Commento teologico alla prima lettura – Febbraio 2017

 

1 FEBBRAIO

Cercate la pace con tutti e la santificazione

Eb 12,4-7.11-15; Sal 102,1-2.13-14.17-18; Mc 6,1-6.

Il cristiano, divenuto con Cristo un solo corpo, deve essere santo perché il suo corpo è santo. San Paolo vede la santità come vera realizzazione nella vita del discepolo di tutti i sentimenti che furono in Cristo Gesù. Cristo deve essere per ogni battezzato il modello da realizzare nel proprio corpo. È questa la sua vocazione: essere nella storia, dinanzi ad ogni uomo vera visibilità e manifestazione di Cristo in ogni cosa. Il programma di Paolo è alto. Mai lui distoglie gli occhi da Cristo Crocifisso.

Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me (Fil 2,1-18).

Nella Lettera agli Ebrei è contenuta una verità che è rivelatrice della vera necessità per cui il cristiano deve cercare la propria santificazione. La deve cercare perché senza di essa mai vedrà il Signore. Il Signore è santo, il Santo, e lui si dovrà presentare al suo cospetto da santo. Cristo è santo, il suo corpo è santo, e Lui non può abitare in un corpo santo con il peccato nel suo. La santità, prima che necessità morale, è necessità ontologica. Il peccato è tenebra. Dio è luce. Se ontologicamente le tenebre non diventano luce, mai potranno abitare nell’eternità. Così anche se ontologicamente il corpo del cristiano non diviene santo, mai potrà abitare nel corpo santo di Cristo. Sarà da esso reciso e gettato nelle tenebre. La santità deve essere la nuova ontologia del cristiano. Lo esige Dio che è santo nel suo essere eterno e Cristo nel suo corpo appeso sulla Croce. Un corpo santo e un corpo di peccato non possono coabitare.

Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire. Cercate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà mai il Signore; vigilate perché nessuno si privi della grazia di Dio. Non spunti né cresca in mezzo a voi alcuna radice velenosa, che provochi danni e molti ne siano contagiati.

Ma vi è anche una seconda necessità per cui il cristiano deve cercare la santificazione. Lui è corpo di Cristo nella storia dell’umanità e il corpo di Cristo è santo. Potrà mai lui dal peccato essere testimone credibile della santità di Cristo? Lui è obbligato a rendere credibile Cristo, perché suo vero corpo, vera via e strumento, attraverso cui il mondo giunge alla verità di Cristo e alla salvezza che sono nel suo corpo, dal suo corpo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, sosteneteci nella santificazione.

 

2 FEBBRAIO

E subito entrerà nel suo tempio il Signore

Ml 3,1-4; Sal 23,7-10; Eb 2,14-18; Lc 2,22-40

La forza purificatrice di Cristo Gesù è la sua Parola, infinitamente più potente di quella di Elia. Il Siracide dice che la parola di Elia bruciava come fiaccola. Era parola di fuoco.

Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo; tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto. Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull’Oreb sentenze di condanna (Sir 48,1-7).

Quanto la Lettera agli Ebrei professa sulla Parola di Dio, deve essere detto allo stesso modo della Parola di Gesù Signore, senza alcuna differenza, neanche minima. La Parola di Dio è Parola di Gesù. La Parola di Gesù è Parola di Dio. Una sola Parola.

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto (Eb 4,12-13). .

L’Apocalisse ci rivela che la Parola di Cristo è vera spada affilata, a doppio taglio, che esce dalla sua bocca. Con essa Gesù separa tenebre e luce, verità e falsità.

Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza (Ap 1,12-16).

Sappiamo che Gesù non viene per il giudizio finale. Viene invece per giudicare i cuori, le menti, per mettere a nudo i pensieri di cuori. Li mette a nudo, li svela attraverso la sua Parola di purissima luce, verità eterna, bene assoluto, chiarezza divina. Dopo che Lui ha parlato, il mondo conosce chi ama il Signore, chi lo vuole amare, chi lo serve, chi lo vuole servire secondo verità e giustizia. Ma vede anche chi preferisce rimanere nel suo peccato, nelle sue tenebre, nella sua morte. Gesù viene per insegnare ad ogni uomo come si adora il Padre in spirito e verità, come si offre a Lui il vero sacrificio dell’obbedienza. Si ascolta la Parola di Gesù e la si vive? Si rende vero sacrificio a Dio, vero culto. Non la si ascolta e non la si vive? Il culto che si rende è falso, perché privo di ogni verità, ogni luce, ogni santità. È un culto senza la volontà di Dio, contro di essa.

Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.

Quando il Signore entrerà nel suo tempio? Nel momento della sua gloriosa risurrezione. È allora che con il suo corpo glorioso penetra nel santuario del cielo, assiso alla destra del Padre per esercitare il suo sacerdozio eterno in nostro favore. Vi entra con il suo sacrificio di redenzione eterna per ogni uomo. Entrato Gesù, nel santuario dei Cieli, l’antico santuario perde il suo valore, viene abbandonato da Dio, al momento stesso della morte di Gesù Signore. Oggi, in questa festa liturgica, il Signore entra nel suo tempio per essere offerto e riscattato. Il riscatto è solo momentaneo. Realmente, nel suo corpo, sostanzialmente, con tutta la sua vita, Lui dovrà essere immolato, vero Agnello senza macchia, per togliere il peccato del mondo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci offerta pura in Gesù.

 

3 FEBBRAIO

Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!

Eb 13,1-8; Sal 26,1.3.5.8b-9; Mc 6,14-29.

In Dio non vi è alcuna variazione né ombra di cambiamento. Lui è lo stesso dall’eternità per l’eternità. La sua essenza è eterna e mai potrà cambiare, mai potrà essere modificata, mai trasformata. Lui non fu, è. Lui non sarà, è. Il suo è un è eterno.

Non ingannatevi, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature (Gc 1,16-18).

Anche il Figlio come il Padre è immutabile, con una differenza sostanziale. Il Dio immutabile si è fatto carne. Il Dio immutabile nella carne è nato, nella carne è stato Crocifisso, nella carne è risorto, nella carne è assiso alla destra del Padre. Lui è il Dio che si è fatto uomo, era prima il Verbo Eterno, viene come il Vero Dio nella gloria della risurrezione per giudicare ogni giorno l’uomo e la storia. Ma il suo giudizio oggi è per la conversione e la salvezza. Domani sarà per la vita e la morte eterna. Questo giudizio ultimo, definitivo, universale sarà celebrato alla fine del tempo e della storia.

Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente! (Ap 1,4-8). “Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio (Ap 3,14). Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia (Ap 19,11).

L’uomo cammina verso l’eternità. Quale dovrà essere la sua condotta nel tempo? Irreprensibile, senza macchia, interamente vissuta nella Parola di Cristo Gesù. Se ieri il matrimonio doveva viversi senza macchia, oggi dovrà viversi senza macchia. Se ieri la condotta del cristiano doveva essere senza avarizia, anche oggi dovrà essere senza avarizia. Se ieri si doveva tendere verso la salvezza con timore e tremore, anche oggi si deve tendere con timore e tremore. Se ieri la via che conduceva al Paradiso era quella stretta e angusta, anche oggi dovrà essere quella stretta e angusta. Il Cristo di ieri è anche il Cristo di oggi e il Cristo di oggi è anche quello che verrà domani. Non c’è cambiamento in Cristo. Lui è il Testimone fedele e verace di ogni Parola del Padre. Poiché il Padre non ha cambiato la Parola, neanche Cristo la potrà cambiare. La stessa Parola ieri, oggi, sempre. Lo stesso Testimone fedele e verace ieri, oggi, sempre. Se cade questa verità, tutto il Vangelo cade, tutta la Chiesa cade.

L’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio. La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: Non ti lascerò e non ti abbandonerò. Così possiamo dire con fiducia: Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura. Che cosa può farmi l’uomo? Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!

Sapendo che Cristo Gesù è lo stesso ieri e oggi e per sempre, dobbiamo anche sapere che ogni tentazione che ce lo mostra diverso, differente, modificato, modificabile è solo per la nostra rovina eterna. Se Cristo è modificabile, anche la Parola è modificabile. Se è modificabile la Parola, anche la Chiesa e ogni sua istituzione in essa è modificabile. È questa tentazione che oggi sta seminando la confusione e il caos nelle menti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni falsità.

 

4 FEBBRAIO

Il frutto di labbra che confessano il suo nome

Eb 13,15-17.20-21; Sal 22,2-6; Mc 6,30-34.

Chi vuole confessare secondo verità il nome di Dio, deve confessare in tutta verità il nome di Cristo Gesù. È infatti il nome di Cristo Signore la verità del nome del Padre, la sua santità, la sua giustizia, il suo amore, la sua eterna ed infinita carità. Oggi vi è una sottile tentazione: si vuole confessare il nome di Dio, abolendo del tutto il nome di Cristo Gesù. Ma se è Gesù il Mediatore unico della verità del nome del Padre, potrà mai Lui essere estromesso dalla confessione? Estromettere Cristo è privare il Padre della sua verità di creazione, redenzione, salvezza, giustificazione, santificazione. Cosa rimane di Dio? Uno che dice parole senza alcun significato. Uno che promette, ma poi nulla realizza. Ma anche cosa rimane dell’uomo? Il suo baratro di morte e di peccato, dal momento che Dio non salva l’uomo se non per mezzo di Cristo Gesù.

Mosè descrive così la giustizia che viene dalla Legge: L’uomo che la mette in pratica, per mezzo di essa vivrà. Invece, la giustizia che viene dalla fede parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? – per farne cioè discendere Cristo –; oppure: Chi scenderà nell’abisso? – per fare cioè risalire Cristo dai morti. Che cosa dice dunque? Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore, cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato (Rm 10,5-13).

Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli Angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella gloria (1Tm 3,14-16).

Oggi vi è una deriva pericolosa per la fede. Si sta passando rovinosamente dalla fede nel Dio di Gesù Cristo e in Gesù Cristo vero Figlio di Dio, Incarnatosi per la nostra redenzione eterna, alla fede in Dio senza Cristo e senza redenzione, senza salvezza e senza giustificazione. Stiamo scivolando nella confessione di un Dio senza alcuna verità storica, dal momento che la verità storica di ogni sua Parola è Gesù Signore. Ma se si passa al Dio senza Cristo, avremo anche un Dio senza la Chiesa. La Chiesa senza Cristo è un rudere di un edificio che non ha più alcun significato nella storia dell’umanità. La verità della confessione del nome di Dio è nella verità di Cristo. Dalla verità di Cristo è la verità del Padre e dello Spirito Santo, la verità della Chiesa e dell’uomo, la verità del tempo e dell’eternità. Si toglie Cristo, svanisce ogni verità. Lo stesso Dio adorato è solo un idolo, una invenzione di mente umana.

