Commento teologico alla prima lettura – Aprile 2017
1 APRILE
Mi ha fatto vedere i loro intrighi
Ger 11,18-20; Sal 7,2-3.9-12; Gv 7,40-53.
Fin dal giorno della sua chiamata il Signore ha rivelato a Geremia la guerra ininterrotta che si sarebbe abbattuta su di lui da parte del suo popolo. Lui però non dovrà temere nessuno. Il Signore è al suo fianco per proteggerlo, salvarlo. Lui sarà duramente provato, ma non vinto, non ucciso. L’empietà lo vorrà distruggere, ma non vi riuscirà.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare». Il Signore mi disse: «Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Ger 1.4-19).
Ora il Signore prepara il suo profeta alla lotta. Lo avvisa perché disponga il suo cuore ad ogni sofferenza. Non gli fa vedere gli intrighi dei malvagi e degli empi per spaventarlo, ma per prepararlo alla lotta. Non si può essere ministri nella profezia, se non si è pronti ad affrontare le trappole del male sparsi sui passi del giusto. Geremia si vede come un agnello condotto al macello. In questa sua sofferenza è vera figura del Messia del Signore, del suo Servo sofferente che è l’Agnello del riscatto, l’Agnello della Pasqua, l’Agnello che prende su di sé tutti i peccati del mondo. Il Figlio Eterno del Padre fin dall’eternità ha visto la croce che lo attendeva e fin dall’eternità l’ha scelta come unico e solo strumento della redenzione e salvezza dei suoi fratelli.
Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome». Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa.
Il Signore non lascia nell’ignoranza i suoi profeti, i suoi messaggeri, i missionari della sua Parola, della sua grazia, del suo Vangelo, della sua verità. Come Gesù fin dall’Eternità conosce la sofferenza che lo attende, come Geremia sa la guerra cui sarà sottoposto, così i discepoli di Gesù sanno la sofferenza cui andranno incontro prima ancora della loro vocazione. Anzi, la loro vocazione è al martirio e la loro missione si vive sulla croce di ogni sofferenza. Il Vangelo lo rivela con parola di purissima verità.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,12-19).
Ogni cristiano sa cosa lo attende. Sapendolo, ogni giorno come un buon soldato si deve preparare all’azione, sapendo che per lui potrebbe essere l’ultimo giorno di battaglia e di combattimento. Le forze del male potrebbero anche ucciderlo. Ma lui sa che nella sua perseveranza nella fede alla missione ricevuta avrà la salvezza eterna. Questa verità non è detta dopo essere stati chiamati. È detta prima. Ancora noi neanche esistiamo ed è scritto di noi sul rotolo del libro la nostra vocazione al martirio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci missionari di verità.
2 APRILE – V Domenica di Quaresima A
Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete
Ez 37,12-14; Sal 129,1-8; Rm 8,8-11; Gv 11,1-45.
Nell’Antica Scrittura mai vi è stata una rivelazione simile a quella narrata da Ezechiele. Il profeta non è solo mediatore della Parola, lo è anche dello Spirito. È Lui che chiama lo Spirito, è Lui che lo fa venire, è per la sua opera che lo Spirito viene e dona vita ad una valle piena di ossa aride. È una mediazione mai esercitata prima. Conoscevamo la mediazione nella Parola, nella preghiera, ma ancora non quella dello Spirito di Dio.
La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (Ez 37,1-11).
Quando il Signore annunzia che farà entrare nei cuori il suo Spirito e i cuori rivivranno, non agirà più come ha fatto con Mosè. Allora è stato il Signore a prendere parte dello Spirito che era su Mosè e lo ha versato sui settanta anziani. Ora invece è tutto diverso. Il profeta chiamerà lo Spirito dai quattro venti, lo Spirito verrà e il popolo ritornerà a vivere. Senza la mediazione del profeta non c’è vita per il popolo del Signore. Manca colui che chiama lo Spirito e se lo Spirito non è chiamato dal profeta Lui non verrà e il popolo rimarrà nella sua morte. Così il profeta si arricchisce di una nuova mediazione.
Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio.
Con Cristo Signore avviene la rivelazione definitiva: con Mosè è Dio che prende lo Spirito del suo Mediatore e lo versa, con Ezechiele è il profeta che chiama lo Spirito ed esso viene, con Gesù lo Spirito esce dal suo corpo trafitto, sotto forma di acqua assieme al sangue che sono la sua potente grazia di salvezza e di redenzione dell’umanità. Con Gesù Signore la rivelazione giunge al sommo della verità e della completezza. Lo Spirito non è preso, non è chiamato, è versato, donato. È versato come un fiume per inondare la terra. Costa questo versamento il sacrificio dell’intera vita, offerta in olocausto al Signore per la redenzione del mondo. Questo è il suo costo.
La Chiesa è il corpo di Cristo, come Cristo, in Cristo, per Cristo, essa è mediatrice dello Spirito che sempre deve sgorgare dal suo costato aperto della più grande obbedienza al suo Signore. Come Gesù la Chiesa in ogni suo figlio si offre a Dio in olocausto e in sacrificio di salvezza e dal suo seno sgorgherà lo Spirito della conversione e dell’attrazione dei cuori a Gesù Salvatore e Redentore. Se la Chiesa non si offre in sacrificio a Dio, lo Spirito non sgorga dal suo seno e le anime rimangono nel loro mondo. Può anche la Chiesa rifondare, aggiornare, ripensare tutta la sua pastorale, ma si tratterà sempre di opere umane e non divine, perché manca l’Autore della vera pastorale che è lo Spirito Santo. Nei suoi ministri la Chiesa è datrice dello Spirito anche per via sacramentale e non solo attraverso il dono della Parola di Cristo Gesù.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci olocausto per il Signore.
3 APRILE
Dio ti ha concesso le prerogative dell’anzianità
Dn 13,1-9.15-17.19-30.33-62; Sal 22,1-6; Gv 8,1-11.
La saggezza non è dal numero degli anni. Essa è un dono che discende direttamente da Dio. A Lui attimo per attimo si deve chiedere, senza alcuna interruzione. Nella sapienza si cresce mettendola a frutto, operando lasciandosi guidare sempre da essa. Daniele non conosce l’innocenza di Susanna, perché presente agli eventi, ma perché il Signore glielo ha rivelato. La donna, vittima innocente per una libidine non corrisposta, aveva invocato il Signore, consegnandosi nelle sue mani avendo dato il suo corpo, il suo spirito e la sua anima alla sua Legge santa. È quando l’anima è nella Legge che si può affidare a Dio il proprio corpo. Se l’anima è fuori della Legge, la legge trasgredisce, ad essa si ribella, mai il Signore potrà prendersi cura del corpo. Prima si deve portare anima, spirito, coscienza nella Legge, poi si può affidare la propria vita al Signore. È verità. Dal peccato non si può gridare al Signore perché venga a salvarci. Prima ci si deve convertire, mettere cuore e mente, corpo e anima nella Legge e poi si può chiedere qualsiasi cosa al Signore. Lui esaudirà la preghiera dei suoi giusti.
Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: «Io sono innocente del sangue di lei!». Tutti si voltarono verso di lui dicendo: «Che cosa vuoi dire con queste tue parole?». Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: «Siete così stolti, o figli d’Israele? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare né appurare la verità! Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei». Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: «Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha concesso le prerogative dell’anzianità». Daniele esclamò: «Separateli bene l’uno dall’altro e io li giudicherò». Separàti che furono, Daniele disse al primo: «O uomo invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste, opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l’innocente.
Ora, dunque, se tu hai visto costei, di’: sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?». Rispose: «Sotto un lentisco». Disse Daniele: «In verità, la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti squarcerà in due». Allontanato questi, fece venire l’altro e gli disse: «Stirpe di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi dunque, sotto quale albero li hai sorpresi insieme?». Rispose: «Sotto un leccio». Disse Daniele: «In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco, l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano, per tagliarti in due e così farti morire». Allora tutta l’assemblea proruppe in grida di gioia e benedisse Dio, che salva coloro che sperano in lui. Poi, insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di avere deposto il falso, fece loro subire la medesima pena che avevano tramato contro il prossimo e, applicando la legge di Mosè, li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.
Daniele è riconosciuto persona ricolma di sapienza e a lui viene data potestà di indagare sull’innocenza di Susanna, da lui già proclamata. Dall’esame dei testimoni, cioè dei due vegliardi che l’avevano accusata, fin da subito emerge la loro menzogna e falsità. La donna viene liberata, confermata e riconosciuta innocente. I due vegliardi malvagi vengono giustiziati al suo posto. Qual è la verità che la Scrittura ci vuole insegnare offrendo proprio nei giorni che precedono il sacrificio di questo brano alla nostra meditazione e riflessione? Chi può affidare la sua vita al Signore? Chi può chiedere al suo Dio che salvi la sua vita? Solo chi conserva la sua anima e il suo spirito nella Legge del Signore. Chi rimane nell’obbedienza ai Comandamenti. Dai comandamenti la preghiera è sempre esaudita. Con quali modalità il Signore ascolta i suoi fedeli e li salva? Susanna viene liberata mentre stava per essere condotta a morte. Cristo Gesù viene liberato per la sua pietà dopo il patibolo. Lui non viene liberato dalla morte, ma nella morte dalla morte, con la sua gloriosa risurrezione. Le modalità di liberazione sono dettate a Dio dalla sua sapienza eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conservateci nella Legge di Dio.
4 APRILE
Supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti
Nm 21,4-9; Sal 101,2-3.16-21; Gv 8,21-30.
La mediazione del vero Mediatore è duplice: dal Cielo verso la terra, dalla terra verso il Cielo. Alla terra deve portare tutta la luce e la grazia del Cielo. Al Cielo deve portare ogni grido dell’uomo. Non c’è sofferenza umana, di qualsiasi genere, che il vero Mediatore non debba portare ai piedi dell’Altissimo. Questa verità è anche di Cristo Signore, soprattutto sua. È la prima grande verità sulla sua mediazione da Lui rivelata. Finora nel Vangelo secondo Giovanni Gesù nulla ha rivelato di sé. Ora Lui si annunzia come la scala di Giacobbe sulla quale scendono e salgono gli Angeli di Dio.
Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaele gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo» (Gv 1,43-51).
Il popolo del Signore si mette in viaggio. Non sopporta la fatica. Mormora contro Dio. Il Signore manda nell’accampamento serpenti brucianti i quali mordevano la gente. Muore un gran numero di Israeliti. Subito il popolo corre da Mosè e gli chiede di innalzare la sua preghiera al Signore perché faccia cessare il flagello. Mosè prega e il Signore non toglie i serpenti, dona il rimedio. Chi guarderà il serpente di rame innalzato su un’asta da Mosè al centro dell’accampamento vivrà. Chi non ha fede e si astiene dal guardarlo muore. Il Signore pone la fede come unica e sola via di salvezza. Chi guarda si salva. Chi non guarda muore. Per fede si vive. Per non fede si muore.
Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.
Prima verità: la preghiera innalzata al Padre per mezzo del vero Mediatore sempre sarà efficace. Al vero Mediatore si deve chiedere di pregare per la salvezza che non è solo del corpo, ma anche dell’anima e dello spirito. Il vero Mediatore chiede. La soluzione di vita è data dalla sapienza del Signore. La risposta di Dio esige sempre la fede di chi ha chiesto la preghiera. Per fede ci si rivolge al Mediatore. Per fede si ascolta la risposta di Dio dalla sua bocca. Si entra nella salvezza.
Seconda verità: il Signore non toglie il serpenti dall’accampamento. Non li può togliere. Può il Signore togliere dal mondo Satana? Può togliere tutti i suoi satelliti, persone malvage, crudeli, spietate che uccidono spiritualmente gli uomini? Questo mai potrà avvenire. La salvezza è nel grido al vero Mediatore che di volta in volta ci indichi la vera via della salvezza e la fede nell’accoglienza della risposta data dal Signore. Riposta universale data da Dio all’umanità è Cristo Crocifisso. Chi lo guarderà con occhi di fede si salverà, vincerà i morsi di Satana e dei suoi satelliti. Chi non guarderà il Crocifisso, dai morsi sarà consumato e condotto a morte eterna. La terra è piena di serpenti brucianti. Solo Cristo Crocifisso è la nostra vera eterna salvezza.
