Gola e solidarietà

Le risposte alle domande sono a cura del teologo Mons. Costantino Di Bruno, Assistente Centrale del Movimento Apostolico.

D. Esistono dei criteri per fare la solidarietà? Come facciamo noi ad essere delle persone capaci di regolarci nelle varie situazioni della nostra vita e diventare saggi ed equilibrati?

R. La saggezza non si acquisisce in un giorno. E’ un cammino lungo, e và chiesto allo Spirito Santo. Se tu chiedi a Dio la saggezza, Lui te la dona. Poi ti dona anche il consiglio, ti dona la fortezza, ti dona la pietà, ti dona il timor di Dio, ti dona la conoscenza e tutto ciò che ti serve perché tu possa vivere una vita ordinata, una vita buona, una vita giusta. La vita nostra deve essere regolata da quattro virtù che si chiamano: fortezza, giustizia, temperanza e prudenza. Cosa è giusto per te? E’ giusto per te che tu prenda dai beni di Dio ciò che ti è necessario ed utile. Ciò che non ti è necessario e utile, tu lo devi lasciare all’altro, per legge naturale, per legge soprannaturale, per legge di vita. I beni della terra non sono dati alla singola persona, ma sono dati all’uomo. Se tu guadagni un poco di più con la tua intelligenza, la tua sapienza, il tuo studio, è giusto che il bene che Dio ti ha dato tu lo partecipi pure agli altri. L’intelligenza è un dono di Dio, la fortezza è un dono di Dio, l’amore è un dono di Dio, e tutto ciò che si riceve da Dio bisogna condividerlo. Quanto impiego ad acquisire questa sapienza? Una vita. Però la debbo acquisire. La vita sulla terra è breve, finisce presto, e poi inizia la vita nell’eternità, che è il frutto di questa. Se io non credo nell’eternità e non vivo una vita onesta, giusta e santa sulla terra, e la vivo invece come mi pare, dopo, non posso avere pretese di andare in paradiso a condividere la gioia di Dio, se io non ho condiviso la mia gioia. La carità è condividere la gioia. Il dono della fede è condividere la gioia. Tu hai la gioia della fede e la condividi, hai la gioia di un pezzo di pane e lo condividi. Tu hai la gioia di un dono particolare e lo condividi. E’ questa condivisione che ti fa essere vero cristiano. Quando tu acquisirai questa scienza del bene? Giorno per giorno. Se però preghi, credi nel Signore, invochi la sua grazia, lo vuoi. Perché se tu lo vuoi il Signore ti aiuterà.

D. Vorrei conoscere la differenza fra solidarietà e carità. Spesso si parla di solidarietà come una virtù laica fondata su un umanitarismo distaccato dal cristianesimo. Può esistere una solidarietà vera, indipendente dal vangelo?

R. La solidarietà viene da solidum, cioè divenire una cosa sola. La solidarietà umana non arriva alla carità cristiana, perché la carità cristiana giunge al dono della vita per l’altro: “Nessuno ha un amore più grande di colui che dona la vita per i suoi amici”. La solidarietà ti dona qualcosa. Quando accadono grandi catastrofi si chiede di essere solidali e contribuire con un euro, o al massimo con due. La carità cristiana risolve il problema dell’altro. Non è più una partecipazione minima, un sentire pietà o commozione, ma è risolvere il problema. Il buon samaritano si fermò, diede le prime cure, prese l’ammalato, lo mise sul giumento, andò all’albergo pagò per lui, saldò il conto e se c’era qualche altra cosa da pagare disse che l’avrebbe saldato al suo ritorno. Questa è carità. Ha risolto il problema dell’altro. Se non partiamo dalla soluzione del problema dell’altro non abbiamo carità cristiana. Abbiamo quel minimo indispensabile che facciamo perché ci sentiamo di farlo. La carità parte anche dalla rinuncia di ciò che si ha di più caro per dare all’altro ciò che l’altro non ha. Cosa c’è di più caro del nostro corpo, della nostra vita. Eppure dobbiamo rinunciare, perché dobbiamo fare un bene sommo, un bene grande, per santificare la vita di un nostro fratello. La differenza c’è. La carità di Cristo aggiunge fino al dono totale senza risparmiarsi in niente. La carità non è solamente materiale è anche spirituale. La solidarietà molte volte è solo materiale, tu non sei parte dell’altro. Nella carità l’altro è parte di te.