Per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace. Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

È di vitale significato di salvezza la retta confessione del nome di Cristo. Oggi lo Spirito Santo, che è il divino Testimone della verità di Gesù, deve lavorare molto. Non vi sono più solo alcuni eretici, vi è un popolo di falsi testimoni di Cristo che lo hanno declassato al ruolo di comparsa nella storia della fede e della salvezza. Chi ha il coraggio, lo assuma tutto. O Cristo si confessa secondo verità o è il nulla di Dio e dell’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci confessare Cristo.

 

5 FEBBRAIO – V Domenica T.O. A

Allora brillerà fra le tenebre la tua luce

Is 58,7-10; Sal 111,4-8a.9; 1 Cor 2,1-5; Mt 5,13-16.

Per il Signore non sono le pratiche religiose del digiuno o dei sacrifici del tempio che danno luce all’uomo. Il credente nel vero Dio si riveste di luce con le opere del suo amore, della sua carità, della sua giustizia. La luce viene dalla Parola di Dio osservata e cosa chiede Dio ai suoi fedeli? L’amore e non il sacrificio, la giustizia e non gli olocausti, la carità e non il digiuno, la misericordia e non le privazioni egoistiche. Nell’Antica Scrittura i Libri dedicati alla carità, all’amore sono due: quello di Rut e l’altro di Tobia. Tobi educa il figlio con le parole e le opere perché per tutti i giorni della sua vita lui risplenda di ogni opera buona. Il bene, solo il bene, Tobia dovrà operare.

Ogni giorno, o figlio, ricòrdati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandamenti. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell’ingiustizia. Perché se agirai con rettitudine, avrai fortuna nelle tue azioni. A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina con i tuoi beni e, nel fare elemosina, il tuo occhio non abbia rimpianti. Non distogliere lo sguardo da ogni povero e Dio non distoglierà da te il suo. In proporzione a quanto possiedi fa’ elemosina, secondo le tue disponibilità; se hai poco, non esitare a fare elemosina secondo quel poco. Così ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno, poiché l’elemosina libera dalla morte e impedisce di entrare nelle tenebre. Infatti per tutti quelli che la compiono, l’elemosina è un dono prezioso davanti all’Altissimo. Guàrdati, o figlio, da ogni sorta di fornicazione; prenditi anzitutto una moglie dalla stirpe dei tuoi padri, non prendere una donna straniera, che cioè non sia della stirpe di tuo padre, perché noi siamo figli di profeti. Ricòrdati di Noè, di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, nostri padri fin da principio. Essi sposarono tutti una donna della loro parentela e furono benedetti nei loro figli e la loro discendenza avrà in eredità la terra. E ora, figlio, ama i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i tuoi fratelli, e per i figli e le figlie del tuo popolo, e tra loro scegliti la moglie. L’orgoglio infatti è causa di rovina e di grande inquietudine. Nella pigrizia vi è povertà e miseria, perché la pigrizia è madre della fame. Non trattenere presso di te la paga di chi lavora per te, ma a lui consegnala subito; se così avrai servito Dio, ti sarà data la ricompensa. Poni attenzione, o figlio, a tutto ciò che fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento (Tb 4,5-14).

Al tempo del profeta Isaia regnava un culto peccaminoso. Ma anche le altre patiche religiose soffrivano a causa delle tenebre che le avvolgevano. Il Signore alza la voce e dichiara a lui non gradito il digiuno. È opera di solo egoismo e per di più pratica che non conduce a nessuna conversione e a nessuna apertura del cuore verso i fratelli, angariati, sfruttati, derubati, insultati, oppressi, criticati, giudicati, condannati alla miseria e alla grande povertà materiale. Può il Dio di Abramo, il Dio che è amore, giustizia, verità, sopportare una tale pratica di egoismo sotto la quale si nasconde il peccato del suo popolo? Il digiuno a lui gradito è vivere di giustizia, verità, amore, misericordia, elemosina verso ogni uomo. La giustizia è la vera luce del credente,

Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!». Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.

Tentazione sempre strisciante nel popolo del Signore è la sostituzione della Parola, dei Comandamenti, della verità, della giustizia, della carità con pratiche religiose vane e per di più anche peccaminose. Queste opere sono come vera gramigna. Mettono radici nella religione fino ad occupare ogni spazio di essa, fino alla totale cancellazione della Parola. Nasce così la religione delle tenebre, del peccato, del male che diviene culto. Dio non tollera questa sostituzione e lo grida attraverso i suoi profeti. La sua religione è solo obbedienza ad una legge eterna immutabile che è l’amore e la carità, l’elemosina e la compassione, la pietà e la misericordia, la giustizia e la verità. È questa la luce che distingue la religione vera da tutte quelle false. Ogni religione di egoismo è falso culto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci religione di amore vero.

 

6 FEBBRAIO

In principio Dio creò il cielo e la terra

Gen 1,1-19; Sal 103,1-2a.5-6.10.12.24.35c; Mc 6,53-56.

Il Libro della Genesi, nei primi Undici Capitoli, non è una ricostruzione storica degli eventi della creazione, così come essi sono realmente accaduti. Esso è invece opera di altissima teologia, purissima rivelazione. Il numero su cui il racconto è composto non è il sei, cioè i sei giorni nei quali Dio porta a compimento tutta la sua opera. È invece il dieci. Dio dona vita, forma, bellezza alla sua creazione con sole dieci parole. Con dieci parole, trasformate in segni, dona libertà al suo popolo schiavo in Egitto. Con dieci parole, trasformate in Comandamenti dona vita perenne al suo popolo. Con dieci parole, trasformate in opera, il Signore dona vita all’intero universo visibile e invisibile.

Dieci parole bastano al Signore per compiere le sue opere. Dio è l’Eterno. È il senza Principio e il senza Fine. Non si è fatto. Lui è dall’eternità, nell’eternità, per l’eternità. È il senza Prima e il senza Dopo, perché Lui semplicemente è. Questa è la sua verità ed è solo sua. Lui esisteva, ma nulla esisteva fuori di Lui. Lui è, ma nulla è fuori di Lui. Lui vive, ma non c’è vita fuori di Lui. Lui è il Tutto e il Solo Esistente. Ad intra di sé Lui è vita, non monolitica, ma Trinitaria. La natura è una. Le Persone sono tre, non però tre Dèi, ma un solo Dio, una sola natura divina. Le Persone sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Sono le loro relazioni che rivelano la loro differenza. Il Padre eternità genera il Figlio nello Spirito Santo. Nello Spirito Santo il Figlio è eternamente rivolto verso il Padre. Lo Spirito Santo non è generato. Lui procede. Lui è l’Amore eterno del Padre che dona la vita al Figlio ed è l’amore eterno che dal Figlio si dona come amore eterno al Padre. È questo il mistero dal quale ha origine ogni altro mistero creato.

In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie».

E così avvenne. E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno. Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.

Questo Dio, Uno e Trino, Eterno, con scambio di amore interpersonale ad intra di sé, decide di creare vita fuori di sé. È questo il mistero della creazione. Essa ha origine dalla volontà del Dio vita interpersonale che vuole comunicare vita, creando altra vita. Il Figlio non è creato. È generato. Lo Spirito Santo non è creato. È l’Amore Eterno che vive tra il Padre e il Figlio, che unisce il Padre e il Figlio, che è la comunione eterna tra il Padre e il Figlio. Nulla viene fuori di Dio dalla natura di Dio. Tutto viene dalla sua volontà, che è volontà di onnipotenza. Prima è il nulla. Solo Dio esiste. Dio dice una parola e cielo e terra sono creati. Per ogni parola proferita da Dio, nasce uno scenario nuovo. La sua creazione riceve ordine, bellezza, completezza, diviene creazione nella quale nasce ogni vita. Non per un moto spontaneo, ma per un ordine preciso del suo Creatore. Senza la Parola, che è ordine, comando, nulla avviene e nulla accade.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera fede in Dio.

 

7 FEBBRAIO

Facciamo l’uomo a nostra immagine

Gen 1,20-2,4a; Sal 8,2.4-9; Mc 7,1-13.

Un cuore senza Dio, una mente senza luce soprannaturale, un cuore imprigionato in se stesso, senza alcuna apertura alla trascendenza, cosa dirà della creazione e dello stesso uomo, ma anche del presente, del passato, del futuro? Dirà che tutto è avvenuto per un cieco evoluzionismo in miliardi e miliardi di anni. Dirà che ogni essere susseguente viene da un essere precedente. Dovrà necessariamente dire che la materia è eterna, che è sempre esistita e che nelle diverse combinazioni tra un elemento con un altro elemento tutto si trasforma, tutto cambia, tutto si modifica. Ma non perché vi è sopra la materia una mente che la pensa, la vuole, la orienta, la governa. La materia è il “Dio” di se stessa e movendo nei miliardi di anni ha dato movimento ad altre forme di se stessa. Ma tutto è frutto di un cieco movimento.

La questione da risolvere è una sola: poiché la verità è una e non due, poiché per un principio di logica metafisica: “Idem non potest simul esse et non esse”, o tutto ciò che esiste è creato, viene da Dio, oppure tutto ciò che esiste è eterno, non è creato, non viene da Dio, non vi è in esso alcun passaggio dal non essere all’essere. Volendo spingere l’argomentazione ancora ben oltre, se la creazione è eterna, se essa è un risultato di movimenti e di incontri all’interno di essa, non vi è un fine da raggiungere, una meta finale alla quale pervenire. Come il movimento genera la vita, così lo stesso movimento genera la morte. Come prima del movimento non vi era vita, così dopo il movimento contrario non vi è vita. Vi è solo materia che si trasforma.

Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».

Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.

Se tutto è per movimento interno alla materia, cessa ogni legge morale. Anche gli atti degli uomini cadono in quel determinismo cieco. Non c’è eternità fuori della materia. L’eternità è della materia che si trasforma in se stessa, per assumere altre forme. Così la vita si trasforma in morte, la morte in vita. Ma non vi è alcuna finalità da raggiungere. La religione diviene una illusione, la morale una fantasia, paradiso e inferno una fiaba. La stessa umanità è un movimento senza senso. Tutto diviene un movimento cieco. Però in tutto questo mare di “non senso”, resta un principio eterno: l’uomo non si è fatto. È fatto dalla natura. È mangiato dalla natura. Dalla natura ingoiato a suo piacimento. Chi è allora falsa? La fede o la mente dell’uomo? Di certo una è falsa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci ad essere di vera fede.

 

8 FEBBRAIO

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo

Gen 2,4b-9.15-17; Sal 103,1-2a.27-30; Mc 7,14-23.

Fede e non fede sono diametralmente opposte. La fede è verità che viene da Dio, dal solo Creatore, Signore, Provvidenza, Volontà che governa ogni cosa. La non fede viene dalla mente dell’uomo, chiusa ad ogni influsso esteriore ad essa. Ma qual è la stoltezza della mente? Essa non vede se non il visibile, il momento, l’attimo. Non conosce il futuro delle cose e neanche di se stessa. Non sa il passato di esse. Lo deduce da qualche fossile, ma nulla di più. Ma Dio non è un fossile, altrimenti potrebbe anche cadere sotto l’influsso della mente e delle sue analisi. C’è però una cosa che la mente deve sapere: esiste nel mondo una Parola che si compie sempre, sempre si realizza, sempre si avvera. Questa Parola non viene dalla materia. La materia non è parola. Essa viene dal Creatore e dal Signore dell’uomo.

