Commento teologico alla prima lettura – Dicembre 2017

1 DICEMBRE

Uno simile a un figlio d’uomo

Dn 7,2-14; Sal Dn 3,75-81; Lc 21,29-33.

Si sente da più parti affermare che alla fine il bene trionferà sul male. Questa è una di quelle eresie invisibili che distrugge la verità di Cristo. La salvezza è personale e viene dalla fede in Cristo Gesù e dalla perseveranza nell’obbedienza alla sua Parola.

Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,7-19).

Il mondo è sotto il potere delle tenebre. Ad ogni uomo viene offerto Cristo Signore come unica e sola via di salvezza. Ci si converte a Lui, si esce dal regno delle tenebre, si accoglie il suo Vangelo, si vive nel regno della luce, si persevera in esso, si entra nel regno eterno che è solo luce e vita eterna. Il regno di Dio è grazia di salvezza offerta in Cristo ad ogni uomo. Chi vuole entra in esso. Chi non vuole, rimane nel regno delle tenebre e finirà nelle tenebre eterne. La vittoria sul regno delle tenebre è nella fede.

Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna, ed ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mare Grande e quattro grandi bestie, differenti l’una dall’altra, salivano dal mare. La prima era simile a un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono strappate le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d’uomo. Poi ecco una seconda bestia, simile a un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: «Su, divora molta carne». Dopo di questa, mentre stavo guardando, eccone un’altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d’uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il potere. Dopo di questa, stavo ancora guardando nelle visioni notturne, ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d’una forza straordinaria, con grandi denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna. Stavo osservando queste corna, quand’ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che proferiva parole arroganti.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Continuai a guardare a causa delle parole arroganti che quel corno proferiva, e vidi che la bestia fu uccisa e il suo corpo distrutto e gettato a bruciare nel fuoco. Alle altre bestie fu tolto il potere e la durata della loro vita fu fissata fino a un termine stabilito. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Contro il Figlio dell’uomo che viene per instaurare il suo regno si scagliano con veemenza omicida tutte le potenze visibili e invisibili del regno delle tenebre e lo crocifiggono. Ma Lui persevera nell’amore e trionfa. La stessa regola vale per quanti crederanno in Lui. Il male si avventerà contro di essi. La vittoria è nella perseveranza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perseveranti sempre.

2 DICEMBRE

Ma i santi dell’Altissimo riceveranno il regno

Dn 7,15-27; Sal Dn 3,82-87; Lc 21,34-36.

Caino ed Abele sono vera figura della storia dell’uomo sulla terra. Sempre il male si avventerà contro il bene, sempre la non fede vorrà abbattere la fede, sempre le tenebre combatteranno la luce, sempre la stoltezza vorrà trionfare sulla sapienza. Per trionfare vi è un solo modo: uccidere, distruggere, abbattere, annientare, crocifiggere i portatori del bene, della fede, della luce, della sapienza. Caino è figura della potenza del male. Abele è figura della potenza della luce. Qual è la differenza tra le due potenze? Una trionfa imponendo il suo male. L’altra trionfa subendo tutto il male.

Cristo Gesù è la luce, il bene, la verità, la grazia, la vita, la santità, l’amore, la giustizia, la misericordia, la pietà, la compassione. Lui è la pienezza della verità dell’uomo. L’umanità intera, che è la tenebra, la stoltezza, l’insipienza, la malvagità, la crudeltà, schiera contro di Lui tutta la sua potenza di male e lo inchioda sulla Croce. Qual è la potenza con la quale Cristo Gesù risponde? Non respingendo il male con dodici legioni di Angeli, ma assumendo tutto il peccato del mondo su di sé per affiggerlo nel suo corpo e inchiodarlo sulla croce. Gesù vince rimanendo e perseverando nell’amore. Vince rispondendo al più grande male con il più grande bene. Questa sua vittoria Lui la dona ad ogni uomo che crede in Lui, entra a far parte del suo regno. La vittoria sarà dell’uomo solo se anche lui persevererà sino alla fine e sempre al male risponderà con il più grande bene. Se al male risponde con il male, è già dell’altro regno.

Le nazioni sono potenze di male. Il male non si avventa solo contro il bene, combatte anche contro il male per divenire potenza di male più grande. La differenza nei due combattimenti del male contro il male e del male contro il bene è nella risposta. Il male risponde al male con il male. Il bene risponde al male con il bene, con l’amore, il perdono, l’offerta a Dio del proprio martirio per la salvezza degli operatori di iniquità. Solo in questa risposta di bene sempre i giusti conquisteranno il regno eterno del bene. Se essi passano al male, sono regno delle tenebre e non più regno della luce.

Io, Daniele, mi sentii agitato nell’animo, tanto le visioni della mia mente mi avevano turbato; mi accostai a uno dei vicini e gli domandai il vero significato di tutte queste cose ed egli me ne diede questa spiegazione: «Le quattro grandi bestie rappresentano quattro re, che sorgeranno dalla terra; ma i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, in eterno». Volli poi sapere la verità intorno alla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e molto spaventosa, che aveva denti di ferro e artigli di bronzo, che divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava, e anche intorno alle dieci corna che aveva sulla testa e intorno a quell’ultimo corno che era spuntato e davanti al quale erano cadute tre corna e del perché quel corno aveva occhi e una bocca che proferiva parole arroganti e appariva maggiore delle altre corna. Io intanto stavo guardando e quel corno muoveva guerra ai santi e li vinceva, finché venne il vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell’Altissimo e giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno.

Egli dunque mi disse: «La quarta bestia significa che ci sarà sulla terra un quarto regno diverso da tutti gli altri e divorerà tutta la terra, la schiaccerà e la stritolerà. Le dieci corna significano che dieci re sorgeranno da quel regno e dopo di loro ne seguirà un altro, diverso dai precedenti: abbatterà tre re e proferirà parole contro l’Altissimo e insulterà i santi dell’Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge. I santi gli saranno dati in mano per un tempo, tempi e metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà sterminato e distrutto completamente. Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbediranno».

Il male devasterà la terra. Esso è una potenza che mai si arresterà. È un vortice che vuole distruggere ogni forma di vita in odio contro Dio. La salvezza non è nella conservazione della vita, ma nella sua perdita. Si perde la vita, come Cristo, per conservare la vita. Si dona la vita per rimanere in vita. Ci si consegna con il corpo alle tenebre e alla sua potenza per portare spirito, anima, corpo nella luce eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la scienza della vita.

3 DICEMBRE – I DOMENICA DI AVVENTO B

Ma, Signore, tu sei nostro padre

Is 63,16b-17.19b; 64,2-7; Sal 79,2-3b.15-16.18-19; 1 Cor 1,3-9; Mc 13,33-37.

Il popolo del Signore sta sperimentano nella dura schiavitù di un esilio la verità di ogni Parola del Signore. Ma è proprio da questa esperienza di perdita di ogni libertà, di smarrimento della propria identità, che si fa chiara alla sua mente e al suo cuore, l’altra faccia della Parola del suo Dio. Essa da un lato annunzia morte. Dall’altro lato annunzia vita. Da una parte contiene le benedizioni. Dall’altro vi sono scritte le maledizioni. Ora Israele sta vivendo il lato della Parola del Signore in cui vi sono scritti tutti i mali per chi trasgredisce la Legge dell’Alleanza. La vita è nella Legge. Israele è nella morte perché si è posto fuori della Legge, ha trasgredito la Parola del suo Dio.

Ma è proprio questa Parola che annunzia la morte che grida anche la vita. È Parola di morte ma anche di vita. Questa Parola promette il perdono del Signore nella conversione, nel pentimento, nel ritorno nella Legge. La morte nel tempo è data perché l’uomo si apra nuovamente alla vita, ritornando nel Comandamento, nell’obbedienza alla Legge. Dalla morte sempre si può ritornare nella vita. È questo il fine per cui essa viene data. Non si può ritornare in vita quando si è nella morte eterna, quando finisce il tempo della conversione e si entra nell’eternità senza conversione.

Quelli che tra voi saranno superstiti si consumeranno a causa delle proprie colpe nei territori dei loro nemici; anche a causa delle colpe dei loro padri periranno con loro. Dovranno confessare la loro colpa e la colpa dei loro padri: per essere stati infedeli nei miei riguardi ed essersi opposti a me; perciò anch’io mi sono opposto a loro e li ho deportati nella terra dei loro nemici. Allora il loro cuore non circonciso si umilierà e sconteranno la loro colpa. E io mi ricorderò della mia alleanza con Giacobbe, dell’alleanza con Isacco e dell’alleanza con Abramo, e mi ricorderò della terra. Quando dunque la terra sarà abbandonata da loro e godrà i suoi sabati, mentre rimarrà deserta, senza di loro, essi sconteranno la loro colpa, per avere disprezzato le mie prescrizioni ed essersi stancati delle mie leggi. Nonostante tutto questo, quando saranno nella terra dei loro nemici, io non li rigetterò e non mi stancherò di loro fino al punto di annientarli del tutto e di rompere la mia alleanza con loro, poiché io sono il Signore, loro Dio; ma mi ricorderò in loro favore dell’alleanza con i loro antenati, che ho fatto uscire dalla terra d’Egitto davanti alle nazioni, per essere loro Dio. Io sono il Signore”» (Lev 26,39-43).

Questa Parola oggi ricorda Isaia al suo popolo distrutto, abbandonato, esiliato. Al Signore è sufficiente un solo grido di aiuto nel pentimento e nella conversione, nella volontà di ritornare nella Legge e nella Parola, perché subito venga in aiuto. Sempre il Dio di Abramo è disposto al perdono e alla grande misericordia. L’uomo però deve chiederglielo. Deve gridare a Lui. Deve attestargli la volontà di abbandonare ogni idolatria e immoralità. Dio perdona, l’uomo si converte. Dio dona la grazia. L’uomo dona a Dio la sua obbedienza. La grazia agisce solo nella Parola. Agisce fuori della Parola, ma per condurre nella Parola. Dio lavora per la Parola, nella Parola.

Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti. Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle tue vie. Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.

L’argilla per essere lavorata deve porsi nelle mani del vasaio. Dio non può trattare l’argilla che si rifiuta di consegnarsi a Lui. Ci si mette nelle sue mani e Lui ci da forma.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci argilla nelle mani di Dio.

4 DICEMBRE

Da Sion uscirà la legge

Is 2,1-5; Sal 121,1-2.4.6-9; Mt 8,5-11.

È verità che mai potrà essere cancellata dalla storia. Da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la Parola del Signore, perché Legge e Parola di Dio è il Messia, il Cristo è il Messia, il Cristo viene dai Giudei, è il Figlio di Abramo, il Figlio di Giuda, il Figlio di Davide. Questa verità è anche ricordata da Gesù alla Samaritana. Anche i discepoli di Gesù sempre dovranno ricordare questa verità. Cristo è dono di Dio per mezzo di Abramo, per mezzo del popolo dei Giudei. Cristo è la loro gloria eterna.

Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te» (Gv 4,5-26).

Non vi è salvezza se non da Cristo. A questa verità antica, se ne devono aggiungere altre tre. La salvezza viene da Cristo come unica e sola fonte, unica e sola origine, unica e sola sorgente. Non vi sono altre origini, altre fonti, altre sorgenti. Ma anche la salvezza si vive in Cristo, con Cristo, per Cristo. Si vive in Cristo perché si diviene con Lui un solo corpo. Si vive con Cristo, perché la salvezza è dono di Cristo ma attraverso tutto il corpo di Cristo, nella comunione dei ministeri e dei carismi, si vive per Cristo, perché sempre si deve vivificare, accrescere, ingrandire il corpo di Cristo aggiungendo nuove cellule. Questa verità mai va dimenticata. Essa va sempre ricordata.

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.

Cristo viene dai Giudei. Cristo va sempre cercato, ma anche sempre offerto e dato, annunziato, predicato, “insegnato”. Questa verità di Cristo oggi si sta cancellando anche nel popolo cristiano. Si vuole la salvezza per altre vie. Non esistono.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni falsità.

 

5 DICEMBRE

La radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli

Is 11,1-10; Sal 71,1-2.7-8.12-13.17; Lc 10,21-24.

