Commento teologico alla prima lettura – Gennaio 2016

 

1 GENNAIO (Num 6,22-17)

Ti benedica il Signore e ti custodisca

Il popolo del Signore deve riprendere il cammino verso la Terra Promessa. Non è un viaggio né semplice e né facile. Non è delle forze dell’uomo poterlo portare a buon termine. Il deserto è terra di desolazione, sabbia infuocata, luogo di scorpioni e di altri animali velenosi. Molti sono i predoni che potrebbero aggredirlo, spogliarlo, depredarlo. Esso è un viaggio che si può fare solo con il Signore che guida il suo popolo come un pastore fa con il suo gregge. Senza Dio mai si vedrà la Terra, mai si conquisterà. Israele sa questo e inneggia al suo Dio come al suo vero Pastore.

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni (Sal 23 (22) 1-6).

Aronne e i suoi figli, Sacerdoti del Dio Altissimo, mai dovranno far sì che il popolo dimentichi questa sua essenziale, vitale, costitutiva verità. Il popolo è da Dio e solo in Lui e per Lui potrà compiere ogni santo viaggio. Anche il viaggio per le cose di ogni giorno potrà giungere a buon termine solo se fatto da Lui, in Lui, per Lui, secondo la sua volontà e la sua Legge Santa. È questa la missione del Sacerdote del Signore: legare il popolo al suo Dio, legarlo per tutti i momenti della sua vita. Far sì che non vi siano cose profane e cose sacre, perché il popolo è sacro, consacrato al Signore e tutto ciò che esso fa, deve scaturire dalla sacralità e dalla santità del suo Dio.

Quando questo sguardo verso la trascendenza viene meno, è allora che l’uomo si smarrisce, perde il significato della sua esistenza, dimentica la verità del suo cammino, si inabissa nelle cose della terra, da persona consacrata al suo Dio diviene cosa profana. Vive per la profanità e la futilità e sono queste cose a soffocare il suo spirito. La trascendenza, quella vera, serve all’uomo più dell’aria per respirare, più dell’acqua per dissetare il corpo, più di ogni altra cosa. Un uomo che smarrisce la trascendenza è una persona senza vera meta per la sua vita. Senza trascendenza è anche senza vera umanità. Una umanità senza verità è corrotta e opera corruzione ad ogni livello.

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Aronne e i suoi figli, Sacerdoti del Dio Altissimo, sono loro che devono benedire il popolo nel nome del Signore. Loro pongono il suo nome sui figli di Israele e il Signore li benedice. Dio benedice se invocato e perché è invocato dai suoi sacerdoti. Altissima missione quella del presbitero del Signore. Lui è bocca del Signore attraverso la quale Dio consola, salva, indica la via giusta, ricolma il suo popolo di ogni consolazione. La benedizione del Signore è custodia da ogni male. È custodia dal male perché Israele cammini verso la Terra da conquistare. Non si benedice perché si rimanga nel deserto.

La benedizione del Signore è grazia. Tutto è dalla grazia di Dio e tutto è per grazia. Nulla di ciò che è sulla terra e che avviene in essa è per pura opera dell’uomo. Tutto è invece per grazia di Dio. Se tutto è un dono di Dio, è giusto che il benedetto da Dio benedica i suoi fratelli offrendo loro parte della grazia a lui data dal suo Signore. Se però il Sacerdote non mantiene lo sguardo dell’uomo fisso in Dio, nessuna carità, elemosina, opera di misericordia sarà mai fatta. La benedizione di Dio è anche pace. Si vive in pace, quando si è capaci di perdono, riconciliazione, sostegno e aiuto reciproco. Tutto si riveste di verità quando il presbitero è operatore di trascendenza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, date la loro verità ai presbiteri.

 

2 GENNAIO (1Gv 2,22-28)

Non veniamo da lui svergognati alla sua venuta

La vita dell’uomo si compone di due momenti: uno infinitamente breve, dura un soffio e uno infinitamente lungo, perché senza fine. Dura quanto l’eternità. La correlazione tra questi due momenti è essenziale che venga conosciuta e annunziata con chiarezza di verità rivelata. Il secondo momento, quello eterno, è di duplice sostanza: di gioia senza fine o di perdizione per sempre. Il primo momento, quello brevissimo, di un istante, è l’albero che produce o la gioia o l’infamia eterna. Paradiso e inferno sono il frutto di questo attimo che ci è concesso di vivere sulla nostra terra.

Chi è l’Apostolo del Signore, il suo missionario, il suo presbitero, il suo profeta, il suo ministro? Colui che senza alcuna tregua deve ricordare all’uomo questa sua verità ed anche altissima responsabilità. Non è Dio che manda all’inferno o chiama per il Paradiso. Dio è invece colui che è venuto ed ha rivelato agli uomini la via della morte e la via della vita, la strada che conduce alla felicità eterna e quella che porta nelle fiamme del fuoco che brucia, ma che mai si consuma. Il ministro del Signore deve mantenere sempre viva nella mente questa verità. Se ama l’uomo e vuole la sua vita eterna, sempre gli ricorderà questa verità. Se non ama l’uomo, se si disinteressa di Lui, basta che gli nasconda, gli alteri, gli cancelli questa verità ed è la morte eterna.

Senza la vigilanza perfetta del ministro di Dio, l’uomo precipita nell’idolatria e da essa viene divorato. Se un presbitero vuole fare del male al suo popolo, non deve fare proprio nulla. È sufficiente che gli neghi la verità di Dio, gliela alteri, gliela trasformi. Le parole che Mosè disse al fratello Aronne, sommo sacerdote, meritano attenzione.

Mosè disse ad Aronne: «Che cosa ti ha fatto questo popolo, perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». Aronne rispose: «Non si accenda l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è incline al male. Mi dissero: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. Essi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne oggetto di derisione per i loro avversari (Es 32,21-25).

Il presbitero è il ministro di Dio che deve tenere ancorato il popolo alla purissima verità del suo Dio, dalla quale è la vita eterna. L’amore del presbitero per il suo popolo è il dono della sua verità. Nella verità di Dio vi è ogni altro bene per esso.

Chi è il bugiardo se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre. Quanto a voi, quello che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quello che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre. E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna.

Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di ingannarvi. E quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito. E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo avere fiducia quando egli si manifesterà e non veniamo da lui svergognati alla sua venuta.

I discepoli di Gesù sono stati unti dallo Spirito Santo con la verità di Cristo Signore. In questa verità dovranno rimanere per tutti i giorni della loro vita. Anche per il cristiano l’attimo del tempo finirà. Poi viene l’eternità. L’Apostolo Giovanni chiede a tutti di rimanere nella verità con la quale sono stati unti, per non essere svergognati da Cristo Signore quando Lui verrà. Lui verrà per chiamare i suoi eletti e condurli nel suo regno di luce. Ma chi condurrà Gesù nel suo Paradiso? Quanti sono stati luce in Lui. Chi è diventato tenebra, sarà tenebra con le tenebre. Questa è la vergogna eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci luce vera nella Luce vera.

 

3 GENNAIO (Sir 24,1-4.12-16)

Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo

Il popolo del Signore vive un momento di tristezza, desolazione, sconforto. È in esilio in una terra lontana, schiavo e prigioniero di duri padroni, lui che era stato chiamato per essere figlio dell’Altissimo. Perché questo gli è capitato? Perché ha smarrito la via della sapienza, che gli era stata consegnata nei Comandamenti, nella Parola del suo Dio.

Ascolta, Israele, i comandamenti della vita, porgi l’orecchio per conoscere la prudenza. Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace. Impara dov’è la prudenza, dov’è la forza, dov’è l’intelligenza, per comprendere anche dov’è la longevità e la vita, dov’è la luce degli occhi e la pace. Ma chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? Dove sono i capi delle nazioni, quelli che dominano le belve che sono sulla terra? Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo, quelli che ammassano argento e oro, in cui hanno posto fiducia gli uomini, e non c’è un limite ai loro possessi? Coloro che lavorano l’argento e lo cesellano senza rivelare il segreto dei loro lavori? Sono scomparsi, sono scesi negli inferi e altri hanno preso il loro posto. Generazioni più giovani hanno visto la luce e hanno abitato sopra la terra, ma non hanno conosciuto la via della sapienza, non hanno compreso i suoi sentieri e non si sono occupate di essa; i loro figli si sono allontanati dalla loro via. Non se n’è sentito parlare in Canaan, non si è vista in Teman.

I figli di Agar, che cercano la sapienza sulla terra, i mercanti di Merra e di Teman, i narratori di favole, i ricercatori dell’intelligenza non hanno conosciuto la via della sapienza, non si sono ricordati dei suoi sentieri. O Israele, quanto è grande la casa di Dio, quanto è esteso il luogo del suo dominio! È grande e non ha fine, è alto e non ha misura! Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi, alti di statura, esperti nella guerra; ma Dio non scelse costoro e non diede loro la via della sapienza: perirono perché non ebbero saggezza, perirono per la loro indolenza. Chi è salito al cielo e l’ha presa e l’ha fatta scendere dalle nubi? Chi ha attraversato il mare e l’ha trovata e l’ha comprata a prezzo d’oro puro? Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero. Ma colui che sa tutto, la conosce e l’ha scrutata con la sua intelligenza, colui che ha formato la terra per sempre e l’ha riempita di quadrupedi, colui che manda la luce ed essa corre, l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», e hanno brillato di gioia per colui che le ha create. Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui. Egli ha scoperto ogni via della sapienza e l’ha data a Giacobbe, suo servo, a Israele, suo amato. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini (Bar 3, 9-38).

Non vi è sapienza che non esca dalla bocca dell’Altissimo. Non vi sono uomini sulla terra che sono autori, alberi, vie e sentieri, miniere e cave di sapienza. Chi vuole la sapienza dovrà attingerla perennemente nel Signore. Anche il presbitero se vuole essere sapiente, intelligente, se vuole educare il suo popolo con sapienza deve attingerla dalla bocca dell’altissimo. Dio la deve “soffiare” in lui in modo perenne.

La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità. Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon. Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose in Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata. Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, ònice e storace, come nuvola d’incenso nella tenda. Come un terebinto io ho esteso i miei rami e i miei rami sono piacevoli e belli.

Sui libri di può apprendere la dottrina, la verità. Come dare la dottrina e la verità appartiene alla sapienza e questa va attinta dalla bocca dell’Altissimo in modo abituale. Né la verità né la dottrina sono la sapienza di Dio. La sapienza è dono perenne di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, otteneteci da Dio ogni sapienza.

 

4 GENNAIO (1Gv 3,7-10)

E neppure lo è chi non ama il suo fratello

L’Apostolo Giovanni dona una regola infallibile a tutti coloro che vogliono conoscere la loro origine: se sono da Dio o sono dal diavolo. Questa regola era già stata annunziata da Gesù ai Giudei, dichiarando apertamente che essi facevano le opere del padre loro che era il diavolo, mentre Lui compiva le opere del Padre suo che è il Signore Eterno.

A queste sue parole, molti credettero in lui. Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo.

Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». (Gv 8,30-47).

Questa stessa regola era già stata annunziata dal Signore nell’Antico Testamento: “Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio sono santo”. In cosa consiste la santità di Dio: nel suo amore universale, verso tutti, sempre. Nel dono del suo amore a tutti, sempre. Chi è Dio secondo la perfettissima rivelazione? Colui che ha chiesto al Figlio Suo di farsi uomo, farsi olocausto di amore, sacrificio di carità, sulla croce per la redenzione di tutti i suoi fratelli. Dio offre la sua vita per dare vita all’umanità.

Figlioli, nessuno v’inganni. Chi pratica la giustizia è giusto come egli è giusto. Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché da principio il diavolo è peccatore. Per questo si manifestò il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. Chiunque è stato generato da Dio non commette peccato, perché un germe divino rimane in lui, e non può peccare perché è stato generato da Dio. In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il suo fratello.

È questa la vera tragedia dell’umanità: confondere Dio con il diavolo, camminare con il diavolo pensando di camminare con Dio. Chi si confonde, lo fa a proprio danno eterno. Vi è una regola infallibile che sempre, in ogni istante, ci rivela se siamo di Dio o del diavolo, della luce o delle tenebre, se camminiamo verso il Paradiso o verso l‘inferno. È sufficiente osservare le nostre opere. Chi pratica la giustizia è da Dio. Chi vive di ingiustizia è del diavolo. Chi trasgredisce i comandamenti è dal diavolo. Chi li osserva è da Dio. Chi ama i fratelli è da Dio. Chi li odia, chi fa loro del male, qualsiasi male faccia, è dal diavolo. Chi costruisce la pace è da Dio. È suo figlio. Chi invece crea e gestisce la guerra è dal diavolo, mai ha conosciuto Dio, perché Dio è solo con chi opera la pace. L’invidia è dei figli del diavolo. La carità, l’amore, la misericordia sono dei figli di Dio. Il perdono è dei figli di Dio. L’astio, il rancore, la vendetta, il desiderio di giustizia è dei figli del diavolo. Sono le opere che rivelano chi è il padre nostro.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate che siamo sempre da Dio.