Verine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede nel Crocifisso.
5 APRILE
Ha liberato i servi che hanno confidato
Dn 3,14-20.46.50.91-92.95; Sal Dn 3,52-56; Gv 8,31-42.
Nel Libro di Daniele viene manifestata una verità che sarà interamente vissuta da Gesù Signore. È la verità sulla quale si costruisce e si edifica la vita di ogni suo discepolo. La fede del popolo di Dio è fondata su una promessa del Signore: “Lui è la salvezza dei suoi servi fedeli”. Ora a questa fede viene aggiunta una ulteriore verità: Nessuno sa come il Signore salva i suoi servi fedeli. Se prima della morte, mentre sono nella fossa della morte, dopo la morte. Ecco allora la decisione di Daniele: “Io so che il mio Dio a causa della mia fedeltà, verrà in mio soccorso e mi libererà dalla morte. Ma se non mi dovesse liberare, io lo amerò lo stesso e lo servirò. La vita è sua. Faccia di essa ciò che a Lui piace”. Sul fondamento di questa fede decide di non adorare la statua del re.
Sappiamo che Susanna fu liberata da Dio non dall’umiliazione del falso processo, ma dalla morte. Essa fu liberata dopo essere stata condannata a morte, prima che la sentenza fosse eseguita. Per Daniele la sentenza venne eseguita. Lui fu messo nella fornace ardente. Il Signore scende e lo libera nella fornace. La sua è liberazione ancora più potente di quella di Susanna. Ma vi è una terza liberazione ancora più potente: quella di Gesù Signore. Lui è stato liberato non dall’applicazione della sentenza, non mentre era sulla croce, ma dopo la croce, dopo la morte, nella morte, dalla morte. Il Signore lo libera risuscitandolo e trasformandolo in luce, in spirito.
Nabucodònosor disse loro: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?». Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto».
Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente. I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. Il Signore rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio.
Il re di Babilonia constata la potenza, la forza, la superiorità del Dio di Daniele e lo confessa come il solo Dio vivo e vero, lo benedice, lo riconosce come il Dio che libera i suoi servi dalla morte. Quello di Daniele non è un Dio verità, un Dio concetto, un Dio pensiero della mente, un Dio elaborato teologicamente. È il Dio al quale i suoi fedeli prestano ogni obbedienza. A questa obbedienza Lui risponde manifestando loro la potenza della sua salvezza. Dalla sua risposta alla fedeltà dei suoi servi, nasce la fede nei cuori. È la risurrezione di Gesù, vera risposta di Dio alla fedeltà di Cristo, la via della fede. Obbedienza, risposta, fede. Se manca l’obbedienza, manca la risposta, manca la fede. Tutto è dalla fedeltà al Comandamento del Signore. Tutto è dalla nostra vita secondo il Vangelo. Si crede, si obbedisce, Dio risponde, i cuori si convertono.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri servi di Cristo Gesù.
6 APRILE
Padre di una moltitudine di nazioni ti renderò
Gen 17,3-9; Sal 104,4-9; Gv 8,51-59.
Il Signore è il Dio Onnipotente, Creatore, Salvatore, Redentore. Lui ha deciso di salvare la sua creatura. Non la salva con la sua sola potente azione, come avvenne per la creazione. La redime chiedendo all’uomo la sua collaborazione. In questa opera di salvezza cosa farà il Signore e cosa invece dovrà fare la creatura? Dio farà tutto. È Lui che tutto dispone e predispone. Presente e futuro sono interamente nelle sue mani. Alla creatura cosa è chiesto? Di obbedire fedelmente ad ogni comando che il Signore farà giungere al suo orecchio. Oggi il Signore parla, oggi va ascoltato. Oggi Lui chiede e oggi si obbedisce alla sua voce. La voce di ieri conta per Lui, di certo non conta per noi. Non spetta a noi sapere come Lui sarà fedele alla Parola di ieri. A noi è chiesta una cosa sola: obbedire alla Parola di oggi. La fede è questo annullamento nella Parola che Dio ha fatto giungere ieri al nostro orecchio, per ascoltare quella che giunge oggi. Ad Abramo è chiesto di camminare con la fede nell’ultima Parola del Signore.
«Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in una terra non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo». Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate (Gen 15,12-18).
5L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).
Oggi il Signore rinnova l’alleanza con Abramo. Gli promette che lo renderà Padre di una moltitudine. Abramo deve però obbedire ad una nuova richiesta del Signore. Deve portare nella sua carne e nella carne di tutta la sua discendenza il segno dell’alleanza. Ogni figlio maschio dovrà essere circonciso. Con questo segno nella carne, i figli di Abramo sempre si devono ricordare che essi sono del Signore, essi a Lui appartengono e come Abramo sono chiamati ad obbedire all’ultima Parola del loro Dio.
Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione.
L’ultima Parola di Dio non è quella data ad Abramo e neanche quella data ad Isacco, Giacobbe, Mosè, Giosuè, Salomone, i Profeti, i Saggi. L’ultima Parola è quella che il Signore sta facendo risuonare al loro orecchio per mezzo di Cristo Gesù. La salvezza è dall’ascolto e dall’obbedienza a questa Parola. Per essa si rimane figli di Abramo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri figli di Dio nella fede.
7 APRILE
Terrore all’intorno! Denunciatelo!
Ger 20,10-13; Sal 17,2-7; Gv 10,31-42.
Quando nell’uomo entra il male, è come se lui fosse svuotato di amina, spirito, sentimenti, volontà, pensieri umani e al loro posto si installassero “anima, spirito, sentimenti, volontà, pensieri” di Satana. Un esempio ci può aiutare: Se versiamo veleno in una bottiglia già piena di un vino eccellente, a poco a poco, goccia dopo goccia, il vino viene fuori ed essa si riempie di veleno di morte. Questo non avviene in un attino, ma perseverando nel versare in essa il liquido letale. Così avviene nell’uomo. Oggi si mette un pensiero di male, domani un altro pensiero di male, alla fine Satana prende il posto dello spirito dell’uomo e diviene lui il governatore della sua mente e del suo cuore. Cosa vuole Satana? Distruggere Dio da ogni cuore. Come riuscirà a distruggere Dio? Distruggendo gli uomini di Dio che portano sulla terra la sua Parola.
Geremia è uomo di Dio. Porta nel suo popolo la Parola del suo Signore. Il popolo di Dio è però ormai tutto governato da Satana. È Lui che ha in mano i pensieri e il cuore dei figli di Abramo. Satana non vuole che Geremia predichi la conversione, il ritorno al Signore e si serve di quanti lui tiene in schiavitù spirituale perché facciano del male a Geremia, scoraggiandolo perché non porti più la Parola del Signore, non la faccia più risuonare. Se le minacce verbali non sono sufficienti, si passerà ai fatti. Lo si imprigionerà e se necessario lo si manderà a morte. È questo il proposito che Satana ha messo nel cuore dei suoi seguaci e tutti nel popolo di Dio sono oggi suoi seguaci. Vi potrà essere salvezza per Geremia? Si potrà lui salvare dalle mani di questi uomini, tutti assatanati, che vogliono toglierlo dalla terra dei viventi?
Come Satana nulla può contro Dio. Il Signore è il Forte e a Lui anche Satana deve ogni sottomissione. Così dicasi anche per profeti e servi del Dio vivente. Il Signore prende Lui sotto le sue ali i suoi servi e li custodisce e protegge da tutti gli uccelli rapaci che vogliono divorarli. Satana può fare ai servi di Dio solo ciò che il Signore gli consente di fare, solo quanto serve perché essi provino la loro fedeltà al loro Signore. Sappiamo che Geremia è stato anche calato in una cisterna piena di fango perché trovasse la morte. Ma il Signore da essa lo liberò e lui perseverò nella sua missione. Con Cristo permise che da Satana e dai suoi schiavi fosse inchiodato sulla croce. Era necessaria questa prova perché tutto il mondo sapesse quanto è grande l’amore del Figlio verso il Padre. Altri sono diversamente provati. Ma è sempre il Signore che prova la fedeltà.
Sentivo la calunnia di molti: «Terrore all’intorno! Denunciatelo! Sì, lo denunceremo». Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta: «Forse si lascerà trarre in inganno, così noi prevarremo su di lui, ci prenderemo la nostra vendetta». Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso, per questo i miei persecutori vacilleranno e non potranno prevalere; arrossiranno perché non avranno successo, sarà una vergogna eterna e incancellabile. Signore degli eserciti, che provi il giusto, che vedi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa! Cantate inni al Signore, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori.
Il servi del Signore non devono mai guardare né Satana né il suo esercito di schiavi, asserviti al suo potere, perché da lui svuotati nell’anima, nel cuore, nella mente, nei desideri, nella volontà. Devono sempre tenere fisso lo sguardo sul loro Dio e chiedersi: “Perché il Signore permette che io passi per questa prova? Cosa vuole che il mondo conosca di Lui attraverso di me? Quale amore dovrò io attestargli dinanzi ad ogni uomo?”. Tenendo fisso lo sguardo in Dio, il servo fedele vede ogni cosa come permessa dal Signore perché vi è un fine da raggiungere. Senza questo sguardo di fede, si cade in quella immanenza di giudizio, mormorazione, pettegolezzo, parola vana, ribellione, accusa, maldicenza, critica, condanna. Si scaglia contro l’uomo e lo si accusa del male che è sopra di noi. Con uno sguardo di trascendenza si vede solo il Signore e a Lui si offre tutta la vita perché per mezzo di essa possa operare i prodigi del suo amore, ignoti a noi, ma a Lui notissimi. Lui è il Signore della nostra vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci lo sguardo di vera fede.
8 APRILE
In mezzo a loro sarà la mia dimora
Ez 37,21-28; Ger 31,10-12b.13; Gv 11,45-56.
Leggendo con somma attenzione, guidati però dallo Spirito Santo, si deve mettere in luce una sola verità. Il soggetto agente che opera, crea, produce questa novità di vita è uno solo: Il Signore. Tutto avviene per sua volontà. Lui decide, Lui opera, Lui agisce, Lui crea, Lui vuole. Se Dio è il Creatore di ogni cosa, qual è il ruolo dell’uomo? Quale la sua missione in tutta questa opera di salvezza e di rinnovamento della vita? All’uomo è chiesta una cosa sola: Obbedire ad ogni Parola che il Signore farà giungere al suo orecchio. Se l’uomo ascolta, entra nel progetto di vita del Signore. Se non ascolta, rimarrà nella sua morte, che è assenza di Dio, del vero Dio nella sua vita.
Le profezie di Dio, le sue promesse, i suoi oracoli sono assoluto per ciò che riguardano Lui, il Signore. Essendo Parola di Dio, essa sempre si compie per tutto ciò che essa promette. La parola promette la liberazione e liberazione sarà. Promette la creazione di un solo regno e solo regno sarà. Qualsiasi cosa essa promette, come la Parola recita, così si compirà domani nella storia. Quando invece la profezia giunge a noi, essa si realizzerà attraverso la nostra obbedienza alla Parola di Dio. Si ascolta la Parola, la si accoglie nel cuore. La profezia si compie per noi. Essa produce per noi i suoi frutti. Se manca la fede nella Parola e l’obbedienza ad essa, rimaniamo nel nostro regno di morte. Mai passeremo nel regno della vita. Manca la nostra obbedienza alla Parola.
Gesù è venuto. Ha aperto tutte le porte della salvezza. Ha anche aperto le porte della vita eterna e del Paradiso per ogni uomo. Ora la vita eterna e il paradiso sono dati a tutti, a tutti vengono offerti, come a tutti è offerta la grazia di divenire figli di adozione e partecipi della divina natura. Ma chi si ricolma di vita eterna? Chi diviene partecipe della divina natura? Chi raggiungerà domani il Paradiso? Chi godrà l’eternità beata con il suo Signore e Padre? Tutti – dicono i falsi profeti. Chi crederà sarà battezzato, sarà salvo – questo dice la Parola di Gesù Signore. Chi entrerà nella vita eterna? Tutti – dicono quanti sono nemici della verità. Chi ascolta la mia Parola e la mette in pratica – insegna Gesù Signore. La profezia di Dio, assoluta per sé, è condizionata per noi.
