Commento teologico alla prima lettura – agosto 2018

 

CIÒ CHE È PREZIOSO DA CIÒ CHE È VILE

Ger 15,10.16-21; Sal 58; Mt 13,44-46

1 AGOSTO

Il profeta del Dio vivente sempre dovrà caricare e portare sulle sue spalle il peso di incredulità dell’umanità. Gesù non portò la croce della malvagità e crudeltà umana nel suo corpo per inchiodarla sulla croce e così toglierla dal mondo? è questo il solo modo di vincere il male: assorbirlo tutto nel proprio corpo facendo della nostra vita un sacrificio gradito a Dio, un olocausto di soave odore. Il Signore sente il profumo del nostro dono e perdona il peccato dei nostri fratelli, operando la riconciliazione. Così è avvenuto con Noè, così anche è stato con Gesù, in Gesù così dovrà essere co noi.

Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali puri e di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: «Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno» (Gen 8,20-23).

È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,9-15). Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Rm 12,1-2).

La stessa cosa chiede il Signore a Geremia: “Se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca”. Cosa  è prezioso e cosa è vile il profeta? Preziosa è la Parola del Signore. Vile è la sua vita. Essendo vile la sua vita, lui dovrà sacrificare la sua vita per intero alla Parola del Signore. Se per la Parola del suo Dio dovrà essere messo in carcere, è bene che lui vada in carcere e se dovrà essere ucciso è anche bene che sia ucciso. Sempre ciò che è vile dovrà essere sacrificato a ciò che è prezioso. Se per la salvezza del popolo dovrà fare del suo corpo un olocausto, il corpo va lasciato bruciare. Lo esige la salvezza dei suoi fratelli. Il Signore vedrà il sacrificio di Geremia e sarà sempre sulla sua bocca. Anche con la morte lui rivelerà il Signore. Manifesterà la grandezza del suo amore e della sua bontà.

Me infelice, madre mia! Mi hai partorito uomo di litigio e di contesa per tutto il paese! Non ho ricevuto prestiti, non ne ho fatti a nessuno, eppure tutti mi maledicono. Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, Signore, Dio degli eserciti. Non mi sono seduto per divertirmi nelle compagnie di gente scherzosa, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti. Allora il Signore mi rispose: «Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza; se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile, sarai come la mia bocca. Essi devono tornare a te, non tu a loro, e di fronte a questo popolo io ti renderò come un muro durissimo di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno prevalere, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti. Oracolo del Signore. Ti libererò dalla mano dei malvagi e ti salverò dal pugno dei violenti».

Geremia è invitato a non lamentarsi della sua sofferenza. Gli è chiesto di essere forte nelle avversità a causa del suo ministero. Non si può essere profeti del Dio vivente senza contrasti anche pesanti. Il ministero della profezia si può vivere solo sulla croce e con essa sempre sulle proprie spalle. Lui consegnerà il suo vile corpo alla sofferenza e per il suo sacrificio il Signore farà del bene al suo popolo. Gli darà la sua vera Parola.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutateci sempre a fare questo santo discernimento.

COME L’ARGILLA È NELLE MANI DEL VASAIO

Ger 18,1-6; Sal 145; Mt 13,47-

2 AGOSTO

A volte il Signore rivela la sua eterna, divina, immutabile verità servendosi anche di esempi trattati dalla vita quotidiana. Tutte le parabole di Gesù non sono trasposizione di verità immanenti in verità trascendenti? A Geremia è dato ordine di scendere nella bottega del vasaio. Dovrà solo osservare cosa avviene in essa. Lui scende e osserva. Vede che è la creta che viene modellata dal vasaio secondo la sua volontà, la sua sapienza, scienza, perizia. Se mentre modella un vaso, esso si rompe o non viene secondo il suo progetto, lo impasta di nuovo per dargli la forma da lui desiderata. Dopo che Geremia ha constatato ogni cosa, il Signore gli annunzia la sua verità: “Forse non potrei agire con voi, casa d’’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele”. Il Signore ha creato il suo popolo e Lui gli dona la forma che vuole che esso assuma. Non è nella creta né la decisione né la possibilità di darsi una forma secondo la sua volontà. Solo Dio ha creato l’uomo e solo Lui lo può formare, rigenerare, rinnovare. Questa verità è ricordata o annunziata anche dal profeta Isaia.

Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore per dissimulare i loro piani, a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: «Chi ci vede? Chi ci conosce?». Che perversità! Forse che il vasaio è stimato pari alla creta? Un oggetto può dire del suo autore: «Non mi ha fatto lui»? E un vaso può dire del vasaio: «Non capisce»? (Is 29,15-16).  Pertanto dice il Santo d’Israele: «Poiché voi rigettate questa parola e confidate nella vessazione dei deboli e nella perfidia, ponendole a vostro sostegno, ebbene questa colpa diventerà per voi come una breccia che minaccia di crollare, che sporge su un alto muro, il cui crollo avviene in un attimo, improvvisamente, e s’infrange come un vaso di creta, frantumato senza misericordia, così che non si trova tra i suoi frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna». Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: «Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza» (Is 30,12-15). Annunciate quanto avverrà nel futuro e noi riconosceremo che siete dèi. Sì, fate il bene oppure il male e ne stupiremo, vedendo l’uno e l’altro. Ecco, voi siete un nulla, il vostro lavoro non vale niente, è abominevole chi vi sceglie. Io ho suscitato uno dal settentrione ed è venuto, dal luogo dove sorge il sole mi chiamerà per nome; egli calpesterà i governatori come creta, come un vasaio schiaccia l’argilla. Chi lo ha predetto dal principio, perché noi lo sapessimo, chi dall’antichità, perché dicessimo: «È giusto»? Nessuno lo ha predetto, nessuno lo ha fatto sentire, nessuno ha udito le vostre parole (Is 41.23-26).

Guai a chi contende con chi lo ha plasmato, un vaso fra altri vasi d’argilla. Dirà forse la creta al vasaio: «Che cosa fai?» oppure: «La tua opera non ha manici»? Guai a chi dice a un padre: «Che cosa generi?» o a una donna: «Che cosa partorisci?». Così dice il Signore, il Santo d’Israele, che lo ha plasmato: «Volete interrogarmi sul futuro dei miei figli e darmi ordini sul lavoro delle mie mani? Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l’uomo; io con le mani ho dispiegato i cieli e do ordini a tutto il loro esercito (Is 45,0-12). Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome,  nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani (Is 67,5-7).

Questa verità divina ed eterna del nostro Dio urge che venga annunziata anche ai nostri giorni, tempo in cui l’uomo vuole la sua totale indipendenza dal suo Creatore.  Come un vaso mai potrà farsi o rifarsi da sé, così mai un uomo può fare se stesso.

Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: «Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola». Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele.

Madre tutta fatta da Dio, Angeli, Santi, scrivete questa verità nel cuore di ogni uomo.

I SACERDOTI, I PROFETI E TUTTO IL POPOLO

Ger 26,1-9; Sal 68; Mt 13,54-58

3 AGOSTO

Nella Scrittura Santa il sacerdote è, prima di ogni altra cosa, il ministro di Dio che sempre deve discerne per il popolo ciò che è verità di Dio e falsità dell’uomo, ciò che secondo Dio è bene e ciò che è male. Questo ministero è solo suo. Se lui non lo esercita secondo pienezza di verità, tutto il popolo va alla deriva: “Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza, di scienza, di vero discernimento”. Quando nel popolo il sacerdote abbassa il livello della verità del discernimento, sempre il popolo abbassa il livello della sua moralità, giungendo fino a divenire popolo idolatra e immorale. Questa verità mai dovrà essere dimenticata. La verità di un popolo è fondata da Dio sulla verità del sacerdote. Se il sacerdote diviene falso, tutto il popolo si nutrirà di falsità. Così dicasi anche della santità. Tutta la santità del popolo è fondata sulla santità del sacerdote. Se il sacerdote non si santifica, mai potrà santificare il suo popolo. Esso si immergerà in una immoralità sempre più grande, oltrepassando i limiti del male.

Il profeta è il responsabile della Parola attuale che il Signore vuole oggi far giungere al suo popolo. Esso per missione è voce o parola del Signore nella storia. Se lui invece di essere voce e parola del suo Dio, si fa voce e parole di se stesso e del suo peccato, il popolo manca di ogni luce storica e precipita nella confusione. Possiamo dire che il profeta è come “il segnale stradale”. Ad ogni bivio della storia deve indicare la giusta strada sulla quale camminare. Se il profeta “non è segnale dio verità, ma di falsità”, per il popolo non ci sarà più salvezza. Ezechiele ha parole pesanti contro i falsi profeti. Essi incoraggiano il malvagio e lo aiutano nella sua malvagità. Scoraggiano il giusto perché abbandoni la sua giustizia. Per essi la confusione morale regna tra il popolo. Sempre nella confusione non è mai la moralità che vince, ma sempre l’immoralità.

Voi non siete saliti sulle brecce e non avete costruito alcun baluardo in difesa della casa d’Israele, perché potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore. Hanno avuto visioni false, vaticini menzogneri coloro che dicono: “Oracolo del Signore”, mentre il Signore non li ha inviati. Eppure confidano che si avveri la loro parola! Voi mi avete disonorato presso il mio popolo per qualche manciata d’orzo e per un tozzo di pane, facendo morire chi non doveva morire e facendo vivere chi non doveva vivere, ingannando il mio popolo che crede alle menzogne. Voi infatti avete rattristato con menzogne il cuore del giusto, mentre io non l’avevo rattristato, e avete rafforzato il malvagio perché non desistesse dalla sua vita malvagia e vivesse. Per questo non avrete più visioni false né più spaccerete vaticini: libererò il mio popolo dalle vostre mani e saprete che io sono il Signore» (Cfr. Ez 13,1-23).

Chi sono oggi schierati contro Geremia? Proprio coloro che sono i ministri della verità del Signore: sacerdoti e profeti. Quando questo accade non c’è salvezza per il popolo.

All’inizio del regno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, fu rivolta a Geremia questa parola da parte del Signore: «Così dice il Signore: Va’ nell’atrio del tempio del Signore e riferisci a tutte le città di Giuda che vengono per adorare nel tempio del Signore tutte le parole che ti ho comandato di annunciare loro; non tralasciare neppure una parola. Forse ti ascolteranno e ciascuno abbandonerà la propria condotta perversa; in tal caso mi pentirò di tutto il male che pensavo di fare loro per la malvagità delle loro azioni. Tu dunque dirai loro: Dice il Signore: Se non mi ascolterete, se non camminerete secondo la legge che ho posto davanti a voi e se non ascolterete le parole dei profeti, miei servi, che ho inviato a voi con assidua premura, ma che voi non avete ascoltato, io ridurrò questo tempio come quello di Silo e farò di questa città una maledizione per tutti i popoli della terra». I sacerdoti, i profeti e tutto il popolo udirono Geremia che diceva queste parole nel tempio del Signore. Ora, quando Geremia finì di riferire quanto il Signore gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo lo arrestarono dicendo: «Devi morire! Perché hai predetto nel nome del Signore: “Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata, disabitata”?». Tutto il popolo si radunò contro Geremia nel tempio del Signore.

Quando i ministri della verità di Dio – sacerdoti,  re e profeti – si schierano insieme contro un vero profeta, è segno che il popolo è tutto immerso nelle più fitte tenebre.

Regina dei Profeti, Angeli, Santi, fate che mai i ministri della verità servano la falsità.

IL SIGNORE MI HA VERAMENTE INVIATO A VOI

Ger 26,11-16.24; Sal 68; Mt 14,1-12

4 AGOSTO

L’uccisione di un vero profeta è versamento di sangue innocente. Noi sappiamo che il sangue innocente sempre grida vendetta al cospetto del Signore. Questa verità è gridata da Dio a Caino dopo l’uccisione di Abele. Il sangue grida e Dio ascolta.

Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto, lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché nessuno, incontrandolo, lo colpisse (Gen 4,8-15).

Questa verità non è stata abolita dal Nuovo Testamento. Il cristiano deve perdonare sempre. Ma il sangue innocente sempre grida a Dio dal suolo. Il sangue grida, Dio ascolta. Come Dio risponde al grido del sangue, appartiene alla sua sapienza eterna. Sappiamo che con Caino non v’è stata alcuna vendetta. Le risposte di Dio sono altre. Sappiamo che il popolo si prese tutta la responsabilità del sangue innocentissimo di Gesù. Scagionò Piato da ogni sua responsabilità. Ma anche Pilato è responsabile.

Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l’altare. In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione. Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 23,34-39). Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Mt 27,24-26).

