Commento teologico alla prima lettura – Agosto 2016

 

1 AGOSTO (Ger 28,1-17)

Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada

Il falso profeta è colui che attinge le parole dal suo cuore, dai suoi desideri, dalle sue immaginazioni e fantasie. Sono parole di falsità, inganno, menzogna, illusione. Falso profeta è lo scienziato, il filosofo, l’antropologo, lo psicologo, il teologo, il conferenziere, il predicatore, l’opinionista, il ministro di Dio, anche il fondatore di religione e di chiese, quando non attinge la Parola dalla più pura verità del vero ed unico Signore e Creatore del cielo e della terra. Vero profeta invece è colui che si lascia mettere la parola di purissima verità sulle sue labbra, senza farla passare né dal cuore, né dalla mente, né dal suo studio e neanche dalle sue riflessioni e meditazioni. Lui ascolta e riferisce. Se ascolta, riferisce. Se non ascolta tace. Anche se per scienza dovesse conoscere Dio più di ogni altro, il vero profeta mai parla se Dio non parla e mai dice se Dio non dice.

Anania è falso profeta perché dice parole contro la Parola di Dio già scritta, proferita, sentenziata, profetizzata. La pace per il popolo del Signore viene dall’obbedienza alla Legge dell’Alleanza. Senza obbedienza, non c’è pace, non c’è vita. Parlare nel nome di Dio, quando Dio non ha parlato, è nominare il nome di Dio invano. È peccare contro la Legge dell’Alleanza che vieta di proferire vanamente il nome del Signore. Anania ha anche l’ardire di contrastare il profeta Geremia, strappandogli il giogo dal collo e rompendolo, attestando che così farà contro Babilonia il Signore. Geremia non gli risponde. Il Signore non parla e lui tace. Il Signore non dice e lui se ne va.

In quell’anno, all’inizio del regno di Sedecìa, re di Giuda, nell’anno quarto, nel quinto mese, Anania, figlio di Azzur, il profeta di Gàbaon, mi riferì nel tempio del Signore sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo: «Così dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Io romperò il giogo del re di Babilonia! Entro due anni farò ritornare in questo luogo tutti gli arredi del tempio del Signore che Nabucodònosor, re di Babilonia, prese da questo luogo e portò in Babilonia. Farò ritornare in questo luogo – oracolo del Signore – Ieconia, figlio di Ioiakìm, re di Giuda, con tutti i deportati di Giuda che andarono a Babilonia, poiché romperò il giogo del re di Babilonia».

Il profeta Geremia rispose al profeta Anania, sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo, che stavano nel tempio del Signore. Il profeta Geremia disse: «Così sia! Così faccia il Signore! Voglia il Signore realizzare le cose che hai profetizzato, facendo ritornare gli arredi nel tempio e da Babilonia tutti i deportati. Tuttavia ascolta ora la parola che sto per dire a te e a tutto il popolo. I profeti che furono prima di me e di te dai tempi antichissimi profetizzarono guerra, fame e peste contro molti paesi e regni potenti. Il profeta invece che profetizza la pace sarà riconosciuto come profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà». Allora il profeta Anania strappò il giogo dal collo del profeta Geremia, lo ruppe e disse a tutto il popolo: «Così dice il Signore: A questo modo io romperò il giogo di Nabucodònosor, re di Babilonia, entro due anni, sul collo di tutte le nazioni».

Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada. Dopo che il profeta Anania ebbe rotto il giogo che il profeta Geremia portava sul collo, fu rivolta a Geremia questa parola del Signore: «Va’ e riferisci ad Anania: Così dice il Signore: Tu hai rotto un giogo di legno, ma io, al suo posto, ne farò uno di ferro. Infatti, dice il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: Pongo un giogo di ferro sul collo di tutte queste nazioni perché siano soggette a Nabucodònosor, re di Babilonia, e lo servano; persino le bestie selvatiche gli consegno». Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania: «Ascolta, Anania! Il Signore non ti ha mandato e tu induci questo popolo a confidare nella menzogna; perciò dice il Signore: Ecco, ti faccio sparire dalla faccia della terra; quest’anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione al Signore». In quello stesso anno, nel settimo mese, il profeta Anania morì.

È questa la grandezza del profeta. Spesso tace anche dinanzi alle più grandi falsità degli uomini. Lui non è da se stesso. È sempre dal Signore. Dio manda Geremia nuovamente da Anania e gli profetizza la sua morte, come segno che la vera parola non è in lui. Questa morte non è solo castigo per Anania a causa della ribellione da lui predicata contro il Signore, molto di più è inflitta perché tutto il popolo si convinca che la vera Parola di Dio è solo in Geremia. Dio non ha mandato altri profeti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni falsa profezia.

 

2 AGOSTO (Ger 30,1-2.12-15.18-22)

Ecco, cambierò la sorte delle tende di Giacobbe

Il vero profeta è un creatore di speranza sempre nuova. La sua speranza non viene dall’osservazione delle cose della terra o dagli andamenti delle cose umane. Si vede un bel sole e si dice che è una bella giornata. Si vedono le nuvole e si parla della pioggia torrenziale che sta per venire. Questa non è né profezia e né offerta di una qualche vera speranza. Speranza è quella creata da Elia. Il cielo era terso, limpido, senza alcuna nuvola e il profeta invitò il re a rifugiarsi in casa perché sarebbe venuta sulla terra acqua in abbondanza. Il vero profeta non profetizza mai dalla storia.

Geremia, vero profeta del Dio vivente, ascolta la voce del Signore e annunzia al suo popolo che la sua ferita è incurabile. Non vi sono rimedi per essa. Il rimedio ci sarebbe: l’ascolto della Parola e la conversione ad essa. Pentirsi delle trasgressioni e ritornare nella più pura fedeltà al patto dell’alleanza. Ma questa via è impercorribile per il popolo del Signore. Il suo cuore è di pietra, la sua mente di ferro, la sua volontà determinata al male, stabilizzata in esso. Come potrà curare il Signore il suo popolo, se esso rifiuta ogni cura. In più vi è un esercito di falsi profeti che profetizzano illusioni.

Ma il Signore è deciso a non abbandonare il suo popolo. Lui vuole salvarlo, redimerlo, liberarlo dal suo male. Da un lato vi è l’impossibilità umana, dall’altro la possibilità divina. Per la salvezza e la redenzione del suo popolo, delle sue creature, Dio dovrà pensare qualcosa che vada infinitamente oltre l’Alleanza Antica. Anche se ancora nulla è stato rivelato al profeta, Geremia annunzia la volontà del suo Dio di redimere, riscattare, salvare i figli di Israele. Come farà questo ancora non è stato manifestato. Sappiamo però che la speranza creata da Geremia si può fondare solo sull’azione onnipotente della grazia del Signore. Dall’osservazione della storia risulta che è impossibile attualmente curare la ferita del popolo. Il profeta annunzia che essa sarà curata. Con quali rimedi? Non lo sappiamo ancora. A suo tempo sarà rivelato.

Parola rivolta a Geremia da parte del Signore: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: Scriviti in un libro tutte le cose che ti ho detto. Così dice il Signore: La tua ferita è incurabile, la tua piaga è molto grave. Nessuno ti fa giustizia; per un’ulcera vi sono rimedi, ma non c’è guarigione per te. Ti hanno dimenticato tutti i tuoi amanti, non ti cercano più; poiché ti ho colpito come colpisce un nemico, con un castigo spietato, per la tua grande iniquità, perché sono cresciuti i tuoi peccati. Perché gridi per la tua ferita? Incurabile è la tua piaga. Ti ho trattato così per la tua grande iniquità, perché sono cresciuti i tuoi peccati. Così dice il Signore: Ecco, cambierò la sorte delle tende di Giacobbe e avrò compassione delle sue dimore. Sulle sue rovine sarà ricostruita la città e il palazzo sorgerà al suo giusto posto. Vi risuoneranno inni di lode, voci di gente in festa. Li farò crescere e non diminuiranno, li onorerò e non saranno disprezzati; i loro figli saranno come un tempo, la loro assemblea sarà stabile dinanzi a me, mentre punirò tutti i loro oppressori. Avranno come capo uno di loro, un sovrano uscito dal loro popolo; io lo farò avvicinare a me ed egli si accosterà. Altrimenti chi rischierebbe la vita per avvicinarsi a me? Oracolo del Signore. Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.

Quando il profeta parla, la terra è un deserto. Vi è ogni assenza di vita. Lui annunzia che essa diventerà un giardino, simile al giardino dell’Eden. Questa speranza di vita non può essere fondata su principi di ordine morale e neanche teologici. Non vi è una teologia che possa creare la speranza e neanche una filosofia. Teologia e filosofia, antropologia e ogni altra scienza, partono dall’osservazione di ciò che è già esistente. Queste scienze vedono il deserto. Desolazione scrutano e di desolazione parlano. Chi è credente – e il teologo dovrebbe esserlo – potrà anche appellarsi al Dio che crea la speranza. Ma lui non sa quale speranza creerà il Signore. Dal passato non può descrivere il futuro. Questa possibilità non gli è data. Solo ai suoi profeti il Signore rivela ciò che lui sta per fare per la salvezza del suo popolo. Chi non è profeta, può anche tratteggiare il futuro. Ma le sue sono solo illusioni e fantasie. Il buon futuro dell’uomo è nella Parola del Signore: Parola già detta e anche Parola che lui dice oggi attraverso i suoi veri profeti. Sono essi gli svelatori di ogni vera speranza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ascoltatori della Parola.

 

3 AGOSTO (Ger 31,1-7)

Ti ho amato di amore eterno

Il Signore rivela a Geremia e per lui, al suo popolo e ad ogni uomo, qual è il solo, l’unico fondamento della vera speranza: il suo amore eterno. È giusto allora chiedersi: Cosa significa per il Signore amarci di un amore eterno? Dalla risposta capiremo perché Lui mai abbandona l’uomo e sempre viene alla sua ricerca per salvarlo.

Amare di amore eterno è amare in Cristo, per Cristo, in Cristo. È infatti Il Verbo Eterno, il suo Figlio Unigenito, l’Amore Eterno del Padre. Dio non solo ama di amore eterno, ci ama con il suo Amore Eterno. Questa verità ci è rivelata dallo stesso Cristo Gesù nel Vangelo secondo Giovanni. Il Padre ama il mondo di amore eterno donando il suo Amore Eterno. Lo dona dalla Croce, da Crocifisso per la nostra redenzione eterna.

Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,13-21).

Il Padre ogni giorno, sino alla fine del secoli, sempre darà il suo Figlio Eterno Incarnato, sempre il Figlio Eterno Incarnato si offrirà al Padre per la salvezza dell’uomo. Mai il Padre si stancherà di offrire il Figlio per noi. Mai il Figlio si stancherà di offrirsi per noi. La salvezza è da questo Amore Eterno, senza mai venire meno, del Padre e del Figlio. Oggi in questo Amore Eterno deve anche inserirsi il corpo di Cristo, che è la Chiesa. Finché la Chiesa sarà Amore Eterno di Dio nell’Amore Eterno di Dio che è Cristo Gesù, mossa e guidata dallo Spirito Santo, sempre la salvezza dell’uomo fiorirà sulla nostra terra. Se invece la Chiesa anche in uno dei suoi figli si stancherà è in quel momento che la salvezza viene meno. Il Padre Celeste, Cristo Signore, il Corpo di Cristo che è la Chiesa sono un solo amore eterno. Dio mai viene meno. Cristo anche mai viene meno. Chi può venire meno è la Chiesa. Se essa viene meno, la salvezza dell’uomo non si compie. È venuto meno l’amore eterno. Il lavoro di Dio nel corso dei secoli è proprio questo: sempre alimentare del suo Amore Eterno la Chiesa perché mai si stanchi ad amare l’uomo di Amore Eterno, divenendo essa stessa in Cristo, Amore Eterno del Padre. È il perenne lavoro di Dio e di Gesù Signore, per opera dello Spirito Santo.

