. Contro tutto l’Antico Testamento e tutto il Nuovo, oggi si insegna falsamento il contrario. Cristo Gesù neanche più verrà. Tutti entreremo nella beata eternità. Tempo ed eternità sono senza alcuna relazione.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano mai sia sommerso da eresie e falsità.
Mediante quella volontà siamo stati santificati
Eb 10,1-10; Sal 39; Mc 3,31-35
29 GENNAIO
Tutto è di Dio. Una cosa sola non è di Dio: la volontà dell’uomo. Gesù si fa carne, vero uomo, e fa dono al Padre della sua volontà. Il Padre gli chiede il sacrificio del suo corpo per l’espiazione del peccato del mondo e Lui glielo offre per intero.
Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto da un pozzo di acque tumultuose, dal fango della palude; ha stabilito i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. Beato l’uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore e non si volge verso chi segue gli idoli né verso chi segue la menzogna. Quante meraviglie hai fatto, tu, Signore, mio Dio, quanti progetti in nostro favore: nessuno a te si può paragonare! Se li voglio annunciare e proclamare, sono troppi per essere contati. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà alla grande assemblea. Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia; il tuo amore e la tua fedeltà mi proteggano sempre, perché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non riesco più a vedere: sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno. Dégnati, Signore, di liberarmi; Signore, vieni presto in mio aiuto. Siano svergognati e confusi quanti cercano di togliermi la vita. Retrocedano, coperti d’infamia, quanti godono della mia rovina. Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: «Ti sta bene!». Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: «Il Signore è grande!» quelli che amano la tua salvezza. Ma io sono povero e bisognoso: di me ha cura il Signore. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: mio Dio, non tardare (Sal 40 (39) 1-18).
Nella Lettera ai Filippesi, San Paolo esorta i discepoli di Gesù ad imitare il loro Maestro e Signore proprio in questo dono totale della volontà. Se si dona la volontà al Padre, sull’esempio di Cristo, tutto il corpo, l’anima e lo spirito sono del Padre.
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. (Fil 2,5-11).
Con il sacrificio al Padre della sua volontà, vengono aboliti tutti i sacrifici antichi. Ora rimane un solo sacrificio: quello dell’offerta al Padre della volontà di ogni persona, chiamata a divenire in Cristo un solo sacrificio, un solo olocausto, una sola offerta.
La Legge infatti, poiché possiede soltanto un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha mai il potere di condurre alla perfezione per mezzo di sacrifici – sempre uguali, che si continuano a offrire di anno in anno – coloro che si accostano a Dio. Altrimenti, non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che gli offerenti, purificati una volta per tutte, non avrebbero più alcuna coscienza dei peccati? Invece in quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati. È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.
Il Verbo si fa carne. Offre al Padre il sacrificio della sua volontà. Con il battesimo noi ci facciamo carne di Cristo, suo corpo. Diveniamo sacrificio in Lui e per Lui.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che il cristiano sia con Cristo un solo sacrificio.
Non c’è più offerta per il peccato
Eb 10,11-18; Sal 109; Mc 4,1-20
30 GENNAIO
Ogni parola della Scrittura nasce dal cuore dello Spirito Santo e solo con la sua divina sapienza e intelligenza potrà essere interpretata. Ecco cosa dice il Signore: “Io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità”. Questo invece aggiunge lo Spirito Santo: Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato”. Lasciamoci aiutare dalla profezia antica. Anche questa viene dal cuore dello Spirito Santo.
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).
Lo Spirito Santo lungo il corso della vita del corpo di Cristo nella storia, cioè della sua Chiesa, ha così interpretato queste sue parole. Con la morte in croce di Gesù Signore ogni peccato è stato espiato, ogni pena ad essi dovuta è stata cancellata. Il sacrificio di Gesù è remissione totale di ogni colpa e ogni pena. È celebrazione del grande giubileo o della grande misericordia del Signore. Questo giubileo è vissuto o si compie nell’uomo al momento del suo battesimo. Nascendo da acqua e da Spirito Santo, lui nasce come nuova creatura. Le cose di prima sono passate, finite per sempre. Lui è pieno di grazia e di Spirito Santo, di verità e di luce, d vita eterna e di santità. Di tutti i peccati commessi prima del battesimo non c’è più alcuna traccia nella sua anima e per essi non si deve compiere nessun sacrificio né di espiazione né di redenzione.
