Commento teologico alla prima lettura – Giugno 2018
1 GIUGNO
COME SE VI ACCADESSE QUALCOSA DI STRANO
1 Pt 4,7-13; Sal 95; Mc 11,11-26
Chi ha scelto di seguire il Crocifisso, crocifisso sarà. È crocifisso il Maestro, sarà crocifisso il discepolo. Questa verità è annunziata dalla Lettera agli Ebrei, invitando i discepoli a vede la persecuzione come vera correzione da parte del Signore. Anche nell’Antico Testamento la persecuzione era vera via di crescita nell’amore.
Altri, poi, furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono insulti e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, tagliati in due, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! –, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.
Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato e avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio.
È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli! Del resto noi abbiamo avuto come educatori i nostri padri terreni e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre celeste, per avere la vita? Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità. Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire (Eb 11,35-12,13).
San Pietro aggiunge una verità che richiede ogni nostra attenzione. I discepoli di Gesù non devono pensare che la persecuzione non dovesse né riguardali, né toccarli. Mai essi dovranno vederla come qualcosa di strano. Essa è invece la vera via del Vangelo. Vangelo e persecuzione sono una cosa sola, come Cristo e Croce sono una cosa sola. Come Cristo Gesù è inchiodato alla croce. Così i suoi discepoli saranno inchiodati alla croce della persecuzione e del martirio. Vedere la sofferenza che nasce dall’odio del mondo come qualcosa di strano, è non aver compreso nulla né del Vangelo, né di Cristo, né della propria vocazione che è invito a prendere la propria croce e seguire il Maestro che è in cammino verso il Golgota. Gesù è sulla croce verso la croce sempre.
La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen! Carissimi, non meravigliatevi della persecuzione che, come un incendio, è scoppiata in mezzo a voi per mettervi alla prova, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare.
Il cristiano deve sempre avere nel cuore una sola verità: nella misura in cui partecipa alle sofferenze di Cristo parteciperà anche alla sua gloria eterna. Per questo nella sofferenza dovrà rallegrarsi. Non per la sofferenza, ma per la gloria che domani sarà sua. Oggi con Cristo sulla croce. Domani con Cristo nella gloria senza fine.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Gesù.
2 GIUGNO
CONSERVATEVI NELL’AMORE DI DIO
Gd 17.20b-25; Sa! 62; Mc 11,27-33
Gesù nel Cenacolo aveva chiesto ai suoi apostoli che rimanessero sempre nel suo amore. Perché questo potesse accadere, ne ha indicato anche la via.
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 15,1-17).
Giuda ripropone quanto lui ha ascoltato dal Maestro a quanti oggi sono suoi discepoli. Si rimane nell’amore del Signore, divenendo tralci dell’unica vite vera e dimorando sempre nella sua Parola. Si esce dalla Parola, si è tralci secchi. Il Padre viene e taglia. I tralci tagliati dalla vera vite vanno a finire nel cuore. Non c’è più vita in essi. Ma perché si deve rimanere nell’amore di Dio? Perché si deve essere tralci vivi dell’unica vera vite? Perché il battesimo né gli altri sacramenti sono già salvezza eterna. Essi sono via o mezzi perché si raggiunga la salvezza, ma non sono ancora la salvezza. La redenzione si compie per noi nel momento in cui gustiamo Dio nel suo Paradiso. Finché siamo sulla terra è sempre possibile uscire dalla Parola e finire nelle tenebre. Questa verità non solo è insegnata da Cristo Gesù e da ogni suo Apostoli negli Scritti Canonici, ma anche tutto l’Antico Testamento la insegna. La via per raggiungere la tenda eterna di Dio è la sua Parola. Si esce dalla Parola, si percorrono vie di falsità.
Ma voi, o carissimi, ricordatevi delle cose che furono predette dagli apostoli del Signore nostro Gesù Cristo. Costruite voi stessi sopra la vostra santissima fede, pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna. Siate misericordiosi verso quelli che sono indecisi e salvateli strappandoli dal fuoco; di altri infine abbiate compassione con timore, stando lontani perfino dai vestiti, contaminati dal loro corpo. A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e colmi di gioia, all’unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e per sempre. Amen.
Se fino a ieri era almeno richiesta una fede “rudimentale” in Cristo e nella sua parola per accedere alla salvezza eterna, oggi tutto è stato abbattuto dal vento dell’eresia, della menzogna, della falsità. Prima Cristo Gesù è stato declassato al rango di uno dei tanti fondatori di religione e ogni via è stata dichiarata percorribile per la salvezza eterna. Oggi neanche più la morale è via della salvezza, non della morale che nasce dal Vangelo, ma neanche quella che è frutto della sana razionalità dell’uomo. Il Paradiso è dato a tutti, senza alcun merito, alcuna fede, alcuna morale. Al momento della morte, tutti saranno accolti nei cieli santi. A che serve allora conservarsi nell’amore di Dio? A nulla. Amare e non amare producono lo stesso frutto di vita eterna. Credere in Cristo e non credere in Lui è la stessa cosa. Oggi si è giunti a pensare Cristo neanche più necessario alla religione. Basta la fede nel Dio unico.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera, pura, retta fede.
3 GIUGNO – SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
ECCO IL SANGUE DELL’ALLEANZA
Es 24,3-8; Sal 115; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26
L’alleanza è un vero patto o contratto bilaterale, che impegna i due contraenti alla perenne osservanza. Se il contatto non viene osservato da una parte, l’altra parte può ritenersi libera da ogni impegno, a meno che non vi siano sanzioni da soddisfare. Dio vuole stringere un’alleanza con i figli d’Israele che sono usciti dall’Egitto. Il contratto viene scritto. Israele si impegna ad osservare la Legge del Signore, i Dieci Comandamenti e ogni altro Statuto che Dio aveva dato loro oggi, domani, sempre. Dio si impegna ad essere la vita del suo popolo custodendolo, proteggendolo, liberandolo da ogni nemico, facendo sì che la Terra Promessa fosse sue per sempre. Nel rispetto delle clausole o contratto, Dio avrebbe benedetto il suo popolo con ogni benedizione. Nel non rispetto il popolo sarebbe uscito dalla benedizione per entrare in una maledizione, che è non vita, perdita della vita e della stessa terra. Anticamente il patto veniva stipulato in diversi modi. Si spaccava un animale in due, passando in mezzo e pronunciando la formula: “Che io diventi come questo animale, spaccato in due, se vengo meno al patto stipulato”. Questa formula la usò il Signore passando con il fuoco in mezzo agli animali che Abramo aveva diviso. Era la sua un’alleanza unilaterale. Dio si impegna, ma non chiede ad Abramo alcun impegno. Oppure con il rito del sangue. Il Signore fa uccidere degli animali, ordina che il sangue venga raccolto in dei cateni. Metà viene versato sull’altare, segno della presenza di Dio e del suo impegno, e con l’altra metà viene asperso il popolo. Il sangue è la vita. Legandosi Dio al suo popolo e divenendo un solo sangue, il patto è incancellabile in eterno. Dio si dona come vita al suo popolo. Il suo popolo deve però, attraverso l’osservanza della Legge, sempre rimanere nella vita che è Dio. La vita di Dio o la sua benedizione si sarebbe sempre riversata in abbondanza sul popolo. Al popolo Dio nulla chiede, tutto dona. La condizione perché tutto riceva è una sola: l’obbedienza alla Legge.
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Il rito del sangue è solo il sigillo di un impegno preso da Dio e dal popolo. L’essenza dell’alleanza è il contratto stipulato. La vita del popolo non è nel sangue, ma nella Legge. La stessa verità vale per la Nuova Alleanza che è nel sangue di Cristo Gesù, sangue che non viene asperso, ma bevuto. Realmente, sostanzialmente, veramente l’uomo della nuova alleanza beve il sangue di Gesù Signore che è sangue di Dio. Questo sangue è dato perché l’uomo sia liberato dalla sua fragilità e debolezza di natura e viva in pienezza la Nuova Legge, che è il Vangelo. Mel sangue di Cristo si sigilla l’Alleanza e anche si riceve Dio come forza per obbedire alla sua Parola data a noi per mezzo di Gesù Signore. Nella Nuova Alleanza chi deve scrivere ogni giorno il Vangelo nel cuore è lo Spirito Santo. È Lui giorno dopo giorno deve condurci a tutta la verità della Parola del Signore, illuminandola e chiarificandola alla nostra mente, perché possiamo aderire ad essa con obbedienza piena, perfetta, senza alcun rallentamento, pausa, sosta. È nell’obbedienza al Vangelo che tutti i beni promessi nella Nuova Alleanza diventano nostri, comprese l’eredità eterna p la beatitudine senza fine nel regno di Dio. Senza l’obbedienza alla Parola, tutti i beni promessi vengono meno, la vita viene meno, anche la grazia viene meno. Si può anche bere il sangue di Cristo, ma lo si beve per la nostra condanna. Lo si beve ma senza la sua verità, senza il fine per cui esso è dato: per vivere in Cristo, con Cristo, per Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla Parola.
4 GIUGNO
PARTECIPI DELLA NATURA DIVINA
2 Pt 1,2-7; Sal 90; Mc 12,1-12
Quanto Sam Pietro rivela, va attentamente analizzato per essere pienamente compreso. Ogni errore che viene inserito nella comprensione di un testo sacro, inquina tutta la verità di Dio e dell’uomo, condannandoci a vivere una vita falsa, senza né vera redenzione né vera salvezza. Nulla è più pestifero nella Parole di un solo errore.
“Grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza mediante la conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro”: Chi vuole godere la grazia e la pace necessariamente deve entrare nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro. Si conosce Dio, divenendo un solo corpo in Cristo, ma anche vivendo la vita di Cristo nel nostro corpo. È questo un primo errore. Si chiede a Cristo grazia e pace, ma senza essere corpo di Cristo, senza voler essere sua vita. Si vogliono i suoi beni, ma non si vuole Lui. Chi non vuole Lui, non vuole il vero Dio, non vuole la sua pace, non ama la sua grazia.
“La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria”. Al cristiano nulla manca per vivere la sua vita nella santità. Se la vita del cristiano non è santa, è segno che vi è una relazione falsa, bugiarda, intessuta di non verità con Cristo Gesù e di conseguenza anche con Dio. Perché la nostra vita non è nella vera santità? Per la conoscenza di Cristo non è nella verità. Falsamente conosciamo Cristo, falsamente siamo suo corpo, falsamente siamo santi. Noi siamo chiamati alla santità, ma nessuna santità potrà essere vissuta fuori del corpo di Cristo. Chi vuole essere santo, deve abitare in Cristo. Abita in Cristo, rimanendo nella sua Parola. Si esce dalla Parola, si esce da Cristo.
“Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza”. Di diviene partecipi della natura divina non in modo statico, ma dinamico. Nella natura divina si cresce fino a divenire impeccabili come Dio è impeccabile. Ma anche si può decrescere fino a divenire natura di satana, quando ci si lascia governare dalla disobbedienza alla Parola e si entra nel vortice del vizio e della trasgressione. Se non si cresce nella partecipazione della natura divina, si decresce. Se si cresce si vincono vizi e peccati. Se si decresce si è schiavi del peccato e di ogni vizio. Chi non cresce nella partecipazione della natura divina, non cresce per sua grave responsabilità. È uscito dal corpo di Cristo, non conosce Cristo, non vive di Lui, per Lui.
Grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza mediante la conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro. La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria. Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità.
“Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità”. San Pietro non solo rivela la verità della nostra condizione spirituale in Cristo e per Cristo. Ci indica anche la via per crescere a dismisura nella partecipazione della natura divina. Questa via consiste nell’aggiungere virtù a virtù: alla fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. Quando il discepolo di Gesù si dedica al possesso o alla conquista della perfezione secondo la via tracciata da San Pietro, non vi sono tempi vuoti nella sua giornata. Al cristiano altro non è chiesto se non di divenire vita di Cristo, perfetta vita di Cristo, in mezzo ai suoi fratelli allo stesso modo che Cristo è perfetta vita del Padre. È questo impegno ed esercizio che dura tutta una vita. Anzi una vita non basta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vita di Cristo nel mondo.
5 GIUGNO
VI TROVI IN PACE, SENZA COLPA E SENZA MACCHIA
2 Pt 3,12-15a.17-18; Sal 89; Mc 12,13-17
Il mondo presente, secondo la rivelazione che attraversa sia l’Antico che il Nuovo Testamento sarà avvolto dalle fiamme si dissolverà Tutto fonderà come ferro in un alto formo. Le immagini che vengono usate per descrivere la fine dell’universo sono molteplici. La modalità reale non è data a nessuno di conoscerla. Sappiamo però che ogni cosa esistente cammina verso il suo dissolvimento. Assieme alle profezie della fine, vi sono anche le altre profezie, quelle che annunziano la creazione da parte del Signore dei nuovi cieli e della nuova terra, nei quali avrà stabili dimora la giustizia. Anche queste profezie vanno rettamente comprese, poiché sappiamo che vi sarà la separazione dei giunti dagli ingiusti, di quanti fecero il bene da quanti fecero il male. Le profezie su quanti avverrà alla fine della storia sono veramente molte e tutte vanno lette con sapienza, intelligenza, luce, verità nello Spirito Santo.
