Commento teologico alla prima lettura – Aprile 2018

 

1 APRILE – PASQUA DEL SIGNORE – SOLENNITÀ

MA A TESTIMONI PRESCELTI DA DIO
At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp. 1 Cor 5,6b-8; Gv 20,1-9

Non si crede nella risurrezione di Cristo Gesù per visione. Si crede per annunzio. Le donne prima di credere per visione, hanno creduto per annunzio degli Angeli. Gli Apostoli prima di credere per visione, hanno creduto per l’annunzio delle donne. Giovanni crede nella risurrezione dopo aver visto il sepolcro e constatato l’ordine che regnava in esso. Solo Maria di Màgdala, secondo i racconti evangelici, ha creduto senza annunzio, perché solo a lei Cristo Gesù le si è manifestato. Anche lei però è stata investita della missione di recarsi dai suoi fratelli per annunziare il grande mistero.

Da quel giorno sempre viene annunziata la risurrezione e sempre si crede per testimonianza. Pietro è nella casa di Cornelio. Annunzia i fatti storici che riguarda Cristo Gesù e quelli che vanno infinitamente oltre la storia. I fatti storici sono da tutti conosciuti. Gesù di Nazaret è passato in mezzo al suo popolo operando solo il bene e liberando l’uomo dal potere del diavolo. Con il peccato l’uomo è schiavo di Satana. Gesù è venuto per spezzare queste catene inique che lo tengono prigioniero. Qual è stata la risposta degli uomini che non ha voluto lasciarsi liberare dalla schiavitù di Satana? Hanno preso Cristo e lo hanno consegnato ai pagani perché fosse crocifisso. Dio però non ha permesso che rimanesse in potere della morte l’Autore della vita. e lo ha risuscitato. Gesù risorto non si è però manifestato a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, cioè ai suoi Apostoli, i quali sono stati anche incaricati di annunziare al mondo intero questo mistero. Cristo Crocifisso è anche il Risorto. Perché Cristo Risorto deve essere annunziato al mondo? Perché Lui è stato costituito da Dio Giudice dei vivi e dei morti. Ogni uomo dovrà presentarsi a suo cospetto domani per essere giudicato e ricevere il giusto salario per le sue azioni: salario di morte e eterna o di vita eterna. Inoltre Cristo Risorto deve essere fatto conoscere al mondo perché chiunque crede in Lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome. Si annunzia Cristo Risorto perché ognuno possa essere salvato, redento, benedetto, santificato.

Pietro allora prese la parola e disse: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Poiché Cristo Gesù deve essere creduto nel suo mistero sia di morte che di risurrezione per essere salvati, è obbligo di ogni suo testimone rendersi credibile e fedele alla sua missione. Come ci si rende credibili e fedeli? Ce lo insegna Paolo nella Secondo Lettera ai Corinzi: con una vita perfettamente simile a quella di Gesù.

Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente (Cfr. 2Cor, 6,5-16).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

 

2 APRILE

COME VOI STESSI POTETE VEDERE E UDIRE
At 2,14.22-32; Sal 15; Mt 28,8-15

Il giorno di Pentecoste, Pietro parla alla numerosa folla accorsa davanti al Cenacolo, strutturano il suo discorso su tre pilastri essenziali. Prima pilastro: l’identità del Cristo operatori di miracolo, segni e prodigi, con il Cristo Crocifisso, con il Risorto. Essi sono lo stesso Cristo, l’unico Gesù di Nazaret. Secondo pilastro: la risurrezione ha il suo fondamento nelle Scritture Profetiche. Terzo pilastro; sugli effetti della risurrezione negli Apostoli e nei presenti. Quanti ascoltano sono anche loro parte del mistero, anche loro stanno gustando i frutti della risurrezione di Gesù.

Cristo Gesù è vissuto in mezzo al suo popolo dichiarando la sua uguaglianza con Dio. “Io sono colui che sono” e “Io sono” è il nome del vero Dio. Anche Gesù Signore si presenta al suo popolo con lo stesso nome “Io sono”. “Io sono la verità, la via, la vita, la luce, la risurrezione”. Perché si è dichiarato il Figlio dell’uomo che viene sulle nubi del cielo è stato giudicato reo di morte e consegnato ai pagani perché fosse Crocifisso. Il Padre prima lo ha accreditato con miracoli, segni, prodigi. Perché Dio e uguale a Dio viene crocifisso. Il Signore lo risuscita nella tomba, attestando per Lui e confermando come purissima verità ogni sua Parola. Non è la risurrezione in sé che Pietro afferma. La risurrezione è solo la prova ultima che Gesù è Dio, vero Figlio di Dio, vero Messia, vero Salvatore, vera Luce delle Genti. Il Padre lo attesta chiamando dal sepolcro e rivestendolo, anzi trasformando il suo corpo in luce come Lui è luce.

La risurrezione Pietro non la fonda sulla visione da Lui avuta di Cristo Risorto, ma sulla Scrittura. Se la risurrezione non fosse riconducibile alla Scrittura come suo fondamento, si potrebbe pensare che Gesù è sì un uomo grande del presente, ma non è l’atteso del popolo e delle nazioni. Invece con il fondamento scritturistico, Il Crocifisso, che è il Risorto, è necessariamente il Messia, perché del Messia è attestato che non avrebbe subito la corruzione del sepolcro. Si compie la Scrittura, il Crocifisso non solo è vero in tutto ciò che ha detto, è anche il Messia, il Cristo di Dio.

Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e fate attenzione alle mie parole. Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.

Qualcuno dei presenti potrebbe anche pensare: “Quello che tu Pietro dici è solo tua fantasia o addirittura fantascienza”. Qui subentra il terzo pilastro: i presenti hanno sperimentato i frutti dell’effusione dello Spirito Santo. Essi non hanno visto il Signore risorto, hanno però sentito parlare in lingue i suoi discepoli. Lo hanno attestato loro. Sono loro che sono stati attratti dallo Spirito Santo. Nessuno li ha chiamati. Solo i testimoni di un evento storico i cui frutti sono ben visibili. La risurrezione di Gesù coinvolge il Padre, gli Apostoli, le Scritture profetiche, tutti i presenti che provengono da ogni parte del mondo. Ne siamo certi. Il Crocifisso è il Risorto. Il Crocifisso è il Messia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni del Risorto.

 

3 APRILE

QUEL GESÙ CHE VOI AVETE CROCIFISSO
At 2,36-41; Sal 32; Gv 20,11-18

Pietro annunzia la risurrezione di Gesù il Crocifisso trovando la sua verità prima nella parola profetica. Chiama in causa quanti lo stanno ascoltando dicendo loro che essi stessi sono i testimoni dei frutti del Cristo Risorto. Hanno assistito all’effusione dello Spirito Santo, secondo quanto il profeta Gioele aveva annunziato. Ma è solamente questa la verità? A nulla servirebbe sapere che Gesù è risorto. La risurrezione di Gesù produce un evento di portata cosmica, universale, che abbraccia cielo e terra, tempo ed eternità: “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”.

Riflettiamo. Il Signore ha chiamato Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Giosuè, i Giudici, Samuele, Davide, i Profeti. Ognuno di essi ha svolto la sua missione. Essa riguarda dolo il tempo della loro vita sulla terra. Elia è stato grande profeta dinanzi al Signore. È stato rapito in cielo su un carro di fuoco. Lui finisce, finisce la sua missione, anche se avvolto di una gloria così grande. Questo non avviene con Cristo Gesù. Lui non è l’uomo del passato e neanche del presente. Lui è la sola Persona che dona salvezza al passato, al presente, al futuro. Dopo di Lui non sorgerà nessun altro. Lui non ha successori. Lui è costituito da Dio Signore e Cristo da Dio per ogni uomo.

La risurrezione di Gesù non è l’atto finale della vita del Signore, così come il rapimento di Elia sul carro di fuoco l’atto finale della sua vita. Con la risurrezione Gesù viene innalzato nel più alto dei cieli, presso Dio, alla sua destra e dal Padre riceve quanto promesso nella profezia di Daniele. Quanto l’antico profeta ha profetizzato, l’Apostolo Giovanni lo vede compiuto, realizzato nella sua visione del Figlio dell’uomo.

Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra». E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5,6-14).

In Cristo Gesù Dio ha posto la vita eterna di ogni uomo. Dinanzi a Lui non si può essere indifferenti. Si accoglie Lui, si accoglie la vita. Non lo si accoglie, si rimane nella morte. I presenti lo hanno ben compreso e si aprono alla fede in Lui.

Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone. Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere.

Cristo Gesù è collocato da Dio al centro dell’universo e del mistero della salvezza. Non c’è redenzione se non per Lui, in Lui, con Lui. In Cristo si devono incontrare non solo Dio e l’uomo, ma anche l’uomo con l’uomo. Fuori di Cristo, non vi sono incontri veri.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

4 APRILE

NEL NOME DI GESÙ CRISTO, IL NAZARENO
At 3,1-10; Sal 104; Lc 24,13-35

Quest’uomo, che ogni giorno viene portato dinanzi alla porta della casa del Signore, è immagine e figura dell’umanità. La religione di Abramo, di Mosè, dei Profeti, assieme alla religione di ogni altro popolo e nazione della terra, può portare solo alla porta del tempio del Signore. Ma anche se si è dinanzi alla porta del tempio del nostro Dio, si è sempre storpi fin dalla nascita, a causa del peccato che ci fa storpi dell’anima e nello spirito. Per entrare nel tempio della vera vita, che è Gesù Signore, amici e parenti non servono. Occorre che passino gli apostoli di Cristo Gesù e per mezzo della loro fede ci introducano nel tempio della vita che è Gesù Signore. La fede gli apostoli è la via per entrare in Cristo. Se l’apostolo cade dalla fede nel suo Signore, l’umanità rimane in eterno storpia nel cuore, nell’anima, nello spirito, nella mente, nei pensieri.

La fede degli apostoli, e in comunione con essi, di ogni altro discepolo, è la via necessaria, indispensabile, obbligatoria perché l’uomo entri in Cristo e viva di Cristo e per Cristo e si susciti nella storia un grande interesse per Gesù Signore. Non si tratta però di una fede razionale, fondata dalla confessione della verità del Crocifisso che è il Risorto. Si tratta invece di fede che l’apostolo deve avere nella sua Parola, che è Parola di Cristo Gesù, Parola del Padre, Parola onnipotente e creatrice, Parola che genera una storia nuova. Come Gesù è stato potente in parole ed opere ed ha manifestato Dio, il Padre, così l’apostolo, in Cristo, deve essere potente in parole e opere. È potente se la sua parola crea la realtà che dice. Pietro possiede la stessa parola di Gesù Signore. Comanda allo storpio di alzarsi e di camminare e lo storpio di alza e cammina. Gerusalemme è in subbuglio. Mai si era assistito ad una cosa del genere. Mai la parola di un uomo aveva dato vigore ad uno storpio dalla nascita.