 

5 GENNAIO (1Gv 3,11-21)

Chiunque odia il proprio fratello è omicida

A chi vuole conoscere chi è il padre suo, se Dio o il diavolo, è sufficiente che osservi le sue opere. Il male, anche se piccolo, ci fa figli del diavolo. Solo il bene ci fa veri figli di Dio. San Paolo si serve della stessa regola, dell’osservazione delle nostre opere, per sapere se noi siamo nella carne oppure viviamo secondo lo Spirito di Dio.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. 26Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri. (Gal 5,13-26).

Dio e il diavolo sono invisibili. Le opere sono visibili. Tutti possono osservarle, scrutarle, esaminarle. Su di esse ognuno è chiamato a confrontarsi, verificarsi, farsi un vero esame di coscienza. Del resto, sempre prima di accedere al Sacramento del Perdono, ci è chiesto di guardare nella propria coscienza, che è poi l’esame accurato della nostra storia, per scoprire se essa è stata condotta dalla carne, dal diavolo, dal pensiero del mondo, oppure dallo Spirito Santo, da Dio, dal pensiero di Cristo Gesù. Si chiede perdono perché siamo stati figli del diavolo e si promette a Dio di vivere come suoi veri figli. D’altronde la conversione in questo consiste: nel lasciare la figliolanza del diavolo e prendere la figliolanza di Dio. Da figli delle tenebre diveniamo figli della luce.

Poiché questo è il messaggio che avete udito da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal Maligno e uccise suo fratello. E per quale motivo l’uccise? Perché le sue opere erano malvagie, mentre quelle di suo fratello erano giuste. Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui.

In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio.

Nella luce, nella verità, camminiamo se cresciamo nell’amore. L’amore di Dio in noi è perfetto, quando anche noi, come Gesù Signore, diamo la vita per la salvezza a redenzione di ogni uomo. La carità del discepolo di Gesù deve essere in tutto simile a quella del Figlio Eterno del Padre. Se la nostra carità non è in vista della salvezza eterna, mai noi saremo veri figli di Dio. Il vero figlio di Dio è colui che genera veri figli a Dio. Chi genera figli al diavolo o lascia che i figli del diavolo sono sempre del diavolo, può anche costruire per essi una casa d’oro. Non li ama. Ama chi fa figli di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci il vero amore.

 

6 GENNAIO – Epifania del Signore – (Is 6,1-6)

Uno stuolo di cammelli ti invaderà

Isaia è il profeta dalla purissima visione di Dio e dell’uomo. Dio non è il Dio dei figli di Israele. È il Dio di ogni uomo. È il Dio di ogni uomo perché di ogni uomo è il Creatore. Di ogni uomo è anche il suo Salvatore e Redentore. È verità che pervade tutta la sua potente profezia. Il Messia, il suo Inviato, non viene solo per i figli di Abramo. Viene per tutti i figli di Adamo, nessuno escluso. Tutti i popoli verranno a Lui per essere salvati.

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme.

Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore. Sì, tu hai rigettato il tuo popolo, la casa di Giacobbe, perché rigurgitano di maghi orientali e di indovini come i Filistei; agli stranieri battono le mani. La sua terra è piena d’argento e d’oro, senza limite sono i suoi tesori; la sua terra è piena di cavalli, senza limite sono i suoi carri. La sua terra è piena di idoli; adorano l’opera delle proprie mani, ciò che hanno fatto le loro dita. L’uomo sarà piegato, il mortale sarà abbassato; tu non perdonare loro. Entra fra le rocce, nasconditi nella polvere, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra.

L’uomo abbasserà gli occhi superbi, l’alterigia umana si piegherà; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno. Poiché il Signore degli eserciti ha un giorno contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza, per abbatterlo, contro tutti i cedri del Libano alti ed elevati, contro tutte le querce del Basan, contro tutti gli alti monti, contro tutti i colli elevati, contro ogni torre eccelsa, contro ogni muro fortificato, contro tutte le navi di Tarsis e contro tutte le imbarcazioni di lusso. Sarà piegato l’orgoglio degli uomini, sarà abbassata l’alterigia umana; sarà esaltato il Signore, lui solo, in quel giorno. Gli idoli spariranno del tutto. Rifugiatevi nelle caverne delle rocce e negli antri sotterranei, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra. In quel giorno ognuno getterà ai topi e ai pipistrelli gli idoli d’argento e gli idoli d’oro, che si era fatto per adorarli, per entrare nei crepacci delle rocce e nelle spaccature delle rupi, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra. Guardatevi dunque dall’uomo, nelle cui narici non v’è che un soffio: in quale conto si può tenere? (Is 2,1-22).

Il vero Dio non è il Dio dei cristiani, è il Dio di ogni uomo. Spetta ora al cristiano essere la Gerusalemme che attrae a sé ogni uomo. Se il cristiano non si riveste della luce di Cristo, se rimane tenebra con le tenebre, mai attirerà un solo uomo al suo vero Dio, in Cristo, per opera dello Spirito Santo. Ma è missione del cristiano attrare a Dio ogni uomo. Per lui tutti i popoli dovranno venire ad adorare il Signore, portando i loro doni.

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

Tutti i popoli dovranno riconoscere che uno solo è il loro re e uno solo il loro Dio: il Dio che abita in Gerusalemme, il Dio che abita in Cristo Signore, il Dio che abita nel cristiano. Se però il cristiano non diviene vero tempio di Dio, nessun uomo e nessun popolo potrà adorare il vero Dio, manca di Dio la presenza visibile nella storia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci presenza visibile di Dio.

 

7 GENNAIO (Gv 3,22-4,6)

Non prestate fede ad ogni spirito

Tutti parlano di Dio, tutti si dicono annunciatori dei suoi oracoli e delle sue profezie. Ma chi veramente parla di Dio secondo il vero Dio e chi invece parla di Dio alla maniera del diavolo? Una prima regola vuole che si osservino le opere di colui che parla. Se esse sono opere di Cristo in Lui, opere dello Spirito Santo, allora di certo non ci troviamo dinanzi ad un falso profeta. Le opere vere attestano la verità delle sue parole.

Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete. Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!” (Mt 7,15-23).

Altra regola per conoscere la verità di un uomo, è il suo rapporto con Cristo Gesù. Chiunque si sostituisce a Cristo, si presenta come Cristo, si professa Salvatore dell’uomo, viene in nome del diavolo, non certo viene da Dio. Il vero Dio ha un solo Salvatore e Redentore: Gesù di Nazaret. Cristo di Dio è solo il Figlio di Maria. Il Figlio di Maria verrà solo alla fine dei tempi per il giudizio finale. Viene senza preavviso.

Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli (Mt 24,23-31).

L’Apostolo Giovanni ci rivela che è falso profeta ogni uomo che non riconosce Cristo venuto nella carne. La verità della fede di un uomo si rivela e si manifesta dalla verità che professa su Cristo Gesù. Chi non riconosce in Cristo Dio venuto nella carne, è falso profeta. Quest’uomo non va seguito, non va ascoltato. Non ha parole di verità.

E qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato. Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. In questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto costoro, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Essi sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio: chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da questo noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore.

Possiamo sempre salvarci dalla falsa profezia del pensiero umano, a qualsiasi titolo venga offerto e sotto qualsiasi veste scientifica o meno. La vera profezia è Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi nel discernimento.

 

8 GENNAIO (1Gv 4,7-10)

Chi non ama non ha conosciuto Dio

L’amore di Dio ci precede, ci segue, ci avvolge e ci circonda come l’aria avvolge e circonda un corpo. L’amore di Dio è Cristo Gesù. Chi è in Cristo Gesù ama, perché ogni amore di Dio si può attingere solo in Lui. In Lui si attinge, in Lui si vive, in Lui si dona. Non c’è vero amore se non in Cristo, con Cristo, per Cristo. Si accoglie Cristo, si diviene un solo amore di Dio in Lui e per Lui, si ama come Lui ama.

Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,13-21).

Chi non accoglie Cristo, mai potrà amare. Dio infatti non ha un altro amore da dare agli uomini. In Cristo ha dato tutto se stesso, tutta la sua vita eterna l’ha posta in Lui. Dio non ha altra vita eterna da dare a noi. Chi non vuole Cristo, chi lo rifiuta, non lo vuole e lo rifiuta perché le sue opere sono malvage, sono opere di non amore e si vuole rimanere nel non amore. Chi invece desidera amare veramente, ha bisogno di Cristo. Dio infatti ha stabilito che solo chi si lascia ricolmare dell’amore con il quale Cristo ci ha amati, può amare secondo purissima carità divina.

L’amore non è un frutto della volontà, ma della natura. Gli alberi non producono frutti buoni e frutti cattivi per volontà. Li producono per natura. Chi vuole produrre frutti di vero amore deve cambiare natura. Deve divenire natura di Dio. Si diviene natura di Dio, per partecipazione, divenendo natura di Cristo, lasciandoci fare dallo Spirito Santo, corpo di Cristo, per il ministero della Chiesa. Chi rimane natura di peccato, mai potrà amare. Produrrà sempre frutti di peccato. I figli della Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, sono rivestiti di una responsabilità eterna, che li espone tutti a dannazione. Ad essi il Signore Gesù ha dato il mandato di fare suo corpo tutti gli uomini, attraverso l’immersione nelle acque ad opera dello Spirito Santo. Essi non sono mandati per dire parole di verità, ma per fare l’uomo nuovo, il solo capace di produrre frutti di vero amore. Fare figli di Dio in Cristo per opera dello Spirito: è questa la loro missione.

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.

O noi facciamo figli a Dio, in Cristo, per opera dello Spirito Santo, figli capace di vero amore, aiutandoli giorno per giorno a crescere in Cristo, per lo Spirito Santo, come veri figli di Dio, oppure il nostro lavoro è vano. Le catechesi, le omelie, le esortazioni, le spiritualità, i corsi di aggiornamento, le conferenze, i seminari di studio, le settimane di approfondimento, servono solo per fare figli di Dio chi ancora non lo è e per aiutare i figli di Dio a crescere ancora di più come figli fino al raggiungimento della perfezione in Cristo Signore. La Chiesa non è predicatrice di principi e di leggi. Essa è generatrice di figli a Dio e di educatrice perché tutti crescano come suoi veri figli in Cristo. È questa la sua grande opera di misericordia e di compassione: fare dell’uomo un vero figlio di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri figli di Dio in Cristo.

 

9 GENNAIO (1Gv 4,11-18)

Chi teme non è perfetto nell’amore

In ogni istante Gesù poteva dire al Padre suo: “Quello che oggi mi hai chiesto, l’ho fatto secondo le modalità da te indicatemi e alle persone dalle quali tu mi hai inviato. Nulla ho fatto per mia volontà, nulla secondo i miei pensieri, nulla proveniente dal mio cuore”. Questa confessione l’ha fatta alla sera della sua vita, sulla Croce, ed abbraccia tutte le profezie, tutti gli oracoli, tutte le promesse, tutte le antiche parole del Padre suo. Nessuna parola di Dio è stata da Lui disattesa. Ogni Parola di Dio è stata vissuta secondo le modalità volute da Dio, a Lui indicate, rivelate, manifestate dallo Spirito Santo. Anche la vita pubblica di Gesù si conclude con una simile confessione.

Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito (Gv 19,28-30). Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me» (Gv 12,44-50).

Nel Libro di Giobbe è scritto che il Signore anche nei suoi Angeli trova difetti. Potrà essere un uomo perfetto nell’amore? Potrà compiere in tutto e sempre il bene, secondo l’amore che il Signore gli chiede? Quando questa perfezione sarà raggiunta?

A me fu recata, furtiva, una parola e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro. Negli incubi delle visioni notturne, quando il torpore grava sugli uomini, terrore mi prese e spavento, che tutte le ossa mi fece tremare; un vento mi passò sulla faccia, sulla pelle mi si drizzarono i peli. Stava là uno, ma non ne riconobbi l’aspetto, una figura era davanti ai miei occhi. Poi udii una voce sommessa: “Può l’uomo essere più retto di Dio, o il mortale più puro del suo creatore? Ecco, dei suoi servi egli non si fida e nei suoi angeli trova difetti, quanto più in coloro che abitano case di fango, che nella polvere hanno il loro fondamento! Come tarlo sono schiacciati, sono annientati fra il mattino e la sera, senza che nessuno ci badi, periscono per sempre. Non viene forse strappata la corda della loro tenda, sicché essi muoiono, ma senza sapienza?” (Gb 4,12-21).