Nessuno conosce il giorno e l’ora dell’avvento dei nuovi cieli e della nuova terra. Può compiersi fra un istante, un secolo, mille anni, un milione di anni. Sappiamo però che di certo si compirà. Qual è l’obbligo del discepolo di Gesù? Prima di ogni cosa deve annunziare il Vangelo ad ogni uomo, perché possa divenire corpo di Cristo e percorrere la via della piena salvezza. In secondo luogo, poiché con la morte ci sarà anche il giudizio, dovrà fare di tutto perché Dio lo trovi in pace, senza colpa e senza macchia. In altre parole, quando sarà il giorno del passaggio dal tempo all’eternità, il discepolo di Gesù dovrà essere trovato nel Vangelo, in ogni sua Parola. Se è nel Vangelo, sarà all’istante portato nella casa di Dio, nella sua tenda o dimora eterna. Se non è trovato nel Vangelo, perché si è consegnato al male, alla cattiveria, ad ogni ingiustizia, sarà consegnato a Diavolo perché lo porti con sé nel luogo della perdizione. Chi vuole evitare la dannazione dovrà impegnarsi per essere trovato nella giustizia secondo Cristo Gesù, perché altrimenti non vi sarà porto per lui in Paradiso. Anche se oggi questa verità è negata da tutti, dal momento che sono molti coloro che insegnano che non vi è alcuna perdizione e tutti saranno accolti nei cieli santi, la rivelazione è questa verità. Cristo Gesù è questa verità. Lo Spirito Santo è questa verità. Dio è questa verità. La sana dottrina è questa verità. San Pietro lo dice con illuminata e ispirata chiarezza: “Fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia”. Ognuno è avvisato. Spetta al singolo scegliere tra la Parola di Cristo, dello Spirito Santo, di Dio e quella degli uomini. Chi sceglie l’uomo è lui il responsabile in eterno della sua perdizione. Dio non garantisce se non la sua Parola, la sua sola Parola. Altre parole non sono uscite dalla sua bocca e Lui mai garantirà per esse.
Mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza. Voi dunque, carissimi, siete stati avvertiti: state bene attenti a non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall’errore dei malvagi. Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen.
Pietro crede con fede convinta e vera nella perdizione eterna, per questo aggiunge: “Carissimi, siete stati avvertiti: state bene attenti a non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall’errore dei malvagi”. Chi sono i malvagi? Tutti coloro che predicano un Vangelo diverso da quello annunziato da Gesù Signore. È tristezza grande osservare come il cristiano oggi creda in un uomo e non creda in Cristo Gesù. Gesù è morto per lui sulla croce, non certo i malvagi, anche se Satana si serve della loro falsa scienza e cattiva dottrina per ingannare il mondo intero. Conoscendo le insidie del Maligno, San Pietro esorta i cristiani a crescere nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e Salvatore Gesù Cristo. Siamo tutti bene avvisati. Chi si danna, si danna solo per sua colpa e sotto la sua responsabilità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci crescere in Cristo Gesù.
6 GIUGNO
TI RICORDO DI RAVVIVARE IL DONO DI DIO
2 Tm 1,1-3.6-12; Sal 122; Mc 12,18-27
Ci sono querce secolari che sono uno spettacolo di bellezza e maestosità. Eppure esse nascono da un minuscolo seme che comunemente è detto “ghianda”. Prendiamo una “ghianda”, questo piccolo seme, lo piantiamo in terra asciutta, senz’acqua. Lo abbandoniamo a se stesso, anche se spunta, mette radici e inizia a crescere, il primo pericolo è che possa essere brucato dagli animali. Se brucato, non va a maturazione. Se dal cielo non viene la pioggia, la sua crescita è lentissima, rischia di non partire nello sviluppo. Altri fattori impediscono che diventi quercia maestosa. Può anche essere tagliato l’arbusto per fare legna. I pericoli sono molteplici e di diversa natura. Anche lo Spirito Santo pianta se stesso e i suoi doni di grazia e di verità nel cristiano a modo di piccoli semi. Essi vanno fatto crescere. San Paolo nelle Lettera agli Efesini ci indica il modo più vero, giusto, efficace perché il seme diventi un grande albero.
Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare (Ef 6,10-20).
Timoteo è invitato a ravvivare il dono di Dio che è in lui. L’immagine è tratta dal fuoco che brucia. Si prende della legna, la si accatasta in modo che dal di sotto possa sempre attingere ossigeno e poi la si accende. Essa brucia, ma presto si consuma e rimangono pezzi distanti l’uno dall’altro che mai potranno bruciare. Si prendono questi pezzi, vengono posto l’uno accanto e sopra l’altro il fuoco nuovamente si ravviva. Se si vuole che non si spenga, urge poi provvedere ad altra legna, altrimenti tutto finisce. Si lascia la preghiera, si abbandona la lettura della Parola del Signore, ci si distacca dai sacramenti, si vive male il proprio ministero, senza fede, senza carità, senza speranza, lo Spirito necessariamente si spegnerà. Le regole della vita e della crescita del dono dello Spirito vanno osservate. Trascurarle è spegnere la vita spirituale.
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
Oggi si vive il sacramento solo nel momento in cui lo si riceve. Quasi sempre ogni sacramento lo si riceve anche senza la forza dello Spirito che viene dagli altri sacramenti. Qual è il risultato? Si è come pezzi di legno bruciacchiati sena alcuna possibilità di ardere. Ogni sacramento “brucia” se unito alla forza degli altri.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ravvivate in noi lo Spirito di Dio.
7 GIUGNO
DISPENSA RETTAMENTE LA PAROLA DELLA VERITÀ
2 Tm 2,8-15; Sal 24; Mc 12,28b-34
San Paolo sa che tutto nell’uomo è frutto della parola. Sa anche che basta una sola parola falsa, di menzogna e inganno, per deturpare tutto il Vangelo. Sa che è facile sedurre i pensieri, distogliendoli dalla via della verità e della giustizia. Lui ha esperienza che è sufficiente che l’apostolo del Signore si allontani per qualche tempo dalla comunità e quando vi ritorna trova il suo campo pieno di spine, ortiche e di ogni altra erbaccia. Del buon grano tutto è scomparso. Lui aveva curato bene la comunità di Corinto. Si recò a predicare altrove per esigenze di salvezza. Dopo qualche mese in quella Chiesa tutte le verità della fede, compresa la risurrezione di Gesù, erano state cancellate dalla mente o vissute da pagani senza alcun riferimento alla Parola.
Se soltanto poteste sopportare un po’ di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina: vi ho promessi infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta. Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. Infatti, se il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi, o se ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. Ora, io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi superapostoli! E se anche sono un profano nell’arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a voi (2Cor 11,1-6).
Oggi la Parola del Signore non è stata stravolta, trasformata, modificata dalla cattiva predicazione e dai falsi insegnamenti? Non si è giunti forse a privare Cristo della sua mediazione universale in ordine alla salvezza, redenzione, giustificazione dell’uomo? Quando i frutti di questo bugiardo e globale ammaestramento esploderanno, perché di certo esploderanno, le conseguenze saranno di vero disastro spirituale. Non basteranno secoli per recuperare la purezza perduta del Vangelo. Una bomba atomica in pochi secondi distrugge una città e il suo territorio. Gli effetti della sua esplosione durano secoli. Una falsità introdotta nel Vangelo produce frutti di morte che dureranno per l’eternità. Tutte le dannazioni che la menzogna produce non sono più recuperabili. Questo sempre dovrebbe pensare un predicatore del Vangelo: ogni falsità che io inserisco nella parola riempie l’inferno di anima. Dalla perdizione non si ritorna indietro. Essa è eterna. Se il predicatore o il maestro o il ministro della Parola pensasse questo, di sicuro metterebbe ogni attenzione prima di falsificare il Vangelo. Per la sua parola falsificata e trasformata la popolazione dell’inferno cresce ogni giorno di numero.
Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.
San Paolo, sapendo che anche un buon apostolo di Gesù Signore, potrebbe cadere nella tentazione o di non predicare il Vangelo o di falsificarlo mentre lo annunzia, dona a Timoteo una esortazione ben precisa: “Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola di verità”. Timoteo sarà degno se rimarrà sempre nella verità del Vangelo. Sarà un lavoratore che non deve vergognarsi, se metterà ogni impegno a svolgere bene il suo ministero, senza trascurare alcuna cosa. Dispenserà rettamente la parola della verità, se lo Spirito del Signore governerà sempre il suo cuore e i suoi pensieri. Se lui si separerà dallo Spirito, all’istante la verità morirà nel suo cuore e le sue parole saranno piene di falsità e di inganno. Sarà un apostolo che lavora per Satana e non per Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri nel dono della Parola.
8 GIUGNO
NON VERRÒ DA TE NELLA MIA IRA
Os 11,1.3-4.8-9; C Is 12,2-6; Ef 3,8-12.14-19; Gv 19,31-37
Possiamo tradurre la profezia di Osea sull’amore del Signore per il suo popolo con una immagine sportiva: Dio gareggia con il suo popolo nel manifestargli quanto grande è il suo amore. Per ogni nuovo peccato o allontanamento di Israele da Lui, il Signore si presenta ad esso con un nuovo programma di amore, più elevato di quello precedente. Prima si annunzia come lo Sposo sempre fede alla sua sposa sempre infedele. Poi si annunzia come un Padre ricco di amore per il figlio suo. Dio è lo Sposo e il Padre pronto ad ogni perdono, ad ogni grazia, ad ogni elargizione di bene, perché la sua sposa torni a Lui nella fedeltà e il figlio suo si lasci nuovamente abbracciare da Lui. Quanto Dio è capace di fare per Israele ce lo rivela Ezechiele e anche Gesù nella Parabola del figlio minore che dopo aver lasciato la casa, torna dal padre suo.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta. Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio (Ez 16,1-14).
Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa (Lc 15,17-24).
Qualcuno potrebbe pensare che con la morte di Gesù Dio sulla croce, la gara sia terminata. Cosa può manifestare ancora il Signore per convincere le sue creature a tornare a Lui? La gara non è terminata, anzi si è moltiplicata di numero e di modalità.
Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Come potrei abbandonarti, Èfraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Adma, ridurti allo stato di Seboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira.
Il Padre dei cieli per la salvezza del mondo ha deciso di continuare sino alla fine dei secoli questa gara: chiedendo il martirio per amore ad ogni discepolo di Gesù, ad ogni membro del suo corpo. Per ogni cristiano che muore martire, Dio rivela al mondo tutto il suo amore. Il sangue dei martiri è seme di vera redenzione, salvezza, amore puro.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci strumenti di redenzione.
9 GIUGNO
LA MIA ANIMA ESULTA NEL MIO DIO
Is 61,9-11; C 1 Sam 2,1.4-8; Lc 2,41-51
La profezia di Isaia sulle sorti future di Gerusalemme prefigura, anche se in modo assai inadeguato, quanto il Signore si sta accingendo a preparare per la Madre del Figlio suo. Nessuna gloria, nessuna fama, nessuno splendore sarà mai lontanamente simile alla santità e all’elevazione spirituale che rivestirà la Vergine Maria nel corpo e nell’anima. Nessuna creatura nei cieli e sulla terra sarà mai uguale a Lei.
“Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, la loro discendenza in mezzo ai popoli. Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore”: Gerusalemme attualmente è in rovina. Giace sotto un cumulo di macerie. Il profeta annunzia la sua risurrezione, la sua rinascita, non per suo merito, ma per la benevolenza del suo Dio. Quanti vedranno la sua discendenza, dovranno confessare che essa è stipe benedetta dal Signore. Dalla carne malata di peccato dell’umanità, Dio ha tratto una carne santissima, purissima, senza alcuna macchia. L’ha colmata di grazia. L’ha scelta come sua perenne dimora, il suo tempio santo. Maria è l’opera di Dio. Anzi, Lei è la nuova creazione di Dio, la sua creazione immacolata. È lo splendore della sua gloria e della sua magnificenza.
“Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli”. Quanto Gerusalemme confessa della grazia che il Signore le ha concesso, in nulla è uguale a quanto Dio ha fatto per Maria. Di Lei Dio è la sua stessa vita. Lei è purissima vita di Dio, manifestazione della potenza del suo amore, della sua misericordia, della sua grazia. Dio ha rivestito di sé Maria. Si è posto in Lei come il gioiello e il diadema più prezioso, anzi più che prezioso, gioiello e diadema divino, eterno, di purissima luce, di elevata grazia. Maria è volto visibile di Dio. Nessuno mai potrà privare Maria di questa gloria eccelsa, perché nessuno potrà mai impedire al Signore di operare le sue meraviglie. Lui ha deciso di esaltare Maria nel suo consiglio eterno, così ha deciso e così sarà. Maria per sempre sarà riconosciuta, esaltata, proclamata, confessata come l’opera più grande del Signore. Lei è anche la prima creatura che ha schiacciato la testa al serpente, il nemico dell’uomo che vuole la morte e non la vita. In Maria invece e per lei si è manifestata tutta la potenza della vita che è Dio e che vuole dare ad ogni uomo.
Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, la loro discendenza in mezzo ai popoli. Coloro che li vedranno riconosceranno che essi sono la stirpe benedetta dal Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.
“Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti”: La giustizia di Dio è Gesù Signore, il Figlio di Dio che è divenuto carne, vero Figlio dell’uomo, nel seno della Vergine Maria. Qual è la giustizia di Dio che Cristo farà germogliare sulla nostra terra davanti a tutte le genti? La giustizia di Dio è la sua fedeltà alla parola giurata ad Abramo: dare nella sua discendenza la benedizione ad ogni uomo, di ogni popolo e nazione. Poiché la benedizione è data nella discendenza di Abramo ed essendo Gesù la discendenza del Patriarca, chi diviene con Gesù un solo corpo, un solo cuore, una sola anima, entrerà nella benedizione che si trasformerà per lui in benedizione eterna. Chi si rifiuta di entrare in Cristo, di divenire suo corpo, rimane nella maledizione nella quale si trova. Dio è stato fedele alla sua Parola, ha adempiute le sue promesse. Ora spetta all’uomo accoglierle e farle divenire sua vita. Dio per realizzare le sue promesse ha dato mano ad una vera nuova creazione. Dalla nuova creazione ha fatto nascere come vero uomo il suo Figlio Unigenito, lo ha consegnato alla morte per la redenzione eterna dell’uomo. Dio è perfettissimo nella sua giustizia. Ora per la salvezza vi è necessità della giustizia dell’uomo che consiste nel voler divenire con Gesù un solo corpo, o sola vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giustizia di Dio in Cristo Gesù.
10 GIUGNO – X DOMENICA T.O. – ANNO B
IO PORRÒ INIMICIZIA FRA TE E LA DONNA§
Gn 3,9-15; Sal 129; 2 Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35
Il serpente ha schiacciato la testa alla donna. Lui l’ha tentata ed essa si è lasciata sedurre, peccando di superbia, perché si è fatta convincere che, mangiando dell’albero della conoscenza del bene e del male, sarebbe divenuta come Dio, governatrice della sua vita a suo gusto, senza più alcun obbligo di dipendenza né morale né spirituale né fisico dal suo Creatore e Signore. È come se Satana avesse sfidato il Signore: “Vuoi vedere che distruggerò la più eccelsa tra le meraviglie visibili da te creata?”. Sono state sufficienti al serpenti poche parole e la donna è crollata sotto la sua seducente menzogna. Questa sfida di Satana a Dio la troviamo nel Libro di Giobbe. Dio loda il suo servo Giobbe e il Diavolo sfida Dio. Giobbe crollerà. Giobbe rinnegherà il suo Signore.
Ora, un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore e anche Satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a Satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo». Il Signore disse a Satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male». Satana rispose al Signore: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non sei forse tu che hai messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quello che è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e i suoi possedimenti si espandono sulla terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha, e vedrai come ti maledirà apertamente!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stendere la mano su di lui». Satana si ritirò dalla presenza del Signore (Gb 1,6-12).
Ora è il Signore che scende in campo per sfidare il diavolo. Annunzia a Satana che vi sarà una donna che gli schiaccerà la testa, non solo lei, ma anche la stirpe che nascerà da Lei, gli schiaccerà la testa. Sarà reso incapace di mordere e di iniettare il suo veleno di morte. Noi sappiamo che la donna, pur nascendo dalla donna da lui tentata, sarà da Dio creata immacolata, piena di grazia, sarà costituita vero tempio della presenza di Dio in mezzo agli uomini. Sappiamo altresì che da Lei lo stesso Figlio Unigenito del Padre nascerà, dopo essere divenuto carne nel suo seno per opera dello Spirito Santo. Non è del diavolo vincere la sfida che Dio gli lancia. Per fede sappiamo che la Vergine Maria mai è stata di Satana neanche con un solo pensiero innocuo non conforme ai pensieri santissimi del suo Signore. Sappiamo sempre per fede che Gesù mai è caduto in una tentazione di Satana, neanche con un desiderio di giustizia o di vendetta. Lui è stato tutto e sempre nella volontà del Padre dalla volontà del Padre. In Maria e in Cristo Gesù la sfida è stata vinta. Ora Dio chiede ad ogni discepolo di Gesù, poiché corpo santo e tempio del Signore, che sia come Maria, come Cristo, senza peccato. Anche nel cristiano Dio vuole vincere la sfida lanciata a Satana.
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
I Padri della Chiesa insegnavano che con Cristo Satana è stato incatenato: “Può latrare, ma non mordere”. Satana morde solo coloro che vogliono essere morsi da lui. Gesù ha dato all’uomo ogni tesoro di grazia, verità, luce, gli ha dato anche il suo Santo Spirito perché fosse spirito del suo spirito, anima della sua anima, forza della sua forza, verità della sua verità, luce della sua luce. Solo se vuole il cristiano può essere morso dal diavolo. Oggi il cristiano non solo si lascia mordere a piacere da Satana, grida che il suo veleno non è letale. Dio e Cristo Gesù hanno perso la sfida? Per nulla. Dio e Gesù lasciano che l’uomo veda il baratro nel quale è precipitato e dal profondo di esso decida di tornare nella casa della vita e dell’abbondanza. Spetta al cristiano prendere coscienza che la sfida va vinta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a vincere la sfida di Dio.
11 GIUGNO
RISERVATE PER ME BÀRNABA E SAULO
At 11,21b-26; 13,1-3; Sal 97; Mt 10,7-13
Bàrnaba è persona piena di Spirito Santo e di fede. Vede la grazia di Dio operante nella comunità di Antiochia, si rallegra e invita tutti a restare fedeli al Signore con cuore risoluto. A nulla serve iniziare con la verità se poi si finisce nella falsità, né abbondare di giustizia oggi e poi domani finire nell’ingiustizia. La salvezza è nella perseveranza sino al termine ella nostra vita. Secondo la Parola di Gesù solo nella perseveranza ognuno salverà la sua anima. Oggi invece si insegna falsamente che neanche più è necessaria la vera fede in Cristo per entrare nella vera salvezza, né la conversione e il pentimento per entrare nel Paradiso. Si perseveri o non si perseveri, ci si converta o non ci si converta, si faccia il male o si faccia il bene, alla fine il risultato è uguale per tutti. Contro il Vangelo e tutta la Scrittura si insegna che la beatitudine eterna è per ogni uomo. Dio, Padre misericordioso, mai condannerà un solo uomo all’inferno. La rivelazione antica e tutte le antiche parole di Dio vanno cancellate dalla mente dell’uomo. Tutto va cancellato, anche Cristo non ha più ragion d’esistere. Questo è il pensiero del cristiano di oggi. Questo significa che anche la Liturgia della Parola è solo un ricordo storico. Serve solo per conoscere quanto pensava l’uomo di ieri. Oggi, ai nostri giorni, un altro pensiero, frutto di immaginazione e non di rivelazione, governa la mente e i cuori. Personalmente credo che solo Gesù ha parole di vita eterna e solo alla sua Parola do il mio assenso di fede e per questo mi impegno “a restare, con cuore risoluto fedele al Signore, fedele cioè alla sua Parola, a quella pronunciata da Gesù”.
Essendo Bàrnaba pieno di Spirito Santo e di fede, sa che Paolo è stato chiamato dal Signore per essere potente sorgente di luce di verità in seno alla comunità dei credenti. Non può isolarsi nella sua città natale. Lui è membro eletto nella Chiesa e deve collocarsi al centro del suo cuore, non ai margini. Il Signore non scende sulla terra con la sua luce per stravolgere un uomo perché costui viva nell’isolamento. Quella di Bàrnaba è purissima visione di fede nello Spirito Santo. Paolo va cercato e riportato in seno alla Chiesa. Bàrnaba parte alla volta di Tarso, trova Paolo e lo conduce con sé Ad Antiochio, dove inizia un intenso e fruttuoso lavori di missione evangelizzatrice e soprattutto formatrice della fede dei credenti. Bàrnaba insegna ad ogni discepolo di Gesù ad avere sempre una visione di Chiesa, a servizio della Chiesa. Le visioni che non edificano la Chiesa, non servono alla Chiesa, non vengono dallo Spirito Santo. Sono visioni di egoismo, vizio, peccato, che vanno necessariamente eliminate. Una visione che cura il proprio interesse personale non è da Dio. Quanto non aiuta la Chiesa, mai viene da Dio. Dio tutto opera nella Chiesa, dalla Chiesa, per la Chiesa.
Così un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani. C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.
Ora interviene direttamente lo Spirito Santo. Lui non vuole che due forze così potenti, quali quelle di Bàrnaba e di Paolo, marciscano nella comunità di Antiochia. Ogni comunità viene costituita, poi deve trovare in se stessa la forza per crescere, fruttificare, aumentare di numero, svilupparsi, divenire a sua volta missionaria con i suoi figli migliori perché il Vangelo si portato ad ogni uomo. Lo Spirito Santo chiama, la comunità dona lo Spirito Santo e invia perché si faccia la volontà dello Spirito del Signore. La chiamata è dello Spirito, il conferimento della missione è della Chiesa. Lo Spirito e la Chiesa una cosa sola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci a servizio della Chiesa in essa.
12 GIUGNO
LA FARINA DELLA GIARA NON SI ESAURIRÀ
1 Re 17,7-16; Sal 4; Mt 5,13-16
La missione profetica di Elia inizia con queste parole rivolte all’empio re Acab: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io» (1Re17,1). Pronunciata questa profezia con quale si annunziava la chiusura del cielo fino al prossimo comando, viene fatto ritirare.
A lui fu rivolta questa parola del Signore: «Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. Berrai dal torrente e i corvi per mio comando ti porteranno da mangiare». Egli partì e fece secondo la parola del Signore; andò a stabilirsi accanto al torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. I corvi gli portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera; egli beveva dal torrente (1Re 17,1-6).
Ad Elia viene dato un secondo ordine: ritirarsi in Sarepta di Sidone. Qui il Signore aveva predisposto che una vedova lo accogliesse in casa e gli fornisse il cibo necessario. Elia obbedisce. Alle porte di Sarepta vede una donna che raccoglieva legna. Le chiede di portargli dell’acqua da bere. Mentre la donna si sta recando a prendere dell’acqua, Elia le grida di portargli anche un pezzo di pane. Lei le risponde che non ha nulla di cotto. Ha solo l’ultimo pugno di farina nella giara e l’ultimo goccio di olio nell’orcio. Ha anche un figlio da sfamare. Preparerà quest’ultimo pasto per loro due e poi attenderanno la morte. Elia fa ora alla dona una promessa: “Prepara prima da mangiare qualcosa per me. Poi preparerai per te e per tuo figlio, perché così dice il Signore. Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’olio dell’orcio non verrà mai meno fino a che il Signore non avrà fatto piovre sulla terra”. È giusto riflettere sulla sequenza delle parole. Prima deve nutrirsi Elia. Poi la donna e il suo bambino.
La donna non risponde. Crede nella parola di Elia. Si fida di quanto le è stato detto. Eppure la vedova non conosce il profeta, non sa chi lui sia. Chi ha messo nel cuore della donna la fede? Chi ha predisposto il suo cuore all’obbedienza? Non certamente la conoscenza della persona di Elia. Solo il Signore può creare la vera fede nella sua Parola. Questa verità mai va dimenticata. Quando il profeta obbedisce al suo Signore, il Signore predispone i cuori a credere nella sua Parola. Ma è il Signore che opera ogni cosa. Di certo non è la bravura del profeta. Il profeta non deve essere bravo, ma solo obbediente. Il profeta ascolta Dio, l’uomo ascolta lui. Il profeta non ascolta Dio, l’uomo non ascolterà lui. Elia ha obbedito a Dio. La donna obbedisce ad Elia.
Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non era piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore: «Àlzati, va’ a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti». Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.
Oggi ci sono infinite discussioni nella Chiesa di Dio. Si dice da più parti che non si può più predicare la Parola. Il mondo non comprende. Potrebbe esserci più grande incomprensione di quella di una vedova e di un bambino che attendono la morte perché non hanno nulla da mangiare? Eppure la vedova si apre alla fede nella parola. La ragione di tutta la storia non è negli uomini, né nel profeta e né nella vedova. Tutto è invece in Dio che si compie. Dio comanda al profeta e alla vedova. Dio muove il cuore della vedova perché il suo profeta aveva ascoltato la sua voce e aveva obbedito.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci obbedienti alla Parola.
13 GIUGNO
IL SIGNORE È DIO! IL SIGNORE È DIO!
1 Re 18,20-39; Sal 15; Mt 5,17-19
Israele, popolo consacrato al Signore, sta morendo di immoralità a causa dell’idolatria dilagante. Sempre l’immoralità è il frutto dell’idolatria, la madre di ogni male.
Inoltre non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, ma, vivendo nella grande guerra dell’ignoranza, a mali tanto grandi danno il nome di pace. Celebrando riti di iniziazione infanticidi o misteri occulti o banchetti orgiastici secondo strane usanze, non conservano puri né la vita né il matrimonio, ma uno uccide l’altro a tradimento o l’affligge con l’adulterio. Tutto vi è mescolato: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro, sconcerto dei buoni, dimenticanza dei favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini nei matrimoni, adulterio e impudicizia. L’adorazione di idoli innominabili è principio, causa e culmine di ogni male. Infatti coloro che sono idolatri vanno fuori di sé nelle orge o profetizzano cose false o vivono da iniqui o spergiurano con facilità (Sap 14,22-28).