Poiché vero profeta di Dio, Geremia al suo popolo che si sarebbe macchiato di sangue innocente, vuole affermare la verità della sua missione. Lui è vero profeta. Se fosse falso profeta, il suo sangue non sarebbe innocente, sarebbe sangue giustamente versato. Ma se lui è vero profeta, loro possono anche ucciderlo, la sua parola rimane vera in eterno. La morte non rende falsa la parola del profeta. Essa rimane in eterno vera e si compirà per loro. Il popolo ora è avvisato. Può scegliere la sua vita o la sua morte. Può credere nella parola di Geremia, può anche non credere. Essa si compirà.

Allora i sacerdoti e i profeti dissero ai capi e a tutto il popolo: «Una condanna a morte merita quest’uomo, perché ha profetizzato contro questa città, come avete udito con i vostri orecchi!». Ma Geremia rispose a tutti i capi e a tutto il popolo: «Il Signore mi ha mandato a profetizzare contro questo tempio e contro questa città le cose che avete ascoltato. Migliorate dunque la vostra condotta e le vostre azioni e ascoltate la voce del Signore, vostro Dio, e il Signore si pentirà del male che ha annunciato contro di voi. Quanto a me, eccomi in mano vostra, fate di me come vi sembra bene e giusto; ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, sarete responsabili del sangue innocente, voi e tutti gli abitanti di questa città, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per dire ai vostri orecchi tutte queste parole». I capi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: «Non ci deve essere condanna a morte per quest’uomo, perché ci ha parlato nel nome del Signore, nostro Dio». Ma la mano di Achikàm, figlio di Safan, fu a favore di Geremia, perché non lo consegnassero al popolo per metterlo a morte.

Vergine Madre, Angeli, Santi, aiutate il mondo a credere nella Parola dei veri profeti.

È IL PANE CHE IL SIGNORE VI HA DATO IN CIBO

Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

5 AGOSTO – XVIII DOMENICA T.O.

Da quando il Signore ha chiamato Mosè e lo ha mandato a liberare il suo popolo, schiavo in terra d’Egitto, si è sempre rivelato come il Dio Onnipotente, al quale nessuna cosa è impossibile e al quale tutta la creazione presta immediata obbedienza. Se leggiamo il Libro dell’Esodo e quello dei Numeri scopriamo che veramente nessuna cosa è impossibile e che tutto è possibile. Quanto Lui nell’ordine della creazione sempre si compie. Nel deserto non è acqua. Lui la fa sgorgare da una dura roccia. Non c’è carne da mangiare. Manda nell’accampamento del suo popolo un numero elevatissimo di quaglie. Manca anche il pane. Può il Signore coltivare capi di grano nel deserto per sfamare e nutrire il suo popolo? La sua onnipotenza va ben oltre. Anziché trarre il pane dalla terra, Lui lo fa scendere dal cielo. Veramente nulla è impossibile per Lui. Ciò che la terra non può, il cielo sempre lo può. La sua onnipotenza non conosce limiti. Questa è la verità del nostro Dio e Signore. Questa sua onnipotenza sempre il Signore ha rivelato al suo popolo. Con Eliseo in una notte si passa dalla fame che costringeva le madri a mangiare i loro figli ad una abbondanza di cibo così ricca da poter sfamare tutto un popolo, senza neanche bisogno che venisse pagato.

Mentre il re d’Israele passava sulle mura, una donna gli gridò: «Salvami, o re, mio signore!». Rispose: «No, il Signore ti salvi! Come ti posso salvare io? Forse con il prodotto dell’aia o con quello del torchio?». Poi il re aggiunse: «Che hai?». Quella rispose: «Questa donna mi ha detto: “Dammi tuo figlio perché lo mangiamo oggi. Mio figlio ce lo mangeremo domani”. Abbiamo cotto mio figlio e lo abbiamo mangiato. Il giorno dopo io le ho detto: “Dammi tuo figlio perché lo mangiamo”, ma essa ha nascosto suo figlio». Quando udì le parole della donna, il re si stracciò le vesti e mentre egli passava sulle mura il popolo vide che di sotto, aderente al corpo, portava il sacco. Egli disse: «Dio mi faccia questo e anche di peggio, se oggi la testa di Eliseo, figlio di Safat, resterà su di lui» (2Re 6,26-31). Ma Eliseo disse: «Ascoltate la parola del Signore! Così dice il Signore: “A quest’ora, domani, alla porta di Samaria un sea di farina costerà un siclo e anche due sea di orzo costeranno un siclo”». Ma lo scudiero, al cui braccio il re si appoggiava, rispose all’uomo di Dio: «Già, il Signore apre le cateratte in cielo! Avverrà mai una cosa simile?». Ed egli replicò: «Ecco, tu lo vedrai con i tuoi occhi, ma non ne mangerai» (Cfr. 2Re 7,1-20).

Questo prodigio del pane nel deserto è differente da ogni altro prodigio avvenuto nel deserto. Questo è il solo miracolo che si compie senza la mediazione di Mosè. È operato direttamente dal Signore, senza che Mosè neanche ne sappia qualcosa.

Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge. «Ho inteso la mormorazione degli Israeliti. Parla loro così: “Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio”». La sera le quaglie salirono e coprirono l’accampamento; al mattino c’era uno strato di rugiada intorno all’accampamento. Quando lo strato di rugiada svanì, ecco, sulla superficie del deserto c’era una cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. Gli Israeliti la videro e si dissero l’un l’altro: «Che cos’è?», perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo.

Per il vero pane che discende dal cielo, esso non viene senza la mediazione dell’uomo. Perché il vero pane sia fatto, occorrono due mediazioni. La materia del pane e del vino, opera della terra e delle mani dell’uomo, è l’altra mediazione del ministro ordinato. Se una delle due mediazioni manca o viene meno, il pane rimane pane, il vino resta vino. Mai diventeranno corpo e sangue di Cristo Gesù. Oggi, tempo di grande confusione nella verità, urge che queste due mediazioni vengano ribadite e annunziate con fermezza. Senza presbiteri consacrati nella successione apostolica, non c’è Eucaristia.

Madre del Verbo Incarnato, Angeli, Santi, confermate la Chiesa in questa verità.

IL SUO POTERE È UN POTERE ETERNO

Dn 7,9-10.13-14 opp. 2 Pt 1,16-19; Sal 96; Mc 9,2-10

6 AGOSTO

Il profeta Daniele vede l’atto finale della consacrazione del Figlio dell’uomo come Re dal regno eterno, con potere anch’esso eterno e dal regno indistruttibile. A lui non viene rivelata né la via dell’Incarnazione del Figlio Unigenito del Padre e né della sua umiliazione frutto della sua obbedienza fino alla morte di Croce. A lui è mostrata solo  la verità eterna dell’esaltazione del Figlio dell’uomo, ma non la sua verità storica nella sua pienezza che è di incarnazione, passione, morte, risurrezione, gloriosa ascensione. Nel Nuovo Testamento l’Apostolo Paolo ci annunzia l’esaltazione frutto dell’umiliazione e l’Apostolo Giovanni ci descrive il momento della sua esaltazione eterna. Paolo parla dalla sua più pura fede. Giovanni rivela per visione.

Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,6-11).

Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».

E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5,6-14).

Per comprendere il mistero di Gesù Signore, mai si deve partire da una sola profezia. Urge che tutte vengano messe insieme ed ogni verità in esse contenute sia aggiunta ad ogni altra. Ma anche è indispensabile che l’Antico Testamento venga letto e compreso da tutte le verità di Cristo Gesù che da Lui e in Lui si sono compiute nella sua storia e che lo Spirito Santo rivela agli Agiografi: Apostoli ed Evangelisti. Una sola verità su Cristo, di Cristo non conosciuta o negata, fa di Cristo un non Cristo e del Salvatore un non Salvatore. Oggi, poiché molte verità sono negate al Redentore dell’uomo, il Redentore non è più Redentore, ma se il Redentore non è più Redentore, neanche Dio è Redentore, perché dalla sua Parola emerge che solo Cristo è il Redentore dell’uomo. Senza Cristo Dio è senza verità e anche l’uomo.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Ogni ministro della Parola deve necessariamente sapere che lui non è ministro di una parola di Dio, ma di tutta la Parola del suo Signore. Tolta una sola parola alla Parola di Dio, essa non Parola di Dio. Non rivela più il mistero di Cristo, lo distrugge.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fate che la Parola di Dio sia data nella sua interezza.

LI ONORERÒ E NON SARANNO DISPREZZATI

Ger 30,1-2.12-15. t8-21; Sal 101; Mt 14,22-36

7 AGOSTO

Il Dio di Abramo è colui che sempre riaccende la speranza dell’uomo quando essa è spenta. La ravviva quando sta per spegnersi. La rimette nei cuori quando in essi vi è solo disperazione e ogni assenza di luce. Se questa è l’opera di Dio, questa dovrà essere l’opera di ogni suo ministro: sacerdote, re, profeta. Se poniamo bene attenzione, l’Evangelista Matteo non introduce Gesù come la Luce che viene per rischiare ogni tenebra? Non inizia il racconto dei miracoli di Gesù con il dono della salvezza agli esclusi dagli uomini da ogni salvezza e redenzione: lebbrosi e stranieri?

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,12-17).  Scese dal monte e molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro» (Mt 8,1-4).

Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. (Mt 8,5-13).

È giusto chiudersi: Dio vede che è incurabile la verità del suo popolo e annunzia ad esso la sua guarigione. Non solo. Il suo popolo ritornerà a risplendere di vera gloria sulla terra. Noi oggi vediamo il popolo senza alcuna speranza, cosa facciamo perché la luce della vera salvezza risplenda nel suo cuore? Una cosa la stiamo facendo e anche bene: stiamo distruggendo Cristo, la sola sorgente di vita che il Signore ci ha donato.

Parola rivolta a Geremia da parte del Signore: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: La tua ferita è incurabile, la tua piaga è molto grave. Nessuno ti fa giustizia; per un’ulcera vi sono rimedi, ma non c’è guarigione per te. Ti hanno dimenticato tutti i tuoi amanti, non ti cercano più; poiché ti ho colpito come colpisce un nemico, con un castigo spietato, per la tua grande iniquità, perché sono cresciuti i tuoi peccati. Perché gridi per la tua ferita? Incurabile è la tua piaga. Ti ho trattato così per la tua grande iniquità, perché sono cresciuti i tuoi peccati. Così dice il Signore: Ecco, cambierò la sorte delle tende di Giacobbe e avrò compassione delle sue dimore. Sulle sue rovine sarà ricostruita la città e il palazzo sorgerà al suo giusto posto. Vi risuoneranno inni di lode, voci di gente in festa. Li farò crescere e non diminuiranno, li onorerò e non saranno disprezzati; i loro figli saranno come un tempo, la loro assemblea sarà stabile dinanzi a me, mentre punirò tutti i loro oppressori. Avranno come capo uno di loro, un sovrano uscito dal loro popolo; io lo farò avvicinare a me ed egli si accosterà. Altrimenti chi rischierebbe la vita per avvicinarsi a me?  Oracolo del Signore.

O i ministri della Parola del Signore e della sua verità – sacerdoti, re, profeti – annunziano al popolo la vera speranza, o il loro ministero è falso. Ma si può oggi annunziare la vera speranza, cancellando dal cuore e dalla mente Gesù Crocifisso, la sola sorgente che ridona vita ad ogni albero secco e ad ogni deserto della terra? È Cristo il Creatore della vera vita. Tolto Cristo, ci si inabissa in un mare di morte.

Madre della speranza, Angeli, Santi date ai ministri di Dio la verità di Cristo Signore.

TI HO AMATO DI AMORE ETERNO

Ger 31,1-7; C Ger 31,10.11-12ab.13; Mt 15,21-28

8 AGOSTO

Dio è Eterno Amore. La sua natura è Amore. La sua divinità è Amore. Se è Eterno Amore per essenza, per natura, non può non amare di amor eterno, cioè da sempre e per sempre. Infatti l’uomo viene per creazione dall’Amore Eterno del Signore ed è chiamato a immergersi nel suo Amore Eterno per l’eternità. Potrà immergersi domani nel suo Amore Eterno, se oggi vive di Amore Eterno. Vive di Amore Eterno oggi se ascolta la sua Parola e la mette in pratica. L’uomo infatti pur essendo creato dall’Amore Eterno del suo Signore, deve voler rimaner nell’Amore Eterno, e per questo si deve sempre alimentare di Parola di Dio. Esca dalla Parola entra nella morte.