Il cristiano può raggiungere la perfezione nell’amore. Può a condizione che si trasformi in natura di amore, attingendo questa natura in Cristo Signore. In fondo l’Eucaristia per questo ci è donata: per vivere per Cristo, come Cristo vive per il Padre. In Cristo si diviene carne di Cristo, Corpo di Cristo, Sangue di Cristo, anima di Cristo, si partecipa della sua natura divina, si è perfetti nell’amore, nella verità, nella giustizia.

Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. In questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha donato il suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque confessa che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui. In questo l’amore ha raggiunto tra noi la sua perfezione: che abbiamo fiducia nel giorno del giudizio, perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore.

Il timore del giudizio attesta che ancora non siamo perfetti nell’amore. Si deve crescere in Cristo, fino a divenire con Lui una cosa sola. Giovanni ci dice che questo è possibile.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

10 GENNAIO – Battesimo del Signore – (Is 40,1-5.9-11)

Ecco, il Signore Dio viene con potenza

Isaia è il profeta che apre il cuore alla grande speranza. La sua è però una speranza che nasce dalla purissima fede nella salvezza da lui annunziata. Dio vede la condizione di miseria, schiavitù spirituale, morale e anche fisica nella quale è precipitato il suo popolo a causa del suo peccato, e decide di intervenire efficacemente per la sua salvezza, redenzione, liberazione.

Dio non viene direttamente a salvare il suo popolo. Si serve di uomini da Lui scelti. Per la liberazione dalla schiavitù di Babilonia si serve di Ciro. Attestando così che ogni uomo, in qualsiasi momento, potrà essere strumento per il compimento della sua volontà. Invece per la liberazione morale e spirituale sia del suo popolo che di tutta l’umanità si servirà del suo Messia che nascerà dalla radice di Iesse e sarà pieno di Spirito Santo. Solo con Lui nel cuore, nella mente, nel corpo, nell’anima si può compiere la liberazione dell’uomo dalle sue molteplici schiavitù.

È evidente che la profezia, che sarà compiuta dal Messia di Dio, potrà operare frutti di vera salvezza solo in chi crede sia nella Parola di Dio, che promette la liberazione e l’attende, e sia in quanti crederanno nel Messia come unico e solo mandato da Dio per la liberazione dell’uomo, la sua redenzione, la sua salvezza. La fede dona vita in noi ad ogni promessa di Dio. Senza la nostra fede, la promessa si compirà lo stesso, ma non per noi. Essa diviene nostra per la fede. Fede nella parola della promessa. Fede in ciò che il Messia di Dio ci chiederà perché la promessa possa attuarsi secondo verità. Questa verità è gridata da Gesù ai Giudei con fermezza di Spirito Santo.

Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite» (Gv 8,24-29).

Dio viene nella Persona del Figlio suo. Il Figlio però non viene nella gloria della sua divinità. Viene nascosto nell’umiltà della carne. È in questa carne che si deve credere per accedere alla sorgente della vita. È il mistero della fede. La carne vera via della fede. Nella carne di Cristo è nascosta tutta la potenza di salvezza del nostro Dio.

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

Il pastore viene preso dal Signore e costituito vera figura, immagine del suo amore. Notiamo la delicatezza del nostro Dio. Gli agnellini li porta sul petto. Le pecore madri le conduce dolcemente. E tuttavia questa verità dell’amore di Dio è possibile coglierla solo nella fede. Fede nel Dio nascosto, invisibile. Fede che raggiunge il sommo della sua verità sulla Croce e nell’Eucaristia. Fede in un Dio Crocifisso e in un Dio che si fa pane e vino per la nostra redenzione. Fede nell’invisibile che diviene visibile in noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di purissima fede.

 

11 GENNAIO (1Sam 1,1-8)

Non sono forse io per te meglio di dieci figli?

Anna è moglie senza figli. A questo dolore ne veniva aggiunto un altro ancora più grande. La sua rivale, anch’essa moglie del marito Elkanà – a quei tempi ancora il matrimonio monogamico non era divenuto legge universale – l’affliggeva con durezza a causa della mancanza di figli da parte sua. Il marito pensava che le sue attenzioni fossero sufficienti per portare pace in un cuore senza pace e senza luce: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio che dieci figli?”. Può un uomo valere presso la moglie più che dieci figli?

È evidente che quest’uomo è governato da un pensiero contro la stessa legge della natura. Dio non ha creato la donna per essere solo moglie. L’ha creata per essere madre. Ma si è madri per benedizione del Signore. Non si è madri per natura. Il testo sacro lo dice con molta chiarezza. Dio crea, benedice, dona il comando di crescere e di moltiplicarsi. Tutto è per grazia del Signore. La creazione è grazia, la natura è grazia, la maternità è grazia, i figli sono grazia del Signore. Questa grazia il Creatore deve concederla ad ogni donna, ad ogni uomo. Ad Anna non ha concesso questa grazia.

Essendo Anna priva di questa grazia, Elkanà non può pensare di potersi sostituire alla natura. Deve necessariamente orientare il cuore della donna verso il Signore, il solo che può dare alla moglie la grazia di un figlio. La speranza, quella vera nasce dalla fede. Dove non c’è fede mai vi potrà nascere vera speranza. Ciò che deve venire da Dio, solo da Lui deve venire. Se Dio non viene, allora sempre nella fede dobbiamo portare consolazione al cuore. San Paolo ci insegna che la pace nel cuore è portata dal Signore se invocato con preghiera ricca di amore e di fede.

Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi! (Fil 4,4-9).

Oggi le consolazioni si chiedono alla scienza contro ogni legge della natura. Dio è totalmente estromesso dalla vita dell’uomo e questo è il male che genera ogni altro male. La speranza vera mai potrà venire dalla scienza. La scienza può aiutare la natura, mai sostituirsi ad essa. Il figlio è dono di Dio. A Lui sempre lo si deve chiedere. In Lui sempre confidare. Di Lui fidarsi. Se Lui nega il dono della maternità per vie naturali, le vie artificiali mai dovranno essere percorse.

C’era un uomo di Ramatàim, un Sufita delle montagne di Èfraim, chiamato Elkanà, figlio di Ierocàm, figlio di Eliu, figlio di Tocu, figlio di Suf, l’Efraimita. Aveva due mogli, l’una chiamata Anna, l’altra Peninnà. Peninnà aveva figli, mentre Anna non ne aveva. Quest’uomo saliva ogni anno dalla sua città per prostrarsi e sacrificare al Signore degli eserciti a Silo, dove erano i due figli di Eli, Ofni e Fineès, sacerdoti del Signore. Venne il giorno in cui Elkanà offrì il sacrificio. Ora egli soleva dare alla moglie Peninnà e a tutti i figli e le figlie di lei le loro parti. Ad Anna invece dava una parte speciale, poiché egli amava Anna, sebbene il Signore ne avesse reso sterile il grembo. La sua rivale per giunta l’affliggeva con durezza a causa della sua umiliazione, perché il Signore aveva reso sterile il suo grembo. Così avveniva ogni anno: mentre saliva alla casa del Signore, quella la mortificava; allora Anna si metteva a piangere e non voleva mangiare. Elkanà, suo marito, le diceva: «Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?».

Alla Chiesa è dato il delicatissimo ministero di creare la speranza vera in ogni cuore. Nessuna speranza potrà essere creata se non con la creazione della vera fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, create in tutti la vera speranza.

 

12 GENNAIO (1Sam 1,9-20)

Io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita

Anna è donna di fede. Sa che il dono della maternità può venire solo da Dio. Solo il Signore potrà benedire il suo seno e renderlo fecondo. Entra nel tempio del Signore e manifesta al suo Dio tutto il dolore che è nel cuore. Lui può consolarla. Può riaccendere in essa la speranza della maternità. Alla sua onnipotenza tutto è semplicemente facile. Anna però sa che Dio è mistero indicibile e insondabile. Solo Lui conosce i motivi della non benedizione del suo grembo e di certo sono un bene più grande anche per lei. Tuttavia questo non toglie il dolore della sua sterilità.

Se Anna vivesse in una famiglia di amore, rispetto, conoscenza del vero Dio, il suo dolore sarebbe anche vivibile. Invece vive in un ambiente a lei ostile. La sua rivale la disprezza, la umilia, si vanta di cose di cui una donna mai dovrebbe vantarsi: di ciò che non è suo merito. A causa di questo ingiusto vanto osa anche umiliare chi la grazia della maternità non ha ricevuto. È peccato dinanzi a Dio disprezzare un’altra persona perché priva di una qualche grazia. Neanche il peccatore va disprezzato. Anzi, vedendo il peccatore, dovremmo chiedere perdono a Dio della grazia da noi non corrisposta come si è dovuto e chiedere anche per lui una grazia ancora più potente.

Gesù non solo non disprezzò i peccatori, per il suo grande amore prese su di sé tutti i peccati del mondo e per essi offrì a Dio il sacrificio dell’espiazione presentando come olocausto il suo stesso corpo. Quando però si manca di vera visione di fede, si cade nel peccato del disprezzo, dell’umiliazione, della derisione, del dileggio, della grave e dura offesa. Però è giusto che si sappia che di ogni peccato contro la carità Dio ci chiamerà in giudizio. Anzi domanderà conto fino all’ultimo centesimo di ogni suo dono vissuto male. Chi è senza misericordia, mai troverà misericordia presso Dio.

Anna si alzò, dopo aver mangiato e bevuto a Silo; in quel momento il sacerdote Eli stava seduto sul suo seggio davanti a uno stipite del tempio del Signore. Ella aveva l’animo amareggiato e si mise a pregare il Signore, piangendo dirottamente. Poi fece questo voto: «Signore degli eserciti, se vorrai considerare la miseria della tua schiava e ricordarti di me, se non dimenticherai la tua schiava e darai alla tua schiava un figlio maschio, io lo offrirò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo capo». Mentre ella prolungava la preghiera davanti al Signore, Eli stava osservando la sua bocca. Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva; perciò Eli la ritenne ubriaca. Le disse Eli: «Fino a quando rimarrai ubriaca? Smaltisci il tuo vino!».

Anna rispose: «No, mio signore; io sono una donna affranta e non ho bevuto né vino né altra bevanda inebriante, ma sto solo sfogando il mio cuore davanti al Signore. Non considerare la tua schiava una donna perversa, poiché finora mi ha fatto parlare l’eccesso del mio dolore e della mia angoscia». Allora Eli le rispose: «Va’ in pace e il Dio d’Israele ti conceda quello che gli hai chiesto». Ella replicò: «Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi». Poi la donna se ne andò per la sua via, mangiò e il suo volto non fu più come prima. Il mattino dopo si alzarono e dopo essersi prostrati davanti al Signore, tornarono a casa a Rama. Elkanà si unì a sua moglie e il Signore si ricordò di lei. Così al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuele, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto».

Anna chiede a Dio con grande umiltà. Non vuole il figlio ad ogni costo. Lei lo vuole per farne un dono al Signore. Il Signore lo dona a lei, lei lo dona al Signore per tutti i giorni della sua vita. Qual è il vero mistero che si nasconde nel cuore di questa donna? Il suo mistero è la fede che diviene riconoscenza. La fede le dice che ogni figlio è di Dio, perché frutto della sua benedizione. La riconoscenza le insegna che ogni figlio va offerto al Signore, a Lui presentato. Se il Signore lo vuole, è suo. Se non lo vuole è della famiglia. In fondo Anna ci insegna che ogni figlio deve essere sempre un dono di Dio fatto due volte alla madre e al padre. È dono al momento del concepimento. Ma deve essere dono per la famiglia, solo se il Signore non lo richiede, altrimenti è suo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ricchi di grande fede.

 

13 GENNAIO (1Sam 3,1-10.19-20)

Né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole

Il Signore chiama Samuele. Questi corre da Eli, pesando che fosse lui a chiamarlo. Eli sa di non averlo chiamato e gli dice di tornare a dormire. Per tre volte Samuele sente di essere chiamato e per tre volte corre da Eli. Alla fine Eli comprende che è il Signore che sta chiamando il giovane Samuele, lo rimanda a dormire, con delle indicazioni ben precise: “Se ti chiamerà, dirai: Parla, o Signore, perché il tuo servo di ascolta”.

Né Eli e né Samuele conoscevano la voce del Signore. Il testo lo attesta: “La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non eran frequenti”. Si viveva di una religiosità nella quale ognuno rimaneva con se stesso, con il suo carico di idolatria, superstizione, superficialità. Anzi al tempo di Eli, a causa dei suoi figli, si aggiungeva anche il peccato dello scandalo e la violazione dei comandamenti. Era una religione senza verità.

Ora il Signore si sceglie Samuele, lo costituisce suo profeta. A lui affida la sua Parola, perché la faccia risuonare per tutto Israele. Il popolo di Dio sa finalmente che vi è un profeta in mezzo ad esso. Non è più un gregge senza pastore. Dio ha provveduto. Ha trovato un uomo secondo il suo cuore al quale può affidare la sua Parola. Quest’uomo può essere vera voce, voce autentica di Dio tra i figli di Israele.