Per convincere il popolo ad abbandonare l’idolatria, Elia propone una sfida ai falsi profeti di Baal. Lui e loro avrebbero preparato un altare per il sacrificio. Il Dio che avrebbe risposto mandando il fuoco dal cielo, era quello il vero Dio da adorare, perché il solo Dio vivo e vero. La sfida viene accettata. Il racconto è minuzioso nei dettagli.
Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!». Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.
Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».
Nella storia o concretezza dell’evento è nascosta una verità che va messa in piena luce: la fede nei cuori nasce da un cuore pieno di fede. Se un cuore è vuoto di vera fede non speri che per suo tramite la fede possa nascere. Elia, uomo pieno di fede fa nascere la fede sfidando i falsi profeti con forme che sono solo sue. Ogni uomo di fede dal Signore viene ispirato perché anche lui trovi le sue vie perché dal suo cuore la fede passi nel cuore di molti. Il vero problema della Chiesa non è il mondo che non vuole la fede, sono invece i suoi figli dal cuore privo di fede. Il cuore vuoto non dona fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dal cuore pieno di fede.
14 GIUGNO
C’È GIÀ IL RUMORE DELLA PIOGGIA TORRENZIALE
1 Re 18.41-46 ; Sal 64; Mt 5,20-26
Elia lo aveva profetizzato. La pioggia cadrà sulla terra quando lui lo avrebbe detto: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io» (1Re17,1). L’Apostolo Giacomo attribuisce sia la chiusura del cielo, sia la sua riapertura alla preghiera del profeta.
“Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. 1lia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto” (Gc 5,16-18).
Il cielo è terso. Non vi è una nuvola neanche all’orizzonte. Dopo la vittoria nella sua sfida contro i falsi profeti di Baal, dice ad Acab: “Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale”. Elia sente che la pioggia sta per arrivare. È come se lui vedesse un fortissimo temporale avanzare minaccioso. È questa vera grazia che il Signore concede ai suoi servi fedeli: vedere ciò che sta per accadere non fra qualche minuto o qualche ora o quale giorno, ma anche un secolo, due secoli, mille anni, anche un milione di anni prima. Dai Profeti, dalla Legge e dai Salmi si può scrivere un Vangelo perfetto. Mancano solo alcuni dettagli. Quanto al resto vi è tutto. Gesù attesta questa grazia concessa loro da Dio confermando che Abramo vive uno dei suoi giorni e gioì. In visione di spirito, per grazia, Abramo contempla la sua discendenza. Pietro nella sua Prima Lettera parla di questa visione a lungo termine.
Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,56-58). Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. A loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo (1Pt 1,10-12).
Elia sale sulla cima del Carmelo, si getta a terra, pone la sua faccia tra le ginocchia. Manda il servo a guardare in direzione del mare. Il servo guarda, non vede nulla. Il cielo è terso. Elia gli dice di guardare per altre sette volte. La settima volta vi era una nuvola piccola quanto la mano di un uomo. Elia ora manda il servo da Acab perché gli dica di attaccare il carro e di scendere, perché la pioggia non lo trattenga. Tutto questo avviene con il cielo limpido e senza alcun segno di pioggia all’orizzonte. È questa la visione in spirito dei veri profeti. Esse vedono non quanto non si vede, ma quanto ancora neanche esiste. Non esiste attualmente, ma esisterà fra poco o fra molto. Quanti essi vedono o fra poco o fra molto di certo esisterà. È come se loro fossero presenti all’evento. La visione del futuro come fosse già realtà dice che Dio è in essi.
Elia disse ad Acab: «Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale». Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: «Sali, presto, guarda in direzione del mare». Quegli salì, guardò e disse: «Non c’è nulla!». Elia disse: «Tornaci ancora per sette volte». La settima volta riferì: «Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare». Elia gli disse: «Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!”». D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl.
La vera profezia annunzia una parola che si compie nella storia immediata, una che si compie nel tempo, una alla fine del tempo, quando si passa nell’eternità. Poiché la loro Parola è di Dio, il compimento della nell’immediato attesta che anche le altre due si compiranno. La Parola del profeta non è divisibile. Essa è di Dio ed è tutta vera: oggi, domani, per l’eternità. È certezza: compiendosi essa oggi, si compirà anche domani.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santa, fateci di vera fede nella Parola.
15 GIUGNO
IL SUSSURRO DI UNA BREZZA LEGGERA
1 Re 19,9a.11-16; Sal 26; Mt 5,27-32
La Lettera agli Ebrei rivela che il Signore ha parlato ai padri molte volte e in diversi modi. Aggiunge che negli ultimi tempi ha parlato per mezzo del suo figlio Unigenito. San Paolo manifesta a Timoteo che Dio ha parlato a Lui attraverso la sua grande misericordia, mentre San Pietro vede nella Trasfigurazione la più alta parola di Gesù. L’Apostolo Giovanni fonda la sua fede su una “manifestazione molteplice e “sensibile”.
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo (Eb 1,1-2). Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna (1Tm 1,12-16).
Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio (2Pt 1,16-21). Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,1-4).
Ad Elia si rivela in un modo nuovissimo. Non le terremoto, non nel fuoco, non nel vento gagliardo, ma nel sussurro di una nube leggera. Con Cristo Gesù si manifesta dalla croce, nel Crocifisso. È il Crocifisso la voce più potente e maestosa del nostro Dio.
Là entrò in una caverna per passarvi la notte. , quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto.
È giusto, anzi necessario che ognuno si chieda: qual è la via attraverso la quale il Signore si è rivelato nella mia vita? Alla rivelazione universale – il Crocifisso – vi è sempre una rivelazione personale. È questo il fondamento di stabilità della fede di ogni singola persona.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rendete stabile la nostra fede.
16 GIUGNO
GLI GETTÒ ADDOSSO IL SUO MANTELLO
1 Re 19,19-21; Sal 15; Mt 5,33-37
Nell’Antico Testamento Sacerdoti e Re si diveniva per nascita. Il profeta invece è per chiamata diretta del Signore e non ha alcuna successione. Vi sono però sue eccezioni. Mosè ed Elia hanno ciascuno il loro successore, non però per scelta di Mosè o di Elia, ma per chiamata diretta del Signore. Il posto di Mosè lo prende Giosuè. Il posto di Elia lo prende Eliseo. Ogni altro profeta vive la sua missione ed essa termina con lui.
Il Signore disse a Mosè: «Sali su questo monte degli Abarìm e contempla la terra che io do agli Israeliti. Quando l’avrai vista, anche tu sarai riunito ai tuoi padri, come fu riunito Aronne tuo fratello, perché vi siete ribellati contro il mio ordine nel deserto di Sin, quando la comunità si ribellò, e non avete manifestato la mia santità agli occhi loro, a proposito di quelle acque». Sono le acque di Merìba di Kades, nel deserto di Sin. Mosè disse al Signore: «Il Signore, il Dio della vita di ogni essere vivente, metta a capo di questa comunità un uomo che li preceda nell’uscire e nel tornare, li faccia uscire e li faccia tornare, perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore». Il Signore disse a Mosè: «Prenditi Giosuè, figlio di Nun, uomo in cui è lo spirito; porrai la mano su di lui, lo farai comparire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità, gli darai i tuoi ordini sotto i loro occhi e porrai su di lui una parte della tua autorità, perché tutta la comunità degli Israeliti gli obbedisca. Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleàzaro, che consulterà per lui il giudizio degli urìm davanti al Signore; egli e tutti gli Israeliti con lui e tutta la comunità usciranno all’ordine di Eleàzaro ed entreranno all’ordine suo». Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato; prese Giosuè e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleàzaro e davanti a tutta la comunità; pose su di lui le mani e gli diede i suoi ordini, come il Signore aveva detto per mezzo di Mosè (Num 27,12-23).
Elia incontra Eliseo e gli getta addosso il suo mantello da profeta. Eliseo sa di essere stato chiamato da Dio alla sequela di Elia, si congeda dai suoi, e si mette a servizio del profeta del Signore. Una verità appare con chiara evidenza. I chiamati da Dio non rifiutano la loro vocazione. Sanno che la loro vita appartiene al Signore e subito si dispongono a dare ad essa una forma e una finalità diversa, secondo lo sguardo del Signore che si è posato sopra di loro. A volte c’è qualche timore iniziale, come in Mosè e in Geremia. Ma poi il Signore si rivela loro garante e la missione viene svolta secondo quanto è nella volontà e nelle modalità stabilite da colui che li ha chiamati.
Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.
Gesù, nella vocazione, divide i due momenti: il prima della chiamata e il dopo. Un istante prima si è del mondo, secondo il mondo. L’istante dopo si è di Dio secondo Dio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,57-72).
Il problema più grave da risolvere è proprio questo: la distinzione dei due momenti: il prima della vocazione e il dopo. Se il prima si vive secondo il mondo e anche il dopo si vive secondo il mondo, la vocazione rimarrà sempre senza alcun frutto. Il prima era dalla nostra volontà. Il dopo dovrà essere solo dalla volontà di Dio. Noi per consacrazione o per sacramento siamo da Dio, per volontà siamo solo e sempre da noi stessi. Come Gesù è stato sempre e solo dalla volontà del Padre, così per ogni sacramento ricevuto si deve essere sempre e solo dalla volontà di Cristo. Finché dopo il sacramento ricevuto non si è dalla volontà di Gesù, la nostra vocazione è nella morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santa, fateci veri chiamati da Dio.
17 GIUGNO – XI DOMENICA T.O. – ANNO B
IO, IL SIGNORE, HO PARLATO E LO FARÒ
Ez 17,22-24; Sal 91; 2 Cor 5,6-10; Mc 4,26-34
Nel Capitolo XVII del Libro di Ezechiele Dio si rivela come il solo Signore della storia. È Lui che ha nelle sue mani le sorti dei popoli e della nazioni. Nulla sfugge al sua volontà.
Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, proponi un enigma e racconta una parabola alla casa d’Israele. Tu dirai: Così dice il Signore Dio: Un’aquila grande, dalle grandi ali e dalle lunghe penne, folta di piume dal colore variopinto, venne sul Libano e strappò la cima del cedro; stroncò il ramo più alto e lo portò in un paese di mercanti, lo depose in una città di negozianti. Scelse un germoglio del paese e lo depose in un campo da seme; lungo il corso di grandi acque, lo piantò come un salice, perché germogliasse e diventasse una vite estesa, poco elevata, che verso l’aquila volgesse i rami e le radici crescessero sotto di essa. Divenne una vite, che fece crescere i tralci e mise i rami. Ma c’era un’altra aquila grande, larga di ali, ricca di piume. E allora quella vite, dall’aiuola dove era piantata, rivolse verso di essa le radici e tese verso di essa i suoi tralci, perché la irrigasse. In un campo fertile, lungo il corso di grandi acque, essa era piantata, per mettere rami e dare frutto e diventare una vite magnifica. Di’: Così dice il Signore Dio: Riuscirà a prosperare? O forse l’aquila non sradicherà le sue radici e vendemmierà il suo frutto e seccheranno tutti i tralci che ha messo? Non ci vorrà un grande sforzo né ci vorrà molta gente per sradicare dalle radici. Ecco, essa è piantata: riuscirà a prosperare? O non seccherà del tutto, non appena l’avrà sfiorata il vento d’oriente? Proprio nell’aiuola dove è germogliata, seccherà!».
Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore: «Parla dunque a quella genìa di ribelli: Non sapete che cosa significa questo? Di’: Ecco, il re di Babilonia è giunto a Gerusalemme, ne ha preso il re e i prìncipi e li ha portati con sé a Babilonia. Si è scelto uno di stirpe regale e ha fatto un patto con lui, obbligandolo con giuramento. Ha deportato i potenti del paese, perché il regno fosse debole e non potesse innalzarsi e osservasse e mantenesse l’alleanza con lui. Ma questi gli si è ribellato e ha mandato messaggeri in Egitto, perché gli fossero dati cavalli e molti soldati. Potrà prosperare, potrà scampare chi ha agito così? Chi ha infranto un patto potrà uscirne senza danno? Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore Dio –, proprio nel paese del re che gli aveva dato il trono, di cui ha disprezzato il giuramento e infranto l’alleanza, presso di lui, in piena Babilonia, morirà. Il faraone, con le sue grandi forze e il suo ingente esercito non gli sarà di valido aiuto in guerra, quando si eleveranno terrapieni e si costruiranno baluardi per distruggere tante vite umane. Ha disprezzato un giuramento, ha infranto un’alleanza: ecco, aveva dato la mano e poi ha agito in tal modo. Non potrà trovare scampo. Perciò così dice il Signore Dio: Com’è vero che io vivo, farò ricadere sopra il suo capo il mio giuramento che egli ha disprezzato, la mia alleanza che ha infranta. Stenderò su di lui la mia rete e rimarrà preso nel mio laccio: lo condurrò a Babilonia e là lo giudicherò per l’infedeltà commessa contro di me. Tutti i migliori delle sue schiere cadranno di spada e i superstiti saranno dispersi ai quattro venti: così saprete che io, il Signore, ho parlato (Ez 17,1-24).)
Il brano affidato alla riflessione dell’odierna liturgia della Parola è quanto segue:
Così dice il Signore Dio: Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò».