Questa Parola ci annunzia che se l’uomo vuole conservarsi in vita deve rimanere nella volontà del suo Creatore e Signore, che non è la natura. La natura è senza parola, senza volontà, senza decisionalità. La natura non è il Dio dell’uomo. Se l’uomo rimane nella Parola del suo Creatore vive, esce dalla sua Parola, muore. La morte non è solo la separazione finale dell’anima dal corpo, quando il corpo ritorna ad essere polvere del suolo. Essa è realtà molto più profonda, perché è la separazione all’interno dell’uomo di tutte le sue facoltà spirituali: cuore, mente, desideri, volontà, intelligenza, razionalità, discernimento, occhi, orecchi, tatto. La morte è la disgregazione dell’uomo, è la sua riduzione in mille frammenti, mille pezzi, ognuno dei quali agisce per suo conto. Poiché però ogni frammento riceve vita dall’altro frammento, mancando ognuno della vita dell’altro, da solo esprime solo morte. È morte e dona morte attorno a sé.

Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.

Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire».

Se la vita dell’uomo, da cui dipende tutta la vita dell’universo, non è dal movimento interno alla natura, ma da una Parola che è fuori della natura, fuori dell’uomo, fuori dello stesso universo, allora c’è seriamente da riflettere, meditare, pensare. Allora non è la natura che muove se stessa. La natura è mossa attraverso l’uomo da una Parola che è fuori dell’uomo e che viene dal suo Creatore, Signore. La verità che l’uomo non è dalla natura, ma dalla Parola, non è la sua creazione, ma è la sua vita attuale, di oggi. Oggi l’uomo è da Dio. Oggi l’uomo riceve vita dal Signore. Oggi viene alimentato di vita dal suo Creatore. È l’oggi di vita o di morte dell’uomo che rivela la sua origine da Dio. Questa verità va gridata dalla mente di ogni uomo.

Non è la creazione nella sua origine la fonte primaria della nostra verità, ma è la Parola attuale, quella che oggi risuona al nostro orecchio. È quella Parola creatrice oggi di vita, se ascoltata e realizzata, ma anche creatrice di morte, se rifiutata, disprezzata, negata, rinnegata come unica e sola Parola di vita eterna. Oggi ogni uomo può sperimentare la verità di Dio, sperimentando la verità della sua Parola. Vivi nella sua Parola, sei nella vita. Esci della sua Parola, sei nella morte. Ritorni in vita, solo ritornando nella sua Parola. Sulla Parola di Dio nessuno ha potere. Essa governa se stessa. Una volta uscita dalla bocca di Dio, sempre essa crea secondo la sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede pura nella Parola.

 

9 FEBBRAIO

Non è bene che l’uomo sia solo

Gen 2,18-25; Sal 127,1-5; Mc 7,24-30.

La Scrittura ci sta mostrando come ogni evento che si compie nella storia, nell’universo, sulla terra, nell’uomo, è sempre dalla Parola del Signore. Nulla avviene per l’uomo. Nulla attraverso la natura. La natura non governa la vita dell’uomo. Ma è l’uomo che governa la vita della natura. È lui che il Signore ha posto su ogni essere da Lui creato e Lui crea ogni cosa per l’uomo, per fare la sua casa sulla terra oltremodo bella. Dio ha creato l’uomo, ogni albero del giardino, ha creato anche l’albero della vita assieme all’albero della conoscenza del bene e del male. Ha creato ogni animale. Ma Dio vede che l’uomo è ontologicamente senza vita. È vita incomunicabile. È vita chiusa nella sua natura. È vita che non si espande, che non diviene vita da sé fuori di sé.

L’omosessualità, sia a livello di donna che di uomo, è il riportare l’uomo alla sua solitudine ontologica. L’uomo decide di annullare il progetto di vita che Dio ha posto nella sua natura e che necessariamente dovrà esplodere. Lui è essere per la vita, perché così il Signore lo ha pensato dall’eternità. Gesù dirà che si può rinunziare all’aiuto corrispondente alla propria natura umana, perché ci si sposa con la sua croce, per riversare da essa abbondanza di ogni vita spirituale a favore del mondo intero. Ma anche nella Nuova Alleanza l’uomo ha bisogno di un aiuto a lui corrispondente. Chi non consegna tutta la vita a Cristo, la consegnerà alla sua donna, al suo uomo. Chi invece darà la sua vita a Cristo, prenderà la croce di Cristo come unico aiuto a lui corrispondente e amando la croce di Cristo come sua vera sposa, darà ogni vita spirituale ai suoi fratelli. È fallita quella vita donata a Cristo nella quale non si celebra lo sposalizio con la sua croce. Senza questo sposalizio, la vita è spiritualmente sterile.

Ancora una volta la fede in Dio, fonte e principio del progetto e del disegno di vita sull’uomo, è data dalla Parola attuale di Dio, sempre verificabile. L’omosessualità è disordine morale perché è disordine ontologico. Si dona il corpo ad un altro corpo incapace di essere corpo che riceve la vita, corpo che sviluppa la vita, fa nascere la vita. L’omosessualità è l’incontro di due corpi morti, che si consumano in una passione disordinata di morte, perché incapace ontologicamente di dare qualsiasi vita. Anche spiritualmente un corpo di uomo non dona vita ad un altro corpo di uomo. La vita viene da un corpo di donna, che è anche anima di donna, spirito di donna. L’omosessualità è solo l’incontro tra due corpi avvolti dalla morte. Questa la sua falsità ontologica che diviene falsità morale e quindi via di morte per chi la pratica.

E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

Mai due corpi uguali fanno una sola carne. Mai due corpi, uno di uomo e l’altro di animale, faranno una sola carne. Capra e uomo non possono essere una carne sola. Sono due nature diverse. Uomo e donna possono fare una sola carne. Sono una sola natura umana. Sono carne dalla carne dell’uomo che con l’uomo formano una sola carne. La sola carne una volta formata, entra in un processo irreversibile, mai potrà essere divisa in due. È la morte. Ancora una volta, non è la creazione iniziale che deve attestare questa verità, ma la Parola di Dio che si compie per la vita e per la morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fedeli nella Parola.

 

10 FEBBRAIO

Non morirete affatto!

Gen 3,1-8; Sal 31,1-2.5-7; Mc 7,31-37.

L’uomo vive di ascolto. Vive anche di dono della parola. Può ascoltare una parola di vita o di morte. Può dare una parola di vita o di morte. È verità eterna, quotidianamente provata dalla storia. Solo la Parola di Dio è parola di vita. Chi ascolta la Parola di Dio e la osserva secondo il suo dettato, vive. Chi esce dalla Parola di Dio, perché si lascia attrarre dalla parola della creatura, muore. Così anche: chi dona la Parola di Dio all’uomo, lo aiuta a rimanere in vita o a rientrare in essa. Chi gli dona la parola dell’uomo o di altra creatura, lo conduce nella morte, lo priva della vita.

Il serpente, Satana, il diavolo, il drago, il nemico dell’uomo dona ad Eva una parola contraria alla Parola di Dio. Eva presta fede a questa parola. Abbandona la Parola di Dio. Prende un frutto dall’albero. Lo mangia. Subito cosa fa? Diviene essa stessa datrice della parola di morte per suo marito, per Adamo. Offre al suo uomo dell’albero della conoscenza del bene e del male, e per questa parola ascoltata, la morte entrò nel cuore dell’uomo e tutte ne fanno esperienza quotidiana. Non è stato il serpente a tentare l’uomo, ma la sua donna. Da madre di vita si trasformò in madre di morte.

Eva tentò suo marito. È il primo atto storico compiuto dalla donna, da colei che Dio aveva creato all’uomo come aiuto a lui corrispondente. Ora, se Eva tentò Adamo, vi sarà sulla terra un solo uomo che non tenti un altro uomo, un suo fratello, un suo amico, suo padre e anche sua madre? Vi sarà nella Chiesa un solo teologo che non possa trasformarsi in un tentatore dei suoi fratelli, dei suoi amici, a causa della sua falsa scienza? Vi sarà un solo ministro che non possa diventare un uomo dalla parola non di Dio? Questa è la condizione nella quale siamo chiamati a vivere.

Non vi è allora salvezza per nessuno? Vi potrà essere un solo luogo nel quale possiamo non essere tentati? Questo luogo non si trova. Non esiste. Qual è allora la sola via per non cadere in tentazione? È quella di non guardare nessun uomo, nessuna donna, nessun dotto e nessuno che sia ignorante. Ci salva dalla tentazione la fedeltà alla Parola. Quando si dimora nella Parola, si è nello Spirito Santo ed è Lui che sempre ci farà vedere le insidie di ogni parola che non è di Dio e che ci viene annunziata per la nostra morte. Solo chi rimane nella Parola vede la tentazione.

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.

Eva si lasciò tentare. Credette alla parola del serpente, non credette nella Parola di Dio. Così Adamo, credette nella parola di Eva e non in quella di Dio. Oggi molti cristiani sono tentati dagli stessi cristiani a credere nella loro parola anziché nella Parola di Cristo Gesù. Ogni cristiano può essere come Adamo: credere nella parola del cristiano contro la Parola di Gesù Signore. Se questo avviene, subito si entra in un processo di morte inarrestabile, dal momento che colui che cade nella falsità, diviene parola falsa per ogni fratello. Oggi molti nella Chiesa, contro la Parola di Cristo, credono nella parola di questo o di quell’altro teologo, ed è la morte per milioni di credenti. Un falso teologo e un maestro falso rovina più anime lui dall’interno che milioni di persone che combattono per distruggere la Chiesa dall’esterno.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci datori di Parola di Dio.

 

11 FEBBRAIO

Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato

Gen 3,9-24; Sal 89,2-6.12-13; Mc 8,1-10.

Il Capitolo Terzo della Genesi e ogni altro che segue fino all’Undicesimo, ci rivela che uno solo è il Signore, uno solo è il Dio che ha in mano la creazione, uno solo è il Creatore che governa la storia dell’uomo. Dio scende sulla terra e giudica Eva, il serpente, Adamo. Ognuno è messo dinanzi alla sua responsabilità. Il serpente ha tentato Eva. La sua colpa è all’origine del peccato. Eva si è lasciata tentare dal serpente. Neanche lei è immune dal male. Tentato e tentatore ognuno è responsabile per la sua azione. Anche Adamo viene giudicato da Dio. Lui avrebbe potuto impedire la morte dell’umanità e non lo ha fatto. Si è lasciato sedurre dalle parole della sua donna.