In fondo è questo il vero profeta: certezza che vi è sulla terra la vera parola del Signore. Nulla è più necessario all’uomo. Il vero profeta è luce che indica la via da seguire perché si rimanga sempre nella volontà di Dio. Con il vero profeta la vera speranza rinasce sulla terra, perché rinasce la vera fede. Profezia, parola di Dio, fede, vera speranza divengono una cosa sola. Con la speranza l’uomo rinasce alla vita.

Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!».

In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore.

Il vero profeta non guida il popolo una volta sola o per una sola circostanza. Esso è vera presenza del Signore sulla terra e ogni cosa che gli uomini fanno viene illuminata dalla sua parola. Il profeta e il Signore camminano sempre insieme. Il profeta è con il Signore e il Signore è con il profeta. Il profeta sta sempre in ascolto del suo Dio. Ascolta e riferisce. Ascolta e parla. Ascolta e pronuncia gli oracoli del suo Signore.

La vocazione di un profeta è la più grande grazia, la più pura misericordia del Signore. Se Lui volesse che il mondo perisse, sarebbe sufficiente lasciarlo senza un vero profeta. Il Signore manda il suo profeta ed è questo il segno del suo eterno amore per noi. Il profeta è invito alla conversione, purificazione della religione, aggiornamento del cammino della fede, esortazione a lasciare la via del male per la salvezza eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, mandate sempre veri profeti.

 

14 GENNAIO (1Sam 4,1-11)

In più l’arca di Dio fu presa

Israele andò a combattere contro i Filistei e fu sconfitto. Se si fosse interrogato e avesse chiesto: “Perché il Signore ha permesso la nostra disfatta? Qual è il motivo per cui Lui ci ha lasciato soli nella battaglia?”, avrebbe potuto darsi la vera risposta. Dio non è con noi, perché noi non siamo con Lui. Se fossimo con Lui, ci avrebbe aiutato. Israele aveva abbandonato il Signore, si era dato all’idolatria, aveva tradito il patto dell’alleanza, il Signore mai lo avrebbe potuto aiutare. Lui lavora nella conversione, per la conversione. La sconfitta è vera grazia per la sua salvezza, vero aiuto perché il suo popolo si converta, vero sostegno perché ritrovi la verità nella fedeltà.

Invece cosa pensano i figli di Israele? Non viene Dio con noi, portiamo con noi l’arca dell’Alleanza. Ma l’arca dell’Alleanza è il segno dell’Alleanza, non è essa l’Alleanza. Questa non è stata stipulata con l’arca, ma con il Signore. Dio non è nell’arca. È con Israele. Se non è con Israele, non è neanche nell’arca. Infatti il popolo va a combattere, non solo viene sconfitto, anche l’arca viene presa. Diviene un bottino di guerra. La forza del popolo non è l’arca. È Dio. Dio è forza del popolo quando il popolo rimane nella fedeltà al suo Dio. Se il popolo rinnega il Signore, come fa il Signore ad essere con il popolo? Dio agisce nella fedeltà al patto giurato e solennemente sigillato.

La parola di Samuele giunse a tutto Israele. In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo contro i Filistei. Essi si accamparono presso Eben‑Ezer mentre i Filistei s’erano accampati ad Afek. I Filistei si schierarono contro Israele e la battaglia divampò, ma Israele fu sconfitto di fronte ai Filistei, e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini. Quando il popolo fu rientrato nell’accampamento, gli anziani d’Israele si chiesero: «Perché ci ha sconfitti oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l’arca dell’alleanza del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici». Il popolo mandò subito alcuni uomini a Silo, a prelevare l’arca dell’alleanza del Signore degli eserciti, che siede sui cherubini: c’erano con l’arca dell’alleanza di Dio i due figli di Eli, Ofni e Fineès.

Non appena l’arca dell’alleanza del Signore giunse all’accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra. Anche i Filistei udirono l’eco di quell’urlo e dissero: «Che significa quest’urlo così forte nell’accampamento degli Ebrei?». Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l’arca del Signore. I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: «È venuto Dio nell’accampamento!», ed esclamavano: «Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima. Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l’Egitto nel deserto. Siate forti e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini, dunque, e combattete!». Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fuggì alla sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d’Israele caddero trentamila fanti. In più l’arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Ofni e Fineès, morirono.

I segni nella religione a questo devono servire: a rafforzare la fede nella Parola. La vera religione è fede nella Parola che si trasforma in vita nella Parola. Se la Parola non è più a fondamento della religione, i segni non servono. Questa verità vale anche per noi, che viviamo di segni efficaci che sono i sacramenti. Se il segno non nasce dalla Parola creduta, esso è inefficace. Se non conduce a vivere tutta la Parola creduta, esso è inutile. Non si riceve l’Eucaristia per l’Eucaristia. Essa si riceve per trasformare tutta la Parola di Gesù in nostra vita. Ci si accosta a questo Sacramento per poter vivere tutta la vita per Cristo, in Cristo, con Cristo. Se si prende l’Eucaristia e non si vive secondo la perfetta legge dell’amore di Gesù, essa è mangiata vanamente e spesso anche aggiungendovi il peccato di sacrilegio. San Paolo insegna che si mangia e si beve la propria condanna, se la si mangia ignorando e trasgredendo la legge della carità e dell’amore. Il popolo pensa di sostituire la conversione con l’arca. L’arca mai potrà sostituire la conversione. Se fosse possibile, vivremmo di religione immorale.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera fede nella Parola.

 

15 GENNAIO (1Sam 8,4-7.10-22a)

No! Ci sia un re su di noi

È la fede che fa la differenza tra un uomo e un altro uomo. Voler vivere come gli altri, significa abolire la fede come segno di distinzione. Nella fede di Israele, Dio è il Signore, la sua Parola la legge. Dio rivela la sua volontà attraverso uomini o donne direttamente da Lui scelti. Il popolo li ascolta. Vive. Non li ascolta, muore. Samuele, vero profeta del Signore, aveva riportato la vita in mezzo al suo popolo. Ma ora è vecchio. I suoi figli non sono veri profeti, perché il profeta non nasce per discendenza, ma per vocazione diretta di Dio. Mai i profeti sono stati, sono, saranno per discendenza, Sempre essi sono stati, sono e saranno per chiamata diretta da Dio.

Israele chiede a Samuele un re. Ignora che anche i re saranno per discendenza. Un re stolto potrà mandare in rovina tutto il popolo. Ma anche i sacerdoti erano per discendenza e sappiamo lo scandalo che davano i figli di Eli presso il tempio del Signore, a causa della loro immoralità e prepotenza. Poiché né re e né sacerdoti sono vera garanzia per Israele, sempre il Signore si dovrà avvalere dei profeti per guidare il suo popolo. Infatti la storia attesta che sempre Dio ha suscitato i suoi profeti per ricordare a re, sacerdoti e popolo la sua Parola, la sua Alleanza, la necessaria conversione alla Parola e la fedeltà all’Alleanza per avere la vita.

Si radunarono allora tutti gli anziani d’Israele e vennero da Samuele a Rama. Gli dissero: «Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non camminano sulle tue orme. Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro giudice, come avviene per tutti i popoli». Agli occhi di Samuele la proposta dispiacque, perché avevano detto: «Dacci un re che sia nostro giudice». Perciò Samuele pregò il Signore. Il Signore disse a Samuele: «Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro.

Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo che gli aveva chiesto un re. Disse: «Questo sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di cinquantine, li costringerà ad arare i suoi campi, mietere le sue messi e apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. Prenderà pure i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li darà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi cortigiani e ai suoi ministri. Vi prenderà i servi e le serve, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sulle vostre greggi e voi stessi diventerete suoi servi. Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà». Il popolo rifiutò di ascoltare la voce di Samuele e disse: «No! Ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie». Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all’orecchio del Signore. Il Signore disse a Samuele: «Ascoltali: lascia regnare un re su di loro».

Si prendiamo dell’acqua sporca e la mettiamo in un recipiente nuovo: acqua sporca sempre rimane, imbevibile prima e imbevibile dopo. Ma anche se mettiamo acqua pulita in un recipiente sporco, essa diviene all’istante sporca. Il recipiente la inquina. Non sono le strutture che fanno nuovo un popolo. Il popolo lo fa nuovo la sua obbedienza alla Legge, ai Comandamenti. Il popolo vive non per le forme di governo, ma perché fedele alla verità, alla giustizia, alla santità che vengono da Dio. Poiché il popolo è convinto che il re gli avrebbe dato verità, fedeltà, coscienza nuova, il Signore esaudisce la sua richiesta. Lo ammonisce però sulla dura schiavitù che ne sarebbe nata. Il popolo non crede al Signore. Vuole un re e allora che il re sia.

Una verità va gridata: re del popolo del Signore è la Parola di Dio. Se esso è governato dalla Parola, in esso scorre la vita, ogni vita. Se la Parola viene estromessa, nessuna struttura darà vita, perché la vita non è dalla struttura ma dalla Parola. Tutte le strutture dovranno essere finalizzate a far regnare la Parola in ogni cuore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci della Parola di Gesù.

 

16 GENNAIO (1Sam 9,1-4.17-19;10,1a)

Ecco l’uomo di cui ti ho parlato

Attraverso il suo profeta Samuele, il Signore sceglie il primo re. È Saul, figlio di Kis, della tribù di Beniamino. È uomo prestante, bello, alto. Nessuno era come lui. Egli superava tutti dalla spalla in su. Dio, che governa la storia e tutto ciò che accade in essa, fa sì che Samuele e Saul si possano incontrare, in modo che Saul possa essere da lui consacrato re del suo popolo. Israele vuole un re. Non è però Israele che lo sceglie. È il Signore. Così ancora una volta il Signore conserva la sua sovranità sul suo popolo. Ma sempre il Signore ha conservato la sua sovranità.

Questa verità vale anche per la Chiesa. Essa è stata consegnata da Cristo Gesù nelle mani degli uomini, a loro affidata. Ma è sempre lo Spirito Santo che vigila perché essa mai smarrisca la sua relazione con il suo Maestro, il suo Signore, il suo Dio, la verità che deve sempre animarla, la grazia che deve corroborarla. Che lo si creda o meno, sempre lo Spirito Santo opera perché la barca di Cristo Gesù non si areni nelle secche della falsità, dell’eresia, della trasformazione della Parola di Dio in parola degli uomini. Se per un solo istante lo Spirito del Signore si distraesse, per la Chiesa non vi sarebbe futuro. Essa sarebbe trasformata dagli uomini in una sinagoga di satana.

Ieri come oggi le vie attraverso le quali il Signore chiama uomini al governo e alla direzione del suo popolo sono misteriose. Una verità va affermata. Uno può anche comprarsi la regalità, il papato, l’episcopato, o altro ministero all’interno della Chiesa e anche della Società Civile. Una volta che ha occupato il posto del governo, sappia che lui è responsabile di tutte le ingiustizie, le falsità, le eresie, i travisamenti della verità, dell’equità, del bene che si compiono sotto il suo governo. Dio lo chiamerà in giudizio per tutte le sue inadempienze. Uno può anche desiderare un posto di responsabilità, purché abbia la coscienza che ogni sua inadempienza gli apre le porte dell’inferno.

Dal momento che un re assume il governo del popolo del Signore, lui è obbligato a governare nel nome del suo Dio, mai in nome del popolo. È questa la differenza tra un re giusto e un re iniquo. Il re giusto ascolta Dio e governa il popolo secondo la volontà di Dio. Un re iniquo ascolta il popolo, ascolta l’uomo e governa secondo la volontà dell’uomo. Saul fallisce nel suo governo, perché non ascolta il suo Dio. Agisce secondo la superbia e la malizia del suo cuore. Dio lo rigetta e al suo posto sceglie un re secondo il suo cuore, che governa dalla sua volontà e non dagli uomini.

C’era un uomo della tribù di Beniamino, chiamato Kis, figlio di Abièl, figlio di Seror, figlio di Becoràt, figlio di Afìach, un Beniaminita, uomo di valore. Costui aveva un figlio chiamato Saul, prestante e bello: non c’era nessuno più bello di lui tra gli Israeliti; superava dalla spalla in su chiunque altro del popolo. Ora le asine di Kis, padre di Saul, si smarrirono, e Kis disse al figlio Saul: «Su, prendi con te uno dei domestici e parti subito in cerca delle asine». Attraversarono le montagne di Èfraim, passarono al territorio di Salisà, ma non le trovarono. Si recarono allora nel territorio di Saalìm, ma non c’erano; poi percorsero il territorio di Beniamino e non le trovarono.