Osserviamo bene. Tutto è operato e compiuto dal Signore. La storia fornisce a Lui solo i fili. La trama e la forma al tessuto la dona Lui. Nessun altro può tessere la storia della salvezza. Questa verità va posta nel cuore prima di tutto di ogni credente e poi dal credente in ogni altro cuore. Oggi è il credente che ha perso la fede nella Signoria di Dio, il solo Tessitore della storia della salvezza e della redenzione. O il credente ritorna alle sorgenti della verità del suo Dio e Signore, oppure non ci potrà essere alcun affidamento, alcuna consegna della nostra vita a Lui, perché la tessa secondo la sua divina ed eterna volontà. Se il Signore non può dare al filo della nostra vita, la sua verità e grazia di salvezza, perché nessuno ci ha annunziato il Vangelo, la responsabilità è tutta del cristiano che ha perso la sua fede e ha fatto sì che nessun altro la possedesse secondo la sua più pura verità. Oggi il cristiano non solo si pensa uno sconfitto dal mondo, ma peggio: crede che neanche più valga la pena lottare.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri credenti in Dio.
18 GIUGNO
COME AVEVA ORDINATO LORO GEZABELE
1 Re 21,1-16; Sal 5; Mt 5,38-42
Al tempo di Elia l’idolatria è universale e anche l’immoralità ha conquistato ogni cuore. La morte di Nabot è il frutto di una moltitudine di persone prive di coscienza morale.
Acab è re che ha consegnato il regno nelle mani della regina Gezabele, donna crudele e senza scrupoli, sostenitrice dei falsi profeti e persecutrice dei veri inviati del Signore. È persona incapace di rispettare l’affetto di un uomo per l’eredità avuta in dai suoi padri. Piange e si rattrista come un bambino che non può ottenere un giocattolo. È re senza alcun segno di vera umanità nel suo sangue. Per la sua inettitudine il malaffare dilaga nel suo regno, anche perché ormai nulla lui poteva contro il volere della regina.
Gezabele è donna che non ha eguali in tutta la Scrittura. Non se ne trova una a lei simile. È votata solo al male. Non vi sono in lei tracce di vera femminilità. È la negazione della donna. Lei non tenta Acab, come Eva con Adamo. Ne ha preso il posto in ogni affare del regno. Possiamo dire che è la regina del male. Non conosce il bene. Non sa cosa sia la pietà. Lo attesta la sua fine orrenda. Fu dilaniata da un branco di cani affamati nella città di Samaria. È donna totalmente immonda. Per dimostrare e mostrare al re le sue abilità di governo ordina che Nabot venga ucciso, ma in modo “elegante”: con processo pilotato da giudici e da falsi testimoni.
In Israele ogni autorità era soggetta ad altre autorità. Mai una sola di esse opera in modo assoluto. Tutte poi erano soggette alla Legge del loro Dio, Legge che ogni persona del popolo, dal re ad ogni altro uomo, era tenuta ad osservare. Anziani e notabili avrebbero potuto dire no alle richieste della regina. Essendo invece corrotti, danno seguito alle sue richieste immorali, perché contro ogni verità della Legge. Ma anche i testimoni sono corrotti. Sono essi l’ultima àncora di verità. Avrebbero potuto salvare Nabot. Per la loro corruzione, fu invece decretata la sua morte.
In seguito avvenne questo episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto, perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella, oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un lato e non mangiò niente. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!».
Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città, che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato lapidato ed è morto». Appena Gezabele sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso.
L’immoralità generale viene coperta con il falso culto. Si imbandisce un digiuno. Il digiuno serviva a porre ogni cuore dinanzi a Dio al fine di svolgere ogni cosa secondo la verità della Legge. Invece esso serve a nascondere la condanna do un uomo giusto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di mani innocenti sempre
19 GIUGNO
I CANI DIVORERANNO GEZABELE
1 Re 21 .17-29; Sal 50; Mt 5.43-48
Una verità che essenza della rivelazione del Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, del Dio che è Padre del nostro Signore Gesù Cristo, dell’unico e solo vero Dio di tutto l’universo e di ogni cosa visibile e invisibile, è la sua Signoria universale e il suo giudizio sulle azioni di ogni uomo credente, non credente, ateo, religioso, fedele, infedele, dotto, semplice. Lui conosce ogni cuore e tutti giudica secondo le opere che vengono compiute, le parole proferite, le decisioni prese, i desideri realizzati. Senza questa verità non esiste il vero Dio. Esistono idoli pensati e inventati dalla mente dell’uomo ed oggi del vero Dio se ne sta facendo un idolo perché lo si è spogliato e privato della sua potestà di giudizio in nome di una misericordia anch’essa inventata dall’uomo che è colloca fuori di ogni sua verità. La misericordia senza la verità della misericordia è un idolo. Dio, senza la verità del vero Dio, è anche lui un idolo. La religione, senza la verità della religione, è opera idolatrica. Così anche il Vangelo senza la verità del Vangelo, è un libro di fiabe, un racconto di fantascienza.
Acab è ritenuto colpevole della morte di Nabot. Qualcuno potrebbe obiettare che responsabile di ogni cosa è Gezabele. Nulla è più falso. Nella Scrittura Santa l’autorità di una istituzione – sacerdote, re, giudice, scriba – non è delegabile. Acab è responsabile anche di una “sola foglia che viene trappata con violenza da un albero”, perché è lui il re d’Israele. La regina non ha potere di governo, ma solo di sostegno. Lui invece tutto aveva messo in mano della regina che governava dalla sua malvagità, idolatria, grande immoralità. Questo ci deve insegnare che chi è investito di un ministero mai deve delegare, mai cedere il suo potere ad un altro. Dinanzi a Dio è lui il responsabile di ogni ingiustizia, falsità, immoralità, disordine che il suo gesto produce. Per questa ragione il profeta del Signore emette un giudizio assai pesante sulla persona del re e sulla sua casa. Acab si pente e per misericordia il Signore ritarda l’attuazione della sua sentenza. Il re potrà morire senza vedere i mali inflitti.
Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita a Samaria; ecco, è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”». Acab disse a Elia: «Mi hai dunque trovato, o mio nemico?». Quello soggiunse: «Ti ho trovato, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore. Ecco, io farò venire su di te una sciagura e ti spazzerò via. Sterminerò ad Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasà, figlio di Achia, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Anche riguardo a Gezabele parla il Signore, dicendo: “I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl”. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città, li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna, li divoreranno gli uccelli del cielo». In realtà nessuno si è mai venduto per fare il male agli occhi del Signore come Acab, perché sua moglie Gezabele l’aveva istigato. Commise molti abomini, seguendo gli idoli, come avevano fatto gli Amorrei, che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò; si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. La parola del Signore fu rivolta a Elia, il Tisbita: «Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò venire la sciagura durante la sua vita; farò venire la sciagura sulla sua casa durante la vita di suo figlio».
Ma anche Gezabele è responsabile del suo atto efferato. La sua fine sarà orrenda. I cani leccheranno il suo sangue, dopo aver divorato le sue carni, nello stesso posto in cui è stato leccato il sangue di Nabot. Questa pagina triste, assai triste della Scrittura, deve insegnare a tutti una verità: dinanzi a Dio ogni persona è responsabile del ministero che si è assunto o che ha ricevuto. Il ministero non è delegabile. Nessuno potrà scusarsi dinanzi al Signore nel giorno del giudizio. Se le deleghe sono secondo la Legge, spetta a chi deve vegliare sulla Legge, perché nulla venga operato contro la Legge. Acab è responsabile di tutti i misfatti della moglie. Ha abbandonato il regno nelle mani di una donna senza coscienza e senza scrupoli, idolatra e votata al male.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci responsabili di noi stessi.
20 GIUGNO
DUE TERZI DEL TUO SPIRITO SIANO IN ME
2 Re 2,1.6-14; Sal 30; Mt 6,1-6.16-18
Eliseo sa che senza lo Spirito del Signore che si posa su di lui, ma potrà svolgere il ministero di profeta nel popolo del Signore. Più forte e potente è lo Spirito e più la sua missione potrà essere svolta con efficacia di verità per il convincimento dei cuori. Per questo chiede ad Elia, orami pronto per essere rapito dal Signore, che gli faccia dono di due terzi del suo spirito: “Due terzi del tuo spirito siano in me”. Noi sappiamo che è stato sempre il Signore ha dare il suo Spirito ad ogni uomo da Lui incaricato di una qualche missione per il bene del suo popolo. Lo ha dato o direttamente o prendendo parte dello Spirito precedentemente dato, come nel caso di Mosè.
Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole del Signore; radunò settanta uomini tra gli anziani del popolo e li fece stare intorno alla tenda. Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!». E Mosè si ritirò nell’accampamento, insieme con gli anziani d’Israele (Num 11,24-30).
Ora invece – ed è la prima volta nella Storia Sacra – Eliseo chiede ad Elia ed Elia gli promette che la sua richiesta sarà esaudita, solo però se lo vedrà mentre viene rapito. Che lo Spirito di Elia si sia posato su Eliseo lo attesta il miracolo operato sul Giordano. Eliseo percuote le acque con il mantello di Elia, gridando: “Dov’è il Signore, Dio d’Elia?”, le acque si dividono, lui passa a piedi asciutti. Lo Spirito è ora tutto su Eliseo.
Quando il Signore stava per far salire al cielo in un turbine Elia, questi partì da Gàlgala con Eliseo. Elia gli disse: «Rimani qui, perché il Signore mi manda al Giordano». Egli rispose: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò». E procedettero insieme. Cinquanta uomini, tra i figli dei profeti, li seguirono e si fermarono di fronte, a distanza; loro due si fermarono al Giordano. Elia prese il suo mantello, l’arrotolò e percosse le acque, che si divisero di qua e di là; loro due passarono sull’asciutto. Appena furono passati, Elia disse a Eliseo: «Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te». Eliseo rispose: «Due terzi del tuo spirito siano in me». Egli soggiunse: «Tu pretendi una cosa difficile! Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà». Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava: «Padre mio, padre mio, carro d’Israele e suoi destrieri!». E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. Quindi raccolse il mantello, che era caduto a Elia, e tornò indietro, fermandosi sulla riva del Giordano. Prese il mantello, che era caduto a Elia, e percosse le acque, dicendo: «Dov’è il Signore, Dio di Elia?». Quando anch’egli ebbe percosso le acque, queste si divisero di qua e di là, ed Eliseo le attraversò.
Sempre Dio aggiunge rivelazione a rivelazione, verità a verità, modalità a modalità. Nel Nuovo Testamento la Vergine Maria, piena di Spirito Santo, versa con il suo alito lo Spirito su Elisabetta e lo Spirito parla per bocca di lei, rivelando il mistero di Maria. Lo stesso Spirito alitato e ricevuto entra in Giovanni il Battista che è nel seno della madre, e lo colma di Lui, secondo le parole che l’Angelo Gabriele aveva detto al padre. Gesù dal suo costato aperto sulla croce verso lo Spirito nel simbolo dell’acqua perché vivifici di grazia e verità ogni cuore. Nel Cenacolo lo soffia sui suoi discepoli, costituendoli nuova umanità per creare mediante lo Spirito la nuova umanità. Pietro, a Pentecoste prima con la Parola annunziata effonde lo Spirito di conversione e poi con il sacramento del battesimo dono lo Spirito della vera figliolanza. Ogni altro sacramento dona lo Spirito per una speciale consacrazione e Cristo e speciale missione. Oggi spetta ad ogni cristiano dare ad ogni altro uomo con la sua parola lo Spirito della conversione. Senza questo Spirito, lo Spirito di santificazione rimane inefficace.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci datori dello Spirito.
21 GIUGNO
TU SEI STATO DESIGNATO A RIMPROVERARE
Sir 48,1-14; Sal 96; Mt 6,7-15
Quando il Siracide scrisse il suo Libro, la profezia di Malachia era patrimonio di fede del popolo del Signore. Dall’agiografo essa è riportata quasi alla lettera.
Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all’operaio, contro gli oppressori della vedova e dell’orfano e contro chi fa torto al forestiero. Costoro non mi temono, dice il Signore degli eserciti. Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull’Oreb precetti e norme per tutto Israele. Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio (Mal 3,1-5.22-24).
Oltre a narrare nella sua essenzialità, con nuova luce, gli eventi che sono stati la vita di Elia nello svolgimento della sua missione, viene ricordata la profezia su una sua missione futura: “Tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe”. Questa parola rivelano una seconda missione di Elia, già rapito su un carro di fuoco. Dal rapimento sul carro di fuoco, cioè dalla sua non morte, a queste parole è assai facile per la mentalità dell’uomo comune immagine un ritorno del profeta Elia.
Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo; tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto. Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull’Oreb sentenze di condanna. Hai unto re per la vendetta e profeti come tuoi successori. Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco; tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe. Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore, perché è certo che anche noi vivremo. Appena Elia fu avvolto dal turbine, Eliseo fu ripieno del suo spirito; nei suoi giorni non tremò davanti a nessun principe e nessuno riuscì a dominarlo. Nulla fu troppo grande per lui, e nel sepolcro il suo corpo profetizzò. Nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere.