La salvezza è posta da Dio nel suo Messia. Non vi sono altri uomini sulla terra nei quali è stabilito che noi siamo salvati. Questa verità è annunziata da Pietro dinanzi al Sinedrio, dopo aver guarito lo storpio, nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, presso la porta Bella del tempio. Questa verità non è di un tempo, ma vale per tutti i tempi. Non è per un popolo, ma è per tutte le nazioni della terra. Non è per una religione, ma per tutte le religioni di ieri, di oggi, di domani. La salvezza è Cristo ed è in Cristo.

Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il comandante delle guardie del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la risurrezione dai morti. Li arrestarono e li misero in prigione fino al giorno dopo, dato che ormai era sera. Molti però di quelli che avevano ascoltato la Parola credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. Il giorno dopo si riunirono in Gerusalemme i loro capi, gli anziani e gli scribi, il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. Li fecero comparire davanti a loro e si misero a interrogarli: «Con quale potere o in quale nome voi avete fatto questo?». Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,1-12).

Con Gesù sorge una vita nuova sulla terra. In Lui, per Lui, con Lui si diviene un solo corpo. Come solo corpo, nel solo corpo, si vive di armonia e di pace, di comunione e di condivisione, di concordia e gioia, di rispetto e grande carità. Ma solo nel suo corpo, non fuori di esso. Il leone, la pantera, l’aspide solo divenendo suo corpo perdono la loro natura e ne ricevono una tutta spirituale. Solo vivendo di Cristo e con Cristo, la natura spirituale non torna natura animale, vecchia natura pronta ad uccidere. Il corpo di Cristo è il solo “luogo” nel quale si vive di pace. Fuori del corpo di Cristo il leone rimane leone, la pantera resta pantera, l’aspide continuerà a mordere e a uccidere. Altra verità vuole che quanti non sono corpo di Cristo si avventano contro il corpo di Cristo per divorarlo, consumarlo. Il corpo di Cristo si lascerà divorare e consumare, perché è proprio di esso non conoscere il male. Dal corpo di Cristo il male si vince con il bene, le ingiustizie con la giustizia, la persecuzione con la preghiera, l’odio con l’amore. Il male potrà prendersi un corpo. Mai si prenderà spirito e anima.

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa.

La verità di Cristo oggi è in pericolo. Non si vuole più la radice di Iesse a vessillo di tutti i popoli. Neanche più si vuole una salvezza differente, specifica, che possa fare distinzione tra uomo e uomo. Si desidera invece una salvezza senza verità, senza giustizia, senza carità, senza trascendenza, senza Cristo, senza la Chiesa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

6 DICEMBRE

Eliminerà la morte per sempre

Is 25,6-10a; Sal 22,1-6; Mt 15,29-37.

La morte per sempre mai sarà eliminata. Essa sarà trasformata in morte eterna. La morte sarà eliminata per sempre dalla celeste Gerusalemme, dall’abitazione di Dio con gli uomini. Questa verità va gridata ad ogni uomo. La redenzione di Cristo non agisce direttamene sulla natura. Nel regno di Dio non si entra per natura, ma per volontà. La volontà è della singola persona. Si entra in Cristo per la fede, ci si consegna a Lui, consegnandoci alla sua Parola, si cammina verso la città eterna nella quale non regnerà più la morte, la maledizione, l’arsura, il dolore, le lacrime, la sofferenza. Nella Gerusalemme del Cielo si abiterà in Dio e si gusterà la sua vita eterna.

Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,13-17).

In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. E mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall’altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all’anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli (Ap 21, 22-22-5).

La terra è il regno delle due morti: morte fisica e morte spirituale. Con la fede in Cristo usciamo dalla morte spirituale perché ci ricolmiamo di vita eterna. Non usciamo però dalla morte fisica. Questa va vissuta. Ad essa ci si deve sottomettere. Essa è il frutto del primo peccato. Solo con l’avvento dei nuovi cieli e della nuova terra avverrà per opera del Dio Onnipotente la risurrezione. Ma anche con la risurrezione non si porrà fine alla morte. I giusti entreranno per sempre nella gloria del loro corpo nella vita eterna. I reprobi, gli operatori di iniquità, gli idolatri e gli immorali, i bestemmiatori, i ladri e quanti hanno operato iniquamente, finiranno nella morte eterna dell’inferno.

Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».

La storia a questo serve. È un tempo di grazia del Signore. Si predica Cristo, si annunzia Lui come il solo monte del Signore. Si invita ogni uomo alla conversione in Lui e alla fede nel suo Vangelo, si fa colui che crede un solo corpo con Cristo, mediante la rigenerazione da acqua e da Spirito Santo, in Cristo, con Cristo, per Cristo si cammina verso il monte eterno di Dio, sul quale il Signore si sta accingendo a preparare il banchetto della vita. Quanti non entrano in Cristo, rimangono nella morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola in Cristo.

 

7 DICEMBRE

Aprite le porte: entri una nazione giusta

Is 26,1-6; Sal 117,1.8-919-21.25.27a; Mt 7,21.24-27.

La città della pace e della salvezza è la Chiesa, il corpo di Cristo. Gesù è anche la via per entrare in Lui e in Lui abitare. Si entra in Cristo da santi, non da peccatori. Ci si converte, ci si pente, ci si lascia battezzare, si viene santificati dallo Spirito, si diviene corpo di Cristo, per la via di Cristo, si avanza verso la Città eterna del cielo, verso la Città della pace e della vita eterna che sono il Padre e Cristo Gesù nello Spirito Santo.-

E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte».

Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Colui che mi parlava aveva come misura una canna d’oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall’angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente (Ap 21,-121).

Non si può entrare nella Gerusalemme celeste eterna se non si entra nella Gerusalemme della terra che è la Chiesa, il Corpo di Cristo. È il Corpo di Cristo la via, la verità, la vita oggi e via, verità, vita sono nel Corpo di Cristo. È il Corpo di Cristo il “veicolo” che ci trasporta nella Gerusalemme celeste, perché solo Cristo è il Buon Pastore che ci conduce alle sorgenti della vita eterna. Non solo la Chiesa deve aprire le sue porte, ma anche mai dovrà chiuderle ad alcuno. Le porte della Chiesa sono sempre aperte, di notte e di giorno. Tutti possono entrare. Tutti sono invitati ad entrare.

In quel giorno si canterà questo canto nella terra di Giuda: «Abbiamo una città forte; mura e bastioni egli ha posto a salvezza. Aprite le porte: entri una nazione giusta, che si mantiene fedele. La sua volontà è salda; tu le assicurerai la pace, pace perché in te confida. Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, l’ha rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo. I piedi la calpestano: sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri».

Oggi grande è la stoltezza cristiana e la sua empietà. Si è persa la fede nella Chiesa come la sola città della vera salvezza, della vera vita eterna. Urge ritrovarla.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede vera nella Chiesa.

 

8 DICEMBRE

Io porrò inimicizia fra te e la donna

Gen 3,9-15.20; Sal 97,1-4; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38.

Adamo ed Eva peccano. Sono nella morte. Il Signore viene, ratifica la sentenza precedentemente data, riapre all’uomo le porte della vera speranza. Lui potrà ritornare nella vita. Potrà sconfiggere il serpente. Potrà vivere in inimicizia con esso. Potrà schiacciargli il capo. Non perché l’uomo per le sole sue forze sarà capace di tutto questo, ma perché sarà il Signore ad operare la sconfitta del serpente. Esaminiamo le parole proferite oggi al serpente e comprenderemo.

“Io porrò inimicizia fra te e la donna”: Chi pone, chi crea, chi opera l’inimicizia tra il serpente e la donna è il Signore. È sua esclusiva opera. Non è in potere della donna creare questa inimicizia. La donna da questo momento è in potere del serpente. Essa è parte del suo regno e vive nel regno della morte. Noi sappiamo che è stato Dio a creare la donna in eterno nemica del serpente e questa donna è Maria di Nazaret. Lei è stata piena di grazia fin dal primo istante del suo concepimento. Fu sempre vergine nel corpo, nello spirito, nell’anima per il suo Signore. Mai è stata di una sola creatura. Lei è stata sempre tutta, sempre, del suo Dio. Lei mai ha conosciuto il male, neanche nella sua forma più insignificante, lieve, venialissimo. Sempre tutta santa, tutta pura, tutta immacolata, tutta della santità del suo Dio, tutta nell’obbedienza al suo Signore.

“Fra la tua stirpe e la sua stirpe”: L’inimicizia non sarà solo fra il serpente e la donna, ma anche fra tutti coloro che sono di obbedienza al serpente e quanti saranno di obbedienza a Dio. Quanti sono figli della Nuova Eva sono tutti nell’inimicizia con il serpente. Se non vivono in inimicizia con lui, non sono più figli, stirpe della donna. Hanno abbandonato la via della vita, percorrono la via della morte e sono nell’obbedienza al serpente. Stirpe di Dio, stirpe di Cristo, stirpe della donna e stirpe del serpente dovranno vivere in inimicizia eterna. Se vi è amicizia è segno che si è divenuti stirpe di Satana. Si è smesso di essere stirpe della donna, di Cristo, di Dio.

“Questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”: La donna e la stirpe della donna schiacceranno la testa al serpente. Il serpente insidierà la donna e la stirpe della donna al calcagno. Potrà togliere la vita del corpo, ma non dell’anima, non dello spirito. Infatti Satana tolse il corpo a Cristo, ma solo per pochissimo tempo. Glielo tolse e lo ha appeso sulla croce. Lo ha anche fatto deporre in un sepolcro. Ma poi Cristo è risorto e il serpente non ha più alcun potere sopra di Lui, neanche più sul suo corpo. Ora il corpo di Cristo, ma anche della donna, è glorioso, incorruttibile, immortale, glorioso nei cieli, presso il Padre suo. Per questo uno è stirpe di Cristo nella fede, nella verità, nella carità, nella giustizia: per schiacciare la testa al serpente, per vivere in inimicizia con esso sulla terra e nei cieli. Se non crea inimicizia, non è vera stirpe di Cristo.

Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Il cristiano, vera stirpe di Cristo e della Donna, deve vivere sulla terra per realizzare questa profezia di Dio. L’inimicizia dovrà essere piena, perfetta, così piena e perfetta come è stata l’inimicizia della Donna e di Cristo Signore. Oggi purtroppo si vuole convivere con il peccato ed essere dichiarati stirpe della Donna, stirpe di Cristo. Si vuole anche che non venga affermata nessuna differenza tra chi è stirpe della Donna e di Cristo da chi non lo è. Se prima vi era indifferenza, oggi non si vuole la differenza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera stirpe di Cristo Gesù.

 

9 DICEMBRE

Questa è la strada, percorretela

Is 30,19-21.23-26; Sal 146,1-6; Mt 9,35-38-10,1.6-8.

La Parola di Dio si illumina con la Parola di Dio. La Parola di Dio si comprende con la Parola di Dio. Il perdono e la misericordia del Signore sono dati secondo il Salmo perché il Signore sa di cosa siamo stati plasmasti: di fango e di polvere. L’uomo corrotto è natura di peccato e di disobbedienza. Per questo può chiedere perdono al Signore. Ma non per questo è giustificato nel suo peccato e nella sua trasgressione. Per questo lui è chiamato non solo al pentimento, ma anche alla conversione. Lui può operare il bene con la grazia di Dio. Può e deve. Conosce la strada che è la sua Parola, può percorrerla, deve percorrerla. Non può compiere il male e giustificarsi in nome della sua natura, della sua polvere. L’uomo non è condannato al male.

Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza. Il Signore compie cose giuste, difende i diritti di tutti gli oppressi. ha fatto conoscere a Mosè le sue vie, le sue opere ai figli d’Israele. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe.

Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono, perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere. L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni! Come un fiore di campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più, né più lo riconosce la sua dimora. Ma l’amore del Signore è da sempre, per sempre su quelli che lo temono, la sua giustizia per i figli dei figli, per quelli che custodiscono la sua alleanza e ricordano i suoi precetti per osservarli. Il Signore ha posto il suo trono nei cieli e il suo regno domina l’universo. Benedite il Signore, angeli suoi, potenti esecutori dei suoi comandi, attenti alla voce della sua parola. Benedite il Signore, voi tutte sue schiere, suoi ministri, che eseguite la sua volontà. Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in tutti i luoghi del suo dominio. Benedici il Signore, anima mia (Sal 103 (102) 1-22).