Proviamo ora a tradurre questa verità. Dio dice: “Ti ho amato di Amore Eterno, cioè ti ho amato nel Mio Amore Eterno. Ti ho amato per l’Amore del mio Eterno Amore. Ti ho amato con l’Amore del mio Eterno Amore. Ti ho amato perché tu sia l’Amore del mio Eterno Amore, divenendo con Lui un solo Amore”. L’Amore Eterno del Padre è il Figlio suo unigenito, il Verbo che si è fatto carne nel seno della Vergine Maria. Come il Padre ci ha creati, cioè ci amati, per mezzo del suo Amore Eterno, così potrà amarci ancora, dopo il peccato, solo per l’Amore del suo Amore Eterno per Lui. Così ci può solo amare nel suo Amore Eterno, divenendo con Lui un solo amore.

Questa verità fa saltare tutte le moderne teorie di salvezza e di redenzione che asseriscono che tutte le religioni della terra sono vie di vera salvezza. Saltano e si sbriciolano e anche di tutte le altre moderne teorie di mediazione che dicono che ogni fondatore di religione è uguale ad ogni altro fondatore. Prima di tutto nessun fondatore esisteva quando il Padre ci amava con vero Amore Eterno di creazione, chiamandoci all’esistenza per mezzo del suo Verbo Eterno. Veniamo tutti per mezzo di Lui. Ma anche siamo stati tutti creato in vista di Lui, per Lui. Nessun mediatore umano è morto in croce per amore del Padre. Solo Cristo Gesù è morto per amore nostro e solo per questo suo amore il Padre riconcilierà a sé ogni uomo, che accoglie la sua Parola, si converte, vuole diventare con Cristo un solo Corpo.

Altro motivo per cui saltano tutti i moderni pensieri che vogliono mettere Gesù ai margini è dato anche dalla vera modalità della salvezza. Modalità di essenza, non artificiale e neanche secondaria o superficiale. Cristo Gesù è il solo Figlio Unigenito del Padre e solo in Lui ci riconoscerà come suoi veri figli di adozione. Nessun altro è Figlio Eterno del Padre e con nessun altro veniamo costituiti un solo corpo, una sola vita. Per decreto eterno del Padre tutto deve avvenire per il suo Amore Eterno, nel suo Amore Eterno, con il suo Amore Eterno. Niente fuori o senza di Lui. Quanti pensano diversamente, anche di una sola lettera o segno, sappiamo che sono senza la verità della salvezza. Le loro sono teorie umane e anche diaboliche per la perdizione eterna dell’uomo. La salvezza è solo in Cristo, per Cristo, con Cristo.

In quel tempo – oracolo del Signore –  io sarò Dio per tutte le famiglie d’Israele ed esse saranno il mio popolo. Così dice il Signore: Ha trovato grazia nel deserto un popolo scampato alla spada; Israele si avvia a una dimora di pace». Da lontano mi è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine d’Israele. Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli e avanzerai danzando tra gente in festa. Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samaria; dopo aver piantato, i piantatori raccoglieranno. Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno sulla montagna di Èfraim: “Su, saliamo a Sion, andiamo dal Signore, nostro Dio”. Poiché dice il Signore: Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”.

Dio. Amore Eterno, sempre dall’eternità del suo Amore pensa come salvare sia il suo popolo e per mezzo di esso, nella discendenza di Abramo, ogni altro uomo. Ne siamo certi. Mai Lui smetterà di amare. Se un uomo si perde la responsabilità o è dell’uomo che rifiuta il suo amore o dei mediatori umani che non amano l’uomo come Dio lo ama.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci ad amare l’uomo come lo ama il suo Signore.

TI FARÒ MIA SPOSA PER SEMPRE

Os 2,16b.17b.21-22; Sal 44; Mt 25,1-13

9 AGOSTO

Dio promette al suo popolo di farlo sua sposa per sempre. Questa promessa è la più alta manifestazione dell’amore di Dio per il suo popolo. Ezechiele così rende viva, vera, reale questa parola del Signore. Nella visione del profeta quando Dio dice non riguarda solo il futuro, tutto il passato del popolo è in questa parola del suo Signore.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta. Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio 8Ez 16,1-14).

Israele dal giorno dell’alleanza al Sinai ha fatto Israele sua sposa, legandosi con un patto di amore fedele e indissolubile, divenendo con esso una sola vita. Ma sempre Israele si è rivelato infedele, adultero. Lasciava il suo Signore per adorare una moltitudine di idoli vani. Anche questa verità viene annunziata in modo vivo dal profeta.

Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita, concedendo i tuoi favori a ogni passante. Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi. Con i tuoi splendidi gioielli d’oro e d’argento, che io ti avevo dato, facesti immagini d’uomo, con cui ti sei prostituita. Tu, inoltre, le adornasti con le tue vesti ricamate. A quelle immagini offristi il mio olio e i miei profumi. Ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l’olio e il miele di cui ti nutrivo. Oracolo del Signore Dio. Prendesti i figli e le figlie che mi avevi generato e li offristi in cibo. Erano forse poca cosa le tue prostituzioni? Immolasti i miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il fuoco. Fra tutti i tuoi abomini e le tue prostituzioni non ti ricordasti del tempo della tua giovinezza, quando eri nuda e ti dibattevi nel sangue! Dopo tutta la tua perversione – guai, guai a te! Oracolo del Signore Dio – ti sei fabbricata un giaciglio e costruita un’altura in ogni piazza. A ogni crocicchio ti sei fatta un’altura, disonorando la tua bellezza, offrendo il tuo corpo a ogni passante e moltiplicando le tue prostituzioni. Hai concesso i tuoi favori ai figli d’Egitto, tuoi corpulenti vicini, e hai moltiplicato le tue infedeltà per irritarmi. A questo punto io ho steso la mano su di te. Ho ridotto il tuo cibo e ti ho abbandonato in potere delle tue nemiche, le figlie dei Filistei, che erano disgustate della tua condotta sfrontata (Ez 16,15-27).

Quale via ha il Signore per il suo popolo torni ad essere fedele al suo sposo eterno. La via è una sola: la completa distruzione di Gerusalemme e un lungo, lungo esilio.

Io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.

Anche noi siamo infedeli al nostro Cristo, con il quale siamo divenuti un solo corpo. Quale via dovrà pensare per noi il Signore perché torniamo a Lui con tutto il cuore? Cosa dovrà fare perché la nostra fedeltà sia stabile, duratura, a prova di ogni idolatria?

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fateci di fedeltà eterna per il nostro Dio e Signore?

FARÀ CRESCERE I FRUTTI DELLA VOSTRA GIUSTIZIA

2 Cor 9,6-10; Sal 111; Gv 12,24-26

10 AGOSTO

San Paolo ha indetto una colletta nelle Chiese dell’Asia e dell’Acaia in favore della Chiesa di Gerusalemme che versa in condizioni di estrema povertà a motivo di una pesante carestia. Dona assieme a delle norme pratiche anche degli altissimi principi di fede, perché ognuno partecipi al bene dei fratelli con spirito altamente cristiano.

E come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per darvi un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dallo scorso anno siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma anche a volerla. Ora dunque realizzatela perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi. Se infatti c’è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. Non si tratta infatti di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno (2Cor 8,7-15). Riguardo poi a questo servizio in favore dei santi, è superfluo che io ve ne scriva. Conosco infatti la vostra buona volontà, e mi vanto di voi con i Macèdoni, dicendo che l’Acaia è pronta fin dallo scorso anno e già molti sono stati stimolati dal vostro zelo. Ho mandato i fratelli affinché il nostro vanto per voi su questo punto non abbia a dimostrarsi vano, ma, come vi dicevo, siate realmente pronti. Non avvenga che, se verranno con me alcuni Macèdoni, vi trovino impreparati e noi si debba arrossire, per non dire anche voi, di questa nostra fiducia. Ho quindi ritenuto necessario invitare i fratelli a recarsi da voi prima di me, per organizzare la vostra offerta già promessa, perché essa sia pronta come una vera offerta e non come una grettezza (1Cor 9,1-5).

Chi vuole lavorare bene per il regno di Dio, non si deve mai limitare a dare dei semplici comandi, degli ordini. Deve con ogni sapienza illuminare, spiegare, fondare il motivo per cui la cosa va fatta. Privarsi di qualcosa per altri abbiano qualcosa mai potrà essere opera superficiale, portata innanzi con leggerezza. La privazione è essenza, sostanza, natura di ogni vera fede. Una fede che non sa privarsi del superfluo e anche del necessario perché i fratelli possa avere l’indispensabile, di certo non è vera. Quando la fede è vera? Quando è vissuta con perfetta imitazione di Gesù Signore. Chi è Gesù? Colui che si è spogliato di tutto per noi, anzi per noi si è annientato in ogni cosa, lasciandosi crocifiggere. Lui si è lasciato privare della sua vita per farne dono a noi. Se Cristo si è spogliato di tutta la sua vita per fare pieni di vita noi, noi che siamo suo corpo possiamo vivere la carità come cosa secondaria o semplicemente marginale? Possiamo essere gretti e spilorci dinanzi al nostro corpo in miseria?

Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti: Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno. Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.

Si educa alla vera carità educando alla vera fede. Si educa alla vera fede formando le menti e i cuori sul mistero di Cristo Gesù. Se Cristo viene ignorato, non conosciuto, conosciuto parzialmente o superficialmente, anche la carità verrà vissuta in modo superficiale e marginale, come opera di spilorceria e di grettezza. Se Cristo non è vero in noi e noi non siamo veri in Cristo, neanche la nostra carità è vera. Viviamo di falsa adesione a Cristo. Ne è prova assai evidente la falsa carità che ci governa.

Madre Misericordiosa, Angeli, Angeli, Santi, insegnateci la più pura fede in Cristo.

 

MENTRE IL GIUSTO VIVRÀ PER LA SUA FEDE

Ab 1,12-2,4; Sal 9; Mt 17,14-20

11 AGOSTO

Abacuc è profeta del Dio vivente. Il suo oracolo non riguarda solo il suo tempo, ma ogni tempo. Il l’iniquità domina e impone la sua legge su tutta la terra, mentre per la giustizia sembra non esservi alcuno spazio. Tutte le porte le sono sbarrate.

“Oracolo ricevuto in visione dal profeta Abacuc. Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Non ha più forza la legge né mai si afferma il diritto. Il malvagio infatti raggira il giusto e il diritto ne esce stravolto” ((Ab 1,1-4).

La descrizione che il profeta fa della malvagità umana lascia senza parole. L’uomo di fede non può non porsi una domanda: “Ma il Signore cosa fa, mentre l’empio ingoia il giusto? È solo spettatore dell’oppressione? Ha lui una soluzione da offrire all’uomo perché non si lascia ingoiare dal malvagio o necessariamente si deve subire ogni angheria e sopruso, ogni ingiustizia e inganno, giunge fino alla morte fisica? Dio è ancora il Signore? Il Santo? Il Dio delle schiere celesti?”. Sono domande che sempre dal cuore dell’uomo attraversano l’aria e giungono ad ogni altro cuore toccando anche il cuore di Dio, che non è insensibile al dolore e alla sofferenza che il giusto subisce per la malvagità della stessa creatura da Lui fatta a sua immagine e somiglianza.

Non sei tu fin da principio, Signore, il mio Dio, il mio Santo? Noi non moriremo! Signore, tu lo hai scelto per far giustizia, l’hai reso forte, o Roccia, per punire. Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci, mentre il malvagio ingoia chi è più giusto di lui? Tu tratti gli uomini come pesci del mare, come animali che strisciano e non hanno padrone. Egli li prende tutti all’amo, li pesca a strascico,  li raccoglie nella rete, e contento ne gode. Perciò offre sacrifici alle sue sciàbiche e brucia incenso alle sue reti, perché, grazie a loro, la sua parte è abbondante e il suo cibo succulento. Continuerà dunque a sguainare la spada e a massacrare le nazioni senza pietà? Mi metterò di sentinella, in piedi sulla fortezza, a spiare, per vedere che cosa mi dirà, che cosa risponderà ai miei lamenti. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

La risposta del Signore spiazza ogni mente, anche la più sapiente e la più saggia. È una risposta sempre data all’uomo, ma mai in un modo cos’ chiaro, limpido, esatto. Essa riguarda sia l’empio che il giusto. L’empio soccombe per la sua empietà. Soccomberà sulla terra e nell’eternità. L’empietà mai porterà un solo grammo di bene in colui che la commette. Apparentemente sembra sorgente di bene, mentre i frutti dell’empietà sono tutti avvelenati di un veleno letale. L’empio si nutre di morte, solo morte. Il giusto invece vivrà per la sua fede. Prendiamo del grano e comprenderemo. Mettiamo il grano sotto la potente macina del mulino. Esso viene frantumato e ridotto in farina. Questa è la potente forza della malvagità. Mentre la farina mai ritornerà in vita, mai da essa spunterà un solo stelo, per il giusto invece, macinato, frantumato, stritolato, ucciso dall’iniquità, se lui è rimasto nella giustizia, il Signore lo farà vivere in eterno. Come questo avverrà, è mistero che solo il Signore conosce. Cristo Gesù non fu crocifisso dalla malvagità dell’uomo? Ora Lui non vive in eterno nel suo corpo di gloria e luce, innalzato alla destra del Padre e costituito Signore e Giudice eterno?

