Rendi conto della tua amministrazione
4 NOVEMBRE (Lc 16,1-8)
Per tutti viene il giorno del rendimento dei conti. Quando quel giorno verrà, si chiudono i registri, si sigillano i libri, si presentano dinanzi alla corte del Dio Onnipotente, Signore e Giudice, e sarà Lui a leggerli e a giudicare la regolarità di ogni transazione scritta in essi. All’amministratore disonesto è stata data possibilità di “aggiustare” i registri, a suo vantaggio. Quando verrà il nostro turno, questa possibilità non ci è data. I libri dell’amministrazione ci vengono tolti di mano e sono portati dinanzi al Giudice Supremo. Questa regola vale per ogni uomo, a qualsiasi credo o religione appartenga.
Cosa ci vuole insegnare allora la parabola di Gesù Signore? Essa ci dice di “manomettere i libri contabili” nei quali è riportata la gestione della nostra vita a nostro favore. Dio ci chiede di essere “disonesti” con i suoi beni. Come si diviene “disonesti” con i beni che il Signore ci ha elargito? Sottraendoli a noi e donandoli in elemosina. Noi prendiamo solo quello che è l’indispensabile per la nostra vita. Tutto il resto lo diamo in elemosina, in opera di beneficenza, in regalo di misericordia per dare sollievo ai poveri e ai miseri della terra. Con questa “sottrazione disonesta” ci apriamo le porte della vita eterna, nel Cielo eterno del nostro Dio e Signore.
Questa operazione di preparazione del nostro futuro eterno non può avvenire dopo che il Signore ci avrà tolto l’amministrazione, cioè dopo la nostra morte. Da morti non possiamo fare nulla. Questo “investimento disonesto” dobbiamo farlo mentre siamo in vita. Neanche vale l’eredità che lasciamo dopo la morte. La lasciamo perché obbligati, o meglio perché lasciamo noi la terra e quanto vi è in essa. L’investimento “disonesto” deve essere fatto prima di partire per l’eternità. Anzi sarà proprio questo investimento “disonesto”, che ci aprirà le porte del regno dei cieli, perché lì vi saranno tutti i miseri e i poveri ai quali abbiamo dato sollievo che sono venuti per accoglierci nelle dimore eterne. Se questo investimento non è stato operato, le porte rimarranno chiuse per sempre. Le porte del Paradiso sono state date in consegna ai poveri della terra.
È evidente che per fare di tali operazioni la nostra fede deve essere ben formata, solidamente fondata sulla Parola del Vangelo. Poiché oggi non si crede più nel Vangelo, neanche si fanno di queste operazioni “disoneste” e di conseguenza troveremo sbarrate le porte e anche se busseremo per una intera eternità, non vi sarà nessuno che potrà aprire. I poveri e i miseri della terra non ci riconosceranno. Noi non li abbiamo conosciuti, essi non sanno chi noi siamo. Alla mancanza totale di fede nel Vangelo, i falsi profeti – e anche molti illustri teologi lo sono – hanno dichiarato chiuse le porte dell’inferno e aperte solo quelle del Paradiso. Ma questo è solo un desiderio dell’uomo trasformato in falsa profezia. Il Vangelo dice ben altre verità.
Diceva anche ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
L’eternità è un dono da conquistare. L’amministratore disonesto ci insegna la via. Si prendono i beni di Dio – e tutto è di Dio – e lo si mette a servizio dei piccoli, dei poveri, degli umili. Non è il povero che deve essere aiutato. Siamo noi che dobbiamo disfarci dei nostri beni. Il povero è come “una discarica ascetica e mistica”. Essa va riempita perché noi possiamo avere “diritto” ad entrare nel glorioso regno del nostro Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci scaltri per il Paradiso.