L’apostolo del Signore deve convincersi nel suo cuore che non è efficace sola la Parola sacramentale. “Io ti battezzo. Io ti assolvo. Questo è il mio corpo”. Questa è una efficacia invisibile. Lui deve essere potente con la parola dall’efficacia visibile. Tutto il mondo deve vedere, sperimentare, constatare la differenza tra la sua parola e quella di ogni altro uomo. Molte erano le persone che passavano ogni giorno davanti allo storpio. Tutti era con una parola inefficace. Passa Pietro. La sua parola è efficace visibilmente. Cambia la storia dello storpio. Questa differenza deve sempre manifestarsi tra la parola dell’apostolo e la parola del mondo. È differenza che dona alla storia un nuovo volto, una nuova direzione. Finché il discepolo di Gesù si fermerà a considerare efficace solo la parola sacramentale, lo storpio rimarrà sempre storpio e nessuna fede nascerà in Cristo Gesù. La fede in Cristo è generata dalla fede dell’apostolo. È la condizione posta da Dio perché la salvezza raggiunga ogni uomo.

Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.

Dalla fede nasce la spiegazione della verità di Gesù Signore. A nulla serve annunziare Cristo dalla verità. è necessario che Cristo venga annunziato sempre dalla fede e la fede è quella dell’apostolo. Tutto ciò che succede dopo in Gerusalemme nasce dalla fede di Pietro. Un intero popolo si interroga, cerca risposte. Pietro prende la Parola e annunzia perché lo storpio ora è capace di camminare: per la fede risposta in Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede efficace sempre.

 

5 APRILE

IL NOME DI GESÙ HA DATO VIGORE A QUEST’UOMO

At 3,11-26; Sal 8; Lc 24,35-48

Nel Vangelo secondo Giovanni prima Gesù compie il miracolo e subito dopo spiega ai Giudei le ragioni divine della sua opera, rendendo testimonianza che Lui è dal Padre e compie solo le opere che sono gradite a Lui. Niente è da Gesù perché tutto è dal Padre suo. Lo stesso schema viene vissuto da Pietro. Prima compie un miracolo e poi spiega agli abitanti di Gerusalemme che nulla è avvenuto nel suo nome o per sue capacità. Lo storpio è guarito per la fede risposta in Gesù il Nazareno. Pietro a creduto, ha invocato il nome di Gesù e con la potenza di quel la guarigione si è compiuta.

Ma chi è Gesù il Nazareno? È quell’uomo che è passato in mezzo al popolo dei Giudei facendo solo il bene. Essi però lo hanno preso, lo hanno consegnato ai pagani, hanno chiesto che venisse giustiziato attraverso l’infamante supplizio della croce. Se Gesù fosse rimasto nel sepolcro, le sue parole e le sue opere sarebbe venute da lui, non dal Padre. Invece il Padre non lo ha lasciato nella morte, lo ha risuscitato. Non solo lo ha risuscitato, lo ha anche innalzato alla sua destra. Non solo lo ha innalzato alla sua destra, lo ha anche costituito Signore, Messia, Giudice dei vivi e dei morti. Ha messo nelle sue mani ogni potere, gloria, onore. Chi ha innalzato Gesù non è un Dio straniero, ma è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, il Dio di Mosè e dei Profeti. È il Dio che Gesù ha dichiarato essere il Padre suo. È il Dio che per mezzo dei suoi oracoli aveva preannunziato tutte le sofferenze del suo Cristo. Gli abitanti di Gerusalemme hanno ucciso il loro Messia per ignoranza, compiendo così tutte le profezie che a Lui si riferiscono. Ecco ora il grande annunzio. Dio perdona il loro peccato attraverso la loro fede nel Cristo suo Figlio, nella conversione, nel cambiamento della loro vita. Anche di essi Gesù è il Salvatore e Redentore.

Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.

Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dall’antichità. Mosè infatti disse: Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo. E tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni. Voi siete i figli dei profeti e dell’alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra. Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione, perché ciascuno di voi si allontani dalle sue iniquità».

Cristo Gesù non solo è la discendenza di Abramo nella quale è stabilita la benedizione per ogni popolo. Anche i figli di Abramo dovranno essere benedetti in Gesù. Gesù è anche il profeta promesso a Mosè e mandato da Dio. Poiché ogni Parola della promessa si è compiuta anche quella di Mosè si compirà. Chi non crede nel profeta – è Gesù è il profeta – sarà estirpato di messo al popolo. Da questo istante sarà popolo di Dio solo chi crede in Cristo e si lascia salvare nel suo nome, allontanandosi dalle sue iniquità. Parola dalla verità eterna!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero popolo di Dio in Cristo Gesù.

 

6 APRILE

IN NESSUN ALTRO C’È SALVEZZA
At 4,1-12; Sal 117; Gv 21,1-14

A partire dal capitolo primo degli Atti fino al presente, Pietro sta attestando che le antiche profezia tutte si sono compiute in Gesù, il Nazareno. Oggi nel sinedrio, colmato di Spirito Santo, lui annunzia ai capi del popolo che gli hanno chiesto con quale potere o in quale nome lui ha fatto questo, cioè dato la guarigione allo storpio seduto alla porta Bella del tempio, che lui ha agito solo nel nome di Gesù Cristo il Nazareno. Voi – dice loro, lo avete crocifisso. Dio lo ha risuscitato da morti. Nel suo nome quest’uomo sta in mezzo a voi sano e salvo. A Pietro è chiesta una spiegazione di origine storia e lui si ferma rigorosamente alla storia. Poi però va un passaggio successivo, rivela quale profezia si è compiuta in Gesù Signore. Lui è la pietra scortata dai costruttori. Voi costruttori del regno di Dio sulla terra aveva visto questa pietra e l’avete ritenuta non adatta, non buona e per questo l’avete eliminata. Dio invece l’ha vista e l’ha scelta come testata d’angolo per l’edificazione del suo vero tempio. Questa pietra unisce in un solo edificio Antico e Nuovo Testamento e anche popolo dei Giudei e dei Gentili. Tutto l’universo, cielo e terra, tempo ed eternità, trova in Lui la sua verità.

Tutte le nazioni mi hanno circondato, ma nel nome del Signore le ho distrutte. Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato, ma nel nome del Signore le ho distrutte. Mi hanno circondato come api, come fuoco che divampa tra i rovi, ma nel nome del Signore le ho distrutte. Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto prodezze, la destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte. Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore. È questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti. Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo! (Cfr. Sal 118 (117) 1-29).

Poiché tutte le profezie si compiono in Gesù il Nazareno ed essendo Lui il solo Messia di Dio, non vi è altro nome sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati, perché non vi è un altro Messia. La salvezza è solo in Cristo e nel suo nome.

Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il comandante delle guardie del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la risurrezione dai morti. Li arrestarono e li misero in prigione fino al giorno dopo, dato che ormai era sera. Molti però di quelli che avevano ascoltato la Parola credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. Il giorno dopo si riunirono in Gerusalemme i loro capi, gli anziani e gli scribi, il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. Li fecero comparire davanti a loro e si misero a interrogarli: «Con quale potere o in quale nome voi avete fatto questo?». Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Quanti ascoltano ora sono obbligati a prendere una decisione: lasciarsi salvare nel nome di Gesù il Nazareno o essere esclusi per sempre dal mistero della redenzione e della salvezza. Quella di Pietro non è una verità di ragione, ma una verità storica che non può essere confutata. Gesù è Persona storia. Le sue parole sono storiche e le sue opere. La sua morte è storica. Anche la sua risurrezione è avvenuta in un tempo preciso, il primo giorno dopo il sabato. È storia che tutte le profezie in Lui si sono compiute. Ai Giudei la grave decisione: divenire vero popolo di Dio e restare fuori.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero popolo di Dio.

 

7 APRILE

QUELLO CHE ABBIAMO VISTO E ASCOLTATO
At 4,13-21; Sal 117; Mc 16,9-15

Il sinedrio non può negare la storia. Neanche può schierarsi apertamente contro il popolo, testimone della guarigione dello storpio. Deve però trovare una soluzione. Pensa di arginare i fatti minacciando gli apostoli e proibendo loro di parlare ancora ad alcuno di quel nome. Ciò che è successo, è successo. Loro ignorano ogni cosa e anche i discepoli devono ignorare ogni cosa. Quel nome va dimenticato. Di Gesù nessuno deve sapere più nulla. Non si deve parlare di Lui, non si può agire più nel suo nome. Questo è l’ordine da loro imposto. Ad esso ci si dovrà strettamente attenere.

La replica di Pietro e di Giovanni merita una nostra particolare attenzione: “Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. L’argomentazione è costruita su due verità. La prima verità sposta l’asse da Cristo a Dio. Essi non predicano Cristo per obbedienza a Cristo. Annunziano Cristo per obbedienza a Dio. È Dio che ha comandato loro di predicare al popolo dei Giudei che Cristo è il suo Messia, la pietra scartata dai costruttori, il profeta che deve venire, il Risorto. È giusto obbedire a Dio o obbedire agli uomini? Pietro lascia che sia il sinedrio a darsi la risposta. Di certo l’obbedienza agli uomini è possibile solo nell’obbedienza a Dio. Non si può obbedire agli uomini peccando contro un comandamento esplicito del Signore. Agli Apostoli è dato un comandamento esplicito. Ad esso di certo si deve ogni obbedienza.

Pietro e Giovanni affermano questa verità, ma anche la saltano. Essi scendono nuovamente nella storia. Nessun uomo potrà essere un falso testimone della storia. Di conseguenza essi non possono tacere quello che hanno visto e ascoltato. Se essi hanno visto il Cristo Risorto non possono dire che non è risorto. Se essi hanno ascoltato Dio che gli ha rivelato la verità di Gesù il Nazareno neanche questo possono tacere. Essi non parlano dal loro cuore, ma dalla storia. Alla storia si deve essere fedeli. Ciò che essa dice, loro dicono, ciò che essa non dice loro non dicono. Il sinedrio non ha alcun potere contro la storia, anzi esso esiste proprio per analizzare la storia e per constatare ciò che è conforme alla Parola del Signore da ciò che è difforme. Poiché la storia di Gesù è tutta conforme alla Parola di Dio, il sinedrio ha l’obbligo di dichiarare la sua conformità, altrimenti diviene falso testimone di Dio, della Parola, della storia.

Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto.

Pietro e Giovanni insegnano ad ogni discepolo di Gesù qual è la sua responsabilità dinanzi alla storia: essere suoi fedeli testimoni. Oggi su questo versante siamo tutti colpevoli. Viviamo in una storia di morte, ma nessuno rendere testimonianza a ciò che ha udito da Cristo Gesù. Nessuno ha il coraggio di gridare che solo Cristo è la vita e solo in Cristo essa si attinge. Se non annunziamo dai tetti questa verità, il mondo si inabissa in una morte universale, cercando una soluzione in legge e prescrizioni umane che mai potranno dare vita, perché la vita è Cristo ed è in Cristo che si prende. Non solo siamo colpevoli di silenzio, lo siamo anche per falsa testimonianza alla Parola. Gesù dice una cosa e i suoi discepoli dicono l’esatto contrario. La falsa testimonianza contro Gesù Signore e la sua Parola è peccato gravissimo dinanzi a Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci testimoni della Parola.

 

8 APRILE – II DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

LO DEPONEVANO AI PIEDI DEGLI APOSTOLI
At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5,1-6; Gv 20,19-31

Questo brano degli Atti degli Apostoli rivela quali sono i veri frutti della fede risposta nel nome di Gesù il Nazareno. Nasce una umanità nuova. La nasce l’umanità della comunione, dell’unità, della concordia, della condivisione, della pace, del vero amore.