E di’ loro: Così dice il Signore Dio: Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni. Non si contamineranno più con i loro idoli, con i loro abomini e con tutte le loro iniquità; li libererò da tutte le ribellioni con cui hanno peccato, li purificherò e saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Il mio servo Davide regnerà su di loro e vi sarà un unico pastore per tutti; seguiranno le mie norme, osserveranno le mie leggi e le metteranno in pratica. Abiteranno nella terra che ho dato al mio servo Giacobbe. In quella terra su cui abitarono i loro padri, abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli, per sempre; il mio servo Davide sarà loro re per sempre. Farò con loro un’alleanza di pace; sarà un’alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le nazioni sapranno che io sono il Signore che santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre».
Tutti i mali della religione cristiana oggi sono causa dalla confusione che regna tra promessa assoluta che vale solo per il Signore e promessa condizionata che obbliga ogni uomo. “Porrò inimicizia” – è questa la promessa assoluta di Dio Padre subito dopo il peccato. Questa promessa diviene condizionata per noi. Chi è nemico di Satana? Chi diviene con Cristo un solo corpo e si lascia inondare dalla stessa obbedienza di Gesù Signore. Nella fede nella Parola e nella più pura obbedienza ad essa, tutti i beni promessi si compiono per noi. Nella non fede, è come se Dio mai avesse parlato e mai compiuto la redenzione e la salvezza. Tutto è dono gratuito di Dio, elargizione del suo amore e della sua misericordia. Si diviene grazia e verità di Cristo, nel momento in cui diviene nostro pensiero e nostra azione la sua Parola. Tutto è dalla Parola, nella Parola, per la Parola. Oggi la nostra è religione senza Parola, fuori della Parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla Parola, nella Parola.
9 APRILE – Domenica delle Palme
Il Signore Dio mi assiste
Is 50,4-7; Sal 21,8-9.17-20.23-24; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66.
La Lettera agli Ebrei parlando di Gesù, l’unico vero Figlio di Dio, dice di Lui che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua essenza. Il Figlio è “originato” dal Padre con una origine eterna unica, che non è di nessun altro. È solo sua, perché il Figlio è Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, lui è generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. La persona viene generata, non la natura che è una. Una sola.
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? (Eb 1,1-5).
Questa verità eterna dobbiamo predicarla di Gesù Signore anche in relazione alla sua volontà. La volontà di Gesù è irradiazione della divina volontà e la sua obbedienza porta l’impronta dell’essenza divina ed eterna del Padre. Gesù nel suo corpo, nella sua carne, nei suoi atti, nelle sue opere, è questo perenne riflesso e irradiazione del Padre, è impronta visibile della sua verità eterna. Tant’è che si può dire di Lui che è la visibilità del Padre sulla nostra terra. Questo a causa di questa irradiazione e impronta che Lui manifesta attraverso il suo corpo, la sua storia, la sua vita.
Il Canto del Servo del Signore ci rivela proprio questa verità. Cristo Gesù è irradiazione della parola del Padre. Lui ascolta la Parola e la dice, la riceve e la trasmette, l’accoglie e la proferisce. Nulla è sulla sua bocca che non sia nel cuore del Padre e nulla esce dal suo cuore se prima non è uscito dalla bocca del Padre. È come se Gesù fosse solo un canale attraverso il quale l’acqua della verità giunge fino al nostro cuore. Il canale è la sua Parola. Attraverso di essa ci rivela, ci manifesta, ci dona il cuore del Padre. È questo il ruolo salvifico dell’umanità di Cristo Gesù: irradiazione di tutto il Padre.
È una irradiazione che non si ferma in Lui, da Lui deve passare tutta su di noi. Come Lui è irradiazione del Padre, così i discepoli di Gesù sono chiamati ad essere sua irradiazione in mezzo ai loro fratelli. Cristo attinge eternamente dal Padre ed eternamente dona agli uomini. Gli uomini attingono eternamente da Cristo ed eternamente donano agli uomini. Se però gli uomini non rimangono come Cristo irradiazione della Parola di Gesù, la loro parola è della terra e non dona alcuna salvezza. La terra ha solo parole di morte per la morte, mai parole di vita per la vita.
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
A causa di questa perfettissima irradiazione di Parola e di grazia, di verità e di Spirito Santo, la falsità del mondo si abbatte contro di Lui con violenza inaudita per toglierlo dalla nostra terra in modo che non mostri più la bellezza e santità del Padre. Il Figlio non dipende dagli uomini. Lui è tutto e sempre dal Padre. Se il Padre permette che tutta la malvagità degli uomini lo afferri e lo conduca sulla croce, Lui si lascia afferrare e inchiodare sul legno. Il mondo lo potrà anche uccidere, mai però lo potrà privare della sua essenza che è quella di irradiare la verità e la grazia, l’amore e lo Spirito Santo del Padre. Lui sempre rimane irradiazione del Padre, anche nella sofferenza, nelle percosse, negli insulti, sulla croce, nella morte, dopo la morte, nella sua gloriosa risurrezione. Lui è irradiazione e sempre rimane irradiazione eterna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi fateci irradiazione di Gesù.
10 APRILE
Il mio eletto di cui mi compiaccio
Is 42,1-7; Sal 26,1-3.13-14; Gv 12,1-11.
“Il mio eletto”, nel quale il Signore Dio si compiace è Gesù di Nazaret. È Lui il suo Messia, il suo Unto, il suo Cristo. Questa verità non è per deduzione o argomentazione. Non viene dall’esame della vita di Gesù come legittima o logica conclusione. Essa viene per purissima rivelazione del Padre. È il Padre, Dio direttamente, che con la sua voce, fatta udire agli uomini, rivela che Gesù è il suo Figlio, il suo Eletto, il suo Messia, il suo Cristo. Molte sue verità possono anche essere dedotte dagli eventi. Questa invece è purissima rivelazione diretta, fatta personalmente da Dio. Se fosse deduzione, sarebbe sottoposta alla legge della deduzione e su di essa si potrebbero anche operare delle contro deduzioni. Invece essendo purissima, diretta, immediata, personale rivelazione del Padre, la si può solo accogliere per fede.
Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,13-17).
Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo (Mt 17,1-8).
La verità della messianicità di Cristo è anche rivelata per bocca profetica. Nel tempio, il giorno della sua presentazione, il Vecchio Simeone prende Gesù tra le braccia e dice che è Lui la luce che dovrà illuminare Dio presso le genti, è Lui il suo Messia. Tutto è conosciuto di Gesù per rivelazione o diretta o per profezia attuale.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele» (Lc 2,25-32).
Gesù è il Servo del Signore che viene per dare vita a tutte le promesse di Dio. Nessuna Parola del Signore rimarrà incompiuta. Tutte diverranno salvezza piena. Per Lui la benedizione di Dio si riverserà sulla terra e la sua luce illuminerà le nazioni.
Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Gesù.
11 APRILE
La mia salvezza fino all’estremità della terra
Is 49,1-6; Sal 70,1-4a.5-6.15.17; Gv 13,21-33.36-38.
La salvezza di Dio, fin dal suo primo annunzio, verità confermata in ogni altra profezia successiva, è per tutti i popoli, tutte le nazioni, tutte le lingue, tutte le genti.
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15).
L’inimicizia è tra due stirpi: quella della donna e l’altra del serpente. Essa è tra l’umanità e Satana, dal momento che con il peccato il Diavolo è divenuto principe del mondo. La stessa profezia è annunziata da Dio ad Abramo. Nella sua discendenza tutti i popoli della terra saranno benedetti, salvati, redenti. La luce di Dio è per ogni uomo.
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).
La verità nuova che viene aggiunta alla prima profezia è l’obbedienza. La salvezza di Dio è per tutti i popoli. Essa è insieme dono di Dio e obbedienza del Servo del Signore. Il Servo obbedisce al Padre facendosi a Lui sottomesso nell’amore fino alla morte di croce e per questa sua sottomissione di amore Lui viene costituito Salvatore del mondo. Senza obbedienza nessuna salvezza mai potrà avvenire sulla nostra terra. Questa verità non vale solo per Abramo, solo per Cristo Gesù, vale per tutto il suo corpo che è la Chiesa. Nel corpo di Cristo, ogni figlio del Padre deve prestare a Dio la più pura obbedienza ad ogni suo comando di amore, ad ogni sua Parola, se vuole partecipare alla redenzione del mondo. La redenzione è stata tutta operata. Ora la si dovrà fare fruttificare e per questo occorre l’obbedienza del corpo di Cristo Gesù. L’obbedienza va data a Dio in ogni istante, perché è da essa che la salvezza diviene efficace e fruttifica vita eterna nel cuore di chi crede nella Parola di Gesù Signore.
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Chi è il Servo del Signore? È colui che ascolta. È il “Catecumeno” del Padre. Mai un solo istante Lui è rimasto senza ascoltare. Lui ascoltava nella perfetta, piena comunione dello Spirito Santo. Il Padre metteva sulla sua bocca ogni sua Parola e il Servo la riferiva così come da Lui era stata ascoltata. Non solo diceva la Parola, mostrava ad ogni uomo come la Parola andava vissuta. Lui ascoltava, viveva la Parola ascoltata, la diceva, mostrava come essa va vissuta. Se il cristiano vuole portare salvezza in questo mondo, deve essere il perfetto “Catecumeno” di Gesù Signore nello Spirito Santo. Se lui si allontana da Cristo Gesù, non ascolta la sua Parola, viene meno anche nell’obbedienza. Senza ascolto non vi è obbedienza e neanche vi è redenzione. Ascolto, obbedienza, redenzione sono una cosa sola. La salvezza del mondo è il frutto della nostra obbedienza. L’obbedienza è il frutto del nostro ascolto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ascoltatori di Cristo Gesù.
12 APRILE
Il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?
Is 50,4-9a; Sal 68,8-10.21-22.31.33-34; Mt 26,14-25.
Il Servo del Signore è di coscienza retta. Lui ha fatto tutto ciò che il suo Dio gli ha comandato. Nessuno lo potrà dichiarare colpevole di trasgressione della Legge del Signore. Lui ha ascoltato, ha obbedito, ha osservato, ha vissuto nella Parola secondo la Parola, la Parola ha sempre annunziato nella sua più pura verità e attualità. Gesù, il Servo del Signore, dichiara la sua innocenza ai Giudei. Lui è in tutto dal Padre.
A queste sue parole, molti credettero in lui. Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio» (Gv 8,20-47).
Anche al momento del processo la sua innocenza è emersa in tutta la sua luce. Lui fu dichiarato reo di morte per aver rivelato la sua eterna verità. Lui è il Figlio dell’uomo.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!» (Mt 26,59-66).
Essendo Lui giusto, il Signore lo liberà secondo la parola giurata. Non potrà permettere che il suo Santo venga ritenuto dal mondo un peccatore. Dio gli renderà giustizia.
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?
Il Servo del Signore giustifica il suo Dio in ogni sua Parola. Dio giustifica il suo Servo liberandolo dalla morte, annullando l’ingiusto giudizio degli uomini. Con la risurrezione il Servo è dichiarato dal Signore Dio vero in ogni sua Parola, innocente nelle opere.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri in ogni parola.
13 APRILE
Il vostro agnello sia senza difetto
Es 12,1-8.11-14; Sal 115,12-13.15-18; 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15.
È Gesù il vero Agnello della Pasqua. Perché si manifestasse al mondo intero questa sua verità, Cristo Signore celebra la Pasqua un giorno prima nel Cenacolo. Durante la cena Lui sostituisce l’Agnello con il suo corpo e il suo sangue, corpo da mangiare, sangue da bere, con un comando perenne ai discepoli: “Fate questo in memoria di me”. Il giorno dopo, giorno dell’uccisione degli agnelli, lui viene ucciso per crocifissione come vero Nuovo Agnello. Con Lui nasce la celebrazione della Pasqua settimanale, nel giorno del Signore, e poi diviene anche quotidiana con la celebrazione giornaliera.
Noi conosciamo il vero significato dell’antico agnello. Il suo sangue teneva lontano dalle case degli Ebrei l’Angelo sterminatore. La sua carne dava la forza per affrontare il lungo viaggio della liberazione. Il cammino è lungo e faticoso e occorrono forze per poterlo portare a compimento. Il sangue del Nuovo Agnello si beve. Diviene vita di Dio in noi. Si beve la vita di Dio per divenire vita di Dio. La carne si mangia per compiere il cammino verso la Patria del Cielo. Il cammino è lungo. Vivere una vita divina sulla terra diviene impossibile senza la forza che viene dalla carne di Gesù Signore.