San Paolo porta a compimento la profezia sul giusto, dicendo che “Il giusto vive di vede in fede”. La fede iniziale deve divenire in lui vede sempre più grande e vigorosa, fede capace di condurre il giusto sotto qualsiasi macina dell’iniquità, lasciandosi stritolare fino a divenire polvere del suolo. Se il giusto non cresce di fede in fede potrebbe spaventarsi dinanzi alla sofferenza e da giusto divenire ingiusto. Nell’iniquità non c’è salvezza né vita. La salvezza e la vita sono nella giustizia secondo la fede.

Madre piena di grazia, aiutate i discepoli di Gesù perché mai passino nell’ingiustizia.

PERCHÉ È TROPPO LUNGO PER TE IL CAMMINO

1 Re 19,4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51

12 AGOSTO – XIX DOMENICA T.O.

Elia sul monte Carmelo sfidò tutti i profeti di Baal, vinse e li uccise tutti. La regina Gezabele, appresa la notizia, decide di uccidere Elia. Questi lo viene a sapere e fugge per cercare un rifugio presso il monte di Dio, Oreb. Dopo un giorno di cammino è sfinito. Senza né acqua e né cibo, in un deserto, non gli resta che invocare la morte.

Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione. Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna.

Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi neppure uno!». Li afferrarono. Elia li fece scendere al torrente Kison, ove li ammazzò (Cfr. 1Re 18,1-46). Acab riferì a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro» (1Re 19,1-2).

Le dure battaglie per la difesa della vera fede in Dio stancano anche i più forti, valorosi e intrepidi. Della stanchezza si serve la tentazione per farci abbandonare. Elia, uomo forte contro i falsi profeti, è debole per vincere la sua naturale fragilità. È questo il nemico più insidioso, quello che si nasconde nel nostro cuore, pronto a colpire quando le difese dello spirito si affievoliscono. Questo nemico po’ colpire tutti, sempre.

Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

Ma il Signore veglia sul cammino dei suoi fedeli. Dona vigore e forza al suo profeta, mandando un Angelo con una focaccia e un orcio d’acqua. Elia mangia, beve, poi si riaddormenta. L’Angelo nuovamente lo sveglia, lo invita a mangiare e a bere, perché per lui è troppo lungo il cammino. Focaccia e acqua sono “figura” dell’Eucaristia e dello Spirito Santo. Sono essi la forza del cristiano. Chi vuole combattere la dura battaglia della fede sino alla fine, dovrà ripetutamente nutrirsi di essi, non solo di Eucaristia e non solo di Spirito Santo, ma di Eucaristia e di Spirito Santo. Il viaggio verso la santa montagna del Cielo mai potrà essere interrotto e neanche il combattimento per la difesa della fede può essere omesso. La forza sono l’Eucaristia e lo Spirito Santo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ci nutriamo di questi doni sempre secondo verità.

I CIELI SI APRIRONO ED EBBI VISIONI DIVINE

Ez 1,2-5.24-28c; Sal 148; Mt 17,22-27

13 AGOSTO

Anticamente era pensiero comune, in tutte le nazioni, che per ogni luogo, realtà, attività, vi fosse un Dio particolare.  Così vi era il Dio dei monti e il Dio delle valli, gli dèi di questa nazione e gli dèi di quell’altra. Vi era il Dio della guerra e il Dio della pace.

Ma i servi del re di Aram gli dissero: «Il loro Dio è un Dio dei monti; per questo ci sono stati superiori; se combatteremo contro di loro in pianura, certamente saremo superiori a loro. Fa’ così: ritira i re, ognuno dal suo luogo, e sostituiscili con governatori. Tu prepara un esercito come quello che ti è venuto meno: cavalli come quei cavalli e carri come quei carri; quindi combatteremo contro di loro in pianura. Certamente saremo superiori a loro». Egli ascoltò la loro voce e agì in tal modo. L’anno dopo, Ben-Adàd ispezionò gli Aramei, quindi andò ad Afek per attaccare gli Israeliti. Gli Israeliti, ispezionati e approvvigionati, mossero loro incontro, accampandosi di fronte; sembravano due piccoli greggi di capre, mentre gli Aramei riempivano la regione. Un uomo di Dio si avvicinò al re d’Israele e gli disse: «Così dice il Signore: “Poiché gli Aramei hanno affermato: Il Signore è Dio dei monti e non Dio delle valli, io metterò in mano tua tutta questa moltitudine immensa; così saprete che io sono il Signore”». Per sette giorni stettero accampati gli uni di fronte agli altri. Al settimo giorno si arrivò alla battaglia. Gli Israeliti in un giorno uccisero centomila fanti aramei. I superstiti fuggirono ad Afek, nella città, le cui mura caddero sui ventisettemila superstiti (1Re 20,23-40).

Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che è il solo Dio vivo e vero, è il Dio dalla più pura trascendenza, ma anche della più vera immanenza. Lui è in tutte le cose, senza identificarsi con nessuna cosa. È il Dio che sta nel più alto dei cieli, ma anche il Dio che è nei più profondi abissi del mare. È il Dio Onnipotente, Onnipresente, Onnisciente. Quale verità allora ci vorrà rivelare Ezechiele con la sua descrizione del “Carro di Dio”? Il suo popolo è in partenza per l’esilio. Gerusalemme sarà rasa al suolo con il suo tempio. Il Signore non lascia solo il suo popolo. Lui parte con esso. Anche Lui andrà insieme con loro. In verità Dio è già in Babilonia. I figli di Gerusalemme devono sapere per visibilità e non solo per rivelazione o per scienza che il Signore non li ha abbandonati, non li ha lasciati soli, non si è dimenticato di loro. Essi sono in esilio ed anche il Signore è in esilio. Essi sono in terra straniera e anche il loro Dio è in terra straniera. Sapendo che Dio è con loro, ogni giorno possono ricostruire la loro vera speranza. Il Signore è con noi per riportarci nella nostra terra. Come è venuto in Egitto, così è venuto in Babilonia. Come ci ha liverato da quella schiavitù ci libererà da questa.

Nell’anno trentesimo, nel quarto mese, il cinque del mese, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del fiume Chebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine. Era l’anno quinto della deportazione del re Ioiachìn, il cinque del mese: la parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele, figlio di Buzì, nel paese dei Caldei, lungo il fiume Chebar. Qui fu sopra di lui la mano del Signore. Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di metallo incandescente. Al centro, una figura composta di quattro esseri animati, di sembianza umana. Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d’un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali. Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste. Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve qualcosa come una pietra di zaffìro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembravano i suoi fianchi in su, mi apparve splendido come metallo incandescente e, dai suoi fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore simile a quello dell’arcobaleno fra le nubi in un giorno di pioggia. Così percepii in visione la gloria del Signore.

A volte, perché nel cuore si edifichi la vera speranza, la fede di ieri, anche se perfetta, potrebbe non essere sufficiente. Occorrono nuove certezze. Sempre il Signore viene è dona nuovo splendore alla verità di ieri. Basta una sola aggiunta, perché il credente nel vero Dio si rianimi e riprenda il cammino. Ora il popolo del Signore sa che Dio è con esso in Babilonia. Babilonia non è più terra straniera. In essa vi è il suo Dio e Signore.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aggiungete sempre verità alla nostra fede stanca.

MANGIA QUESTO ROTOLO

Ez 2,8-3,4; Sal 118; Mt 18,1-5.10.12-14

14 AGOSTO

Chi vuole parlare di Dio, deve mangiare Dio, la sua parola, la sua volontà, il suo cuore, i suoi desideri, la sua stessa vita. Dio deve trasformarsi in nostra vita. Solo così possiamo parlare bene del nostro Dio, secondo divina verità e conoscenza. Senza questa comunione per assimilazione “fisica” oltre che spirituale, mai si potrà conoscere Dio secondo verità. Saremo due realtà e mai una sola. Questa verità non vale solo per Ezechiele, vale anche per Cristo, per i discepoli, per i profeti del Nuovo Testamento.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica» (Gv 4,31-38).

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,52-58).

Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Va’, prendi il libro aperto dalla mano dell’angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza. Allora mi fu detto: «Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re» (Ap 10,9-11).

Ognuno diviene ciò di cui si nutre. Se mangia la parola di Satana, si trasforma in diavolo per i suoi fratelli. Se invece mangia la Parola di Dio, diviene angelo di luce e di verità per il mondo intero. Se mangia Cristo, si farà olocausto di amore e di salvezza per ogni uomo. Se mangia la Scrittura Santa parlerà dal cuore di Dio e non dalla terra. Ezechiele deve parlare dalla storia così come la vede Dio e non come la vede l’uomo. Deve mangiare gli occhi di Dio. È questo il significato del rotolo che lui deve mangiare per comando dall’alto. Lui mangia gli occhi di Dio, vede come vede Dio, può aiutare i figli del suo popolo a intraprendere un cammino di vera conversione.

Figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall’altra e conteneva lamenti, pianti e guai. Mi disse: «Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole

È il solo vero problema di ogni uomo, di ieri, oggi, domani: vedere la storia con gli occhi di Dio. Per questo dovrà mangiare gli occhi di Dio per vederla, ma anche il cuore di Cristo per redimerla, condurla alla salvezza. Questo nutrimento dovrà essere quotidiano, senza alcuna interruzione. Non si mangia, non si vede, non si ama, non si redime, non si salva. Chi si nutre di pensieri del mondo, vede secondo il mondo.

Madre sempre Vergine, Angeli, Santi, dateci il gusto di Dio e di Cristo Signore.

NEL TEMPIO L’ARCA DELLA SUA ALLEANZA

Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab; Sal 44; 1 Cor 15,20-26; Lc 1,39-56

15 AGOSTO

L’arca era la cosa più sacra esistente nel popolo del Signore. Era collocata in un posto inviolabile, invisibile ad ogni occhio umano. Si poteva vedere, ma non toccare, solo quanto si smontava la tenda per spostarsi in un altro luogo. Con il tempio di Gerusalemme, essa rimase nel santo dei santi fino alla sua sparizione. Secondo l’antica profezia di essa si perderà un tempo anche il ricordo.

Faranno dunque un’arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d’oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d’oro. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull’altro. Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell’arca per trasportare con esse l’arca. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell’arca: non verranno tolte di lì. Nell’arca collocherai la Testimonianza che io ti darò. Farai il propiziatorio, d’oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza. Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del propiziatorio. Fa’ un cherubino a una estremità e un cherubino all’altra estremità. Farete i cherubini alle due estremità del propiziatorio. I cherubini avranno le due ali spiegate verso l’alto, proteggendo con le ali il propiziatorio; saranno rivolti l’uno verso l’altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio. Porrai il propiziatorio sulla parte superiore dell’arca e collocherai nell’arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull’arca della Testimonianza, dandoti i miei ordini riguardo agli Israeliti (Es 25,10-22).

Ritornate, figli traviati – oracolo del Signore – perché io sono il vostro padrone. Vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion. Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza. Quando poi vi sarete moltiplicati e sarete stati fecondi nel paese, in quei giorni – oracolo del Signore – non si parlerà più dell’arca dell’alleanza del Signore: non verrà più in mente a nessuno e nessuno se ne ricorderà, non sarà rimpianta né rifatta. In quel tempo chiameranno Gerusalemme “Trono del Signore”, e a Gerusalemme tutte le genti si raduneranno nel nome del Signore e non seguiranno più caparbiamente il loro cuore malvagio. In quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa d’Israele e verranno insieme dalla regione settentrionale nella terra che io avevo dato in eredità ai loro padri (Ger 3,14-18).

Vera arca dell’Alleanza è la Vergine Maria. In Lei non solo Dio ha abitato con la pienezza della sua divinità, nel suo seno si è fatto carne. Nella carne ha abitato in mezzo a noi. Nella carne vuole divenire nostra carne per essere nella nostra carne strumento di salvezza e redenzione fino all’avvento dei nuovi cieli e della nuova terra.

Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli.

Come l’arca era l’oggetto più sacro nel santuario della terra, così la Vergine Maria è la persona più santa nel santuario dei cieli, ma anche nel santuario della Chiesa di Dio. Dopo la Beata Trinità, a Lei spetta il posto più eccelso anche nelle nostre Chiese. Non solo. Dopo la Beata Trinità, a Lei è dovuto il posto di onore anche nel nostro cuore. Come la Vergine Maria è lo splendore del Cielo, così deve essere lo splendore della Chiesa ed anche lo splendore di ogni cuore credente in Cristo Gesù.