Quando Samuele vide Saul, il Signore gli confermò: «Ecco l’uomo di cui ti ho parlato: costui reggerà il mio popolo». Saul si accostò a Samuele in mezzo alla porta e gli chiese: «Indicami per favore la casa del veggente». Samuele rispose a Saul: «Sono io il veggente. Precedimi su, all’altura. Oggi voi due mangerete con me. Ti congederò domani mattina e ti darò indicazioni su tutto ciò che hai in mente. Samuele prese allora l’ampolla dell’olio e gliela versò sulla testa.

Non è per nulla facile governare nel nome del Signore. Urge spogliarsi di se stessi, di ogni pensiero, desiderio di grandezza o di gloria terrena. Anche degli amici ci si deve liberare, se costoro spingono verso la terra e non verso il cielo. Il re uno solo deve sempre ascoltare, verso di Lui sempre guardare: il suo Dio e Signore. Questa regola vale per ogni forma di governo e di responsabilità, dalla più alta alla più piccola. Quando si distolgono gli occhi da Dio, è allora che il governo diviene vera sventura.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sempre da Cristo Signore.

 

17 GENNAIO – II Domenica T.O. – (Is 62,1-5)

Il Signore troverà in te la sua delizia

Il desiderio di Dio con il suo popolo e in modo particolare con ogni uomo è uno solo: stringere con Lui un patto di vero amore, un patto nuziale, nel quale si forma un solo spirito, un solo cuore, una sola vita. È questa la rivelazione più alta di tutto l’Antico Testamento. Questo patto nuziale si realizza pienamente in Cristo Gesù. Con Israele ogni desiderio di Dio ha trovato ostacoli e impedimenti nell’idolatria del suo popolo.

Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.

Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio (Ez 16,1-14).

Dio vuole, in Cristo, divenire una sola vita con ogni uomo. Si diviene una sola vita, divenendo una sola volontà. È la volontà di Dio che deve governare la vita dell’uomo. Non si può essere un solo spirito, una sola vita, un solo cuore, se non si è una sola volontà. Non quella dell’uomo che governa quella di Dio, ma quella di Dio che governa quella dell’uomo. Il governo avviene attraverso la Parola. Si sposa la Parola, si sposa Dio. Si divorzia dalla Parola, si divorzia da Dio. In Cristo questo divorzio mai è avvenuto. Cristo e la Parola del Padre sono una cosa sola. Ma anche in Cristo il vero uomo e il vero Dio sono una sola volontà. Cristo vive per la volontà del Padre.

Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.

Dio vuole gustare una sola gioia: sposare ogni uomo in Cristo Gesù. Divenire con lui un solo cuore, un solo spirito, una sola volontà, un solo amore. Dio vuole essere vita vera di ogni uomo, in Cristo, per opera del suo Santo Spirito. Se però l’uomo non sposa la sua Parola, questa sola vita mai si creerà. Dio non potrà vivere nell’uomo e questi cammina su sentieri di morte e non di vita, procede verso la perdizione eterna e non avanza verso la pienezza della gioia che si gusterà solo nel Paradiso, luogo delle nozze eterne tra Dio e ogni uomo. Tutto è dalla Parola, nella Parola. Chi dona la Parola di Dio ad un uomo, gli dona Dio e nella Parola Dio stipulerà il suo sposalizio eterno con lui. Dono più alto, carità più grande non esiste. Chi accoglie la Parola, accoglie Dio, celebrerà con Dio le sue nozze di vita, diventerà con Lui un solo cuore, un solo spirito.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera Parola di Dio.

 

18 GENNAIO (1Sam 15,16-23)

Ecco, obbedire è meglio del sacrificio

Il Signore vuole che il suo popolo viva di ministeri separati, anche se tutti finalizzati a creare la fedeltà all’alleanza giurata e sottoscritta con il sangue. Regalità e sacerdozio devono tutti e due obbedienza al Signore, il quale comunica la sua volontà attraverso i suoi profeti. Il re non è autonomo nel governo del popolo di Dio e neanche il sacerdote potrà esserlo. Tutte e due devono prestare obbedienza alla Parola, sia alla Parola scritta che è la Legge del Sinai e sia alla Parola vivente, attuale che viene loro data per mezzo della Profezia. Un re, un sacerdote che non obbediscono al profeta, non potranno mai governare il popolo di Dio né santificarlo. Mancano dello strumento di governo e di santificazione che è la Parola attuale del loro Signore.

Saul fin da subito si rivela persona disobbediente. Il profeta gli dona degli ordini da parte del Signore e lui si lascia governare dalla storia, dai suoi sentimenti, dalla sua volontà, dalle sue aspirazioni. Dice a Samuele che la sua disobbedienza è motivata dal suo desiderio di offrire un sacrificio al Signore, suo Dio. Samuele gli risponde prontamente che l’unico e solo sacrificio che il Signore ama, desidera, ha chiesto, chiede, sempre chiederà è l’obbedienza alla sua Parola. Non vi sono altri sacrifici a Lui graditi. Ascoltare la sua Parola e metterla in pratica è il solo olocausto che gli si possa offrire. Questa altissima verità è sempre ricordata dai profeti. Dio non vuole un culto vano, sterile. Lui vuole l’obbedienza alla sua Parola.

«Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? – dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di pingui vitelli. Il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità. Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,11-17).

Dio potrebbe dire: Inutili sono le vostre Messe, le vostre Novene, le vostre Processioni, le vostre Preghiere, le vostre Chiese, le vostre basiliche, tutto il vostro culto. Tutte queste cose sono per aiutarci a vivere di Parola, nella Parola, per la Parola. Esse mai potranno sostituire la Parola. Non sono il fine, ma mezzo e via verso la Parola.

Rispose Samuele a Saul: «Lascia che ti annunci ciò che il Signore mi ha detto questa notte». E Saul gli disse: «Parla!». Samuele continuò: «Non sei tu capo delle tribù d’Israele, benché piccolo ai tuoi stessi occhi? Il Signore non ti ha forse unto re d’Israele? Il Signore ti aveva mandato per una spedizione e aveva detto: “Va’, vota allo sterminio quei peccatori di Amaleciti, combattili finché non li avrai distrutti”. Perché dunque non hai ascoltato la voce del Signore e ti sei attaccato al bottino e hai fatto il male agli occhi del Signore?». Saul insisté con Samuele: «Ma io ho obbedito alla parola del Signore, ho fatto la spedizione che il Signore mi ha ordinato, ho condotto Agag, re di Amalèk, e ho sterminato gli Amaleciti. Il popolo poi ha preso dal bottino bestiame minuto e grosso, primizie di ciò che è votato allo sterminio, per sacrificare al Signore, tuo Dio, a Gàlgala». Samuele esclamò: «Il Signore gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’obbedienza alla voce del Signore? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti. Sì, peccato di divinazione è la ribellione, e colpa e terafìm l’ostinazione. Poiché hai rigettato la parola del Signore, egli ti ha rigettato come re».

Saul si rifiutò di ascoltare il Signore, il Signore rifiutò lui come suo re. Lo privò del suo Santo Spirito, lo consegnò in mano a se stesso. Da questo momento il re precipitò di stoltezza in stoltezza. Non c’è vita se non nella Parola. L’obbedienza è la sola via del buon governo del popolo di Dio. Vale per Saul, vale per ogni altro uomo. Vale per tutti. Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i suoi costruttori.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera obbedienza.

 

19 GENNAIO (1Sam 16,1-13)

Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!»

Il Signore vuole che il cuore dei suoi profeti sia sempre allineato sul suo cuore. Non può il profeta piangere quando Dio non piange né ridere quando Dio non ride. Egli è chiamato a manifestare sempre il cuore del suo Signore. Se il suo Signore ripudia, lui ripudia. Se il suo Signore sceglie, lui sceglie. Se il suo Signore chiama, lui chiama. Se tra i due cuori vi è differenza, contrapposizione, azioni divergenti, il profeta non potrà mai essere vero profeta e un profeta falso non serve al popolo di Dio.

Il Signore ha ripudiato Saul a causa della sua insubordinazione, non obbedienza ai suoi comandi. Samuele non può piangere su Saul. Sarebbe non approvazione della divina decisione. Ma sarebbe anche grave compromissione della sua stessa missione. Il vero profeta vuole ciò che Dio vuole e dice ciò che Dio dice. Lui non è né dal suo cuore, né dalla sua volontà, né dai suoi desideri e neanche dai suoi affetti o dalle sue amicizie, non è neanche dalle sue relazioni familiari, di paternità, maternità, fratellanza.

Samuele obbedisce al Signore. Si reca nella casa di Iesse, in Betlemme, perché tra i suoi figli il Signore ha scelto il suo nuovo re. Al profeta vengono presentati sei giovani. Lui rimane ammirato dalla loro apparenza. Uno dopo l’altro Dio li scarta tutti, nonostante il profeta fosse oltremodo ammirato da alcuni di essi. Ma Dio lo dice con chiarezza al suo inviato: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Solo Dio sa ciò che vi è in ogni cuore.

Il Signore disse a Samuele: «Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l’ho ripudiato perché non regni su Israele? Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà». Il Signore soggiunse: «Prenderai con te una giovenca e dirai: “Sono venuto per sacrificare al Signore”. Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti farò conoscere quello che dovrai fare e ungerai per me colui che io ti dirò». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: «È pacifica la tua venuta?». Rispose: «È pacifica. Sono venuto per sacrificare al Signore. Santificatevi, poi venite con me al sacrificio». Fece santificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio.

Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Iesse chiamò Abinadàb e lo presentò a Samuele, ma questi disse: «Nemmeno costui il Signore ha scelto». Iesse fece passare Sammà e quegli disse: «Nemmeno costui il Signore ha scelto». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama.

Il profeta rimane come interdetto. Il Signore lo manda per scegliere il suo re, ma poi Dio non sceglie alcuno. Qualcosa non va di certo. Poiché non è Dio che non va, il re è in quella casa. Samuele domanda: “Ma sono questi tutti i tuoi figli?”. La risposta è immediata: “C’è un altro figlio. Ma quello è troppo giovane ed è un umile pastore di greggi”. Il profeta ordina che venga fatto venire subito. Il giovane arriva e perché Samuele ancora una volta non si lasci ingannare dalle apparenze, il Signore gli ordina di ungerlo, perché è lui il suo re. All’unzione con l’olio il Signore aggiunge l’unzione del suo Spirito. Infatti da quell’istante lo Spirito di Dio mai più lasciò Davide.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci un solo cuore con Gesù.

 

20 GENNAIO (1Sam 17,32-33.37.40-51)

Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti

Un gigante, un Filisteo di nome Golia, sfida Israele, dettando anche le condizioni: “«Perché siete usciti e vi siete schierati a battaglia? Non sono io Filisteo e voi servi di Saul? Sceglietevi un uomo che scenda contro di me. Se sarà capace di combattere con me e mi abbatterà, noi saremo vostri servi. Se invece prevarrò io su di lui e lo abbatterò, sarete voi nostri servi e ci servirete». Il Filisteo aggiungeva: «Oggi ho sfidato le schiere d’Israele. Datemi un uomo e combatteremo insieme»” Né il re, né altro soldato si sentivano tanto forti da accogliere la sfida: “Saul e tutto Israele udirono le parole del Filisteo; rimasero sconvolti ed ebbero grande paura” (1Sam 17,8-10).

Davide decide di affrontare il Filisteo. Si presenta a lui con una semplice fionda e cinque pietre raccolte nel torrente che vi era tra i due schieramenti. La sua confessione di fede rivela quel principio universale che è a fondamento di tutte le vittorie di Israele sui suoi nemici, a iniziare da Abramo, passando per Mosè, Giosuè, i Giudici ed ogni altro che è sceso in campo per combattere le battaglie del Signore. Davide si presenta non con la sua forza. Questa è nulla. Lui viene nel nome del Signore, dell’Onnipotente, del Santo, del Dio vivo e vero, del Dio degli eserciti, dinanzi al quale non vi sono avversari. Non è lui che travolgerà l’arroganza del Filisteo, ma il Signore.

Davide disse a Saul: «Nessuno si perda d’animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo». Saul rispose a Davide: «Tu non puoi andare contro questo Filisteo a combattere con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d’armi fin dalla sua adolescenza». Davide aggiunse: «Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo». Saul rispose a Davide: «Ebbene va’ e il Signore sia con te». Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese ancora in mano la fionda e si avvicinò al Filisteo.

Il Filisteo avanzava passo passo, avvicinandosi a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva. Il Filisteo scrutava Davide e, quando lo vide bene, ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo, fulvo di capelli e di bell’aspetto. Il Filisteo disse a Davide: «Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?». E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi. Poi il Filisteo disse a Davide: «Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche». Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai sfidato. In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani. Io ti abbatterò e ti staccherò la testa e getterò i cadaveri dell’esercito filisteo agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche; tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele. Tutta questa moltitudine saprà che il Signore non salva per mezzo della spada o della lancia, perché del Signore è la guerra ed egli vi metterà certo nelle nostre mani». Appena il Filisteo si mosse avvicinandosi incontro a Davide, questi corse a prendere posizione in fretta contro il Filisteo. Davide cacciò la mano nella sacca, ne trasse una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s’infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra, colpì il Filisteo e l’uccise, benché Davide non avesse spada. Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga.