Questa verità accompagna tutta la Scrittura. Tant’è che Dio promette di estirpare il cuore di pietra e al suo posto mettere un cuore di carne, così l’uomo non potrà più dire: sono polvere e cenere, il peccato mi è connaturale. Nessun peccato è più connaturale. Non lo è mai stato. Con il cuore nuovo mai lo si potrà dichiarare. Eppure oggi, nel tempo della grazia e del dono dello Spirito Santo, si è ritornati a questo vecchio pensiero. Si dice che il peccato è connaturale e che con esso si deve convivere. Si pensa come se il peccato fosse essenza della vita dell’uomo, frutto del suo corpo. Questo pensiero è così nefasto da rendere vana la grazia dei sacramenti e la stessa nuova creazione operata dallo Spirito Santo nell’uomo. È il disastro cristiano.

Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione e l’acqua della tribolazione, non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: «Questa è la strada, percorretela», caso mai andiate a destra o a sinistra. Allora egli concederà la pioggia per il seme che avrai seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita, ventilata con la pala e con il vaglio. Su ogni monte e su ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti d’acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri. La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse.

Se Dio solo perdonasse e l’uomo rimanesse nella natura di morte, potrebbe essere anche comprensibile la difficoltà di liberarsi da ogni peccato. Ma il Signore ha creato nuovamente l’uomo, lo ricrea con il suo Santo Spirito. Il peccato può essere vinto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la fede nella grazia.

10 DICEMBRE – II DOMENICA DI AVVENTO B

Nel deserto preparate la via al Signore

Is 40,1-5.9-11; Sal 84,9-14; 2 Pt 3,8-14; Mc 1,1-8.

L’uomo è capace di creare schiavitù fisica e spirituale. È albero che fruttifica ogni odio, concupiscenza, rancore, superbia, avarizia, lussuria, immoralità, idolatria. Tutti i mali fruttificati dal cuore dell’uomo producono morte non solo fisica, ma anche sociale, politica, economica, morale, spirituale. Questa morte poi si consumerà nella morte eterna, riservata per tutti gli operatori di iniquità e per coltivatore e diffusore di idolatria e immoralità. Questo è l’albero umano e questi sono i suoi frutti. Il Libro della Sapienza ci rivela che quest’albero, quando si consegna all’idolatria, non conosce e non rispetta più neanche le verità più elementari della sua natura. Tutto corrompe e tutto avvolge di falsità, menzogna. Tutto deturpa. È come se fosse solo massa di concupiscenza.

Inoltre non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, ma, vivendo nella grande guerra dell’ignoranza, a mali tanto grandi danno il nome di pace. Celebrando riti di iniziazione infanticidi o misteri occulti o banchetti orgiastici secondo strane usanze, non conservano puri né la vita né il matrimonio, ma uno uccide l’altro a tradimento o l’affligge con l’adulterio. Tutto vi è mescolato: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro, sconcerto dei buoni, dimenticanza dei favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini nei matrimoni, adulterio e impudicizia. L’adorazione di idoli innominabili è principio, causa e culmine di ogni male. Infatti coloro che sono idolatri vanno fuori di sé nelle orge o profetizzano cose false o vivono da iniqui o spergiurano con facilità. Ponendo fiducia in idoli inanimati, non si aspettano un castigo per aver giurato il falso. Ma, per l’uno e per l’altro motivo, li raggiungerà la giustizia, perché concepirono un’idea falsa di Dio, rivolgendosi agli idoli, e perché spergiurarono con frode, disprezzando la santità. Infatti non la potenza di coloro per i quali si giura, ma la giustizia che punisce i peccatori persegue sempre la trasgressione degli ingiusti. (Sap 14,22-31).

Chi è il nostro Dio? È il Riparatore di tutti i danni operati dall’uomo. Immaginiamo un vasto campo di grano o una stupenda vigna. L’uomo cammina avanti e tutto distrugge, sradica, devasta, più che cento capre e più che mille cinghiali. Il Signore passa dietro e deve riparare il grano “filo per filo” e la vigna “piede per piede”. Dio viene per rialzare l’uomo divorato, devastato, distrutto dal suo peccato e dalla sua malvagità, stoltezza, insipienza, cattiveria. Ha però bisogno dell’aiuto dell’uomo. Per questo gli chiede di preparare una strada appianata. All’uomo è chiesta la conversione alla Parola di Dio.

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

La conversione è la chiave che permette al Signore di entrare nel cuore e apportare in esso la giusta riparazione, perché possa camminare di fede in fede e di obbedienza in obbedienza, perennemente nell’ascolto della sua Parola. Il Signore chiede all’uomo non solo di lasciarsi aiutare nella riparazione, gli chiede che lo aiuti perché la riparazione possa essere efficace, duratura. Dio può anche venire e di fatto viene, ma se l’uomo non aiuta il suo Signore, mettendo la sua buona volontà nella conversione e nel dare al suo Dio la chiave della sua volontà, nulla potrà essere operato per la sua salvezza eterna. Questo errore oggi sta conquistando i cuori di tutti. Ormai si dice che la salvezza eterna è data a tutti, senza alcun bisogno che l’uomo dia a Dio la chiave del suo cuore, della sua volontà, della sua mente. È la stoltezza la chiave della morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni insipienza.

 

11 DICEMBRE

Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore

Is 35,1-10; Sal 84,9-14; Lc 5,17-26.

Il Dio di Abramo è il solo Dio Creatore della vera speranza. Per intenderci sulla verità della speranza creata dal Signore. Si vada a prima della creazione del cielo e della terra. Nulla esiste e nulla può essere prodotto. Vi è una speranza nella creazione. Si semina il grano, si spera che esso produca molti frutti. È una speranza per fruttificazione. Si lavora. Dall’operosità dell’uomo vengono fuori buoni prodotti. È una speranza per lavoro. Ma è sempre una speranza nella creazione. Dalla creazione viene fuori una vita che è già nella creazione. Non è di questa speranza che noi parliamo. Quella che annunzia il Signore è ben altra speranza.

Non esiste alcuna cosa. Il Signore crea non da materia preesistente tutte le cose. È una speranza dal nulla all’essere, dalla non vita alla vita, dalla non esistenza all’esistenza. Il popolo del Signore è disperso tra le nazioni. È nel nulla assoluto. Non vi è alcuna possibilità che possa ritornare nella sua terra. Viene il Signore e cosa annunzia? Lui prenderà questo suo popolo e lo farà ritornare nella sua terra. Verrà, lo raccoglierà tra i popoli nelle quali è stato disperso e lo condurrà in Gerusalemme. Farà tutto Lui. Lui spianerà la strada, preparerà la via, disporrà ogni altra cosa perché il suo popolo possa camminare spedito senza né intralci e né ritardi di nessun genere. Il Libro di Baruc ci annunzia che il Signore per fare procedere speditamente il suo popolo verso la sua terra spianerà rupi secolari e farà abbassare gli alberi per fare ombra.

Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: «Pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui (Bar 5,1-9).

La speranza creata da Dio è sempre una nuova creazione. Essendo opera di Dio non esistono confronti o paragoni o attese sul modello degli antichi prodigi del Signore. Che forse qualcuno avrebbe solamente potuto immaginare alla creazione della nuova speranza di Dio attraverso la via dell’incarnazione del suo Figlio Unigenito? E tutti gli altri misteri che nascono dall’incarnazione si sarebbero potuto immaginare? E cosa dire dell’Eucaristia, del Corpo di Cristo che è la Chiesa, della gloriosa risurrezione, della perenne effusione dello Spirito Santo, della stessa santità cristiana? La speranza annunziata dal Signore è per vera onnipotente sua creazione. Nulla gli è impossibile.

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa; nessun impuro la percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno. Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà o vi sosterà. Vi cammineranno i redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi dateci la fede nella speranza.

 

12 DICEMBRE

Ecco, il Signore Dio viene con potenza

Is 40,1-11; Sal 95,1-3.10-13; Mt 18,12-14.

Isaia è il profeta che ci rivela che la storia della salvezza e della redenzione – e non soltanto il cielo e la terra – è potente, onnipotente creazione del Signore, secondo la legge della creazione. Nulla esiste da sé. Tutto esiste per la Parola onnipotente e creatrice del Signore. Il popolo non esiste più. Esistono frammenti di esso. Così lo vede il profeta Ezechiele: un ammasso di ossa aride disperse e immobili nella valle.

La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio (Ez 37,1-14).

Isaia vede il popolo come erba secca, arida, senza vita, disperso dal vento tra le nazioni. Prendiamo una pianta di erba secca, riduciamola in frantumi piccolissimi, disperdiamo i minuscoli pezzi al vento d’uragano. Possiamo noi sperare di raccogliere tutti i pezzi, ricomporre la pianta e ridarle vita? Questo significa che il Signore viene con potenza. Lui raccoglie ogni minuscolo frammento, ricompone la pianta, infonde nuovamente la vita in essa. Questo è il mistero annunziato da Isaia e che il Signore si appresta a realizzare in favore del suo popolo. Il popolo si è frantumato e disperso. Il popolo è divenuto ossa aride. Il Signore viene per operare una nuova creazione.

«Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati». Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato». Una voce dice: «Grida», e io rispondo: «Che cosa dovrò gridare?». Ogni uomo è come l’erba e tutta la sua grazia è come un fiore del campo. Secca l’erba, il fiore appassisce quando soffia su di essi il vento del Signore. Veramente il popolo è come l’erba. Secca l’erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura per sempre. Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri».

O entriamo in questa purissima visione di fede, o non comprenderemo nulla del nostro Dio. Il Signore non è un rattoppatore di storie di peccato. Lui è il Creatore di una nuova vita, una nuova essenza, una nuova umanità, un nuovo essere, un nuovo popolo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, Fateci di fede pura e santa.

13 DICEMBRE

La sua intelligenza è inscrutabile

Is 40,25-31; Sal 102,1-4.8.10; Mt 11,28-30.

Qualcuno potrebbe pensare quanto il profeta sta dicendo è verità o fantasia? È verità del suo Dio oppure è parola vana creatrice di un’attesa vana? Non abbiamo noi eventi storici sui quali confrontarci. Il Libro della Sapienza pur esaminando e scrutando tutta la sapienza del Signore, nei fatti dell’Esodo giunge a presentare il Signore come un modellatore della sua creazione. Per Isaia non si tratta di modellare qualcosa. Quanto Lui annunzia può essere opera di purissima nuova creazione. Il popolo non esiste e Lui lo crea nuovamente. Tra modulare e creare vi è un abisso infinito.

Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi. Si vide la nube coprire d’ombra l’accampamento, terra asciutta emergere dove prima c’era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d’erba; coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi. Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati. Ricordavano ancora le cose avvenute nel loro esilio: come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare, come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane. Più tardi videro anche una nuova generazione di uccelli, quando, spinti dall’appetito, chiesero cibi delicati; poiché, per appagarli, dal mare salirono quaglie. Sui peccatori invece piombarono i castighi non senza segni premonitori di fulmini fragorosi; essi soffrirono giustamente per le loro malvagità, perché avevano mostrato un odio tanto profondo verso lo straniero.

Già altri infatti non avevano accolto gli sconosciuti che arrivavano, ma costoro ridussero in schiavitù gli ospiti che li avevano beneficati. Non solo: per i primi ci sarà un giudizio, perché accolsero ostilmente i forestieri; costoro invece, dopo averli festosamente accolti, quando già partecipavano ai loro diritti, li oppressero con lavori durissimi. Furono perciò colpiti da cecità, come quelli alla porta del giusto, quando, avvolti fra tenebre fitte, ognuno cercava l’ingresso della propria porta. Difatti gli elementi erano accordati diversamente, come nella cetra in cui le note variano la specie del ritmo, pur conservando sempre lo stesso tono, come è possibile dedurre da un’attenta considerazione degli avvenimenti. Infatti animali terrestri divennero acquatici, quelli che nuotavano passarono sulla terra. Il fuoco rafforzò nell’acqua la sua potenza e l’acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere. Le fiamme non consumavano le carni di fragili animali che vi camminavano sopra, né scioglievano quel celeste nutrimento di vita, simile alla brina e così facile a fondersi. In tutti i modi, o Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo (Sap 19,6-22).

