Non giudicate, per non essere giudicati
20 GIUGNO (Mt 7,1-5)
l ministero di giudice il Padre lo ha conferito a Cristo Risorto, a Cristo che ha superato la prova dell’amore comandato, dell’obbedienza chiesta, della sofferenza fino al dono totale di sé sul patibolo della croce. Mentre Gesù era nel suo corpo mortale il Padre gli ha consegnato un’altra missione da vivere, anch’essa giudiziale, che è di esatta, perfetta, purissima distinzione tra verità e falsità, tra pensiero di Dio e pensiero degli uomini, tra purissimo bene e male, impurità, concupiscenza, non desiderio di Dio. Questa missione è così annunziata da Gesù nel Vangelo secondo Giovanni.
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio (Gv 3,13-21).
Ecco il giudizio e la missione che il Padre conferisce ad ogni discepolo di Gesù: essere dono di salvezza e di redenzione, dono di vita eterna, di giustizia e di pace, di riconciliazione e di amore per ogni uomo. Distinguere, separare, giudicare con giudizio infallibile ciò che è vero e ciò che è falso per la sua stessa vita e vivendo e dicendo la verità, rivelare ad ogni uomo il perfetto, il purissimo pensiero del Padre. La vita del discepolo di Gesù è un giudizio, la sua parola è un giudizio, non però della responsabilità, della coscienza di ogni uomo dinanzi a Dio, ma di ogni persona dinanzi alla verità e alla falsità. La vita del cristiano è giudizio, separazione, discernimento.
Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
È la vita del giusto che giudica la vita degli empi. La Scrittura attesta che gli empi si sentono giudicati dalla vita del giusto e per questo lo uccidono, lo tolgono di mezzo.
Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. Siamo stati considerati da lui moneta falsa, e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure. Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà (Sap 2,12-20).
Gesù chiede ad ogni suo discepolo di essere giudice come Lui è giudice. Con una vita santa, una parola di verità, un discernimento sempre secondo il pensiero del Padre. Ogni altra cosa non è di sua competenza. Se infatti il cristiano deve essere olocausto d’amore perché tutti diventino figli di Dio, il suo giudizio potrà essere solo il suo dono d’amore per la conversione di ogni cuore. Grande è la missione del discepolo di Gesù. Lui non è chiamato a condannare, ma a redimere, divenendo sacrificio di salvezza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero olocausto di vita.