Mosè scende in Egitto con la potenza del nome del Signore suo Dio. Davide si presenta nel nome del Signore degli eserciti. Anche i discepoli di Gesù sono mandati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. San Giovanni lo grida: “Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede”. (1Gv 5, 4). Anche San Paolo fa sentire lo stesso grido: “Siano rese grazie a Dio che ci dá la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!” (1Cor 15, 57). Andare in battaglia contro il mondo confidando sulle nostre forze è somma stoltezza e insipienza. Sapienza e saggezza è andare nel nome del Signore. È questa la fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di purissima vera fede.

 

21 GENNAIO (1Sam 18,6-9; 19,1-7)

Saul guardava sospettoso Davide

La verità dell’uomo e della storia è data dallo Spirito del Signore. Chi è nello Spirito del Signore e da Lui si lascia guidare vedrà la verità, l’amerà, la difenderà, l’accoglierà come vera luce per illuminare tutta la sua vita. Chi invece si lascia guidare dallo spirito della falsità, della menzogna, dell’invidia, della gelosia, sarà sempre uomo di tenebre al quale la verità darà fastidio e ogni giorno penserà di toglierla dalla sua vista.

Davide ha ucciso il Filisteo, il gigante Golia. Lo ha ucciso non per la sua forza, ma per la sua fede nel Dio degli eserciti. Questi non era solo Dio di Davide, era anche Dio di Saul e di tutto il suo esercito. Nessuno però ha avuto fede in Lui. Tutti tremavano come foglie sbattute dal vento al solo sentire la sua voce. Nessuno ha avuto tanta fede di andare contro Golia per stenderlo confidando nel nome del suo Dio.

Le donne danzano in onore di Davide. Cantano la sua gloria. Non possono cantare di certo né la gloria del re né quella dei suoi soldati. Saul che ormai non solo è privo dello Spirito di Dio che si era ritirato da lui, quanto anche è posseduto da un sovrumano spirito cattivo di invidia e gelosia, non sopporta che lui non sia al primo posto nella gloria del suo popolo e per questo decide di uccidere Davide.

Saul vive momenti di quasi libertà dallo spirito cattivo del quale è prigioniero e momenti di più intensa possessione. Nei momenti di meno ossessione, lui sa anche ragionare. Vede il male e lo detesta anche. Quando lo spirito dell’invidia e della gelosia lo incalza con più potenza, è allora che sente forte il desiderio di uccidere Davide e le sue reazioni sono immediate, senz’alcun preavviso.

Al loro rientrare, mentre Davide tornava dall’uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i tamburelli, con grida di gioia e con sistri. Le donne cantavano danzando e dicevano: «Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila». Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: «Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dati mille. Non gli manca altro che il regno». Così da quel giorno in poi Saul guardava sospettoso Davide.

Saul comunicò a Giònata, suo figlio, e ai suoi ministri di voler uccidere Davide. Ma Giònata, figlio di Saul, nutriva grande affetto per Davide. Giònata informò Davide dicendo: «Saul, mio padre, cerca di ucciderti. Sta’ in guardia domani, sta’ al riparo e nasconditi. Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Ciò che vedrò te lo farò sapere». Giònata parlò dunque a Saul, suo padre, in favore di Davide e gli disse: «Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non ha peccato contro di te, che anzi ha fatto cose belle per te. Egli ha esposto la vita, quando abbatté il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande salvezza a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?». Saul ascoltò la voce di Giònata e giurò: «Per la vita del Signore, non morirà!». Giònata chiamò Davide e gli riferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase alla sua presenza come prima.

Nonostante gli ottimi interventi di Gionata sul padre e il giuramento del re che Davide non morirà, è giusto che si dica che di Saul non ci si può fidare. La sua gelosia, la sua invidia, potrebbero scoppiare in qualsiasi momento e sarebbe senza alcun governo da parte del re. Per Davide sarebbe la fine. Infatti la storia ci dice che finché il re visse, Davide dovette andare ramingo da un luogo all’altro senza trovare un attimo di pace.

Ormai Saul è senza padronanza di sé. Ha abbandonato il Signore. Non è più sotto il governo dello Spirito di Dio. Ogni uomo questo deve sapere: o si lascia governare dallo Spirito del Signore e camminerà di bene in bene, oppure sarà governato dallo spirito del male e la sua vita sarà una continua opera di male. Dopo il peccato, l’uomo non ha più il governo di se stesso. O si consegna a Dio e Dio lo condurrà nella sua luce. O si abbandona al male e il male lo condurrà nelle tenebre. Saul ha abbandonato il Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, riconduceteci al Signore.

 

22 GENNAIO (1Sam 24,3-21)

Mi guardi il Signore dal fare simile cosa al mio signore

Davide è in fuga. Sa che Saul è uscito contro di lui con tutto il suo esercito. Si nasconde in una caverna. Anche Saul entra in quella caverna, ma non vede Davide. Questi potrebbe ucciderlo, ma non lo fa, anche se invitato da qualcuno dei suoi. Saul è ancora il re d’Israele. Nessuno può mettere impunemente le mani sul consacrato del Signore. Davide è persona che vede Dio nella storia e sempre è governato dal suo timore. Quando un uomo è privo del timore del Signore, tutto giustifica, anche la morte dei suoi nemici. Il nemico non deve essere ucciso perché nemico. Da lui si deve stare lontani per custodirci in vita, mai la vita va custodita uccidendo i nemici.

Fondamento unico del timore del Signore sono i comandamenti del patto dell’Alleanza. Il Quinto Comandamento ordina di non uccidere. Mai si potrà uccidere, quando la nostra vita si potrà mettere in salvo in altri modi. Neanche ci si deve lasciare uccidere per la fede. Gesù non chiede ai suoi discepoli di essere martiri. Chiede di rifugiarsi in altre città, se in una sono esposti alla morte. Davide non è in pericolo di vita. Saul non è entrato nella caverna per ucciderlo. Il timore del Signore che è forte in lui glielo impedisce. Quando invece si è senza timore del Signore, dal male più piccolo al male più grande, tutto viene giustificato come necessità. Solo il Comandamento è necessità.

Saul scelse tremila uomini valorosi in tutto Israele e partì alla ricerca di Davide e dei suoi uomini di fronte alle Rocce dei Caprioli. Arrivò ai recinti delle greggi lungo la strada, ove c’era una caverna. Saul vi entrò per coprire i suoi piedi, mentre Davide e i suoi uomini se ne stavano in fondo alla caverna. Gli uomini di Davide gli dissero: «Ecco il giorno in cui il Signore ti dice: “Vedi, pongo nelle tue mani il tuo nemico: trattalo come vuoi”». Davide si alzò e tagliò un lembo del mantello di Saul, senza farsene accorgere. Ma ecco, dopo aver fatto questo, Davide si sentì battere il cuore per aver tagliato un lembo del mantello di Saul. Poi disse ai suoi uomini: «Mi guardi il Signore dal fare simile cosa al mio signore, al consacrato del Signore, dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore». Davide a stento dissuase con le parole i suoi uomini e non permise loro che si avventassero contro Saul. Saul uscì dalla caverna e tornò sulla via.

Dopo questo fatto, Davide si alzò, uscì dalla grotta e gridò a Saul: «O re, mio signore!». Saul si voltò indietro e Davide si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. Davide disse a Saul: «Perché ascolti la voce di chi dice: “Ecco, Davide cerca il tuo male”? Ecco, in questo giorno i tuoi occhi hanno visto che il Signore ti aveva messo oggi nelle mie mani nella caverna; mi si diceva di ucciderti, ma ho avuto pietà di te e ho detto: “Non stenderò le mani sul mio signore, perché egli è il consacrato del Signore”. Guarda, padre mio, guarda il lembo del tuo mantello nella mia mano: quando ho staccato questo lembo dal tuo mantello nella caverna, non ti ho ucciso. Riconosci dunque e vedi che non c’è in me alcun male né ribellione, né ho peccato contro di te; invece tu vai insidiando la mia vita per sopprimerla. Sia giudice il Signore tra me e te e mi faccia giustizia il Signore nei tuoi confronti; ma la mia mano non sarà mai contro di te. Come dice il proverbio antico: “Dai malvagi esce il male, ma la mia mano non sarà contro di te”. Contro chi è uscito il re d’Israele? Chi insegui? Un cane morto, una pulce. Il Signore sia arbitro e giudice tra me e te, veda e difenda la mia causa e mi liberi dalla tua mano».

Quando Davide ebbe finito di rivolgere a Saul queste parole, Saul disse: «È questa la tua voce, Davide, figlio mio?». Saul alzò la voce e pianse. Poi continuò rivolto a Davide: «Tu sei più giusto di me, perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male. Oggi mi hai dimostrato che agisci bene con me e che il Signore mi aveva abbandonato nelle tue mani e tu non mi hai ucciso. Quando mai uno trova il suo nemico e lo lascia andare sulla buona strada? Il Signore ti ricompensi per quanto hai fatto a me oggi. Ora, ecco, sono persuaso che certamente regnerai e che sarà saldo nelle tue mani il regno d’Israele.

Davide difende dopo la sua innocenza dinanzi al re, tenendosi a debita distanza. Lui però sa che il sovrumano spirito cattivo che lo governa, prima o poi lo condurrà ad ucciderlo. E per questo fugge, trovando un luogo sicuro tra i Filistei.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci del timore di Dio.

 

23 GENNAIO (2Sam 1,1-4.11-12.19.23-27)

Davide afferrò le sue vesti e le stracciò

Saul è morto suicida sul monte Gelboe, combattendo contro i Filistei. Anche Gionata muore nella stessa battaglia. In questo frangente della morte di colui che voleva togliergli la vita Davide rivela tutta la grandezza e la profondità del suo cuore, che non solo è ricco del timore del Signore, di Dio anche partecipa in qualche modo la bontà. Lui non gioisce per la morte del re. Per lui Saul è sempre il re, sempre il consacrato del Signore. Lui possiede una visione altissima di fede. Secondo questa fede lui vive anche il momento della morte. Se il re di Israele è morto combattendo contro i nemici del suo popolo, poiché anche lui è popolo di Dio, è giusto che pianga per questa morte.

Il Signore per suo tramite vuole insegnare a tutti noi una altissima verità. Il giudizio spetta solo a Lui. Nessun altro è giudice della vita di un uomo. Ogni uomo va onorato per il ministero che esercita dinanzi a Dio. Saul è re e come re va onorato e pianto. Questa altissima verità vissuta da Davide San Paolo la insegna ai Romani, nella forma nuova del Vangelo, secondo il quale il rispetto diviene purissimo amore.

Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora devi temere, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo infatti voi pagate anche le tasse: quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto (Rm 13,1-7).

Oggi la società si è molto imbarbarita. Si manca del più elementare rispetto. Questo succede per due ragioni: perché l’uomo non vive più nel timore del Signore. Non conosce Dio. Uscendo dallo Spirito di Dio necessariamente si è schiavi dello spirito della superbia, dell’invidia, della gelosia. Questo spirito ci fa credere superiori agli altri. Questo stesso spirito si fa disprezzo, calunnia, ingiuria, mormorazione contro gli altri.

Dopo la morte di Saul, Davide tornò dalla strage degli Amaleciti e rimase a Siklag due giorni. Al terzo giorno ecco arrivare un uomo dal campo di Saul con la veste stracciata e col capo cosparso di polvere. Appena giunto presso Davide, cadde a terra e si prostrò. Davide gli chiese: «Da dove vieni?». Rispose: «Sono fuggito dal campo d’Israele». Davide gli domandò: «Come sono andate le cose? Su, dammi notizie!». Rispose: «È successo che il popolo è fuggito nel corso della battaglia, molti del popolo sono caduti e sono morti; anche Saul e suo figlio Giònata sono morti». Davide afferrò le sue vesti e le stracciò; così fecero tutti gli uomini che erano con lui. Essi alzarono lamenti, piansero e digiunarono fino a sera per Saul e Giònata, suo figlio, per il popolo del Signore e per la casa d’Israele, perché erano caduti di spada. «Il tuo vanto, Israele, sulle tue alture giace trafitto! Come sono caduti gli eroi? O Saul e Giònata, amabili e gentili, né in vita né in morte furono divisi; erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni. Figlie d’Israele, piangete su Saul, che con delizia vi rivestiva di porpora, che appendeva gioielli d’oro sulle vostre vesti. Come son caduti gli eroi in mezzo alla battaglia? Giònata, sulle tue alture trafitto! Una grande pena ho per te, fratello mio, Giònata! Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna. Come sono caduti gli eroi, sono perite le armi?».