La speranza di Dio non si fonda su una nuova modulazione del già esistente. Questa potrebbe essere speranza nella creazione. Quella di Dio è speranza senza la creazione, fuori di essa. È nuova creazione. Per questo non solo la sua intelligenza è inscrutabile. Nessuno riuscirà neanche ad immaginare le risorse della sua sapienza. Ma anche nessuno potrà mai scrutare le capacità della sua onnipotenza. Ebbene tutto il mistero della salvezza, della redenzione, della giustificazione è il frutto di questa sapienza e onnipotenza inscrutabili del nostro Dio. Nulla è dal cuore del profeta. Volendo immaginare l’Incarnazione e la Crocifissione di Dio neanche potrebbe.

«A chi potreste paragonarmi, quasi che io gli sia pari?» dice il Santo. Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato tali cose? Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e le chiama tutte per nome; per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza non ne manca alcuna. Perché dici, Giacobbe, e tu, Israele, ripeti: «La mia via è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio»? Non lo sai forse? Non l’hai udito? Dio eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile. Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.

La salvezza è un dono del Signore per nuova creazione. Lui viene, crea, l’uomo ritorna in vita. Il Signore non viene e non crea, per l’uomo si chiudono le porte della speranza. Gli manca il Creatore della vera speranza. Questa verità ancora è lontana dall’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera speranza.

 

14 DICEMBRE

Tuo redentore è il Santo d’Israele

Is 41,13-20; Sal 144,1.9-13; Mt 11,11-15.

Grande è l’amore del Signore. È grande non solo per le opere da Lui compiute o che compirà in favore e per la salvezza dei suoi figli. È molto più grande perché è Lui il Creatore della vera fede in essi. È questa la divina eterna infinita pazienza del Signore: chinarsi sul suo popolo e convincerlo a credere in Lui, in ogni sua Parola. Questa pietà e misericordia di Dio è narrata dal profeta Osea. È Lui che parla di Dio come Padre e di Israele come figlio, al quale insegna a camminare. Non esiste amore più grande.

Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Non ritornerà al paese d’Egitto, ma Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. La spada farà strage nelle loro città, spaccherà la spranga di difesa, l’annienterà al di là dei loro progetti. Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Seboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira. Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’occidente, accorreranno come uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore (Os 10,1-11).

È questa anche la grande carità di Cristo Gesù. Lui è tutto dedito ad insegnare ai suoi discepoli a credere in Lui. È questa l’opera più difficile. È facile dare un tozzo di pane ad un uomo. È facilissimo compiere miracoli. Difficile, anzi impossibile è insegnare ad un uomo come si crede. Difficile, anzi impossibile, è far sì che si rimanga nella fede insegnata. Ma se questa è stata l’opera di Dio e l’opera di Cristo, questa deve essere anche l’opera della Chiesa. Se essa non spende tutte le sue energie a creare negli uomini la vera fede, la sua carità è vana come vani erano i miracoli di Gesù Signore. Maestro nell’insegnare la vera fede è San Paolo. Lui spende tutta la sua vita in quest’opera impossibile. Lui sa quanto è difficile conservare la fede e crescere in essa e per questo non smette mai il suo ministero di maestro e apostolo della fede.

Poiché io sono il Signore, tuo Dio, che ti tengo per la destra e ti dico: «Non temere, io ti vengo in aiuto». Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva d’Israele; io vengo in tuo aiuto – oracolo del Signore –, tuo redentore è il Santo d’Israele. Ecco, ti rendo come una trebbia acuminata, nuova, munita di molte punte; tu trebbierai i monti e li stritolerai, ridurrai i colli in pula. Li vaglierai e il vento li porterà via, il turbine li disperderà. Tu, invece, gioirai nel Signore, ti vanterai del Santo d’Israele. I miseri e i poveri cercano acqua, ma non c’è; la loro lingua è riarsa per la sete. Io, il Signore, risponderò loro, io, Dio d’Israele, non li abbandonerò. Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in zona di sorgenti. Nel deserto pianterò cedri, acacie, mirti e ulivi; nella steppa porrò cipressi, olmi e abeti; perché vedano e sappiano, considerino e comprendano a un tempo che questo ha fatto la mano del Signore, lo ha creato il Santo d’Israele.

Dio ha i suoi principi di verità sui quali fondare ed educare alla fede nella sua profezia. Anche Cristo Gesù possiede i suoi principi di verità e su di essi educa alla fede i suoi apostoli e discepoli. La Chiesa non può pensare che basti scrivere un Catechismo perché il popolo di Dio ravvivi la sua fede. Il Catechismo serve come punto stabile di orientamento. Essa però deve dinanzi ad ogni uomo trovare i principi validi così come faceva Gesù Signore. Ad ogni persona sapeva cosa dire, come dirla, quando dirla. L’educazione alla fede è l’opera più difficile per ogni ministro della Parola. Noi pensiamo che basti una omelia o una catechesi. Queste cose spesso lasciano il cuore vuoto. Occorre quel rapporto personalissimo e quel dialogo con il cuore dell’altro. Se la parola non penetra nel cuore, nessuna fede nascerà e l’uomo rimarrà albero secco.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnate la scienza della fede.

15 DICEMBRE

Se avessi prestato attenzione ai miei comandi

Is 48,17-19; Sal 1,1-4.6; Mt 11,16-19.

Perché l’uomo è nella morte? Perché non ha ascoltato la voce del Signore che gli aveva proibito di mangiare dell’albero della conoscenza del bene del male. Perché oggi Israele è disperso tra le genti? Perché è stato privato della sua terra? Perché è stato ridotto in schiavitù? La risposta è sempre la stessa. Perché non ha ascoltato il Signore. Non solo non lo ha ascoltato, si è anche ostinato a camminare sulle sue vie di idolatria e di immoralità, consumando i suoi giorni in una obbedienza ad ogni Parola che il Signore gli faceva giungere con premura e sempre per mezzo dei suoi profeti. Il profeta Baruc, ora che il popolo ha il tempo per meditare, lo invita a riflettere, indicandogli il motivo, qualora ancora non lo avesse compreso, della sua miserevole condizione.

Ascolta, Israele, i comandamenti della vita, porgi l’orecchio per conoscere la prudenza. Perché, Israele? Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi? Tu hai abbandonato la fonte della sapienza! Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace. Impara dov’è la prudenza, dov’è la forza, dov’è l’intelligenza, per comprendere anche dov’è la longevità e la vita, dov’è la luce degli occhi e la pace. Ma chi ha scoperto la sua dimora, chi è penetrato nei suoi tesori? Dove sono i capi delle nazioni, quelli che dominano le belve che sono sulla terra? Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo, quelli che ammassano argento e oro, in cui hanno posto fiducia gli uomini, e non c’è un limite ai loro possessi? Coloro che lavorano l’argento e lo cesellano senza rivelare il segreto dei loro lavori? Sono scomparsi, sono scesi negli inferi e altri hanno preso il loro posto. Generazioni più giovani hanno visto la luce e hanno abitato sopra la terra, ma non hanno conosciuto la via della sapienza, non hanno compreso i suoi sentieri e non si sono occupate di essa; i loro figli si sono allontanati dalla loro via. Non se n’è sentito parlare in Canaan, non si è vista in Teman. I figli di Agar, che cercano la sapienza sulla terra, i mercanti di Merra e di Teman, i narratori di favole, i ricercatori dell’intelligenza non hanno conosciuto la via della sapienza, non si sono ricordati dei suoi sentieri. O Israele, quanto è grande la casa di Dio, quanto è esteso il luogo del suo dominio! È grande e non ha fine, è alto e non ha misura! (Bar 3, 9-25).

Se la causa dell’esilio è la disobbedienza alla Parola del Signore, il compimento della speranza annunziata dal Signore non potrà compiersi se non nel ritorno del popolo nella Parola di Dio. Il popolo si pente, si converte, ritorna nella Parola, ritornando nella Parola, ritorna in Dio, in Dio, preso da Dio, ritornerà nella sua terra. Mai ci stancheremo di gridarlo: non si crede in Dio, si crede nella Parola di Dio. È la Parola che va ascoltata. È’ alla Parola che va data ogni obbedienza. Fede non è pensare su Dio. Fede è obbedire alla Parola di Dio. Si ascolta, si obbedisce, tutto il bene annunziato dalla Parola si compie. Non si ascolta, non si crede, tutto il male annunziato nella Parola di compie. La preghiera non è chiedere cose per rimanere nella morte, è chiedere a Dio ogni aiuto di grazia e verità per ritornare nella Parola. Quando si è nella Parola, tutti i beni contenuti nella Parola si riversano su di noi. La preghiera diviene benedizione e lode per il nostro Dio. Si fa attestazione di perenne ringraziamento.

Dice il Signore, tuo redentore, il Santo d’Israele: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare. Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare. La tua discendenza sarebbe come la sabbia e i nati dalle tue viscere come i granelli d’arena. Non sarebbe mai radiato né cancellato il suo nome davanti a me».

Il Signore lo proclama con divina ed eterna chiarezza: se Israele avesse ascoltato il suo Signore non solo non sarebbe ora in esilio, godrebbe di tutti i beni contenuti nella Parola. Dio mai viene meno ad una sola sua promessa. La promessa di Dio si compie però solo nella sua Parola. Dio agisce dalla Parola, per la Parola, nella Parola. L’uomo si pone fuori della Parola? Dio non può agire con lui se non per riportarlo nella Parola. Tutti i profeti non sono stati mandati –tranne qualcuno – a compiere miracoli. Sono stati inviati invece ad invitare il popolo a tornare nella Parola. Tutto è nella Parola di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, collocateci nella Parola di Dio.

16 DICEMBRE

Per ricondurre il cuore del padre verso il figlio

Sir 48,1-4.9-11; Sal 79,2-3b.15-16.18-19; Mt 17,10-13.

Elia è vissuto in un tempo di universale idolatria. La terra d’Israele era governata da un esercito sterminato di falsi profeti, che alimentavano il popolo di idolatria che sfociava in ogni immoralità. Sul monte Carmelo sfidò i falsi profeti trucidandoli tutti.

Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!».

Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.

Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!». Li afferrarono. Elia li fece scendere al torrente Kison, ove li ammazzò (1Re 18,20-40).

Elia è profeta forte, risoluto, audace. Anche al re e alla regina manifesta l’iniquità che si annida nel loro cuore. Lui ha nel cuore la verità del suo Dio e la difende, chiedendo ad ogni figlio di Israele conversione all’unico e solo vero Dio di tutta la terra.

Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco; tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe. Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore, perché è certo che anche noi vivremo.

Il suo Spirito di fortezza e di verità non è salito con lui sul carro di fuoco. È rimasto ad Eliseo. Questo suo Spirito di nuovo sarà dato ad un altro uomo perché agisca con la sua stessa fermezza nella fede, nel convincimento, nella decisione. Anche chi riceverà il suo Spirito non dovrà temere né il re e né la regina, vera o presunta. Lui dovrà annunziare la purissima parola del Signore, invitando tutti alla conversione al vero Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci della fortezza di Elia.

17 DICEMBRE – III DOMENICA DI AVVENTO B

Lo spirito del Signore Dio è su di me

Is 61,1-2.10-11; Sal Lc 1,46-54; 1 Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28.

Nessuno potrà compiere una sola Parola del Signore se lo Spirito di Dio non è sopra di Lui. Come la Parola viene dallo Spirito di Dio così potrà essere vissuta solo nello Spirito di Dio. Neanche la si potrà annunziare senza la potenza dello Spirito Santo. Nello Spirito essa è data, nello Spirito accolta, nello Spirito vissuta, nello Spirito realizzata. Lo Spirito è la vita e la verità della Parola. Chi vuole essere nella vita e nella verità della Parola, chi vuole dare la vita che è nella Parola assieme alla sua verità deve abitare nello Spirito di Dio e lo Spirito di Dio deve abitare in Lui. Il profeta Isaia annunzia che il Messia di Dio che verrà sarà pieno dello Spirito del Signore. La pienezza dello Spirito si poserà sopra di Lui. Lo Spirito lo colmerà e Lui potrà realizzare tutta la Parola di Dio, compiendo l’opera che il Signore gli ha comandato.