Ognuno è obbligato, quando la parola non di Dio giunge al suo orecchio, a opporsi con fermezza, risolutezza. Per la Parola del Signore non si deve guardare in faccia né madre, né padre, né moglie, né marito, né figlio, né figlia, né parenti, né amici, né conoscenti, né superiori, né inferiori, né poveri, né ricchi, né dotti, né ignoranti e neanche grandi professori di teologia o di altre scienze. Dinanzi alla Parola di Dio finisce ogni ascolto di altre parole. Altre parole sono di morte, mai potranno essere di vita. Anzi, è nostro obbligo spiegare le motivazioni per cui noi non ascoltiamo loro. La loro non è di vita, ma di morte, perché è sostituzione, cambiamento, alterazione della Parola del Signore, la sola che salva e che dona la vita.

Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì. Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita.

Anche se l’uomo, per la sua non fede e incredulità, si consegna alla parola di Satana, parola di morte e non di vita, Dio non lo abbandona nelle mani del serpente. Il serpente non sarà il suo nuovo dio, il suo nuovo signore. Il Creatore promette una inimicizia eterna tra le due stirpi: tra quella di Satana e quella della donna. Anzi la stirpe della donna, che per noi è Cristo, gli schiaccerà la testa e in Lui e per Lui, a cominciare dalla Nuova Eva, tutti potranno mettere la sua testa sotto i loro piedi. L’uomo ha rinnegato il suo Signore. Il suo Signore non rinnega l’uomo. Lo punisce, secondo la sua Parola, lascia che la morte lo governi e lo domini, però gli annunzia una Parola sulla quale potrà fondare la sua speranza. La vita ritornerà a splendere in lui. Non però per i suoi meriti, le sue capacità, la sua volontà. Risplenderà perché il Signore ha deciso di mettere mano ad una nuova creazione. È in questo istante che la storia dalla morte camminerà verso la vita. È certezza. Verrà un giorno in cui la vita risplenderà di nuovo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci portatori di vera speranza.

 

12 FEBBRAIO – VI Domenica T.O. A

A nessuno ha comandato di essere empio

Sir 15,16-21; Sal 118,1-2.4-5.17-18.33-34; 1 Cor 2,6-10; Mt 5,17-37.

Quando sapremo cosa è il peccato sapremo anche perché Dio a nessuno ha comandato di peccare. Ma prima ancora dobbiamo sapere chi è l’uomo. L’uomo è quella creatura unica, speciale, particolare che Dio non solo ha fatto a sua immagine e somiglianza, l’ha anche fatto con alito di vita da attingere sempre nella sua volontà. È come se Dio fosse in un abisso marino la sola bombola di ossigeno dalla quale attingere il prezioso alimento che lo conserva in vita. Il peccato è la volontà dell’uomo di tagliare ogni legame con la bombola che lo mantiene in vita, in modo da agire senza alcun legame con il suo Dio e Signore. Tagliato il legame, si è subito nella morte. Quando l’uomo esce dall’alito di vita che è la volontà del suo Creatore, Signore e Dio, il suo spirito, la sua anima entrano in un processo di morte irreversibile.

Se questo è l’uomo creato da Dio, potrà mai Dio dare a qualcuno il comando di separarsi da Lui, di vivere in modo autonomo, di dichiarare ciò che per lui è fonte di “ossigeno” e ciò che non lo è? Questo mai lo potrà dire. Ecco perché il Libro del Siracide afferma con divina chiarezza che “A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare”, cioè Dio a nessuno ha dato possibilità di vivere diversamente dal suo stato che lo vuole direttamente, sempre, senza alcuna interruzione legato inscindibilmente alla sua volontà. Dire che si può peccare, è sostenere che si può vivere diversamente dal proprio statuto naturale immutabile. Ma è anche affermare che l’uomo senza Dio possa essere veramente uomo. Dio ha fatto l’uomo. In Dio ogni giorno l’uomo si fa, diviene uomo, raggiunge la verità della sua umanità. Si distacca da Dio, dalla sorgente divina della sua vita, diviene disumano.

Nella creazione di Dio, ogni essere è dipendente dalla sua volontà. Dove Dio lo ha collocato, lì esso svolge la sua missione. Non c’è disordine nell’universo del Signore. Il disordine lo ha creato prima Lucifero, l’angelo di luce, che con la sua superbia ha trascinato con sé nell’inferno un terzo di angeli e subito dopo ha tentato Eva perché anche essa uscisse dall’ordine del suo essere e provocasse un gran disordine in tutta la creazione del Signore. Infatti sulla terra, solo l’uomo è creatore di disordine. Mentre ogni altro essere sa cosa fare e cosa non fare, l’uomo è fuori ogni controllo della sua volontà, del suo cuore, della sua mente, del suo corpo, di ogni suo sentimento. Qual è la stoltezza dell’uomo? Pensare che costruendosi lui leggi di vita, possa sostituire Dio. Mai questo potrà accadere. Solo Dio è la sorgente della vita per l’uomo. Chi vuole la vita deve necessariamente attingerla nella volontà del suo Creatore e Signore.

Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

Sempre per legge e per statuto di natura, il Signore non può obbligare l’uomo a legarsi alla sua volontà. Può però ammonirlo, avvisarlo, dirgli la verità. Per amore il Signore lo mette in guardia. Gli dice che dinanzi a lui vi è l’acqua che disseta e il fuoco che brucia e divora. L’uomo può tendere la sua mano verso l’acqua e dissetarsi o verso il fuoco e bruciarsi. Dinanzi a lui vi è anche la vita e la morte. Se l’uomo sceglie la morte non può pensare di ricevere vita. Sceglie la vita avrà la vita, sceglie la morte riceverà la morte. Oggi la nostra stoltezza ha dichiarato nulla la Parola del Signore. Sta insegnando che uno può anche vivere oggi nella morte, domani il Signore gli darà la vita eterna. Una cosa che la stoltezza dimentica è che la morte che l’uomo sceglie non è solo morte per lui, ma anche per gli altri. È morte nel tempo. È privazione fisica della vita. Chi abortisce, se si pente, può essere e viene perdonato. Ma una vita è stata cancellata dalla nostra terra. È una vita che è stata distrutta. Eppure oggi l’uomo dona all’uomo il permesso di peccare, tanto poi la misericordia di Dio è grande e perdona sempre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere da veri uomini.

 

13 FEBBRAIO

Il Signore gradì Abele e la sua offerta

Gen 4,1-15.25; Sal 49,1.8.16-17.20-21; Mc 8,11-13.

Abele è il primo martire della fede. È vera figura di Cristo Gesù, il martire per eccellenza della fede e dell’amore. Ma anche Caino è figura di coloro che hanno deciso la morte di Cristo Signore. Gesù è stato ucciso per invidia. Lui era da Dio. Era con Dio. Amava il suo Signore. A Lui ogni giorno offriva il culto della più pura obbedienza. Anche Pilato, che avrebbe voluto liberare Gesù, si trovò a lottare contro un muro d’invidia e questo muro era formato da capi dei sacerdoti, farisei e scribi.

A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!» (Mt 27,15-23).

Dio ammonisce Caino. La concupiscenza si può governare, dominare. Essa è accovacciata alla porta del cuore e della mente, ma l’uomo deve dominarlo. L’istinto verso il male va governato. L’uomo può e deve. Se non potesse tutti sarebbero irresponsabili dinanzi ad ogni male da essi fatto. Invece sono sempre responsabili. È questo il primo grande insegnamento dato da Dio all’uomo dopo la sua caduta. L’uomo ha voluto non essere da Dio. Non può essere ora solo dai suoi istinti. Deve essere dalla sua razionalità. Dal suo discernimento. Lui è obbligato ad essere dalla razionalità. Il Signore glielo ricorda. La razionalità deve dirgli in ogni istante cosa è il bene e cosa è il male e con la sua volontà deve scegliere il bene e fuggire il male. Può. Deve.

Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Poi partorì ancora Abele, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo. Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come offerta al Signore, mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.

Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse. Adamo di nuovo conobbe sua moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set. «Perché – disse – Dio mi ha concesso un’altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l’ha ucciso».

Dio è il Signore della vita. Un uomo nella sua stoltezza può togliere la vita ad un altro uomo. A chi toglie la vita, la vita non può essere tolta. Il giudizio su ogni vita Dio lo ha riservato a sé. Caino non può essere ucciso, né il sangue di Abele vendicato. Chi si vendica è però la terra che non vuole che Caino poggi il piede su di essa. Sarà il suolo a rendere fuggiasco Caino e senza pace. La pace viene tornando Caino in Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni stoltezza.

 

14 FEBBRAIO

I pagani glorificavano la parola del Signore

At 13,46-49; Sal 116,1-2; Lc 10,1-9.

San Paolo vive il comandamento dato da Cristo Risorto ai suoi discepoli la sera della Pasqua. Il Vangelo va predicato al mondo intero, ma iniziando da Gerusalemme, dai Giudei. Dio non esclude il suo popolo dalla salvezza, anzi vuole che ad esso per primo sia essa annunziata, predicata, offerta. Dio è fedele in ogni sua Parola.

Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24,44-49).

Gli Atti degli Apostoli testimoniano che Paolo fu fedele a questo mandato e comandamento del Signore per tutti i giorni della sua vita. Anche quando giunse a Roma, convocò i Giudei per annunziare loro il compimento di ogni profezia di Dio.

E, avendo fissato con lui un giorno, molti vennero da lui, nel suo alloggio. Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano. Essendo in disaccordo fra di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri padri: Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì, ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca! Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!» (At 28,23-28).

In ogni città e luogo della sua missione, sempre Paolo iniziava dai Giudei. Così facendo rendeva giusto e fedele il Signore. La salvezza non solo viene dai Giudei, ma ad essi va predicata prima che ad ogni altro. Ma con quale risultato? Erano sempre i Giudei che si opponevano alla sua predicazione, rifiutando il dono del loro Signore. Dopo aver compiuta ogni obbedienza verso il suo popolo, Paolo si rivolgeva ai pagani, i quali sempre accoglievano con grande gioia il dono di Dio che è Cristo Signore e Salvatore. Evangelizzando le Genti Paolo adempiva l’altro grande comando che gli era stato donato. Il Signore lo aveva costituito apostolo delle Genti. Per mezzo suo tutti i popoli avrebbero dovuto ascoltare la parola della redenzione e della salvezza. I pagani gioivano per questo dono, si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, fonte per essi di vita eterna e della vera salvezza. La Parola annunziata entra nei cuori, entrando lo Spirito Santo e producendo un frutto di conversione e di vera fede.

Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione.

San Paolo ci insegna così che ogni apostolo, missionario di Cristo Signore, sempre deve vivere la missione secondo il comandamento ricevuto. Anche nella missione non vi è alcuna autonomia. Essa è purissima obbedienza. Niente viene dal cuore dell’uomo, tutto nasce dal cuore di Cristo Redentore e Salvatore, tutto deve avvenire per mozione dello Spirito Santo. Se il missionario agisce per sua spontanea volontà, lo Spirito del Signore non cammina con lui, e se lo Spirito è fuori del missionario, nessuna salvezza sarà operata. La salvezza è insieme frutto del missionario e dello Spirito Santo. Il missionario deve portare lo Spirito dove lo Spirito vuole essere portato.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci portatori dello Spirito.

 

15 FEBBRAIO

Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo

Gen 8,6-13.20-22; Sal 115,12-15.18-19; Mc 8,22-26.