In quel tempo – oracolo del Signore – io sarò Dio per tutte le famiglie d’Israele ed esse saranno il mio popolo. Così dice il Signore: Ha trovato grazia nel deserto un popolo scampato alla spada; Israele si avvia a una dimora di pace». Da lontano mi è apparso il Signore: «Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine d’Israele. Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli e avanzerai danzando tra gente in festa. Di nuovo pianterai vigne sulle colline di Samaria; dopo aver piantato, i piantatori raccoglieranno. Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno sulla montagna di Èfraim: “Su, saliamo a Sion, andiamo dal Signore, nostro Dio”. Poiché dice il Signore: Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”.

Israele può esultare, il mondo può gioire. Non vi sarà un solo giorno in cui il Signore non amerà il suo popolo. Sempre Lui verrà per la loro salvezza. Se Lui si stancasse anche per un solo istante, il mondo precipiterebbe in una morte eterna senza alcun rimedio. Invece Lui non si stanca, ogni giorno viene e ci invita a lasciarci rinnovare dal suo Amore Eterno e la speranza sempre brilla dinanzi ai nostri occhi. Chi si perde, chi muore, chi si danna, lo fa solo per sua colpa, per sua grave eterna responsabilità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Amore Eterno di Dio.

 

4 AGOSTO (Ger 31-31-34)

Porrò la mia legge dentro di loro

Quando Dio creò l’uomo, pose la sua legge nel loro cuore. La fece risuonare anche al loro orecchio. Il peccato ha però provocato una vera devastazione nella stessa natura. Ha creato quella morte che è separazione all’interno dell’uomo delle sue molteplici facoltà. Tutto è devastato, ma non cancellato. Il programma va ripristinato. È questa la volontà che Dio manifesta a Geremia: ricreare nell’uomo il suo programma di vita.

Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo lo fece tornare. Egli assegnò loro giorni contati e un tempo definito, dando loro potere su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni vivente infuse il timore dell’uomo, perché dominasse sulle bestie e sugli uccelli. Ricevettero l’uso delle cinque opere del Signore, come sesta fu concessa loro in dono la ragione e come settima la parola, interprete delle sue opere. Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro per pensare. Li riempì di scienza e d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il male. Pose il timore di sé nei loro cuori, per mostrare loro la grandezza delle sue opere, e permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. Loderanno il suo santo nome per narrare la grandezza delle sue opere. Pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita, affinché riconoscessero che sono mortali coloro che ora esistono. Stabilì con loro un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti. I loro occhi videro la grandezza della sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce maestosa. Disse loro: «Guardatevi da ogni ingiustizia!» e a ciascuno ordinò di prendersi cura del prossimo (Sir 17,1-14).

Tutti quelli che hanno peccato senza la Legge, senza la Legge periranno; quelli invece che hanno peccato sotto la Legge, con la Legge saranno giudicati. Infatti, non quelli che ascoltano la Legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la Legge saranno giustificati. Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini, secondo il mio Vangelo, per mezzo di Cristo Gesù (Rm 2,12-16).

Perciò così dice il Signore, Dio d’Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste: “Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli. Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi, perché mi temano tutti i giorni, per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di loro. Concluderò con loro un’alleanza eterna e non cesserò più dal beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si allontanino da me. Proverò gioia nel beneficarli; li farò risiedere stabilmente in questo paese, e lo farò con tutto il cuore e con tutta l’anima (Ger 32,36-41).

Cosa è la Nuova Alleanza? È mettere nel cuore dell’uomo, in maniera infinitamente più mirabile della sua stessa antica creazione, il suo programma spirituale di vita. Questo programma ha un solo nome: cuore nuovo, cuore di carne capace di amare, cuore capace di governare la propria vita secondo la nuova Legge che Dio scriverà in esso.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato».

Oggi il Signore non rivela quando e come questa Nuova Alleanza sarà stipulata. Essa sarà così alta, così nuova, così diversa da risultare attualmente non credibile. Ora basta sapere che Lui farà l’uomo più nuovo di quando esso è uscito dalle sue mani.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dal cuore sempre nuovo.

 

5 AGOSTO (Na 2,1.3; 3,1-3.6-7)

Ninive è distrutta! Chi la compiangerà?

Naum è il profeta che annunzia la caduta di Ninive. Questa profezia non va separata dall’altra che è quella di Giona. Naum e Giona devono integrarsi. L’uno non può essere compreso senza l’altro. Qual è la verità che dovrà essere posta a fondamento per comprendere secondo il cuore di Dio l’una e l’altra profezia? È il suo amore che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Quanto il Signore rivela per mezzo del profeta Ezechiele dovrà essere eterno principio ermeneutico per leggere e comprendere ogni Parola proferita da Dio nel passato, nel presente e nel futuro.

Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più causa della vostra rovina. Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o casa d’Israele? Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete (Ez 18,30-32).

Questo principio rivela che per tutto il tempo in cui l’uomo vive sulla terra, ogni intervento del Signore è per la sua conversione. Il suo giudizio non è per la vendetta o per la punizione, ma solo perché abbandoni la via del male e ritorni a compiere opere di vera giustizia, nella fedeltà e nell’obbedienza alla verità sia della Legge che della natura. Questa verità è attestata dal profeta Giona. Lui viene inviato proprio a Ninive per invitare quel popolo numeroso alla conversione. Il popolo si converte e il Signore non distrugge la città. Dio non gode della morte del peccatore. Gioisce del suo ritorno nella verità e giustizia. Lui non è un Dio che si vendica. È invece il Dio del perdono.

Se Dio non è il Dio della vendetta, della più stretta giustizia, ma è il Dio della misericordia, della pietà, del perdono, dell’invito alla conversione, perché allora le sue profezie minacciano morti, distruzioni, assenza di pace, diluvi sociali, sconvolgimenti politici, devastazioni e ogni altra calamità? Dio dice queste cose per rivelare all’uomo quali sono i frutti delle sue oppressioni, violenze, disobbedienza alla verità e alla Legge, stoltezze, insipienze, malvagità, cattiverie, superbia, avarizia, ogni altro vizio. Il Signore per mezzo del suo profeta dice a Ninive quali frutti produrrà la sua ostinata volontà a compiere ogni ingiustizia verso gli altri popoli e anche contro il popolo del Signore. Una volta che il profeta ha parlato, ognuno sa quale sarà il suo futuro di peccato e di male. Se vuole potrà convertirsi, per evitare di gustare i suoi frutti avvelenati. La profezia è sempre per il ritorno in vita. Essa è un atto di amore di Dio.

Ecco sui monti i passi d’un messaggero che annuncia la pace! Celebra le tue feste, Giuda, sciogli i tuoi voti, poiché il malvagio non passerà più su di te: egli è del tutto annientato. Contro di te avanza un distruttore. «Monta la guardia alla fortezza, sorveglia le vie, cingi i tuoi fianchi, raccogli tutte le forze». Infatti il Signore restaura il vanto di Giacobbe, rinnova il vanto d’Israele, anche se i briganti li hanno depredati e saccheggiano i loro tralci.

Guai alla città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine, che non cessa di depredare! Sibilo di frusta, fracasso di ruote, scalpitìo di cavalli, cigolìo di carri, cavalieri incalzanti, lampeggiare di spade, scintillare di lance, feriti in quantità, cumuli di morti, cadaveri senza fine, s’inciampa nei cadaveri. Ti getterò addosso immondizie, ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio. Allora chiunque ti vedrà, fuggirà da te e dirà: “Ninive è distrutta! Chi la compiangerà? Dove cercherò chi la consoli?”.

Ninive sa cosa l’attende nell’immediato futuro. Essa sarà distrutta, annientata, devastata. Potrà Ninive salvarsi da questa minaccia di morte? Sì. A condizione che si converta dalla sua cattiva condotta e ritorni nella verità. Questo principio non vale solo per Ninive. Anche noi siamo stati avvisati. Stiamo camminando verso l’inferno. Ma non per questo finiremo in esso. Vi finiremo se non ascolteremo la profezia del Signore e persevereremo nella nostra malvagità e cattiveria del cuore e della mente. Se invece ci convertiremo, la profezia ha prodotto il suo effetto di vita. L’effetto di morte lo genera solo nella nostra non conversione e nella volontà di non ritornare al nostro Dio. Ogni profezia di Dio – e ogni sua Parola è vera profezia – è per la conversione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci nella conversione.

 

6 AGOSTO (Dn 7,9-10.13-14)

Il suo potere è un potere eterno

Gesù durante la sua vita pubblica quando parla di se stesso, sempre si annunzia come “Il Figlio dell’uomo”. È questo un titolo messianico misterioso, lontano da ogni interpretazione fortemente politicizzata dell’altro titolo: “Il Figlio di Davide”.

Gli rispose Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 20). Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora il paralitico, prendi il tuo letto e va’ a casa tua” (Mt 9, 6). Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo (Mt 10, 23). E’ venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere” (Mt 11, 19). Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato” (Mt 12, 8). A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12, 32). Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra (Mt 12, 40). Ed egli rispose: “Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo (Mt 13, 37). Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità (Mt 13, 41). Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” (Mt 16, 13). Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni (Mt 16, 27). In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno (Mt 16, 28). E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti” (Mt 17, 9). Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, l’hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro” (Mt 17, 12). Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: “Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini (Mt 17, 22). E’ venuto infatti il Figlio dell’uomo a salvare ciò che era perduto (Mt 18, 11). E Gesù disse loro: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele (Mt 19, 28). “Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte (Mt 20, 18). Appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28). Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo (Mt 24, 27). Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria (Mt 24, 30). Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo (Mt 24, 37). e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo (Mt 24, 39). Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà (Mt 24, 44). Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria (Mt 25, 31). “Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso” (Mt 26, 2). Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!” (Mt 26, 24). Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: “Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori (Mt 26, 45). “Tu l’hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo ” (Mt 26, 64). Questo solo nel Vangelo secondo Matteo.

Una verità va necessariamente annunziata: la scala per salire fino a Dio e ricevere il regno eterno, la gloria, l’onore e ogni altro potere divino è la croce. Il Figlio dell’uomo è il Crocifisso. Dalla Croce Lui sarà costituito vero Figlio dell’uomo dal potere eterno.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Il Figlio dell’uomo e la Croce sono una sola verità, una sola rivelazione, un solo mistero. Il Figlio dell’uomo Crocifisso, che è il vero Figlio di Dio, è il Re dal regno eterno, dai poteri divini ed eterni, dalla gloria eterna. È questa la sua vera essenza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Gesù.

 

7 AGOSTO – XIX Domenica T.O. – (Sap 18,6-9)

Di condividere allo stesso modo successi e pericoli

Non può esistere mai nessun popolo di Dio, nessuna comunità cristiana, nessuna vera Chiesa di Cristo Gesù, nessun suo vero corpo, senza vivere di comunione reale. La comunione reale deve trasformarsi in comunione spirituale e la comunione spirituale sempre divenire comunione reale. Uno solo è il copro, una sola deve essere la vita e non vi è vera vita di fede se manca la comunione reale. Ecco come san Paolo annunzia sia l’unità del solo corpo e sia la necessità della condivisione dei beni.

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti (EF 4,1-6).

Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. È necessario infatti che sorgano fazioni tra voi, perché in mezzo a voi si manifestino quelli che hanno superato la prova. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati; quando poi siamo giudicati dal Signore, siamo da lui ammoniti per non essere condannati insieme con il mondo. Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta (1Cor 11,17-34).

L’unità della comunità dei figli di Israele Dio l’ha fondata prima di ogni altra cosa sul fondamento della sua Legge. Un solo Dio, un solo popolo, una sola Legge. Il secondo fondamento è stato sulla sua santità. Io sono santo, voi sarete santi. Io vi amo, voi vi amerete. Nell’amore sarete un solo popolo. Si ama condividendo successi e pericoli.

Quella notte fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.