Davide rispetta Saul perché suo re, consacrato del Signore. Rispetta Gionata perché suo grande amico. Potrebbe gioire della loro morte. Sono venuti meno sia il re che il suo successore. Invece no! Lui sa che tutto è dalla volontà del Signore. Lui dovrà regnare secondo la volontà di Dio, non secondo il suo cuore. La sua vita è da Dio, mai dovrà essere da lui. Ma la nostra vita è sempre da Dio o spesse volte è da noi?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sempre dal Signore.

 

24 GENNAIO – III Domenica T.O. – (Ne 8,2-4a.5-6.8-10)

E così facevano comprendere la lettura

Lo Spirito Santo è uno, la Parola è una, Dio è uno, la sua volontà è una. Anche se gli agiografi, i profeti, gli apostoli, i dottori, i maestri, gli evangelizzatori sono molti, una è la Parola del Signore. Non vi potranno mai essere due Parole, perché Dio è uno. Un solo Dio, una sola Parola di Dio. Tutti i moderni assertori dell’unico Dio, prima di invitare a credere nell’unico Dio, devono prima indicare qual è anche la sua unica e sola Parola. Non si può credere in un unico Dio, se poi le parole di quest’unico Dio sono molteplici e anche in contraddizione tra di esse. Se Dio è uno anche la Parola è una.

L’unica Parola di Dio va compresa. Per essere compresa va interpretata. Per essere interpretata va letta. Si legge a tutto il popolo. La si interpreta per tutto il popolo. La si fa comprendere a tutto il popolo. Poi ogni soggetto che ascolta è chiamato a viverla, secondo la interiore mozione dello Spirito Santo. Dopo l’ascolto, urge la preghiera sia pubblica, di tutto il popolo, che privata di ogni singola persona per implorare il dono, la forza, la saggezza, l’intelligenza per realizzare quanto ascoltato e interpretato per noi. Questo metodo obbliga sempre, tutti. Un solo popolo di Dio, una sola Parola di Dio.

Dio è uno. Cristo è uno. Lo Spirito Santo è uno. La Chiesa è una. La Parola è una. Gli interpreti della Parola sono molti. Urge che anche l’interpretazione sia una e non molte. Quando l’interpretazione è una? Quando si vive, mossi dallo Spirito Santo, nell’unica Chiesa, divenendo vero Corpo di Cristo, posti sotto la Signoria di Dio, vivendo sempre nel suo santo timore. Quando ci si distacca dallo Spirito, a causa del peccato, si esce dall’unica luce, unica grazia, unica mozione, e si entra nel caos dei pensieri umani.

Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore.

Essi leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemia, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemia disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

Oggi per la Chiesa di Dio vi è una urgenza che obbliga tutti in coscienza: divenire tutti parte di quell’unità gridata e professata da San Paolo e insegnata come vera via di vita.

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti (Ef 4,1-6).

Lo sfacelo odierno del popolo del Signore, della sua Chiesa santa, è generato dalla rottura di questa unità nella Parola e nella sua interpretazione. Il popolo è confuso perché ogni interprete procede secondo il suo cuore, la sua mente, i suoi desideri, giungendo a negare verità essenziali della stessa fede già definita. Ognuno si pensa autore della Parola e di conseguenza anche sua verità. È la fine della vera fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dell’unica fede in Cristo.

 

25 GENNAIO (At 22,3-16)

Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti

San Paolo è dinanzi al Sinedrio. Chiede la parola per illuminare tutti sulla sua condotta. Il suo modo di argomentare merita tutta la nostra attenzione. Un fiume procede da monte verso valle. Mai si è visto il contrario che dalla valle sale verso il monte. Ogni albero produce sempre secondo la sua natura. Mai si è visto che dal fico si raccoglie l’uva e dall’uva maturano fichi. Così dicasi di tutti gli animali esistenti sulla terra. Ognuno sempre vive e sempre agisce secondo la sua natura. Anche per l’uomo è così. Chi percorre una via è difficile che ne possa percorrere un’altra. Quella è la sua natura.

Tutti conoscono la natura di Saulo. Lui era intrepido assertore dell’unicità del Dio dei Padri e riteneva idolatri e quindi meritevoli di morte quanti deviavano dalla sana verità. Lui era difensore del più rigido monoteismo. Quanti non erano come lui, erano meritevoli di morte. Lui a Damasco non stava recandosi per farsi battezzare da Anania. Stava raggiungendo quella città, con lettere dei sommi sacerdoti, per fare prigionieri e condurre a Gerusalemme tutti i cristiani che vi avevano trovato asilo al fine di essere processati e condannati a morte come traditori dell’antica fede. Questa la sua verità.

«Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti.

Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.

Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”.

A Damasco giunse accecato da una luce che lo folgorò prima di entrare nella città. Una voce lo chiamò dal Cielo chiedendogli qual era il motivo per il quale lui lo stesse perseguitando. Saulo riconosce in quella voce il suo Signore e chiede: “Chi sei, o Signore?”. La risposta è immediata: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Il Signore, il Dio dei Padri si rivela in Gesù il Nazareno. Gesù il Nazareno si identifica con i cristiani, con la sua chiesa. Saulo sta perseguitando il suo Dio.

Il Signore si prende Saulo con una potenza di luce e di grazia mai manifestata prima. Grazia e luce in un istante donano l’intelligenza di quella Scrittura che lui leggeva, ma che non aveva mai compreso. La cecità degli occhi è segno della cecità spirituale di prima. Ora è cieco fisicamente, ma è vedente spiritualmente. Vede Cristo e lo Spirito Santo nella Scrittura. Vede Dio nel suo mistero di unità e di trinità. Vede l’incarnazione del Figlio Eterno del Padre e vede tutto il mistero della Chiesa. Per dono dall’alto, per grazia purissima del suo Signore. Cambia la sua natura. Da persecutore diviene perseguitato. Tutto in lui avviene per opera di Dio. Il Signore lo aveva visto strumento potente a servizio del suo Vangelo e con grande potenza di luce lo ha attratto a sé.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, trasformateci in luce vera.

 

26 GENNAIO (2Tm 1,1-8)

Lo scopo del comando è però la carità

Paolo vuole che tutta la vita del discepolo di Gesù, tutto ciò che lui pensa, dice, opera, fa o anche non fa, abbia un solo fine manifestare tutta la potenza della carità di Cristo Gesù. Se il fine non è la carità, anche le opere più eccelse perdono ogni valore. Solo la carità salva e converte. Anche fede e speranza devono essere a servizio della carità.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1Cor 13,1-7).

Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi (Rm 12,6-16).

Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità (Rm 13,8-10).

Timoteo deve ordinare ad ogni discepolo di Gesù di non insegnare dottrine perverse. Quale dovrà essere il fine nell’esercizio di questo comando o di quest’ordine: la carità, l’amore. Timoteo deve ordinare il rientro nella verità, non perché deve difendere una verità rivelata. La verità rivelata pensa Cristo Gesù a difenderla. Anche la storia ha questo ufficio della difesa della verità di Dio e di Cristo. Timoteo, apostolo di Gesù Cristo, deve amare l’uomo come lo ha amato e lo ama il suo Maestro. Deve amarlo di un amore di vera, pura, santa salvezza. Lui deve ordinare a rientrare nella verità quanti sono fuori per amore della loro salvezza. Ogni errore conduce alla morte eterna.

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, a Timòteo, vero figlio mio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro. Partendo per la Macedonia, ti raccomandai di rimanere a Èfeso perché tu ordinassi a taluni di non insegnare dottrine diverse e di non aderire a favole e a genealogie interminabili, le quali sono più adatte a vane discussioni che non al disegno di Dio, che si attua nella fede. Lo scopo del comando è però la carità, che nasce da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera. Deviando da questa linea, alcuni si sono perduti in discorsi senza senso, pretendendo di essere dottori della Legge, mentre non capiscono né quello che dicono né ciò di cui sono tanto sicuri. Noi sappiamo che la Legge è buona, purché se ne faccia un uso legittimo.

L’annunzio, la proclamazione, l’ordine di rientrare nella verità ha un solo fine: la salvezza non solo di chi è nella falsità, ma anche di quanti per quella medesima falsità precipitano nel buio e nelle tenebre. La carità, solo la carità, è il fine di ogni cosa. Tutto il Vangelo ha come fine la carità della salvezza. La vita cristiana è per questa carità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perfetti nella carità.

 

27 GENNAIO (2Sam 7,4-17)

Il tuo trono sarà reso stabile per sempre

Leggendo le prime profezie sul futuro re nella cui persona è la benedizione di tutti i popoli, dalla discendenza di Abramo, si passa a quella di Giuda, da quella di Giuda a quella di Davide. Aggiungendo due Salmi e anche la profezia del Deuteronomio, si evince che il re che verrà sarà anche sacerdote e profeta, non però alla maniera di Aronne, ma in una modalità nuova, al modo di Melchisedek.

Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli (Gen 49,8-10). Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spacca le tempie di Moab e il cranio di tutti i figli di Set; Edom diverrà sua conquista e diverrà sua conquista Seir, suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà e farà perire gli scampati dalla città (Num 24,17-19).

Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò (Dt 18,15-18). Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai» (Sal 2,7-9). Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek» (Sal 110 (109), 1-4).

Altra verità vuole che dopo la promessa di Dio a Davide, il regno sarà eterno. Ma se il regno è eterno anche il re sarà eterno. Se è eterno, re non può essere se non Dio. È Dio, ma è anche figlio di Davide. È questo un indicibile e insondabile mistero. Lo si potrà comprendere per quel che è possibile, solo il giorno del suo compimento.

Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d’Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?”. Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”». Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione.

L’Antico Testamento ci offre ogni verità sul re che verrà. Sono però verità separate le une dalle altre. Esse però si compiranno tutte nella Persona di Gesù Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità di Cristo Gesù.

 

28 GENNAIO (2Sam 7,18-19.24-29)

Ora, Signore Dio, tu sei Dio, le tue parole sono verità

Sono passati quasi tremila anni da quando il Signore ha fatto la promessa del regno eterno alla discendenza di Davide – che è Cristo Signore – e il mondo ha compreso poco o niente dell’infinito mistero racchiuso in quelle parole. Di certo neanche Davide ha conosciuto tutta la portata divina ed umana, del cielo e della terra, del tempo e dell’eternità della profezia del suo Dio. Una cosa però Davide la sa di certo: ogni Parola di Dio è verità. Ogni sua profezia si compie. Ogni oracolo si realizza.

Questa certezza manca oggi al cristiano. Leggiamo la Parola, la meditiamo, la studiamo, la analizziamo, la svisceriamo dentro e fuori, le facciamo anche mille radiografie giornaliere, ma poi crediamo poco. Anzi spesso è come se Dio mai avesse parlato e mai avesse profetizzato le sue promesse. Questo accade perché noi vorremmo prima comprendere e poi credere, prima vedere il compimento della profezia e poi prestarle la dovuta, anzi necessaria fede. In Dio non funziona così.

Dio ti dice la sua Parola. Essa è infallibile nei secoli. Dura in eterno. I secoli mutano, la Parola rimane. Gli uomini passano, le teologie muoiono, le pastorali svaniscono, anche le forme mistiche e ogni modalità di ascesi si modificano. Ciò che rimane in eterno è la Parola del Signore, la sua profezia, ogni suo oracolo. Rimane e acquisisce una perenne giovinezza. La Parola non è stata detta ieri. È proferita oggi. Anzi è come se venisse dal futuro tanto essa è attualissima per noi.

Dio oggi parla all’uomo, oggi fa la sua promessa, oggi proferisce il suo oracolo di vita eterna. Quanti si fermano alla comprensione di ieri, alle metodologie del passato, alle scienza teologiche dei mesi e degli anni che furono, comprendono poco della Parola del loro Dio. La comprensione della Parola non viene dal cuore dell’uomo, ma dal cuore dello Spirito Santo. Lo Spirito di Dio dona l’intelligenza per comprendere la Parola man mano che la si vive e la si realizza, man mano che la si trasforma in storia.

Allora il re Davide andò a presentarsi davanti al Signore e disse: «Chi sono io, Signore Dio, e che cos’è la mia casa, perché tu mi abbia condotto fin qui? E questo è parso ancora poca cosa ai tuoi occhi, Signore Dio: tu hai parlato anche della casa del tuo servo per un lontano avvenire: e questa è la legge per l’uomo, Signore Dio! Hai stabilito il tuo popolo Israele come popolo tuo per sempre, e tu, Signore, sei diventato Dio per loro. Ora, Signore Dio, la parola che hai pronunciato sul tuo servo e sulla sua casa confermala per sempre e fa’ come hai detto. Il tuo nome sia magnificato per sempre così: “Il Signore degli eserciti è il Dio d’Israele!”. La casa del tuo servo Davide sia dunque stabile davanti a te! Poiché tu, Signore degli eserciti, Dio d’Israele, hai rivelato questo al tuo servo e gli hai detto: “Io ti edificherò una casa!”. Perciò il tuo servo ha trovato l’ardire di rivolgerti questa preghiera. Ora, Signore Dio, tu sei Dio, le tue parole sono verità. Hai fatto al tuo servo queste belle promesse. Dégnati dunque di benedire ora la casa del tuo servo, perché sia sempre dinanzi a te! Poiché tu, Signore Dio, hai parlato e per la tua benedizione la casa del tuo servo è benedetta per sempre!».