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore, per manifestare la sua gloria. Riedificheranno le rovine antiche, ricostruiranno i vecchi ruderi, restaureranno le città desolate, i luoghi devastati dalle generazioni passate. Ci saranno estranei a pascere le vostre greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli. Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti. Vi nutrirete delle ricchezze delle nazioni, vi vanterete dei loro beni.

Invece della loro vergogna riceveranno il doppio, invece dell’insulto avranno in sorte grida di gioia; per questo erediteranno il doppio nella loro terra, avranno una gioia eterna. Perché io sono il Signore che amo il diritto e odio la rapina e l’ingiustizia: io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un’alleanza eterna. Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, la loro discendenza in mezzo ai popoli. Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

Questa profezia è fatta propria da Cristo Signore nella sinagoga di Nazaret e applicata alla sua Persona, liberandola da ogni elemento appartenente ancora all’Antico Testamento e alle sue esigenze storiche. Non è la lettera della profezia che appartiene a Gesù Signore, ma la pienezza della sua verità colta nello Spirito Santo.

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,16-21).

Questa regola vale per tutta la Parola del Signore. Si invoca lo Spirito Santo, Lui viene con potenza su di noi, prende la nostra intelligenza, illumina la nostra mente e ci fa assumere della Parola ciò che in quel momento storico serve alla nostra vita o alla vita dei fratelli. È lo Spirito Santo la vita e la verità della Parola. È sempre lo Spirito che trae dalla Parola la vita e la verità che oggi deve animare la nostra storia. Se ci separiamo dallo Spirito, viviamo un rapporto falso con la Parola. L’assumiamo senza né vita né verità. Ci manca l’autore della vita e della verità della Parola. Viene Gesù, il Padre lo colma del suo Spirito, Lui prende la Parola del Padre e le dona pienezza di vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di vita e verità.

 

18 DICEMBRE

Susciterò a Davide un germoglio giusto

Ger 23,5-8; Sal 71,2.12-13.18-19; Mt 1,18-24.

Ogni profezia di Dio è gelosamente custodita nel suo cuore e Lui vigila su di essa perché giunga a realizzazione secondo la pienezza della verità che lo stesso Dio ha posto in essa. Non è la lettera della profezia che giunge a maturazione, ma sempre la verità eterna di cui essa è portatrice. Poiché la verità eterna solo il Signore la conosce, solo Lui sa in quale modalità storica essa si realizzerà. Chi pertanto vuole leggere e interpretare le divine profezie, dovrà sempre essere pieno di Spirito Santo. Poiché ogni Parola di Dio è sua profezia, anche per una sola Parola di Dio, se la si vuole conoscere secondo divina verità, si deve essere pieni di Spirito Santo. Senza lo Spirito di Dio mai si potrà entrare neanche in una sola Parola profetica e trarre da essa la divina verità.

È questo il grande mistero della profezia: la sua realizzazione è divinamente sorprendente. Osservando bene la storia, il Messia di Dio, pur essendo carne di Abramo, carne di Davide, la discendenza secondo la carne non è data dal ramo maschile, ma da quello femminile. Eppure della madre di Gesù non vi è nessuna genealogia che la faccia risalire a Davide, perché la discendenza è dagli uomini e non dalle donne. La carne di Gesù è attinta tutta dalla madre, perché lei concepisce per opera dello Spirito Santo. Giuseppe dona a Gesù la discendenza legale. Lo fa suo figlio secondo la legge, lo spirito, il cuore. Ne fa un figlio di adozione. È come se nascesse dal suo cuore e dal suo spirito, dalla sua anima e dalla sua volontà, ma non dalla sua carne. Il suo corpo non partecipa in nessun modo alla sua generazione.

Tutte le profezie, prima del loro compimento, sono sempre difficili da comprendere. Mancano i dati storici della loro realizzazione. Ma questi dati del loro compimento da soli non sono sufficienti per dire che una profezia si è realizzata. Ancora una volta occorre lo Spirito Santo che attesti e certifichi con la sua Parola di rivelazione che è in quell’evento che la profezia antica si avvera. La storia è profetizzata dalla Parola e dalla Parola sempre dovrà essere letta. Ma chi dona la Parola prima e dopo è solo e sempre lo Spirito Santo. Senza lo Spirito del Signore la profezia non è data, ma neanche la storia viene letta e compresa nella sua divina verità. Questo ci aiuta a capire come mai possono essere dette profezie tutti quegli scritti che non vengono né prima e né dopo dalla Parola dello Spirito del Signore.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia. Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”; costoro dimoreranno nella propria terra».

Il germoglio giusto non viene solo per la salvezza del suo popolo. Secondo le molteplici profezie dello Spirito del Signore, è mandato da Dio per portare la luce della verità, della giustizia, della carità, nel dono della grazia della redenzione e della salvezza a tutte le genti. Il Cristo che verrà, l’Unto del Signore, nella sua carne è un dono d’Israele all’intera umanità. Anche se la sua predicazione inizia nel popolo del Signore, essa dovrà raggiungere anche le lontane isole. Ma solo la carne dona Israele al mondo, tutto il resto lo dona lo Spirito del Signore. Anche questa è verità che va annunziata. Cristo è insieme dono dell’uomo e di Dio, la parte messa da Dio supera all’infinito la parte messa dall’uomo. Per questo motivo Gesù può dire: “Il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non muoia, ma abbia la vita nel suo nome”. In Maria e Giuseppe il dono del Figlio costa l’offerta a Dio della loro vita, nel sacrificio della piena e totale consacrazione a lui del loro corpo, della loro anima, del loro spirito. Tutto di essi è dato a Dio per il più grande bene di Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la scienza della fede.

19 DICEMBRE

Egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei

Gdc 13,2-7.24-25a; Sal 70,3-6.16-17; Lc 1,5-25.

Dio vuole che il suo popolo sempre confessi che la salvezza è un dono del suo amore. È Dio che si “crea” gli uomini prima ancora di essere nel grembo della madre. Nessuno così potrà dire: “È per merito mio che il Signore vi ha salvato”. Questa gloria non è stata mai data e mai sarà data a nessun uomo. Altra verità da aggiungere vuole che se anche un uomo venisse chiamato in tardissima età, potrebbe compiere l’opera della salvezza dei suoi fratelli solo per mezzo dello Spirito del Signore. Sansone non è persona piena di forza capace per natura di realizzare la volontà del suo Dio. Lui può agire solo perché lo Spirito di Dio si posa su di lui e quando si posa su di lui. Se lo Spirito si ritira, lui diviene il più misero degli uomini come di fatto è avvenuto.

In seguito si innamorò di una donna della valle di Sorek, che si chiamava Dalila. 5Allora i prìncipi dei Filistei andarono da lei e le dissero: «Seducilo e vedi da dove proviene la sua forza così grande e come potremmo prevalere su di lui per legarlo e domarlo; ti daremo ciascuno millecento sicli d’argento». Dalila dunque disse a Sansone: «Spiegami da dove proviene la tua forza così grande e in che modo ti si potrebbe legare per domarti». Sansone le rispose: «Se mi si legasse con sette corde d’arco fresche, non ancora secche, io diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Allora i capi dei Filistei le portarono sette corde d’arco fresche, non ancora secche, con le quali lo legò. L’agguato era teso in una camera interna. Ella gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». Ma egli spezzò le corde come si spezza un filo di stoppa quando sente il fuoco. Così il segreto della sua forza non fu conosciuto. Allora ella gli disse: «Come puoi dirmi: “Ti amo”, mentre il tuo cuore non è con me? Già tre volte ti sei burlato di me e non mi hai spiegato da dove proviene la tua forza così grande». Ora, poiché lei lo importunava ogni giorno con le sue parole e lo tormentava, egli ne fu annoiato da morire e le aprì tutto il cuore e le disse: «Non è mai passato rasoio sulla mia testa, perché sono un nazireo di Dio dal seno di mia madre; se fossi rasato, la mia forza si ritirerebbe da me, diventerei debole e sarei come un uomo qualunque». Allora Dalila vide che egli le aveva aperto tutto il suo cuore, mandò a chiamare i prìncipi dei Filistei e fece dir loro: «Venite, questa volta, perché egli mi ha aperto tutto il suo cuore». Allora i prìncipi dei Filistei vennero da lei e portarono con sé il denaro. Ella lo addormentò sulle sue ginocchia, chiamò un uomo e gli fece radere le sette trecce del capo; cominciò così a indebolirlo e la sua forza si ritirò da lui. Allora lei gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». Egli, svegliatosi dal sonno, pensò: «Ne uscirò come ogni altra volta e mi svincolerò». Ma non sapeva che il Signore si era ritirato da lui. I Filistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con una doppia catena di bronzo. Egli dovette girare la macina nella prigione (Gdc 16,4-21).

Lo Spirito di Dio si ritira e Sansone non è più capace di nulla. Questa legge vale per ogni uomo sulla terra. Senza lo Spirito di Dio che lo guida con la sua sapienza, intelligenza, forza, prudenza, consiglio, il bene secondo Dio, che è sempre bene di salvezza per l’uomo, mai si potrà fare. Più è forte lo Spirito e più si può essere servi del Signore per realizzare ogni sua volontà di salvezza e di redenzione.

C’era allora un uomo di Sorea, della tribù dei Daniti, chiamato Manòach; sua moglie era sterile e non aveva avuto figli. L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guàrdati dal bere vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro. Poiché, ecco, tu concepirai e partorirai un figlio sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio fin dal seno materno; egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei». La donna andò a dire al marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva l’aspetto di un angelo di Dio, un aspetto maestoso. Io non gli ho domandato da dove veniva ed egli non mi ha rivelato il suo nome, ma mi ha detto: “Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere vino né bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte”». E la donna partorì un figlio che chiamò Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse. Lo spirito del Signore cominciò ad agire su di lui.

È il Signore che sceglie chi deve operare sulla terra la sua salvezza. È anche Lui che dona lo Spirito Santo, senza il quale mai si potrà realizzare una sola opera di Dio, neanche la più piccola e insignificante. Nessuna gloria per l’uomo. È tutta del Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

20 DICEMBRE

La vergine concepirà e partorirà un figlio

Is 7,10-14; Sal 23,1-6; Lc 1,26-38.

Quanto Isaia annunzia ad Acaz: “La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”, di certo avrà due compimenti storici, uno prossimo e l’altro remoto. Il compimento prossimo serve come segno per attestare che il futuro è tutto nelle mani del Signore. Ciò che l’uomo non vede Dio lo vede e ciò che l’uomo non ha ancora progettato il Signore lo annunzia come già accaduto. Tutta la storia è saldamente ancorata nelle mani del Signore. È Lui che di volta in volta apre i sigilli e gira le pagine secondo la sua divina ed eterna volontà. Acaz può passare dalla sua malvagia incredulità ad una fede vera nel Dio dell’Alleanza e della storia. Può riavvicinarsi al Signore. Può fidarsi di Lui. Gli sta parlando per il suo bene e il bene del suo popolo. Per il momento nessuno entrerà in Gerusalemme. Così è deciso dal Signore e così avverrà. Non vi sono uomini sulla terra che possono sfidare Dio.

La profezia non ha solamente un compimento immediato. In essa ne è contenuto uno per i tempi futuri. La sua verità, quando essa sarà svelata, ci porterà al cuore del mistero di Dio. Prima di tutto perché la Vergine che concepisce rimarrà Vergine in eterno. È Madre ed è Vergine allo stesso tempo. Ma ancor di più, il suo concepimento non solo è unico nella storia dell’umanità, è anche irripetibile. Non perché sia avvenuto per opera dello Spirito Santo. Per miracolo del Signore ogni altra donna potrebbe concepire. Il Dio che ha dato alla natura la legge del concepimento e lo stesso Dio che potrebbe interromperla. Ma non è così, mai sarà così, perché sempre il Signore obbedisce alle sue leggi che sono il frutto della sua eterna sapienza e divina verità.