Il suolo è stato maledetto il giorno in cui il Signore scese nel giardino e pronunciò la sua sentenza di condanna sul serpente, sulla donna, su Adamo. La maledizione del suolo è stata frutto della colpa di Adamo. Esso non è più amico dell’uomo. Se l’uomo vuole trarre qualcosa da esso, lo deve inondare di sudore. Nulla è dato senza sudore.

All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!» (Gen 3,17-19).

Anche se il suolo non viene più maledetto da Dio, esso sempre conserverà la sua ostilità verso l’uomo che si pone in contrasto di disobbedienza al suo Signore. Vi sono due verità che vanno ascoltate. Dice il testo sacro che per alcuni peccati la terra vomita i suoi abitanti e per la trasgressione dei Comandamenti la terra diviene di bronzo e il cielo di ferro. La creazione non serve l’uomo che non serve il suo Signore.

Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche, poiché con tutte queste cose si sono rese impure le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. La terra ne è stata resa impura; per questo ho punito la sua colpa e la terra ha vomitato i suoi abitanti. Voi dunque osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni e non commetterete nessuna di queste pratiche abominevoli: né colui che è nativo della terra, né il forestiero che dimora in mezzo a voi. Poiché tutte queste cose abominevoli le ha commesse la gente che vi era prima di voi e la terra è divenuta impura. Che la terra non vomiti anche voi, per averla resa impura, come ha vomitato chi l’abitava prima di voi, perché chiunque praticherà qualcuna di queste abominazioni, ogni persona che le commetterà, sarà eliminata dal suo popolo (Lev 18,24-29). Se nemmeno a questo punto mi darete ascolto, io vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati. Spezzerò la vostra forza superba, renderò il vostro cielo come ferro e la vostra terra come bronzo. Le vostre energie si consumeranno invano, poiché la vostra terra non darà prodotti e gli alberi della campagna non daranno frutti (Lev 26,18-20).

Oggi però il Signore decide di non mandare più il diluvio sulla terra. Non saranno queste acque a salvare l’uomo. Occorrono altre acque, ma queste vengono dal suo cuore. Queste acque che dovranno inondare la terra sono il suo Santo Spirito. Lo Spirito del Signore dovrà sgorgare da una sorgente anch’essa celeste. Sarà il Figlio Eterno del Padre che verserà lo Spirito Santo dal suo corpo trafitto sulla croce.

Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo. Esso uscì andando e tornando, finché si prosciugarono le acque sulla terra. Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell’arca, perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell’arca. Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui. L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco, la superficie del suolo era asciutta. Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno».

Oggi il Signore fa nascere nel cuore dell’uomo una speranza nuova. La terra non sarà più inondata dalle acque. Ma non per questo sarà abbandonata a se stessa o consegnata al peccato dell’uomo. Lui ha un disegno di vera salvezza che realizzerà nella storia dell’umanità. Dio vuole salvare l’uomo in un modo divino.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci salvezza vera di Dio.

 

16 FEBBRAIO

A immagine di Dio è stato fatto l’uomo

Gen 9,1-13; Sal 101,16-21.29.22-23; Mc 8,27-33.

Dopo il diluvio universale, il Signore conferisce all’uomo la stessa benedizione iniziale, con qualche differenza in ordine solo al suo nutrimento. All’uomo appena creato è dato in cibo ogni erba che produce seme e ogni albero fruttifero che produce seme.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno (Gen 1,26-31).

Nella seconda benedizione invece il Signore assegna all’uomo come cibo ogni essere che striscia e ha vita. Non deve però mangiare nessuna carne con il sangue. Il sangue è la vira e la vita va sparsa per terra. Va ridata al Signore. È sua. Così ogni volta che l’uomo ucciderà un animale per nutrirsi, dovrà sempre ricordare che esso è un dono del Signore. Mangerà la carne. Darà la vita a colui al quale essa appartiene. Una cosa che mai l’uomo dovrà fare è di togliere la vita all’uomo. L’uomo è ad immagine di Dio. Il Signore lo ha creato a sua immagine. L’uomo è tutto di Dio nella sua carne e nel suo sangue. Tutta la vita dell’uomo va rispettata sempre. Mai lo si potrà uccidere. Uccidendo l’uomo, l’uomo disprezza e disonora il suo Dio, Colui che lo ha creato. L’omicidio non è solo un peccato con l’uomo, esso è grave peccato che offende profondamente Dio, lede la sua Signoria. L’uomo mai potrà farsi signore dell’uomo.

Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue. Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto; ne domanderò conto a ogni essere vivente e domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello. Chi sparge il sangue dell’uomo, dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché a immagine di Dio è stato fatto l’uomo. E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela».

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra.

La Scrittura Santa ci mette dinanzi ad una verità che sempre va conservata nel cuore. La creazione e quanto vi è in essa è del Signore. È Lui l’unico e solo Proprietario. È Proprietario e Signore perché è opera delle sue mani. Anche come essa va usata appartiene al Signore. Prima all’uomo non era stata assegnata la carne come suo nutrimento. Ora invece gli viene assegnata. È Dio il Signore e il Proprietario di ogni essere vivente. Dio ha deciso che l’uomo può mangiare la carne degli animali. Se Dio lo ha deciso, può l’uomo decidere per gli altri uomini diversamente? Non è lui il proprietario e nulla può decidere. Dio ha deciso che la vita dell’uomo è sacra è ad immagine di Dio. Sacra la si dovrà sempre considerare, ritenere. Se è sacra va rispettata. Essa non può essere tolta ad alcuno. L’uomo è la sola creatura che porta l’immagine di Dio. Il rispetto verso il Signore dovrà essere oltremodo grande.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti al nostro Dio.

 

17 FEBBRAIO

Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua

Gen 11,1-9; Sal 32,10-15; Mc 8,34-9,1.

È verità che sempre accompagnerà la vita dell’uomo sulla terra. Quando l’uomo si distacca, si separa da Dio, si rende autonomo da Lui, percorre vie di disobbedienza alla sua Parola, sempre è operatore di caos, confusione, incomprensione. Quanto il Signore rivela per bocca di Geremia, dovrebbe farci meditare senza sosta.

Dirai a questo popolo: Così dice il Signore, Dio d’Israele: Ogni boccale va riempito di vino. Essi ti diranno: “Non lo sappiamo forse che ogni boccale va riempito di vino?”. Tu allora risponderai loro: Così dice il Signore: Ecco, io renderò tutti ubriachi gli abitanti di questo paese, i re che siedono sul trono di Davide, i sacerdoti, i profeti e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Poi li sfracellerò, gli uni contro gli altri, i padri e i figli insieme. Oracolo del Signore. Non avrò pietà né li risparmierò né per compassione mi tratterrò dal distruggerli» (Ger 13,12-14).

San Paolo nella sua sapienza di Spirito Santo ci rivela che l’incomprensione tra gli uomini è opera della carne. L’uomo vive senza Dio, sempre vivrà senza l’uomo, contro l’uomo. L’intesa dell’uomo con l’uomo, dell’uomo per l’uomo è frutto dello Spirito di Dio.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,13-26).

Quanto è avvenuto a Babele non è avvenuto solo allora. Avviene ogni giorno nella storia. Senza Dio non c’è comunione tra gli uomini. Nessun accordo senza di Lui. Il peccato, la carne, la disobbedienza, la superbia mai sono creatori di comunione.

Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

Gli Atti degli Apostoli ci attestano che la riunificazione delle lingue è il prodigio operato dallo Spirito Santo il giorno di Pentecoste. Nello Spirito l’uomo comprende l’uomo.

Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio» (At 2,5-13).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito di Dio.

 

18 FEBBRAIO

Per fede, Noè costruì un’arca

Eb 11,1-7; Sal 144,2-5.10-11; Mc 9,2-13.

Noè è ricordato come l’uomo giusto attraverso il quale il Signore ha conservato in vita l’uomo, ai suoi tempi immerso interamente nel peccato. Tutto è avvenuto per la sua giustizia che si è trasformata in obbedienza. La giustizia non salva se non diviene obbedienza immediata ad ogni comando del Signore. Il giusto ascolta e salva. Di certo aiuta di molto la nostra fede sapere ciò che Antico e Nuovo testamento dicono di lui.

Noè fu trovato perfetto e giusto, al tempo dell’ira fu segno di riconciliazione; per mezzo suo un resto sopravvisse sulla terra, quando ci fu il diluvio. Alleanze eterne furono stabilite con lui, perché con il diluvio non fosse distrutto ogni vivente (Sir 44,17-18). In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Ora è per me come ai giorni di Noè, quando giurai che non avrei più riversato le acque di Noè sulla terra; così ora giuro di non più adirarmi con te e di non più minacciarti. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia (Is 54, 8-10). Anche se nel paese vivessero questi tre uomini: Noè, Daniele e Giobbe, essi con la loro giustizia salverebbero solo se stessi, dice il Signore Dio. Anche se in mezzo a quella terra ci fossero Noè, Daniele e Giobbe, giuro com’è vero ch’io vivo, dice il Signore Dio: non salverebbero né figli né figlie, soltanto essi si salverebbero per la loro giustizia (Ez 14, 14.20).

Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata (Mt 24,37-41). E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze (1Pt 3,19-22). Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio. Ugualmente non risparmiò il mondo antico, ma con altre sette persone salvò Noè, messaggero di giustizia, inondando con il diluvio un mondo di malvagi (2Pt 2,4-5).

La Lettera agli Ebrei mette in risalto la sua fede. Il Signore gli parla, lui ascolta, esegue, salva il genere umano. Noè è vera figura di Gesù Signore. Anche Gesù non salva il mondo per la sua santità, ma per la sua obbedienza al padre fino alla morte di croce.

La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall’invisibile ha preso origine il mondo visibile. Per fede, Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, avendo Dio attestato di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora. Per fede, Enoc fu portato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Infatti, prima di essere portato altrove, egli fu dichiarato persona gradita a Dio. Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano. Per fede, Noè, avvertito di cose che ancora non si vedevano, preso da sacro timore, costruì un’arca per la salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e ricevette in eredità la giustizia secondo la fede.

Questa verità oggi va gridata ad ogni credente in Cristo. Tutti devono sapere che il mondo non lo salva la santità, la giustizia, la carità, la misericordia, l’amore. Lo salvano santità, giustizia, carità, misericordia, amore che diventano obbedienza ad ogni Parola e Volontà di Dio. Il mondo si salva per la fede. La fede è comando, ordine, disposizione da eseguire, vivere. Noè ascolta, esegue, costruisce, l’umanità è salva per la sua fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla Parola.