La comunione della cena del Signore è condivisione di una sola fede, una sola speranza, una sola vita. Come si è una cosa sola mentre si mangia la cena così si deve essere una cosa sola in ogni altro momento della vita. La Cena è per noi il sacramento dell’unità, il momento della sua creazione. Si crea l’unità nella Cena per vivere di unità e di comunione nella vita. La comunione si vive nell’osservanza della Parola di Cristo, nella manifestazione del suo amore ad ogni persona. Mangiando la Cena, ognuno si impone questa legge divina. Dall’imposizione poi deve passare all’obbedienza ininterrotta ad essa. Dall’obbedienza nasce la vera comunità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera Chiesa di Gesù.

 

8 AGOSTO (Ez 1,2-5.24-28c)

Fra i deportati sulle rive del fiume Chebar

Dalla conoscenza della storia di Israele sappiamo che Dio, volendo camminare con il suo popolo, aveva prima deciso di abitare nell’Arca dell’Alleanza con la sua Legge e dal propiziatorio di essa, parlare al suo fedele servitore Mosè. Quando poi Salomone gli ha costruito il tempio in Gerusalemme, Lui venne e vi prese dimora, stabilendosi in modo stabile e continuativo in mezzo al suo popolo. Era come se il tempio e Dio fossero divenuti una cosa sola, una sola realtà inseparabile. Questa visione di fede fece cadere il popolo nell’illusione. Mai il Signore permetterà che la sua casa venga distrutta e questo vale anche per Gerusalemme. Il tempio serviva come garanzia per il peccato di idolatria e di immoralità per il popolo del Signore.

Quanto vede Ezechiele è la distruzione di questa fede erronea e mal concepita del popolo del Signore. Dio e il suo tempio non sono una cosa sola. Il tempio è il tempio e Dio è Dio. Dio è nel tempio non per il tempio, ma per il suo popolo. Se il popolo di Dio non esiste più, a nulla serve rimanere nel tempio. Se il popolo è in esilio, anche Dio è in esilio insieme al suo popolo. Dio sta dove è il suo popolo. Il suo popolo è in una terra lontana e anche il Signore è in una terra lontana. Così Ezechiele distrugge tutte le false certezze, le false sicurezze, ogni errore che si era insinuato nella fede del suo popolo. Dio non è a servizio del peccato. È invece a servizio della giustizia, della fedeltà, dell’amore, dell’obbedienza del suo popolo. Lui è in esilio per aiutare il suo popolo. Questa verità viene annunziata con divina chiarezza dal Secondo Libro dei Maccabei.

Antioco si inorgoglì, non comprendendo che il Signore si era sdegnato per breve tempo a causa dei peccati degli abitanti della città e perciò quel luogo era stato abbandonato. Se essi non si fossero trovati implicati in molti peccati, come era avvenuto per Eliodoro, mandato dal re Seleuco a ispezionare la camera del tesoro, anche egli, appena giunto, sarebbe stato subito flagellato e distolto dalla sua audacia. Ma il Signore aveva eletto non già il popolo a causa di quel luogo, ma quel luogo a causa del popolo. Perciò anche il luogo, dopo essere stato coinvolto nelle sventure piombate sul popolo, da ultimo ne condivise i benefici; esso, che per l’ira dell’Onnipotente aveva sperimentato l’abbandono, per la riconciliazione del grande Sovrano fu ripristinato in tutta la sua gloria (2Mac 5,17-20).

Oggi il Signore Onnipotente è visto in terra straniera. Ezechiele non vede la gloria di Dio abitare nel suo luogo sacro. La vede alta nel cielo. La vede sui cieli di Babilonia, in terra straniera. La vede in mezzo al suo popolo in esilio. Giuda è in esilio e anche il suo Dio è in esilio. È questo un segno di grande speranza. Dio vuole essere il Dio del suo popolo, in mezzo al suo popolo. Se il Signore abbandonasse la sua eredità, per essa vi sarebbe solo la morte. Il Signore vuole realizzare l’opera di conversione degli esiliati.

Nell’anno trentesimo, nel quarto mese, il cinque del mese, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del fiume Chebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine. Era l’anno quinto della deportazione del re Ioiachìn, il cinque del mese: la parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele, figlio di Buzì, nel paese dei Caldei, lungo il fiume Chebar. Qui fu sopra di lui la mano del Signore. Io guardavo, ed ecco un vento tempestoso avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di metallo incandescente. Al centro, una figura composta di quattro esseri animati, di sembianza umana. Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d’un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali. Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste. Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve qualcosa come una pietra di zaffìro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembravano i suoi fianchi in su, mi apparve splendido come metallo incandescente e, dai suoi fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore simile a quello dell’arcobaleno fra le nubi in un giorno di pioggia.

Dio non è nelle nostre strutture religiose, sacre. Lui è là dove vi è l’uomo da redimere, salvare, convertire, portare nella sua Parola, nella sua giustizia, nella sua divina carità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci una visione vera di Dio.

 

9 AGOSTO (Os 2,16b.17b.21-22)

Ti farò mia sposa per sempre

Per comprendere quanto il Signore rivela ad Osea sulla nuova relazione che Lui vuole instaurare con il suo popolo, è cosa più che giusta leggere un brano della Genesi.

E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne (Gen 2,18-24).

Dio vede che l’uomo è solo. È senza alcuna possibilità di essere come Dio. Pur essendo stato fatto a sua immagine e somiglianza, mai potrà esserlo. È solo. È pieno di vita, ma non può dare la vita. Non può dare se stesso come vita generando un’altra vita. Dio gli crea la donna e l’uomo con lei potrà essere a vera immagine e somiglianza del suo Dio. Potrà generare la vita, come Dio ha generato la vita donandola al suo Figlio Eterno. Dio non ha dato la vita per creazione. L’ha data per generazione eterna.

Applichiamo questo principio della generazione della vita al popolo del Signore. Dio per generare la sua vita spirituale in ogni cuore ha bisogno di una sposa. Ha bisogno di un cuore, di un corpo, di una vita umana. Non però che sia fuori di Lui, con un legame esterno a Lui, fondato sulla pura osservanza di una Legge. Dio vuole un cuore che divenga con Lui un solo cuore, una vita che sia la sua stessa vita, un popolo che sia il suo stesso corpo, corpo visibile, del suo purissimo spirito, attraverso il quale generare nel mondo tutta la potenza della vita che è in Lui. Il desiderio di Dio di essere un solo spirito facendo del suo popolo il suo vero corpo, il corpo attraverso il quale generare la sua vita in ogni cuore, non è stato mai possibile. Israele non ha mai compreso questa volontà e questo desiderio di Dio. Tutto questo però si è compiuto con l’Incarnazione del Figlio suo. L’umanità è divenuta sua vera sposa e con essa crocifissa sul legno, la vera vita, la vita eterna di Dio, può essere data ad ogni uomo.

La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.

Qual è ora il desiderio di Dio, in Cristo Gesù? È fare di ogni uomo, il suo corpo, la sua vera sposa, attraverso la quale generare sino alla consumazione dei secoli, la vera vita in molti cuori. Se l’uomo non diviene sposa di Cristo, suo vero corpo, Cristo rimane come se fosse sterile, impossibilitato a dare la vita eterna ai cuori. Gli manca colui che concepisce questa vita e la partorisce per darla a quanti ne sono ancora privi. Ma anche l’uomo rimane un essere inutile. Lavora per il nulla. Si affatica per la vanità. Non essendo vera sposa di Cristo, non compie l’opera del dono della vita eterna dopo averla concepita per opera di Cristo, nello Spirito Santo, nel suo cuore e nella sua anima. È una verità questa che mai dovrà essere dimenticata. Come naturalmente l’uomo dona la vita solo attraverso la donna e la donna per mezzo dell’uomo, così dicasi soprannaturalmente in ordine al dono della vita eterna. Cristo Gesù concepisce e dona la vita solo attraverso la sua Sposa che è la Chiesa, che è ogni suo discepolo che vuole divenire con Lui un solo spirito, un solo cuore, una sola anima. Lui dona alla Sposa la vita eterna, la Sposa la concepisce nel suo cuore, la dona ad ogni suo fratello. È solo in questo sposalizio che l’uomo raggiunge il sommo della sua verità.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vere spose di Gesù.

 

10 AGOSTO (2Cor 9,6-10)

Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà

La verità del cristiano è la sua carità. Il discepolo di Gesù è tanto più vero per quanto più grande è il suo amore, la sua misericordia, la sua compassione, la sua pietà. Più il cristiano cresce in verità e più cresce in amore. Meno cresce in amore e meno cresce nella verità. Si può crescere in amore se si pone al fondamento di questa crescita un’altissima verità di fede: quanto il Signore ci dona è infinitamente più grande di quanto noi possiamo donare. Più carità seminiamo e più carità raccoglieremo.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia. Allora si diceva tra le genti: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro». Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia. Ristabilisci, Signore, la nostra sorte, come i torrenti del Negheb. Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia. Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni (Sal 126 (125) 1-6).

San Paolo proclama la beatitudine del dare, riferendola al Signore. Quando uno dona con libertà, prodigalità, gioia, è allora che lui è veramente beato. È come Cristo.

E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”» (At 20,32-35).

Gesù ci rassicura. Il bene fatto torna sempre su colui che lo compie, ma torna in maniera sovrabbondante. L’elemosina, la carità sono in assoluto il migliore investimento. Ci donano un capitale inesauribile sulla terra e uno eterno nel cielo. Se avessimo questa fede, investiremmo bene i nostri risparmi. Non li affideremmo a sciacalli e a iene, pronti a divorare anche le nostre carni mentre si è ancora in vita.

Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,27-38).

San Paolo ha indetto una colletta per la Chiesa povera di Gerusalemme. Chiede a tutti di essere larghi e generosi. Quanto essi daranno sarà centuplicato dal Signore.

Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti: Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno. Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.

Mai chi manca di fede nel Signore potrà operare la carità secondo carità. Mai.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la vera carità.

 

11 AGOSTO (Ez 12,1-2.)

Tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli

Attualmente il popolo del Signore è una genìa di ribelli perché incapace di convertirsi. Tutto il Libro di Ezechiele attesta la ribellione del popolo alla Parola del suo Dio.

Mi disse: “Figlio dell’uomo, io ti mando agli Israeliti, a un popolo di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri hanno peccato contro di me fino ad oggi (Ez 2, 3). Ascoltino o non ascoltino – perché sono una genìa di ribelli – sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro (Ez 2, 5). Ma tu, figlio dell’uomo non li temere, non aver paura delle loro parole; saranno per te come cardi e spine e ti troverai in mezzo a scorpioni; ma tu non temere le loro parole, non t’impressionino le loro facce, sono una genìa di ribelli (Ez 2, 6). Tu riferirai loro le mie parole, ascoltino o no, perché sono una genìa di ribelli (Ez 2, 7). E tu, figlio dell’uomo, ascolta ciò che ti dico e non esser ribelle come questa genìa di ribelli; apri la bocca e mangia ciò che io ti do” (Ez 2, 8). Come diamante, più dura della selce ho reso la tua fronte. Non li temere, non impaurirti davanti a loro; sono una genìa di ribelli” (Ez 3, 9). Ti farò aderire la lingua al palato e resterai muto; così non sarai più per loro uno che li rimprovera, perché sono una genìa di ribelli (Ez 3, 26). Ma quando poi ti parlerò, ti aprirò la bocca e tu riferirai loro: Dice il Signore Dio: chi vuole ascoltare ascolti e chi non vuole non ascolti; perché sono una genìa di ribelli” (Ez 3, 27). Perciò, dice il Signore Dio: Poiché voi siete più ribelli delle genti che vi circondano, non avete seguito i miei comandamenti, non avete osservato i miei decreti e neppure avete agito secondo i costumi delle genti che vi stanno intorno (Ez 5, 7). “Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli (Ez 12, 2). Tu, figlio dell’uomo, fa’ il tuo bagaglio da deportato e, di giorno davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo, davanti ai loro occhi: forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli (Ez 12, 3). “Figlio dell’uomo, non t’ha chiesto il popolo d’Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo? (Ez 12, 9). perché io, il Signore, parlerò e attuerò senza indugio la parola che ho detta. Anzi, ai vostri giorni, o genìa di ribelli, pronunzierò una parola e l’attuerò: parola del Signore Dio” (Ez 12, 25). “Parla dunque a quella genìa di ribelli: Non sapete che cosa significa questo? Dì ancora: Ecco, il re di Babilonia è giunto a Gerusalemme, ha preso il re e i prìncipi e li ha trasportati con sé in Babilonia (Ez 17, 12). Separerò da voi i ribelli e quelli che si sono staccati da me; li farò uscire dal paese in cui dimorano, ma non entreranno nel paese d’Israele: così saprete che io sono il Signore (Ez 20, 38). Proponi una parabola a questa genìa di ribelli dicendo loro: Così dice il Signore Dio: Metti su la pentola, mettila e versavi acqua (Ez 24, 3). Riferirai a quei ribelli, alla gente d’Israele: Così dice il Signore Dio: Troppi sono stati per voi gli abomini, o Israeliti! (Ez 44, 6).