D. La povertà può essere una condizione che facilita la salvezza?

R. E’ l’accoglienza del vangelo che facilita la salvezza. Perché il vangelo non è solo per i poveri è per ogni uomo. Non è solamente per l’ignorante è anche per il dotto. Ci sono tanti santi che sono dotti, scienziati, che hanno fatto grandi cose nella loro vita partendo dai loro doni sviluppati, portati a compimento. Non c’è un vangelo per i poveri e un vangelo per i ricchi, ma c’è una Parola di Dio che ti viene annunciata e tu l’accogli. La povertà a volte può diventare anche causa di dimenticanza o di bestemmia contro il Signore. La preghiera che è contenuta nei libri sapienziali recita così: “Signore non mi dare nè povertà e nè ricchezza. La povertà perché non ti maledica, la ricchezza perché non mi dimentichi di te”. Ma il vangelo và oltre questa legge, perché il vangelo è predicazione di una Parola. Secondo il vangelo di Matteo non ti è chiesta la povertà materiale ma la povertà in spirito, cioè la capacità di leggere la tua vita alla luce della volontà di Dio. Tu puoi anche vivere la ricchezza come strumento di bene. Per esempio, un grande industriale deve fare il pezzente per essere cristiano? O può essere un grande industriale e un buon cristiano? “Avevo fame e mi hai dato da mangiare”, lo dobbiamo intendere solo come una carità di elemosina, oppure creare una grande fabbrica e dare da mangiare a tutti coloro che non hanno da mangiare, attraverso un impegno di colui che può investire i suoi beni per risollevare la condizione disonorevole dell’uomo. Un grande ricco può fare una grande industria nella quale vive la giustizia, vive l’umanità. Può creare tanto bene, e si può santificare. E ci sono tanti che si sono santificati, lavorando, creando, inventando. Matteo parte dalla povertà spirituale, che è l’accoglienza della Parola nel tuo cuore. Luca invece ha un’altra visione, perché lui parla a un popolo di poveri, di miseri, di reietti, di schiavi, e deve dire di accogliere quella condizione senza ribellarsi. Il cristianesimo non è ribellione ma accoglienza della condizione nella quale tu ti trovi. Ma qui occorre una parola forte di Dio e una fiducia in Lui per accogliere questa Parola e diventare povero in spirito. Non povero materiale. Il che è differente. Anche in Luca c’è questa necessità di diventare povero in spirito, di consegnarsi alla Parola del Signore. Gesù era amico di Lazzaro, che era uomo ricco, era facoltoso. Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea erano facoltosi e non erano poveri. Le pie donne non erano povere, erano facoltose, perché aiutavano tutta la missione di Cristo con i loro beni. Quindi avevano delle sostanze. La condizione non è la fisicità ma la spiritualità: per che cosa tu usi la povertà e per che cosa tu usi il denaro, la ricchezza. Oggi dare da mangiare agli affamati, vestire i nudi, accogliere l’esule significa anche creargli un buon lavoro perché si possa sfamare, mangiare, vivere in modo dignitoso. La carità è dare anche dignità all’uomo. Nell’elemosina l’altro si può sentire anche umiliato. Oggi la più grande povertà è che non diamo dignità ai nostri fratelli.