Quando il cristiano entrerà nella verità dell’Eucaristia, la riceverà in modo nuovo. Saprà che il suo sangue è sangue di Dio che entra in noi perché noi possiamo vivere di vita divina. Saprà che la sua carne è forza divina che ci viene data per camminare verso il Paradiso. Ma oggi a che serve celebrare l’Eucaristia se il Paradiso è già per tutti indipendentemente da chi cammina e chi non cammina e se il peccato ormai è parte essenziale della nostra vita? Di certo non si può vivere di vita divina e morire di peccato nelle nostre membra. È questo l’equivoco che va risolto a livello di mente.
Il Signore disse a Mosè e ad Aronne in terra d’Egitto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne.
Altra verità vuole che non solo Cristo sia il Nuovo Agnello della Nuova Pasqua, ma anche tutto il suo corpo. Di conseguenza, ogni discepolo di Gesù, poiché chiamato ad essere Nuovo Agnello della Pasqua nel Nuovo Agnello della Pasqua, che è Cristo, anche lui dovrà essere senza difetto, cioè senza peccato, senza macchia. Dovrà essere di perfetta obbedienza, perfetta vita secondo la Parola di Gesù Signore. È sufficiente un solo difetto per far sì che Dio lo scarti, non si serva di esso come Nuovo Agnello per togliere il peccato del mondo. Prima deve togliere il peccato dal suo corpo.
Il cristiano vive di un’altissima vocazione. Dio vuole che lui si lasci fare agnello che toglie il peccato del mondo. Nessuno potrà aiutare un solo uomo a togliere il peccato dalla sua vita, se lui stesso vive di peccato, di peccato si nutre, nel peccato dimora. Nasce l’obbligo per esso di purificarsi da ogni macchia. La sua vocazione gli impone di vivere senza macchia. Oggi è il cristiano l’Agnello in Cristo per la salvezza del mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri Agnelli in Cristo.
14 APRILE
Egli è stato trafitto per le nostre colpe
Is 52,13-53,12; Sal 30,2.6.12-13.15-17.25; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42.
Man mano che il cammino della profezia avanza nella storia, anche la verità del Messia del Signore si arricchisce di nuove verità, sempre più sconvolgenti. Il Messia è il Re dal regno eterno. È insieme Re, Profeta, Sacerdote alla maniera di Melchisedek. È il giusto perseguitato. Su di Lui si posa in pienezza lo Spirito del Signore. Lui è il Servo che porterà la luce del vero Dio e Creatore dell’uomo a tutte le Genti. Molte altre profezie dicono chi è il Messia che verrà. Una fra tutte lo rivela nella sua potenza di amore. Se il Giusto Perseguitato manifesta la forza della sua fede e della sua speranza. Il Servo Sofferente rivela tutta la grandezza del suo amore. Le sue piaghe non sono il frutto della cattiveria, della malvagità degli uomini. Sono invece il frutto del suo grande amore per i figli degli uomini, per tutti i suoi fratelli. Lui soffre per amore.
Il Servo è il Sofferente perché ha visto l’umanità in un baratro di morte senza ritorno. Vi era una sola via per riportare la vita in essa. Subire Lui, Innocente, Puro, Giusto, Santo, la morte dovuta ad ogni uomo, prendendo il posto di tutti. Così Lui viene, assume la nostra carne, si fa nostro fratello, come nostro vero fratello, assume anche l’obbligo del riscatto. Lui paga con la sua morte la nostra morte, paga con le sue piaghe le nostre colpe e la nostra pena. Lui prende tutto su di sé per liberare noi. È questa l’espiazione vicaria. Tutto lui vive al posto nostro, in vece nostra. La croce era nostra non sua. Gli insulti erano nostri non suoi. Lui tutto assume e da tutto ci libera. Questa è la divina, eterna, infinita misericordia con la quale Lui ha amato noi.
Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.
Per guardare Il Crocifisso con purissimo sguardo di fede è necessario che ci lasciamo vivificare, illuminare, ammaestrare dal suo Santo Spirito. È Lui il solo che ci dona la luce per comprendere il mistero della sua sofferenza. Lo Spirito di Dio ci dona insieme due visioni. Ci fa vedere la nostra miseria spirituale, la nostra morte, il nostro peccato. Ci fa contemplare Cristo con il desiderio di essere da Lui redenti, guariti, sanati. Perché questo avvenga è necessario che oggi il corpo di Cristo inondi la terra con una grande effusione di Spirito Santo. Se lo Spirito non inonda la terra, il Crocifisso rimane muto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, inondateci di Spirito Santo.
15 APRILE
Affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato
Epistola: Rm 6,3-11; Sal 117,1-2.16-17.22-23. Vangelo: Mt 28,1-10.
Paolo vede il Battesimo come vera morte e vera risurrezione, vera morte con Cristo, vera risurrezione con Lui. Le conseguenze di questa sua visione di fede sono altissime. Se il cristiano è morto con il suo corpo, esso non è più del principe di questo mondo, né del peccato, né del vizio, né di qualsiasi altra potenza di male. Il suo corpo è morto. Poiché era il suo corpo che lo teneva unito al vecchio mondo, essendo il corpo morto, quel legame è sciolto per sempre. Ora l’uomo appartiene tutto a Cristo. Appartiene non per una scelta morale, una consegna superficiale. Appartiene per morte del suo corpo.
Un corpo morto non può più peccare. Con la morte il corpo di peccato è reso inefficace. Esso è morto. È scomparso. È ridotto in cenere. È inesistente. Con esso il discepolo non può più peccare. Ma non è solo il peccato che interessa a San Paolo. Risorgendo dalle acque il cristiano si è rivestito di Cristo, ha indossato Lui, la sua vita. Ora Lui è vita di Cristo. È vita nella quale è avvenuto un duplice scambio. Tutto Cristo si è consegnato a lui, tutto lui si è consegnato a Cristo. Ora il cristiano deve manifestare al mondo tutta la ricchezza della vita di Cristo Signore.
Questa duplice azione non solo obbliga il cristiano a non riportare più il suo corpo nella carne. La carne dovrà considerarsi morta per sempre. Lui ora ha l’obbligo di rivelare, manifestare, mostrare Cristo in tutto il suo splendore di vita. È stato rivestito di Cristo, deve mostrare Cristo, far risplendere Cristo nei suoi pensieri, nelle sue opere, nelle sue scelte, nei suoi comportamenti. Chi vede il cristiano necessariamente deve vedere Cristo. Allora non basta non peccare, non è sufficiente astenersi dal male. Si deve far fruttificare il “carisma, il dono-Cristo Signore”, attraverso la nostra vita.
La parabola dei talenti ci viene in aiuto. Il servo infingardo non ha commesso alcun peccato nella trasgressione dei comandamenti, della Legge, della Parola. Il racconto di Gesù non lo presenta come un uomo iniquo in quanto a peccati commessi. Lo annunzia invece come fannullone, infingardo. Costui è vera immagine del cristiano che pensa che sia sufficiente non trasgredire i comandamenti per essere buoni cristiani. Il cristiano non è solo colui che non pecca. È anche colui che impegna tutte le sue energie spirituali e fisiche perché Cristo sia manifestato in tutta la sua bellezza.
O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione. Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è liberato dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
È giusto chiedersi: oggi, nell’attuale contesto cristiano, nel quale molti discepoli di Gesù non solo peccano, non solo sono conniventi con il peccato, ma anche il peccato omologano come condizione dell’umana esistenza sulla terra; oggi, tempo in cui si ha quasi paura di parlare di Cristo Signore, di predicare la sua Parola, di professare la sua fede, di camminare nella sua dottrina, c’è spazio per predicare Paolo? C’è posto ancora per una visione alta, nobile, della missione cristiana? Possiamo ancora affermare che non basta non peccare per essere discepoli di Cristo, ma urge mostrare al mondo tutta la bellezza della verità e della grazia di Cristo Gesù? Si può ancora proporre una visione “cristica” del cristiano, oppure dobbiamo accontentarci di un cristianesimo per nulla cristico e per niente cristiano? San Paolo eleva il cristiano. Mai lo abbassa. Lo separa dal mondo, mai lo immerge in esso.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, elevateci in coscienza cristiana.
16 APRILE – Domenica di Pasqua
Riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome
At 10,34a.37-43; Sal 117,1-2.16-17.22-23; Col 3,1-4; Gv 20,1-9.
Pietro è nella casa di Cornelio, centurione romano. A lui e alla sua famiglia annunzia Cristo Gesù. Parla ad essi prima della vita pubblica, poi della sua conclusione sul legno della croce. Ciò che vale per ogni uomo, non vale per Gesù Signore. Ogni uomo che muore, giusto o peccatore, entra nel regno della morte e lì rimane nel suo corpo fino al giorno della risurrezione, che avverrà quando il Signore creerà i nuovi cieli e la nuova terra. Per Gesù invece il regno della morte dura solo tre giorni. Poi lui risorge con il suo corpo trasformato in spirito, in luce, ricoperto della gloria del Padre.
Gesù ha voluto che alla sua risurrezione si giungesse mediante la fede nella Parola dei suoi Apostoli. Anche gli Apostoli e le stesse donne sono passate attraverso la fede. Le donne hanno creduto per la parola degli Angeli, gli Appostoli per la parola delle donne. Poi Gesù si è mostrato loro, aiutandoli e rafforzandoli nella verità di tutto il suo mistero che è di morte e di risurrezione. Per questo ha aperto loro la mente all’intelligenza delle Scritture nelle quali il mistero della sua morte è sempre annunziato assieme all’altro mistero che è quello della risurrezione. Morte e risurrezione sono un solo mistero.
Ora è compito, ufficio, missione degli Apostoli annunziare e rendere credibile il mistero di Cristo Gesù, mistero difficile da accettare sia nella sua morte che nella sua risurrezione. Un Dio morto è scandalo per i Giudei e stoltezza per i Greci. Un uomo risorto è fantasia e invenzione per i molti. Il morto resta morto e un Dio resta Dio. Come si supera questa “impossibilità” nella fede nel duplice mistero di Gesù? Con il dono dello Spirito Santo. Gesù lo ha versato su di loro. Essi lo dovranno versare assieme alla loro parola su quanti li ascoltano. È la loro parola il veicolo dello Spirito Santo.
Cristo Gesù è morto ed è risorto. Ma qualcuno potrebbe dire: è un fatto suo. Quale relazione lui potrà vivere con me? La relazione nasce con quanto il Padre sta stabilito di Lui e per Lui. Lui è il Giudice dei vivi e dei morti. Lui giudicherà il mondo secondo la sua Parola, il suo Vangelo. È questo il codice universale per il giudizio di ogni uomo. Chi vive secondo la sua Parola sarà rivestito della sua risurrezione. Chi invece non crede nella Parola, non la vive, secondo la stessa parola sarà condannato. Si è posto fuori della Legge della vita. Verità eterna. Non c’è altro giudice né in terra e né nei cieli.
Pietro allora prese la parola e disse: Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
Una seconda verità annunziata da Pietro riporta la testimonianza che danno a Cristo Gesù i profeti: “Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome”. Cristo Gesù è costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti. Qualcuno potrebbe pensare: “A nulla serve credere in Lui. Sono nel peccato. Mi condannerà”. Qualche altro potrebbe invece dire: “Sono giusto, mi assolverà”. La verità è un’altra. Tutti siamo peccatori, perché tutti trasgrediamo i comandamenti, tutti viviamo senza il Vangelo. Crediamo in Lui, i nostri peccati vengono perdonati. Lui ci ricolma di grazia e verità, possiamo non peccare. Possiamo camminare di fede in fede. Possiamo salvarci per la vita eterna. È nella fede in Cristo che il peccato è perdonato. È nel dono della sua grazia e verità che si riceve dopo aver creduto, che si vive senza peccato, anzi si cresce di grazia in grazia e di verità in verità. Dalla fede in Cristo nasce sulla terra la vera vita. Senza la fede in Lui, si rimane nella morte, si muore di ogni morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera fede in Cristo.
17 APRILE
Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni
At 2,14.22-33; Sal 15,1-2.5.7-11; Mt 28,8-15.