La stessa condizione di ostinazione e di ribellione è quella che riscontra Gesù Signore. Lui invece parla di generazione adultera, incredula, perversa, peccatrice, malvagia.

“Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta (Mt 12, 39). Una generazione perversa e adultera cerca un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona”. E lasciatili, se ne andò (Mt 16, 4). E Gesù rispose: “O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui” (Mt 17, 17). Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi” (Mc 8, 38). Egli allora in risposta, disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me” (Mc 9, 19). Gesù rispose: “O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conducimi qui tuo figlio” (Lc 9, 41). Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona (Lc 11, 29).

Il profeta è il segno più grande della misericordia del Signore per il suo popolo. Ezechiele è mandato in mezzo a questa genìa di ribelli come purissimo dono di grazia.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dal cuore mite e umile.

 

12 AGOSTO (Ez 16,1-15.60-63)

Giungesti fino ad essere regina

Dio ha bisogno di una sposa per poter amare l’uomo del vero amore di salvezza. Ancora però non l’ha trovata. Si è innamorato del suo popolo, ma con scarsi, anzi con nessun risultato. Il Signore ha consumato tutte le sue energie spirituali per elevare Israele all’altissima dignità di sua sposa, ma poi la sposa subito lo ha tradito, concedendosi ad ogni idolo delle genti. Ezechiele in questa sua profezia racconta tutto l’amore di Dio per il suo popolo, ma anche il tradimento del suo popolo verso il suo Dio.

Il Signore però non si perde d’animo, non si abbatte, non si tira indietro. Continuerà a lavorare per farsi una sposa che sia veramente secondo le esigenze del suo amore. Sarà Lui stesso a crearsela e la crea nella Vergine Maria. Sappiamo che questa donna è stata da Lui creata senza peccato originale, piena di grazia. L’ha fatta suo tabernacolo vivente dal primo istante del suo concepimento. Maria ha risposto a tutte le attese di Dio, senza mai compiere un solo atto di tradimento. Gli è stata fedelissima per tutti i giorni della sua vita. Da Lei il Signore ha fatto nascere il Figlio suo Unigenito, il suo Figlio eterno. Da Lei ha attinto la sposa per il Figlio, perché per suo mezzo potesse salvare l’umanità. Le risorse dell’amore di Dio mai vengono meno.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.

Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio.

Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita, concedendo i tuoi favori a ogni passante. Ma io mi ricorderò dell’alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un’alleanza eterna. Allora ricorderai la tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole, che io darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza. Io stabilirò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore, perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto». Oracolo del Signore Dio.

Anche oggi il Signore va in cerca di una sposa per il Figlio suo, perché per suo mezzo possa continuare a redimere, salvare, liberare l’uomo dalla fossa nella quale è precipitato e precipita a causa del suo peccato. Posso attestare che una sposa l’ha travata. Una donna piccola, semplice, umile, ricca di amore per Lui, per il suo Sposo, il suo Eterno Amore. E Gesù, per mezzo di essa, sta chiamando molti cuori, molte anime perché divengano anche loro sue spose in modo che la sua redenzione non rimanga solamente un’opera a metà, ma possa salvare il mondo intero. Lo abbiamo già manifestato questo pensiero. Come un uomo non può generare senza la donna, così Gesù non può dare vera salvezza senza la sua sposa. La sua sposa è il suo corpo, nel suo corpo, è ogni cuore che si consacra interamente al suo amore, nella sua Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vere spose di Gesù.

 

13 AGOSTO (Ez 18,1-10.13b.30-32)

Io non godo della morte di chi muore

Con il profeta Ezechiele la rivelazione veterotestamentaria compie una vera grande, grandissima rivoluzione. Essa è tutta in questa frase: “Io non godo della morte di chi muore”. Lui lavora perché ogni uomo di formi un cuore nuovo e uno spirito nuovo per vivere. Questa stessa verità viene poi confermata dal Libro della Sapienza.

Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita (Sap 11,21-26).

Ma hai avuto indulgenza anche di costoro, perché sono uomini, mandando loro vespe come avanguardie del tuo esercito, perché li sterminassero a poco a poco. Pur potendo in battaglia dare gli empi nelle mani dei giusti, oppure annientarli all’istante con bestie terribili o con una parola inesorabile, giudicando invece a poco a poco, lasciavi posto al pentimento, sebbene tu non ignorassi che la loro razza era cattiva e la loro malvagità innata, e che la loro mentalità non sarebbe mai cambiata, perché era una stirpe maledetta fin da principio; e non perché avessi timore di qualcuno tu concedevi l’impunità per le cose in cui avevano peccato. E chi domanderà: «Che cosa hai fatto?», o chi si opporrà a una tua sentenza? Chi ti citerà in giudizio per aver fatto perire popoli che tu avevi creato? Chi si costituirà contro di te come difensore di uomini ingiusti? Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto (Sap 12,8-13).

Mentre nella prima legislazione di Israele, molti peccati venivano puniti con la morte, a poco a poco la conversione e il pentimento divengono vera legge di amore per il Signore. Il primo a sperimentare questa possibilità fu il re Davide. Dopo il suo peccato di adulterio, il Signore gli concesse la grazia del pentimento. Nessuna morte per Lui. “Il Signore ha perdonato il tuo peccato. Tu non morirai”. Queste le parole di Natan.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Perché andate ripetendo questo proverbio sulla terra d’Israele: “I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati”? Com’è vero che io vivo, oracolo del Signore Dio, voi non ripeterete più questo proverbio in Israele. Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e quella del figlio è mia; chi pecca morirà. Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, se non mangia sui monti e non alza gli occhi agli idoli della casa d’Israele, se non disonora la moglie del suo prossimo e non si accosta a una donna durante il suo stato d’impurità, se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l’affamato e copre di vesti chi è nudo, se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall’iniquità e pronuncia retto giudizio fra un uomo e un altro, se segue le mie leggi e osserva le mie norme agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, oracolo del Signore Dio. Ma se uno ha generato un figlio violento e sanguinario che commette azioni inique, poiché ha commesso azioni abominevoli, costui morirà e dovrà a se stesso la propria morte. Perciò io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, o casa d’Israele. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più causa della vostra rovina. Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o casa d’Israele? Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete.

Questo non vuol dire che l’uomo possa peccare a suo piacimento, pensando che la misericordia di Dio è infinita e cancella tutti i peccati. La Rivelazione aggiunge a questa legge di amore e di pietà, due altre leggi. Non tentare il Signore con i peccati, perché si potrebbe giungere al punto del non ritorno. Israele ha voluto tentare il suo Dio immergendosi di peccato in peccato e il popolo fu distrutto, decimato, esiliato. Gesù vi aggiunge il peccato contro lo Spirito Santo. Chi commette questo peccato non sarà mai perdonato, né sulla terra e né nell’eternità. È reo di morte eterna.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci nella vera conversione.

 

14 AGOSTO – XX Domenica T.O. – (Ger 38,4-6.8-10)

Non cerca il benessere del popolo, ma il male

Cerca il male del popolo, dell’uomo, di ogni popolo e nazione, il falso profeta. La sua parola di inganno e di menzogna apre la porta al peccato. Il peccato è vero veleno di morte. Dove vive il peccato, vivono la morte, la maledizione, ogni sofferenza. Vivono ingiustizie, immoralità, stoltezze, insipienze. Quando ad un popolo gli si dona la licenza di peccare contro il Signore, questo popolo è condannato a morte. Il falso profeta lavora per il male, vuole il male. Dietro i suoi passi camminano morte e desolazione. Quando il popolo peccò nel deserto, perché si era costruito il vitello d’oro, con il permesso di Aronne, Mosè disse al fratello delle parole che vanno meditate, pesate.

Mosè si voltò e scese dal monte con in mano le due tavole della Testimonianza, tavole scritte sui due lati, da una parte e dall’altra. Le tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle tavole. Giosuè sentì il rumore del popolo che urlava e disse a Mosè: «C’è rumore di battaglia nell’accampamento». Ma rispose Mosè: «Non è il grido di chi canta: “Vittoria!”. Non è il grido di chi canta: “Disfatta!”. Il grido di chi canta a due cori io sento». Quando si fu avvicinato all’accampamento, vide il vitello e le danze. Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò dalle mani le tavole, spezzandole ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece bere agli Israeliti. Mosè disse ad Aronne: «Che cosa ti ha fatto questo popolo, perché tu l’abbia gravato di un peccato così grande?». Aronne rispose: «Non si accenda l’ira del mio signore; tu stesso sai che questo popolo è incline al male. Mi dissero: “Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. Allora io dissi: “Chi ha dell’oro? Toglietevelo!”. Essi me lo hanno dato; io l’ho gettato nel fuoco e ne è uscito questo vitello». Mosè vide che il popolo non aveva più freno, perché Aronne gli aveva tolto ogni freno, così da farne oggetto di derisione per i loro avversari. Mosè si pose alla porta dell’accampamento e disse: «Chi sta con il Signore, venga da me!». Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Disse loro: «Dice il Signore, il Dio d’Israele: “Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio vicino”» (Es 32,15-27).

Attualmente sono tutti i falsi profeti che stanno costruendo una fossa per seppellire il popolo, quando a causa loro, verrà la catastrofe. Eppure sono essi che accusano Geremia di volere il male di Giuda e di Gerusalemme perché sta annunziando loro la vera Parola di Dio secondo la quale senza vera conversione Dio non potrà intervenire per la salvezza e il popolo sarà distrutto, decimato, esiliato. Per non far sentire più la vera Parola del Signore, Geremia viene preso e gettato in una cisterna piena di fango, perché muoia. Dio però non vuole la sua morte, interviene e lo salva per mezzo di una persona che si lascia muovere a pietà e a compassione.

I capi allora dissero al re: «Si metta a morte quest’uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché quest’uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecìa rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, un figlio del re, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango. Ebed-Mèlec uscì dalla reggia e disse al re: «O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame là dentro, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Mèlec, l’Etiope: «Prendi con te tre uomini di qui e tira su il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia».

Il profeta sperimenta la sofferenza di Dio nel suo corpo. Il sommo della sofferenza la vive Gesù sulla Croce. Essa ci dice fin dove giunge il peccato: fino ad annientare Dio. In Cristo Dio fisicamente è crocifisso, fisicamente è annientato, fisicamente è sommerso dal dolore. Sulla croce vediamo fisicamente ciò che il peccato produce spiritualmente, invisibilmente nel cuore di Dio. Il peccato trafigge il cuore di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci senza peccato.

 

15 AGOSTO (Ap 11,19a; 12.1-6a.10b)

Una donna vestita di sole

Oggi siamo chiamati a contemplare, ammirare, lodare, celebrare, esaltare, magnificare, gioire per la bellezza spirituale della Madre di Gesù e Madre nostra. Quando la Scrittura vuole descrivere la bellezza della sapienza, si serve delle cose più belle che esistono nella creazione di Dio. L’insieme delle cose assunte dice il grado di bellezza della sapienza. Bellezza si aggiunge a bellezza, splendore a splendore.

Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon. Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose in Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata. Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, ònice e storace, come nuvola d’incenso nella tenda. Come un terebinto io ho esteso i miei rami e i miei rami sono piacevoli e belli. Io come vite ho prodotto splendidi germogli e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza. Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza; eterna, sono donata a tutti i miei figli, a coloro che sono scelti da lui. Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele. 21Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà» (Sir 24, 13-22).

Gesù, volendo mostrare al discepolo che lui ama, la bellezza della Madre sua, lascia la terra, prende il Cielo come paragone. La bellezza della Vergine Maria si ottiene aggiungendo la bellezza della luna, delle stelle alla quale va aggiunta la bellezza dello stesso Dio. Il Padre celeste ha rivestito Maria di tutta la bellezza del suo firmamento e ad essa che è già perfetta vi ha anche aggiunto la sua bellezza divina. L’ha rivestita di sé, di sé l’ha ammantata. È come se tutta la bellezza del creato e di Dio adornasse Maria. Tanto bella il Signore ha voluto che Lei fosse. Bellezza simile mai è esistita e mai esisterà. Il Signore ha esaurito tutti i suoi colori, tutta la sua sapienza, tutta la sua scienza. In Lei Dio può contemplare se stesso e ammirarsi in tutto il suo splendore.

Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte.

Sapendo che il paragone non regge, possiamo applicare a Maria e al resto dell’umanità, sempre in ordine alla bellezza spirituale, quanto avviene tra Isacco, Giacobbe ed Esaù. Il Padre dona tutte le benedizioni a Giacobbe. Nessuna resta per Esaù. Esaù lo implora e benedice anche lui. Tre le due benedizioni vi è l’abisso. Le benedizioni di Dio per noi sono grandi. Quelle riservate a Maria sono infinite.

Poi suo padre Isacco gli disse: «Avvicìnati e baciami, figlio mio!». Gli si avvicinò e lo baciò. Isacco aspirò l’odore degli abiti di lui e lo benedisse: «Ecco, l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto. Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse, frumento e mosto in abbondanza. Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto!» (Gen 27,26-29). Esaù disse al padre: «Hai una sola benedizione, padre mio? Benedici anche me, padre mio!». Esaù alzò la voce e pianse. Allora suo padre Isacco prese la parola e gli disse: «Ecco, la tua abitazione sarà lontano dalle terre grasse, lontano dalla rugiada del cielo dall’alto. Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello; ma verrà il giorno che ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo» (Gen 27,38-40).

Angeli, Santi, aiutateci a cantare la bellezza di Maria, Madre della Redenzione.

 

16 AGOSTO (Ez 28,1-10)

Mentre tu sei un uomo e non un dio

Tutti le iniquità, le malvagità, le nefandezze, ogni omicidio, violenza, sopruso, tutto il male che vi è nel mondo, ha una sola radice: la superbia dell’uomo che si è autoproclamato Dio. Non solo si dichiara Dio da se stesso, mentre è solo un misero mortale, si pensa anche immune da ogni giudizio del suo vero Dio e del suo vero Signore su di lui. Quando un uomo si fa Dio, raggiunge il sommo della stoltezza e dell’insipienza. Si apre da sé le porte della morte eterna, apre le porte del cuore ad ogni male. Non c’è male che non si possa fare. Il male degli Dèi di oggi è infinitamente più grande del male degli dèi di ieri. Le forme di ieri erano vistose, quelle di oggi sono invisibili. I frutti del male degli Dèi di oggi sono molto più amari dei frutti degli Dèi di ieri.

Ma gli empi invocano su di sé la morte con le opere e con le parole; ritenendola amica, si struggono per lei e con essa stringono un patto, perché sono degni di appartenerle. Dicono fra loro sragionando: «La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore, e non si conosce nessuno che liberi dal regno dei morti. Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati: è un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore, spenta la quale, il corpo diventerà cenere e lo spirito svanirà come aria sottile. Il nostro nome cadrà, con il tempo, nell’oblio e nessuno ricorderà le nostre opere. La nostra vita passerà come traccia di nuvola, si dissolverà come nebbia messa in fuga dai raggi del sole e abbattuta dal suo calore. Passaggio di un’ombra è infatti la nostra esistenza e non c’è ritorno quando viene la nostra fine, poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.

Venite dunque e godiamo dei beni presenti, gustiamo delle creature come nel tempo della giovinezza! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano; nessuno di noi sia escluso dalle nostre dissolutezze. Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile. Hanno pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non conoscono i misteriosi segreti di Dio, non sperano ricompensa per la rettitudine né credono a un premio per una vita irreprensibile. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono (Cfr. Sap. 1,16-2,24).

Quando l’uomo si lascia accecare dalla sua malizia, frutto della sua superbia, lui si trasforma in operatore di iniquità. Il male lo rende completamente cieco. La sua cecità lo porta alla distruzione di sé e degli altri. Dio oggi ricorda a Tiro per mezzo del suo profeta che per tutte le nazioni, tutti i popoli, tutte le genti vi sarà il suo giudizio. Dinanzi al suo cospetto tutti si dovranno presentare oggi e nell’eternità e sarà solo Lui che pronuncerà la sentenza. Ognuno può anche pensarsi Dio. Sappia però che Dio non è. Il suo vero Dio e Signore lo chiamerà un giorno in giudizio e a Lui dovrà rendere conto.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, parla al principe di Tiro: Così dice il Signore Dio: Poiché il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: “Io sono un dio, siedo su un trono divino in mezzo ai mari”, mentre tu sei un uomo e non un dio, hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, tu sei più saggio di Daniele, nessun segreto ti è nascosto. Con la tua saggezza e la tua intelligenza hai creato la tua potenza e ammassato oro e argento nei tuoi scrigni; con la tua grande sapienza e i tuoi traffici hai accresciuto le tue ricchezze e per le tue ricchezze si è inorgoglito il tuo cuore. Perciò così dice il Signore Dio: Poiché hai reso il tuo cuore come quello di Dio, ecco, io manderò contro di te i più feroci popoli stranieri; snuderanno le spade contro la tua bella saggezza, profaneranno il tuo splendore. Ti precipiteranno nella fossa e morirai della morte degli uccisi in mare. Ripeterai ancora: “Io sono un dio”, di fronte ai tuoi uccisori? Ma sei un uomo e non un dio, in balìa di chi ti uccide. Per mano di stranieri morirai della morte dei non circoncisi, perché io ho parlato». Oracolo del Signore Dio.

Questa verità va gridata oggi. Il giusto giudizio di Dio su ogni carne va predicato. Se non lo predichiamo siamo falsi profeti. Possiamo anche celebrare le sue lodi e cantare la sua misericordia, ma siamo falsi profeti, giustificatori di tutti i peccati del mondo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri profeti di Cristo Gesù.

 

17 AGOSTO (Ez 34,1-11)

Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi!

Dio per governare il suo popolo ha bisogno di eccellenti pastori. Pastori sono i re e i sacerdoti. Il re deve amministrare la giustizia in mezzo al suo popolo. Il sacerdote deve insegnare loro a camminare secondo la Legge del Signore. Questo ministero, sia regale che sacerdotale, potrà essere esercitato bene se re e sacerdoti vivono di perfetta comunione con il loro Dio e Signore. Se invece essi si distaccano da Dio, mai potranno essere mediatori di giustizia e di verità. Hanno essi stessi smarrito la loro fonte eterna. Altre fonti non esistono presso le quali attingere giustizia e verità.

È verità storica. Il Signore sempre ha mandato i suoi profeti. Se però re e sacerdoti rimangono sordi al loro grido, alle loro minacce, al loro invito alla conversione alla verità del loro ministero, il gregge rimarrà sempre sbandato. Necessariamente si disperderà nonostante i profeti che parlano nel nome del Signore. Se il re viene meno nella sua missione che lo vuole amministratore della giustizia, il sacerdote vi potrà anche supplire. Se però viene meno il sacerdote, nessun re potrà compiere l’opera del sacerdote. Essa è particolare, unica, speciale. Il sacerdote è insostituibile.

Nessuno dovrà mai pensare né credere che il problema del sacerdote possa essere risolto con modalità esteriori, leggi umane, disposizioni più aggiornate. Il problema del sacerdote è uno e uno resta in eterno: la sua vera relazione con il Signore. Essendo lui il mediatore in ordine alla grazia e alla verità di Dio, se lui perde il contatto con Dio, lo perderà anche con il popolo. Se lo perde con il popolo è perché già lo ha perso con Dio. È facile sapere quando un sacerdote ha perso il contatto con Dio: quando con il popolo vive un rapporto che non è più di manifestazione della più pura e più santa volontà di Dio per il suo popolo. Malachia dice che le sue sono le labbra della scienza.

Un insegnamento veritiero era sulla sua bocca né c’era falsità sulle sue labbra; con pace e rettitudine ha camminato davanti a me e ha fatto allontanare molti dal male. Infatti le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca insegnamento, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti. Voi invece avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete distrutto l’alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. Perciò anche io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo, perché non avete seguito le mie vie e avete usato parzialità nel vostro insegnamento (Cfr. Mal 2,1-9).

Sui pastori il Signore interverrà con un giudizio rigoroso. A loro domanderà conto di ogni pecora che si è smarrita, sbandata, dispersa per loro colpa.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d’Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando le mie pecore su tutti i monti e su ogni colle elevato, le mie pecore si disperdono su tutto il territorio del paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura. Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore: Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d’ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge – hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge –, udite quindi, pastori, la parola del Signore: Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto. Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna.

Il pastore non può vivere per nutrire se stesso, sbranando le pecore del Signore. Lui invece vive per farsi mangiare dalle pecore, per essere vita delle pecore. Lui potrà essere vera vita delle pecore solo se il Signore sarà la sua vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, Date santi pastori al gregge.

 

18 AGOSTO (Ez 36,23-28)

Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati

Nuovo per noi è cambiare le forme esterne. È questo il nostro aggiornamento. Prima di faceva una cosa in un modo, poi si fa in un altro. Abbiamo operato cose nuove. Ma gli attori sono sempre gli stessi. Di queste cose ne facciamo tante. Ogni giorno diciamo che le modalità di ieri non vanno più. Urgono nuove modalità. Il solo soggetto che dovrebbe cambiare rimane nella sua immutabilità. Prima l’arca dell’alleanza era collocata sotto una tenda. Ma il popolo rimaneva sempre idolatra. Poi venne posta in un ricco tempio rivestito all’interno di oro finissimo. Ma sempre il popolo rimase idolatra. Dio ora sa (lo sapeva anche prima) che il solo che deve cambiare è l’uomo. Ma questi mai potrà cambiare. È necessario che sia lui a cambiarlo. Ma come?

Con Geremia annunzia al suo popolo che Lui stabilirà una nuova alleanza. Sarà totalmente differente da quella antica. Questa volta la legge la scriverà nel cuore. Scrivendola nell’intimo dell’uomo e non più su tavole di pietra, la legge diviene connaturale all’uomo, diviene la sua stessa natura. È il suo nuovo programma di vita.

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).

Con Ezechiele rivela le modalità attraverso le quali lui stipulerà la nuova alleanza. Cambiando il cuore dell’uomo. Lui verrà, toglierà il cuore di pietra, al suo posto metterà un cuore di carne capace di amare. Non solo farà questo. Inoltre Lui aspergerà il suo popolo con acqua pura. Tutti saranno purificati. In più darà anche uno spirito nuovo. Il vecchio uomo non esisterà più. È come se il Signore ne creasse uno tutto nuovo. Questa metodologia divina deve essere di ogni suo ministro. O lavoriamo per fare l’uomo nuovo, con cuore nuovo, spirito nuovo, pensieri nuovi, sentimenti nuovi, volontà nuova, anima nuova, oppure si lavora invano. L’uomo vecchio vivrà sempre secondo la carne, mai riuscirà a vivere secondo lo Spirito. Produrrà frutti di peccato e di morte. solo l’uomo nuovo, spirituale, trasformato dal Signore potrà produrre frutti di vita.