D. Qual è il rapporto tra il peccato di gola e lo scandalo?

R. Il peccato di gola diviene scandalo se tu davanti agli altri ti ubriachi, o mangi in modo sconsiderato, ecc… Lo scandalo è un’azione che tu fai innanzi ad un altro, e che è già peccato in sé. L’altro vede e ti giudica, ti condanna. Oppure, si sente autorizzato a fare altrettanto. La gola non è tanto legata al problema dello scandalo, ma al peccato dell’egoismo. La gola ti vieta, ti ostacola, nella carità verso gli altri. Il nostro corpo di quanto cibo ha bisogno? Gli và dato. Il digiuno nella Chiesa si fà donando al corpo il necessario per quel giorno: una colazione semplice al mattino, un pasto a mezzogiorno, una cena frugale la sera. Quanto serve al nostro corpo dobbiamo darglielo perché il corpo è lo strumento dello spirito, lo strumento dell’anima. E il corpo deve lavorare, deve studiare ed è giusto che tutto ciò che è necessario gli venga dato. Ma di quello che non è necessario, e diventa in noi nocivo, possiamo benissimo privarcene e farne un’opera di carità. Se noi risparmiamo anche un solo euro al giorno, in un anno si può fare una bella opera di carità e quando si fa la raccolta per la giornata missionaria si devolvono a quei bambini che stanno in quelle terre povere. O ancora, con mezzo euro al giorno di risparmio si può fare un’adozione a distanza. Tante cose non servono, si risparmia, e ci guadagniamo noi in salute e facciamo un’opera di carità. La nostra vita la dobbiamo mettere in un ordine morale santo per poter andare avanti.

D. Togliendo un vizio si possono aiutare gli altri. Come si fa a togliersi il vizio del fumo?

R. Bisogna avere volontà. Un giorno eravamo a Siano per il lunedì. C’era un uomo che fumava e ad un certo punto tossì in modo non buono. Lo sentì la signora Maria Marino e gli disse che da li a poco avrebbe avuto un’edema polmonare. Quel tale prese il pacchetto delle sigarette e l’accendino e li mise nelle mie mani, e promise di non fumare più. E mantenne la promessa. Non fumò più perché mise la sua buona volontà, scelse la salute alla malattia. Quest’uomo è stato saggio. Il fumo è dannoso e poi non serve e fa consumare un sacco di soldi. Se voi ci credete, voi che fumate, e vi decidete da questo momento e non fumate più potete evitare un cancro, o un edema, o un ictus, o qualche altra malattia che può venire a causa del fumo. Voi scegliete una via di salute e questa scelta di salute diventa anche una scelta di carità, perché potete fare tanto bene a voi e agli altri. Noi cristiani essendo predicatori di virtù come possiamo dire all’altro di togliersi un vizio se noi quel vizio lo abbiamo? Se io non tolgo i miei vizi come posso chiedere di toglierli a voi. E’ una contraddizione. Dobbiamo avere la volontà di dire basta. Con la grazia di Dio tutto è possibile. Tanti, vi assicuro, non fumano più. Dove si riunisce il Movimento Apostolico non si fuma, perché sono stato io a mettere la legge del non fumo. Bisogna che noi diamo l’esempio di virtù a tutti.

D. A volte si dà in beneficienza il superfluo. Come vede il Signore questo?

R. Lo vede come una cosa buona. E’ una legge evangelica: “Ciò che ti supera dallo ai poveri”. Ciò che per te è di più che te ne fai? Quando l’ispiratrice viene in mezzo a noi cosa ci dice sempre? Che abbiamo tante cose in più e possiamo noi parteciparle ai poveri. Ma ci dobbiamo abituare a non partecipare solo le cose materiale ma anche quelle spirituali: le idee, i pensieri, i concetti si condividono, così si crea la vera comunione. Se non condividiamo viviamo in un egoismo totale. Dobbiamo condividere, sempre, perché il cristianesimo è condivisione. Gesù condivideva con i discepoli anche la sua angoscia, il suo dolore, la sua tristezza, la sua gioia, le sue lacrime. Un Salmo dice che Lui cercava qualcuno che lo consolasse, ma non l’ha trovato. Il cuore ha bisogno di condivisione. L’egoismo non è legge cristiana. Noi siamo creati per condividere, per partecipare, per comunicare all’altro il nostro intimo. Siamo fatti così, non possiamo vivere da soli. Il Signore ci ha creati in comunione. Partecipate, condividere, manifestate, date, perché questa è la gioia: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Fra di voi comunicatevi i progetti, i desideri, le idee, i concetti, le vostre aspirazioni, in modo che vi potete anche incitare. Nella condivisione c’è vita. Il M.A. è bello perché è un movimento di condivisione. E voi avete tanti progetti che state condividendo. Avete un sito che è uno strumento di condivisione. Da questa sera condividiamo anche le cose spirituali e non solo quelle materiali. A volte si ha paura, si è frenati, invece un’idea potrebbe rivoluzionare il mondo. Da questa sera ciò che è nel cuore facciamolo giungere fino agli estremi confini della terra.