“Un cuor solo e un’anima sola”: I discepoli di Gesù veramente avvertono di essere un cuore solo e un’anima sola. Essi sono divenuti un solo corpo in Cristo, membri gli uni degli altri, come unico vero corpo di Cristo vivono ogni istante dalla loro vita.

“Nessuno considera sua proprietà quello che gli apparteneva”: Se si un solo corpo, tutto ciò che è dell’uno è proprietà di tutto il corpo. Non si può essere un solo corpo, membra gli uni degli altri e poi vivere ognuno la propria povertà o la propria ricchezza. Si è una sola povertà e una sola ricchezza. Il corpo vive dei beni materiali del corpo e così anche dei bei spirituali. Si è corpo spirituale, mistico, ma anche corpo reale.

“Fra di loro tutto era in comune”: La comunione che è vera condivisione attesta la verità della nostra fede in Cristo Gesù. Sappiamo il grido di San Paolo quando seppe che la comunità di Corinto vive nella falsa fede il suo essere vero corpo di Gesù Signore.

Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! (1Cor 11,17-22).

La vera fede è esigente. Si deve vivere ciò che si è divenuti nella vera fede. Se non viviamo ciò che siamo divenuti, attestiamo di non essere nella fede, ma fuori di essa.

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

“Con grande gioia gli apostoli davano testimonianza delle risurrezione del Signore Gesù”: La forza della Chiesa è il suo annunzio vero di Cristo Signore. Si annunzia il vero Cristo, la Chiesa vive e cresce. Non si annunzia il vero Cristo, la Chiesa muore.

“Tutti godevano di grande favore”: Si godeva di grande favore all’interno della e anche all’esterno. Dentro la comunità ognuno era visto come vero fratello in Cristo. Dal di fuori si guardava verso i discepoli di Gesù ammirando il loro stile di vita. Erano diversi da tutto il resto del mondo. Vi era in loro un principio nuovo che li rendeva nuovi.

“Nessuno di loro era bisognoso”: Quando la comunione spirituale e reale si vive nella concretezza della condivisione, tutti diventano più ricchi, nessuno diviene più povero.

“Quanti possedevano campi o case li vendevano e portavano il ricavato e lo deponevano ai piedi degli apostoli. Poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno”: La comunione dei beni nella condivisione non è una imposizione della fede, ma una sua conseguenza. La fede necessariamente è conseguenziale, altrimenti non è vera fede. La condivisione è un frutto della vera fede. Il frutto della vera fede è la carità, cioè il dono della propria vita agli altri, perché la loro vita sia piena e non manchi di nulla. Se la fede non sfocia nella perfetta carità, essa non è vera fede. Così come un buon albero che non produce frutti buoni, mai potrà dirsi un albero buono. Ognuno produce dalla verità del suo essere. La vera fede trasforma tutta la natura dell’uomo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci alberi dalla vera fede.

 

9 APRILE – ANNUNCIAZIONE – SOLENNITÀ

PERTANTO IL SIGNORE STESSO VI DARÀ UN SEGNO
Is 7,10-14; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38

Per comprendere la profezia sulla Vergine che concepisce, segno data da Dio ad Acaz, è cosa più che giusta, anzi necessaria leggere tutto il capitolo di Isaia.

Nei giorni di Acaz, figlio di Iotam, figlio di Ozia, re di Giuda, Resin, re di Aram, e Pekach, figlio di Romelia, re d’Israele, salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla. Fu dunque annunciato alla casa di Davide: «Gli Aramei si sono accampati in Èfraim». Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano gli alberi della foresta per il vento. Il Signore disse a Isaia: «Va’ incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio. Tu gli dirai: “Fa’ attenzione e sta’ tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumanti, per la collera di Resin, degli Aramei, e del figlio di Romelia. Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelia hanno tramato il male contro di te, dicendo: Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl. Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà! Perché capitale di Aram è Damasco e capo di Damasco è Resin. Capitale di Èfraim è Samaria e capo di Samaria il figlio di Romelia. Ancora sessantacinque anni ed Èfraim cesserà di essere un popolo. Ma se non crederete, non resterete saldi”».

Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonata la terra di cui temi i due re. Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Èfraim si staccò da Giuda: manderà il re d’Assiria».

Avverrà in quel giorno: il Signore farà un fischio alle mosche che sono all’estremità dei canali d’Egitto e alle api che si trovano in Assiria. Esse verranno e si poseranno tutte nelle valli scoscese, nelle fessure delle rocce, su ogni cespuglio e su ogni pascolo. In quel giorno il Signore raderà con rasoio preso a nolo oltre il Fiume, con il re d’Assiria, il capo e il pelo del corpo, anche la barba toglierà via. Avverrà in quel giorno: ognuno alleverà una giovenca e due pecore. Per l’abbondanza del latte che faranno, si mangerà la panna; di panna e miele si ciberà ogni superstite in mezzo a questa terra. Avverrà in quel giorno: ogni luogo dove erano mille viti valutate mille sicli d’argento, sarà preda dei rovi e dei pruni. Vi si entrerà armati di frecce e di arco, perché tutta la terra sarà rovi e pruni. In tutti i monti, che erano vangati con la vanga, non si passerà più per paura delle spine e dei rovi. Serviranno da pascolo per armenti e da luogo battuto dal gregge (Is 7,1-25).

Acaz ritiene Dio non “capace” di salvare il suo popolo. Pensa che la salvezza venga invece stringendo alleanze con i popoli. Il Signore gli vuole attestare che veramente Lui è l’Onnipotente, il Signore di tutto la terra. Niente è a Lui impossibile né nel mondo visibile, né in quello invisibile, né nel profondo degli inferi e né nell’alto dei cieli.

Il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

Per ogni uomo è impossibile che una vergine concepisca, rimanendo vergine. L’Evangelista Matteo ci rivela che questa profezia di Isaia si compie in tutta la pienezza della verità in Maria di Nazaret. In segno dato al mondo intero per mezzo della Vergine, va al di là dello stesso pensiero dell’uomo. In lei chi si fa uomo per opera dello Spirito Santo è il Figlio Eterno del Padre. Si va oltre il pensiero umano, ma anche oltre la religione degli stessi figli di Abramo che sono dal rigido monoteismo. Il mistero è oltre l’esistente, oltre l’immaginabile, oltre la religione, oltre le religioni, oltre le filosofie, oltre le antropologie. È infinitamente oltre tutto e tutti. Oltre ogni scienza e sapienza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, illuminateci sul mistero.

 

10 APRILE

DAVANO TESTIMONIANZA DELLA RISURREZIONE
At 4,32-37; Sal 92; Gv 3,7b-15

La risurrezione di Gesù è evento teologico, cristologico, antropologico, escatologico. È evento teologico perché è il Dio di Abramo che risuscita il Figlio suo. il suo Messia. Se è il Dio di Abramo a Lui va data l’adorazione della fede nella perfetta obbedienza. È evento cristologico con la risurrezione si compiono in Cristo tutte le profezie di Dio. Tutta la Scrittura trova la sua verità in questo evento. Senza la risurrezione di Cristo la Scrittura è senza verità. Cristo risorto è il centro, il cuore della vera fede.

Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini (1Cor 15,12-19).

È evento antropologico ed escatologico non solo perché chi crede in Cristo riceverà la stessa risurrezione del suo Salvatore e Signore, ma anche perché con la sua gloriosa risurrezione è vinto il nemico dell’uomo che è la morte. La morte non ha più potere. Ora l’uomo può camminare verso la vita eterna. Sa che dal sepolcro un giorno uscirà.

Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?». Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non tutti i corpi sono uguali: altro è quello degli uomini e altro quello degli animali; altro quello degli uccelli e altro quello dei pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle. Ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale (Cfr. 1Cor 15,29-43).

Con la risurrezione Cristo è posto al centro di tutto l’universo creato come sua Salvatore, Redentore, Giudice, Signore, Vita, Luce. Tutto avviene in Cristo, con Cristo, per Cristo. Si toglie Cristo, non si predica più, l’uomo diviene adoratore di se stesso. Chi dona al mondo Cristo Risorto, gli dona la sorgente di ogni vita, verità, luce.

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.

 

11 APRILE

UN ANGELO DEL SIGNORE APRÌ LE PORTE
At 5,17-26; Sal 33; Gv 3,16-21

Il Signore sta attestando al suo popolo con ogni prova che è Lui il Signore degli eventi. Essi non hanno alcun potere sulla storia che si sta vivendo sotto i loro occhi. Ma tutto ciò che accade per essi è purissima grazia di salvezza. Dio vuole salvare il suo popolo e in nulla si sta risparmiando per condurlo ad credere in Cristo suo Figlio, unico e solo loro Salvatore e Redentore, suo vero Messia. Tutto è frutto della sua grande misericordia. Israele domani dovrà confessare che la pietà del Signore in suo favore è stata veramente grande, infinita, eterna. Tutto Lui ha fatto per aiutarli nell’atto di fede. Gli Apostoli erano stati catturati e messi in prigione. Un Angelo del Signore apre le porte della prigione e li manda a predicare al popolo le parole di vita, cioè la verità su Gesù, il Nazareno. Nessuno può uscire da una prigione ben custodita. Solo il Signore può liberare da essa. Chi a vera fede nel Dio di Abramo – e i Giudei questa fede avrebbero dovuta possedere – sa che nulla è impossibile al suo Dio e che per Lui non ci sono né prigioni e né carceri. Tutto ciò che Lui vuole, lo compie sulla terra e nei cieli. Per il Signore non c’è fornace ardente e neanche fossa dei leoni. Il fuoco lui lo trasforma in un vento soave e leggero e i leoni in animali affabili e gentili. La Storia Sacra registra queste cose e il vero adoratore del Dio di Abramo le deve conoscere.

Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, i calzari, i copricapi e tutti i loro abiti, e gettati in mezzo alla fornace di fuoco ardente. Poiché l’ordine del re urgeva e la fornace era ben accesa, la fiamma del fuoco uccise coloro che vi avevano gettato Sadrac, Mesac e Abdènego. E questi tre, Sadrac, Mesac e Abdènego, caddero legati nella fornace di fuoco ardente. Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore (Dn 3,19-24).

La mattina dopo il re si alzò di buon’ora e allo spuntare del giorno andò in fretta alla fossa dei leoni. Quando fu vicino, il re chiamò Daniele con voce mesta: «Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con perseveranza ti ha potuto salvare dai leoni?». Daniele rispose: «O re, vivi in eterno! Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male» (Dn 6,20-23).

Gli Apostoli obbediscono. Usciti dalla prigione, si recano nel tempio e iniziano a predicare secondo l’ordine ricevuto. Essi non fuggono, non si nascondono.

Si levò allora il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare. Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio, cioè tutto il senato dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. Ma gli inservienti, giunti sul posto, non li trovarono nel carcere e tornarono a riferire: «Abbiamo trovato la prigione scrupolosamente sbarrata e le guardie che stavano davanti alle porte, ma, quando abbiamo aperto, non vi abbiamo trovato nessuno». Udite queste parole, il comandante delle guardie del tempio e i capi dei sacerdoti si domandavano perplessi a loro riguardo che cosa fosse successo. In quel momento arrivò un tale a riferire loro: «Ecco, gli uomini che avete messo in carcere si trovano nel tempio a insegnare al popolo». Allora il comandante uscì con gli inservienti e li condusse via, ma senza violenza, per timore di essere lapidati dal popolo.