Santificherò il mio nome grande, profanato fra le nazioni, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le nazioni sapranno che io sono il Signore – oracolo del Signore Dio –, quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio

Questa opera di rinnovamento che è di vera nuova creazione il Signore la realizza solo per il suo eterno amore con il quale lui ha amato e sempre amerà l’uomo. Non è per merito e neanche per una qualche giustizia maturata dall’uomo a causa delle sue opere. Nessuna opera dell’uomo potrà meritargli la sua nuova creazione. Dio invece è grande nell’amore e tutto quanto Lui compie per la rigenerazione della sua creatura, lo fa per sua purissima grazia. Tutto è grazia, tutto è manifestazione della sua misericordia, tutto attestazione della sua divina carità. Dal Nuovo Testamento sappiamo che l’acqua con la quale il Signore ci asperge è il suo Santo Spirito. Il cuore è quello di Cristo Signore, datoci da Lui, perché viviamo di Lui, con Lui, per Lui.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a lasciarci rinnovare.

 

19 AGOSTO (Ez 37,1-14)

Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete

In questa profezia di Ezechiele vi è una verità che va messe tutta in evidenza. Non solo il popolo di Dio è questa valle piena di ossa aride, ma l’umanità intera. Chi deve chiamare o anche soffiare lo Spirito del Signore è il profeta. Il profeta chiama lo Spirito, esso viene e ogni uomo ritorna a vivere. Se il profeta non chiama e non soffia lo Spirito, l’umanità e il popolo del Signore rimarranno in eterno ossa aride, senza vita. Ora leggiamo quattro brani della Scrittura e comprenderemo.

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente (Gen 2,7). In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,39-45). Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,32-37). Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23).

Dio soffia e l’uomo diviene essere vivente. La Vergine Maria alita lo Spirito con il saluto e Giovanni viene ricolmato di Spirito Santo. Gesù lo versa dal suo costato e la terra viene inondata. Soffia sui discepoli ed essi sono costituiti ministri dello Spirito Santo. È Cristo che soffia lo Spirito di Dio. Lui però lo soffia per mezzo del suo Corpo, la Chiesa.

La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro: “Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore”». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l’uno all’altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c’era spirito in loro.

Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell’uomo, e annuncia allo spirito: “Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano”». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Mi disse: «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti”. Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio.

Se il cristiano vuole ricomporre l’umanità ridotta ad una valle di ossa aride, deve in Cristo, con Cristo, per Cristo, soffiare lo Spirito Santo su di essa. Lo potrà soffiare se lui stesso ogni giorno si lascia inondare di Spirito Santo da Cristo Signore. Se il cristiano non è lui pieno dello Spirito di Dio, la valle rimarrà sempre una distesa di ossa aride.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.

 

20 AGOSTO (Ez 43,1-7a)

Dove io abiterò in mezzo ai figli d’Israele, per sempre

Il tempio di Dio, quello nuovo, è Gesù. È in Lui che Dio abita con tutta la sua pienezza. Tempio di Dio, perché vero Corpo di Cristo, è la Chiesa. Nella Chiesa, vero tempio di Dio, il Signore vuole abitare per sempre, per essere in mezzo agli uomini.

Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù (Gv 2,18-22).

È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,9-15).

Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi (1Cor 3.16-17).

Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente (2Cor 6,14-18).

Ogni discepolo di Gesù, vero suo Corpo, vera sua Chiesa, deve prendere coscienza che Lui è più che il tempio di Gerusalemme, più che l’arca dell’alleanza, più che ogni altro luogo dove il Signore si è manifestato, molto di più ancora che il monte Sinai. In lui Dio ha deciso di abitare con tutta la potenza della grazia e della verità, con tutto il suo mistero di unità e di trinità. Lui porta il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.

Mi condusse allora verso la porta che guarda a oriente ed ecco che la gloria del Dio d’Israele giungeva dalla via orientale e il suo rumore era come il rumore delle grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria. La visione che io vidi era simile a quella che avevo visto quando andai per distruggere la città e simile a quella che avevo visto presso il fiume Chebar. Io caddi con la faccia a terra. La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente. Lo spirito mi prese e mi condusse nel cortile interno: ecco, la gloria del Signore riempiva il tempio. Mentre quell’uomo stava in piedi accanto a me, sentii che qualcuno entro il tempio mi parlava e mi diceva: «Figlio dell’uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo dove posano i miei piedi, dove io abiterò in mezzo ai figli d’Israele, per sempre.

Nessun uomo dovrà più domandarsi: “Dov’è Dio?”. Ogni cristiano dovrà dire: “Guarda me, vedi Dio!”. Quanto Gesù diceva di se stesso: “Chi vede me, vede il Padre”, deve poterlo dire ogni suo discepolo: “Chi vede me, vede Cristo Signore”. Vedendo Cristo Signore vede anche il Padre e lo Spirito Santo. La presenza di Dio, o la sua abitazione nel cristiano, non è statica, inerte. Essa è dinamica. Il Signore vuole attraverso il cristiano rinnovare la faccia della terra. È la via per rigenerare il mondo e per ricolmarlo di Spirito Santo. Se lui non compie questo ministero, dovrà rendere conto al suo Dio. È stato costituito ministro della sua grazia e verità, ognuno secondo il ministero ricevuto ordinato e non. Non lo ha svolto secondo pienezza di santità. È responsabile in eterno.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero tempio di Dio.

 

21 AGOSTO – XXI Domenica T.O. – (Is 66,18-21)

Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti

Cambia l’alleanza, dall’antica si passa alla nuova. Cambia anche il sacerdozio. Finisce il sacerdozio secondo Aronne nasce il sacerdozio alla maniera di Melchisedek. Anticamente, per disposizione divina, solo i figli di Aronne erano consacrati sacerdoti. Né da altri discendenti di Levi né da altre tribù venivano presi ministri dell’altare.

Fa’ avvicinare a te, in mezzo agli Israeliti, Aronne tuo fratello e i suoi figli con lui, perché siano miei sacerdoti: Aronne, Nadab e Abiu, Eleàzaro e Itamàr, figli di Aronne (Es 28,1). Osserverai questo rito per consacrarli al mio sacerdozio. Prendi un giovenco e due arieti senza difetto; poi pani azzimi, focacce azzime impastate con olio e schiacciate azzime cosparse di olio: le preparerai con fior di farina di frumento. Le disporrai in un solo canestro e le offrirai nel canestro insieme con il giovenco e i due arieti. Farai avvicinare Aronne e i suoi figli all’ingresso della tenda del convegno e li laverai con acqua. Prenderai le vesti e rivestirai Aronne della tunica, del manto dell’efod, dell’efod e del pettorale; lo cingerai con la cintura dell’efod; gli porrai sul capo il turbante e fisserai il diadema sacro sopra il turbante. Poi prenderai l’olio dell’unzione, lo verserai sul suo capo e lo ungerai. Quanto ai suoi figli, li farai avvicinare, li rivestirai di tuniche; li cingerai con la cintura e legherai loro i berretti. Il sacerdozio apparterrà loro per decreto perenne. Così darai l’investitura ad Aronne e ai suoi figli (Es 29,1-9).

La Lettera agli Ebrei, riprendendo la profezia del Salmo 110 (109), ci annunzia il cambiamento avvenuto in Cristo del Sacerdozio. Con Cristo non cambiano solo le norme o i precetti esterni, cambia sostanzialmente sia il Sacerdozio che l’offerta. Infatti Cristo è al tempo stesso Sacerdote e Vittima. Lui offre se stesso al padre come olocausto di redenzione e di purificazione dei peccati del mondo.

Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, 10essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,1-10).

La profezia di Isaia che annunzia che il Signore un giorno anche tra le Genti si sarebbe preso sacerdoti leviti, è impensabile per un figlio di Israele. Così come è impensabile e inimmaginabile il cambiamento del sacerdozio, dalla maniera di Aronne al modo di Melchisedek. Ma queste sono le sorprese di Dio. Ma la fede è proprio questa: camminare con la Parola attuale del Signore. Oggi il Signore parla, oggi lo si ascolta. Ieri ha parlato per ieri. Oggi parla per oggi. Oggi si ascolta, si entra nella vita nuova.

Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore.

La vita dell’uomo è un cammino di fede in fede. È un viaggio nella verità di Cristo, sotto la guida dello Spirito Santo. Se è viaggio e cammino, ogni giorno si lascia e ogni giorno si acquisisce. Chi cammina vede sempre cose nuove dinanzi a sé. Quelle di ieri sono solo un ricordo della benevolenza del Signore. Oggi il Signore farà ancora cose nuove.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conduceteci di fede in fede.

 

22 AGOSTO (2Ts 1,1-5.11b-12)

La grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo

Comprendiamo quanto Paolo scrive ai tessalonicesi, se ci lasceremo condurre e guidare dalla rivelazione fattaci da Gesù nella Parabola dei talenti. La verità in essa contenuta ci rivela quanto è grande la misura della nostra responsabilità dinanzi ad ogni dono di Dio, compresa anche la sua grazia, la sua misericordia, la sua bontà.

Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25,14-30).

Chi riceve molto, deve dare molto. Chi riceve poco deve dare poco. Chi ha ricevuto una misura grande di grazia deve rispondere a Dio per una misura grande. Chi invece ha ricevuto una misura piccola sarà chiamato in giudizio per la misura piccola. A chi molto fu dato, molto sarà richiesto. Il cristiano ha ricevuto una altissima missione da Dio Padre, nello Spirito Santo: glorifica in lui il nome del Signore nostro Gesù Cristo. Questa verità San Paolo la ricorda anche ai Filippesi.

So infatti che questo servirà alla mia salvezza, grazie alla vostra preghiera e all’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia ardente attesa e la speranza che in nulla rimarrò deluso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a tutti voi per il progresso e la gioia della vostra fede, affinché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno fra voi (Fil 1,19-26).

È giusto allora che ognuno si chieda: qual è la misura della grazia che il Signore mi ha concesso? Secondo la propria misura ognuno domani sarà chiamato in giudizio. Il cristiano è persona che fa fruttificare la grazia perché Cristo sia glorificato in lui.

Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre nostro e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. Dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, come è giusto, perché la vostra fede fa grandi progressi e l’amore di ciascuno di voi verso gli altri va crescendo. Così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra perseveranza e la vostra fede in tutte le vostre persecuzioni e tribolazioni che sopportate. Il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a glorificare Gesù.

 

23 AGOSTO (2Ts 2,1-3a.14-17)

Nessuno vi inganni in alcun modo!

Il Vangelo secondo Matteo mette un punto fermo sul giorno e sull’ora in cui il Signore verrà per creare i cieli nuovi e la terra nuova. La verità che Gesù ci rivela è così alta, potente, divina che nessun falso profeta ha potuto contraddirla con le sue menzogne sulla venuta imminente della fine del mondo. Tutti sono smentiti dalla storia.

Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre. Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo (Mt 24,23-44).

San Pietro ci rivela che il Signore ritarda la venuta della fine del mondo in vista della conversione di quanti ancora non credono nel suo nome. Ritarda per la salvezza.

Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta (2Pt 3,8-10).

San Paolo non vuole che i Tessalonicesi vengano ingannati. Li avverte perché non credano in nessuna parola sulla fine del mondo. La fine fa parte del mistero di Dio.

Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti verrà l’apostasia. A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo. Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera. E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.

Non vi sono profezie e mai ve ne potranno essere sul giorno e sull’ora della fine del mondo. Ognuno deve però sapere che il giorno e la sua ora possono compiersi in ogni istante. Per questo Gesù ci avverte perché ci teniamo sempre pronti. La nostra ora verrà come un ladro. Viene, prende, porta nell’eternità per il giudizio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci essere sempre pronti.

 

24 AGOSTO (Ap 21,9b-14)

I dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello

Apostoli ed Evangelisti ci offrono una stupenda visione della Chiesa. Come il corpo fonda se stesso su ciascuno dei suoi membri, così la Chiesa è stata fondata da Dio su ciascuno dei suoi membri. Come nel corpo vi sono differenti funzioni, così anche la Chiesa vive di differenti ministeri e carismi. Ognuno è obbligato a credere con fede sempre nuova che ogni carisma riceve vita dall’altro carisma e ogni ministero dall’altro ministero. La comunione è vita. La separazione è morte.

Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole. Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? (Cfr. 1Cor 12,1-31).

Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Cfr. Ef 4,1-13).

La Chiesa, la Sposa dell’Agnello, poggia su dodici basamenti, sui dodici apostoli di Cristo Signore. Sono essi che devono sorreggere tutto l’edificio. La stabilità della Chiesa è dalla loro comunione. La loro comunione è però gerarchica, essendo Pietro il garante della verità, della carità, della speranza, della fede in Cristo Gesù.

Poi venne uno dei sette angeli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Nessuno è Chiesa da solo. Il Papa la regge con i vescovi, i vescovi con i presbiteri, i presbiteri con i diaconi, i diacono con ogni fedele laico. Nessuno da solo è Chiesa, è la Chiesa. Si è Chiesa nel corpo e il corpo è ben compaginato e connesso. Tutti siamo obbligati ad essere sempre corpo. Mai però si potrà essere corpo di Cristo, se non vediamo con profonda fede l’altro così come lo vede Cristo, lo vuole Cristo.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera Chiesa di Cristo.

 

25 AGOSTO (1Cor 1,1-9)

In lui siete stati arricchiti di tutti i doni

San Paolo ci rivela che il Padre nostro Celeste, avendoci dato Cristo, in Lui, con Lui, per Lui, ci ha donato ogni dono di grazia, verità, giustizia, sapienza. In Cristo ha dato se stesso e lo Spirito Santo, elevandoci anche all’altissima dignità di essere suoi figli adottivi. Una così grande ricchezza non è stata data neanche agli Angeli del Cielo. Adamo era ben misero dinanzi alla sublime grazia che il Padre ci ha fatto nel suo Figlio diletto, incarnato, crocifisso, risorto, asceso al Cielo per noi. Se avessimo bisogno di un qualsiasi altro dono, nulla ci verrebbe negato. Abbiamo tutto e anche il di più.

Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati. Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore (Rm 8,28-39).

Cosa manca al cristiano perché lui possa essere sommerso da un così grande dono di Dio? Gli manca la fede, la speranza, la carità. Gli manca la crescita nella grazia e nella sapienza. Gli manca la volontà di lasciarsi ogni giorno rinnovare dall’amore di Dio, dalla grazia di Cristo Gesù, dalla comunione dello Spirito Santo. Il dono di Dio è affidato alle cure del discepolo perché lo faccia fruttificare. Se lui non crede nel dono, manca di preghiera, si abbandona ai suoi pensieri, il dono viene soffocato dalla carne e non produce alcun frutto. È proprio questo il compito degli Apostoli e dei loro collaboratori nella Chiesa: sempre risvegliare la fede, la speranza, la carità, perché il cristiano possa camminare di grazia in grazia e di dono in Dio, per la loro più alta fruttificazione.

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

I Corinti si sono impantanati in pensieri umani. Lo Spirito del Signore non guida più i loro cuori. Sono caduti dalla loro verità. Quando questo avviene è responsabilità degli Apostoli rimettere nuovamente Cristo, il suo pensiero, la sua verità, la sua luce, la sua vera Parola nel cuore dei suoi discepoli. L’Apostolo è il vigilante. Quando lui vede che la Parola di Cristo viene sostituita con la parola degli uomini e il pensiero di Lui con i nostri, l’amministratore dei misteri di Dio sempre deve intervenire con fermezza e rimettere il discepolo sulla giusta via. Ogni deragliamento dal binario della verità e della grazia distrugge l’intera comunità. È sufficiente che uno solo smarrisca la giusta via per trascinare dietro di sé tutto il corpo di Cristo. I Corinti sono caduti dalla fede, vivono malamente i loro doni di grazia e di verità. Urge riportarli sulla giusta via.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede forte, sicura, vera.

 

26 AGOSTO (1Cor 1,17-25)

Noi invece annunciamo Cristo crocifisso

I Corinti da discepoli di Cristo Gesù si erano trasformati in abili cercatori di gloria effimera, caduca, mondana. Ognuno aspirava ad essere più grande degli altri, attribuendosi origini più prestigiose. Per gli uni essere di Pietro innalza di più che essere di Paolo o di Barnaba o di Apollo. Per altri invece innalza di più appartenere a Paolo anziché a Pietro o agli altri. Quando si è mossi da questi pensieri, è segno che non si è più veri discepoli di Gesù. Vi è una caduta dalla vera fede.

Che oggi e sempre nella Chiesa ognuno non cerca come emergere, essere sopra gli altri? Paolo risolve alla radice il problema e insegna ai Corinti che loro possono essere solo di Cristo Crocifisso. Dietro di Lui devono camminare, Lui seguire, Lui imitare, con Lui morire, con Lui risorgere, per Lui vivere. Ma quando si cammina dietro Cristo Crocifisso vi è solo una legge da osservare: farsi sempre il più piccolo di tutti, mettendosi a servizio di tutti, secondo il comando che Cristo ci dona.

San Paolo non vuole una Chiesa che cammina inseguendo vanità e stoltezze, insipienze e sciocchezze che sono frutto di cuori nei quali vi è la totale assenza di Cristo Crocifisso. Vuole invece una Chiesa che ogni giorno sempre più si rinnova e si ringiovanisce perché ha una sola meta da raggiungere: la perfetta conformazione a Cristo Crocifisso. Ma se ognuno verso il Crocifisso guarda, il Crocifisso insegue, il Crocifisso vuole raggiungere, sulla Croce anche lui vuole essere inchiodato, non vi è alcun motivo perché cercare nell’origine negli uomini e nella loro appartenenza le ragioni della sua grandezza. Nessun uomo dona vera grandezza. La sola ed unica vera grandezza è quella che viene da Cristo Crocifisso. La vera e sola grandezza che viene da Cristo è la sua croce ed il cristiano è veramente grande quando è su di essa.

Ma come si fa ad inseguire la Croce di Cristo e come lasciarci crocifiggere in Lui, con Lui, per Lui, se non vi sono maestri che insegnino con la loro vita questa altissima scienza della Croce? Paolo si presenta ai Corinti come vero Maestro della scienza della croce. Lui infatti ha deciso in cuor suo di parlare solo e sempre di Cristo Crocifisso. Ha anche deciso di correre dietro di Lui senza mai stancarsi. Man mano che lui diventa sempre più crocifisso con Cristo, sempre più la sua scienza del Crocifisso si arricchisce di nuovi particolari con i quali potrà sempre presentarsi come un buon Maestro. Si diviene Cristo Crocifisso, si insegna Cristo Crocifisso, si mostra Cristo Crocifisso. I cristiani vedendo visibilmente il Crocifisso possono camminare dietro di Lui. Gesù questi Maestri vuole per il suo popolo e Paolo lo sta divenendo.

Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Predicare Cristo Crocifisso, mostrandolo al vivo nella propria carne, non è cosa che può fare l’uomo. Lui è ammalato di superbia, di gloria, di grandezza. Il Crocifisso è invece umiltà, mitezza, obbedienza a Dio, rinuncia ad ogni gloria e grandezza umana. Il mondo cerca gloria. Il crocifisso per esso è stoltezza. I Giudei cercano onnipotenza. Anche per essi è scandalo. Il loro Dio è grande, onnipotente, signore. Il Crocifisso è uno sconfitto, un perdente, un debole. Predicare il Crocifisso è sempre controcorrente.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate che imitiamo il Crocifisso.

 

27 AGOSTO (1Cor 1,26-31)

Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù

Se i Corinti vogliono essere veramente grandi, devono smettere di pensare con i loro pensieri. Il Padre celeste li ha fatti una cosa sola con Cristo Gesù, in Cristo Gesù, per vivere per Lui. Chi è Gesù? Cosa lo ha fatto il Padre per noi? Lo ha fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione, redenzione. Di conseguenza se tutto è in Cristo e loro sono in Cristo, nulla possono trovare fuori di Lui. Tutto invece devono trovare e attingere in Lui. Per cui Lui deve essere il solo punto di riferimento.

Essi sono chiamati ad essere sapienza di Cristo, giustizia di Cristo, santificazione di Cristo, redenzione di Cristo. Saranno sapienza di Cristo se penseranno sempre come Cristo. Come Cristo pensava sempre dal pensiero del Padre, così essi devono pensare sempre dal pensiero di Cristo. Il pensiero di Cristo non è la sua Parola soltanto. È la Parola letta, interpretata, aggiornata dallo Spirito Santo nei loro cuori. Se essi non camminano con lo Spirito di Cristo, mai potranno divenire sapienza di Cristo. Si presenteranno al mondo come stoltezza e in verità attualmente attestano di essere stolti e insipienti, dal momento che ognuno cerca la propria gloria negli uomini.

Saranno giustizia di Cristo se compiranno in tutto la volontà di Cristo, allo stesso modo che Cristo ha compiuto la volontà del Padre. Cristo non riceve la volontà del Padre dalla Scrittura Antica. La riceveva dallo Spirito Santo, con il quale viveva in perenne comunione di richiesta e di ascolto. La Parola Antica gli diceva cosa fare. Lo Spirito del Signore gli manifestava come farlo e dove. Così vale anche per i Corinti. Il Vangelo dice loro cosa fare. Lo Spirito insegna loro come farlo e dove farlo. La Parola dice che si deve essere poveri in spirito. Lo Spirito Santo rivela a ciascuno quale dovrà essere la sua povertà in spirito e come viverla in ogni circostanza e momento della vita.

Saranno santificazione di Cristo in un solo modo: se come Cristo offriranno al Padre, in Cristo, divenendo con Lui un solo sacrificio, il loro corpo in sacrificio di soave odore. Ma questo potrà avvenire se essi sapranno, sempre sotto la guida dello Spirito Santo, liberarsi da ogni pensiero della carne per camminare nei pensieri di Cristo Gesù. Si diviene santificazione quando si vive la legge perfetta della carità e dell’amore, secondo il comandamento che il Signore ci ha donato e che lo Spirito Santo attualizza per la nostra vita. Se il cristiano non diviene santificazione di Cristo, la sua vita è vana, inutile, infruttuosa. L’ha consegnata alla sterilità spirituale. Ha anche forse conquistato la gloria del mondo. Ha però perso in eterno la gloria di Dio.

Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.

Saranno redenzione, se vorranno prendere su di sé tutti i peccati del mondo e farsi vittima di espiazione per essi. Il cristiano non vive solo per santificare se stesso. La sua vocazione è quella di santificare ogni altro uomo. Cristo non è venuto solo per salire sulla croce al fine di trasformare il suo corpo di carne in corpo di luce, ma per espiare i peccati del mondo, per toglierli dal cuore degli uomini, inchiodandoli nel suo corpo sulla croce. Se non diveniamo redenzione in Cristo, il sacrificio di Cristo risulterà inefficace. È attraverso il nostro sacrificio che il suo ogni giorno si riveste di nuova energia di vita. Se noi priviamo Lui del nostro corpo, la sua redenzione mai potrà raggiungere il mondo intero e molti uomini si perdono per causa nostra. Non siamo stati il prolungamento, la forza, l’energia della sua morte. Siamo responsabili dinanzi a Dio di ogni uomo che si perde perché noi non siamo stati redenzione di Gesù Signore. Nei Corinti San Paolo mette in guardia tutti i cristiani. Essi devono essere crocifissi in Cristo Crocifisso.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi: fateci una cosa sola con Cristo.

 

28 AGOSTO–XXII Domenica T.O.–(Sir 3,17-18.20.28-29)

Figlio, compi le tue opere con mitezza

Ogni vero figlio di Dio deve vivere da vero figlio di Dio. Come vivono i veri figli di Dio? Indossando alcune virtù come abiti permanenti della loro anima, dello loro spirito, del loro corpo. Se queste virtù non vengono indossate, né si diviene figli di Dio, né si può vivere da veri figli di Dio. Si indossa la superbia, ma questa è l’abito del diavolo. Gesù ci rivela che il Signore tutto di sé manifesta ai piccoli, agli umili, ai semplice. Lui stesso ci chiede di imitarlo nella sua umiltà e mitezza. È questa la vera via della pace.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,25-30).