D. Il peccato di gola quando uno è nervoso e abusa del cibo. E’ un luogo comune o un’attenuante per mangiare di più?

R. Il problema è che noi dobbiamo sempre governare noi stessi. Da che cosa dipende l’ansia? Si governa. La grazia di Dio serve ad aiutarci a governare noi stessi. Perciò Cristo ci ha lasciato la grazia. Se tu chiedi la grazia il Signore te la dona e puoi governare te stesso. I frutti dello Spirito Santo sono nove: il primo è la gioia e l’ultimo è il dominio di sé. Il dominio di sé è un vero dono dello Spirito Santo e dobbiamo chiederlo al Signore, perché il cristiano è colui che ha il governo della sua vita nelle sue mani, per opera dello Spirito Santo. Quando parliamo di peccato è necessario che ci sia il deliberato consenso, la materia grave e la piena avvertenza. Se una di queste note manca non si può parlare di peccato grave. Si può parlare di imperfezione, di mancanza, però il peccato implica qualcosa in più. Il peccato è una cosa seria, e ci sono tantissime cose che non cadono in queste tre note che definiscono il peccato grave.

D. La temperanza è il governo di se stessi?

R. La temperanza o sobrietà sono virtù essenziali per il cristiano. Vuol dire che bisogna usare le cose che sono necessarie, che sono buone per te. La legge della temperanza nella scrittura suona così: “Quanto ti nuoce non te lo concedere”. Usa le cose per quello che ti servono. Se una cosa ti fa male non la usare. E’ temperanza, è sobrietà, è virtù. Si chiama virtù perché implica un atto di forza, un atto di volontà. Altrimenti non sarebbe virtù. Se butti un sasso dall’alto verso il basso non hai bisogno di forza, perché lo lasci cadere e quello se ne và giù. Per farlo salire su, ci vuole forza, ci vuole virtù, ci vuole energia. E noi dobbiamo essere energici. Dice Gesù che il regno dei cieli si conquista con la violenza. Non la violenza fisica ma quella spirituale, l’energia spirituale dello Spirito Santo. San Paolo diceva a Timoteo: “Il Signore non ci ha dato uno spirito di timidezza ma di fortezza”, per cui noi dobbiamo ravvivare sempre questa fortezza dello spirito per poter operare il bene, sempre.

D. Qual è il rapporto tra il peccato di gola e la decisione di seguire una dieta?

R. La dieta non la puoi fare arbitrariamente togliendo al corpo quello che gli è necessario per poter vivere bene. Se tu devi studiare otto ore al giorno hai bisogno di un poco di energie, e non puoi fare una dieta massacrante, perché tu togli al corpo ciò che è giusto. Il peccato di gola è dare al tuo corpo ciò che nuoce, ciò che non è bene per esso. Se tu sei ammalato di diabete non puoi mangiare dolci a tuo piacimento e a tuo gusto perché sai che poi ne avrai una corrispondenza di male. Allora ti devi limitare con saggezza, e si rinuncia. Se mangiando quel dolce il tuo corpo deve soffrire o si ammala ulteriormente allora tu commetti un peccato contro il tuo corpo, contro la salute. Anche il fumo è peccato contro la salute, perché tu sai che nuoce gravemente al tuo corpo. Tutte quelle cose che sono nocive debbono essere sospese perché fanno male. Una giusta dieta è la virtù della sobrietà. Quando si vive la sobrietà si può prendere tutto, sempre, in ogni momento, però con giusta misura. La virtù è sempre il giusto mezzo. Non c’è una virtù che possa eccedere e non c’è una virtù che manca in difetto. Tu non sei virtuoso perché ti privi ma sei virtuoso perché sai in che cosa ti devi privare e in che cosa non ti devi privare. La virtù non è un atto naturale, è un controllo di te stesso, sempre. Virtù viene dal latino “forza”, quella forza dello Spirito Santo che ti vieta di fare ciò che è male. Tu rimani sempre nella giustizia verso il tuo corpo, perché anche il corpo ha bisogno di essere servito con giustizia. Tu non puoi togliere il sonno al corpo, non è giusto, per cui gli devi dare il giusto riposo, altrimenti il corpo non ti rispetta più, non ti obbedisce più. Un corpo trattato ingiustamente non ti obbedisce. Ma questo lo devi volere, ti devi imporre. Questa è la virtù. E questo vale per tutte le cose. Non eccedere e non mancare. Occorre una forza di volontà non indifferente, occorre quel dominio di sé, sempre: “Questo serve e lo prendo, questo non servo e lo lascio”. Devo essere giusto con il mio corpo, sempre.