Solo il Signore è l’interprete della sua Parola. Lui la spiega a Zaccaria nel tempio per mezzo del suo Angelo Gabriele e Zaccaria, pieno di Spirito Santo, la illumina ulteriormente nel suo cantico di ringraziamento al Signore. Dio prende lo Spirito di Elia e lo pone su Giovanni.
Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace» ((Lc 1,13-17.76-69).
Il Signore che viene è Cristo Gesù. Lui viene per predicare l’anno di grazia del Signore. Chi è mandato a preparare la via di Cristo che viene è Giovanni il Battista, il quale opera con la potenza e lo Spirito di Elia, suscitando nel popolo un grande movimento di conversione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità della Parola.
22 GIUGNO
STERMINARE TUTTA LA DISCENDENZA REGALE
2 Re 11,1-4.9-18.20; Sal 131; Mt 6,19-23
È verità eterna. Dio è il custode della sua Parola. Lui sempre vigila nella storia perché ogni sua profezia giunga a compimento. Ascoltiamo quanto il Signore dice a Davide.
Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”. Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione (2Sam 7,8-16).
Atalia decide di sterminare tutti i figli del re. Se fosse riuscita nel suo intento, la parola detta da Dio a Davide sarebbe venuta meno, non si sarebbe compiuta nella storia. Se l’empia regina fosse riuscita non nel intento, noi tutti potremmo dire che nessuna profezia è al sicuro. È stata resa falsa una, possono essere rese false tutte le altre. Invece il Signore si serve di Ioseba per dare verità alla profezia fatta a Davide. Questo evento storico ci rivela che di ogni persona il Signore si può servire perché nessuna delle sue parole cada a vuoto. Ogni uomo potrebbe essere costituito da Dio custode della sua profezia, esecutore della sua Parola. Anche questa fede urge oggi e sempre.
Atalia, madre di Acazia, visto che era morto suo figlio, si accinse a sterminare tutta la discendenza regale. Ma Ioseba, figlia del re Ioram e sorella di Acazia, prese Ioas, figlio di Acazia, sottraendolo ai figli del re destinati alla morte, e lo portò assieme alla sua nutrice nella camera dei letti; lo nascose così ad Atalia ed egli non fu messo a morte. Rimase nascosto presso di lei nel tempio del Signore per sei anni; intanto Atalia regnava sul paese. Il settimo anno Ioiadà mandò a chiamare i comandanti delle centinaia dei Carii e delle guardie e li fece venire presso di sé nel tempio del Signore. Egli concluse con loro un’alleanza, facendoli giurare nel tempio del Signore; quindi mostrò loro il figlio del re. I comandanti delle centinaia fecero quanto aveva disposto il sacerdote Ioiadà. Ognuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio il sabato e quelli che smontavano il sabato, e andarono dal sacerdote Ioiadà. Il sacerdote consegnò ai comandanti di centinaia lance e scudi, già appartenenti al re Davide, che erano nel tempio del Signore. Le guardie, ognuno con l’arma in pugno, si disposero dall’angolo destro del tempio fino all’angolo sinistro, lungo l’altare e l’edificio, in modo da circondare il re. Allora Ioiadà fece uscire il figlio del re e gli consegnò il diadema e il mandato; lo proclamarono re e lo unsero. Gli astanti batterono le mani e acclamarono: «Viva il re!».
Quando sentì il clamore delle guardie e del popolo, Atalia si presentò al popolo nel tempio del Signore. Guardò, ed ecco che il re stava presso la colonna secondo l’usanza, i comandanti e i trombettieri erano presso il re, mentre tutto il popolo della terra era in festa e suonava le trombe. Atalia si stracciò le vesti e gridò: «Congiura, congiura!». Il sacerdote Ioiadà ordinò ai comandanti delle centinaia, preposti all’esercito: «Conducetela fuori in mezzo alle file e chiunque la segue venga ucciso di spada». Il sacerdote infatti aveva detto: «Non sia uccisa nel tempio del Signore». Le misero addosso le mani ed essa raggiunse la reggia attraverso l’ingresso dei Cavalli e là fu uccisa. Ioiadà concluse un’alleanza fra il Signore, il re e il popolo, affinché fosse il popolo del Signore, e così pure fra il re e il popolo. Tutto il popolo della terra entrò nel tempio di Baal e lo demolì, ne fece a pezzi completamente gli altari e le immagini e ammazzò Mattàn, sacerdote di Baal, davanti agli altari. Il sacerdote Ioiadà mise sorveglianti al tempio del Signore. Tutto il popolo della terra era in festa e la città rimase tranquilla: Atalia era stata uccisa con la spada nella reggia.
Di ogni uomo, nella Chiesa e fuori di essa, si può servire il Signore per mantenere viva la sua Parola. Ogni uomo di Dio deve prestare tutta la sua intelligenza e sapienza nello Spirito Santo perché non spenga la profezia di Dio, ma anche perché si ponga a servizio di quanti il Signore sceglie per dare vita oggi e sempre alla sua Parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci custodi della Parola.
23 GIUGNO
PER QUESTO NON AVETE SUCCESSO
2 Cr 24,17-25; Sal 88; Mt 6,24-34
Fare teologia dalla Parola di Dio, secondo quanto la Scrittura Santa, Antico e Nuovo Testamento, ci rivela e farla dal cuore dell’uomo, non sono la stessa cosa. Osserviamo. Il profeta Zaccaria vede che il suo popolo ha abbandonato il Signore, perché non vive più nella sua Legge. Cosa dice ad esso? Se non ritornare nella Legge, Dio non è con voi. Siete abbandonati a voi stessi. Da voi stessi non potete fare nulla. Siete esposti ad ogni pericolo. Anche una mosca vi potrà distruggere, depredare, divorare. Solo Dio è il custode della vostra vita, il datore di ogni bene. Per queste parole si ordì una congiura contro di lui e venne ucciso. Cosa aveva detto di speciale Zaccaria? Nulla. Aveva solo ripetuto quanto è scritto nella Legge di Mosè. La storia ha poi attestato che la Parola del Signore è sempre vera. Israele fu depredato. Anche il re Ioas fu ucciso dai suoi ministri. Questo re non si ricordò del molto bene ricevuto.
Dopo la morte di Ioiadà, i comandanti di Giuda andarono a prostrarsi davanti al re, che allora diede loro ascolto. Costoro trascurarono il tempio del Signore, Dio dei loro padri, per venerare i pali sacri e gli idoli. Per questa loro colpa l’ira di Dio fu su Giuda e su Gerusalemme. Il Signore mandò loro profeti perché li facessero ritornare a lui. Questi testimoniavano contro di loro, ma non furono ascoltati. Allora lo spirito di Dio investì Zaccaria, figlio del sacerdote Ioiadà, che si alzò in mezzo al popolo e disse: «Dice Dio: “Perché trasgredite i comandi del Signore? Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore, anch’egli vi abbandona”». Ma congiurarono contro di lui e per ordine del re lo lapidarono nel cortile del tempio del Signore. Il re Ioas non si ricordò del favore fattogli da Ioiadà, padre di Zaccaria, ma ne uccise il figlio, che morendo disse: «Il Signore veda e ne chieda conto!».
All’inizio dell’anno successivo salì contro Ioas l’esercito degli Aramei. Essi vennero in Giuda e a Gerusalemme, sterminarono fra il popolo tutti i comandanti e inviarono l’intero bottino al re di Damasco. L’esercito degli Aramei era venuto con pochi uomini, ma il Signore mise nelle loro mani un grande esercito, perché essi avevano abbandonato il Signore, Dio dei loro padri. Essi fecero giustizia di Ioas. Quando furono partiti, lasciandolo gravemente malato, i suoi ministri ordirono una congiura contro di lui, perché aveva versato il sangue del figlio del sacerdote Ioiadà, e lo uccisero nel suo letto. Così egli morì e lo seppellirono nella Città di Davide, ma non nei sepolcri dei re.
Gesù ricorda agli scribi e ai farisei questo evento triste della morte di Zaccaria, ripetendo in parte le sue stesse parole. Non ripete però le ultime parole del profeta: “Il Signore veda e ne chieda conto”. Sappiamo che Gesù, mentre è crocifisso e sta per morire, dice invece: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Dice però che la loro casa sarà lasciata a loro stessi. Questo significa che per la casa non ci sarà alcun futuro di bene. Dio è il custode della casa. Senza Dio, la casa crolla.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri. Serpenti, razza di vipere, come potrete sfuggire alla condanna della Geènna? Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l’altare. In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione. Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 23,29-39).
Oggi non si fa più teologia dalla Parola, ma dal proprio sentimento. Qual è il risultato? Contro la Parola, si afferma che Dio è sempre con colui che è senza Dio o contro Dio. Con quali conseguenze? Si possono trasgredire tutti i comandamenti, tutti i precetti del Signore. Alla fine il risultato è uno: l’accoglienza di tutti nella casa eterna del Paradiso. Non solo contro Dio diciamo falsa testimonianza, ma anche contro la storia che ogni giorno attesta che non c’è vita per quanti si pongono fuori del Comandamento del Signore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri credenti nella Parola.
24 GIUGNO – NATIVITÀ DI S. GIOVANNI IL BATTISTA
MI HA PLASMATO SUO SERVO DAL SENO MATERNO
Is 49,1-6; Sal 138; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80
Secondo l’insegnamento più puro che ci offre la Scrittura Santa, di molte persone viene affermato che esse sono state chiamate da Dio fin dal seno materno. Di Sansone e di altri si dice che la loro vocazione è anche prima del loro stesso concepimento. Anzi il loro concepimento è in vista della missione da svolgere nel nome e per conto di Dio.
Gli Israeliti tornarono a fare quello che è male agli occhi del Signore e il Signore li consegnò nelle mani dei Filistei per quarant’anni. C’era allora un uomo di Sorea, della tribù dei Daniti, chiamato Manòach; sua moglie era sterile e non aveva avuto figli. L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guàrdati dal bere vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro. Poiché, ecco, tu concepirai e partorirai un figlio sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio fin dal seno materno; egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei». La donna andò a dire al marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva l’aspetto di un angelo di Dio, un aspetto maestoso. Io non gli ho domandato da dove veniva ed egli non mi ha rivelato il suo nome, ma mi ha detto: “Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere vino né bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio dal seno materno fino al giorno della sua morte”» (Gdc 13,1-7).
Vi è però infinita differenza tra vocazione e vocazione. Giovanni il Battista è opera di Dio. È sua creazione nel grembo sterile di una donna. Ma è anche pieno di Spirito Santo mentre ancora è nel grembo della madre. Anche le modalità di ricevere lo Spirito del Signore sono uniche. Lo Spirito non viene dato a lui da Dio, ma dalla Madre di Dio. è Lei che lo dona ad Elisabetta come alito o soffio che esce dal suo cuore. Dal cuore di Maria al cuore di Elisabetta al cuore del bambino. Modalità unica in tutta la Storia della Salvezza. Se Giovanni il Battista fu colmato di Spirito Santo nel seno della madre, la Vergine Maria dal primo istante del suo concepimento fu piena di grazia e di Spirito Santo. Lei neanche ha conosciuto il peccato di Adamo. Per un singolare privilegio il Signore le ha applicato i meriti di Cristo Gesù preservandola immune dalla macchia originale. Ma sopra tutti splende Cristo Gesù. La sua vocazione è già nel seno del Padre. Lui è il Dio che si fa uomo. È il Dio grazia e verità che diviene carne. Una stessa vocazione, una stessa missione, è infinitamente differente per le modalità della grazia.
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Giovanni il Battista vive una missione speciale, differente da ogni missione del cristiano. Lui deve preparare la via al Cristo che viene per dare compimento a tutte le profezie di Dio sul suo Messia. Cristo non ha iniziato la sua predicazione. Lui deve preparare i cuori, dal momento che la sua venuta è imminente. Deve anche indicarlo testimoniando per Lui. Il cristiano invece deve testimoniare che in Cristo tutte le profezie si sono compiute e che è Lui il Messia del Signore, il Salvatore dell’uomo, il suo Redentore. Giovanni ha portato a compimento quanto gli era stato chiesto dallo Spirito Santo. Ora spetta al cristiano che porti a realizzazione quanto il Signore gli ha comandato di fare. È giusto che si ricordi che la missione cristiana è un comando, un vero comandamento. Se il cristiano disobbedisce, trasgredisce un Comandamento del suo Redentore. Si pone fuori della divina volontà. Esce dalla verità dello Spirito Santo. Il cristiano non è dagli umori del mondo. Lui è solo dal Comandamento di Cristo. Questa verità mai dovrà essere dimenticato. O veri missionari, o grandi disobbedienti.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missione di Gesù.
25 GIUGNO
AVEVANO PECCATO CONTRO IL SIGNORE
2 Re 17,5-8.13-15a.18; Sal 59; Mt 7,1-5
Il Signore lo aveva annunziato. Rimarrai nella terra, se abiterai nella mia legge. La mia legge ti farà da muro di bronzo, da fortezza inespugnabile. Se uscirai dalla mia Legge e ti ostinerai a non voler ritornare in essa, poche persone sono sufficienti a distruggere le tue città e a condurti lontano dalla mia eredità. La Parola del Signore è eternamente vera. Una volta che essa è uscita dalla sua bocca di compie sempre.