 

19 FEBBRAIO – VII Domenica T.O. A

Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello

Lv 19,1-2.17-18; Sal 102,1-4.8.10.12-13; 1 Cor 3,16-23; Mt 5,38-48

Per l’Antico Testamento può anche succedere che un uomo abbia nel cuore un sentimento di odio contro un suo fratello. Può succedere. Ma subito deve essere tolto dal cuore. Desiderare il male del fratello è peccato agli occhi del Signore, che ama tutti e di tutti ha compassione. Nel Nuovo Testamento l’Apostolo Giovanni insegna al cristiano che nel suo cuore non possono abitare contemporaneamente amore di Dio e odio verso il fratello e neanche amore verso Dio e non amore verso il fratello. Il cristiano è luce come Dio è luce ed è amore come Dio è amore. I figli della luce non solo non devono mai conoscere l’odio, non possono neanche smettere di amare. Dio ama sempre e loro devono amare sempre. Dio è pietoso e misericordioso ed anche loro devono essere pietosi, misericordiosi. Devono condividere ogni bene con i fratelli.

Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi (1Gv 2,9-11). Non meravigliatevi, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui. In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità (1Gv 3,13-18). Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello (1Gv 4,19-21).

Comprendiamo quanto l’Apostolo Giovanni ci insegna se ci ricordiamo che nel cristiano con il battesimo avviene una vera trasformazione del suo essere. Nelle acque dallo Spirito Santo siamo resi partecipi della divina natura, che è amore, luce, verità, misericordia, amore, bontà, compassione, perdono. Se la nostra è divenuta natura divina, anche se per partecipazione, non possiamo più agire con la natura di tenebre, di male, natura di odio, rancore, disprezzo, desiderio di morte per un nostro fratello. Questa sarebbe natura diabolica. Per questa ragione chi odia, chi non ama non conosce Dio, non lo conosce perché la sua natura non è divina, ma diabolica. Lui è tornato nella sua vecchia umanità dalla quale lo aveva tratto fuori lo Spirito del Signore.

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.

Nell’Antico Testamento Dio non aveva ancora reso partecipe della sua divina natura i figli di Israele. Si era però presentato loro come il Dio Santo. In cosa consiste la santità di Dio? In amore universale, dato a tutti, senza escludere alcuno. Amore che è compassione, misericordia, perdono. Se Dio è santo perché perdona, può un suo figlio non perdonare? Se Dio ama tutti senza alcuna distinzione, può un suo figlio non amare? Se Dio non conserva nel suo cuore nessun odio, può un suo figlio covare odio ai danni di un suo fratello? Se fa queste cose, di certo non è più figlio di Dio. Ha rinunciato alla divina paternità. Ma senza il Padre si troverà anche senza fratelli. È questo il danno più grande creato oggi sia dall’ateismo dilagante che da un cristianesimo abbassato di tono morale e spirituale. Mentre Dio ci mostra la sua santità e ci chiede di imitarlo, noi diciamo che si deve partire da una misura bassa di amore. Mentre Dio ci dichiara suoi figli e tutti fratelli, noi, rinnegando Dio, siamo senza Padre e senza fratelli. Siamo sommersi nel nostro odio e nella nostra infinita cattiveria.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri figli di Dio.

 

20 FEBBRAIO

Uno solo è il sapiente e incute timore

Sir 1,1-10; Sal 92,1-2.5; Mc 9,14-29.

La sapienza è indissolubilmente legata alla Parola del Signore, rivelata all’uomo, a Lui consegnata. Parola e sapienza sono una cosa sola. Non Parola e stoltezza sono anche una cosa sola. Chi si pone fuori della Parola è uno stolto e un insipiente. Questa verità è rivelata a Israele in un momento difficile della sua vita per mezzo di Geremia.

Tu dirai loro: Così dice il Signore: Forse chi cade non si rialza e chi sbaglia strada non torna indietro? Perché allora questo popolo continua a ribellarsi, persiste nella malafede, e rifiuta di convertirsi? Ho ascoltato attentamente: non parlano come dovrebbero. Nessuno si pente della sua malizia, e si domanda: “Che cosa ho fatto?”. Ognuno prosegue la sua corsa senza voltarsi, come un cavallo lanciato nella battaglia. La cicogna nel cielo conosce il tempo per migrare, la tortora, la rondinella e la gru osservano il tempo del ritorno; il mio popolo, invece, non conosce l’ordine stabilito dal Signore. Come potete dire: “Noi siamo saggi, perché abbiamo la legge del Signore”? A menzogna l’ha ridotta lo stilo menzognero degli scribi! I saggi restano confusi, sconcertati e presi come in un laccio. Ecco, hanno rigettato la parola del Signore: quale sapienza possono avere? Per questo darò le loro donne a stranieri, i loro campi ai conquistatori, perché dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna. Curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo, dicendo: “Pace, pace!”, ma pace non c’è. Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire. Per questo cadranno vittime come gli altri; nell’ora in cui li visiterò, crolleranno, dice il Signore (Ger 8,4-12).

Cosa è allora la sapienza? Essa è la natura stessa di Dio, natura di luce, verità, carità, amore, giustizia, santità. L’uomo è stato creato ad immagine della sapienza. La natura dell’uomo era ad immagine della sapienza eterna della natura divina. Essa rifletteva armonia, giustizia, pace, verità. La natura dell’uomo da sola non può cogliere tutta la sapienza eterna di Dio, è natura limitata, finita, creata. Dio aumenta la sapienza dell’uomo attraverso la sua Parola, illuminando l’uomo sul vero bene e sul vero male, indicandogli la via del bene perché la percorra e quella del male perché si astenga da essa. Ma l’uomo è caduto nel peccato. La sua natura si è trasformata in morte. Dio però non ha abbandonato l’uomo a se stesso. Continuamente lo aiuta e lo sostiene attraverso il dono della Parola, trasformata ora in Legge, in Comandamento, in Statuto e regola di vita. La sapienza di Dio è prima di ogni cosa la Legge. Ma la Legge non può prevedere tutti i casi della vita. A chi è nella Legge, a chi dimora in essa, il Signore gli fa dono della sua Sapienza, che è vera ispirazione immediata, per conoscere in modo infallibile il bene che Lui vuole che si faccia e non un altro. Per noi è lo Spirito Santo.

Ogni sapienza viene dal Signore e con lui rimane per sempre. La sabbia del mare, le gocce della pioggia e i giorni dei secoli chi li potrà contare? L’altezza del cielo, la distesa della terra e le profondità dell’abisso chi le potrà esplorare? Prima d’ogni cosa fu creata la sapienza e l’intelligenza prudente è da sempre. Fonte della sapienza è la parola di Dio nei cieli, le sue vie sono i comandamenti eterni. La radice della sapienza a chi fu rivelata? E le sue sottigliezze chi le conosce? Ciò che insegna la sapienza a chi fu manifestato? La sua grande esperienza chi la comprende? Uno solo è il sapiente e incute timore, seduto sopra il suo trono. Il Signore stesso ha creato la sapienza, l’ha vista e l’ha misurata, l’ha effusa su tutte le sue opere, a ogni mortale l’ha donata con generosità, l’ha elargita a quelli che lo amano. L’amore del Signore è sapienza che dà gloria, a quanti egli appare, la dona perché lo contemplino.

Cosa è allora la vera sapienza? È quella luce divina – data sotto forma di Parola, Legge, Statuto, Regola, Mozione, Ispirazione, Illuminazione, Profezia, Oracolo, Promessa – che guida l’uomo sulla via della verità e della giustizia per fare della sua vita una manifestazione sulla terra della vita divina. In fondo la sapienza a questo serve: ad aiutare l’uomo perché riveli le qualità della natura divina. Come vive Dio? Qual è la sua natura? Quale la potenza del suo amore? Quale la luce della sua verità? Quale la giustizia del suo volto? Basta osservare come vive un figlio di Dio e si conosce Dio. Questa identità di vita è raggiunta nella perfezione assoluta solo da Gesù Signore. In ogni altro uomo solo una scintilla di Dio si può contemplare.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera luce di Dio oggi.

 

21 FEBBRAIO

Figlio, se ti presenti per servire il Signore

Sir 2,1-13; Sal 36,3-4.18-19.27-28.39-40; Mc 9,30-37.

Il padre nella Scrittura Santa non è solo colui che dona la vita secondo la carne, ma è colui che giorno per giorno “concepisce” Dio, la sua Parola, la sua Verità, la sua Sapienza nel cuore, nella mente, nel corpo dei suoi figli. La prima educazione è l’insegnamento del bene e del male. Noè educa i suoi figli benedicendo il bene e disapprovando il male, così anche Giacobbe. Abramo invece deve educarli, perché seguano la via della giustizia e del diritto secondo Dio, il Signore.

Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e si denudò all’interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro, non videro la nudità del loro padre. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: «Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!». E aggiunse: «Benedetto il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet ed egli dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!» (Gen 9, 20-27).

Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!» (Gen 18,16-21).

Ruben, tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! Bollente come l’acqua, tu non avrai preminenza, perché sei salito sul talamo di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio. Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di violenza sono i loro coltelli. Nel loro conciliabolo non entri l’anima mia, al loro convegno non si unisca il mio cuore, perché nella loro ira hanno ucciso gli uomini e nella loro passione hanno mutilato i tori. Maledetta la loro ira, perché violenta, e la loro collera, perché crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli (Gen 49,1-12).

Perché il padre possa “generare” Dio nei figli è necessario che Dio sia “generato” senza alcuna interruzione nel suo cuore. Chi è senza Dio, mai potrà donare Dio.

Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui. Affìdati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere. Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno. Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia, poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso. Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione. Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti e al peccatore che cammina su due strade! Guai al cuore indolente che non ha fede, perché non avrà protezione.

“Generare” Dio nel cuore del Figlio è creare in lui una certezza: la storia potrà essere anche difficile, tormentata, ma non c’è delusione per chi confida nel Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, date Dio il nostro cuore.

 

22 FEBBRAIO

Testimone delle sofferenze di Cristo

1 Pt 5,1-4; Sal 22,2-6; Mt 16,13-19.

Pietro ha dinanzi a sé dei presbiteri ai quali Cristo ha affidato il suo gregge, ma anche Cristo come modello unico cui sempre il presbitero dovrà guardare se vuole essere pastore secondo il cuore di Dio e non secondo i sentimenti degli uomini. Chi è Cristo Signore? Colui che per il gregge ha dato la vita dalla Croce. È il Buon Pastore al quale ogni altro pastore dovrà sempre ispirarsi. La vita va tutta spesa per le pecore.

«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Cfr. Gv 10,1.30).

Pietro vede questa verità di Cristo Gesù non mentre la pronunzia nel Tempio di Gerusalemme, discutendo con i Giudei, ma mentre la vive sulla Croce. Sul Golgota Gesù realmente diede la vita per le pecore. Veramente per esse si è immolato. Se Cristo è morto per le pecore, può un solo suo pastore pascere il gregge di Gesù costretto, per vergognoso interesse, come padrone delle persone a lui affidate? Non dovrà invece imitare Cristo Gesù, mettendovi tutta la sua buona volontà, per agire come piace a Dio e svolgere la sua mansione con animo generoso e facendosi modello come Cristo si è fatto nostro modello? Parlare ai pastori contemplando Cristo Crocifisso, dona alla parola un contenuto di verità eterna. Nessuno potrà mai contestare una sola affermazione o esortazione o raccomandazione.

Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.