D. Per trovare la giusta via, il giusto mezzo, devo provare? Devo cadere anche nell’eccesso e anche provare i limiti estremi?

R. Non necessariamente. Tu non ti devi rompere la testa per sapere che ti fa male, dopo. C’è una saggezza nell’uomo che dice che il corpo ha un limite. Dopo quel limite non sopporta più, e poi si stà male. Per errore si può anche cadere, però poi bisogna riprendersi e fare cose belle, cose sante. Ma se tu chiedi allo Spirito Santo che ti dia il dono della sapienza tu ti sai sempre regolare nelle cose. Se gli chiedi la fortezza tu sai che è facile anche limitarti a ciò che è giusto. La vita cristiana non si vive da soli, ma come frutto dello Spirito Santo che è il consigliere dell’anima, il consigliere dello spirito, il consigliere nostro. Se lo invochi Lui ti consiglia, perché Lui vive per te. Cristo Gesù te lo ha dato per assisterti. Lo Spirito Santo lo chiamiamo il Paraclito: è il maestro, il consigliere, il professore, la guida, l’amico, il medico. Poi, dopo, ti consiglierai con tutti gli uomini e con tutte le professioni di questo mondo, però tu devi avere una vita soprannaturale forte. E’ con questa grazia che discende dal cielo che ti puoi santificare. Lo Spirito Santo è per la tua santificazione, e ti dona il limite delle cose, sempre. Il vangelo è bello perchè pone il limite all’uomo. E il limite più grande è la carità. Tu devi pensare sempre all’altro, qualsiasi cosa tu faccia, e pensando all’altro sempre, tu ti poni dei limiti. L’altro è il tuo limite, perché tu hai bisogni dell’altro per essere, per realizzarti, per pensarti, per andare in cielo. L’altro è il tuo limite santo. L’accogli e fai cose stupende. Il mio limite siete voi. Conoscendo tutti i vostri bisogni spirituali io devo limitare necessariamente la mia vita perché devo accogliere tutti i vostri limiti e portarli a salvezza, portarli a verità, portarli a giustizia, portarli a santificazione. Quando tu vivi una relazione con l’altro sai che certe cose le puoi fare e certe cose non le puoi fare. L’altro come tuo limite ti impone uno stile di vita. Se tu vuoi fare un’adozione a distanza sai che devi mettere da parte ogni giorno qualcosa, rinunciando anche a quelle piccole cose che facciamo ogni giorno e che sono lo sfizio che ognuno ha. Non costa nulla ma è un limite che mi viene chiesto per operare una carità grande, che poi ti apre le porte nel Regno dei cieli.

Indicazioni fornite da Mons. Costantino Di Bruno per la preparazione dell’incontro:

– Lc 16,19-31; Lc 1,39-56; Lc 10,25-36.
– Mt 25,31-46.
– Rm 14,1-23;
– 1Cor cc. 8.9.10.11.
– Pro 23,29-35.
– Sir 31,12-31; Sir 37,27-31.