Sarebbe sufficiente che ogni discepolo di Gesù si convincesse che ogni Parola di Dio è provata con il fuoco, credesse nel suo compimento eterno, per dare una svolta alla sua vita. Cambiando la propria vita, si cambierebbe tutta la storia dell’umanità. Non comprendo, credo, obbedisco, realizzo, mi compio secondo la Parola. Questa fede oggi è necessaria. Viviamo in un tempo in cui l’oscuramento di Cristo, del Vangelo, della Parola, della rivelazione, sta raggiungendo picchi elevatissimi.

Mai prima d’ora si era raggiunta una devastazione e un oscuramento della vera fede come ai nostri tempi. Mai il cristiano aveva smarrito la sua verità come oggi. La perdita della fede e della verità è in tutti gli strati sociali. Dove fino a qualche anno addietro, la fede era vero tessuto di sana socialità, oggi si è perso per sempre. Vi è la desertificazione delle coscienze in ordine alla fede, alla Parola, a Cristo, alla verità. La fede va ricollocata, ripiantata nei cuori, nelle menti, in ogni coscienza. Lo esige la vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, riconduceteci nella retta fede.

 

29 GENNAIO (2Sam 11,1-4a.5-10a.13-17)

Ponete Uria sul fronte della battaglia più dura

Davide commette peccato di adulterio. La donna rimane incinta. A quei tempi l’adulterio, peccato gravissimo contro la Legge del Signore, veniva punito con la morte. Il re vuole che il suo peccato rimanga nascosto e per questo fa venire il marito della donna, Uria l’Ittita, che era con l’esercito lontano da Gerusalemme. Con il marito che torna a casa sua, dalla propria moglie, nessuno avrebbe sospettato che quel concepimento fosse frutto di una relazione peccaminosa con il re di Israele. Proprio per questo il marito è fatto venire: per oscurare il peccato del re.

Il Signore non permette che il peccato venga oscurato. Uria viene dal campo di battaglia. Ma non entra in casa sua. Pensa ai suoi compagni che espongono la vita per il loro popolo e si pensa indegno di essi, solo entrando in casa sua. Figuriamo poi a stare con la propria moglie. Davide sa che Uria non ha ascoltato il suo consiglio. Decide per la sua morte. Studia un modo fine perché nessuno si accorga neanche di questo secondo peccato che gli serve per nascondere il primo. Ma sempre, quando si oscura la luce del Signore, si crede di poter nascondere il peccato con il peccato.

Si ignora che ogni peccato aggiunge più visibilità a quello di prima. Ci si dimentica che di peccato in peccato si giunge al punto del non ritorno. Lo stratagemma di Davide è perfetto. Uria deve essere mandato dove infuria la battaglia e lasciato solo. Tutti sapranno che è morto come un eroe di guerra, non come un condannato a morte dal suo re, perché lui potesse oscurare per sempre l’adulterio di cui si era macchiato. Questo secondo peccato è infinitamente più grave. Il primo è stato per un impeto di passione. Il secondo è per studio, per calcolo, per volontà, per coscienza.

All’inizio dell’anno successivo, al tempo in cui i re sono soliti andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a compiere devastazioni contro gli Ammoniti; posero l’assedio a Rabbà, mentre Davide rimaneva a Gerusalemme. Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella d’aspetto. Davide mandò a informarsi sulla donna. Gli fu detto: «È Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Uria l’Ittita». Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. La donna concepì e mandò ad annunciare a Davide: «Sono incinta». Allora Davide mandò a dire a Ioab: «Mandami Uria l’Ittita». Ioab mandò Uria da Davide. Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. Poi Davide disse a Uria: «Scendi a casa tua e làvati i piedi». Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una porzione delle vivande del re. Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. La cosa fu riferita a Davide: «Uria non è sceso a casa sua».

Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua. La mattina dopo Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria. Nella lettera aveva scritto così: «Ponete Uria sul fronte della battaglia più dura; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia». Allora Ioab, che assediava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che c’erano uomini valorosi. Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; caddero parecchi della truppa e dei servi di Davide e perì anche Uria l’Ittita.

Questo è il cuore dell’uomo. È capace dei più orrendi crimini. È sufficiente che il Signore per un attimo ci lasci la mano, e nessun uomo è più capace di camminare da solo. Senza la luce e la grazia del Signore, la mente si oscura, la volontà è senza forza, la coscienza diviene di ferro, le passioni prendono il sopravvento, la concupiscenza ci divora, la lussuria si impadronisce del nostro spirito e lo conduce dove esso mai vorrebbe giungere. Davide non sa camminare da solo. Ha urgente bisogno del suo Dio per riprendersi. Un re adultero e per di più pluriomicida, dal momento che per uccidere Uria sacrificò molti altri dei suoi soldati, non può governare il popolo di Dio. Deve subito rientrare nella giustizia. Ma Davide di tutto questo tace. Ormai Uria è morto. Può prendersi la moglie di lui, senza più alcun sospetto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni male, sempre.

 

30 GENNAIO (2Sam 12,1-7a.10-17)

Tu sei quell’uomo!

Agli occhi degli uomini il peccato si può nascondere – così pensa il peccatore. Ma solo per il tempo in cui lo si commette, poi tutto viene in piena luce e il mondo intero conosce i nostri misfatti – agli occhi del Signore invece tutto è manifesto dal primo istante del concepimento del pensiero che conduce al male e anche prima. Gli occhi del Signore sono più luminosi che mille soli e penetrano anche nelle celle più segrete dove nessun è mai entrato né potrebbe entrare.

Davide ha commesso il suo molteplice peccato, non solo di adulterio, ma anche di omicidio plurimo. Dio tutto ha visto e manda il profeta Natan per dire al re la decisione presa dal Signore. Per il suo peccato, sanzionato dalla morte, lui non morirà. Il Signore lo ha perdonato. Sulla sua famiglia e sul suo regno si scatenerà una grande sciagura. Suo figlio si ribellerà e cercherà anche di togliergli la vita. Ciò che lui ha fatto di nascosto con la moglie di Uria, il figlio lo farà alla presenza di tutta Gerusalemme con le sue donne. Davide salverà la sua vita con la fuga. Il bambino da lui concepito con la moglie di Uria vedrà la luce, ma non sopravvivrà. Sarà avvolto dalla morte.

Nelle parole di Natan dobbiamo mettere in evidenza una verità eterna: Dio perdona la colpa. Rimette anche la pena, con la dovuta penitenza. Le conseguenze del peccato rimangono in eterno. I frutti del male entrano nella storia e producono male. Il Signore per cancellare il frutto del peccato di Adamo, che è la morte, si è sottoposto lui stesso alla morte. La distrusse prima assumendola e poi risorgendo. La vittoria sulla morte è un dono che Gesù ci farà nell’ultimo giorno, ma solo se avremo osservato la sua Parola. Si cammina nel Vangelo, per il Vangelo, si ottiene il dono della vittoria di Gesù.

Il Signore mandò il profeta Natan a Davide, e Natan andò da lui e gli disse: «Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero, mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arrivò dall’uomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quell’uomo povero e la servì all’uomo che era venuto da lui».

Davide si adirò contro quell’uomo e disse a Natan: «Per la vita del Signore, chi ha fatto questo è degno di morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non averla evitata». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Ittita”. Così dice il Signore: “Ecco, io sto per suscitare contro di te il male dalla tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che giacerà con loro alla luce di questo sole. Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele e alla luce del sole”».

Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai. Tuttavia, poiché con quest’azione tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire». Natan tornò a casa. Il Signore dunque colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide e il bambino si ammalò gravemente. Davide allora fece suppliche a Dio per il bambino, si mise a digiunare e, quando rientrava per passare la notte, dormiva per terra. Gli anziani della sua casa insistevano presso di lui perché si alzasse da terra, ma egli non volle e non prese cibo con loro.

Davide si umilia dinanzi al Signore, sperando che il suo Dio vedendo la sua prostrazione cambiasse la sua sentenza e facesse vivere il bambino. La prostrazione serve al re per meditare sulla gravità dei suoi delitti. La sentenza è stata pronunciata e così avverrà. Chi non vuole le conseguenze del peccato deve imparare a non peccare. Il Signore sta aiutando il suo servo perché mai più pecchi. Un re deve essere senza peccato. Deve vivere di somma giustizia. Lui deve essere più che il sole per il popolo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a non peccare.

 

31 GENNAIO – IV Domenica T.O. – Ger 1,4-5.17-19)

Ti ho stabilito profeta delle nazioni

Geremia è profeta particolare, unico. È chiamato a svolgere una missione mai affidata a nessun altro profeta. Il Signore si è assiso sul suo trono per giudicare Gerusalemme e il suo popolo. Li ha trovati degni di distruzione e di morte. A causa della loro idolatria che sempre si fa grande immoralità tra il popolo, il suo popolo va cancellato, annientato, sradicato dalla terra, portato in esilio. Secondo la sua sentenza per Giuda e la Città ribelle vi sono solo fame, peste, spada, fuoco, esilio. Questo il giudizio del Signore e questa la sua sentenza. L’alleanza è stata infranta.

Il Signore vuole però manifestare alla Città ribelle tutta la sua misericordia e intende non rendere esecutiva la sua sentenza. Vuole offrire al suo popolo la grazia della vita. Vuole riversare su di esso la sua benedizione. Il suo cuore non è per la distruzione, ma per la salvezza, la redenzione, il perdono. Per questo chiama Geremia, lo costituisce suo profeta, lo manda in mezzo al suo popolo perché gridi i suoi misfatti, li metta in luce, invitando ogni uomo alla conversione, a lasciare idolatria e immoralità, e convertirsi veramente al Signore suo Dio per ottenere il perdono, la cancellazione della sentenza. Se il popolo non ascolterà, allora il Signore sarà costretto a procedere perché la sentenza da Lui proferita si compia in ogni sua parola.

Dio non vuole la morte del peccatore, vuole invece che si converta e viva. Non vuole dare compimento alla sua sentenza di distruzione della città e del suo popolo. Vuole mostrare ad essi tutta la ricchezza della sua misericordia e della sua compassione. Ma Dio potrà fare questo, se il popolo, venuto a conoscenza dei suoi misfatti, accoglie il suo invito, si converte, rientra nell’alleanza, riprende ad osservare i comandamenti. Se esso rimane sordo, cieco, muto, persevera nel suo peccato, si ostina nelle sue trasgressioni, per il Signore non resta altro che chiamare la sciagura perché venga, distrugga, abbatta, sradichi, porti le ricchezze della città e anche il suo popolo nelle lontane terre per una lunga e pesante schiavitù.

Geremia è profeta unico anche perché il popolo ostinato nel suo peccato, guidato da una moltitudine di falsi profeti che dicono il contrario, riversa su di lui tutto il suo odio. Lo perseguita. Lo vuole uccidere. Lo imprigiona. Lo getta in una cisterna di fango. Lo insulta. Lo dichiara un falso profeta. L’odio contro il Signore diviene odio contro di lui. In questo è figura di Gesù Signore. Tutto l’odio del mondo si è riversato contro Cristo, perché vero profeta del Dio vivente, in un popolo di sordi, ciechi, muti, costruttore di vana religiosità e di fede morta, incapace di dare vita, speranza, consolazione. Geremia è l’uomo della sofferenza a causa del ministero che lui è chiamato a vivere.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore.

Il Signore, fin dal primo momento della chiamata, lo rassicura. Tutti gli muoveranno guerra, ma non lo vinceranno. Dio è con lui e sempre lo custodirà. Soffrirà, sarà umiliato, perseguitato, non ascoltato, ma non sarà schiacciato, non sarà vinto. La mano del Signore allontanerà ogni pericolo di morte. Resta però sulle sue spalle tutta la sofferenza che il peccato del popolo genera e produce. Dio e il profeta sono una sola vita, un solo soffio, una sola Parola. Chi odia Dio odierà il suo profeta. Chi rifiuta Dio, rifiuterà il suo profeta. Chi non ascolta Dio, mai ascolterà il suo profeta. Sul vero profeta ricadono tutti gli insulti contro il suo Dio. Ma anche nessuno potrà stendere le mani sul vero profeta, perché il suo Dio è con Lui e sempre lo protegge e lo custodisce. Il Signore sempre lo rende partecipe della sua vita, facendogli gustare l’odio dell’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Dio.