Con quello che cadeva dalla tavola del ricco
25 FEBBRAIO (Lc 16,19-31)
Ogni parola del Vangelo è messa, collocata, installata in esso dallo Spirito Santo ed è rivelatrice di una verità divina ed è obbligatorio per noi trarla fuori, metterla in evidenza, collocarla sul candelabro perché faccia luce ad ogni uomo. Un comandamento della Legge del Sinai proibisce di desiderare le cose degli altri. Le cose degli altri sono tutte le cose. Noi invece pensiamo che siano alcune. Tutte le cose sono tutte le cose non parte di esse. Tutte le cose non vanno desiderate nella loro universalità. Così come anche universale è l’altro comandamento: Non rubare. Tutto ciò che è dell’altro, non si desidera, non si ruba, neanche con il pensiero. Anche i pensieri devono essere puri.
Non ruberai. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo (Es 20,15.17).
Lazzaro, l’uomo povero che sta alla porta dell’uomo ricco, che indossa vestiti di porpora e di lino finissimo e ogni giorno si dona a lauti banchetti, osserva con scrupolosa, retta, purissima coscienza sia l’uno che l’altro comandamento. Lui non prende nulla dalla casa del ricco e neanche desidera le sue cose. Lui ha un solo desiderio: sfamarsi con quello che cadeva dalla sua tavola. Ciò che cadeva non era più del ricco. Era dei cani. Lui desiderava essere trattato non come uomo, ma come uno dei molti cani che vivevano in quella casa. Non vuole altro. Non desidera altro. Non chiede altro, né a Dio né agli uomini. Questa la purezza della sua coscienza.
Il povero non si salva perché povero, così come il ricco non si danna perché ricco. Il povero si salva perché sa consegnarsi tutt’intero nella Legge del Signore e nella Provvidenza del Padre. È Lui che gli assegna il posto nella storia. Se è lui a cercarselo, desiderandolo, allora non è più sotto la Legge e la Provvidenza del Padre. Non si è poveri per scelta. Si è poveri per il regno di Dio. Per servire il regno, ma sempre secondo la volontà di Dio. Così dicasi anche del ricco. Anche Lui deve porsi sempre sotto la Legge del Signore e la sua eterna Provvidenza che ha stabilito che lui sia provvidenza nel tempo per quanti sono poveri, miseri, affamati, assetati, nudi.
C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Il ricco finisce nell’inferno non perché è stato ricco, ma perché non ha vissuto la ricchezza secondo la Legge del Signore, in ottemperanza alla sua Provvidenza che lo aveva costituito suo strumento, anzi suo sacramento di amore per Lazzaro il povero. La relazione di amore non è tra uomo – uomo, ma tra Dio e l’uomo. Il ricco non deve amare mai dalla sua volontà, ma sempre dalla volontà di Dio. Questo vale anche per il povero. Lui non deve vivere dalla sua volontà, ma sempre dalla volontà e dalla Legge del Signore. La ricchezza è di Dio, anche la povertà è di Dio. Dal cuore di Dio va vissuta la ricchezza. Dal cuore di Dio va vissuta la povertà. Sempre dal cuore di Dio si deve servire l’uomo, il ricco deve servire il povero e il povero il ricco.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci amare dal cuore di Dio.