Chi è di sana razionalità, intelligenza non contaminata, chi vive nel timore del Signore deve constatare che non ci si trova dinanzi ad un’opera umana. Deve attestare che qui c’è il dito di Dio. Prima di tutto perché dal carcere è impossibile uscire. In secondo luogo perché quanti sono usciti si trovano nel tempio a predicare Cristo Risorto. Non siamo dinanzi ad azioni umane, ma divine. È giusto trarne le necessarie conseguenze.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il timore del Signore.

 

12 APRILE

DIO LO HA INNALZATO ALLA SUA DESTRA
At 5,27-33; Sal 33; Gv 3,31-36

Ogni obbedienza nella Scrittura è alla Legge, alla Verità, alla Fede, alla Parola. è agli uomini di Dio incaricati per amministrare la Legge, la Verità, la Fede, la Parola. Chi è stato costituito da Dio amministratore dei suoi misteri di salvezza, deve porre ogni attenzione lui per primo di essere fedele al suo Dio in ogni cosa con obbedienza visibile. L’obbedienza dell’amministratore delle cose di Dio non deve essere presupposta, ma ben visibile, evidente, constatabile, verificabile, sperimentabile. È quanto i figli di Israele chiedono a Giosuè. Noi ti saremo obbedienti, se tu sarai obbediente. Noi ti saremo fedeli, se tu sarai fedele. Noi ti ascolteremo, se tu ascolterai.

A quelli di Ruben e di Gad e alla metà della tribù di Manasse Giosuè disse: «Ricordatevi delle cose che vi ha ordinato Mosè, servo del Signore, dicendo: “Il Signore, vostro Dio, vi concede riposo e vi dà questa terra”. Le vostre mogli, i vostri bambini e il vostro bestiame staranno nella terra che Mosè vi ha assegnato al di là del Giordano; ma voi, prodi guerrieri, attraverserete ben armati davanti ai vostri fratelli e li aiuterete, fino a quando il Signore non concederà riposo ai vostri fratelli, come a voi, e anch’essi prenderanno possesso della terra che il Signore, vostro Dio, assegna loro. Allora ritornerete, per possederla, nella terra della vostra eredità, che Mosè, servo del Signore, vi ha dato oltre il Giordano, a oriente». Essi risposero a Giosuè: «Faremo quanto ci ordini e andremo dovunque ci mandi. Come abbiamo obbedito in tutto a Mosè, così obbediremo a te; purché il Signore, tuo Dio, sia con te com’è stato con Mosè. Chiunque si ribellerà contro di te e non obbedirà a tutti gli ordini che ci darai, sarà messo a morte. Tu dunque sii forte e coraggioso» (Gs 1,11-18).

La salvezza dell’uomo è dall’obbedienza a Dio. Se voi, capi del popolo non volete obbedire al Signore che vi chiede di accogliere Cristo Gesù come vostro Salvatore e Redentore per avere il perdono dei vostri peccati, è problema vostro, non nostro. Poiché Gesù non è solo vostro Salvatore, ma di tutto il popolo e del mondo intero, noi non possiamo obbedire a voi lasciando il mondo senza salvezza. Noi obbediamo a Dio piuttosto che a voi, non perché vogliamo agire contro di voi, ma perché lo richiede la salvezza del mondo. Se noi non obbediamo, tutto il mondo rimane nelle tenebre della falsità e nella schiavitù del suo peccato. La redenzione del mondo esige la nostra obbedienza. Dalla nostra fedeltà al mandato ricevuto, tutti potranno essere salvati.

Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». All’udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte.

Ogni amministratore della salvezza di Dio in Cristo Gesù deve possedere la stessa coscienza di Paolo. Lui deve ancorarsi alla verità del mistero da amministrare e restare fedele in eterno, indipendentemente da chi crede, non crede, vuole, non vuole.

Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode (1Cor 4,1-5).

La salvezza del mondo è dall’obbedienza dell’amministratore dei misteri di Dio e dalla sua fedeltà. Quando l’amministratore guarda il mondo e non più il suo Signore, con facilità cadrà nella tentazione dell’infedeltà. Si lascerà impietosire dal mondo, obbedirà al peccato degli uomini e non più alla purissima verità del suo ministero.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni tentazione.

 

13 APRILE

NON OCCUPATEVI DI QUESTI UOMINI
At 5,34-42; Sal 26; Gv 6,1-15

Il Signore aveva permesso che i suoi apostoli più volte annunziassero ai capi dei Giudei Gesù il Risorto per la loro salvezza eterna. C’è un momento per fare grazia e non momento in cui il tempo favorevole finisce. Poi sarà il Signore nuovamente a stabilire quanto il tempo sarà nuovamente favorevole per offrire di nuovo la sua salvezza. Dopo l’intervento di Gamaliele nel Sinedrio, gli Apostoli non compariranno più nel sinedrio. I capi dei Giudei hanno rifiutato la grazia della salvezza, il Signore ritira la sua offerta attendendo altri tempi e altri momenti. Per ora rispetta il loro rifiuto e si ritira. Mai più manderà i suoi discepoli per annunziare loro il mistero della vita.

Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: «Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero. Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!». Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.

Momento favorevole e nuova offerta di grazia ai capi del popolo e per loro tramite a tutta la discendenza di Abramo che vive in Gerusalemme è dato da Paolo. Questo viene mandato a Gerusalemme. Nella città santa viene catturato. Presentato anche lui dinanzi al Sinedrio, annunzia loro il mistero della risurrezione di Gesù. Svanita anche questa grazia, Paolo non vedrà più Gerusalemme. Si imbarca per Roma.

Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma» (At 23,6-11).

Il Signore passa con la sua grazia e le sue vie sono sempre misteriose. Se l’uomo accoglie la Parola di vita, entra nel mistero della salvezza che si compie non solo per Cristo Gesù, ma anche in Lui e con Lui. Se la Parola non viene accolta, rimane nel suo peccato e nella sua morte che sarà eterna. Il portatore della grazia della salvezza deve vivere con un solido principio di fede: lui mai dovrà essere dalla sua volontà, dai suoi sentimenti, dai gusto e desideri del suo cuore. Lui dovrà invece essere dalla volontà di Dio nella più pura mozione dello Spirito Santo. Se il portatore della luce, della verità, della grazia si fa da se stesso, è la fine della missione. Dio si ritira da lui e per lui nessun verità, luce, grazia sarà più donata agli uomini. La disobbedienza del ministro di Cristo a Cristo e al mandato ricevuto condanna il mondo alla perdizione. Oggi il mondo è condannato a vivere nelle tenebre, perché molti portatori della luce anziché guardare verso Dio stanno guardando verso l’uomo, invece di vedere l’uomo dalla luce di Dio e dal suo cuore, lo vedono dalle loro tenebre e dal loro cuore. Non ama l’uomo chi non rispetta il comando ricevuto dal Signore. Dalla disobbedienza mai si amerà.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci amare dal Signore.

 

14 APRILE

ALLA PREGHIERA E AL SERVIZIO DELLA PAROLA
At 6,1-7; Sal 32; Gv 6,16-21

La Chiesa del Signore è un corpo ben compaginato e connesso. In questo corpo ognuno deve sapere a cosa lo Spirito Santo lo ha chiamato e fermarsi alla sua missione, senza deviare né a destra e né a sinistra. Coloro che hanno il mandato del governo di questo corpo devono prestare ogni attenzione a che esso viva bene ordinato, tenendolo lontano da ogni disordine e confusione. Pietro sa qual è la missione apostolica: preghiera e annunzio della Parola. Gli Apostoli non devono occuparsi delle cose materiali, anche se necessarie alla comunità. Poiché spetta loro governare il corpo, essi decidono di affidare il servizio delle mense a sette persone piene di Spirito Santo e di saggezza. Agendo così, Pietro insegna ad ogni singolo membro del corpo di Cristo a sapere cosa a lui è chiesto. Quanto non gli è chiesto, deve lasciare che lo facciano gli altri. Anzi lui stesso dovrà farsi promotore di ordine e di pace nel corpo del Signore. Tutto è però dalla nostra obbedienza alla missione.

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Nella Lettera ai Romani questa verità è insegnata da Paolo con profonda verità e dottrina. Ognuno è obbligato a sapere ciò che Dio chiede a lui e limitarsi alla richiesta di Dio, mettendo però nel servizio tutta la sua fede, il suo amore, la sua diligenza. Nella Prima Lettera ai Corinzi lo stesso Paolo insegna che doni e ministeri non vengono dalla volontà dell’uomo. Tutto è dono dello Spirito Santo. Ogni carisma e ministero vengono dalla volontà sovrana e non soggetta al governo di nessun uomo.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia (Rm 12,1-8). Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole (1Cor 12,4-11).

Vivere nella volontà dello Spirito Santo, essere distaccati dalla nostra volontà è anche questo un dono e una grazia che sempre dobbiamo chiedere allo Spirito del Signore. Tutto è da Lui e per Lui. Chi cade da questa fede, diviene creatore di disordine.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sempre dallo Spirito.

 

15 APRILE – III DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

IL DIO DEI NOSTRI PADRI
At 3,13-1517-19; Sal 4; 1 Gv 2,1-5a; Lc 24,35-48

Un brano dell’Antico Testamento potrà aiutarci a seguire quanto viene annunziato negli Atti degli Apostoli a proposito dei Giudei che hanno rinnegato il Santo e il Giusto.

Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: «Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto?». Allora mandarono a dire a Giuseppe: «Tuo padre prima di morire ha dato quest’ordine: “Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male!”. Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre!». Giuseppe pianse quando gli si parlò così. E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: «Eccoci tuoi schiavi!». Ma Giuseppe disse loro: «Non temete. Tengo io forse il posto di Dio? Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini». Così li consolò parlando al loro cuore (Gen 50,15-21).

Oggi è chiesto ai Giudei di riconoscere il loro peccato, di confessare la loro colpa. È vero hanno rinnegato il Santo e il giusto, ma lo hanno fatto per ignoranza. Con la risurrezione operata da Dio su Gesù, essi possono riconoscere di avere sbagliato. Il Signore è pronto a perdonare il loro peccato, a cancellare la loro colpa, se si convertono e cambiano vita. Ma qual è la conversione loro richiesta? Che riconoscano che Gesù è il loro Messia, Salvatore, Redentore. Che accolgano la sua Parola come la sola Parola di vita eterna data dal Padre. Che si lascino battezzare nel nome di Gesù il Nazareno, divenendo suoi testimoni. Che pongano la loro vita a servizio del Vangelo. Prima della risurrezione essi hanno peccato contro il Figlio dell’uomo e il loro peccato è perdonabile. Se persistono nel loro peccato, esso cambia di essenza, di specie. Da peccato contro il Figlio dell’uomo diviene peccato contro lo Spirito Santo e non sarà mai cancellato né sulla terra né nei cieli. Essi saranno rei di morte eterna.

Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati.