Perché allora ad ogni discepolo di Gesù è chiesto di offrire la propria vita per compiere ciò che manca ai patimenti di Cristo in favore del suo corpo che è la Chiesa? Il sacrificio della propria volontà va offerto per compiere la missione evangelizzatrice. In questa missione è lo Spirito che è nell’Evangelizzatore che deve operare la conversione dei cuori. Poi Lo Spirito viene effuso per sacramento. Se il cristiano non offre lui la volontà al Signore, mai ci potrà essere un solo uomo che per lui giungerà alla conversione. Senza conversione non c’è salvezza perché non c’è adesione a Cristo Signore. Essendo il cristiano corpo di Cristo, mai vi potrà essere differenza tra Cristo e il suo corpo. Cristo ha offerto se stesso. Il cristiano offre se stesso. Si compiono nei cuori redenzione e salvezza, perché esse sono dal corpo di Gesù.
Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. A noi lo testimonia anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto: Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente, dice: e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità. Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato.
Quando il cristiano pecca, perché esce dall’obbedienza al suo Signore, il sacrificio di Gesù, nel pentimento e nella richiesta di perdono, cancella la colpa. Restano le pene temporali da espiare. Queste si espiamo sia offrendo il sacrificio di Cristo sia offrendo il cristiano se stesso in sacrificio vivendo di perfetta fede, carità e speranza. L’offerta a Dio di se stesso e delle proprie cose ai fratelli sono il sacrificio che espia ogni pena. Il peccato si toglie solo per il sacrificio di Cristo. La sua obbedienza ha lavato il mondo.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che diveniamo un solo sacrificio in Cristo e per Lui.
È degno di fede colui che ha promesso
Eb 10,19-25; Sal 23; Mc 4,21-25
31 GENNAIO
Cristo Gesù è il dono di Dio all’umanità non solo per l’espiazione dei nostri peccati, ma anche per la nostra rigenerazione a vita nuova, per la santificazione ed elevazione spirituale, per la manifestazione della perfetta santità di Dio nel nostro corpo. Tutto per noi si deve compiere in Cristo, per Cristo, con Cristo. Nello spirito, nell’anima, nel corpo nulla in ordine alla salvezza, redenzione, santificazione, elevazione, rinascita, rigenerazione, vittoria sul peccato, sui vizi, sulla morte può avvenire senza Cristo, fuori del suo corpo. Questa via unica ed universale, cioè per ogni uomo di ogni tempo, non l’ha decisa un uomo. L’ha stabilità il Padre celeste con decreto eterno. Non solo il Padre l’ha stabilita, l’ha anche attuata per noi. San Paolo così canta questa via.
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose (Ef 1,3-23).
Se Dio ha promesso questa unica e sola via, se Lui l’ha anche realizzata e compiuta, se Lui ha stabilito che non vi sono altre vie, se Lui è stato sempre fedele ad ogni sua Parola, possiamo noi pensare che vi siano altre vie divine per andare al Padre? Se non vi sono, perché noi ogni giorno ne pensiamo di nuove? È segno che non crediamo.
Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso. Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone. Non disertiamo le nostre riunioni, come alcuni hanno l’abitudine di fare, ma esortiamoci a vicenda, tanto più che vedete avvicinarsi il giorno del Signore.
Questo oggi manca ai discepoli di Gesù: mantenere senza vacillare la professione della nostra speranza. Qual è la speranza cristiana? Che la salvezza, la redenzione, la verità, la vita, la risurrezione gloriosa vengono a noi date per Cristo Gesù, si vivono in Lui e con Lui. Se il cristiano esce da questa fede, esce dalla Parola di Dio, perde la fede non in Cristo, ma nel Dio che ha dato a noi Cristo. Così mentre si dice di non ritenere più Cristo persona necessaria alla salvezza, anche la fede in Dio è dichiarata non più necessaria. Contro la Parola di Dio, contro la fede nella promessa, contro il giuramento di Dio, noi diciamo che quanto Lui ha detto è cosa vana. Ecco perché chi non crede in Cristo, mai potrà credere in Dio, perché Cristo non viene da sé. Non è un Dio autonomo, separato. Cristo Gesù è il dono del Padre all’umanità bisognosa di salvezza. Può credere in Dio chi non crede nel dono di Dio? Dio è nel suo dono.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che accogliamo Cristo Gesù e accoglieremo Dio.