Gesù è risorto. Il Padre lo ha liberato dai lacci della morte. Il suo corpo non è più nella tomba, ma presso Dio, seduto alla sua destra, su un trono di gloria eterna, costituito Giudice dei vivi e dei morti. Questa verità è storica. È evento accaduto. Cristo Signore è stato visto risorto, con Lui i discepoli hanno parlato. Tommaso lo ha anche toccato. Ha messo le sue mani al posto dei chiodi. Ha visto il suo costato aperto. La storia da sola non fa la verità. Occorre che ad essa si unisca un altro testimone. La Legge di Dio lo prescrive: ogni testimonianza sia resa sul fondamento di due testimoni concordi.
Pietro sta parlando al popolo del Signore, il quale fonda la sua fede sulla Scrittura Santa. Storia e Scrittura devono concordare. Se Pietro aggiungerà alla storia anche la testimonianza della Scrittura, allora la sua parola è vera. Chi non crederà, porterà lui il peso del suo peccato, ma non potrà incolpare Pietro di essere stato carente nel portare le prove della risurrezione di Gesù. È questo che Pietro opera: prende la parola, annunzia che Cristo Gesù è risorto, loro sono testimoni di questo evento, fonda la verità storica sulla verità della Scrittura. Questa attesta la risurrezione del Messia del Signore. Gesù non è solo il Risorto, è anche il Messia, il Cristo di Dio.
Pietro così insegna ad ogni discepolo di Gesù che sempre storia e testimonianza della Parola devono essere concordi. Ma come oggi si fa a dire che Cristo è risorto e che noi siamo testimoni? Noi con Cristo non abbiamo mangiato. È vero. Ma noi mangiamo Cristo. Noi non abbiamo toccato Cristo Risorto. È vero. Ma noi siamo risorti con Cristo. Siamo noi la sua risurrezione nella storia. Noi con Cristo non abbiamo parlato. È vero. Ma siamo noi la Parola vivente di Gesù Signore. È il nostro corpo che parla di Lui e non solo la nostra bocca. Siamo noi la storia di Gesù. Ad essa va sempre unita la Scrittura. Il mondo vede noi risorti con Cristo, in Cristo, ascolta la parola si apre alla fede. La sola Scrittura non serve. Occorre anche la nostra storia. Due devono essere i testimoni di Cristo: il corpo risorto di Cristo, la Parola della Scrittura.
Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti abitanti di Gerusalemme, vi sia noto questo e fate attenzione alle mie parole. Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.
Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
San Pietro legge la Scrittura perché risorto in Cristo, perché vita di Cristo Risorto, vita piena di Spirito Santo. Se la Scrittura viene letta dall’uomo vecchio, uomo di peccato, uomo che vive secondo la carne, non si entra nel suo cuore. Essa rimane velata all’uomo vecchio. Se l’uomo di Dio, il discepolo di Cristo, vuole rendere testimonianza a Cristo Risorto, è obbligato a vivere da risorto in Cristo, altrimenti nessuna testimonianza sarà mai possibile. La Scrittura sarà un libro chiuso dal quale nessuna verità verrà mai fuori. La storia e la Scrittura sempre insieme. Oggi la storia è il discepolo di Cristo risorto in Cristo, risurrezione di Cristo nel mondo, tra i suoi fratelli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vita di Gesù Risorto.
18 APRILE
Che cosa dobbiamo fare, fratelli?
At 2,36-41; Sal 32,4-5.18-20.22; Gv 20,11-18.
La fede, la vera fede, è fondata sulla storia e sulla profezia. Non però su una sola profezia, ma su ogni profezia di Dio. Profezia su profezia, profezia da profezia, profezia a profezia guidano la mente e il cuore per l’annunzio della vera fede. Osserviamo con somma attenzione la procedura di Pietro. Parte dalla storia. È verità storica, fatto certissimo, che Cristo è risorto. Non solo perché la sua tomba è rimasta vuota, ma perché essi stessi sono i testimoni del Risorto. Essi lo hanno visto e toccato. Con Lui hanno dialogato. Da Lui sono stati colmati di Spirito Santo. Di quest’ultimo evento storico sono testimoni tutti coloro che lo stanno ad ascoltare. La storia è per la verità della risurrezione e la storia è fatto. Non vi sono argomenti contrari. È un fatto.
Pietro compie un sapiente lavoro di alta saggezza nello Spirito Santo. Unendo le diverse profezie, annunzia chi è oggi Cristo Risorto per il mondo. Seguiamolo in questo suo lavoro perché esso è anche utile a noi, anche se da svolgere con diverse modalità e contenuti differenti. La storia attesta che Gesù è risorto. Il Salmo proclama che chi risorge è il Messia di Dio. Il Risorto è il Messia. Le altre profezie rivelano che il Messia è il solo nome nel quale è stabilito che vi possa avere salvezza. Una verità ne domanda un’altra. Ma non si tratta di una deduzione logica, di tipo filosofico o matematico. Bensì di deduzione per aggiunta di verità rivelata a verità rivelata, di profezia a profezia, di oracolo ad oracolo, di promessa a promessa.
La nostra fede in Cristo Gesù, unico e solo Salvatore del mondo, va sempre fondata. Essa si fonda sulla nostra storia di risorti, sulla Scrittura letta da noi nella sapienza dello Spirito Santo, attraverso quella saggezza argomentativa e deduttiva che sa aggiungere verità e verità. Oggi è proprio questa saggezza che manca al nostro annunzio. Si procede per frasi, per affermazioni, per sentimento, per volontà, per capricci, per mille altre vie, ma si omette di agire seguendo questa via sicura che Pietro, nello Spirito Santo, ci ha lasciato in eredità. Eppure sarebbe sufficiente prendere due sole parole del Nuovo Testamento per appurare l’inesattezza, l’errore, la falsità di molte nostre affermazioni che facciamo passare per purissima fede.
Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
Pietro annunzia ai presenti che la salvezza è solo nel nome di Gesù. La sua parola, carica e piena di Spirito Santo, trafigge il cuore di quanti lo stanno ad ascoltare. Sorge in essi un desiderio di salvezza. Ma cosa dovranno fare per essere salvati? La risposta di Pietro è immediata. Si devono convertire e lasciarsi battezzare nel nome di Gesù, per il perdono dei peccati. Dopo riceveranno lo Spirito Santo. Saranno anche loro costituiti testimoni della risurrezione di Gesù. Essi risorti, possono con la loro storia e la Scrittura che Pietro ha rivelato nel suo pieno significato, parlare di Gesù Signore.
La verità e l’efficacia dell’annunzio è lo Spirito Santo. Lo Spirito del Signore cambia la vita dei testimoni di Gesù. Non solo Cristo è risorto, ma essi stessi sono risorti in Cristo. Dona alla loro Parola luce di sapienza ed efficacia di conversione. Suscita nei cuori di quanti sono trafitti la domanda di apertura a Cristo e alla fede. Dona la risposta giusta ai discepoli. Senza lo Spirito Santo questo dialogo tra storia, Scrittura, uomo da salvare non si compie. La Scrittura resta Scrittura, la storia rimane storia, il discepolo rimane discepolo, il mondo rimane mondo. È lo Spirito Santo che crea il miracolo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.
19 APRILE
Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do
At 3,1-10; Sal 104,1-4.6-9; Lc 24,13-35.
Il Capitolo Secondo degli Atti ci mostra e ci mette di fronte a tutta la potenza di sapienza e grazia dello Spirito Santo. Lui chiama il mondo e lo presenta agli Apostoli. Sempre Lui per bocca di Pietro parla al mondo. Ancora Lui per bocca del mondo parla agli Apostoli. Tutto è dallo Spirito, per lo Spirito, nello Spirito che si compie. Ora sappiamo quanto è potente lo Spirito di Dio, fuori dell’uomo e nell’uomo. Lui dona verità alla storia, alla Scrittura, ai cuori. Senza di Lui tutto rimane nel suo mutismo. Muta è la Scrittura, muta la storia, muti gli Apostoli, ma anche muto il mondo.
Nel Capitolo Terzo viene invece manifestata quanto è potente la forza della fede in un uomo. Con questa fede non solo viene data vita ad un uomo che ne è privo, viene messa in movimento, in agitazione, in rivoluzione tutta la storia circostante. È questa la forza e la potenza della vera fede: mettere in agitazione la storia. Se la fede non mette in agitazione la storia, essa è morta. È solo un complesso di verità che rimangono verità fuori della storia. In Cristo la fede è l’onnipotenza del Padre che stravolge il mondo ammuffito di farisei, scribi, sadducei, capi dei sacerdoti, anziani del popolo. In Pietro la fede è la potenza di Cristo che mette in movimento molti cuori e molte menti.
Se l’uomo non presta il suo corpo, la sua voce, il suo cuore, la sua anima a Cristo, come Cristo ha prestato tutto il suo corpo al Padre, perché lo rendesse perfetto strumento della sua potenza di verità e amore, luce e verità, mai si potrà parlare di fede. Dio rimane Dio, l’uomo rimane uomo, il mondo rimane mondo. Nessuna agitazione, nessun movimento, nessuno sconvolgimento, nessuna novità. Quando il mondo rimane così come esso è, è segno che la vera fede non muove un corpo e se non muove un corpo neanche la storia potrà mai mettere in movimento. Pensare la fede come l’onnipotenza di Cristo che oggi entra nella storia per mezzo dei suoi apostoli per sconvolgerla, esige persone diverse, persone che non pensano il passato per renderlo comprensibile, ma persone che rendono attuale il passato storico di Cristo con la potenza dello Spirito Santo. La fede è la capacità dell’uomo di far vivere tutto Cristo, verità e grazia, onnipotenza e luce, santità e olocausto, nel suo corpo.
Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: «Guarda verso di noi». Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!». Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio, e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.
Lo storpio vede Pietro e Giovanni, li pensa persone come tutte le altre. Si attende da essi qualche moneta. Pietro gli si accosta e gli dice che lui non è persona come le altre. Lui non è carico di soldi, ma di fede. Lui non porta monete, porta nel cuore tutta la potenza di salvezza e di redenzione di Gesù Signore. Lui è portatore di questa onnipotenza di Cristo e questo gli può dare: “Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina” Questo ho e questo ti dono”. Ecco come si mette in agitazione la storia. Donando quello che si ha. Ma ogni discepolo di Gesù Signore non dovrebbe essere colmo di Lui? Non dovrebbe portare Lui nel mondo per darlo ai suoi fratelli? Non si dona Cristo solo Luce, solo Grazia, solo Verità, solo Carità, solo Speranza, solo Vita Eterna. Si dona Cristo, tutto Cristo e Cristo è l’onnipotenza salvatrice e redentrice di ogni uomo, di tutto l’uomo. Ecco la fede: essa fa di un uomo un portatore e un datore di tutto Cristo. Ridurre la fede ad una verità o complesso di verità, di certo non è fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di vera fede.
20 APRILE
Io so che voi avete agito per ignoranza
At 3,11-26; Sal 8,2.5-9; Lc 24,35-48.
Con il dono di Cristo allo storpio la storia si agita, si mette in movimento, si interroga. Vuole sapere il perché della sua agitazione. Pietro prende la parola e illumina le menti. Quanto è accaduto è per la fede riposta in Gesù il Nazareno. Nulla è per loro merito, nulla è per magia, nulla per superstizione, nulla per opera umana, nulla per scienza medica. Quanto è avvenuto è frutto della potenza salvatrice e redentrice di Cristo Gesù che agisce in loro e per loro tramite. Cristo Gesù non è un corpo che giace nella tomba e un’anima che è andata nel seno di Abramo. Lui è il risorto, il vivente e chi lo ha risuscitato è il Padre. Gesù, il Vivente nella storia, il Presente in mezzo ad essa attraverso i suoi Apostoli, ha dato vita a quest’uomo che tutti conoscono.