Angeli, Santi, fate che la Madre di Dio abbia il posto d’onore nella Chiesa e nei cuori.

PERCHÉ SONO UNA GENÌA DI RIBELLI

Ez 12,1-2; Sal 77; Mt 18,21-19,1

16 AGOSTO

Le parole che il Signore rivolge al profeta Ezechiele sono le stesse rivolte al profeta Isaia. Esse sono state riprese e ricordare sia da Gesù nel Vangelo che dall’Apostolo Paolo. Gli Atti degli Apostoli si chiudono con il ricordo di questa Parola.

Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!». Egli disse: «Va’ e riferisci a questo popolo: “Ascoltate pure, ma non comprenderete, osservate pure, ma non conoscerete”. Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendilo duro d’orecchio e acceca i suoi occhi, e non veda con gli occhi né oda con gli orecchi né comprenda con il cuore né si converta in modo da essere guarito». Io dissi: «Fino a quando, Signore?». Egli rispose: «Fino a quando le città non siano devastate, senza abitanti, le case senza uomini e la campagna resti deserta e desolata». Il Signore scaccerà la gente e grande sarà l’abbandono nella terra. Ne rimarrà una decima parte, ma sarà ancora preda della distruzione come una quercia e come un terebinto, di cui alla caduta resta il ceppo: seme santo il suo ceppo (Is 6,8-13).

Gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! (Mt 13,10-17).

Dal mattino alla sera egli esponeva loro il regno di Dio, dando testimonianza, e cercava di convincerli riguardo a Gesù, partendo dalla legge di Mosè e dai Profeti. Alcuni erano persuasi delle cose che venivano dette, altri invece non credevano. Essendo in disaccordo fra di loro, se ne andavano via, mentre Paolo diceva quest’unica parola: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per mezzo del profeta Isaia, ai vostri padri: Va’ da questo popolo e di’: Udrete, sì, ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca! Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni, ed esse ascolteranno!» (At 28,23-28).

Se le parole rivolte a Ezechiele le leggiamo con la profezia di Isaia, vi è in esse un germe di speranza che va messo in luce. Da questa genia di ribelli vi sarà un resto  con il quale il Signore potrà riedificare il suo popolo. Se poi le leggiamo alla luce del Capitolo XI dello stesso Isaia, scopriremo che il “Resto” o il ”Virgulto” che nasce da questo ceppo è il Messia di Dio. La gente d’Israele è attualmente e anche domani una genia di ribelli. Ma da essa uscirà la salvezza non solo dei figli di Abramo, ma di tutta l’umanità. C’è speranza in questa parole. Non c’è chiusura definitiva alla salvezza. Infatti noi sappiamo che da questa genia di ribelli il Signore ha tratto un piccolo resto di persone che sono tornate a Lui con cuore umile e ricco di fede. Anche in terra d’esilio troviamo questa persone che amano, temono, servono il loro Dio con cuore puro.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli.

Ezechiele non si deve perdere d’animo, né scoraggiare, né abbattere. Il suo ministero non sarà senza frutti. Lui dovrà essere in mezzo al popolo la luce che indica la via della speranza. Che questa via si percorsa da pochi o da molti non ha alcuna importanza. Necessario è che la luce sempre splenda e noi si estingua. Missione di vera salvezza.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fateci essere vera luce del mondo e vero sale della terra.

TI AVEVO RESO UNO SPLENDORE

Ez 16,1-15.60.63 opp. Ez 16,59-63; C Is 12,2-6; Mt 19,3-12

17 AGOSTO

In questa pagina di Ezechiele è narrata la somma benevolenza del Signore verso il suo popolo, ma anche la somma ingratitudine di esso verso il suo Salvatore e Redentore. Dio prende una “ripugnante bambina”, abbandonata nel deserto, ancora avvolta nel sangue della nascita e di essa ne fa una splendida donna, la sua Regina. Il suo splendore era perfetta. Nulle le mancava in ornamenti e in bellezza. Ma questa donna, anziché essere fedele al suo Sposo, divenne adultera. Concesse i suoi favori ad ogni amante. Non vi fu idolo dei popoli che lei non adorasse. Nessuna ingratitudine è pari alla sua. Al sommo amore la donna risponde con il sommo disprezzo.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.

Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio.

Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita, concedendo i tuoi favori a ogni passante. Ma io mi ricorderò dell’alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un’alleanza eterna. Allora ricorderai la tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole, che io darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza. Io stabilirò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore, perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto». Oracolo del Signore Dio.

Possiamo leggere queste parole di Ezechiele con le altre riferite a noi da Geremia. Si tratta sempre dell’adulterio o della prostituzione spirituale del popolo del Signore.

Io ti avevo piantato come vigna pregiata, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda? Anche se tu ti lavassi con soda e molta potassa, resterebbe davanti a me la macchia della tua iniquità. Oracolo del Signore. Come osi dire: “Non mi sono contaminata, non ho seguito i Baal”? Guarda nella valle le tracce dei tuoi passi, riconosci quello che hai fatto, giovane cammella leggera e vagabonda! Asina selvatica, abituata al deserto: quando ansima nell’ardore del suo desiderio, chi può frenare la sua brama? Quanti la cercano non fanno fatica: la troveranno sempre disponibile. Férmati prima che il tuo piede resti scalzo e la tua gola inaridisca! Ma tu rispondi: “No, è inutile, perché io amo gli stranieri, voglio andare con loro” (Ger 2,21-25).

Il Signore chiude forse le porte della speranza? Nient’affatto. La rivelazione dei misfatti non è presso il Signore se non in vista della conversione e del ritorno a Lui. Il ricordo proprio a questo serve: far prende coscienza di tutto il bene da Dio opera e di tutto il male con il quale si è a Lui risposto. Si prende coscienza, si chiede perdono, pentendosi, si ritorna al Signore, che largamente perdona. I profeti sono questa grandissima novità: per il peccato c’è la speranza del perdono. Può convertirsi.

Madre Purissima, Angeli, Santi, non permettete che ci ostiniamo nel male.

IO NON GODO DELLA MORTE DI CHI MUORE

Ez 18,1-10.13b.30-32; Sal 50; Mt 19,13-15

18 AGOSTO

Quanto i profeti hanno annunziato sulla conversione e sul perdono senza alcuna specificazione dei peccati perdonabili e di quelli non perdonabili, verso i quali era decretata la pena di morte, Ezechiele lo fa mettendo in luce che il perdono è per ogni peccato, nessuno escluso. Verità essenziale la sua che rivela che dallo stato di giustizia si può passare allo stato di ingiustizia e dallo stato di ingiustizia allo stato di giustizia. Se si è nella Legge si è giusti. Si esce dalla Legge si è ingiusti. Altra fondamentale verità del profeta ci dice che nessuno muore per il peccato commesso dai suoi padri. Ognuno muore per il suo peccato. Chiarifichiamo. Se Gerusalemme sarà distrutta non è perché ieri i padri hanno peccato. La città è distrutta perché oggi i figli stanno peccando. Il regno non sarà devastato per la colpa di quanti sono venuti prima. Esso andrà in rovina per l’idolatria e l’immoralità di oggi.

Ne è prova il fatto che tutti i profeti sempre sono stati mandati dal Signore con una sola missione: gridare al popolo la sua iniquità, invitandola alla conversione e alla fedeltà alla Legge dell’alleanza. Se il popolo fosse tornato nella Legge, Dio avrebbe perdonato le loro colpe e Gerusalemme mai sarebbe stata messa a ferro e a fuoco. Sappiamo che il Signore – Ce lo rivela Geremia al Capitolo V – era pronto a perdonare purché nella Città Santa si fosse trovato un solo uomo giusto. Un solo giusto avrebbe portato salvezza a tutto il popolo. Purtroppo il Signore non lo trovò. Nonostante Geremia per quarant’anni li avesse invitati alla conversione, essi si ostinarono nelle loro idolatria e immoralità, diedero ascolto ai falsi profeti, perseguitando quello vero, il solo vero. Questa verità è attestata da tutti i profeti. Non vi è un solo profeta che non inviti alla conversione. Anzi possiamo dire che la missione del profeta è invito alla conversione. Dove non c’è invito alla conversione, mai vi potrà essere vera profezia. Vi potrà essere anche l’annunzio di una verità, ma sullo stile e sulle modalità di Satana: per la rovina dell’uomo e per creare disperazione nel suo cuore. La conversione è vera profezia.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Perché andate ripetendo questo proverbio sulla terra d’Israele: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”? Com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele. Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà. Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, se non mangia sui monti e non alza gli occhi agli idoli della casa d’Israele, se non disonora la moglie del suo prossimo e non si accosta a una donna durante il suo stato d’impurità, se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l’affamato e copre di vesti chi è nudo, se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall’iniquità e pronuncia retto giudizio fra un uomo e un altro, se segue le mie leggi e osserva le mie norme agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, oracolo del Signore Dio. Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario che commette azioni inique, costui morirà e dovrà a se stesso la propria morte. Perciò io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, o casa d’Israele. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più causa della vostra rovina. Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o casa d’Israele? Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete.

Altra verità sempre rivelata da Ezechiele ci dice che il Signore non gode della morte di chi muore. Lui gode quando un peccato si converte, non quando viene divorato dal suo stesso peccato. Proprio perché non vuole la morte del peccato, egli manda con premura e sempre i suoi profeti. Se godesse della morte dei peccatori, sarebbe sufficiente non mandare più alcun profeta e la morte regnerebbe sovrana sulla terra. Ogni vero profeta del vero Signore sempre deve invitare alla conversione, al ritorno. È il fine della sua missione. Un profeta che chiude le porte della misericordia di Dio, di certo non è stata mandato dal vero Dio, perché il vero Dio fino all’ultimo respiro di un uomo, lavora sempre perché si converta e non vada a finire nella perdizione eterna. Mai un vero profeta del vero Dio ometterà di invitare alla conversione nel pentimento.

Regina dei Profeti, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano sia vero profeta di Cristo Gesù.

VENITE, MANGIATE IL MIO PANE

Pr 9,1-6; Sal 33; Ef 5,15-20; Gv 6,51-58

19 AGOSTO  – XX DOMENICA T.O.

La sapienza invita ogni uomo a mangiare il suo pane e a bere il suo vino. Ma noi conosciamo  cosa è in verità la sapienza? Ecco cosa ci rivela di essa il Libro dei Proverbi, immediatamente prima, nel Capitolo VIII. Essa guida tutte le attività di Dio.

La sapienza forse non chiama e l’intelligenza non fa udire la sua voce? In cima alle alture, lungo la via, nei crocicchi delle strade si apposta, presso le porte, all’ingresso della città, sulle soglie degli usci essa grida: «A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. Ascoltate, perché dirò cose rilevanti, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, perché la mia bocca proclama la verità e l’empietà è orrore per le mie labbra. Tutte le parole della mia bocca sono giuste, niente in esse è tortuoso o perverso; sono tutte chiare per chi le comprende e rette per chi possiede la scienza. Accettate la mia istruzione e non l’argento, la scienza anziché l’oro fino, perché la sapienza vale più delle perle e quanto si può desiderare non l’eguaglia. Io, la sapienza, abito con la prudenza e possiedo scienza e riflessione. Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia e l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me appartengono consiglio e successo, mia è l’intelligenza, mia è la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i prìncipi promulgano giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. Io amo coloro che mi amano, e quelli che mi cercano mi trovano. Ricchezza e onore sono con me, sicuro benessere e giustizia.

Il mio frutto è migliore dell’oro più fino, il mio prodotto è migliore dell’argento pregiato. Sulla via della giustizia io cammino e per i sentieri dell’equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro tesori. Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti,  prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l’esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte» (Pr 8,1-36).

Come Dio “si nutre” di sapienza nel governo della sua creazione, anzi tutta la creazione è frutto della sua sapienza, così anche ogni uomo che vuole essere uomo secondo Dio, per produrre frutti secondo la sua natura che è dalla sapienza di Dio, deve nutrirsi quotidianamente di sapienza. Senza questo quotidiano nutrimento, la stoltezza lo divorerà e nessuna opera da lui compiuta rispetterà la sua verità di natura. Per questo la sapienza invita i suoi figli a nutrirsi costantemente di essa. La sua tavola è sempre imbandita. Nulla su paga e nulla si dona per prendere parte al suo banchetto.

La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto venga qui!». A chi è privo di senno ella dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza».