Con la mitezza il vero figlio di Dio accetta la vita così come essa è fatta: di gioia, dolore, sofferenza, persecuzione, martirio, difficoltà, povertà, solitudine, insulti, infiniti soprusi, croce, ogni altra sua modalità e manifestazione e ne fa una scala per crescere nella perfetta carità verso il suo Dio e Signore. Tutto si vede come un dono di Dio per la nostra crescita spirituale. Anche il lavoro è visto come via per la propria santificazione, per l’espiazione dei propri peccati e di quelli del mondo intero. Se vedessimo tutti con mitezza il lavoro, esso trasformerebbe il mondo, lo salverebbe. Se ne farebbe uno strumento di vera redenzione, di espiazione. Lo si eserciterebbe nella più grande santità. Il lavoro è penoso perché condannati a lavorare. Esso serve a farci ricordare il peccato delle origini. Vissuto santamente, come vera pena, vero carcere, genera salvezza per noi e per gli altri. Urge una vera fede nel lavoro.

Con l’umiltà sappiamo che la nostra vita non è da noi. È un dono ininterrotto del Signore. Ci mettiamo in preghiera. Chiediamo luce per vedere in ogni istante la volontà di Dio in modo da compierla con tutta l’obbedienza che ad essa è dovuta. Nell’umiltà si deve ogni giorno crescere. Dobbiamo conoscere tutta la volontà di Dio su di noi perché tutta venga fatta. Per questo dobbiamo lasciarci aiutare da una preghiera senza alcuna interruzione. Preghiamo, vediamo, accogliamo, viviamo tutto perché volontà di Dio su di noi. Vedere ogni croce come volontà di Dio non sempre è facile. Nella preghiera invece tutto diviene facile e possibile. Nella preghiera vediamo. Per essa viviamo.

Con la sapienza camminiamo sempre nella luce attuale dello Spirito Santo. La sapienza va chiesta ogni giorno, dal momento che ieri non è più oggi e oggi non sarà domani. Si prega oggi per oggi e domani per domani al fine di ottenere una grande sapienza dal Signore. La sapienza serve a rendere agile, immediata, la comprensione della volontà di Dio in modo che la si possa attuare sempre. Con l’attenzione, sempre separiamo il bene dal male, il falso dal vero, in giusto dall’ingiusto. Distrarsi dinanzi ad una tentazione, non vederla in tempo, vuol dire precipitare in essa.

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

Dio non si può mai compiacere dei superbi, perché costoro hanno rifiutato Dio. È come se lo avessero ucciso, distrutto, annientato, dichiarato inesistente. Il superbo crea tra lui e Dio un abisso simile a quello che vi è tra i dannati e i beati nell’eternità. Nessuna comunione è possibile. L’unica comunione è il dono della Parola perché si convertano e vivano. Nella conversione l’abisso viene annullato e la benedizione di Dio si versa in abbondanza su di essa. Ma non si è più superbi, ma umili e miti. Si è nella Parola.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni superbia.

 

29 AGOSTO (Ger 1,17-19)

Perché io sono con te per salvarti

Quando il Signore chiama qualcuno per compiere una missione di salvezza, mai lo manda da solo. Il chiamato gli serve solo per portare Lui e la sua Parola. È Dio che vuole parlare, agire, operare. Ma è anche Dio che protegge, custodisce, salva colui che lo porta, altrimenti Lui non è più portato e la missione non potrà compiersi. Colui che porta e il Signore sono una cosa sola. Si può fare al portatore solo ciò che il Signore permetterà. Quanto permetterà è per rafforzare la sua fede in chi da Lui che è portato.

Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele. Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte. Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire, se non con l’intervento di una mano forte. Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo di che egli vi lascerà andare» (Cfr. Es 3,1-22).

Colui che è inviato sempre dovrà vivere in questa purissima fede. Colui che mi ha mandato è con me. Non mi lascerà solo neanche per un istante. Quanto mi accade è solo per il mio più grande bene e per il bene di coloro presso i quali mi manda. Un profeta che dona la vita alla missione e si consegna anche alla morte per essa, di certo rende testimonianza al Signore che lo ha mandato. Lasciarsi privare della vita per dare vita ad ogni altro uomo, questo è il solo martirio che testimonia che il profeta è veramente da Dio. L’altro martirio, il falso martirio, il martirio diabolico e infernale, è quello nel quale uno si priva della vita per creare morti attorno a sé. Questo martirio mai potrà venire da Dio, perché il vero Dio è il Dio della vita non della morte. I suoi martiri si lasciano uccidere ma senza uccidere, si lasciano fare il male ma senza conoscere il male. Sono maledetti mentre essi benedicono e perdonano.

Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore.

Il profeta del Signore non deve spaventarsi dinanzi alle minacce degli uomini. La sua vita è custodita nelle mani del suo Dio. Se a Dio la vita serve da vivo, lui lo conserverà sempre in vita. Se gli serve da morto, lui permetterà anche la morte, ma per il più grande bene di coloro presso i quali Lui lo ha mandato. Tutti dovranno sapere che il Signore si serve con il dono di tutta la vita: vita nella vita, vita nella morte, vita nelle prigioni, vita in ogni difficoltà. Il chiamato, lasciandosi chiamare, non ha dato al Signore solo la sua voce, o i suoi piedi. Ha dato tutto se stesso. Lui si è dato per essere tutto del suo Signore, perché il suo Dio se ve serva secondo la sua volontà. “Ecco, io vengo, per fare la tua volontà. Questo io voglio e la tua legge è nel mio cuore”.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci del nostro Dio, sempre.

 

30 AGOSTO (1Cor 2,10b-16)

Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo

L’uomo, a causa del suo peccato, non riesce non solo a leggere dentro di sé ciò che il Signore ha scritto nel suo essere in modo indelebile e incancellabile. A causa di questa incapacità di peccato, l’uomo si immerge di peccato in peccato, perché cerca il compimento di se stesso in modo errato, fuori della verità. Ma neanche riesce ad accogliere la Parola di vita che il suo Dio gli rivolge per la sua salvezza, perché orienti verso il bene il suo desiderio di realizzarsi nella sua vocazione naturale. Il Libro della sapienza ci rivela che per questo occorre una grazia particolarissima, sempre da chiedere. Dio nuovamente deve scrivere la sua sapienza dentro di noi, non una volta in vita, ma di giorno in giorno. Il Signore mette il suo programma quotidianamente in noi, e noi iniziamo a realizzarci secondo la divina ed eterna volontà.

Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria. Così le mie opere ti saranno gradite; io giudicherò con giustizia il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre. Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza (Sap 9,9-18).

San Paolo rivela ai Corinti che i discepoli di Gesù hanno il pensiero di Cristo Gesù, che è la Sapienza Eterna del Padre, la Luce, la verità, la Grazia, la Vita Eterna. Questo pensiero deve essere giorno dopo giorno scritto nel nostro cuore e chi deve scriverlo è lo Spirito Santo. Se il cristiano non invoca momento per momento lo Spirito del Signore perché con azione ininterrotta scriva nel suo cuore e nella sua mente Cristo, Pensiero e Sapienza Eterna del Padre, Sua Luce e sua Verità, lui cammina dietro Cristo Signore, ma con i suoi pensieri umani che lui stesso giorno per giorno si scrive. In fondo è questo il fallimento del cristianesimo: dirsi di Cristo, camminare dietro di Lui, ma scrivendo noi i nostri pensieri e attribuendoli a Lui. Solo lo Spirito Santo conosce Cristo e solo Lui può scriverlo in noi in pienezza di verità, quotidianamente aggiornata. A Lui questa grazia va chiesta senza interruzione. Se lo Spirito di Dio non scrive Cristo dentro di noi, noi siamo cristiani senza programmi di vera vita, dal momento che solo Cristo è il programma del cristiano, allo stesso modo che era il Padre il programma di Cristo Gesù. Lo Spirito lo ha scritto in Cristo, lo Spirito deve scriverlo in noi.

Lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.

Il pensiero di Cristo ci è stato dato. Ma noi non sappiamo leggerlo. Il solo autorizzato da Cristo a leggerlo e a spiegarlo è lo Spirito Santo. Lui è il solo Maestro Eterno, nella Trinità e nella creazione. Lo Spirito spiega se è invocato, se a Lui viene chiesto con umiltà e perseveranza. Allora Lui viene, scrive, installa Cristo come nostro programma. Il suo è però un lavoro che non può conoscere interruzione. È un lavoro senza fine.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, invocate per noi lo Spirito.

 

31 AGOSTO (1Cor 3,1-9)

Come a neonati in Cristo

Tutte le Lettere di Paolo attestano questa verità. Il cristiano accoglie Cristo, ma poi si rifiuta di crescere in Cristo. Si comporta de neonato. Anche la Lettera agli Ebrei constata questa verità è la mette in evidenza. In fondo anche l’Agiografo di questa Lettera sta parlano a dei neonati che non vogliono in alcun modo crescere in Cristo. Il fine del suo scritto è Cristo, il vero Cristo, perché loro si decidano a crescere in Lui.

Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Eb 1,1-4).

Su questo argomento abbiamo molte cose da dire, difficili da spiegare perché siete diventati lenti a capire. Infatti voi, che a motivo del tempo trascorso dovreste essere maestri, avete ancora bisogno che qualcuno v’insegni i primi elementi delle parole di Dio e siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido. Ora, chi si nutre ancora di latte non ha l’esperienza della dottrina della giustizia, perché è ancora un bambino. Il nutrimento solido è invece per gli adulti, per quelli che, mediante l’esperienza, hanno le facoltà esercitate a distinguere il bene dal male (Eb 5,11-14).

San Paolo vorrebbe dei cristiani adulti, capaci di crescere in Cristo, forti nella verità, perfetti nel discernimento, audaci nelle scelte della fede, pronti a vedere ogni falsità nel loro modo di pensare. Invece la loro fede è incapace di verità, discernimento. Neanche è più fondata sulla risurrezione di Cristo Signore. La comunità è lacerata da pensieri umani. In essa tutto è una grande confusione. Neanche le linee tra morale e immorale sono ben chiare. In questo grande caos veritativo vengono coinvolte anche l’Eucaristia e la risurrezione di Gesù. Non vi è un solo punto della fede che sia rimasto intatto. Si è ancora tristemente bambini circa la crescita in Cristo. Manca ogni maturità di fede.

Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi. Quanto a malizia, siate bambini, ma quanto a giudizi, comportatevi da uomini maturi. Sta scritto nella Legge: In altre lingue e con labbra di stranieri parlerò a questo popolo, ma neanche così mi ascolteranno, dice il Signore. Quindi le lingue non sono un segno per quelli che credono, ma per quelli che non credono, mentre la profezia non è per quelli che non credono, ma per quelli che credono. Quando si raduna tutta la comunità nello stesso luogo, se tutti parlano con il dono delle lingue e sopraggiunge qualche non iniziato o non credente, non dirà forse che siete pazzi? Se invece tutti profetizzano e sopraggiunge qualche non credente o non iniziato, verrà da tutti convinto del suo errore e da tutti giudicato, i segreti del suo cuore saranno manifestati e così, prostrandosi a terra, adorerà Dio, proclamando: Dio è veramente fra voi! (1Cor 14, 20-25).

A Paolo non resta che armarsi di grande pazienza e iniziare la fondazione basilare della loro stessa fede. Non vi è in loro una sola verità di Cristo che sia rimasta intatta. Sono cristiani, ma pensano ed agiscono da pagani. La sua predicazione è andata quasi tutta perduta. Si deve iniziare daccapo. Mancano della fede essenziale. Così vivono le comunità. Hanno sempre bisogno di essere ricostruite. Giorno dopo giorno.

Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci. E neanche ora lo siete, perché siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana? Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conservateci nella verità.