Il discorso di Pietro va ben compreso. La storia ha fatta di due momenti. Il primo momento può anche essere vissuto male. Il secondo momento necessariamente dovrà essere portato nella verità più pura e santa. I fratelli di Giuseppe hanno vissuto male il loro primo momento. Per invidia hanno venduto il fratello agli Ismaeliti e questi agli Egiziani. Dio però ha esaltato Giuseppe. I fratelli riconoscono il loro peccato e chiedono umilmente perdono. Giuseppe li tratta non da colpevoli, ma da suoi veri fratelli. Cristo Gesù per invidia fu dai Giudei consegnato a Pilato e a lui fu chiesto che lo condannasse a morte per crocifissione. Questo è stato il loro primo momento. Ora viene il secondo. Dio esalta Cristo, accredita Gesù, discredita la loro opera. Questa verità storica non può essere ignorata. Dinanzi alla successiva azione di Dio che è di risposta al loro agire, essi sono obbligati a cambiare pensieri. Non è più con Gesù che dovranno relazionarsi ma con il loro stesso Dio, quel Dio che essi adorano.

Dio è pronto non solo a perdonare il loro peccato, ma a dare ad essi tutta la grazia della salvezza e lo Spirito Santo. La condizione è una sola: che essi riconoscano di aver sbagliato con Gesù. Il peccato di prima è perdonabile, scusabile. Il peccato di riconoscere l’opera di Dio non è più né scusabile e né perdonabile, perché è peccato contro lo Spirito Santo. Ora i Giudei devono decidere: o passano a Cristo o rimarranno esclusi per sempre dall’opera della salvezza. La grazia è loro offerta. Se l’accolgono, entra nella vita. Se non l’accolgono rimangono nella morte per sempre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate che ci convertiamo a Cristo.

 

16 APRILE

VIDERO IL SUO VOLTO COME QUELLO DI UN ANGELO
At 6,8-15; Sal 118; Gv 6,22-29

I falsi testimoni sono stati e sempre saranno una vera piaga in seno all’umanità. Dio nella sua Legge ha proibito la falsa testimonianza con l’Ottavo Comandamento. La sua non osserva pone l’uomo fuori dell’alleanza e della benedizione. Gezabele, regina empia e crudele, sa come servirsi dei falsi testimoni per ottenere un bene immediato

In seguito avvenne questo episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto, perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella, oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un lato e non mangiò niente. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!».

Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città, che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato lapidato ed è morto». Appena Gezabele sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso (1Re 21,1-16).

Alcuni Giudei, non riuscendo a resistere alla sapienza ispirata di Stefano, decidono di ricorre all’arma antica, universale, sempre aggiornata della falsa testimonianza. Ma il Signore viene in aiuto del Sinedrio. Fa vedere il volto di Stefano come quello di un Angelo. Se Stefano ha il volto di un Angelo, di certo non può peccare né ha peccato contro Dio, contro la Legge, contro il tempio. Questo segno è già sufficiente a scagionare Stefano da ogni accusa. Gli Angeli sono senza peccato. Non peccano.

Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un angelo.

Come in ogni buon processo tutto è fondato sui testimoni dell’accusa e della difesa. Come i Giudei portano i loro falsi testimoni, Dio si presente come vero testimone in favore dell’innocenza di Stefano. Come Dio prova la falsità delle accuse che gli vengono addebitate? Facendo vedere il volto di Stefano come quello di un Angelo. Ora che Dio ha testimoniato per il suo servo fedele, si è responsabili della sua morte. Essi hanno dato credito alla falsa testimonianza degli uomini, ignorando quella vera di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri in ogni parola.

 

17 APRILE

SIGNORE, NON IMPUTARE LORO QUESTO PECCATO
At 7,51-8,1a; Sal 30; Gv 6,30-35

Stefano nel sinedrio ricorda ai Giudei che essi sono tutti figli dei loro padri, sempre testardi e sempre ostinati contro i profeti che il Signore ha sempre mandato per invitarli alla conversione nella più perfetta obbedienza alla sua Legge, ai suoi Comandamenti, alla sua Parola. La ribellione dei padri è la loro ribellione, i misfatti dei padri sono i loro misfatti. I padri sono stati uccisori dei profeti, essi hanno ucciso il Giusto e il Santo. L’ostinazione a Dio è la loro stessa vita. Questa accusa non può essere per loro motivo per condannarlo a morte. Essi però sono furibondi nel loro cuore e digrignano i denti contro di lui. Se lui aggiungerà anche una sola parola, di certo decideranno per la sua morte. Manca solo che la loro ira si colmi e Stefano non parlerà più in eterno.

La scintilla è data da una ulteriore parola di Stefano. Lui pieno di Spirito Santo, fissa il cielo, vede la gloria di dio e Gesù che stava alla destra di Dio e lo dice: “Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”. Per i Giudei è questa pubblica e palese professione di idolatria. Gesù viene proclamato Dio, confessato pari a Dio, assiso alla sua destra. È una bestemmia. Come bestemmia per loro era stata confessione di Gesù Signore. Si turano gli orecchi per non sentire altre bestemmie, lo trascinano fuori e si metto a lapidarlo. Stefano muore per aver confessato che Gesù è Dio. Lui non lo ha confessato per fede, neanche per apprendimento, neanche per rivelazione dello Spirito Santo, ma per visione. Lui ha visto Gesù assiso alla destra di Dio e lo ha detto. In questo si pone nella scia dei veri profeti, i quali non solo riferivano al popolo la Parola del Signore, sovente narravano anche le loro visioni. La visione è purissima rivelazione. Il profeta dice ciò che vede. La missione di Isaia non inizia con una visione nel tempio di Gerusalemme?

Io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!» (Is 6,1-8).

Isaia con una visione inizia la sua con una visione. Anche Saulo di Tarso inizia la sua missione con una visione, Stefano per una visione invece termina la sua missione.

Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata». All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì. Saulo approvava la sua uccisione.

Stefano muore perché testimone della verità della confessione di Gesù. Veramente Gesù è alla destra di Dio, così come aveva detto. Muore come muore Gesù: affidando il suo spirito a Gesù e chiedendogli di non imputare loro il peccato della sua morte.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

 

18 APRILE

E VI FU GRANDE GIOIA IN QUELLA CITTÀ
At 8,1b-8; Sal 65; Gv 6,35-40

Quanto Gesù ha detto si è compiuto, si compie, si compirà sempre. La Chiesa vive nella persecuzione, nella persecuzione cresce e si rafforza- Mai esisterà la Chiesa di Gesù Signore senza che ogni suo figlio venga perseguitato anche con odio violento.

Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo (Mt 10.16-23). Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 22,12-19).

Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se io non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione (GV 15,18-25). Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto (Gv 16,1-4).

Se il cristiano è perseguitato in un luogo, fugge in un altro. Per questo luogo la persecuzione è vera grazia di Dio, perché viene annunziato il Vangelo ed offerta anche alla gente che vive in esso la grazia della conversione e della salvezza.

In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola. Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.

Filippo nel nuovo luogo della sua missione è un portatore di grande gioia, perché è un vero seminatore del Vangelo della grazia. Lui semina la Parola e segni e prodigi accompagnano il dono del Vangelo. Gli spiriti impuri escono dagli indemoniati e paralitici e storpi vengono guariti. Sono questi doni i portatori della vera gioia. Per essi è manifesto palesemente che Gesù è in mezzo ad essi e sempre la presenza di Cristo porta e crea nei cuori la vera gioia. La gioia sgorga sempre dal cuore di Gesù Signore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci portatori di Cristo Gesù.

 

19 APRILE

COSA IMPEDISCE CHE IO SIA BATTEZZATO?
At 8,26-40, Sal 65; Gv 6,44-51

La salvezza è purissimo dono di Dio. Perché sia dono di Dio e non dell’uomo, si chiede al missionario la più grande obbedienza allo Spirito Santo, sia se parla a noi per via immediata, diretta, sia che se ci parla per via mediata e indiretta, attraverso l’obbedienza a coloro che il Signore ha costituito pastori sopra di noi. Negli Atti degli Apostoli è preponderante l’obbedienza immediata e diretta allo Spirito Santo. Non è però esclusa la via indiretta e mediata dell’obbedienza ai pastori. Nella Chiesa di Dio le due obbedienza devono divenire una sola obbedienza. Anche nell’obbedienza mediata e indiretta, sempre si deve agire per obbedienza immediata e indiretta allo Spirito del Signore. Guai ad abolire una sola di queste obbedienza. Si è fuori della comunione sia con lo Spirito Santo così anche con la Chiesa di Dio, nella quale l’obbedienza ai Pastori è essenza, sostanza, verità di ogni vera obbedienza allo Spirito. Il Signore vuole che entri nella pienezza della verità e della grazia della salvezza un funzionario regio. Lui è sulla strada che da Gerusalemme lo sta conducendo nel suo lontano paese che è l’Etiopia. Lo Spirito Santo chiama Filippo e gli ordina di recarsi sulla via che fa Gerusalemme porta a Gaza. Filippo obbedisce prontamente. Su questa strada vi è un carro e un uomo seduto sopra. Lo Spirito chiede a Filippo di avvicinarsi al carro e Filippo ancora una volta obbedisce. Sente che quell’uomo sta leggendo il profeta Isaia e gli chiede: “Capisci quello che sta leggendo?”. La risposta è immediata: “E come potrei capre, se nessuno mi guida?”. Una sola domanda è stata sufficiente perché Filippo fosse invitato a salire sul carro per spiegare il significato di quelle parole. Stupenda strategia dello Spirito Santo! È Lui che con divina saggezza suggerisce al funzionario di far entrare Filippo nella sua storia. Filippo entra in essa, ma per portare la pienezza della verità di Cristo Signore. Via della missione: farsi invitare ad entrare nella storia personale di colui che ci sta dinanzi! Ma questa via solo lo Spirito la conosce. Non è nell’uomo entrare nella storia di una persona. Lo Spirito può ed entra.

Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.

Senza l’obbedienza diretta, immediata, indiretta e mediata allo Spirito Santo, anche se l’altro ti invita ad entrare nella sua storia, il missionario entrerà con la sua immanenza, mai vi potrà entrare con la trascendenza che sempre deve avvolgere la sua persona, ma che purtroppo non può attualmente, a causa della non perfetta obbedienza allo Spirito Santo. Oggi molti figli della Chiesa entrano nella storia dell’altro, ma dalla loro immanenza, profanità, mai dalla loro trascendenza e dal soprannaturale di cui dovrebbe essere colmo il loro spirito. A nulla serve recarsi nelle periferie del mondo per entrare in esse, a volte neanche invitati, ma dalla nostro profanità e mondanità di vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di perfetta obbedienza.

 

20 APRILE

SAULO, SAULO, PERCHÉ MI PERSÉGUITI?
At 9,1-20; Sal 116; Gv 6,52-59

Ci sono persone che solo Dio, in modo diretto, entrando con divina potenza, nella loro vita, può convertire. Gli apostoli del Signore, anche se pieni di Spirito Santo, possono molto, ma non possono tutto. Questa umiltà essi dovranno sempre custodire nel cuore. Questa umiltà poi deve trasformarsi in preghiera ininterrotta, ricca di fede, per chiedere al Signore che faccia Lui ciò che noi mai possiamo fare. O lo Spirito Santo irrompe con tutta la sua potenza di grazia e di luce, o sarà impossibile per noi portare salvezza in certi cuori. Lo Spirito deve agire Lui, per via immediata. La via mediata è insufficiente. Poiché noi non sappiamo le vie scelte dal Signore per la conversione di un cuore, sempre dobbiamo ritenerci inefficaci, inadeguati, insufficiente. Così possiamo chiedere al Signore, sempre operando con immediata obbedienza ciò che Lui vuole, che sia Lui ad intervenire con grande potenza e stravolgere cuore e mente di chi deve essere portato nel cuore di Cristo, per essere cita di Cristo oggi nel mondo. Saulo perseguita la Chiesa di Dio per zelo, perché vuole ad ogni costo difendere la verità del suo Signore. Perché non trasformare questo zelo tutto a servizio di Cristo Gesù? Chi può operare una simile trasformazione non è un uomo, ma direttamente il Signore. è quanto avviene sulla via di Damasco. Saulo è accecato dalla luce di Dio e da questa luce gli parla il Signore Risorto. Lo zelo ora può essere vissuto in modo santo.

Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.

Chi cammina nello Spirito Santo e si consegna interamente a Lui, dallo Spirito è anche mosso non solo nell’intelligenza per comprendere l’inutilità della sua opera pastorale, ma anche la sua preghiera da Lui viene suscitata perché si chiede a Dio la conversione per intervento diretto. Anche se il missionario è pieno di grazia e di Spirito Santo, la via mediata non sempre è sufficiente. Questa scienza viene però dallo Spirito del Signore. Senza questa scienza, attraverseremo la storia, ma non sarà operata alcuna conversione di quanti il Signore ha stabilito che avvenga solo per la opera immediata. Questa verità deve convincerci che mai Dio potrà essere ignorato, dimenticato, rinviato nel suo cielo. Egli è necessario in modo immediato e diretto prima di tutto a noi e poi ad ogni altro uomo. L’azione immediata di Dio mai dovrà essere esclusa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede retta e pura.

 

21 APRILE

MOLTI CREDETTERO NEL SIGNORE
At 9,31-42; Sal 115; Gv 6,60-69

La Lettera agli Ebrei ci rivela che la verità della Parola del Signore è data da tre “Agenti” che necessariamente devono essere una cosa sola, una realtà indivisibile. Essa viene da Dio. È ascoltata dall’uomo e confermata. Subentra ancora una volta il Signore che dona testimonianza con segni, miracoli, prodigi, dono dello Spirito Santo.

Per questo bisogna che ci dedichiamo con maggiore impegno alle cose che abbiamo ascoltato, per non andare fuori rotta. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo noi scampare se avremo trascurato una salvezza così grande? Essa cominciò a essere annunciata dal Signore, e fu confermata a noi da coloro che l’avevano ascoltata, mentre Dio ne dava testimonianza con segni e prodigi e miracoli d’ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà (Eb 2,1-4).

Anche il Vangelo secondo Marco mette insieme questi tre “Agenti”: Cristo Gesù, gli Apostoli, Cristo Gesù. Gli Apostoli annunziano Gesù conferma con segni e prodigi.

E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16,15-20).

Negli Atti degli Apostoli questa regola è vissuta alla perfezione. Pietro annunzia la Parola di Gesù. Gesù rende testimonianza a Pietro con miracoli e segni, molti credono nel Signore, accogliendo nel cuore la sua Parola. Ma quando Gesù conferma e dona testimonianza alla Parola dei suoi missionari? Quando essi sono nella sua Parola, cioè quando essi consegnano tutta la loro vita alla Parola, prestando ad essa ogni obbedienza per mozione dello Spirito Santo. Gesù mai confermerà una sola parola dei missionari o dei ministri, se essi dicono la Parola dal di fuori della Parola.

La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. E avvenne che Pietro, mentre andava a far visita a tutti, si recò anche dai fedeli che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea, che da otto anni giaceva su una barella perché era paralitico. Pietro gli disse: «Enea, Gesù Cristo ti guarisce; àlzati e rifatti il letto». E subito si alzò. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore. A Giaffa c’era una discepola chiamata Tabità – nome che significa Gazzella – la quale abbondava in opere buone e faceva molte elemosine. Proprio in quei giorni ella si ammalò e morì. La lavarono e la posero in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a Giaffa, i discepoli, udito che Pietro si trovava là, gli mandarono due uomini a invitarlo: «Non indugiare, vieni da noi!». Pietro allora si alzò e andò con loro. Appena arrivato, lo condussero al piano superiore e gli si fecero incontro tutte le vedove in pianto, che gli mostravano le tuniche e i mantelli che Gazzella confezionava quando era fra loro. Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto al corpo, disse: «Tabità, àlzati!». Ed ella aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i fedeli e le vedove e la presentò loro viva. La cosa fu risaputa in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore.

Chi vuole che qualcuno creda nel Signore, creda cioè nella sua Parola, deve essere lui il primo credente nella Parola. Nella Parola si crede prestando ad essa ogni obbedienza. Pietro crede nella Parola, annunzia la Parola, per la sua fede opera segni e prodi, nella città sorge tutto un movimento di fede nel Signore nella conversione alla sua Parola. È grande falsità dire che oggi il mondo non vuole più la Parola. Quando essa è annunziata secondo le regole della Parola, sempre produce frutti di conversione e di fede. Il problema è un altro. È il ministro della Parola che è caduto dalla fede.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla Parola.

 

22 APRILE – IV DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

IN NESSUN ALTRO C’È SALVEZZA
At 4,8-12; Sal 117; 1 Gv 3,1-2; Gv 10,11 -18

Il principio primo della filosofia classica così recita: “Idem non potest simul esse ac non esse – simul si intende: eodem tempore et sub eodem respectu – La medesima cosa non può nello stesso tempo e nella stessa modalità o realtà essere e non essere”. Applichiamo ora questo principio a Gesù Signore. Dice Pietro: “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”. Quanto Pietro annunzia è verità assoluta. Nessuno è nessuno. Questo significa che non vi è né altro uomo e né altro Dio. Significa che neanche il Padre è il nome nel quale possiamo essere salvati. Nessuno è nessuno.

Se nessuno è nessuno, perché allora si insegna che tutte le religioni sono vie di salvezza? Se nessuno è nessuno, perché oggi si vuole saltare Cristo e andare direttamente a Dio, se neanche Dio è nome nel quale è stabilito che possiamo essere salvati? Se nessuno è nessuno, perché proclamiamo Cristo Gesù uguale ad ogni altro fondatore di religione? Se nessuno è nessuno, perché paragoniamo il Vangelo ad ogni altro libro religioso? Se nessuno è nessuno, non possiamo noi né profanare Cristo Gesù, né mondanizzarlo, né relativizzarlo e neanche metterlo da parte in nome di un Dio vero o falso. Se nessuno è nessuno, neanche il Padre di Cristo Gesù farà mai qualcosa se non per il suo nome, nel suo nome.

La nostra fede è un complesso di verità che necessariamente devono stare insieme. Se Gesù non è più il solo nome nel quale è stabilito che siamo salvati, allora a nulla serve la Chiesa, la sua struttura di grazia e di verità, i suoi ministri, i suoi sacramenti, i suoi papi e i suoi vescovi con presbiteri e diaconi. Sono residui di un’antica credenza che oggi non esiste più. Perché allora conservarli in vita, quando sono ininfluenti in ordine alla salvezza. Perché tutto un apparato deve rimanere in piedi se non è più non solo non necessario, ma neanche più utile alla salvezza, dal momento che Cristo non è più né utile, né necessario, né indispensabile? A che serve la difesa della morale se la salvezza eterna è data indistintamente a tutti? A che gioiva discutere se una norme è conforme alla fede della Chiesa o meno, se la stessa fede a nulla più serve in ordine alla vita eterna? Una sola verità negata, tutte le verità perdono di significato e valore. O Cristo è il solo nome o Lui non serve più a nessuno. Ogni via è buona.

Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Con Paolo si potrebbe dire che la verità non manca di rispetto. Il primo rispetta della verità è alla verità. Se manchiamo di rispetto alla verità, tutto sulla terra diviene senza rispetto. Poiché oggi molti figli della Chiesa stanno mancando di rispetto alla verità di Cristo, necessariamente mancheranno di rispetto a tutte le verità a Lui collegate e da Lui generate. Si manca oggi di rispetto alla verità del Padre e dello Spirito Santo, della Chiesa, della grazia, dei suoi ministri, del suo Vangelo, della sua morale, dei suoi sacramento, della stessa Eucaristia. Anche la verità dei Comandamenti è travolta dallo stesso uragano del non rispetto. Mancando di rispetto alla verità, necessariamente si mancherà di rispetto all’uomo, ogni uomo. Senza verità lo si consegna alla morte eterna. Ma anche ci consegniamo noi stessi alla perdizione. La via della vita è solo nella verità di Cristo Signore. Urge che tutti prendiamo coscienza. La verità di Cristo non va imposta ad alcuna. Essa però va annunziata ad ogni uomo, perché possa salvarsi. Ogni discepolo di Gesù è obbligato alla verità della sua missione, pena la responsabilità eterna per tutti coloro che si dovessero perdere per la sua omissione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fedeli a tutta la verità.

 

23 APRILE

CHI ERO IO PER PORRE IMPEDIMENTO A DIO?
At 11,1-18; Sal 41; Gv 10,1-10

Dio si presenta al faraone e gli chiede di liberare il suo popolo, non solo dichiarando che Lui è il Signore, ma anche attestando visibilmente la verità della sua parola. Anche Dio, il Signore, è obbligato a rendersi credibile. Come il Signore si rendere credibile? Attestando storicamente e visibilmente che Lui è realmente ciò che dice di essere. Ora se Dio è obbligato ad attestare la verità del suo essere Signore, ogni uomo che parla, agisce, prende decisione in suo nome, è anche lui obbligato ad attestare che quanto lui dice, opera, decide non è frutto della sua volontà, ma del Signore, del quale lui è solo un servo o un amministratore dei suoi mistero, un esecutore dei suoi ordini. Anche Cristo Gesù si obbliga ad attestare l’origine divina della sua Parola e delle sue opere e sempre rimanda al Padre. Lui è sempre e tutto dal Padre, tutto dalla vera Scrittura.

Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?». Gesù rispose loro: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Chi vuol fare la sua volontà, riconoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso. Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia. Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?». Rispose la folla: «Sei indemoniato! Chi cerca di ucciderti?». Disse loro Gesù: «Un’opera sola ho compiuto, e tutti ne siete meravigliati. Per questo Mosè vi ha dato la circoncisione – non che essa venga da Mosè, ma dai patriarchi – e voi circoncidete un uomo anche di sabato. Ora, se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché di sabato ho guarito interamente un uomo? Non giudicate secondo le apparenze; giudicate con giusto giudizio!» (Gv 7,14.24).

Pietro ha aperto ai pagani la porta della fede in Cristo Gesù. Questa apertura è dal suo cuore o è dal cuore dello Spirito Santo? Pietro attesta a quanti gli chiedono ragione, che quanto Lui ha fatto viene da Dio. Essendo lui servo di Dio, mai potrà opporsi alla volontà del suo Signore. Sempre dovrà essere umile e obbediente alla divina volontà.

Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accolto la parola di Dio. E, quando Pietro salì a Gerusalemme, i fedeli circoncisi lo rimproveravano dicendo: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!». Allora Pietro cominciò a raccontare loro, con ordine, dicendo: «Mi trovavo in preghiera nella città di Giaffa e in estasi ebbi una visione: un oggetto che scendeva dal cielo, simile a una grande tovaglia, calata per i quattro capi, e che giunse fino a me. Fissandola con attenzione, osservai e vidi in essa quadrupedi della terra, fiere, rettili e uccelli del cielo. Sentii anche una voce che mi diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Io dissi: “Non sia mai, Signore, perché nulla di profano o di impuro è mai entrato nella mia bocca”. Nuovamente la voce dal cielo riprese: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Questo accadde per tre volte e poi tutto fu tirato su di nuovo nel cielo. Ed ecco, in quell’istante, tre uomini si presentarono alla casa dove eravamo, mandati da Cesarèa a cercarmi. Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare. Vennero con me anche questi sei fratelli ed entrammo in casa di quell’uomo. Egli ci raccontò come avesse visto l’angelo presentarsi in casa sua e dirgli: “Manda qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli ti dirà cose per le quali sarai salvato tu con tutta la tua famiglia”. Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo discese su di loro, come in principio era disceso su di noi. Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato a noi, per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?». All’udire questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!».

Chi è ministro e amministratore della grazia e della Parola di Gesù, chi è missionario del suo Vangelo, dal battezzato al cresimato al diacono, al presbitero, al vescovo, al papa, tutti sono obbligati a rendere ragione del fondamento della loro dottrina e del loro insegnamento. Deve essere manifesto che in loro tutto viene dalla divina volontà.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dal Signore sempre

 

24 APRILE

LO TROVÒ E LO CONDUSSE AD ANTIÒCHIA
At 11,19-26; Sal 86; Gv 10,22-30

Ci sono cose nella vita di un uomo che possono essere fatte solo su consiglio diretto e manifestazione o mozione immediata dello Spirito Santo. Perché lo Spirito di Dio possa muovere un cuore, Lui deve abitare in esso. Barnaba è persona piena di Spirito Santo, è un uomo virtuoso. Sa armonizzare tutte le virtù. Sa che la Chiesa è un mistero di comunione. Ciò che può fare una persona, non potrà farla un’altra. Può la Chiesa vivere senza la forza, la determinazione, la passione, lo zelo di Paolo nella difesa di Gesù Signore? Può la comunità cristiana privarsi di un dono dello Spirito Santo così grande? Certo, quanto è avvenuto in Gerusalemme, riguarda solo Gerusalemme. Ma Gerusalemme non è il mondo e il mondo non è Gerusalemme. Paolo per Barnaba deve essere forza trainante dei cristiani. La sua energia soprannaturale non compresa in un luogo sarà compresa in altri luoghi. Ma Paolo non può stare ai margini. Lui è uomo che deve stare al centro della comunità cristiana. Deve essere la sua forza.

Se Barnaba non fosse pieno di Spirito Santo non fosse coltivatore di virtù e creatore di vera comunione, Paolo sarebbe rimasto ai margini della Chiesa, rintanato nella lontana Tarso, suo città natale. Invece Barnaba va alla ricerca di Paolo, lo trova, lo porta con sé nella comunità di Antiochia e qui iniziano un proficuo lavoro di missione evangelizzatrice. Quanto opera Barnaba deve operarlo ogni altro discepolo di Gesù. Lo potrà operare solo se anche lui pieno di Spirito Santo, coltivatore di virtù, creatore di vera comunione. Quanti sono dati dal Signore alla Chiesa, sono tutti necessaria alla sua vita, alla sua missione, al mistero della sua grazia e verità. Dio dona nuovi figli alla Chiesa, ma è anche responsabilità della Chiesa accogliere i nuovi figli che il Signore le dona. Purtroppo capita spesso che essendo molti figli della Chiesa privi di Spirito Santo, coltivatori di vizi e creatori di divisioni, allontana persone eccellenti che il Signore aveva dato alla comunità per il suo più grande bene. Ognuno sappia che si macchia di un gravissimo peccato se una sola persona viene allontanata dalla comunità o le viene impedito di compiere ciò per cui il Signore l’ha chiamata.

Intanto quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non proclamavano la Parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia.

Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.

Che Barnaba sia pieno di Spirito Santo lo attesta la gioia che è uno dei frutti dello Spirito del Signore. Barna si reca in Antiochia e vide in quella comunità la grazia di Dio che opera conversioni e ogni altro frutto dello Spirito. Chi è nello Spirito, vede lo Spirito che opera e si rallegra, gioisce, esulta. Ma chi è nello Spirito, sa anche che sempre si deve rimanere nello Spirito. Si rimane nello Spirito se si rimane fedeli al Signore. Lo Spirito Santo è una effusione perenne che dal cuore di Cristo si riversa sul cuore dei suoi fedeli. Se ci si distacca da Cristo, ci si distacca anche dallo Spirito Santo. è Cristo la sorgente dello Spirito. È verità che mai dovrà essere dimenticata. È fedele a Cristo chi è fedele alla sua Parola, al suo Vangelo. Barna esorta i cristiani di Antiochia a crescere nell’obbedienza alla Parola. Solo così potranno produrre frutti di conversione e di vita eterna. Barnaba rivela ad ogni discepolo che Colui che muove mente, cuore, anima, volontà, desideri, decisioni è sempre e solo lo Spirito Santo. Per questo è necessario che il discepolo e lo Spirito siano una cosa sola. Lo Spirito nel discepolo, il discepolo nello Spirito Santo, si edifica il regno di Dio sulla terra, cresce la Chiesa.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi. Fateci vero tempio dello Spirito.

 

25 APRILE

RIVESTITEVI TUTTI DI UMILTÀ
1 Pt 5,5b-14; Sal 88; Mc 16,15-20

Nessuna virtù è più utile e più necessaria al discepolo di Gesù dell’umiltà. Parliamo dell’umiltà teologale e non dell’umiltà virtù morale, che è solo i l frutto dell’umiltà teologale. L’umiltà è la virtù essenziale che governa la comunione delle tre divine Persona in seno alla Beata Trinità. L’umiltà in Dio è il rispetto che ogni persona ha di se stessa, sapendo che la sua vita si compie tutta nelle altre due persone. La vita del Padre è data tutta al Figlio nello Spirito Santo, il Figlio dona tutta la sua vita al Padre nello Spirito Santo, lo Spirito Santo dona la sua vita al Padre e al Figlio. Nel darsi come dono eterna e nel riceversi come dono eterna, la vita è nella sua pienezza eterna.

Il Verbo si fa carne nel seno della Vergine Maria, diviene vero uomo. Il vero uomo è tutto assunto dallo Spirito Santo e colmato della volontà del Padre, perché possa donarsi tutto al Padre e in questo dono che raggiunge il sommo della perfezione sulla Croce, compiersi al sommo delle sue possibilità. L’umiltà non è la virtù che ci priva di qualcosa. È invece la via che ci arricchisce di tutto Dio. Ci si dona interamente a Dio per essere colmati interamente di Lui. Più ci si dona a Lui e più ci si colma di Lui. Nel seno della Trinità il dono è eterno e senza limiti e la perfezione è eterna e senza limiti. In Cristo il dono al Padre della sua umanità è pieno e perfetto e anche il compimento della sua umanità è perfetta, giungendo con la risurrezione a trasformare il corpo in luce come Dio è luce e in spirito come Dio è spirito. Dono perfetto, compimento pieno.

Anche la Vergine Maria si è data a Dio in modo piena, verginale, senza nulla tenere per sé, neanche un desiderio o un pensiero. Perfetta nel dono, perfetta nel compimento. Ora è Assunta in cielo in corpo e anima, rivestita della gloria del suo Dio e Signore. Se Dio è umiltà eterna, Cristo Gesù è umiltà crocifissa, la Vergine Maria è umiltà verginale, può il discepolo di Cristo Signore pensare di non essere umile? O consegna tutta la sua persona a Dio, a Cristo, allo Spirito, donandogli anima, spirito, corpo, o per lui non ci sarà alcun compimento del suo essere. Dio lavora con chi si consegna a Lui come la creta si consegna alle mani del vasaio. Ai superbi Dio resiste, perché non può lavorare con loro, per loro, sono superbi, hanno cioè sottratto la loro vita al Signore per prendersela tutta nelle loro mani. Non sono come Dio, come Cristo, come la Vergine Maria. Poiché solo Dio fa il vero uomo, chi si fa senza Dio, contro Dio si fa non uomo. Il superbo è il non uomo, perché fuori della legge della vera umanità.

Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen! Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio. Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!

Rivestirsi di umiltà gli uni verso gli altri per Pietro ha un solo vero significato: è costruire sulla terra una Chiesa che vive a perfetta immagine della Beata Trinità. Come nella Beata Trinità, la pienezza di vita è nel dono che una persona fa di tutta se stessa all’altra e nel ricevere il dono di tutta se stessa che la persona fa all’altra, così dovrà essere nella comunità dei discepoli del Signore. Ognuno dovrà dare a tutti gli altri se stessa con ogni suo dono particolare dello Spirito Santo e ognuno dovrà ricevere nel suo cuore ogni altra persona con la ricchezza del dono particolare dello Spirito Santo. Doniamo tutto, riceviamo tutto, siamo umili. Doniamo tutto, non riceviamo nulla, siamo superbi. Vogliamo tutto, senza donare nulla, siamo superbi. Non doniamo nulla, non riceviamo nulla, siamo superbi, infingardi, accidiosi. Siamo fuori della vera umanità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rivestiteci della vostra umiltà.

 

26 APRILE

DIO INVIÒ, COME SALVATORE PER ISRAELE, GESÙ§
At 13,13-26; Sal 88; Gv 13,16-20

I Giudei sono figli di una storia ormai lunga di circa due mila anni. Essa inizia con la chiamata di Abramo e passa attraverso Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Giosuè, i Giudici, Samuele, i Re, i Profeti. Di questa storia Autore è solo il Signore. Questa storia si riveste di una verità particolare, unica. Essa non si compie nel presente, ma nel futuro, attraverso modalità puntualmente annunziate da Dio attraverso i suoi profeti. Modalità che sono contenute nella Legge, nei Profeti, nei Salmi. La storia di Israele è in tutto simile a quella vissuta da un contadino in una luna serie di azioni che hanno il loro compimento nel futuro: dissoda la terra, l’appiana, semina in essa il grano, veglia su di esso perché cresca, quando è maturo lo miete, lo trebbia, lo riduce in farina, lo impasta, lo mette nel forno, finalmente lo può gustare. Il presente è solo in vista del futuro. Tutto il popolo di Dio vive il suo presente fondandolo su una Parola di salvezza che si sarebbe compiuta nel futuro. Tutto Israele è dalla profezia.

Gesù è il “perfetto, pieno, totale compimento di ogni profezia”. Quanto il Signore ha promessa ad Abramo, a Mosè, ai Profeti lo ha adempiuto nel suo servo Gesù. Cristo Signore non è estraneo alla vita dei Giudei. Lui è il compimento della loro vita. Se essi accolgono Cristo, essi sono il vero popolo di Dio. Se non lo accolgono, smettono di essere il popolo di Dio, perché il vero popolo di Dio trova la sua verità in Cristo Gesù. è questa verità che Paolo oggi annunzia. Gesù è mandato da Dio per portare a Israele la salvezza. Non una salvezza estranea, ma la salvezza profetizzata, annunziata, che essi conoscono, perché tutta contenuta nella loro Scrittura Santa. Sarebbe stolto quel contadino se dopo aver tolto il pane dal forno lo gettasse via, privandosi della sua vita. Così è stolto il popolo dei Giudei – secondo il pensiero di Paolo – se Cristo Gesù da esso viene rifiutato, non accolto, dal momento che solo Lui è la loro vera salvezza. Solo in Lui e per Lui tutte le parole di Dio promesse si sono compiute, si compiono.

Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!». Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi sopportò la loro condotta per circa quarant’anni nel deserto, distrusse sette nazioni nella terra di Canaan e concesse loro in eredità quella terra per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei giudici, fino al profeta Samuele. Poi essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per quarant’anni. E, dopo averlo rimosso, suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”. Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”. Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza.

Gesù è il vero pane della salvezza per i Giudei. A loro la decisione: accoglierlo o rifiutarlo. Paolo non può imporre l’accoglienza di Cristo, deve però annunziare la verità di Cristo, dalla quale è la verità e la vita del suo popolo. Questo stesso obbligo vale per ogni altro missione di Gesù Signore. Nessuno può imporre Cristo Gesù agli uomini. Tutti gli uomini però devono conoscere che Cristo è la vita della loro umanità. Accolgono Cristo, entrano nella vita, trasformano la lor esistenza terrena in vita eterna. Rifiutano di accogliere Cristo, rimangono nella loro morte e camminano verso la morte eterna. Non c’è salvezza fuori di Cristo. È verità che sempre va gridata e mai taciuta. Per gli apostoli di Gesù tacere è gravissimo peccato di omissione. Chi tace, è responsabile della morte eterna e di ogni altra morte, ascrivibile al loro silenzio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci profeti di Cristo Signore.

 

27 APRILE

LA PROMESSA FATTA AI PADRI SI È REALIZZATA
At 13,26-33; Sal 2; Gv 14,1-6

La vita di Gesù è fatta di due testimonianze: quella degli omini e quella di Dio, quella di Giudei e Gentili e l’altra del Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe. La testimonianza degli uomini è di condanna a morte. Poiché si è fatto uguale a Dio, Gesù è accusato di bestemmia e giudicato reo di morte. Viene consegnato ai pagani perché fosse crocifisso. Ma un processo che si rispetti è fatto di testimonianza a disfavore, ma anche a favore. Oggi si parlerebbe dei testimoni dell’accusa e di quelli della difesa. Tutto il mondo ha giudicato Gesù reo di morte. Se Dio non fosse intervenuto con la sua testimonianza, Gesù al massimo sarebbe potuto essere visto come il profeta promesso a Dio a Mosè. Ma neanche, perché secondo il contenuto della stessa promessa, ogni parola di quel profeta si sarebbe compiuta. Se non si fosse compiuta, non sarebbe stato il profeta promesso. Il compimento di ogni parola proferita rivela la sua verità.

Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l’ha detta il Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione. Non devi aver paura di lui (Dt18,15-22).

Il mondo intero giudica il vero profeta di Dio reo di morte e lo uccide. Interviene il Signore e testimonia a suo favore, risuscitandolo, non nell’ultimo giorno, ma dopo appena tre giorni. Così facendo, attesta al mondo intero che ogni parola del suo Cristo è vera. Ora se Dio attesta che Gesù è il suo vero Messia, il suo Salvatore, chi è l’uomo per affermare il contrario? Se afferma il contrario, non rifiuta Cristo Gesù, ma è Dio che rifiuta. La questione non è cristologia, è tutta teologica. Rifiutando Cristo, è Dio che viene rifiutato. È la sua testimonianza che viene respinta. Si crede più agli uomini che al loro Dio. Il falso giudizio degli uomini viene ritenuto vero. Il vero giudizio di Dio viene considerato falso. Non è più peccato contro Cristo, ma contro Dio, contro il loro Dio.

Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata la parola di questa salvezza. Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l’hanno riconosciuto e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti che si leggono ogni sabato; pur non avendo trovato alcun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che egli fosse ucciso. Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. Con E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato.

Come il giudizio degli uomini è stato pubblico, così anche il giudizio di Dio è stato pubblico. Gesù non è risorto nel silenzio della notte e subito salito al cielo. È risorto mettendo in subbuglio tutta Gerusalemme ed è apparso a molti uomini, costituiti da Lui testimoni della sua gloria e della sua verità. Non solo Gesù è risorto, ha anche compiuto tutte le altre profezie legate alla sua risurrezione. Ha dato lo Spirito Santo ai suoi apostoli e per loro tramite a tutti coloro che si convertono e si lasciano battezzare. Con il dono dello Spirito Santo si realizza ogni promessa antica su Cristo Gesù. Chi non crede non ha più alcuna scusa da addurre dinanzi a Dio nel giorno del giudizio. I fatti storici lo condanneranno perché non ha creduto alla storia. Oggi tutto si è capovolto. Sono gli stessi testimoni del Risorto che non predicano la sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni di Gesù.

 

28 APRILE

LI CACCIARONO DAL LORO TERRITORIO
At 13,44-52; Sal 97; Gv 14,7-14

Cristo Gesù è il Salvatore e il Redentore del mondo. È la sua verità eterna. Paolo al momento stesso della sua chiamata è investito della missione di predicare Cristo al mondo intero, ai Giudei e ai Gentili. È la sua missione. Lui la mosso dallo Spirito Santo.

C’era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: «Anania!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Anania: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono (At 9,10-19).

Storicamente la sua predicazione inizia sempre dai Giudei. Quasi sempre da molti di essi è rifiutato ed è allora che lui si rivolge direttamente ai pagani. È la sua forma storica che accompagna tutta la sua intenza opera missionaria. Gli Atti stessi si concludono con Paolo che è rifiutato dai Giudei e si consacra interamente ai pagani.

Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Nella Lettera ai Romani la modalità storica di Paolo è fatta assurgere a principio teologico. È giusto allora chiedersi: Cosa lo Spirito Santo vuole insegnare ai Gentili attraverso questa trasformazione in via teologica di una sua via personale storica?

Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti! O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen (Rm 11,28-36).

L’insegnamento dello Spirito Santo è chiaro ed anche assai evidente. Lo Spirito di Dio vuole che i Gentili vedano nel rifiuto dei Giudei una vera grazia di Dio in loro favore. È questo rifiuto e anche le persecuzioni che spingono gli apostoli verso i pagani. Se non ci fosse stato il rifiuto e le persecuzioni, vi sarebbe stato un forte rischio di imprigionare Cristo nella struttura giudaica e di chiudere l’accesso alla fede a chi non fosse Giudeo. Questo però non per volontà di Dio, ma per le molte complicazioni della mente umana.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci mente e cuore.

 

29 APRILE – V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

LO FECERO PARTIRE PER TARSO
Al 9,26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

Paolo non ha mai negato il suo passato. Lo ha sempre confessato con profonda verità. Ha però sempre celebrato il suo presente come opera purissima della misericordia di Dio. Lui è per grazia ciò che è, aggiungendo che la grazia in lui non fui vana.

Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna (1Tm 1,12-16). Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti (Fil 3,4-11). Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me (1Cor 15,8-10). .

Paolo viene a Gerusalemme, cerca di unirsi ai discepoli, ma tutti hanno paura di Lui. Barnaba lo prende con sé e lo presenta agli apostoli, attestando per lui. Anche questo si deve vivere nella Chiesa di Dio: garantire per gli altri fratelli, sempre però secondo verità e giustizia perfetta. Garantire nella falsità è peccare contro l’ottavo comandamento. Paolo ora può stare con i discepoli. Ma lui è persona sempre in prima linea per combattere la battaglia per l’affermazione della verità di Cristo. Sapendo i fratelli di un tentativo per uccidere Paolo, lo conducono a Cesarea e lo fanno partire per Tarso. In Gerusalemme l’equilibrio era sempre precario. I discepoli di Gesù pensano di dover mantenere questo equilibro e per questo conducono via Paolo.

Venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso. La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

Al di là delle considerazioni umane dell’opportunità o meno di condurre via Paolo da Gerusalemme, indicandogli un posto sicuro nella sua città di Tarso, è giusto che noi alziamo lo sguardo un po’ più in alto e guardiamo le contingenze storiche con gli occhi dello Spirito Santo che le permette. Paolo è troppo prezioso agli occhi di Dio. Cristo Gesù non lo ha chiamato perché aveva bisogno di un martire, ma perché gli era necessario un missionario con il suo zelo, il suo amore, la sua forza, la sua resistenza ad ogni persecuzione. Il martirio sarà alla fine della sua vita, quando avrà terminato la sua corsa. Lo Spirito Santo suscita nei discepoli la paura che Paolo possa essere ucciso e che altre uccisione sarebbe potute accadere e gli salvano la vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate che vediamo secondo Dio.

 

30 APRILE

DA QUESTE VANITÀ AL DIO VIVENTE
At 14,5-18; Sal 113B; Gv 14,21-26

Ogni uomo pensa dal suo cuore e dalla sua storia. Chi vuole che l’uomo pensi dalla verità, è necessaria lavorare perché la verità diventi la sua storia, il suo cuore. Gesù visse tre anni di duro lavoro per portare i suoi discepoli nel suo cuore, nella sua storia. Solo dopo la sua risurrezione riuscì a portarli nel cuore e nella verità della Scrittura per effusione in essi del suo Santo Spirito. Senza questa grazia particolare, anche dopo la risurrezione, avrebbero ancora pensato Cristo Risorto dal loro cuore, dalla loro storia.

Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24,44-49).

Sappiamo che anche dopo la discesa dello Spirito Santo Gesù è intervenuto spesse volte perché Pietro e gli altri pensassero dal suo cuore, dalla sua storia, dal suo mistero. Senza questo intervento perenne di Gesù, sempre il cuore e la storia dell’uomo prende il sopravvento sulla verità della salvezza. Per grazia del Signore, Gesù sempre vigila sulla sua Parola perché risplende secondo purezza di luce.

Pietro fu rapito in estasi: vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!». Ma Pietro rispose: «Non sia mai, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di profano o di impuro». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano». Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato nel cielo (At 10,10-16).

Paolo a Listra dona l’uso delle gambe ad un uomo storpio fin dalla nascita. Qual è la risposta dei sacerdoti Zeus e di tutta la folla? Barnaba e Paolo vengono dichiarati dèi e a loro si vuole offrire un sacrificio. Il loro cuore ancora è nell’idolatria e la risposta è da idolatri. Non è sufficiente un miracolo perché si passi nella verità. La verità va insegnata, perché diventi cuore del proprio cuore e vita della propria vita.

Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi di aggredirli e lapidarli, essi lo vennero a sapere e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe, e nei dintorni, e là andavano evangelizzando. C’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare, dicendo, in dialetto licaònio: «Gli dèi sono scesi tra noi in figura umana!». E chiamavano Bàrnaba «Zeus» e Paolo «Hermes», perché era lui a parlare.

Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all’ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: «Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano. Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori». E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.

Solo quella Chiesa che è sempre alla scuola della verità sarà capace di insegnare ad ogni uomo la verità. Quando un discepolo del Signore esce dalla scuola della verità dello Spirito Santo, all’stante diviene mondo e dona sempre risposte mondane al mondo che lo interroga. È quanto sta accadendo ai nostri giorni. Al mondo che ci chiede Cristo, essendo noi privi di Lui, gli diamo risposte dal mondo, secondo il mondo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci discepoli dello Spirito.