Se non cercherai di eseguire tutte le parole di questa legge, scritte in questo libro, avendo timore di questo nome glorioso e terribile del Signore, tuo Dio, allora il Signore colpirà te e i tuoi discendenti con flagelli prodigiosi: flagelli grandi e duraturi, malattie maligne e ostinate. Farà tornare su di te le infermità dell’Egitto, delle quali tu avevi paura, e si attaccheranno a te. Anche ogni altra malattia e ogni altro flagello, che non sta scritto nel libro di questa legge, il Signore manderà contro di te, finché tu non sia distrutto. Voi rimarrete in pochi uomini, dopo essere stati numerosi come le stelle del cielo, perché non avrai obbedito alla voce del Signore, tuo Dio. Come il Signore gioiva a vostro riguardo nel beneficarvi e moltiplicarvi, così il Signore gioirà a vostro riguardo nel farvi perire e distruggervi. Sarete strappati dal paese in cui stai per entrare per prenderne possesso. Il Signore ti disperderà fra tutti i popoli, da un’estremità all’altra della terra. Là servirai altri dèi, che né tu né i tuoi padri avete conosciuto, dèi di legno e di pietra. Fra quelle nazioni non troverai sollievo e non vi sarà luogo di riposo per la pianta dei tuoi piedi. Là il Signore ti darà un cuore trepidante, languore di occhi e animo sgomento. La tua vita ti starà dinanzi come sospesa a un filo. Proverai spavento notte e giorno e non sarai sicuro della tua vita. Alla mattina dirai: “Se fosse sera!” e alla sera dirai: “Se fosse mattina!”, a causa dello spavento che ti agiterà il cuore e delle cose che i tuoi occhi vedranno. Il Signore ti farà tornare in Egitto su navi, per una via della quale ti ho detto: “Non dovrete più rivederla!”. E là vi metterete in vendita ai vostri nemici come schiavi e schiave, ma nessuno vi acquisterà» (Dt 18,58-68).
Dio non può nutrire della sua vita coloro che rinnegano, disprezzano, calpestano la sua Legge. Dio ha posto ogni vita per l’uomo nella sua Parola. La Parola del Signore è come il cibo per l’uomo. Come vi sono cibi di vita e cibi di morte, così per l’uomo vi sono parole che danno vita e parole che danno morte. Solo la Parola di Dio è cibo di vita eterna e di ogni altra vita. La parola dell’uomo è un cibo di morte e anche di morte eterna, morte nell’anima, nello spirito, nel corpo, nel tempo, nell’eternità. Se un uomo si nutre di cibi avvelenati, tossici incorre nella morte. A meno che non corra subito ai ripari, ingerendo cibi che guariscano e danno vita. Così è della parola dell’uomo, vero veleno di morte. Se l’uomo non si nutre subito di Parola di Dio, il veleno della parola dell’uomo diviene così tossico da non esserci per lui nessun rimedio. Quando il veleno raggiunge la tossicità del peccato contro lo Spirito Santo, è la morte eterna già oggi.
Il re d’Assiria invase tutta la terra, salì a Samaria e l’assediò per tre anni. Nell’anno nono di Osea, il re d’Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria, e li stabilì a Calach e presso il Cabor, fiume di Gozan, e nelle città della Media. Ciò avvenne perché gli Israeliti avevano peccato contro il Signore, loro Dio, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto, dalle mani del faraone, re d’Egitto. Essi venerarono altri dèi, seguirono le leggi delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti, e quelle introdotte dai re d’Israele. Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: «Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo tutta la legge che io ho prescritto ai vostri padri e che ho trasmesso a voi per mezzo dei miei servi, i profeti». Ma essi non ascoltarono, anzi resero dura la loro cervice, come quella dei loro padri, i quali non avevano creduto al Signore, loro Dio. Rigettarono le sue leggi e la sua alleanza, che aveva concluso con i loro padri, e le istruzioni che aveva dato loro. Il Signore si adirò molto contro Israele e lo allontanò dal suo volto e non rimase che la sola tribù di Giuda.
Israele si è intossicato di idolatria, producendo frutti di ogni immoralità. Si è ostinato a nutrirsi di questo veleno. Non c’è più vita per esso, neanche fisica. Piombano su di esso le grandi potenze della terra, lo sradicano come fosse un filo d’erba, molti fili d’erba vengono anche calpestati e distrutti, e trapiantato in terre lontane. Non è il Signore che ha dato il veleno al popolo. È stato il popolo che si è nutrito di esso.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci nutrire di Parola di Dio.
26 GIUGNO
TU SOLO, O SIGNORE, SEI DIO
2 Re 19,9b-11.14-21.31-35a.36; Sal 47; Mt 7,6.12-14
Il regno di Giuda viene minacciato dalle grandi potenze del tempo. Se non vuole la distruzione di Gerusalemme e delle sue città, è invitato ad arrendersi. Ezechia è uomo pio, giusto, fedele al Signore. Non appena ascolta le minacce, subito si reca nel tempio del suo Dio e confessa le infedeltà del popolo. Chiede per esso per dono. Chiede anche che il Signore attesti ad ogni uomo che solo Lui è Dio e nessun altro. Gli dèi dei popolo non sono veri dèi. Sono opera della mani dell’uomo. Essi nulla possono. Sono solo materia inerte di legno o di qualche metallo nobile e nome nobile. Il Signore vede l’umiltà del re di Giuda, ascolta la sua confessione, gli risponde mandandogli il profeta Isaia per recargli una parola di speranza. Gerusalemme non sarà conquistata. Chi è venuto per conquistarla, se ne tornerà al suo paese così come è venuto: vuoto e spoglio. Il re, nella sua persona, riporta il popolo nella Parola di Dio. Dio che è vita dalla Parola e in essa, diviene il difensore del suo popolo, la roccia inespugnabile, la fortezza impenetrabile. Non ci sono nemici per il popolo di Dio, se Dio è il suo custode.
La grazia è concessa per due motivi: perché Ezechia si è umiliato dinanzi a Dio, lo ha confessato come il solo vero Dio di tutta la terra e gli ha chiesto di attestare al re d’Assiria che non vi è un altro Dio vivo e vero. Solo Lui è il Dio di tutta la terra. L’altro motivo è detto dallo stesso Dio: “Per amore di me e per il mio servo Davide”. Dio interviene per amore della sua verità. Si rivela al re d’Assiria come il solo vero Dio. Chi lo ha sfidato è costretto a lasciare la terra di Giuda e ritornare nel suo paese. Dio salva Gerusalemme anche per amore di Davide. Al suo amico fedele aveva promesso il perdono dei suoi figli, pentiti e umiliati. Ezechia si umilia e si pente, riconosce la verità di Dio, la confessa, chiede a Dio di agire secondo la sua verità. Il Signore ascolta la sua supplica e il suo grido di aiuto. Gerusalemme questa volta non subirà alcun danno.
Allora il re d’Assiria inviò di nuovo messaggeri a Ezechia dicendo: «Così direte a Ezechia, re di Giuda: “Non ti illuda il tuo Dio in cui confidi, dicendo: Gerusalemme non sarà consegnata in mano al re d’Assiria. Ecco, tu sai quanto hanno fatto i re d’Assiria a tutti i territori, votandoli allo sterminio. Soltanto tu ti salveresti? Ezechia prese la lettera dalla mano dei messaggeri e la lesse, poi salì al tempio del Signore, l’aprì davanti al Signore e pregò davanti al Signore: «Signore, Dio d’Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. Porgi, Signore, il tuo orecchio e ascolta; apri, Signore, i tuoi occhi e guarda. Ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente. È vero, Signore, i re d’Assiria hanno devastato le nazioni e la loro terra, hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi, ma solo opera di mani d’uomo, legno e pietra: perciò li hanno distrutti. Ma ora, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano, perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo, o Signore, sei Dio».
Allora Isaia, figlio di Amoz, mandò a dire a Ezechia: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera riguardo a Sennàcherib, re d’Assiria. Questa è la sentenza che il Signore ha pronunciato contro di lui: Ti disprezza, ti deride la vergine figlia di Sion. Dietro a te scuote il capo la figlia di Gerusalemme. Poiché da Gerusalemme uscirà un resto, dal monte Sion un residuo. Lo zelo del Signore farà questo. Perciò così dice il Signore riguardo al re d’Assiria: “Non entrerà in questa città né vi lancerà una freccia, non l’affronterà con scudi e contro essa non costruirà terrapieno. Ritornerà per la strada per cui è venuto; non entrerà in questa città. Oracolo del Signore. Proteggerò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide mio servo”». Ora in quella notte l’angelo del Signore uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini. Sennàcherib, re d’Assiria, levò le tende, partì e fece ritorno a Ninive, dove rimase.
Da questo evento storico dobbiamo apprendere una purissima verità. La salvezza di un uomo, di un popolo, di una nazione, è data quando chi è a capo, porta se stesso nella Parola di Dio e in lui, per il suo impegno, porta tutto il popolo nella Parola. La salvezza è insieme frutto della verità ritrovata del “capo” e del suo popolo. Questa verità vale per un papa, un vescovo, un presbitero, e anche per un re, un principe, ogni altro uomo di governo. Un parroco che porta se stesso nella Parola del Signore e si impegna a portare attraverso il suo ministero tutto il popolo a lui affidato nella Parola, diviene di certo salvezza per tutti coloro che da lui dipendono. Questa verità mai va disattesa.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci verità di Dio nella Parola.
27 GIUGNO
CONCLUSE L’ALLEANZA DAVANTI AL SIGNORE
2 Re 22,8-13 ; 23,1-3; Sal 118; Mt 7,15-20
Non è sufficiente che il re, nel quale e dal quale vive tutto il suo popolo, sia nella Parola del Signore. Il re, è vero re, se conduce tutti i suoi sudditi nella Parola del suo Dio. Possiamo affermare che questo è il ministero di un re: far sì che lui sia sempre nella Parola e dalla Parola da lui vissuta in pienezza di obbedienza, ogni altro suo suddito aia attratto ad essa. Salomone per questo chiese la saggezza al Signore: per essere in grado in ogni istante di insegnare al suo popolo ciò che è giusto e ciò che ingiusto, secondo la divina volontà, manifestata e contenuta tutta nella sua santa Legge.
Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?» (1Re 3,4-9).
Ascoltando le parole della Legge, il re sa che per la vita del suo popolo non basta la sua giustizia dinanzi a Dio. Tutto il popolo deve nuovamente stringere un patto di fedeltà all’alleanza. Ogni figlio di Gerusalemme dovrà essere stabilmente nella Parola.
Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safan: «Ho trovato nel tempio del Signore il libro della legge». Chelkia diede il libro a Safan, che lo lesse. Lo scriba Safan quindi andò dal re e lo informò dicendo: «I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l’hanno consegnato in mano agli esecutori dei lavori, sovrintendenti al tempio del Signore». Poi lo scriba Safan annunciò al re: «Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro». Safan lo lesse davanti al re. Udite le parole del libro della legge, il re si stracciò le vesti. Il re comandò al sacerdote Chelkia, ad Achikàm figlio di Safan, ad Acbor, figlio di Michea, allo scriba Safan e ad Asaià, ministro del re: «Andate, consultate il Signore per me, per il popolo e per tutto Giuda, riguardo alle parole di questo libro ora trovato; grande infatti è la collera del Signore, che si è accesa contro di noi, perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di questo libro, mettendo in pratica quanto è stato scritto per noi». Il re mandò a radunare presso di sé tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme. Il re salì al tempio del Signore; erano con lui tutti gli uomini di Giuda, tutti gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo, dal più piccolo al più grande. Lesse alla loro presenza tutte le parole del libro dell’alleanza, trovato nel tempio del Signore. Il re, in piedi presso la colonna, concluse l’alleanza davanti al Signore, per seguire il Signore e osservare i suoi comandi, le istruzioni e le leggi con tutto il cuore e con tutta l’anima, per attuare le parole dell’alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all’alleanza.
Il re non solamente consegna se stesso al Signore, gli dona tutto il popolo, rinnovando l’Alleanza. Ogni figlio di Gerusalemme si impegna solennemente dinanzi a Dio di osservare la sua Legge e di camminare nei suoi precetti, nei quali vi è ogni vita. La salvezza non è nel pentimento, ma nell’impegno stabile e duraturo di osservare la Legge del Signore. È la Legge che dona vita. Il pentimento ottiene la grazia del perdono e insieme di poter ritornare dell’uomo nell’Alleanza. Si ricordi ogni uomo che l’alleanza è un patto bilaterale. Ognuno può romperlo di sua volontà. Mai però lo potrà ricomporre da se stesso, per sua volontà. Occorre sempre la volontà di Dio. Nel pentimento, nella conversione, il Signore accoglie la volontà dell’uomo e stipula di nuovo l’alleanza. Questa verità mai va dimenticata. L’uomo da solo può rompere. L’uomo da solo non può ricomporre. Occorre sempre la volontà di Dio. Dopo il peccato urge una nuova alleanza e un nuovo patto. Occorre sempre la volontà di Dio. La volontà di Dio pone delle condizioni: la conversione del cuore alla Legge, il pentimento, la volontà ferma e risoluta di rimanere fedeli all’alleanza nuovamente stipulata. Senza queste condizioni mai potrà esserci rinnovo del patto e si rimane fuori della Parola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci fedeli alla Parola.