Sappiamo che lo Spirito Santo, nelle acque del Battesimo, ci rigenera e ci rende partecipi della natura divina. Avendo modificato sostanzialmente la nostra natura, la sapienza non è più sufficiente da solo per vivere secondo la nuova natura. Cristo Gesù ci dona il suo corpo, nel quale abita corporalmente la pienezza della divinità, perché noi siamo trasformati in esseri spirituali e nutrendoci sempre con il suo corpo e il suo sangue, possiamo vivere da esseri spirituali. Nuova natura, nuovo cibo, nuova vita.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fateci nutrire di Cristo per vivere di Cristo e per Cristo.

NON FARE IL LUTTO DEI MORTI

Ez 24,15-24; C Dt 32,18-21; Mt 19,16-22

20 AGOSTO

Presso gli Ebrei il lutto per la morte di una persona cara, non solo durava sette giorni, esso era anche proporzionato alla sua dignità. Le raccomandazioni del Siracide sia sul lutto che sulla morte, vanno ascoltate. Danno piena luce di verità su lutto e morte.

Figlio, versa lacrime sul morto, e come uno che soffre profondamente inizia il lamento; poi seppelliscine il corpo secondo le sue volontà e non trascurare la sua tomba. Piangi amaramente e alza il tuo caldo lamento, il lutto sia proporzionato alla sua dignità, un giorno o due per evitare maldicenze, poi consòlati del tuo dolore. Infatti dal dolore esce la morte, il dolore del cuore logora la forza. Nella disgrazia resta il dolore, una vita da povero è maledizione del cuore. Non abbandonare il tuo cuore al dolore, scaccialo ricordando la tua fine. Non dimenticare che non c’è ritorno; a lui non gioverai e farai del male a te stesso. Ricòrdati della mia sorte, che sarà anche la tua: ieri a me e oggi a te. Nel riposo del morto lascia riposare anche il suo ricordo; consòlati di lui, ora che il suo spirito è partito (Sir 38,16-23). O morte, com’è amaro il tuo ricordo per l’uomo che vive sereno nella sua agiatezza, per l’uomo senza assilli e fortunato in tutto e ancora in forze per provare il piacere. O morte, è gradita la tua sentenza all’uomo indigente e privo di forze, al vecchio decrepito e preoccupato di tutto, a colui che è indocile e ha perduto ogni speranza. Non temere la sentenza della morte, ricòrdati di chi ti ha preceduto e di chi ti seguirà. Il lutto degli uomini riguarda i loro corpi, la cattiva fama dei peccatori sarà cancellata. Abbi cura del tuo nome, perché esso sopravvivrà a te più di mille grandi tesori d’oro. I giorni di una vita felice sono contati, ma il buon nome dura per sempre (Cfr. Sir 41,1-13).

Per la morte di Giacobbe si fece un lutto così imponente da suscitare lo stupore anche dei Cananei. Mai per un uomo si era visto un lutto così grave nella loro terra. .

Giuseppe andò a seppellire suo padre e con lui andarono tutti i ministri del faraone, gli anziani della sua casa, tutti gli anziani della terra d’Egitto, tutta la casa di Giuseppe, i suoi fratelli e la casa di suo padre. Andarono con lui anche i carri da guerra e la cavalleria, così da formare una carovana imponente. Quando arrivarono all’aia di Atad, che è al di là del Giordano, fecero un lamento molto grande e solenne, e Giuseppe celebrò per suo padre un lutto di sette giorni. I Cananei che abitavano la terra videro il lutto all’aia di Atad e dissero: «È un lutto grave questo per gli Egiziani» (Gen 50,7-11).

Ezechiele è un vero simbolo per i figli di Gerusalemme. Essi non avranno alcun tempo per piangere i loro morti. Dovranno prendere la via dell’esilio, senza neanche poter seppellire i cadaveri che sono per le strade della città. Si muore, non si piange, non si seppellisce. Lasciare un cadavere senza sepoltura era gravissimo disonore. Se si voleva oltraggiare un uomo, era sufficiente dirgli che il suo corpo sarebbe stato dato in pasto agli uccelli dell’aria e agli animali dei campi. Minaccia gravissima. Tempi molto tristi per il popolo del Signore. Neanche possono più piangere né seppellire i loro morti.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, ecco, io ti tolgo all’improvviso colei che è la delizia dei tuoi occhi: ma tu non fare il lamento, non piangere, non versare una lacrima. Sospira in silenzio e non fare il lutto dei morti: avvolgiti il capo con il turbante, mettiti i sandali ai piedi, non ti velare fino alla bocca, non mangiare il pane del lutto». La mattina avevo parlato al popolo e la sera mia moglie morì. La mattina dopo feci come mi era stato comandato e la gente mi domandava: «Non vuoi spiegarci che cosa significa quello che tu fai?». Io risposi: «La parola del Signore mi è stata rivolta in questi termini: Annuncia agli Israeliti: Così dice il Signore Dio: Ecco, io faccio profanare il mio santuario, orgoglio della vostra forza, delizia dei vostri occhi e anelito delle vostre anime. I figli e le figlie che avete lasciato cadranno di spada. Voi farete come ho fatto io: non vi velerete fino alla bocca, non mangerete il pane del lutto. Avrete i vostri turbanti in capo e i sandali ai piedi: non farete il lamento e non piangerete, ma vi consumerete per le vostre iniquità e gemerete l’uno con l’altro. Ezechiele sarà per voi un segno: quando ciò avverrà, voi farete proprio come ha fatto lui e saprete che io sono il Signore.

Il profeta è figura del popolo. Ormai la fine di Gerusalemme è prossima, anzi è come se fosse avvenuta. Nel simbolo, Ezechiele, mostra quanto sta per accadere in realtà. Lui perde la delizia dei suoi occhi, non piange. Il popolo perde la delizia dei suoi occhi, Gerusalemme, non potrà neanch’esso piangere. Dovrà abbandonare la città e fuggire.

Madre di Dio, Angeli, Santi, liberateci da tempi così bui, tristi, tenebrosi .

MA SEI UN UOMO E NON UN DIO

Ez 28,1-10; C Dt 32,26-28.30.35-36; Mt 19,23-30

21 AGOSTO

È una verità, questa, che viene manifestata da tutti i profeti. Così il Signore per mezzo del profeta Isaia parla a Babilonia, anch’essa caduta nel peccato della superbia.

In quel giorno avverrà che il Signore ti libererà dalle tue pene, dal tuo affanno e dalla tua dura schiavitù a cui eri stato assoggettato. Allora intonerai questa canzone sul re di Babilonia e dirai: «Ah, come è finito l’aguzzino, è finita l’aggressione! Il Signore ha spezzato la verga degli iniqui, il bastone dei dominatori, che percuoteva i popoli nel suo furore, con colpi senza fine, che dominava con furia le nazioni con una persecuzione senza respiro. Riposa ora tranquilla tutta la terra ed erompe in grida di gioia. Persino i cipressi gioiscono per te e anche i cedri del Libano: “Da quando tu sei prostrato, non sale più nessuno a tagliarci”. Gli inferi di sotto si agitano per te, per venirti incontro al tuo arrivo; per te essi svegliano le ombre, tutti i dominatori della terra, e fanno sorgere dai loro troni tutti i re delle nazioni. Tutti prendono la parola per dirti: “Anche tu sei stato abbattuto come noi, sei diventato uguale a noi”. Negli inferi è precipitato il tuo fasto e la musica delle tue arpe. Sotto di te v’è uno strato di marciume, e tua coltre sono i vermi.

Come mai sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora? Come mai sei stato gettato a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi nel tuo cuore: “Salirò in cielo, sopra le stelle di Dio innalzerò il mio trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nella vera dimora divina. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo”. E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso! Quanti ti vedono ti guardano fisso, ti osservano attentamente: “È questo l’individuo che sconvolgeva la terra, che faceva tremare i regni, che riduceva il mondo a un deserto, che ne distruggeva le città, che non apriva la porta del carcere ai suoi prigionieri?”. Tutti i re dei popoli, tutti riposano con onore, ognuno nella sua tomba. Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro, come un virgulto spregevole; sei circondato da uccisi trafitti da spada, deposti sulle pietre della fossa, come una carogna calpestata. Tu non sarai unito a loro nella sepoltura, perché hai rovinato la tua terra, hai assassinato il tuo popolo. Non sarà più nominata la discendenza degli iniqui. Preparate il massacro dei suoi figli a causa dell’iniquità dei loro padri, e non sorgano più a conquistare la terra e a riempire il mondo di rovine» (Is 14,3-21).

La Chiesa applica a Lucifero, all’Angelo più bello del Paradiso, questa Parola del profeta. Lui volle farsi come Dio. È stato precipito negli abissi infernali. Tanto grande era la sua luce quanto tetre e oscure sono oggi le sue tenebre. Anche Tiro si sentiva inespugnabile. Pensava di poter fare ogni male alle altre nazioni, senza subirne alcuno. Invece anch’essa sarà precipitata nelle tenebre infernali. Di essa nulla rimarrà. Tutta la sua gloria sarà ridotta in frantumi, in macerie. Questa sarà il frutto del suo orgoglio, della sua superbia che l’hanno portata a fare ogni male e ogni ingiustizia.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, parla al principe di Tiro: Così dice il Signore Dio: Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: “Io sono un dio, siedo su un trono divino in mezzo ai mari”, mentre tu sei un uomo e non un dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, tu sei più saggio di Daniele, nessun segreto ti è nascosto. Con la tua saggezza e la tua intelligenza hai creato la tua potenza e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni; con la tua grande sapienza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore. Perciò così dice il Signore Dio: Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, io manderò contro di te i più feroci popoli stranieri; snuderanno le spade contro la tua bella saggezza, profaneranno il tuo splendore. Ti precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mare. Ripeterai ancora: “Io sono un dio”, di fronte ai tuoi uccisori? Ma sei un uomo e non un dio, in balìa di chi ti uccide.  Per mano di stranieri morirai  della morte dei non circoncisi,  perché io ho parlato». Oracolo del Signore Dio.

La profezia contro le nazioni pagane attesta che solo il Signore è il Signore. A Lui basta una parola e la gloria si trasforma in tenebre e il lusso in miseria e la grandezza in non esistenza. Quanto vale per i singoli regni e città, vale anche per ogni uomo. Più in alto ci si siede per superbia e più rovinosa sarà la caduta. È verità eterna che nessuno dovrà mai dimenticare. Solo il Signore è il Signore e solo nelle sue mani sono le sorti dei popoli. Nessun uomo, nessun regno, nessuna nazione è Dio.

Vergine sempre umile, Angeli, Santi, non permettete che cadiamo nella superbia.

IO STESSO CERCHERÒ LE MIE PECORE

Ez 34,1-11; Sal 22; Mt 20,1-16a

22 AGOSTO

Se vogliamo comprendere cosa è la mediazione sacerdotale nel popolo del Signore urge che facciamo un esempio. Ci il sole nel cielo che dona vita alla terra con la sua luce e il suo calore. C’è la terra che illuminata dal sole deve produrre ogni frutto perché l’uomo possa anche lui a sua volta vivere e operare ogni bene. Tra il sole e la terra vi sono le nuvole. Se esse non danno l’acqua a suo tempo, il sole brucia la terra e la radice ad un deserto. La terra ridotta a deserto non produce alcun frutto. Ora applichiamo questo esempio alla mediazione sacerdotale. C’è Dio, che è il sole della verità, della giustizia, della santità, della benedizione per tutto il popolo. C’è il popolo che è chiamato a produrre ogni giustizia e santità rimanendo sempre nella verità e nella benedizione del Signore. Produrrà ogni frutto comandato dal suo Signore se il Sacerdote giorno per giorno gli fornirà l’acqua della Parola, secondo purissima verità e giustizia. Se gli darà sempre la divina volontà da compiere. Se il sacerdote manca nella sua mediazione, la terra di riduce ad un deserto di idolatria e di immoralità.

Oggi il Signore proprio di questo rimprovera i sacerdoti o pastori del suo popolo. Non si sono per nulla curati di dare al popolo la sua Parola, secondo verità e giustizia, guidando ogni pecora al rispetto della volontà di Dio anche in ordine alle altre pecore. Il pastore si è servito delle pecore per pascere solo se stesso. Le pecore abbandonate a se stesse, sono divenute nemiche delle stesse pecore. Quelle prepotenti, grasse, pingue impediscono a quelle umili, magre, gracili e smunte di nutrirsi. Neanche possono brucare l’erba da loro già calpestata. È una situazione senza controllo. Non c’è più neanche il gregge. Ci sono solo pecore che agiscono senza più governo. Cosa dovrà fare il Signore perché le pecore possa ritornare ad essere il suo gregge? Le soluzioni da Lui prese sono due: togliere ai cattivi pastori la cura del gregge. Prendere Lui stesso il governo delle pecore. Sarà Lui a cercare le sue pecore e a passarla in rassegna. Sarà Lui a vigilare che nessuna pecora sarà contro un’altra pecora. Il gregge vive anche se viene impedito ad una pecora di fare del male ad un’altra pecora.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto. Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna.