Il concepimento della Vergine è unico, solo, irripetibile perché chi si fa uomo nel suo seno è il Figlio Eterno del Padre, il Verbo Eterno, quel Verbo che è in principio presso Dio, che è in principio, che da sempre è Dio e per mezzo del quale tutto è stato fatto di ciò che esiste. Il Creatore del cielo e della terra e di quanto vi è negli abissi del cielo e del mare e sulla stessa terra, si è incarnato in quel seno verginale per opera dello Spirito Santo. Dio, il Figlio di Dio, in lei si fa carne, diviene perfetto uomo. Non lascia ciò che era. Assume ciò che non era. Ora è evidente che mai Acaz avrebbe potuto minimamente immaginare un così divino prodigio che supera in sé la stessa creazione dei cieli infiniti e degli abissi inesplorabili. Il segno per Acaz può essere solo il compimento immediato. Dio vede la storia prossima e la profetizza, rivelandosi così il Signore di ogni evento che avviene sulla terra. Ma anche questo è un segno di amore.

Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.

Come lo Spirito Santo ha messo la verità dell’Incarnazione della profezia che Isaia pronuncia alla presenza di Acaz, così dovrà essere lo Spirito Santo a rivelarci il suo compimento secondo pienezza di verità. La storia è come un iceberg. Noi vediamo una piccolissima parte della montagna. Lo Spirito Santo possiede tutta la verità e tutto il mistero. È Lui che di ogni Parola antica di Dio sempre dovrà rivelarci il momento storico del suo adempimento, se il suo adempimento avviene una sola volta nel tempo remoto o anche prossimo, se vi sono diverse modalità per il suo adempimento che in questo caso sarebbe una realizzazione continuativa. Chi è fuori o senza lo Spirito Santo non può leggere la Scrittura. Leggerà la Lettera, mai potrà vedere la verità posta in essa. Darà alla profezia interpretazioni e contenuti erronei che non fanno parte della rivelazione del Signore. Lo Spirito e l’uomo devono essere una cosa sola. Allora, solo allora, anche la Lettera e lo Spirito della Scrittura diventeranno una cosa sola. Allora avverrà anche che l’agiografo che ha scritto la Lettera diviene lo stesso che la interpreta. Nello Spirito Santo la Lettera è stata scritta e nello Spirito Santo è decifrata.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

 

21 DICEMBRE

Fammi sentire la tua voce

Ct 2,8-14; oppure: Sof 3,14-17; Sal 32,2-3.11-12.20-21; Lc 1,39-45.

Il Cantico dei Cantici può essere pensato come il canto di Adamo e di Eva, nel Giardino dell’Eden, quando la concupiscenza non era ancora nella loro mente e la passione non divorava i loro corpi. Il tal senso è il Canto dell’amore puro, santo, vero, che spinge l’uomo a cercare la donna e la donna a cercare l’uomo. È un amore che mai finisce, mai si arresta, mai si compie. È un amore che cerca sempre l’amore, perché l’amore vive solo cercando l’amore. Dopo il peccato, vi è possibilità che l’amore ritorni puro come un tempo? La possibilità è data dalla grazia di Cristo e dal dono dello Spirito Santo. Uno dei frutti dello Spirito di Dio è il governo e la padronanza di sé. Nel dominio di sé si libera l’amore da tutto ciò che è peccato e lo si vive secondo verità e bellezza. Questa verità e bellezza, libera da ogni concupiscenza, viene a noi insegnata e proposta dal Libro di Tobia. Ma per questo si deve uscire dall’ordine della natura di peccato ed entrare nella natura santificata e governata dallo Spirito Santo.

Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza». Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: «Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: “Non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui”. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con animo retto. Dégnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia». E dissero insieme: «Amen, amen!». 9Poi dormirono per tutta la notte (Tb 8,4-8).

Ma vi è un piano superiore che il Cantico dei Cantici vuole rivelarci: l’amore di Dio per la sua creatura fatta da Lui a sua immagine e somiglianza. Questo amore raggiunge la sua perfezione assoluta nell’Incarnazione. In questo mistero di unione ipostatica Dio si fa uomo. L’uomo viene assunto dalla persona del Figlio Eterno del Padre e costituito l’unica e sola via attraverso la quale Dio nella sua grazia, verità, giustizia, misericordia, Parola, rivelazione si dona ad ogni altro uomo. Lo sposalizio tra Dio e l’uomo assunto avviene sulla croce, nel dono totale dell’umanità al suo Signore nel suo Signore. Il Padre dei cieli completa lo sposalizio rendendo il corpo offerto di luce come Dio è luce. Trasformato in luce, il corpo di Cristo è dato ad ogni altro uomo perché possa portare, nello Spirito Santo, il suo sposalizio eterno con Cristo e in Cristo, nello Spirito Santo, con il Padre Celeste. È solo in questo sposalizio che l’amore raggiunge la sua verità, la sua perfezione, la sua divinizzazione, la sua eternità. È amore infinito ed eterno.

Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. L’amato mio somiglia a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate. Ora l’amato mio prende a dirmi: «Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico sta maturando i primi frutti e le viti in fiore spandono profumo. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole».

Ma vi è un altro amore che viene cantato. L’amore della Beata Trinità per la Vergine Maria. In questo amore il Padre prende Maria come sua purissima Figlia e in Lei riversa tutta la sua divina ed eterna carità. Il Figlio la sceglie come sua purissima Madre e si lascia da Lei concepire nel suo seno verginale e amare con tutto l’amore che il Padre giorno per giorno versa nel suo cuore. Lo Spirito Santo la sceglie come sua purissima e castissima sposa e rende fecondo il suo seno facendo nascere in esso il Verbo Eterno, il Figlio Unigenito del Padre. La vergine Maria risponde a questo amore donando tutta se stessa come vera figlia, vera madre, vera sposa, consacrando tutta se stessa a quest’ amore trinitario. Nel suo sì è racchiuso il mistero dell’amore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci amore nell’Amore vero.

 

22 DICEMBRE

Anch’io lascio che il Signore lo richieda

1 Sam 1,24-28; Sal 1 Sam 2,1.4-8; Lc 1,46-55.

La Scrittura è un abisso infinito di verità. Con esse il Signore non solo illumina la nostra vita, ci rivela cosa essa è nella sua realtà più profonda, più vera, più reale. Anzi queste verità ci mostrano cosa è la nostra essenza. Anna è senza figli, perché il suo seno è sterile. A questo dolore di natura, che ogni donna sterile è chiamata a vivere, si aggiunge per essa anche il dolore di peccato, che è il disprezzo e l’insulto della sua rivale. Se è possibile vivere il dolore di natura, difficile senza la grazia diviene vivere il dolore di peccato. Ma quasi tutto il dolore umano è un dolore di peccato. Il cuore dell’uomo è senza Dio e altro non fa se non aggiungere peccato a peccato e di conseguenza dolore a dolore. Il dolore di peccato è peccato gravissimo contro l’uomo.

Anna sa che solo il Signore può liberarla sia dal dolore di natura che da quello di peccato. Entra nel suo santuario, si pone con umiltà alla sua presenza e chiede un figlio. Il Signore ascolta il suo spirito affranto ed esaudisce la sua preghiera. Lei ha chiesto un figlio e il Signore glielo dona. Con il dono del figlio lei si compie come donna. Ecco ora il sublime pensiero che attraversa il cuore di Anna. Ma anche il Signore deve compiersi nel suo mistero di salvezza. Dio è colmo in se stesso. Non è però colmo in relazione alla sua opera di liberazione e di santificazione degli uomini. Per quest’opera ha bisogno di strumenti umani. Se in Dio non vi è dolore di natura, perché Lui è perfettissimo in se stesso, vi potrebbe essere un dolore di amore. Vuole salvare l’uomo, ma non può, perché nessun uomo si lascia chiamare da Lui per questa divina opera di salvezza. Questo è il pensiero di Anna e questo pensiero lacera il suo cuore. Essa vuole levare al suo Dio ogni dolore di amore, di compassione, di pietà.

Quando il bambino fu svezzato, lei lo porta al tempio per offrirlo al Signore. O meglio: chiede al Signore che lo richieda. Lei è pronta a darlo al Signore, solo però se il Signore lo richiede. Il Signore lo richiede e il figlio sarà richiesto in eterno per il Signore. Anna non impone al Signore il suo dono. Glielo offre, lasciandolo libero nella sua volontà. Lui può avere bisogno del figlio suo, ma anche potrebbe avere bisogno di altre persone per aiutarlo nella sua volontà di salvezza per la sua creatura. Ma anche quando ha chiesto il figlio ha lasciato il Signore nella sua piena libertà. Il Signore può esaudire la preghiera in molti modi. Anche il dono della pace è vero esaudimento. Si chiede qualcosa perché il cuore non è nella gioia. Il Signore dona la gioia al cuore e la cosa non serve più. Anna è obbligata a fare la sua offerta al Signore. Il Signore è libero di accettarla o di non accettarla. Questa è la legge della preghiera e dell’offerta.

Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.

Questa legge della libertà non vale quando è il Signore che chiede. Allora vi è una sola legge da osservare: la pronta e immediata obbedienza della creatura al suo Creatore, Signore, Dio. Il mistero del Natale che noi celebriamo non è nella legge della preghiera, ma in quella dell’obbedienza più pura e santa. Il Padre chiede al Figlio l’incarnazione e il Figlio obbedisce, ascolta il Padre con ascolto eterno. Il Padre chiede alla Vergine Maria il suo corpo perché il Figlio si possa incarnare e Lei dona tutta se stessa con immediata e pronta obbedienza, consacrando l’intera vita al disegno di salvezza del suo Dio. La salvezza è solo dall’obbedienza. Una persona può anche offrirsi al Signore o essere offerta come è per Samuele, ma poi anche l’offerta deve divenire obbedienza. Si esce dalla propria volontà e si entra nel compimento della sola volontà divina. Un’offerta che non diviene obbedienza, non produce alcun frutto di salvezza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di pura obbedienza a Dio.

 

23 DICEMBRE

Ecco, io manderò un mio messaggero

Ml 3,1-4.23-24; Sal 24,4-5.8-10.14; Lc 1,57-66.

La Scrittura Antica non parla della venuta di Elia solo nel Libro di Malachia. Anche il Libro del Siracide contiene le stesse parole anche esse cariche di mistero: “Tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe”. In Malachia invece è detto: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio”. Come in ogni profezia del nostro Dio vi è la Lettera, ma vi è anche la verità secondo lo Spirito Santo.

Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo; tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto. Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull’Oreb sentenze di condanna. Hai unto re per la vendetta e profeti come tuoi successori. Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco; tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe. Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore, perché è certo che anche noi vivremo (Sir 48,1-11).

La Lettera della profezia annunzia la venuta di Elia. Essa però non dice come il profeta verrà. Per conoscere la realtà storica, o la verità secondo lo Spirito Santo, è necessario che la profezia si compia. Altra verità manifestata dalla Lettera della profezia vuole che Elia venga prima che il Signore scenda per il suo giudizio. Elia deve venire per invitare ogni uomo alla conversione così che il giorno del Signore sia per lui di salvezza e non di condanna. Proviamo a leggere questa verità con quanto Gesù riferisce a Nicodemo nel vangelo secondo Giovanni. Quello di Dio vuole essere giudizio di vera salvezza.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,16-21).

Elia viene non nel suo corpo, ma con la potenza del suo Santo Spirito, anzi non viene Elia, viene lo Spirito che si è posato su Elia, ma in una maniera divinamente e infinitamente più forte, potente, vero. Viene a preparare i cuori ad accogliere il Signore che viene non nella sua Persona, ma nella Persona del suo Messia, nella sua verità di vero Dio e vero uomo, per offrire ad ogni altro uomo la riconciliazione e la pace.

Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio.

Sempre nella profezia vanno separati Lettera e Spirito. Sarà sempre lo Spirito che ci rivelerà la verità contenuta nella Lettera e il momento in cui essa si compie nella storia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sapienti e saggi.

 

24 DICEMBRE – IV DOMENICA DI AVVENTO B

Il tuo trono sarà reso stabile per sempre

2 Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Sal 88,2-5.27.29; Rm 16,25-27; Lc 1,26-38.

Man Mano che la storia avanza verso il suo compimento sempre essa è presa per mano dal Signore e condotta dalla sua Parola che è onnipotente e creatrice. La discendenza di Abramo diviene discendenza di Giuda e per di più anche discendenza regale. La discendenza di Giuda si fa discendenza regale di un regno eterno.

Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli (Gen 19,8-10).

«Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spacca le tempie di Moab e il cranio di tutti i figli di Set; Edom diverrà sua conquista e diverrà sua conquista Seir, suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà e farà perire gli scampati dalla città» (Num 24,15-19).

Davide pensa di costruire una casa al Signore. Il Signore gli manda il suo profeta Natan e questi gli annunzia che sarà il Signore a costruire a Lui una casa. Non sarà però una casa regale come quella di tutti i regni della terra che passano da una mano ad un’altra e da una famiglia ad un’altra famiglia o addirittura da un popolo ad un altro popolo. Il Signore nella discendenza di Davide costruirà un regno eterno. Ciò che ancora il Signore non dice, ma che dirà in una ulteriore profezia che non solo il regno non avrà fine, il regno eterno sarà governato da un re eterno.

Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto (Dn 7,13-14).

Profezia dopo profezia, rivelazione dopo rivelazione, tutto diviene luminoso. Non solo il regno è eterno, ma anche il re sarà eterno. Infatti Cristo Gesù non ha successori né nel Sacerdozio, né nella Regalità, né nella profezia. Ha vicari e continuatori della sua triplice missione, ma sempre in Lui, con Lui, per Lui, mai fuori di Lui, senza di Lui.

Il re, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”».

Sappiamo ora chi nasce. Il re eterno dal regno eterno, il re immortale dal regno che mai tramonta. Alla profezia antica ora si deve aggiungere la nuova che ci manifesta e ci dice chi è questo re immortale, eterno, dal regno immortale ed eterno. È il Figlio Unigenito del Padre, il Verbo che è Dio, che è presso Dio fin da sempre, che è dall’eternità e nell’eternità di Dio. Questo Figlio, questo Verbo si fa carne, nasce.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

 

25 DICEMBRE

Il Signore ha consolato il suo popolo

Is 52,7-10; Sal 97,1-6; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18.

La consolazione del Signore non è azione effimera. Di certo non è nel dono di un piatto di lenticchie e neanche nel dono di qualche quaglia perché l’uomo possa sfamarsi. Questa è anche consolazione, ma di certo non è quella che vede e contempla il profeta Isaia. La consolazione di Dio non è neanche nella liberazione del suo popolo dalla dura schiavitù di altri popoli e di altre nazioni. Questa era consolazione antica. Ora si entra nella vera consolazione. Cosa è allora la consolazione preparata, realizzata, offerta non solo al suo popolo ma anche a tutte le nazioni, di ogni razza e lingua che sono sulla nostra terra?

La consolazione che Dio ha preparato non è la liberazione dell’uomo dall’uomo. È invece la liberazione dell’uomo dalla schiavitù della morte, frutto della schiavitù del peccato, a sua volta frutto della schiavitù e governo del principe di questo mondo. Il Signore è venuto a liberarci dal potere del diavolo, distruggendo il nostro peccato, donandoci il suo Santo Spirito, per operare in noi quel cambiamento sostanziale che si chiama nuova creatura, cuore nuovo, rigenerazione, elevazione e partecipazione della divina natura. Cristo Gesù è venuto non solo per ridare ad ogni uomo la sua antica dignità, verità, struttura di vita persa nel Giardino dell’Eden. È venuto per operare una creazione ancora più grande, più alta, più mirabile.

Cristo Gesù è venuto per darci la sua stessa vita e le sue stesse relazioni. Per farci in Lui veri figli di adozione del Padre suo, per ricolmarci del suo Santo Spirito, per darci la sua vita come nostra vita e la sua missione come nostra missione. Lui è venuto per fare di noi “un altro se stesso, in se stesso, per se stesso”. Ci ha costituti salvatori e redentori in Lui del genere umano. È evidente la falsità cristiana ogni qualvolta Cristo viene messo da parte. Se il cristiano mette da parte Cristo è se stesso che mette da parte. Se rinnega Cristo è se stesso che rinnega. Se abolisce Cristo è se stesso che abolisce come salvatore e redentore dei suoi fratelli. Costruisce una religione vana, perché esclude se stesso dalla verità e dalla essenza della religione.

Oggi è il cristiano il consolatore non solo del popolo di Dio, ma dell’intero genere umano. Lo deve consolare offrendo a Dio la sua vita in riscatto, continuando fino all’avvento dei nuovi cieli e della nuova terra, il sacrificio di Cristo Signore. Deve inoltre governare il mondo di giustizia e verità e infine annunziargli la vera Parola di Cristo Gesù, il solo fondamento sul quale costruire la verità e la giustizia dell’uomo. Se il cristiano esclude Cristo dalla consolazione del mondo, esclude anche se stesso, necessariamente nutrirà il mondo di parole di paglia, di promesse di paglia, di profezie di paglia, di speranza di paglia. È quanto sta accadendo ai nostri giorni. Anche la misericordia della quale tutti parlano, senza neanche sapere cosa essa è nella sua verità divina, rischia di essere una misericordia di paglia, effimera, inutile, vana.

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.

Al cristiano oggi serve una purissima fede. È lui oggi nella storia, nel mondo, in mezzo ai suoi fratelli la consolazione di Dio. Lui potrà vivere questa altissima missione se sarà in Cristo, con Cristo, per Cristo, vero suo sacerdote, vero suo re, vero suo profeta. È lui oggi “il Cristo di Dio”, il suo Messia, il suo Salvatore, il suo Redentore potente. Il mondo oggi sente la mancanza di Cristo, perché sente che il cristiano non è più il “Cristo di Dio”. Di questo ha sempre bisogno il mondo: del Cristo di Dio e questo Cristo è il cristiano. Senza il cristiano, vero Cristo di Dio, il mondo sprofonderà nella barbarie.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri cristiani in Cristo.

 

26 DICEMBRE

Signore, non imputare loro questo peccato

At 6,8-10.12; 7,54-60; Sal 30,3-4.6-8a.16-17; Mt 10,17-22.

Giuda Iscariota non è testimone di Cristo Gesù. Non lo ha confessato né in vita e né in morte. Gesù non lo potrà mai confessare dinanzi al Padre suo. La sua è morte degli empi. Gli Atti degli Apostoli iniziano con la rivelazione sulla fine dei rinnegatori di Cristo.

In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle persone radunate era di circa centoventi – e disse: «Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. La cosa è divenuta nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e così quel campo, nella loro lingua, è stato chiamato Akeldamà, cioè “Campo del sangue”. Sta scritto infatti nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un altro (At 1,15-20).

Stefano è vero testimone di Cristo Gesù. È testimone in vita ed è testimone in morte. Ma non perché è lapidato per aver annunziato la verità di Cristo, ma perché vive la morte così come l’ha vissuta Gesù: chiedendo al Signore di non imputare questo peccato a quanti lo stavano lapidando. Lui è di Cristo e confessa la verità di Cristo. È di Cristo e muore la morte di Cristo. Muore per la verità di Cristo. Muore chiedendo il perdono per i suoi carnefici come Cristo. Vi è differenza infinita tra la morte dell’empio e quella del giusto. Gli Atti degli Apostoli narrano una seconda morte dell’empio.

Sul far del giorno, c’era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro? Erode lo fece cercare e, non essendo riuscito a trovarlo, fece processare le sentinelle e ordinò che fossero messe a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa. Egli era infuriato contro gli abitanti di Tiro e di Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver convinto Blasto, prefetto della camera del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva viveri dal paese del re. Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso. La folla acclamava: «Voce di un dio e non di un uomo!». Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; ed egli, divorato dai vermi, spirò (At 12,18-23).

Oggi il discepolo di Gesù è stolto, grandemente stolto. Non fa alcuna differenza tra la morte del pio e del giusto e la morte dell’empio e dell’idolatra. Non fa distinzione tra chi muore crocifisso e lapidato per la verità di Cristo e chi invece ammazza, compie stragi, consuma la sua vita negli abomini e nelle nefandezze. La Scrittura è questa distinzione sulla terra e nell’eternità. Stefano, Giuda, Erode, non vivono la stessa morte, non godono gli stessi frutti. Stefano è portato nel seno di Cristo. Giuda ed Erode nel seno di Satana, tra i tormenti dell’inferno. Così la Scrittura parla, così noi parliamo.

Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.

Stefano è il martire della verità di Cristo. Si lascia lapidare per difendere Gesù. O il cristiano riprende la via della testimonianza, o il suo essere cristiano è solamente un motivo di una condanna più grande. Ha conosciuto Cristo, non lo ha difeso.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Cristo.

 

27 DICEMBRE

Perché anche voi siate in comunione con noi

1 Gv 1,1-4; Sal 96,1-2.5-6.11-12; Gv 20,2-8.

Cristo Gesù si annunzia dal cuore di Cristo, così come Cristo Gesù annunziava il Padre dal cuore del Padre. Questa verità è solennemente annunziato dal Vangelo secondo Giovanni nel suo Prologo. Cristo è Dio e annunzia Dio dal cuore di Dio.

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Cfr. Gv 1,1-18).

Se il Figlio incarnato annunzia il Padre dal cuore del Padre e dal cuore dell’uomo, che è un cuore tutto pieno dell’amore del Padre per i suoi fratelli da salvare, vi potrà essere un solo discepolo di Gesù che possa pretendere di annunziare Cristo senza questi due cuori? Lui nel cuore di Cristo, Cristo nel suo cuore, il cuore di ogni uomo nel suo, assunto come suo per colmarlo della grazia della redenzione e della salvezza? Sempre quando questi due cuori sono divisi, separati, distanti, inconciliabili e inafferrabili, nessuna evangelizzazione potrà compiersi. Manca il cuore di Cristo, manca il cuore dell’uomo. C’è solo un cuore sterile, vuoto, perché privo del cuore di Cristo il Salvatore e privo del cuore dell’uomo che deve essere salvato.

Come nel cuore di Cristo avveniva l’incontro tra il cuore del Padre e il cuore dell’uomo, così è nel cuore del discepolo di Gesù che deve avvenire l’incontro tra il cuore di Cristo e il cuore dell’uomo da redimere. Incontrandosi nel cuore di Cristo, il cuore dell’uomo si incontra con il cuore del Padre. Senza il cuore di Cristo non c’è incontro con il cuore del Padre. Senza il cuore del discepolo di Gesù non c’è incontro con il cuore di Cristo. Non c’è vera salvezza. Manca il cuore del cristiano nel quale deve avvenire l’incontro con il cuore di Cristo, perché ci si possa incontrare con il cuore del Padre. Il cristiano non è un annunciatore neutro di una parola di salvezza. Non è un indicatore evangelico che segnala dove si trova Cristo e la sua Parola di salvezza. È il cuore del cristiano il luogo dove l’incontro con Cristo avviene e nessun incontro potrà avvenire se nel cuore del cristiano non vi abita tutto il cuore di Cristo nella potenza del Suo Santo Spirito.

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.

Giovanni lo afferma con chiarezza: Cristo Gesù non solo è nel mio cuore, nella mia mente, nei miei pensieri, è anche nei miei occhi, nelle mie mani, nel mio spirito, nella mia anima, in tutto il mio corpo. Il cuore di Cristo è il mio cuore e il mio cuore è il cuore di Cristo. Posso parlarti di Lui perché “Lui mi ha fatto Lui, mi ha trasformato in Lui, mi ha fatto sua immagine vivente, suo veicolo perfetto, veicolo del suo cuore e della sua anima”. Perché ti annunzio Cristo? Perché tu sia in comunione con noi. Perché devi essere in comunione con noi? Perché noi siamo il veicolo che porta a Cristo. Entri nel mio cuore, entrando nella mia fede attraverso la mia Parola, io ti porto in Cristo Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cuori di Cristo Gesù.

 

28 DICEMBRE

Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna

1 Gv 1,5-2,2; Sal 123,2-5.7-8; Mt 2,13-18.

Vi è differenza infinita essere in comunione gli uni con gli altri ed essere concordi. La comunione può essere solo nella luce. Essa si realizza per scambio di vita. Dio è luce. In Cristo l’uomo diviene luce. La luce di Dio diviene luce dell’uomo in Cristo. La luce dell’uomo diviene luce di Dio, luce in Dio, per avvolgere altri uomini della stessa luce. Ma anche tra gli uomini che in Cristo vivono di luce, la luce dell’uomo aggiunge luce all’altro e la rende più splendente. La comunione è luce da luce, luce nella luce, luce per la luce, luce con la luce. Dove non c’è luce non c’è comunione. Ci può essere concordia. La concordia è per un fine da raggiungere, che può essere buono o anche disonesto e immorale. Se il fine è immorale, la concordia lascia gli uomini ognuno chiuso nel suo essere, nel suo egoismo, nella sua malvagità.

