Chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande

Un peccato, un male che viene compiuto, un’azione non buona che viene posta nella storia, sono sempre il frutto di una molteplice responsabilità. Ognuno dovrà rendere conto a Dio, sia oggi che nel giorno del giudizio, particolare e universale, della sua cooperazione al male, sia in forma diretta che indiretta, sia attiva che passiva, sia con le opere che con le parole. Si è responsabili anche del silenzio per aver taciuto l’annunzio della Parola del Signore o per averla trasformata in parola umana, privandola del contenuto della sua verità di salvezza.

Di un peccato che si compie in un angolo sperduto di questo mondo, posso essere responsabile anch’io, pur non avendo mai conosciuto la persona, se scrivo o dico una inesattezza teologica. L’altro la legge – oggi è facile entrare in contatto con il mondo intero in un attimo, in un secondo – viene convinto nei suoi pensieri o addirittura stravolto, compie l’azione, commette il male. Il Signore scrive nel suo libro nel Cielo la mia inesattezza o stravolgimento della Parola. Mi chiamerà in giudizio. Dovrò rendere conto della parola scritta o proferita.

Quando in un programma televisivo, radiofonico, sulla carta stampata, nelle discussioni, nell’insegnamento, anche nel rapporto amicale tra due persone, esce dalla nostra bocca anche una sola parola che non sia pieno rigetto del male e affermazione del bene secondo Dio e chi entra in contatto con questa parola, si decide per il male e abbandona la via del bene, anche di questa parola sono responsabile dinanzi al Signore. Sarò citato in giudizio. Dovrò rendergli conto del male che l’altro ha commesso per causa mia. È verità eterna e immutabile.

Più si è in alto, più si è responsabili dinanzi al Signore. Papa, vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi, fedeli laici: ognuno porta un suo specifico grado di responsabilità. Professori, maestri, dottori, insegnanti, alunni, padri, madri, fratelli, sorelle: tutti si rivestono della loro specifica responsabilità. Un professore che per anni ha rovinato la mente dei suoi allievi con dottrine false, menzognere, ideologiche è responsabile dinanzi a Dio di tutto il male futuro che un suo allievo, a causa delle sue teorie, compirà ai danni dell’intera umanità.

Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso (Gv 19,1-16).

Un presbitero, costituito da Dio sua bocca, suo cuore, sua luce, sua verità, sua Parola, suo maestro per insegnare la sua volontà, non può parlare secondo il suo cuore o secondo il cuore del mondo. Se facesse questo, oltre che essere traditore di Dio, sarebbe anche ingannatore degli uomini. Con la sua falsità potrebbe trarre in inganno un’intera generazione, senza più rimedio. Lui è responsabile di ogni parola non di Dio uscita dalla sua bocca. La sua è una responsabilità di salvezza eterna. Per ogni anima che si danna dovrà rendere conto a Dio.

Purtroppo della responsabilità di ognuno dinanzi al mondo intero nessuno più parla. Un candidato al Parlamento chiede un voto. Deve dire chiaramente quali sono le sue idee e quali i principi su cui fonderà domani la sua azione. Chi vota e chi è stato votato sono responsabili entrambi in eterno dinanzi al Signore di ogni legge che è contro la verità eterna scritta da Dio nell’essere più profondo dell’uomo. Ma neanche di questa responsabilità più se parla. Ognuno pensa che la sua azione finisca nel momento in cui finisce. L’azione ha conseguenze eterne.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni stoltezza e insipienza.