Intervento conlusivo di Mons. Ciliberti alla giornata conclusiva del terzo convegno
Intervento di S.E. Mons. Antonio Ciliberti
3° giorno – 27/09/2008
Volentieri prendo brevemente la parola, a conclusione di questa luminosa serata, perché avverto di raccogliere i sentimenti che, in questo momento, albergano nell’animo di tutti, per dire la nostra profonda gratitudine a sua Eccellenza Mons. Piacenza che, in maniera così limpida, consequenziale, ci ha fatto capire dove risiede la sostanza della speranza, la speranza che non delude: Gesù Cristo.
Con i sentimenti di gratitudine incommensurabile nei suoi confronti, io coniugo il nostro sentito grazie a Sua Eminenza, il Cardinale Bertone il quale, in una lettera che mi ha inviato, impossibilitato a causa di numerosi impegni, legati alla particolare sua delicata missione, non ha potuto fisicamente essere in mezzo a noi, ma ha mandato Mons. Piacenza che, certamente, non farà rimpiangere l’assenza del Cardinale.
Egli ci ha detto, in maniera inequivocabile, quello che è, oggi, un bisogno insopprimibile della nostra umanità e che lo è, comunque, dell’umanità di sempre: la necessità di vivere nella speranza.
Ma, nella successione dei tempi e, quindi, della storia di questa umanità, in maniera particolare nel tempo della civiltà moderna, gli uomini, per lo più, in che cosa hanno fatto risiedere il fondamento della Speranza? Attraverso quella disanima storica, culturale, sociale, politica, anche economica, è emerso che l’oggetto costitutivo della Speranza a dimensione umana che, secondo l’attuale cultura e la cultura di sempre, risiede nel possesso delle cose contingenti, certo, non appaga la brama dello Spirito dell’uomo.
Questo tipo di atteggiamento della ricerca, anche affannosa, attraverso l’impegno che colloca l’uomo nella storia, a dimensione ideologica, a dimensione anche industriale, non può certo soddisfare lo Spirito dell’Uomo che va oltre le cose perché cerca di più.
Ma egli ha fatto anche un accenno alla situazione interna, ad intra, della stessa Chiesa là dove, tante volte, i figli della comunità ecclesiale, non sufficientemente sorretti dalla potenza dello Spirito, affidandosi alle capacità che sono proprie della ragione, hanno cercato di fare alcuni approcci, riproponendo elementi che non sono costitutivi dell’oggetto autentico della vera speranza, secondo la visione cristiana.
Eppure, ho notato, in questo tipo di disanima, detta così in maniera affrettata, una indigenza insopprimibile e profonda che è presente nell’anima della cultura, è presente anche nell’anima di quei cristiani più dediti a una visione ideologica, anziché di incontro con Colui che è la Verità che ci salva, Gesù Cristo. Questo bisogno è sempre presente insopprimibile, va sempre oltre, verso il trascendente, verso l’assoluto.
Ed è proprio su questa indigenza, su questo limite che è tipico della nostra umanità segnata e anche di coloro i quali hanno l’approccio con il libro Sacro e utilizzano i mezzi della propria ragione soltanto per approfondirne la sostanza della verità, questo bisogno è insopprimibile, è presente ed è vibrante, in una tensione che, anche implicitamente, orienta l’uomo verso il trascendente, vale a dire verso Dio. Ecco, allora, nella pienezza dei tempi, la visione cristiana che ripropone alla nostra attenzione come la Speranza è un Dono che viene dall’alto e che si identifica con l’offerta che Dio fa di se stesso a quest’Uomo che è l’incarnazione del suo amore di Padre.
Questo disegno è attualizzato in pienezza, in Gesù Cristo, attraverso la mediazione di Maria e la onnipotenza dello Spirito di Dio; è Cristo, allora, Dio fatto nostro fratello, autentica Speranza, Speranza vera che non delude, in misura in cui ciascuno di noi, ma anche come comunità, accogliamo il Signore e con Lui viviamo questo rapporto di Relazione personale comunitaria inscindibile, mediante la sostanziale comunione di vita, alimentata dalla Verità del Verbo e dal dono della sua Carne, avvertiamo la sicurezza di quella Speranza che, certamente, non delude e che ci fa guardare con fiducia al di là del tempo, nella sicurezza dell’eternità.
Da queste considerazioni, che ho cercato di riproporre in maniera così scarna, ma essenziale e breve, viene fuori la bellezza di un singolare messaggio: quello di accogliere Gesù Cristo nella nostra vita per essere, davvero, con Cristo e per Cristo, Speranza per noi stessi e Speranza per il mondo.
Questo messaggio è per tutti noi. Carissimi membri del Movimento Apostolico, lo è anche, in maniera speciale per voi, perché davvero nell’unica Chiesa di Gesù Cristo, impegnati a riproporre la santità della vostra vita, cristificandovi, secondo l’insegnamento dell’Apostolo, soprattutto in questo anno particolare nel quale celebriamo i duemila anni della nascita di Paolo Di Tarso, possiate riproporvi, così come dovete essere sempre, cristificati, incarnazione di Cristo vivo, nella realtà dei nostri tempi per irradiarlo attraverso la testimonianza della vostra storica missione nel mondo.
La forza che, in maniera inequivocabile, rende visibile questa irrefutabile testimonianza, capace di parlare non solo alle intelligenze, ma anche di penetrare la profondità dei cuori, è quella di rendere visibile il Cristo attraverso la vostra vita nella comunità degli uomini fratelli.
In questa prospettiva missionaria, noi troviamo l’esemplarità singolare di Colei che è, veramente, il modello per la vita dei cristiani, esemplare della nostra missione nel mondo: Maria la quale accolse il Cristo nel mistero della sua maternità verginale e lo irradiò attraverso l’impegno della sua testimonianza nel mondo.
Siate, allora, davvero testimoni di speranza per costruire quel nuovo mondo che vogliamo e che, certamente, si edifica attraverso la forza della presenza di Dio in seno alla comunità degli uomini.
Siate costruttori di quella nuova civiltà, attesa nella speranza anche da parte di tanti uomini di buona volontà, civiltà che, per essere tale, non può non essere la civiltà cristiana che è civiltà di amore. Ve lo auguro con tutto il cuore