Rendete quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio

Ogni domanda rivolta a Cristo Gesù, anche se è posta con intenzioni cattive e malvage, gli offre l’occasione per dare al mondo intero una verità eterna. A Gesù viene chiesto: “È lecito, o no, che noi paghiamo la tasse a Cesare?”. La risposta che Gesù dona: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e quello che è di Dio a Dio”, oltrepassa i limiti della contingenza e diviene verità universale, per ogni uomo. Da questo istante vi sono due servizi dell’uomo: quello a Cesare e quello a Dio. A Dio e a Cesare va dato ciò che è di ciascuno. Ma cosa è di Cesare e cosa è di Dio? Di Cesare è la materia, di Dio è lo spirito. Di Cesare è il corpo, di Dio è l’anima. Spirito e anima vanno donati a Dio. Materia e corpo vanno donati a Cesare. Se Cesare vuole il corpo, esso è suo e glielo si dona, facendo però molta attenzione a dare l’anima e lo spirito a Dio. A Cesare si dona tutto ciò che non contraddice la Parola del Signore. Poiché il dono del corpo sulla croce non contraddice nessun comandamento, è cosa giusta che si dia il corpo a Cesare perché lo crocifigga. Così Gesù ha fatto. Ha dato a Cesare tutto di sé e lui agendo secondo la sua autorità, lo consegnerò perché fosse crocifisso.

Questo principio va esteso anche ad ogni altra relazione tra Dio e l’uomo. Cosa è di Dio e cosa è dell’uomo? Cosa deve fare Dio e cosa deve fare l’uomo? Di Dio è la Parola, la grazia, la verità, la giustizia, la pace, Cristo Gesù e lo Spirito Santo. Queste realtà divine dobbiamo sempre chiederle a Dio. Anche la conversione è di Dio, la sapienza, la fede, la speranza, la carità. Se sono realtà sue a Lui sempre vanno chieste con preghiera incessante. All’uomo invece il Signore ha dato l’amministrazione della sua Parola e dei sacramenti, il governo del suo gregge secondo la Parola di Dio. Queste cose sono dell’uomo ed è l’uomo che deve esercitarle, viverle. Se l’uomo non predica la Parola, non amministra i sacramenti, non governa il gregge del Signore, non si costruisce il regno di Dio sulla nostra terra. Dio non può dare i suoi doni eterni e divini perché noi non abbiamo dato a Lui l’amministrazione di quanto Lui ci ha chiesto. È necessario operare sempre questa distinzione. Mai dobbiamo pensare che Dio possa fare ciò che dobbiamo noi dare a Lui e neanche dobbiamo pensare che possiamo noi fare ciò che Lui deve a noi. A noi la preghiera, a Lui l’esaudimento. A noi il dono della Parola con la potenza dello Spirito Sano. A Lui la grazia della conversione e dell’aggregazione al corpo di Cristo Gesù. Ognuno deve conoscere in ogni dettaglio quanto appartiene a Dio e a Lui deve essere donato e quanto appartiene a noi e farlo con grande prontezza di cuore, anima, spirito, volontà. Molta pastorale oggi trova il suo limite proprio in questa confusione. Pensiamo che sia nostro ciò che è di Dio e che sia di Dio ciò che è nostro. Pensiamo che Dio possa convertire i cuori senza che noi diamo la Parola, invitando alla conversione e al battesimo per essere salvati. Sono questi gravissimi errori che non solo ostacolano il cammino della vera conversione, addirittura lo impediscono, togliendo ogni possibilità perché si compia: “Rendete dunque a Dio quello che è di Dio e quello che è dell’uomo all’uomo”. Questa verità eterna vuole che anche ad ogni uomo si dia ciò che gli appartiene per consegna divina: al papa ciò che è del papa, al vescovo ciò che è del vescovo, al presbitero ciò che è del presbitero, al diacono ciò che è del diacono, al cresimato ciò che è del cresimato e al battezzato ciò che è del battezzato. Ma anche al profeta si deve dare ciò che è del profeta, al dottore ciò che è del dottore, al teologo ciò che è del teologo. Oggi sia in campo religioso che civile questo principio è ignorato. Non esiste.

Si misero a spiarlo e mandarono informatori, che si fingessero persone giuste, per coglierlo in fallo nel parlare e poi consegnarlo all’autorità e al potere del governatore. Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni qual è la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, che noi paghiamo la tassa a Cesare?». Rendendosi conto della loro malizia, disse: «Mostratemi un denaro: di chi porta l’immagine e l’iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». Ed egli disse: «Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio». Così non riuscirono a coglierlo in fallo nelle sue parole di fronte al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero (Lc 20,20-26).

Applichiamo questa divina regola di Gesù alla Parrocchia. Cosa in essa è del Parroco, del Viceparroco, del Diacono, del Catechista, dell’Operatore della carità, di ogni altro fedele che vive in questa porzione di popolo di Dio? Ognuno è obbligato a sapere ciò che è suo e ciò che è dell’altro. Purtroppo non di rado succede che il laico assurge a maestro del parroco e il parroco deve essere il discepolo. La parrocchia muore quando questo accade. Così anche muore il cammino della santità cristiana quando il confessore fa da fedele laico alle anime e le anime gli fanno da maestre, perché obbligano il confessore ad agire secondo le loro richieste. Finché non impariamo a dare agli altri ciò che è degli altri e a noi solo ciò che è nostro, non vi sarà vero cammino evangelico tra di noi. Si procederà dal nostro cuore, ma non dal cuore di Gesù Signore, non dalla sua regola santa che obbliga perché sempre e in ogni luogo sia dato a ciascuno ciò che è suo: “A chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto” (Rm 13,7). Così un tempo gli uomini di Dio!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere tutto il Vangelo sempre.