Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore
23 LUGLIO (Gv 15,1-8)
Nell’Antico Testamento la vita, ogni vita, sgorga per l’uomo dalla sapienza. Una delle immagini della sapienza è la vite. Ecco cosa annunzia della sapienza il Siracide.
La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, per tutta l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa davanti a lui ho officiato e così mi sono stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità. Sono cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon. Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose in Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata. Come cinnamòmo e balsamo di aromi, come mirra scelta ho sparso profumo, come gàlbano, ònice e storace, come nuvola d’incenso nella tenda. Come un terebinto io ho esteso i miei rami e i miei rami sono piacevoli e belli. Io come vite ho prodotto splendidi germogli e i miei fiori danno frutti di gloria e ricchezza. Io sono la madre del bell’amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza; eterna, sono donata a tutti i miei figli, a coloro che sono scelti da lui. Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele. Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà» (Cfr. Sir 24,1-34).
Gesù è la Sapienza eterna che si è fatta carne, venuta in mezzo a noi per darci la grazia e la verità. Non esistono tralci senza la vite. Non può esistere vite senza tralci. Vita e tralci sono una cosa sola. Se il tralcio si slega dalla vite, non produce più alcun frutto. Così è dell’uomo, se si slega da Cristo Gesù non può fare veramente nulla. È in tutto simile ad un tralcio messo in terra a seccare per essere bruciato nel fuoco.
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Le verità contenute in questa allegoria di Gesù sono molteplici. Peccato che nessuno più crede in esse. È come se Gesù mai avesse parlato e mai profetizzato la realtà di ogni suo discepolo. Tutto oggi è pensato e vissuto senza Cristo Gesù, fuori di Lui, lontano dal suo corpo. Nessuno pensa che veramente il Padre dei Cieli tagli e poti, innesti ed allontani dalla vite, curandola in ogni tempo perché produca molto frutto.
Altri pensano che la via sacramentale sia sufficiente per essere uniti a Cristo Gesù. Gesù non parla di questa via. Parla invece della via della Parola. Rimane in Cristo chi rimane nella sua Parola. È fuori di Cristo chi è fuori della sua Parola, anche se per sacramento è in Cristo. Se non lo diviene anche per Parola – ed è proprio questo il fine – il sacramento viene esposto a nullità. È dato, ma non produce alcun frutto, perché i frutti del cristiano sono la Parola del Signore vissuta in tutta la sua interezza, senza nulla aggiungervi e nulla togliervi. La Parola è tutto per un discepolo di Gesù e ogni cosa deve essere finalizzata a che la Parola sia vissuta per intero, sempre.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci rimanere nella Parola.