La sapienza protesse il padre del mondo, plasmato per primo, che era stato creato solo, lo sollevò dalla sua caduta e gli diede la forza per dominare tutte le cose. Ma un ingiusto, allontanatosi da lei nella sua collera, si rovinò con il suo furore fratricida. La sapienza salvò di nuovo la terra sommersa per propria colpa, pilotando il giusto su un semplice legno. Quando i popoli furono confusi, unanimi nella loro malvagità, ella riconobbe il giusto, lo conservò davanti a Dio senza macchia e lo mantenne forte nonostante la sua tenerezza per il figlio. Mentre perivano gli empi, ella liberò un giusto che fuggiva il fuoco caduto sulle cinque città. A testimonianza di quella malvagità esiste ancora una terra desolata, fumante, alberi che producono frutti immaturi e, a memoria di un’anima incredula, s’innalza una colonna di sale. Essi infatti, incuranti della sapienza, non solo subirono il danno di non conoscere il bene, ma lasciarono anche ai viventi un ricordo di insipienza, perché nelle cose in cui sbagliarono non potessero rimanere nascosti (Sap 10,1-8).

Noi sappiamo che farisei, sadducei, erodiani, scribi, capi dei sommi sacerdoti erano divisi, ostili, gli uni contro gli altri, ma tutti erano concordi, unanimi nel condannare a morte Gesù. È questa concordia e unanimità di peccato per il peccato. Mai essa potrà dirsi comunione, perché gli animi, le volontà, gli spiriti, i sentimenti sono e rimangono in un isolamento di morte. La comunione può avvenire solo nella luce di Dio. Dove non c’è luce eterna, luce divina, che per noi può essere solo di Cristo, da assumere perennemente in Cristo non c’è comunione. Possono esserci patti, unioni, intese, ma tutte queste cose hanno un vizio di fondo: il tradimento. Il patto è finalizzato al raggiungimento del proprio interesse che non è mai quello dell’altro. Ma nel patto ognuno cerca di usare l’altro per il raggiungimento del proprio fine. Il cristiano un tempo era anche lui tenebra. Ora è luce nel Signore, luce del Signore. A lui è chiesto di camminare sempre nella luce, perché il Dio nel quale abita è luce.

Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

La fragilità della Chiesa universale, di ogni chiesa particolare, di ogni comunità parrocchiale, di ogni ordine religioso, di ogni movimento, gruppo, associazione, è sempre la mancanza di comunione. Si può essere anche concordi nel raggiungimento di un fine spirituale o materiale, ma tutto fallisce se manca la vera comunione, se cioè i suoi figli non camminano nella luce di Gesù Signore. La luce crea l’unità, dei molti fa un solo corpo, una sola vita. Le tenebre creano divisione, disgregazione, separazione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri figli della luce.

 

29 DICEMBRE

Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre

1 Gv 2,3-11; Sal 95,1-3.6; Lc 2,22-35.

Ogni Agiografo del Nuovo Testamento sempre offre le indicazioni concrete, infallibili, che rivelano ad ogni discepolo di Gesù il suo stato spirituale. Gli dicono se lui è nella luce oppure è nelle tenebre, se cammina secondo lo Spirito o secondo la carne.

E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non lasciatevi prendere dai desideri della carne (Mt 13,11-14).

Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,16-26).

Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia (Gc 3,13-19).

Anche l’Apostolo Giovanni dona una regola infallibile che rivelerà ad ogni discepolo di Gesù se lui è figlio della luce o delle tenebre. È figlio della luce chi fa dell’amore di Cristo Gesù la sua anima, il suo cuore, la sua stessa vita. I figli della luce, come Cristo, in Cristo e per Lui, offrono al Padre la loro vita per la salvezza di ogni uomo. Il sacrificio di sé per la redenzione dei fratelli: questa è la loro luce. Quando invece nel cuore vi è odio anche per un solo fratello, non si è più figli della luce. Si è figli delle tenebre. Non si è discepoli di Gesù, ma seguaci del principe del mondo. Come si può osservare, è facile sapere se siamo figli della luce o delle tenebre. È sufficiente guardare le nostre opere. Ma Gesù non ha forse insegnato che ogni albero si riconosce dal suo frutto? Ogni albero buono produce frutti buoni. L’albero cattivo produce frutti cattivi.

Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato. Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure vi scrivo un comandamento nuovo, e ciò è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera. Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.

Cristo Gesù per questo è venuto: per strapparci dal mondo delle tenebre e trasportarci in quello della luce. Nella luce si deve però rimanere e in essa si deve camminare. Se non si cammina di luce in luce, è facile ritornare nelle tenebre. Se invece le nostre radici sono ben piantate nella luce, nessun uragano di tenebre ci strapperà da essa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci luce nel Signore.

 

30 DICEMBRE

E il mondo passa con la sua concupiscenza

1 Gv 2,12-17; Sal 95,7-9.10; Lc 2,36-40.

Ogni uomo di Dio deve essere persona dall’infallibile discernimento. Lui dovrà separare ciò che è di Dio e da Dio e ciò che è del mondo e dal mondo. Dovrà usare una spada così tagliente da dividere ciò che è passeggero, momentaneo e ciò che dura per l’eternità. Dovrà mettere da parte, abbandonare il mondo che passa con la sua concupiscenza per lasciarsi avvolgere dalla luce del Signore che dura per l’eternità. Leggiamo quanto il Signore chiede al suo profeta Geremia e comprenderemo.

Me infelice, madre mia! Mi hai partorito uomo di litigio e di contesa per tutto il paese! Non ho ricevuto prestiti, non ne ho fatti a nessuno, eppure tutti mi maledicono. In realtà, Signore, ti ho servito come meglio potevo, mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico, nel tempo della sventura e nel tempo dell’angoscia. Potrà forse il ferro spezzare il ferro del settentrione e il bronzo? «I tuoi averi e i tuoi tesori li abbandonerò al saccheggio, come ricompensa per tutti i peccati commessi in tutti i tuoi territori. Ti renderò schiavo dei tuoi nemici in una terra che non conosci, perché si è acceso il fuoco della mia ira, che arderà contro di te».

Tu lo sai, Signore, ricòrdati di me e aiutami, véndicati per me dei miei persecutori. Nella tua clemenza non lasciarmi perire, sappi che io sopporto insulti per te. Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti. Non mi sono seduto per divertirmi nelle compagnie di gente scherzosa, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti.

Allora il Signore mi rispose: «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca. Essi devono tornare a te, non tu a loro, e di fronte a questo popolo io ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti. Oracolo del Signore. Ti libererò dalla mano dei malvagi e ti salverò dal pugno dei violenti» (Ger 15,10-21).

Il cristiano è chiamato e inviato nel mondo per essere vero profeta di Gesù Signore. Mai lui potrà essere vero araldo del suo Cristo, se non è vera luce in Lui. Se non sa neanche distinguere ciò che è vile da ciò che dura, il vizio dalla virtù, la concupiscenza dalla libertà dei figli di Dio, il peccato dalla santità, la morte dalla vita, le tenebre dalla luce, mai potrà essere parola di Cristo nel mondo. Il discernimento vero non serve al discepolo di Gesù solo per orientare la sua vita. Serve per poter svolgere la sua missione. Dio non potrà essere sulla sua bocca, se la sua luce non è nel suo cuore.

Scrivo a voi, figlioli, perché vi sono stati perdonati i peccati in virtù del suo nome. Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio. Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il Maligno. Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre. Ho scritto a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è da principio. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno. Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – non viene dal Padre, ma viene dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!

Il cristiano è missionario di Gesù non per un solo giorno, ma per tutti i giorni della sua vita. La missione si vive dalla luce, dalla verità, dalla giustizia, dalla santità. Essa si vive dal cuore di Cristo, nel quale abita il Padre e lo Spirito Santo. Se il cristiano non distingue e non separa Dio dal mondo, la luce dalle tenebre, l’eternità dal tempo, la virtù dalla concupiscenza, mai potrà essere profeta di Cristo. Contraddirebbe con la vita ciò che dice con le parole. Anzi, se la vita è del mondo anche le parole sono del mondo. Per questo è necessario il grande discernimento e l’abbandono del mondo con la sua concupiscenza. Da questa mai si potrà svolgere il ministero della profezia e il discepolo di Gesù è fallito nella sua missione. Manca del raggiungimento del fine.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri profeti di Cristo Gesù.

 

31 DICEMBRE

Sarà esaudito nel giorno della sua preghiera

Sir 3,3-7.14-17; Sal 127,1-5; Lc 2,41-52.

Come si onora il padre e la madre non è lasciato alla libera interpretazione del singolo. È il Signore stesso che dona regole e norme. La prima regola e la prima norma riguarda il rispetto e l’onore del loro corpo. Il corpo del padre e della madre è sacro. Esso va rispettato nella sua altissima sacralità e non va profanato in alcun modo.

Non scoprirai la nudità di tuo padre né la nudità di tua madre: è tua madre; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di una moglie di tuo padre; è la nudità di tuo padre. Non scoprirai la nudità di tua sorella, figlia di tuo padre o figlia di tua madre, nata in casa o fuori; non scoprirai la loro nudità. Non scoprirai la nudità della figlia di tuo figlio o della figlia di tua figlia, perché è la tua propria nudità. Non scoprirai la nudità della figlia di una moglie di tuo padre, generata da tuo padre: è tua sorella, non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità della sorella di tuo padre; è carne di tuo padre. Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre, perché è carne di tua madre. Non scoprirai la nudità del fratello di tuo padre, avendo rapporti con sua moglie: è tua zia. Non scoprirai la nudità di tua nuora: è la moglie di tuo figlio; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di tua cognata: è la nudità di tuo fratello (Lev 18,7-16).

Chiunque maledice suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maledetto suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui. Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte. Se uno ha rapporti con una moglie di suo padre, egli scopre la nudità del padre; tutti e due dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno ha rapporti con la nuora, tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno commesso una perversione: il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno prende in moglie la figlia e la madre, è un’infamia; si bruceranno con il fuoco lui e loro, perché non ci sia fra voi tale delitto. Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei e lei vede la nudità di lui, è un disonore; tutti e due saranno eliminati alla presenza dei figli del loro popolo. Quel tale ha scoperto la nudità della propria sorella: dovrà portare la pena della sua colpa. Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stessa carne: tutti e due porteranno la pena della loro colpa. Se uno ha rapporti con la moglie di suo zio, scopre la nudità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato: dovranno morire senza figli (Cfr. Lev 20, 9-20).

“Maledetto chi maltratta il padre e la madre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi si unisce con la moglie del padre, perché solleva il lembo del mantello del padre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi giace con la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. “Maledetto chi giace con la suocera!”. Tutto il popolo dirà: “Amen”. (Dt 27,16.20.22-23). Ruben, tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità, esuberante in fierezza ed esuberante in forza! Bollente come l’acqua, tu non avrai preminenza, perché sei salito sul talamo di tuo padre, hai profanato così il mio giaciglio (Gen 19,3-4).

È questo il primo onore e la prima osservanza del Comandamento del Signore, che è legge fondamentale dell’Alleanza sulla quale si fonda per intero tutta la vita sociale del popolo del Signore: “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà (Es 20,12). Se queste disposizioni della Legge non vengono osservate, non vi è onore né rispetto, ma profanazione e dissacrazione.

Chi onora il padre espia i peccati, chi onora sua madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà consolazione alla madre. Chi teme il Signore, onora il padre e serve come padroni i suoi genitori. L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa. Nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te, come brina al calore si scioglieranno i tuoi peccati. Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta sua madre è maledetto dal Signore. Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso.

Il comandamento chiede ai figli di mettere ogni cura perché il padre e la madre non ricevano dai figli nessun motivo di dispiacere. Essi devono onorarli anche attraverso una vita tutta piantata nella Legge del Signore. Poi viene ogni altro bene e aiuto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere nella Legge di Dio.