La storia ha un passato. Questo passato si può redimere? Si può salvare? Può essere condotto nella luce, nella verità, nella grazia? Pietro annunzia al popolo dei Giudei che la loro storia può essere salvata e redenta. Perché la storia possa essere portata nella verità di Cristo oggi, Pietro scusa i Giudei. È come se li ritenesse senza alcuna colpa. Imita Gesù Signore. Dalla Croce, affisso su di essa, inchiodato al legno, Lui chiese perdono: “Padre, perdonali. Non sanno quello che fanno”. Anche Pietro li scusa: “So che avete agito per ignoranza”. Ora però che lo storpio è stato guarito nel nome di Gesù il Nazareno, che è il Risorto, il Vivente, il Presente, il Signore degli eventi, se non credono, se si rifiutano di accoglierlo nella fede, allora il loro peccato non solo rimane, si aggrava di una nuova incredulità. Prima hanno agito per ignoranza. Sono scusati. Oggi se non credono non ci sono scuse. Oggi non vogliono credere, si rifiutano di credere dinanzi all’evidenza di Cristo presente e agente in mezzo ad essi. Il loro peccato rimane. Dovranno domani rendere conto a Dio. Non ci sono scuse per essi.
Mentre egli tratteneva Pietro e Giovanni, tutto il popolo, fuori di sé per lo stupore, accorse verso di loro al portico detto di Salomone. Vedendo ciò, Pietro disse al popolo: «Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo e perché continuate a fissarci come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni. E per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete; la fede che viene da lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione alla presenza di tutti voi.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi colui che vi aveva destinato come Cristo, cioè Gesù. Bisogna che il cielo lo accolga fino ai tempi della ricostituzione di tutte le cose, delle quali Dio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti fin dall’antichità. Mosè infatti disse: Il Signore vostro Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E avverrà: chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo. E tutti i profeti, a cominciare da Samuele e da quanti parlarono in seguito, annunciarono anch’essi questi giorni.
Voi siete i figli dei profeti e dell’alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra. Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione, perché ciascuno di voi si allontani dalle sue iniquità».
Pietro offre al popolo dei Giudei la verità di Gesù Signore, ricordando la promessa di benedire tutte le genti fatta dal Signore ad Abramo. Dio vuole che la benedizione sia data prima di ogni altro ad essi, poi alle genti. Essi hanno diritto più di ogni altro in ragione della fede del loro padre Abramo. Ora sta a loro accogliere la benedizione o rifiutarla. L’offerta è stata fatta. Se la rifiuteranno, sono essi i soli responsabili.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci una fede vera in Cristo.
21 APRILE
In nessun altro c’è salvezza
At 4,1-12; Sal 117,1-2.4.22-27; Gv 21,1-14.
Pietro e Giovanni annunciano in Gesù la risurrezione dai morti. La loro predicazione irrita sacerdoti e sadducei. Viene dato ordine che fossero arrestati e messi in prigione. L’ora è tardi. Viene rimandato al giorno successivo il loro interrogatorio. Intanto il testo sacro dona una meravigliosa e stupenda notizia. Ormai il numero di quanti credono in Cristo come loro Salvatore e Signore ha raggiunto il numero di circa cinquemila. È un bel numero se si pensa che sono passati appena due giorni dalla Pentecoste e dalla predicazione di Pietro. Veramente la Parola di Dio pronunciata con potenza di Spirito Santo penetra nei cuori e li converte al Vangelo della salvezza, mediante la fede.
Pietro e Giovanni vengono fatti comparire dinanzi al Sinedrio. Ad essi viene posta una domanda precisa: “Con quale potere o in quale nome voi avete fatto questo? “. Alla prima frase della domanda non c’è alcuna risposta. Non c’è potere che non venga dal Signore. È Lui il Dio Onnipotente ed è Lui che rende partecipi alcuni uomini della sua forza, della sua potenza, del potere di comandare alla natura e di ricevere da essa una obbedienza immediata. La Scrittura Antica ci rivela che il vero miracolo è l’obbedienza della creazione al suo Creatore, qualsiasi cosa Lui le chieda. Alla seconda parte della domanda, la risposta deve essere data. I nomi possono essere due. Può essere il nome di Dio e può essere il nome di Cristo Gesù. Pietro e Giovanni con franchezza, senza alcun timore o riverenza, rispondono che quell’uomo è sano e salvo perché su di lui è stato invocato il nome di Gesù Cristo il Nazareno. Perché nessuna confusione sorga o regni nei loro cuori, aggiungono che il loro Gesù è lo stesso che essi hanno crocifisso e che Dio ha risuscitato. Quel Dio nel cui nome Gesù ha sempre operato, proprio quel Dio, il Dio dei padri, lo ha risuscitato. Essi lo hanno scartato come pietra inutile alla costruzione dell’edificio di Dio, mentre il Signore lo ha costituito pietra angolare, testata d’angolo. Questa è parte della verità di Gesù. La verità diviene perfetta, aggiungendo che in nessun altro c’è salvezza. Dicendo che non vi è sotto il cielo altro nome dato gli uomini, nel quale è stabilito che siano salvati. Ora la verità di Cristo è piena, nulla manca: Crocifisso, Risuscitato dal Padre, Pietra d’angolo, Unico Salvatore dell’umanità. Altri salvatori non sono dati. Non esistono. Mai esisteranno.
Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il comandante delle guardie del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunciavano in Gesù la risurrezione dai morti. Li arrestarono e li misero in prigione fino al giorno dopo, dato che ormai era sera. Molti però di quelli che avevano ascoltato la Parola credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. Il giorno dopo si riunirono in Gerusalemme i loro capi, gli anziani e gli scribi, il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti. Li fecero comparire davanti a loro e si misero a interrogarli: «Con quale potere o in quale nome voi avete fatto questo?». Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».
Pietro non teme l’uomo. Non lo teme perché lo ama. Lui realmente vuole la salvezza dei suoi fratelli. Quanto è avvenuto, non è avvenuto per caso. È stato disposto dal Signore per offrire al suo popolo la possibilità di ascoltare la parola della salvezza, della redenzione, della pace. Quella di Pietro è una testimonianza ufficiale, un annunzio pubblico fatto in un tribunale, con il rischio della pena capitale. Pietro ha esposto la sua vita alla morte per amore del suo popolo. Ora Lui non è più responsabile della loro perdizione. Con libertà, franchezza ha annunziato tutta la verità su Cristo Gesù. Ora la responsabilità eterna è tutta affidata alla loro coscienza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri annunciatori di Cristo.
22 APRILE
Noi non possiamo tacere
At 4,13-21; Sal 117,1.14-21; Mc 16,9-15.
Pietro e Giovanni, con la loro risposta data alle autorità giudaiche preposte a vigilare sulla retta fede, offrono al mondo intero il principio eterno di azione che obbliga ogni uomo, sempre in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni religione, in ogni fede, in ogni credenza: “Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. Le parole di Pietro e Giovanni vanno comprese secondo purissima verità, intelligenza di Spirito Santo.
“Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio”: La verità dello Spirito Santo è divinamente chiara. Prima che un uomo, chiunque esso sia, rivestito della più alta responsabilità oppure l’ultimo degli ultimi di questo mondo, prima di proibire, comandare, ordinare qualcosa ad un altro uomo, deve avere una certezza assoluta nel cuore e nella mente. Con scienza esatta e con coscienza retta deve dire al suo cuore: quanto sto per dire ai fratelli è volontà di Dio, è sua Parola, è sua Legge, è suo Comando, è suo Statuto, viene da Dio. In nome di Dio si possono comandare solo le cose di Dio. Mai le cose degli uomini, i loro pensieri, le loro idee, i loro propositi o sentimenti, la loro volontà o il loro cuore, può essere imposto in nome di Dio. È peccato gravissimo contro il secondo Comandamento: “Non nominare il nome di Dio invano”.
La verità dello Spirito che parla per bocca di Pietro è limpida. Voi, Giudei, siete certi che state parlando in nome di Dio? Avete questa certezza assoluta nel cuore e nella coscienza? Quanto nel vostro ordine e comando viene da Dio e quanto invece dal vostro cuore e dai vostri pensieri? Voi avete l’obbligo di fare chiarezza. Nessun uomo si potrà mai sostituire a Dio. È grave peccato di idolatria. Sarebbe anche peccato contro il primo Comandamento: “Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altro Dio fuori che me”. Poiché in ogni nostra parola possiamo peccare contro i due primi Comandamenti della Legge, allora è giusto che ognuno si interroghi la coscienza, esamini il suo cuore, scenda nelle sue profondità, trovi il principio di verità di ogni sua parola. Se è Parola di Dio, sua volontà, allora è giusto che venga annunziata, comandata, ordinata, suggerita, proposta, consigliata. Solo però se è volontà di Dio.
Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto.
“Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. È come se Pietro e Giovanni dicessero ai capi dei Giudei: Tra la fede in Dio e le opere di Dio non vi può essere contraddizione. Tra la Parola di Dio e la storia che si realizza sul suo fondamento non c’è divergenza. Noi abbiamo visto Cristo Risorto. Prima lo abbiamo visto nel suo corpo di carne, poi nel suo corpo di luce. Questa è storia. Questa storia è il frutto della profezia di Dio. Chi crede nella profezia di Dio deve credere anche nel suo compimento. Poiché la nostra parola e il nostro annunzio è testimonianza di una Parola di Dio che si è compiuta, alla quale noi abbiamo assistito e della quale siamo testimoni, noi non possiamo tacere. Come voi, capi dei Giudei non potete impedirci di gridare che il sole questa mattina si è alzato, così non potete impedirci, proibirci di dire che Gesù si è svegliato dalla morte, è uscito dal sepolcro, è il Vivente ed opera in mezzo a noi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Parola nello Spirito Santo.
23 APRILE – II Domenica di Pasqua A
Tutti i credenti stavano insieme
At 2,42-47; Sal 117,1-4.13-15.22-24; 1 Pt 1,3-9; Gv 20,19-31.
Gli Atti degli Apostoli ci offrono gli elementi essenziali perché una comunità possa sempre dirsi cristiana: “Perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”. Se uno di questi elementi viene a mancare, non si è più comunità cristiana. Si manca del raggiungimento del fine e si è privi dei mezzi che ci fanno vera comunità di Cristo Signore.
“Perseveranti”: La perseveranza non è azione isolata, saltuaria, mensile, semestrale, annuale, decennale. Essa è modo abituale di essere. È come il cuore di un uomo, il suo respiro, la sua pelle. Si può cambiare vestito, di certo non si può cambiare pelle. Non si può cambiare anima e spirito. La perseveranza è la trasformazione della nostra vita in un’altra vita e quest’altra vita diviene la nostra stessa vita. Se la vita non diviene altra vita e non rimane altra vita, non c’è perseveranza. C’è il momento, l’occasione, il frammento, mai però si può parlare di perseveranza. Non si è divenuti altra vita.
“Nell’insegnamento degli apostoli”. La fede della comunità cristiana nasce dalla Parola. La Parola della fede è quella degli apostoli. Se si interrompe l’ascolto della Parola, si interrompe anche il cammino di fede in fede, di verità in verità, di Vangelo in Vangelo. Non si è interamente vita dalla Parola per la Parola. Si è vita un poco dalla Parola un poco da noi stessi. Si è semplicemente vita fuori della Parola, Non si è comunità cristiana. Questa infatti nasce e vive di Parola, la Parola è quella degli apostoli. Questa verità obbliga l’apostolo a dire sempre la Parola di Cristo. Obbliga il corpo di Cristo ad ascoltare la Parola di Cristo per essere dalla Parola di Cristo, per essere Parola di Cristo. Se l’apostolo non è Parola di Cristo, distrugge la comunità di Cristo.
“Nella comunione”. La comunione non è quella Eucaristica, ma quella dei membri della comunità cristiana. Come un corpo vive della comunione di ogni sua cellula e se una cellula non porta vita alle altre tutto il corpo soffre, così è della comunione all’interno della comunità cristiana. Ognuno è dalla vita dell’altro. Ognuno riceve vita e dona vita. San Paolo tratta questo delicatissimo tema nel Capitolo Dodici della Lettera ai Corinzi. La comunione è nei carismi e nei ministeri. Ogni carisma attinge vita nell’altro carisma e ogni ministero riceve vita dall’altro ministero. Questa stessa verità San Paolo ce la offre nel Capitolo IV della Lettera agli Efesini. Il corpo è uno, i ministeri sono molti.”
Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
“Nello spezzare il pane”. Il pane che si spezza è il corpo di Cristo. È l’Eucaristia. Si mangia un solo pane, si diviene un solo corpo. Si vive nello Spirito Santo la comunione del solo corpo. Si diviene corpo di Cristo per continuare la missione di Cristo. Ma il pane che si spezza è anche quello di materia. Non si può spezzare il pane di Cristo senza spezzare il pane dell’uomo. Sarebbe gravissimo peccato contro il corpo di Cristo, chiamato a vivere di comunione. Come Cristo spezza se stesso, così il cristiano deve spezzare se stesso. Come Cristo si fa mangiare, così il cristiano deve farsi mangiare. Una sola legge, una sola modalità: la legge e la modalità di Cristo Gesù.
“Nelle preghiere”. Perché si deve essere tutti perseveranti nelle preghiere? Perché l’alito della vita del corpo è sempre da Dio che lo si deve attingere. La preghiera è il respiro dell’anima. Dio è la “bombola di ogni ossigeno di vita spirituale!”. Noi siamo nelle profondità degli abissi, dove non c’è alcun alito di vita. Attingiamo l’alito da Dio, viviamo. Non lo attingiamo, moriamo. Dio è la vita ed essa va chiesta sempre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera comunità di Cristo.
24 APRILE
Proclamare con tutta franchezza la tua parola
At 4,23-31; Sal 2,1-9; Gv 3,1-8.
La Chiesa riconosce nella sua preghiera la verità della Parola di Dio che è purissima profezia tutta compiutasi in Gesù Signore. Ciò che i Salmi Messianici avevano predetto si è realizzato. Nulla rimane da divenire storia, vita, attuazione. È come se l’Agiografo fosse stato presente agli eventi vissuti da Gesù Signore e li avesse registrati nei più piccoli particolari. È questa la grande verità della profezia: vedere e descrivere.
Perché le genti sono in tumulto e i popoli cospirano invano? Insorgono i re della terra e i prìncipi congiurano insieme contro il Signore e il suo consacrato: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via da noi il loro giogo!». Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro. Egli parla nella sua ira, li spaventa con la sua collera: «Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna». Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti darò in eredità le genti e in tuo dominio le terre più lontane. Le spezzerai con scettro di ferro, come vaso di argilla le frantumerai». E ora siate saggi, o sovrani; lasciatevi correggere, o giudici della terra; servite il Signore con timore e rallegratevi con tremore. Imparate la disciplina, perché non si adiri e voi perdiate la via: in un attimo divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia (Sal 2,1-12). Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek». Il Signore è alla tua destra! Egli abbatterà i re nel giorno della sua ira, sarà giudice fra le genti, ammucchierà cadaveri, abbatterà teste su vasta terra; lungo il cammino si disseta al torrente, perciò solleva alta la testa (Sal 110 (109) 1-6).
Come le Nazioni agitandosi hanno permesso che il disegno di salvezza si realizzasse in Cristo nella sua pienezza, così oggi, le stesse nazioni, i popoli, agitandosi e ponendosi in tumulto contro gli apostoli e la comunità dei discepoli del Signore, altro non fanno che aiutare il disegno di salvezza di Dio perché si realizzi nella storia. L’agitazione dei popoli non è contro il progetto, è a favore del progetto. Questa fede va però sempre alimentata e fortificata nello Spirito Santo. I popoli agitandosi aiutano il progetto perché si colmi di vita e doni vita ad ogni uomo. Queste cose solo Dio le può fare. Il peccato dell’uomo rimane però in eterno peccato. Mai diviene cosa buona.
Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio dicendo: «Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano, tu che, per mezzo dello Spirito Santo, dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide: Perché le nazioni si agitarono e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i prìncipi si allearono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo; davvero in questa città Erode e Ponzio Pilato, con le nazioni e i popoli d’Israele, si sono alleati contro il tuo santo servo Gesù, che tu hai consacrato, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano deciso che avvenisse. E ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di proclamare con tutta franchezza la tua parola, stendendo la tua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù». Quand’ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza.
I popoli che si agitano aiutano il progetto di Dio solo se i servi del Signore vivono in perfetta obbedienza la loro missione fino alla morte di croce. La preghiera non solo dona luce per comprendere. In essa si deve chiedere al Signore che doni ogni forza per perseverare nell’obbedienza, nonostante le minacce e le agitazioni delle Genti. Se i servi di Dio hanno paura, si ritirano, non è Dio che vince, ma i popoli. Ecco perché si prega: “Per chiedere a Dio di concedere ai suoi servi di proclamare con tutta franchezza la sua parola, stendendo la sua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome del suo santo servo Gesù”. I popoli si agitano, gli apostoli e ogni altro discepolo annunzia con franchezza, Dio interviene con i suoi segni.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci forti e franchi nella Parola.
25 APRILE
Resistetegli saldi nella fede
1Pt 5,5b-14; Sal 88,2-3.6-7.16-17; Mc 16,15-20.
Eva è stata tentata dal diavolo. Cadde perché non ha creduto nella verità della Parola del Signore: “Se ne mangi, muori”. Gesù è tentato dal diavolo. Vince ogni tentazione per la sua purissima fede in ogni Parola del Padre suo. La fede non è un insieme di verità da credere. Questa fede non ci aiuta a superare la tentazione. Fede è invece conoscenza di ogni Parola di Dio. Accoglienza di essa nel cuore e nella mente, facendola divenire una legge e norma della nostra terrena esistenza. Per San Paolo la fede è solo uno dei mezzi per sconfiggere Satana. A questo mezzo molti altri vanno aggiunti. Contro Satana ci si deve presentare con solida corazza e forte armatura.
Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare (Ef 6,10-20).
Anche San Pietro indica ai discepoli di Gesù una corazza da indossare se si vogliono vincere le tentazioni del diavolo. Quella da lui suggerita è una corazza morale: umiltà, affidamento totale a Dio in ogni cosa, sobrietà, vigilanza, sopportazione delle sofferenze, fede. Indossando queste virtù, il diavolo non troverà alcun varco scoperto e mai potrà entrare nel nostro spirito o nei nostri pensieri. Vi è attorno a noi una solida protezione, un muro invalicabile. Basta una sola virtù non indossata ed è come una porta aperta. Satana può entrare nel nostro cuore a suo piacimento e operare ogni devastazione e distruzione. Chi vuole vincere il diavolo, è obbligato a chiudere ogni porta di accesso alla sua roccaforte. Una sola virtù che manca è più che breccia nel muro di cinta. Si può entrare ed uscire a piacimento. Non vi è più sicurezza.
Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti al tempo opportuno, riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso, dopo che avrete un poco sofferto, vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta. A lui la potenza nei secoli. Amen! Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio. Salutatevi l’un l’altro con un bacio d’amore fraterno. Pace a voi tutti che siete in Cristo!
Il discepolo di Gesù che si riveste delle sante virtù è più che cittadella fortificata posta su di un alto monte. Il diavolo può sferrare contro di lui ogni attacco. Il cristiano sa che solo con le virtù gli si ostruisce ogni via di entrata nel cuore e con somma attenzione, vigila a che nessun punto della sua anima o del suo cuore rimanga scoperto. Non vi sono altri mezzi per sconfiggere Satana. La carenza o mancanza di una sola virtù ci espone ad ogni pericolo. Ogni virtù sostiene l’altra. La sobrietà sostiene la preghiera, la preghiera la prudenza, la prudenza la fede, la fede l’umiltà, l’umiltà la mitezza, la mitezza la pazienza, la pazienza la perseveranza. Una sola virtù che manca, interrompe il circuito e rende le altre virtù assai deboli. Si cade in tentazione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rivestiteci di ogni virtù.
26 APRILE
Un angelo del Signore aprì le porte del carcere
At 5,17-26; Sal 33,2-9; Gv 3,16-21.
La storia della salvezza si compone di tre realtà: i popoli che si agitano, gli apostoli e i discepoli di Gesù che annunziano con franchezza il mistero di Cristo Signore, Dio che dall’alto dei cieli vede e guida ogni cosa con la sua mano potente. Noi sappiamo che ogni agitazione dei popoli serve a Dio per il compimento della sua volontà. Gli Apostoli vengono gettati nella prigione pubblica. Quest’azione di violenza è frutto della gelosia dei sadducei. Essi non credono non nella risurrezione di Gesù, ma nella risurrezione in sé. Per essi non c’è vita eterna, non c’è risurrezione, non c’è nulla dopo la morte. Si nasce, si vive, si muore. Tutto poi finisce. Prima non si era. Dopo non si è. Possono i sadducei credere nella risurrezione? Mai. È contraria ai loro pensieri, che sono fuori della Scrittura, fuori della tradizione, fuori del sentire del popolo di Dio.
I popoli si agitano. Dio scende nella storia. Manda un suo Angelo ad aprire le porte della prigione e a trarre fuori gli apostoli con un comando ben preciso: “Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita”. Nessuna salvezza si compie senza Dio, senza la sua costante azione nella storia. Se i popoli si agitano, gli apostoli operano con franchezza, ma Dio non interviene, tutto si ferma, tutto finisce. Interviene per divina puntualità il Signore e tutta la storia si mette in movimento di salvezza e di redenzione. L’intervento divino è vera evangelizzazione che Dio opera verso se stesso. Vuole rassicurare sia i popoli che si agitano che i discepoli che agiscono con franchezza che vi è Lui dietro ogni cosa che avviene nel tempo. L’intervento del Signore è vera grazia, grande misericordia. Ora se i sadducei vogliono aprirsi alla vera fede, possono. Dio ha dato loro un segno potente. Essi hanno incarcerato i suoi servi fedeli, Lui li ha liberati e mandati a predicare nel tempio.
Si levò allora il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare. Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio, cioè tutto il senato dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. Ma gli inservienti, giunti sul posto, non li trovarono nel carcere e tornarono a riferire: «Abbiamo trovato la prigione scrupolosamente sbarrata e le guardie che stavano davanti alle porte, ma, quando abbiamo aperto, non vi abbiamo trovato nessuno». Udite queste parole, il comandante delle guardie del tempio e i capi dei sacerdoti si domandavano perplessi a loro riguardo che cosa fosse successo. In quel momento arrivò un tale a riferire loro: «Ecco, gli uomini che avete messo in carcere si trovano nel tempio a insegnare al popolo». Allora il comandante uscì con gli inservienti e li condusse via, ma senza violenza, per timore di essere lapidati dal popolo.
Dinanzi ad un evento soprannaturale è obbligo che ognuno si interroghi. Quanto è accaduto viene dagli uomini o da Dio? Se è dagli uomini, l’uomo può combattere contro l’uomo. L’uomo sempre può vincere l’uomo. Se però quanto è accaduto viene da Dio, Dio può sempre operare ciò che ha operato, anche in maniera più forte. L’uomo non può combattere Dio. Dinanzi a Lui ci si deve fermare, arrendere, dichiararsi sconfitto, proclamare solo Lui il vincitore. Il carcere vuoto vuole una risposta. È obbligo di ogni uomo chiedersi e rispondersi. Invece il comandante delle guardie cosa fa? Esce “con gli inservienti e conduce gli apostoli via, ma senza violenza, per timore di essere lapidati dal popolo”. È questa azione stolta e insipiente. Colui che li aveva liberati può ancora una volta liberarli. Nulla si può opporre alla sua decisione. Ma ora è giusto che gli Apostoli vengano portati dinanzi al sinedrio. Oggi vi è un argomento in più che pesa nella valutazione degli eventi. Finora si valutava la storia di Gesù, ucciso dagli uomini e risuscitato da Dio. Ora si deve anche valutare la storia degli apostoli, messi in carcere dagli uomini, ma tolti fuori e mandati nel tempio da Dio. Sadducei, scribi, capi dei sacerdoti, anziani ora sanno che Dio è anche con gli apostoli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di purissima fede in Dio.
27 APRILE
Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini
At 5,27-33; Sal 33,2.9.17-20; Gv 3,31-36.
Il sommo sacerdote, il garante della fede e della sana dottrina per tutto il popolo di Dio, accusa gli apostoli di formale disobbedienza ai suoi comandi. Non è un’accusa di poco conto. C’è il rischio di una condanna per lapidazione. La disobbedienza è pubblica. Anche la pena dovrà essere pubblica. Non solo gli apostoli sono accusati di non aver obbedito, accusa ancora più grave e la seconda. Si vuole far ricadere su di essi il sangue di Cristo Gesù. Sono loro i responsabili della morte del Giusto e del Santo di Dio. La crocifissione del Messia del Signore viene attribuita alla loro decisione: “Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo”. Due accuse pesanti: di disobbedienza e di falsa testimonianza. In verità non sono gli apostoli che fanno ricadere sul popolo dei Giudei il sangue di Gesù. Sono gli stessi Giudei che lo hanno chiesto a Pilato, il giorno della condanna.
Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mt 27,20-26).
Le accuse sono pesanti. Pietro risponde con fermezza e franchezza: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. Con queste parole Pietro toglie al sacerdote ogni prerogativa divina, di soprannaturalità. Lui è di Dio se dice parole di Dio. Se dice parole degli uomini, lui diviene un uomo come un altro. Rimane sacerdote, ma l’obbedienza è da dare solo alla Parola di Dio. Pietro non riconosce nessuna parola del sacerdote come Parola proveniente dal cuore di Dio, che è tutto nel cuore di Cristo. Pietro non stabilisce che la non parola di Dio del sacerdote da suoi convincimenti personali, da suoi particolari sentimenti o vedute. Lo deduce dalla storia. Cristo è risorto. Chi lo ha risuscitato è Dio. Chi li ha mandati a predicare nel tempio è stato Dio. Sono questi fatti storici che nessuno può contraddire. Chi li contraddice non parla in nome di Dio, ma in nome proprio. Ora il sacerdote mai potrà dire una sola parola in nome proprio. Se la dice, ad essa non deve essere prestata alcuna obbedienza.
Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». All’udire queste cose essi si infuriarono e volevano metterli a morte.
La crocifissione di Cristo Gesù non è stata opera dei Romani. Per essi Gesù non aveva commesso nessuna colpa da meritare la morte. Anche questa è verità storica. Sono stati i Giudei a chiedere, anzi ad imporre a Pilato la crocifissione di Gesù. Così come è verità storica che Dio lo ha risuscitato, lo ha innalzato alla sua destra, lo ha costituito capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. Quest’ultima affermazione si fonda sulla profezia e sulla Parola attuale di Dio. Con Pietro la storia entra con potenza nel dialogo per l’attestazione e la difesa della vera fede. Contro la storia non vi sono argomenti né di volontà, né di fede, né di ragione, né di altra natura. Negare la storia è dichiararsi ciechi, privi di ogni intelligenza, sapienza, razionalità, discernimento. È rinnegare la propria umanità. Dio ha tolto dal carcere gli Apostoli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di divina saggezza.
28 APRILE
Non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!
At 5,34-42; Sal 26,1.4.13-14; Gv 6,1-15.
Nel sinedrio vi è un uomo saggio. Quest’uomo è saggio perché è attento alla storia. Dalla storia lui trae il consiglio che offre al sommo sacerdote e agli altri membri del sinedrio. La sua conclusione: “Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!”, non va letta come formulazione dubitativa, ma come vera sua affermazione. State attenti! State combattendo contro Dio! Lo state sfidando! Sappiate che nessuno che ha combattuto contro Dio, ha mai vinto. Per questo vi dico: lasciateli stare! Non occupatevi più di loro! Essi vengono da Dio. Lo attesta la storia sulla quale si fonda la loro fede, la loro predicazione, la loro franchezza, la sfida della morte da parte loro. La frase di Gamaliele trova il suo riscontro nella storia. Chi l’ha proferita per la prima volta, l’ha detta in modo affermativo. Voi state combattendo contro la volontà di Dio.
Roboamo, giunto a Gerusalemme, convocò tutta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino, centoottantamila guerrieri scelti, per combattere contro la casa d’Israele e per restituire il regno a Roboamo, figlio di Salomone. La parola di Dio fu rivolta a Semaià, uomo di Dio: «Riferisci a Roboamo, figlio di Salomone, re di Giuda, a tutta la casa di Giuda e di Beniamino e al resto del popolo: Così dice il Signore: “Non salite a combattere contro i vostri fratelli israeliti; ognuno torni a casa, perché questo fatto è dipeso da me”». Ascoltarono la parola del Signore e tornarono indietro, come il Signore aveva ordinato (1Re 12,21-24). Roboamo, giunto a Gerusalemme, convocò la casa di Giuda e di Beniamino, centoottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele e per restituire il regno a Roboamo. La parola del Signore fu rivolta a Semaià, uomo di Dio: «Riferisci a Roboamo, figlio di Salomone, re di Giuda, e a tutti gli Israeliti che sono in Giuda e in Beniamino: “Così dice il Signore: Non salite a combattere contro i vostri fratelli; ognuno torni a casa, perché questo fatto è dipeso da me”». Ascoltarono le parole del Signore e tornarono indietro, senza marciare contro Geroboamo (2Cr 11,1-4). Quanto a noi, il Signore è nostro Dio; non l’abbiamo abbandonato. I sacerdoti, che prestano servizio al Signore, sono discendenti di Aronne e i leviti sono gli addetti alle funzioni. Essi offrono al Signore olocausti ogni mattina e ogni sera, l’incenso aromatico, i pani dell’offerta su una tavola pura, dispongono i candelabri d’oro con le lampade da accendersi ogni sera, perché noi osserviamo i comandi del Signore nostro Dio, mentre voi lo avete abbandonato. Ecco, alla nostra testa, con noi, c’è Dio; i suoi sacerdoti e le trombe lanciano il grido di guerra contro di voi. Israeliti, non combattete contro il Signore, Dio dei vostri padri, perché non avrete successo» (2Cr 13,10-12).
Saggio è quell’uomo che legge insieme Scrittura e storia e vede la Scrittura compiersi nella storia. La sola Scrittura senza la storia è una parola vuota, priva di ogni verità. È una nobile filosofia, ma senza alcuna trasformazione in storia. Mentre la Parola di Dio diviene insieme storia ed eternità, presente e futuro, tempo ed eternità. Gamaliele è saggio. Vede la storia degli Apostoli e attesta che essa è storia di Dio con loro. Chi combatte contro di loro, combatte contro il Signore. Contro Dio non si vince.
Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della Legge, stimato da tutto il popolo. Diede ordine di farli uscire per un momento e disse: «Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Tempo fa sorse Tèuda, infatti, che pretendeva di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui furono dissolti e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse gente a seguirlo, ma anche lui finì male, e quelli che si erano lasciati persuadere da lui si dispersero. Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta; ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!». Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero flagellare e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo.
Il consiglio di saggezza è ascoltato. Gli apostoli vengono prima fustigati e poi rimessi in libertà. La loro gioia è grande. Anche loro sono come Gesù: oltraggiati per la verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci della vera gioia.
29 APRILE
Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna
1 Gv 1,5-2,2; Sal 102,1-4.8-9.13-14.17-18; Mt 11,25-30.
L’Apostolo Giovanni presenta ai cristiani, applicandolo, lo stesso principio indicato da Dio Padre nell’Antico Testamento e ripreso e attualizzato da Gesù Signore.
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Ognuno di voi rispetti sua madre e suo padre; osservate i miei sabati. Io sono il Signore, vostro Dio. Non rivolgetevi agli idoli, e non fatevi divinità di metallo fuso. Io sono il Signore, vostro Dio. Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo. Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore. Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo. Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore. Osserverete le mie leggi. (Cfr. Lev 19,1-37). Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,41-48).
Dio è Santo, è il Dio dall’amore universale, perenne, senza fare distinzione tra uomo e uomo, anche il suo popolo dovrà essere santo. Dio è perfetto, ama tutti, sempre. Anche il discepolo di Gesù deve amare tutti, sempre. Dio è misericordioso, anche il cristiano deve essere misericordioso. Dio è per matura carità, anche chi ama Dio deve trasformarsi in natura di carità. Deve divenire un albero che fruttifica solo compassione, pietà, misericordia, pace, perdono, amorevolezza. Natura di amore Dio, natura di amore anche l’uomo. Se è natura di amore, mai potrà produrre non amore.
L’apostolo Giovanni ci rivela che Dio è luce. La sua natura è luce. Anche la natura del cristiano è luce dalla luce di Dio, è luce nella luce di Dio. Se è natura di luce, mai potrà produrre tenebre. Se produce tenebre, ancora non è luce. Ma il discepolo di Gesù è pienamente luce? È in cammino verso la luce, ma non è pienamente luce. Per questo è obbligato a riconoscere che le tenebre non sono fuori di Lui e chiedere aiuto a Cristo Gesù, il solo che lo potrà liberare da ogni tenebra e trasformarlo in luce perfetta.
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Chi è allora il cristiano? È colui che cammina di luce in luce, di verità in verità, sapendo che ancora non è verità perfetta e neanche luce piena. Per questo ogni giorno dovrà confessare a Dio la sua imperfezione e chiedere ogni grazia perché possa compiere il suo viaggio fino al raggiungimento della luce piena. Se noi diciamo di essere di luce piena, inganniamo noi stessi e non abbiamo più bisogno di Cristo Gesù. Di Lui abbiamo invece sempre bisogno: perché elimini le nostre tenebre di peccato, perché riaccenda ogni giorno la nostra luce e la renda sempre più perfetta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera luce in Cristo Gesù.
30 APRILE – III Domenica di Pasqua A
Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato
At 2,14a.22-33; Sal 15,1-2.5.7-9.11; 1 Pt 1,17-21; Lc 24,13-35.
Tutta la nostra fede non è un dettato del Signore dato all’uomo dallo stesso Dio direttamente o indirettamente per mano di qualche Angelo. Essa è tutta una storia nella quale Dio manifesta e rivela se stesso. Storia ed eventi sono intimamente connessi. È infatti la Parola che crea gli eventi, la Parola li profetizza, la Parola li illumina, la Parola li aggiorna. Sarà anche la Parola che creerà i nuovi cieli e la nuova terra e sarà la Parola che farà ritornare in vita l’uomo nell’ultimo giorno. Oggi è anche la Parola che chiama l’uomo a dare alla sua vita la verità che le manca ed è la Parola dei sacramenti che lo crea nuova creatura. La Parola lo rinnova, lo risana, lo conduce, lo guida, lo sostiene. È sempre la Parola il fondamento di ogni sua speranza. La Parola è creatrice di tutto ciò che di nuovo, vero, santo, nobile, elevato, divino avviene sulla terra.
Pietro ha dinanzi a sé il mondo venuto dai quattro angoli della terra. Ad esso spiega ciò che è accaduto e il suo significato. Lui legge la storia, di cui lui è testimone oculare, e ne dona la vera spiegazione, il vero significato, la verità nascosta in essa. È un fatto storico: Gesù è passato in mezzo al popolo operando il bene, sanando e guarendo ogni persona che a Lui si è rivolta. Ha operato segni, miracoli, prodigi. Questa la prima parte della storia. La seconda parte è tragica: i Giudei, per mano dei pagani lo hanno Crocifisso, appendendolo al legno. Gesù è morto sulla croce, dalla croce è stato deposto nel sepolcro. La terza parte è di gloria e accreditamento: Dio lo ha risuscitato. Non ha permesso che il suo Servo rimanesse nei lacci della morte. Ora dalla storia passa alla Scrittura: si compie in Cristo ciò che profetizzò Davide nel Salmo: “Tu non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Tu non lo abbandonerai nella fossa”. In Cristo Gesù questa profezia si è compiuta. Ora il Santo di Dio è il Risorto. Quella profezia Davide non la disse per la sua persona, ma per il Messia del Signore.
Allora Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.
Dopo aver annunziato la conformità tra la storia e la profezia, Pietro torna ancora una volta alla storia: Gesù è risorto. Ma lui non lo sta annunziando per una applicazione arbitraria della profezia. Altrimenti questo si potrebbe fare per ogni uomo. Gesù è risorto non perché a Lui si applica la profezia, ma perché loro, gli Apostoli e altri, lo hanno veduto, a loro si è mostrato, con loro ha parlato. Su di loro ha effuso il suo Santo Spirito. Ora si torna nuovamente alla storia: l’effusione dello Spirito Santo non è applicazione agli Apostoli della profezia di Gioele, ma è un fatto storico, che i presenti hanno constatato, hanno sentito. Essi stessi sono stati convocati dalla manifestazione dello Spirito del Signore. Applicando ancora una volta il Salmo a Cristo, Pietro lo annunzia assiso alla destra del Padre. Infatti lo Spirito lo ha effuso dopo che il Messia è salito al Cielo e si è assiso alla destra del Signore Onnipotente.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la verità della fede.