Chi avrà servito il gregge avendo come modello Cristo, da Cristo sarà accolto nella sua gloria eterna. Riceverà la corona di gloria che non appassisce. Chi invece avrà servito il gregge secondo il suo cuore, è giusto che riceva la corona da se stesso. Ha servito se stesso, che anche riceva la gloria da se stesso. Con quali risultati? L’uomo non può darsi alcuna gloria eterna. Non ha servito secondo Cristo, da Lui non sarà riconosciuto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci pastori secondo Cristo.

 

23 FEBBRAIO

Presso di lui c’è misericordia e ira

Sir 5,1-10; Sal 1,1-5; Mc 9,41-50.

Il Signore, dopo aver creato l’uomo, gli ha dato un comandamento perenne: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,16-17). L’uomo mai dovrà stabilire da se stesso, dal suo cuore, ciò che è bene e ciò che è male. Bene e male li decide il Signore. All’uomo è chiesta una obbedienza perenne a ciò che Dio stabilisce per lui. Alla creatura non appartiene questa scienza, questa sapienza, questa intelligenza. Sono solo di Dio.

Il Signore ha parlato con divina chiarezza: “Nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire”. È questa l’ira del Signore: la non possibilità di conservare in vita chi ha scelto di morire per colpa della sua disobbedienza. Nell’ostinazione, nella ribellione, nel rifiuto di ritornare nella Legge, Dio nulla potrà mai fare per salvare la sua creatura. La salvezza è nella Parola e si salva chi torna a dimorare in essa. Qual è la stoltezza dell’uomo? Quella di pensare che la Parola di Dio non si compia e quindi di perseverare nel suo peccato, nella sua ribellione, immergendosi sempre più nel male.

Altra stoltezza dell’uomo è pensare che grande è la misericordia del Signore ed ogni peccato potrà essere perdonato. Il peccato non è perdonato per misericordia. La misericordia è concedere all’uomo altro tempo per potersi decidere di abbandonare la via del male facendo ritorno sulla via del bene, di lasciare la disobbedienza, rientrando nell’obbedienza. Ma non c’è misericordia di perdono se l’uomo rimane nel peccato, nella disobbedienza, fuori della Legge. Aggiungere peccato a peccato non produce alcun perdono. Ci si pente, ci si converte, si ritorna a Dio, c’è misericordia grande da parte del Signore e c’è perdono di ogni colpa e di ogni trasgressione.

Cosa è allora la misericordia del Signore? Essa è l’offerta di ogni dono di grazia e verità, sapienza e saggezza, è l’invio di ogni profeta per chiamare l’uomo a conversione. Dio in nulla si risparmia in questa opera di misericordia. Cristo Crocifisso è il sommo cui la misericordia di Dio è giunta. Ma Cristo Crocifisso è grazia per la conversione. Se accolto come grazia di conversione, nel dono dello Spirito Santo diviene grazia di santificazione, nella rigenerazione e nella formazione dell’uomo nuovo. Il perdono è nella conversione. La misericordia prima del perdono è per la conversione. Se l’uomo rifiuta la misericordia in vista della conversione, mai ci potrà essere per lui misericordia di perdono e di accoglienza nella casa del Padre.

Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: «Basto a me stesso». Non seguire il tuo istinto e la tua forza, assecondando le passioni del tuo cuore. Non dire: «Chi mi dominerà?», perché il Signore senza dubbio farà giustizia. Non dire: «Ho peccato, e che cosa mi è successo?», perché il Signore è paziente. Non essere troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato. Non dire: «La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati», perché presso di lui c’è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno, perché improvvisa scoppierà l’ira del Signore e al tempo del castigo sarai annientato. Non confidare in ricchezze ingiuste: non ti gioveranno nel giorno della sventura. Non ventilare il grano a ogni vento e non camminare su qualsiasi sentiero: così fa il peccatore che è bugiardo. Sii costante nelle tue convinzioni, e una sola sia la tua parola.

Poiché nessuno conosce l’ora della sua morte, tempo in cui finisce la misericordia della conversione, perché viene il tempo del giudizio, l’uomo è invitato a convertirsi, pentendosi e ritornando nella Legge del Signore, prestando ad essa pronta e immediata obbedienza. Altra cosa che l’uomo non sa quando lui giunge a superare il limite posto da Dio al suo peccato, oltre il quale vi è il peccato contro lo Spirito Santo e la non possibilità del ritorno. Per questo nessuno potrà aggiungere peccato a peccato. Potrebbe morire, peccando e sarebbe la fine. Potrebbe superare i limiti del peccato, e non potrebbe essere più perdonato. L’ira di Dio è la non possibilità del perdono.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci nella vera conversione.

 

24 FEBBRAIO

Un amico fedele è medicina che dà vita

Sir 6,5-17; Sal 118,12.16.18.27.34-35; Mc 10,1-12.

Il Libro del Siracide opera una saggia distinzione. Non si deve confondere tra conoscenza e amicizia. Tra servizio di amore e amicizia. Tra esercizio del proprio ministero che è universale e amicizia. È facile confondere il comandamento dell’amore che deve abbracciare ogni persona e l’amicizia che non può essere donata a tutti. Se tutti possono, anzi devono essere amati, non tutti possono essere nostri amici. L’amico è salvezza in ogni momento della vita, sia nei momenti favorevoli che in quelli sfavorevoli, sia quando splende il sole sul nostro capo che quando vengono le tenebre. La Scrittura Santa ci rivela l’amicizia vera, profonda sorta tra Davide e Gionata. Gionata per Davide fu salvezza, vita, speranza, certezza, sicurezza, aiuto vero. Quando lui muore sul monte Gelboe Davide lo piange con un canto nel quale esprime il suo profondo legame, più profondo di qualsiasi altro amore.

«Il tuo vanto, Israele, sulle tue alture giace trafitto! Come sono caduti gli eroi? Non fatelo sapere in Gat, non l’annunciate per le vie di Àscalon, perché non ne facciano festa le figlie dei Filistei, non ne gioiscano le figlie dei non circoncisi! O monti di Gèlboe, non più rugiada né pioggia su di voi né campi da primizie, perché qui fu rigettato lo scudo degli eroi; lo scudo di Saul non fu unto con olio, ma col sangue dei trafitti, col grasso degli eroi. O arco di Giònata! Non tornò mai indietro. O spada di Saul! Non tornava mai a vuoto. O Saul e Giònata, amabili e gentili, né in vita né in morte furono divisi; erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni. Figlie d’Israele, piangete su Saul, che con delizia vi rivestiva di porpora, che appendeva gioielli d’oro sulle vostre vesti. Come son caduti gli eroi in mezzo alla battaglia? Giònata, sulle tue alture trafitto! Una grande pena ho per te, fratello mio, Giònata! Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna. Come sono caduti gli eroi, sono perite le armi?» (2Sam 1,19-27).

Il vero amico è più della propria vita. È come se la propria vita vivesse fuori di essa. È come se la persona vedesse la sua vita, più della stessa sua vita, dinanzi a sé. L’amicizia non è semplice conoscenza, pura fratellanza, compagnia o altro. L’amicizia è una certezza: è una vita che sempre può venire in soccorso della mia vita. Essa è più che la stessa relazione tra discepolo e allievo. Per questo il Siracide ci avverte. Tu puoi essere in relazione anche con mille persone, ma uno solo sia il tuo amico, uno solo il tuo consigliere, uno solo colui nel quale il tuo cuore può riposare e trovare ristoro. Per questo è giusto che prima di stringere un legame di amicizia, vi sia un periodo di prova al fine di saggiare la profondità dei suoi sentimenti e la consistenza della stabilità del suo cuore. Un cuore oscillante mai potrà essere amico. È oscillante. L’amicizia ha bisogno di stabilità, certezza, sicurezza, speranza infallibile. Neanche un cuore che si consegna al male può divenire amico. Il male, il peccato, la disobbedienza rende instabile qualsiasi cuore. L’amicizia vera può regnare solo tra chi vive la Legge dell’altissimo. Chi si pone fuori dei Comandamenti, chi non è vero amico di Dio, potrà mai essere vero amico degli uomini, se solo Dio è roccia di stabilità eterna?

Una bocca amabile moltiplica gli amici, una lingua affabile le buone relazioni. Siano molti quelli che vivono in pace con te, ma tuo consigliere uno su mille. Se vuoi farti un amico, mettilo alla prova e non fidarti subito di lui. C’è infatti chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura. C’è anche l’amico che si cambia in nemico e scoprirà i vostri litigi a tuo disonore. C’è l’amico compagno di tavola, ma non resiste nel giorno della tua sventura. Nella tua fortuna sarà un altro te stesso e parlerà liberamente con i tuoi servi. Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te e si nasconderà dalla tua presenza. Tieniti lontano dai tuoi nemici e guàrdati anche dai tuoi amici. Un amico fedele è rifugio sicuro: chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele non c’è prezzo, non c’è misura per il suo valore. Un amico fedele è medicina che dà vita: lo troveranno quelli che temono il Signore. Chi teme il Signore sa scegliere gli amici: come è lui, tali saranno i suoi amici.

L’amico si sceglie dalla Legge del Signore, dai suoi Comandamenti. Chi è nella Legge di Dio saprà di chi fidarsi, di chi non fidarsi, chi scegliere, chi non scegliere.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il timore del Signore.

 

25 FEBBRAIO

Mostrò loro sia il bene che il male

Sir 17,1-13; Sal 102,13-18; Mc 10,13-16.

Quanto il Siracide rivela dell’uomo, è divinamente sublime. Veramente, realmente, sostanzialmente l’uomo è stato fatto ad immagine e a somiglianza di Dio. Veramente, realmente, sostanzialmente è come se Dio avesse voluto creare un “dio” fuori di sé, ricolmandolo di tutte le sue qualità divine, eterne. Di una cosa sola lo privò: dell’autonomia e dell’indipendenza della vita. In quanto a vita, se l’uomo vuole vive come “dio” creato, se vuole vivere nella sua grandezza e perfezione che sono divine, deve attingere la vita sempre in Lui. Come l’uomo attingerà la vita nel suo Dio, per poter vivere da vero “dio”? Obbedendo ad ogni sua Parola, osservando il suo Comandamento, ascoltando la sua Voce. L’uomo vivrà da vero “dio” creato attingendo la sua vita nel suo Dio Creatore e Signore, senza alcuna interruzione. L’obbedienza cioè dovrà essere perenne. Mai un attimo separato dall’ascolto.