La mediazione sacerdotale è vita per il popolo del Signore. Se il sacerdote insegna al popolo la Parola del Signore secondo la verità contenuta in essa, il popolo vive. Dall’ascolto della vera Parola di Dio sempre nasce nel cuore il timore di Dio e ci si astiene dal male. Se il sacerdote omette di dare la Parola, nel cuore muore il  timore del Signore, la coscienza soffoca la verità nell’ingiustizia, subisca nasce e prospera l’idolatria con immoralità. La missione del sacerdote è necessaria più che le nubi per la terra. Un giorno senza nubi non crea nessun danno alla terra. Un giorno senza il dono della Parola e subito la falsità si introduce nel cuore e inizia a generare il male.

Regina degli Apostoli, Angeli, Santi, date splendore e bella alla missione del sacerdote.

VI DARÒ UN CUORE NUOVO

Ez 36,23-28; Sal 50; Mt 22,1-14

23 AGOSTO

Nel profeta Geremia il Signore promette una nuova alleanza. Già nella parole si intravede che non si tratta di un puro e semplice restyling puramente esteriore. Vi è una essa tutta nuova. La Legge è scritta nel cuore e non più su tavole di pietra.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).

Con Ezechiele il Signore aggiunge una secondo essenziale verità. Il cuore non sarà quello di pietra. Avrebbe scritto la sua Legge non più su una pietra esterna, ma interna. Sempre però sulla pietra sarebbe stata scritta. Invece il cuore cambiato. Dio manderà il suo Santo Spirito per togliere il cuore di pietra e al suo posto mettere un cuore di carne capace di amare. Questa promessa risponde già ad un desiderio dell’uomo, manifestato a Lui per mezzo di Davide. Al re, dopo il suo duplice peccato di adulterio e di omicidio lo Spirito suggerì la preghiera della richiesta del cuore nuovo.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito (Sal 51 (50) 2-13).

Alleanza Nuova, cuore nuovo, legge scritta nel cuore. Ma è giusto che ci si chieda: “Dove lo Spirito Santo prende questo cuore nuovo per darlo ad ogni uomo?”. Uno solo è il cuore nuovo che esiste nell’universo: quello di Gesù Signore. Gesù Signore sulla croce dona il suo cuore al Padre, il Padre lo dona al suo Santo Spirito, perché sia Lui a piantarlo il giorno del battesimo ad ogni persona da Lui rigenerata e santificata nelle acque del battesimo. Questo cuore nuovo, che è cuore di Cristo, si deve nutrire perennemente con il cuore di Cristo, nell’Eucaristia. Cosa è allora l’Eucaristia? È il cuore di Cristo che viene dato in cibo al cristiano come alimento del cuore di Cristo che è già nel suo petto. Se l’Eucaristia non è mangiata, il cuore nuovo muore e il vecchio, quello di pietra, riprende nuovamente il suo posto. Morto il cuore nuovo, muore anche la nuova alleanza. L’uomo ritorna nella sua idolatria e immoralità.

Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio –, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.

Anche lo Spirito Nuovo posto dal Signore è lo Spirito Santo. Anche lo Spirito Santo viene alimentato dal cuore di Cristo che si riceve nell’Eucaristia. È verità immortale!

Vergine dal cuore immacolato, Angeli, Santi, fate che mai ritorniamo nel vecchio cuore.

I DODICI NOMI DEI DODICI APOSTOLI DELL’AGNELLO

Ap 21,9b-14; Sal 144; Gv 1,45-51

24 AGOSTO

Il Libro dell’Apocalisse termina con la descrizione della Gerusalemme Celeste. La descrizione della Città serve perché ogni discepolo di Gesù si innamori di essa e faccia di tutto per raggiungerla. Come? Camminando e rimanendo, senza mai scendere dal “Carro “ della Parola di Gesù Signore. Non vi sono né altri carri, né altre vie.

E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro  ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete  io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte».

Le mura della Città Celeste poggiano su dodi basamenti, sopra i quali vi sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. Qual è il significato di questi basamenti e di questi nomi? La Chiesa di Gesù è fondata sugli Apostoli. La Gerusalemme del Cielo è la continuazione della “Gerusalemme” della terra, che è la Chiesa. Si entra nella Chiesa, si diviene corpo di essa, si giunge alla Città del Cielo. La vera Chiesa di Gesù Signore è quella fondata sugli Apostoli, il cui Capo. Fondamento e Principio visibile di unità è Pietro. Senza Pietro è impensabile e impossibile essere Chiesa di Cristo Gesù.

«Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Nella Città Celeste l’uomo che è uscito da Dio creato dalla sua Parola onnipotente, per Cristo, con Cristo, in Cristo, da Lui redento, abiterà eternamente in Dio. Come Cristo è nel seno del Padre, così tutti i redenti, in Lui e per Lui, saranno nel seno del Padre.

Colui che mi parlava aveva come misura una canna d’oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall’angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i  re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Ap 21,1-27).

Assai triste è quel cristianesimo ridotto ad una immanenza senza desiderio di Cielo.

Regina del Cielo e della terra, Angeli, Santi, fateci camminare verso la Città Eterna.

LA GLORIA DEL SIGNORE ENTRÒ NEL TEMPIO

Ez 43,1-7a; Sal 84; Mt 23,1-12

25 AGOSTO

Il Libro del profeta Ezechiele inizia con la visione del carro divino. In un primo momento il Signore lascia l’impuro e contaminato tempio, trasformato in casa di idolatria e di grande immoralità. Il carro divino però ancora non abbandona la città.

La gloria del Signore uscì dalla soglia del tempio e si fermò sui cherubini. I cherubini spiegarono le ali e si sollevarono da terra sotto i miei occhi; anche le ruote si alzarono con loro e si fermarono all’ingresso della porta orientale del tempio del Signore, mentre la gloria del Dio d’Israele era in alto su di loro. Erano i medesimi esseri che io avevo visto sotto il Dio d’Israele lungo il fiume Chebar e riconobbi che erano cherubini. Ciascuno aveva quattro aspetti e ciascuno quattro ali e qualcosa simile a mani d’uomo sotto le ali. Il loro aspetto era il medesimo che avevo visto lungo il fiume Chebar. Ciascuno di loro avanzava diritto davanti a sé (Ez 10,18-22).

Subito dopo anche Gerusalemme, anch’essa trasformatasi in casa di idolatria e di ogni male, è lasciata a sé stessa dal Signore. Lui prende la via dell’esilio. Se ne va con i deportati in terra di Assiria. Come un tempo è sceso in Egitto per liberare il suo popolo, così oggi scende in quelle terre lontane per far ritornare un giorno in Gerusalemme i suoi figli. Il Signore è con il suo popolo. Se questi è nella gioia, Lui è nella gioia. Se invece è sulla croce, Lui è sulla croce. Oggi Dio è sempre sulla croce con il Figlio suo. Lui oggi non è più nel tempio, né in Gerusalemme. Li sul Golgota della storia.

Allora mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, gli abitanti di Gerusalemme vanno dicendo ai tuoi fratelli, ai deportati con te, a tutta la casa d’Israele: “Voi andate pure lontano dal Signore: a noi è stata data in possesso questa terra”. Di’ loro dunque: Dice il Signore Dio: Se li ho mandati lontano fra le nazioni, se li ho dispersi in terre straniere, nelle terre dove sono andati sarò per loro per poco tempo un santuario. Riferisci: Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e vi darò la terra d’Israele. Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini. Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, perché seguano le mie leggi, osservino le mie norme e le mettano in pratica: saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e i loro abomini farò ricadere la loro condotta». Oracolo del Signore Dio. I cherubini allora alzarono le ali e le ruote si mossero insieme con loro, mentre la gloria del Dio d’Israele era in alto su di loro. Quindi dal centro della città la gloria del Signore si alzò e andò a fermarsi sul monte che è a oriente della città. E uno spirito mi sollevò e mi portò in Caldea fra i deportati, in visione, per opera dello spirito di Dio. E la visione che avevo visto disparve davanti a me. E io raccontai ai deportati quanto il Signore mi aveva mostrato (Ez 11,14-25).

A Ezechiele viene dato mandato di “ridisegnare” il nuovo tempio di Dio, luogo santissimo dove il Signore vorrà abitare con la sua gloria. Quanto tutto il nuovo tempio è presentato in ogni suo particolare, il Signore torna ad abitare in esso. È segno che l’esilio è finito e che il popolo del Signore è  tornato a abitare nella sua terra.

Mi condusse allora verso la porta che guarda a oriente ed ecco che la gloria del Dio d’Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria. La visione che io vidi era simile a quella che avevo visto quando andai per distruggere la città e simile a quella che avevo visto presso il fiume Chebar. Io caddi con la faccia a terra. La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente. Lo spirito mi prese e mi condusse nel cortile interno: ecco, la gloria del Signore riempiva il tempio. Mentre quell’uomo stava in piedi accanto a me, sentii che qualcuno entro il tempio mi parlava e mi diceva: «Figlio dell’uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi, dove io abiterò in mezzo ai figli d’Israele, per sempre. E la casa d’Israele, il popolo e i suoi re, non profaneranno più il mio santo nome .

Noi sappiamo che il Nuovo Tempio del Signore è Cristo Gesù. In Cristo Nuovo Tempio è anche il cristiano. Spetta ora al cristiano conservarsi nella più alta santità, perché il Signore possa sempre abitare in esso. Ogni peccato rende impuro il tempio di Dio.

Madre Dio e suo Purissimo tempio, Angeli, Santi, fateci vero tempio per il nostro Dio.

ANCHE NOI SERVIREMO IL SIGNORE

Gs 24,1-2a.15-17.18b; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69

26 AGOSTO – XXI DOMENICA T.O.

Il popolo del Signore vive nella storia sempre per la fermezza, la fortezza, la fede di un solo. I figli di Giuda, dopo il lungo esilio, tornano ad abitare nella loro terra. La situazione sia sociale che religiosa è di vero disastro. Una persona forte, Neemia, ridona al suo popolo compattezza sia sociale che spirituale, stringendo con il Signore un nuovo patto di alleanza. Uno solo rimette nella verità i molti.

Il resto del popolo, i sacerdoti, i leviti, i portieri, i cantori, gli oblati e quanti si erano separati dai popoli di terre straniere per aderire alla legge di Dio, le loro mogli, i loro figli e le loro figlie, quanti potevano intendere, si unirono ai loro fratelli più ragguardevoli e fecero un patto e un giuramento di camminare nella legge di Dio, data per mezzo di Mosè, servo di Dio, promettendo di osservare e mettere in pratica tutti i comandi del Signore, il Signore nostro, le sue norme e le sue leggi. E così non daremo le nostre figlie ai popoli della regione e non prenderemo le loro figlie per i nostri figli. Dai popoli della regione, che portano le mercanzie e ogni genere di grano in giorno di sabato per venderli, non faremo acquisti di sabato o in un giorno santo. Lasceremo in riposo la terra ogni settimo anno e condoneremo ogni debito. Ci siamo imposti per legge di dare ogni anno il terzo di un siclo per il servizio del tempio del nostro Dio: per i pani dell’offerta, per l’oblazione perenne, per l’olocausto perenne, nei sabati, nei noviluni, nelle feste, per le cose sacre, per i sacrifici per il peccato in vista dell’espiazione in favore d’Israele, e per ogni attività del tempio del nostro Dio.

Sacerdoti, leviti e popolo, abbiamo tirato a sorte per l’offerta della legna da portare al tempio del nostro Dio, secondo i nostri casati, a tempi fissi, anno per anno, per bruciarla sull’altare del Signore, nostro Dio, come sta scritto nella legge, e per portare ogni anno al tempio del Signore le primizie del nostro suolo e le primizie di ogni frutto di qualunque pianta, come anche i primogeniti dei nostri figli e del nostro bestiame, secondo quanto sta scritto nella legge, e i primi parti del nostro bestiame grosso e minuto, per portarli al tempio del nostro Dio e ai sacerdoti che prestano servizio nel tempio del nostro Dio. Porteremo ai sacerdoti nelle stanze del tempio del nostro Dio le primizie della nostra farina, le nostre offerte, i frutti di qualunque albero, il vino e l’olio, e porteremo la decima del nostro suolo ai leviti. I leviti stessi preleveranno le decime in tutte le città del nostro lavoro. Un sacerdote, figlio di Aronne, sarà con i leviti quando i leviti preleveranno le decime e i leviti porteranno la decima della decima al tempio del nostro Dio nelle stanze del tesoro, perché in quelle stanze i figli d’Israele e i figli di Levi devono portare l’offerta prelevata sul frumento, sul vino e sull’olio; in quel luogo stanno gli utensili del santuario, i sacerdoti che prestano il servizio, i portieri e i cantori. Non trascureremo il tempio del nostro Dio (Ne 10, 20-40).

