Amico, io non ti faccio torto

Sulla terra non si vive solo di giustizia, fondata sulla stretta relazione tra il dare e l’avere, tra il diritto e il dovere. Già vivere secondo la più stretta giustizia che nasce dall’osservanza dei Comandamenti o dalla Legge del Signore, farebbe della terra quasi un paradiso. La giustizia che nasce dalla Legge del nostro Dio cancellerebbe in un attimo ogni superstizione con le infinite ingiustizie che essa nasconde. Abolirebbe anche ogni speculazione, che tanto danno arreca a milioni e milioni di persone. Eliminerebbe ogni azione delittuosa legata alla cupidigia per il denaro, che crea ogni genere di delinquenza organizzata o meno. Farebbe sparire dalla terra ogni omicidio, ogni guerra, ogni sopruso dell’uomo verso l’uomo. Ancora salverebbe ogni famiglia dalla piaga degli aborti, dei divorzi, del suicidio assistito. Se volessimo enumerare tutti i benefici che verrebbero all’uomo dalla sola osservanza dei Comandamenti neanche potremmo.

Eppure ogni giorno l’uomo pretende di creare la giustizia sulla terra, saltando, eliminando, ignorando, cancellando la Legge del suo Creatore, Signore, Dio. Non c’è Legge contro il furto, contro la delinquenza, contro gli abusi sessuali, contro la depravazione della carne, dello spirito, dell’anima dell’uomo. Non c’è legge contro ogni nostro desiderio cattivo. L’unica e sola Legge è il cambiamento della natura che viene operata in Cristo Gesù dallo Spirito Santo. Cristo Gesù è dichiarato fuori Legge per la nostra moderna società e così l’uomo è condannato a rimanere impuro, concupiscente, avaro, disonesto, delinquente, usuraio, superstizioso, libidinoso, accidioso, irresponsabile, litigioso, vendicativo, usurpatore, ingiusto, tiranno, fabbricante di ogni falsità e menzogna. Questi sono e saranno sempre i frutti della natura non santificata, non purificata, non rigenerata dallo Spirito Santo in Cristo Crocifisso.

Eppure ci insegna Gesù che sulla sola giustizia non si può fondare la vita sulla nostra terra. La giustizia è il fondamento, ma essa non è tutto. Alla giustizia va aggiunta la carità, l’amore, che è, in una sola parola, condivisione, offerta, dono di ciò che si ha a chi non ha. Moltissime persone non hanno. Per giustizia non possono avere. Devono però ricevere per carità, misericordia, amore di chi ha. Nella Legge evangelica la carità non è più carità, ma è stata trasformata in giustizia, perché data da Dio come regola, norma. Mi spiego. La giustizia è la giusta relazione tra il dare e l’avere. L’uomo ha i beni di questo mondo. Dio ha i beni divini, eterni, del Cielo. Dio dice all’uomo: “Vuoi tu i miei beni eterni? Devi darmi i tuoi beni terreni. Non li devi dare a me, ma ai tuoi fratelli che sono nel bisogno. Tu mi dai i beni della terra e io ti dono tutti i beni del cielo”. In Dio anche la carità è così trasformata in opera di grande giustizia.

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi» (Mt 20,1-16).

La Parabola di Gesù si riveste di molteplici significati. Ne assumiamo un solo. Gli altri sono rinviati per altre circostanze. Osserviamo l’agire del padrone e quello degli operai della prima ora. Il padrone vive le sue leggi: della giustizia e della misericordia. Per giustizia dona a tutti il denaro pattuito o quello che è giusto. Per misericordia, carità, dona a quanti avevano ricevuto poco lo stesso salario dato ai primi. La carità di Dio e dell’uomo – ed è questo uno dei grandi insegnamenti della parabola – non può essere soggetta a nessuna legge umana. Nessuna legge dell’uomo può vietare ad un uomo di essere caritatevole, ma neanche nessuna legge umana lo può obbligare. Dio però può obbligare per giustizia, perché ci offre un contratto di lavoro con Lui. Tu mi rendi partecipe dei tuoi beni terreni e io ti rendo partecipe dei beni celesti. Ma questo è un vero contratto. La legge evangelica è questo contratto. Tu mi dai il tuo Corpo Crocifisso e io te lo trasformerò in luce, lo rivestirò di gloria eterna. Tu il tuo Corpo Crocifisso non me lo dai e io non lo potrò mai trasformare in luce, in spirito. Contratto di purissima giustizia. Il contratto non è tra uomo e uomo, ma tra uomo e Dio. Contratto eterno in Cristo!

Madre di Gesù, Angeli, Santi, aiutateci a vivere con perseveranza il nostro contratto con Cristo.