28 GIUGNO
LI CONDUSSE IN ESILIO A BABILONIA
2 Re 24,8-17; Sal 78; Mt 7,21-29
Nell’Antico Testamento, la perdita della terra era il segno che il popolo aveva perso il suo Dio. Lo aveva abbandonato, tradito, dichiarato non Dio a motivo dell’universale idolatria che aveva conquistato il cuore di ogni profeta per ministero: re, sacerdoti, scribi, giudizi, anziani del popolo. L’idolatria irrita il Signore. Lui viene abbandonato per un pezzo di legno o per un altro oggetto di metallo fuso o di terracotta. Quanto oggi avviene ai figli di Giuda, Mosè lo aveva già profetizzato. I figli di Giacobbe veramente sono di dura cervice. Non riescono a fare la differenza tra il vero Dio e un idolo.
Mi resero geloso con ciò che non è Dio, mi irritarono con i loro idoli vani; io li renderò gelosi con uno che non è popolo, li irriterò con una nazione stolta. Un fuoco si è acceso nella mia collera e brucerà fino alla profondità degl’inferi; divorerà la terra e il suo prodotto e incendierà le radici dei monti. Accumulerò sopra di loro i malanni; le mie frecce esaurirò contro di loro. Saranno estenuati dalla fame, divorati dalla febbre e da peste dolorosa. Il dente delle belve manderò contro di loro, con il veleno dei rettili che strisciano nella polvere. Di fuori la spada li priverà dei figli, dentro le case li ucciderà lo spavento. Periranno insieme il giovane e la vergine, il lattante e l’uomo canuto. Io ho detto: Li voglio disperdere, cancellarne tra gli uomini il ricordo, se non temessi l’arroganza del nemico. Non si ingannino i loro avversari; non dicano: La nostra mano ha vinto, non è il Signore che ha operato tutto questo! Sono un popolo insensato e in essi non c’è intelligenza: se fossero saggi, capirebbero, rifletterebbero sulla loro fine. Come può un uomo solo inseguirne mille o due soli metterne in fuga diecimila? Non è forse perché la loro Roccia li ha venduti, il Signore li ha consegnati? Perché la loro roccia non è come la nostra e i nostri nemici ne sono giudici. La loro vite è dal ceppo di Sòdoma, dalle piantagioni di Gomorra. La loro uva è velenosa, ha grappoli amari. Tossico di serpenti è il loro vino, micidiale veleno di vipere. Non è questo nascosto presso di me, sigillato nei miei forzieri? Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire” (Dt 32,21-35).
La profezia di Mosè va gelosamente custodita nel cuore. Le forze del male non hanno alcun potere contro l’uomo che è nella Legge del Signore, nella sua Parola. Hanno forza quando l’uomo esce dalla Parola e si consegna ad esse. Quando l’uomo è nella Parola, è in Dio. Chi è in Dio non è conquistabile da nessuna forza creata. Si esce dalla Parola, ci si pone fuori di Dio, si è conquistabili anche da un minuscolo insetto.
Quando divenne re, Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi a Gerusalemme. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Necustà, figlia di Elnatàn. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come aveva fatto suo padre. In quel tempo gli ufficiali di Nabucodònosor, re di Babilonia, salirono a Gerusalemme e la città fu assediata. Nabucodònosor, re di Babilonia, giunse presso la città mentre i suoi ufficiali l’assediavano. Ioiachìn, re di Giuda, uscì incontro al re di Babilonia, con sua madre, i suoi ministri, i suoi comandanti e i suoi cortigiani; il re di Babilonia lo fece prigioniero nell’anno ottavo del suo regno. Asportò di là tutti i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia; fece a pezzi tutti gli oggetti d’oro che Salomone, re d’Israele, aveva fatto nel tempio del Signore, come aveva detto il Signore. Deportò tutta Gerusalemme, cioè tutti i comandanti, tutti i combattenti, in numero di diecimila esuli, tutti i falegnami e i fabbri; non rimase che la gente povera della terra. Deportò a Babilonia Ioiachìn; inoltre portò in esilio da Gerusalemme a Babilonia la madre del re, le mogli del re, i suoi cortigiani e i nobili del paese. Inoltre tutti gli uomini di valore, in numero di settemila, i falegnami e i fabbri, in numero di mille, e tutti gli uomini validi alla guerra, il re di Babilonia li condusse in esilio a Babilonia. Il re di Babilonia nominò re, al posto di Ioiachìn, Mattania suo zio, cambiandogli il nome in Sedecìa.
Per il Nuovo Testamento urge applicare un nuovo principio di verità. Chi è con Dio e chi è senza Dio? Chi è con Dio sa stare su qualsiasi croce di qualsiasi natura o entità: povertà, malattia, solitudine, abbandono, calunnia, falsa testimonianza, condanna anche a morte per crocifissione. Chi è senza Dio, perché fuori della Parola, è privo della sua grazia e vive con un solo desiderio: scendere da qualsiasi croce. Quando un uomo non sa stare in croce, è segno che la Parola ancora non abita nel suo cuore. Senza la Parola neanche la grazia vi abita e la grazia è il solo chiodo che ci tiene legati alla nostra croce, donandoci la forza di viverla con amore. Gesù è il Crocifisso eterno!
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a stare in croce.
29 GIUGNO
IL SIGNORE HA MANDATO IL SUO ANGELO
At 12,1-11; Sal 33; 2 Tm 4,6-8 .17 -18; Mt 16,13-19
L’esistenza degli Angeli – anche se nei testi più antichi della Scrittura Santa l’Angeli del Signore potrebbe identificarsi con lo stesso Dio – è purissima verità rivelata. Spesso essi sono intervenuti nella storia degli uomini. Raffaele conduce Tobia e lo riconduce.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava (Es 3, 2). L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro (Es 14, 19). Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato (Es 23, 20). Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l’Amorreo, l’Hittita, il Perizzita, il Cananeo, l’Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò (Es 23, 23). Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato (Es 32, 34). Manderò davanti a te un angelo e scaccerò il Cananeo, l’Amorreo, l’Hittita, il Perizzita, l’Eveo e il Gebuseo (Es 33, 2).
La Lettera agli Ebrei lo afferma con divina chiarezza: “Non sono forse tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati a servire coloro che erediteranno la salvezza?” (Eb 1,14). In verità Pietro e gli altri Apostoli erano già stati liberati dall’angelo, quando il sinedrio aveva ordinato la loro incarcerazione perché predicavano che Gesù è il Risorto. Essi avevano già sperimentato la straordinaria presenza di Dio nella loro vita.
Si levò allora il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di gelosia, e, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica. Ma, durante la notte, un angelo del Signore aprì le porte del carcere, li condusse fuori e disse: «Andate e proclamate al popolo, nel tempio, tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare. Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio, cioè tutto il senato dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. Ma gli inservienti, giunti sul posto, non li trovarono nel carcere e tornarono a riferire: «Abbiamo trovato la prigione scrupolosamente sbarrata e le guardie che stavano davanti alle porte, ma, quando abbiamo aperto, non vi abbiamo trovato nessuno». Udite queste parole, il comandante delle guardie del tempio e i capi dei sacerdoti si domandavano perplessi a loro riguardo che cosa fosse successo. In quel momento arrivò un tale a riferire loro: «Ecco, gli uomini che avete messo in carcere si trovano nel tempio a insegnare al popolo» (At 5.17-25).
Qual è la verità che oggi gli Atti ci insegnano attraverso la narrazione della liberazione di Pietro per mano dell’Angelo del Signore? La verità a nostro giudizio è una sola. La Chiesa di Dio possiede un’arma infallibile per custodire se stessa nella sua verità: la preghiera unanime e concorde. Quando la Chiesa prega con un cuore solo, un’anima sola, nella santità dei suoi figli, la sua preghiera sarà sempre ascoltata dal Signore.
In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. 6In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Àlzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: «Mettiti la cintura e légati i sandali». E così fece. L’angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo: credeva invece di avere una visione. Essi oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l’angelo si allontanò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva».
Santità, comunione, preghiera: sono le armi infallibili della Chiesa. Queste tre armi devono essere una sola. Il corpo è uno, l’arma è una, perché il cuore è uno.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci un cuore solo.
30 GIUGNO
NON HANNO SVELATO LA TUA COLPA
Lam 2,2.10-14.18-19; Sal 73; Mt 8,5-17
Gerusalemme è nel pianto, perché essa è rasa al suolo e i suoi figli sono stati tutti dispersi, portati in regioni straniere e lontane. La colpa è però dei suoi profeti. In questo il Libro delle Lamentazioni concorda perfettamente con il Libro del profeta Geremia.
Così dice il Signore: Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri per allontanarsi da me e correre dietro al nulla, diventando loro stessi nullità? E non si domandarono: “Dov’è il Signore che ci fece uscire dall’Egitto, e ci guidò nel deserto, terra di steppe e di frane, terra arida e tenebrosa, terra che nessuno attraversa e dove nessuno dimora?”. Io vi ho condotti in una terra che è un giardino, perché ne mangiaste i frutti e i prodotti, ma voi, appena entrati, avete contaminato la mia terra e avete reso una vergogna la mia eredità. Neppure i sacerdoti si domandarono: “Dov’è il Signore?”. Gli esperti nella legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano. Per questo intenterò ancora un processo contro di voi – oracolo del Signore – e farò causa ai figli dei vostri figli. Recatevi nelle isole dei Chittìm e osservate, mandate gente a Kedar e considerate bene, vedete se è mai accaduta una cosa simile. Un popolo ha cambiato i suoi dèi? Eppure quelli non sono dèi! Ma il mio popolo ha cambiato me, sua gloria, con un idolo inutile. O cieli, siatene esterrefatti, inorriditi e spaventati. Oracolo del Signore (Ger 2,5-12).
Profeti non sono gli uomini investiti da Dio del ministero straordinario della profezia, ma degli uomini che per ministero hanno il posto di Dio, nell’ammaestramento, nella guida, nell’amministrazione della giustizia, nella correzione dei figli di Israele. Coloro che non hanno svelato la colpa sono: re, sacerdoti, giudici, scribi, anziani del popolo. Sono anche padri e madri ai quali incombe l’obbligo dell’educazione dei figli. I profeti ordinari sono come le colonne portanti e le travi di una casa. Cadono esse, tutta la casa crolla. Sono stati i profeti ordinari che hanno vanificato l’opera dei profeti straordinari. Sono stati loro che hanno perseguitato, insultato, dichiarato falsi i veri profeti del Dio vivente. Tutti costoro hanno dichiarato la colpa non colpa, il peccato non peccato, l’ingiustizia non ingiustizia. Essi non hanno voluto che Gerusalemme fosse curata nella sua piaga infetta. La piaga è divenuta cancrena ed è stata la fine.
Il Signore ha distrutto senza pietà tutti i pascoli di Giacobbe; ha abbattuto nella sua ira le fortezze della figlia di Giuda, ha prostrato a terra, ha profanato il suo regno e i suoi capi. Siedono a terra in silenzio gli anziani della figlia di Sion, hanno cosparso di cenere il capo, si sono cinti di sacco; curvano a terra il capo le vergini di Gerusalemme. Si sono consunti per le lacrime i miei occhi, le mie viscere sono sconvolte; si riversa per terra la mia bile per la rovina della figlia del mio popolo, mentre viene meno il bambino e il lattante nelle piazze della città. Alle loro madri dicevano: «Dove sono il grano e il vino?». Intanto venivano meno come feriti nelle piazze della città; esalavano il loro respiro in grembo alle loro madri. A che cosa ti assimilerò? A che cosa ti paragonerò, figlia di Gerusalemme? A che cosa ti eguaglierò per consolarti, vergine figlia di Sion? Poiché è grande come il mare la tua rovina: chi potrà guarirti? I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato la tua colpa per cambiare la tua sorte; ma ti hanno vaticinato lusinghe, vanità e illusioni. Grida dal tuo cuore al Signore, gemi, figlia di Sion; fa’ scorrere come torrente le tue lacrime, giorno e notte! Non darti pace, non abbia tregua la pupilla del tuo occhio! Àlzati, grida nella notte, quando cominciano i turni di sentinella, effondi come acqua il tuo cuore, davanti al volto del Signore; alza verso di lui le mani per la vita dei tuoi bambini, che muoiono di fame all’angolo di ogni strada.
Oggi nella nostra Chiesa profeti ordinari sono papa, cardinali, vescovi, sacerdoti, diaconi, cresimati, battezzati. Spetta ad ognuno di essi “in solidum” esercitare il ministero della profezia ordinaria. Se uno di loro viene meno, l’altro obbligato a gridare la verità di Cristo Gesù. La salvezza della Chiesa è tutta nell’esercizio di questo ministero. Senza il ministero della profezia esercitato nella più pura verità della Parola rivelata, gli altri due ministeri del sacerdozio e della regalità sono vani. Mai produrranno un solo frutto di giustizia. Così profeti ordinari per l’umanità sono capi di stato e di governo, ogni amministratore della cosa pubblica, giudici e insegnanti. Se loro cadono nella falsità, tutto il popolo precipita nel caos morale. Anche loro esercitano il loro ministero “in solidum”, dove uno manca, l’altro deve subentrare. È obbligo grave.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri profeti di Dio.