Se l’uomo attingerà la sua vita in Dio, allora potrà compiere l’altissima missione nella creazione. Lui è come se fosse il “signore di essa”, signore di vita, benedizione, prosperità, sviluppo, costante aggiornamento nel bene, anzi progresso di bene in bene. Se però l’uomo smette di essere il “dio” creato, perché vuole farsi un “dio” increato, cioè autonomo, separato dalla sorgente della sua vita, in questo caso da signore di vita diviene all’istante schiavo della morte, del vizio, della disobbedienza, della trasgressione. L’intera creazione sarà da lui trascinata nello sfacelo. La sua morte diventerà morte per tutti. Questa è l’altissima responsabilità che pesa oggi e sempre sulle spalle dell’uomo. Per lui in Dio la creazione respirerà vita. Per lui fuori di Dio, fattosi “dio” autonomo, senza più legame obbedienziale con il suo Signore, lui diverrà un creatore di sola morte. Essendo lui privo di ogni vita, mai potrà portare vita sulla terra. Lui schiavo della morte, opererà perché la morte si diffonda per lui. Questa verità è attestata fin dalla prima trasgressione. Eva si lasciò tentare. Entro nella morte, creò morte anche nel cuore di Adamo. Eva ed Adamo, schiavi della morte, portarono la morte in tutta la creazione. Con essi nasce il disordine e il caos. La terra si sottrare alla signoria dell’uomo, anzi diviene a lui ostile, producendogli spine e triboli.

Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. Egli assegnò loro giorni contati e un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Ricevettero l’uso delle cinque opere del Signore, come sesta fu concessa loro in dono la ragione e come settima la parola, interprete delle sue opere. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere, e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. Loderanno il suo santo nome per narrare la grandezza delle sue opere. Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita, affinché riconoscessero che sono mortali coloro che ora esistono. Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa.

Ma sarà sempre così. In Dio l’uomo vive e porta vita. Fuori di Dio l’uomo muore e crea morte. Oggi l’uomo ha deciso non solo di porsi fuori di Dio, ma di negare anche le tracce della sua creazione nella stessa natura dell’uomo. Con satanica e infernale decisione ha stabilito che l’uomo non debba essere più uomo, non debba essere più donna, non debba essere più maschio e neanche più femmina. Così attesta e si dichiara essere vero schiavo della morte. Vuole ora distruggere la seconda verità visibile della volontà di Dio sull’uomo. La prima verità è invisibile: Dio fece l’uomo a sua immagine, lo fece a sua somiglianza. La seconda verità è visibile: Dio fece l’uomo maschio e femmina. Li fece maschio e femmina e ordinò loro di comporre l’unità nel matrimonio per continuare a dare la vita, al posto di Lui. Questa decisione di morte totale del progetto di Dio è il segno più evidente che l’uomo si è fatto “dio”, senza Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci “dio” in Dio, da Lui.

 

26 FEBBRAIO – VIII Domenica T.O. A

Io invece non ti dimenticherò mai

Is 49,14-15; Sal 61,2-3.6-9; 1 Cor 4,1-5; Mt 6,24-34.

Il popolo del Signore sta vivendo un momento difficile della sua vita. Gli eserciti stanno per distruggere Gerusalemme. Comincia un tempo nero per tutti. Le città vengono saccheggiate e distrutte, molti prendono la via dell’esilio. Quanti restano sono nella più amara povertà. Tutta la terra di Israele è una desolazione. In questa condizione di grande sconforto, c’è ancora speranza per il popolo? Si può ancora pensare ad una futura risurrezione? Dio avrà ancora compassione dei suoi figli? La risposta viene dal Signore per bocca del suo profeta. Le sue sono parole di grande speranza.

Così dice il Signore: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo, per far risorgere la terra, per farti rioccupare l’eredità devastata, per dire ai prigionieri: “Uscite”, e a quelli che sono nelle tenebre: “Venite fuori”. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua. Io trasformerò i miei monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da settentrione e da occidente e altri dalla regione di Sinìm». Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono a te. «Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore –, ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa».

Poiché le tue rovine e le tue devastazioni e la tua terra desolata saranno ora troppo stretti per i tuoi abitanti, benché siano lontani i tuoi divoratori. Di nuovo ti diranno agli orecchi i figli di cui fosti privata: «Troppo stretto è per me questo posto; scòstati, perché possa stabilirmi». Tu penserai: «Costoro, chi me li ha generati? Io ero priva di figli e sterile, esiliata e prigioniera, e questi, chi li ha allevati? Ecco, ero rimasta sola, e costoro dov’erano?». Così dice il Signore Dio: «Ecco, io farò cenno con la mano alle nazioni, per i popoli isserò il mio vessillo. Riporteranno i tuoi figli in braccio, le tue figlie saranno portate sulle spalle. I re saranno i tuoi tutori, le loro principesse le tue nutrici. Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi; allora tu saprai che io sono il Signore e che non saranno delusi quanti sperano in me». Si può forse strappare la preda al forte? Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno? Eppure, dice il Signore: «Anche il prigioniero sarà strappato al forte, la preda sfuggirà al tiranno. Io avverserò i tuoi avversari, io salverò i tuoi figli. Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto. Allora ogni uomo saprà che io sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe» (Is 49,8-26).

La speranza non nasce dalla parola dell’uomo, dai suoi trattati, dai suoi programmi. La speranza nasce solo dalla Parola di Dio. Essa risuona e la luce comincia a splendere nei cuori. Ad un popolo morto il Signore annunzia la sua risurrezione. Ad un popolo deportato il Dio di Giacobbe profetizza il suo ritorno in Sion. Ad un popolo umiliato, spogliato, denudato di ogni dignità, il Santo d’Israele grida che i re della terra si porranno al suo servizio per ricondurlo nella sua terra. Solo Dio può dire queste cose, perché solo Lui le può realizzare. Solo la sua Parola è creatrice della vera speranza.

Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.

Il Signore dichiara al suo popolo che Lui non è come l’uomo, come la madre, come il padre della terra. Questi possono abbandonare le loro creature. Dio non abbandona mai e mai si dimentica dell’opera delle sue mani. Questa profezia trova il suo perfetto compimento in Cristo Gesù, il Creatore della vera speranza eterna per ogni uomo. Il Signore opera tutto questo nel pentimento, nella conversione, nell’obbedienza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera obbedienza.

 

27 FEBBRAIO

Ritorna al Signore e abbandona il peccato

Sir 17,20-28; Sal 31,1-2.5-7; Mc 10,17-27.

Immaginiamo il Signore come un fiume di acqua viva, simile a quello che vide il profeta Ezechiele uscire dal lato destro del nuovo tempio. È un fiume che porta vita. Risana anche le acque del Mar Morto, nelle quali mai vi è stata traccia di esseri viventi.

Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Quell’uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva alla caviglia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell’acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l’acqua: mi giungeva ai fianchi. Ne misurò altri mille: era un torrente che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque navigabili, un torrente che non si poteva passare a guado. Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?».

Poi mi fece ritornare sulla sponda del torrente; voltandomi, vidi che sulla sponda del torrente vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mare Grande. Però le sue paludi e le sue lagune non saranno risanate: saranno abbandonate al sale. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina (Ez 47,1-12).

Ora immaginiamo che un uomo venga e ostruisca questa sorgente di vita. Tutta la terra diviene un deserto, una desolazione. Muore la vita, perché muore l’acqua. Muoiono gli alberi, muoiono le erbe, muoiono ogni specie di animali di acqua, di terra, di aria. È questo l’effetto del peccato nel cuore dell’uomo: ostruzione del fiume della vita di Dio, che non può più sgorgare e riversarsi nell’anima, nello spirito, nel corpo. Tutto nell’uomo diviene una desolazione. Aggiungendo peccato a peccato si aumenta l’ostruzione del fiume e mai nessuna acqua potrà raggiungere il nostro cuore. L’uomo che muore genera morte attorno a sé, anche in modo passivo. Non è più un alimentatore di vita. Un albero che secca, non secca per se stesso solamente, secca per tutti gli esseri viventi che si nutrivano di esso. Attivamente l’uomo produce morte per se stesso, passivamente la genera per ogni altro essere vivente.

A lui non sono nascoste le loro ingiustizie, tutti i loro peccati sono davanti al Signore. Ma il Signore è buono e conosce le sue creature, non le distrugge né le abbandona, ma le risparmia. La beneficenza di un uomo è per lui come un sigillo e il bene fatto lo custodisce come la pupilla, concedendo conversione ai suoi figli e alle sue figlie. Alla fine si leverà e renderà loro la ricompensa, riverserà sul loro capo il contraccambio. Ma a chi si pente egli offre il ritorno, conforta quelli che hanno perduto la speranza. Ritorna al Signore e abbandona il peccato, prega davanti a lui e riduci gli ostacoli. Volgiti all’Altissimo e allontanati dall’ingiustizia; egli infatti ti condurrà dalle tenebre alla luce della salvezza. Devi odiare fortemente ciò che lui detesta. Negl’inferi infatti chi loderà l’Altissimo, al posto dei viventi e di quanti gli rendono lode? Da un morto, che non è più, non ci può essere lode, chi è vivo e sano loda il Signore.

È questo il motivo per cui è chiesto all’uomo di abbandonare il peccato e di ridurre gli ostacoli dinanzi a lui, altrimenti il fiume della vita non potrà raggiungerlo e lui produrrà attivamente morte per se stesso e passivamente per tutto il creato. Non ostruirà solamente per sé l’acqua divina, ma per lui molti altri verranno privati. Noi possiamo scherzare con il peccato. Il peccato mai scherza con l’uomo. Il peccato è morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni peccato.

 

28 FEBBRAIO

Per lui non c’è preferenza di persone

Sir 35,1-15; Sal 49,5-8.14.23; Mc 10,28-31.

Il Signore non guarda la statura dell’uomo e neanche la quantità delle sue offerte o la piccolezza di esse. È gradito al Signore chi pratica la sua giustizia, vive nella sua Legge. San Pietro attesta questa verità a Cornelio, nella sua casa.

Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome» (At 10,34-43).

San Paolo chiede ai padroni di ricordarsi della verità del loro Signore e Salvatore nella relazione con gli schiavi. Essi saranno salvati dalla loro misericordia verso i sudditi.

Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo che libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene. Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli e in lui non vi è preferenza di persone (Ef 9,5-9).

San Giacomo ammonisce i discepoli di Gesù che sia evitata ogni preferenza tra persona e persona. Il loro amore deve essere reale, efficace verso i poveri.

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disonorato il povero! Non sono forse i ricchi che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono loro che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi? Certo, se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene. Ma se fate favoritismi personali, commettete un peccato e siete accusati dalla Legge come trasgressori (Gc 2,1-9).

Il Siracide oggi ci ricorda che Dio non si lascia corrompere da nessun dono. È accetto a Lui chi pratica la giustizia. Vuoi essere gradito al Signore? Osserva la sua Legge.

Chi osserva la legge vale quanto molte offerte; chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. Chi ricambia un favore offre fior di farina, chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode. Cosa gradita al Signore è tenersi lontano dalla malvagità, sacrificio di espiazione è tenersi lontano dall’ingiustizia. Non presentarti a mani vuote davanti al Signore, perché tutto questo è comandato. L’offerta del giusto arricchisce l’altare, il suo profumo sale davanti all’Altissimo. Il sacrificio dell’uomo giusto è gradito, il suo ricordo non sarà dimenticato. Glorifica il Signore con occhio contento, non essere avaro nelle primizie delle tue mani. In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia consacra la tua decima. Da’ all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto. Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, e non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera obbedienza a Dio.