Il popolo ha appena conquistato la terra, la fermezza, la fortezza, la fede di Giosuè diviene sorgente di fermezza, fortezza, fede per tutto il popolo. Per la sua risolutezza, tutto il popolo si impegna ad osservare l’Alleanza con il suo Signore.

Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».

Uno crede e tutti credono. Uno è forte, tutti sono forti. Quando nel popolo del Signore, vengono meno queste persone forti nella fede, tutto il popolo va alla deriva.  Volendo servirci di una immagine moderna, possiamo definire queste persone dei potenti locomotori capaci di trascinare ben più di quaranta carrozze. Se il locomotore si guasta, il convoglio si arresta, non cammina più. Tutto è dalla fede risoluta di una sola persona. Per questa fede tutto il popolo del Signore riprende il suo vero cammino.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, mandati persone forti nella fede e saldi nella verità.

LA VOSTRA FEDE FA GRANDI PROGRESSI

2 Ts 1,1-5.11b-12; Sal 95; Mt 23,13-22

27 AGOSTO

San Paolo ringrazia il Signore perché i cristiani di Tessalonica perché la loro fede fa grandi progressi. Allora è giusto che ci si chieda: ”Cosa è la fede e come essa cresce?”. Nella Scrittura Santa la fede è obbedienza non ad una sola Parola, ma a tutta la Parola rivelata. Se la fede è obbedienza alla Parola, il primo requisito della fede è l’ascolto. Questo requisito non potrà mai esistere, senza qualcuno che annunzi tutta la Parola. Annunzio: ascolto, fede, obbedienza: è la corretta via per la vera fede. Se viene annunziata la Parola con parzialità, anche la fede sarà parziale, lacunosa.  Se la Parola di Dio viene sostituito con parola umane, avviene come sta accadendo oggi. La verità eterna è trasformata in opinione. Le opinioni sono fatte divenire verità eterne. San Paolo dona sempre tutta la Parola, mostrando la sua fede con una perfetta obbedienza ad essa.  La fede va sempre detta, ma anche sempre mostrata.

Attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé (At 20,26-30).

Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo (Rm 10,9-17).

Chi vuole edificare attorno a sé persone dalla fede forte e risoluta, deve mettere ogni impegno a dare tutta la Parola del Signore, seguendo la stessa modalità di Paolo.

Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo (Rm 15,18-19).

Oggi ci si lamenta della perdita della fede nel popolo del Signore. Nessuno si ricorda che la fede è un frutto. Se non si pianta l’albero, mai si potrà raccogliere un solo frutto. Gli alberi sono i predicatori della Parola. Se il predicatore insegue i suoi pensieri, il popolo si perderà nella sua idolatria e immoralità. La fede nasce dall’annunzio.

Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra perseveranza e la vostra fede in tutte le vostre persecuzioni e tribolazioni che sopportate. È questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite.  Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.

Quando nel popolo del Signore scompare la fede è segno che sono scomparsi i “predicatori” della vera Parola del Signore. Non si può pretende che spunti la fede in un cuore nel quale si seminano pensieri della terra e per di più falsi e immorali.

Vergine ricca di fede, Angeli, Santi, mandateci annunziatori della vera Parola di Dio.

NESSUNO VI INGANNI IN ALCUN MODO!

2 Ts 2,1-3a.14-17; Sal 95; Mt 23,23-26

28 AGOSTO

Il mondo è governato da due parole, una di vita, quella del Signore e una di morte, quella di Satana. è stato così dai giorni del Giardino dell’Eden e sarà così fino all’avvento dei cieli nuovi e della terra nuova. Satana sempre vorrà strappare l’uomo al suo Signore e Creatore, per farne un dannato dell’inferno come lui è dannato.

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire» (Gen 2,16-17).

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture (Gen 3,1-7).

Paolo è preoccupato. Quelli di Tessalonica sono esposti al rischio di essere ingannati in ordine alla purissima fede da lui trasmessa. Vi è una regola infallibile perché non si cada nell’inganno di Satana, che può venire a noi indirettamente, per mezzo di persone a noi anche care? Qualcuno potrebbe rispondere: “Basta conoscere la Parola di Dio e mai si cadrà nell’inganno”. Questa regola aiuta gli ingannatori. Essi sempre si presentano con la Parola di Dio. Anche Satana sedusse la donna attribuendo a Dio una verità, che poi nei fatti si rivelò essere una grande falsità e menzogna. La regola di Paolo è invece infallibile. Come i Tessalonicesi sono venuti alla fede attraverso la sua Parola, rimarranno nella fede, dimorando nella sua Parola. Essi dovranno considerare falsa e ingannatrice ogni altra parola differente e diversa. Questa regola lui la dona ai Galati. Il vero Vangelo è quello da lui annunziato. Altro Vangelo non esiste.

Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo! (Gal 1,6-10).

Poiché oggi si passa da un maestro all’altro con grande disinvoltura, è assai facile cadere in inganno. Molti dalla verità si inabissano nella falsità e dalla fede si trovano nella non fede. La vera fede è sempre esposta ad ogni inganno e tentazione.

Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo! A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo. Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.

Si rimane nella retta fede dimorando sempre nella vera Parola del Signore. Si rimane nella vera Parola del Signore facendola divenire nostra vita. Quando la vita diviene Parola del Signore, allora sarà difficile cadere negli inganni di Satana.

Madre del Signore, Angeli, Santi, fate che non cadiamo negli inganni della falsità.

TI FARANNO GUERRA, MA NON TI VINCERANNO

Ger 1,17-19; Sal 70; Mc 6,17-29

29 AGOSTO

Quando il Signore chiama un persona e le affida una missione, sempre le promette la sua assistenza, protezione, custodia, difesa. Anche se chi è stato chiamato dovrà vivere una storia di sofferenza, persecuzione, anche croce, il Signore mai abbandona i suoi inviati. Lui li libera e li salva. Le modalità però sono stabilite dalla sua sapienza, mai dal desiderio o dalla sapienza dell’uomo. Persone differenti, modalità differenti. Abramo è stato chiamato da Dio. A lui il Signore promette di custodirlo nella sua benedizione. Chi lo avrebbe benedetto sarebbe stata da Lui benedetto, ma anche chi lo avrebbe maledetto, sarebbe stato da Lui maledetto. Siamo ai primordi della rivelazione. In seguito Dio interverrà per altre vie e altre modalità.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).

A Mosè promette la sua presenza: “Io sarò con te”. È con Mosè con tutta la sua onnipotenza. Con Mosè il Signore compie ogni prodigio. Tutta la creazione si pone in obbedienza ad ogni suo comando. Persino il Mar Rosso si apre e poi si chiude.

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte» (Es 3,7-12).

Quando Gesù manda i suoi Apostoli nel mondo per dare il Vangelo ad ogni creatura, assicura loro la sua presenza, così come il Padre suo l’aveva assicurata a Mosè. Essi non sono soli. Gesù Signore è con loro. La sua presenza sarà il loro perenne conforto.

Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20).

Oggi il Signore chiama Geremia e lo costituisce suo profeta. Sa di mandarlo “come un agnello in mezzo a lupi della sera”. Sa che gli avrebbe fatto guerra, perseguitandolo anche con desiderio e volontà di eliminarlo. Il Signore gli promette la sua assistenza. Soffrirà, ma non sarà vinto. Sarà perseguitato, ma non abbattuto. Verrà imprigionato, ma nulla potranno fare alla sua vita. I persecutori periranno, lui rimarrà. Il Signore sarà sempre la sua salvezza. Le modalità storiche dell’intervento del Signore sono da lui scelte di volta in volta, quasi sempre per via indiretta e non diretta.

Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore.

Chi vuole combattere il principe del mondo e le sue falsità, deve sapere che dovrà lasciare il suo sangue sul campo di battaglia, o in parte o per intero. Sempre però dovrà avere una certezza nel cuore: lui non sarà vinto dal male, sarà vincitore su di esso. La sua vita è preziosa ed è nelle mani del suo Signore. Non c’è sconfitta per lui.

Regina dei Martiri, Angeli, Santi, date oggi ai discepoli di Gesù questa certezza di fede.

ALLA COMUNIONE CON IL FIGLIO SUO GESÙ CRISTO

1 Cor 1,1-9; Sal 144; Mt 24,42-51

30 AGOSTO

Paolo sa che tutto è dono di Dio e a Lui va innalzata ogni lode, ogni benedizione, ma anche ogni ringraziamento. Nulla è dall’uomo, per suo merito. Tutto invece viene dall’amore eterno del Padre, il quale nella sua misericordia ha tanto amato il mondo da dargli per la sua salvezza il Cristo suo Figlio, chiamando alla fede in Lui ogni uomo. Urge porre ogni attenzione. La fede in Cristo non è solo accoglienza della sua grazia e della sua Parola. Questa via poteva essere con Mosè. Vi è differenza sostanziale tra il crede in Mosè e il credere in Cristo Gesù. Credere in Cristo è non solo accogliere Parola e grazia di Cristo, ma divenire con Cristo un solo corpo, una sola vita. Anzi infinitamente di più. Credere in Cristo è consegnare a Lui il nostro corpo, la nostra vita perché Lui oggi ne faccia il suo strumento o “sacramento” di salvezza e di redenzione per il mondo. La nostra fede non è solo in Cristo, ma anche con Cristo, per Cristo, avendo come finalità non solo la nostra salvezza, ma la salvezza di ogni altro uomo. Questa verità è perfettamente annunziata da Paolo sia nella Lettera ai Filippesi che in quella ai Colossesi. Tutto avviene e si vive in Cristo facendo sì che Cristo viva in noi.

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto,  avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria (Ef 1,2-14). È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce (Col 2,9-15).

La comunione con Cristo è in Cristo e per Cristo. È lasciare che faccia del nostro corpo il suo corpo, in modo che Lui possa vivere tutta la sua vita in noi. Siamo in Lui per Lui.

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

La salvezza per Cristo non è solo un evento giudiziale, di dichiarazione o di applicazione della grazia di Cristo. Essa è evento essenziale, di vera natura cristica.

Madre del Signore, Angeli, Santi, fate che Cristo viva in noi per la redenzione dei cuori.

NOI INVECE ANNUNCIAMO CRISTO CROCIFISSO

1 Cor 1,17-25; Sal 32; Mt 25,1-13

31 AGOSTO

Di tutto si serve lo Spirito Santo per guidare i suoi missionari e condurli a tutta la verità, anche alla verità della salutare e fruttuosa predicazione. Ad Atene Paolo parla ai filosofi del tempo e neanche nomina Gesù. Parla di un uomo. È il fallimento, il rifiuto.

Paolo, mentre li attendeva ad Atene, fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli. Frattanto, nella sinagoga, discuteva con i Giudei e con i pagani credenti in Dio e ogni giorno, sulla piazza principale, con quelli che incontrava. Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui, e alcuni dicevano: «Che cosa mai vorrà dire questo ciarlatano?». E altri: «Sembra essere uno che annuncia divinità straniere», poiché annunciava Gesù e la risurrezione. Lo presero allora con sé, lo condussero all’Areòpago e dissero: «Possiamo sapere qual è questa nuova dottrina che tu annunci? Cose strane, infatti, tu ci metti negli orecchi; desideriamo perciò sapere di che cosa si tratta». Tutti gli Ateniesi, infatti, e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità. Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.

Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta». Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro (At 17,10-34).

Di questa esperienza si serve lo Spirito Santo perché Paolo prenda la decisione di parlare direttamente di Cristo Crocifisso, senza più alcuna tergiversazione. Questa decisione di Paolo creda debba prendere oggi ogni discepolo di Gesù. Cristo Gesù va annunziato in modo diretto. Si deve parlare di Lui e del suo Vangelo con modalità immediate. Tutte le vie indirette sono fallimento, vera dannosa perdita di tempo.

Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Meglio essere rifiutati per annunzio diretto di Cristo Crocifisso e del suo Vangelo che ingannare noi stessi e gli altri passando per vie neanche umanamente sostenibili. È stoltezza pensare che per vie antropologiche o naturali si possa giungere alla verità. La verità è dalla Parola. La Parola va annunziata, La salvezza è Cristo ed è in Lui. Cristo va annunziato. Cristo Crocifisso è l’insostituibile eterno. Mai potrà essere sostituito.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutateci ad annunziare Cristo e Cristo Crocifisso.